Pubblicato il 24/07/2023
N. 12528/2023 REG.PROV.COLL.
N. 06161/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6161 del 2017, proposto da
-OMISSIS- S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati xxxxxx xxxxxx, xxxxx xxxxx, con domicilio eletto presso lo studio xxxxxx xxxxx in Roma, corso xxxx xxxxx ... n. ...;
contro
Regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato xxxxxx xxxxxx, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via xxxxx xxxxxxx ...;
Regione Lazio in persona Presidente Comm. Ad Acta, non costituito in giudizio;
Commissario Ad Acta Sanita' per la Regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
Azienda Sanitaria Locale -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato xxxxx xxxxx, con domicilio eletto presso lo studio xxxxxx xxxxx in Roma, via xxxxx xxxxx n. ...;
Comune di -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato xxxxx xxxxx, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via xxxxxx, ...;
per l'annullamento
per l'annullamento
RISARCIMENTO DEL DANNO CONSEGUENTE ALL'ANNULLAMENTO DI PROVVEDIMENTO REGIONALE DISPOSTO CON SENTENZA N. 7524/2016
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Lazio e di Azienda Sanitaria Locale -OMISSIS- e di Comune di -OMISSIS- e di Commissario Ad Acta Sanita' per la Regione Lazio;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 maggio 2023 la dott.ssa Maria Cristina Quiligotti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1- Con il ricorso in trattazione la società ricorrente ha chiesto il risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, oltre interessi e rivalutazione monetaria, derivati alla stessa dall'annullamento, disposto dalla sentenza n. 7524 del 30 giugno 2016 del T.A.R. Lazio - Sezione III Quater - di Roma, passata in giudicato il 30.1.2017, della nota della Regione Lazio di cui al prot. n. 3614 del 7 gennaio 2015, con la quale, nel chiarire che, per effetto della L.R. n. 7/2014, è venuta meno la competenza regionale in ordine al parere di compatibilità "e quindi il Comune può decidere sulla richiesta di autorizzazione alla realizzazione a prescindere dalla verifica di compatibilità regionale", ha tuttavia precisato che il DPCA n. 8/2011, nel prevedere i requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi, relativi ai disturbi del comportamento alimentare "non contempla un servizio di assistenza domiciliare per i disturbi del comportamento alimentare (D.C.A.)".
Ha dedotto, al riguardo, che:
- quanto all'elemento oggettivo, dalla dichiarata illegittimità del citato provvedimento deriva la responsabilità della P.A. in ordine ai danni cagionati alla ricorrente;
- quanto all'elemento soggettivo, la sentenza già emessa stigmatizza negativamente la condotta espressa con il provvedimento adottato dalla Regione Lazio evidenziandone i numerosi vizi;
- la sentenza citata ritiene, inoltre, sussistente anche il terzo elemento della struttura della responsabilità della P.A., ovvero il nesso di causalità;
- il silenzio, prima, ed il provvedimento da ultimo adottato, poi, della Regione Lazio hanno comportato la lesione del diritto fondamentale di impresa che la ricorrente ha ed aveva per effetto del possesso dei relativi requisiti per l'esercizio dell'attività, previsti dalla legislazione di settore e per effetto del possesso dell'autorizzazione e dell'accreditamento fin da tempo assai risalente, nel settore proprio dei disturbi del comportamento alimentare;
- sussiste la responsabilità da c.d. danno da ritardo in quanto, nonostante le richieste presentate e i solleciti effettuati, la ricorrente si trova impedita ad effettuare un servizio al quale poteva legittimamente aspirare;
- il comportamento tenuto dagli organi della Regione Lazio è certamente connotato da dolo o, quanto meno, da colpa grave per non aver correttamente e nei termini propri del procedimento amministrativo nemmeno riscontrato le istanze dell'odierna ricorrente, perpetuando tale comportamento omissivo anche successivamente e anche dopo il deposito della sentenza posta a base dell'azione risarcitoria;
- avuto riguardo all'orientamento che esclude o riduce la responsabilità della P.A. qualora al ritardo o al mancato adempimento abbia contribuito la condotta dell'istante, non può trascurarsi di considerare non solo la tempestiva rivendicazione della portata del titolo autorizzatorio posseduto, ma neanche l'istanza formalizzata alla Asl -OMISSIS- in data 8.9.2008 e da questa ritenuta assentibile a far data dal settembre del 2009 per un n. di 80 utenti in assistenza domiciliare per DCA, così come ancora le diffide formalizzate negli anni anche attraverso l'ausilio del legale di fiducia, e da ultimo, la domanda di autorizzazione formalizzata al Comune di -OMISSIS- e da quest'ultimo inviata alla Regione Lazio per i provvedimenti di competenza;
- la ricorrente con articolata consulenza tecnica di parte ha chiesto ad un esperto contabile di determinare la quantificazione dei danni subiti e subendi previa qualificazione degli stessi;
- il danno patito e patiendo dalla ricorrente può altresì essere classificato alla luce dei canoni propri della giustizia amministrativa secondo i quali il danno può essere così qualificato: a) danno per la mancata esecuzione del servizio; b) danno curriculare; c) danno per la perdita di chance con il conseguente danno da mancato ammortamento investimenti;
- a tali danni deve essere aggiunto il danno non patrimoniale conseguente alla lesione dell'immagine e al danno morale connesso a tutte le conseguenze negative derivate alla ricorrente dal comportamento della Regione Lazio.
Si sono costituiti in giudizio il Commissario ad acta per la sanità della Regione Lazio con mero atto di costituzione in giudizio; nonché la Regione Lazio, l'ASL -OMISSIS- e il Comune di -OMISSIS-, depositando memorie scritte e documentazione.
Con l'Ordinanza Collegiale n. 10265/2022 è stato posto a carico sia della Regione Lazio che della Asl -OMISSIS-, ciascuna per la parte di propria competenza, di rispondere ai seguenti quesiti e/o dare corso ai relativi adempimenti istruttori: - se e in che modo la Regione Lazio e/o la Asl -OMISSIS- abbiano regolamentato i servizi relativi ai disturbi del comportamento alimentare; - se l'Ente Regionale, a tal uopo, abbia rilasciato provvedimenti autorizzativi e/o accreditamenti a favore della ricorrente o di altre di strutture private; - quale sia il fabbisogno regionale, suddiviso per ciascuna ASL, relativo ai bisogni in materia di disturbi del comportamento alimentare (D.C.A.); - se, dopo l'introduzione del ricorso (01.06.17), la Regione Lazio e/o l'ASL -OMISSIS-, su indicazione dell'Ente sovraordinato, abbia/no adottato provvedimenti a favore della società ricorrente in materia di D.C.A. autorizzando e/o accreditando eventuali prestazioni in tale ambito sanitario di cura; - se autorizzazioni e/o accreditamenti in materia di D.C.A. siano stati adottati dalla Regione Lazio e/o dall'ASL -OMISSIS- a favore di altre strutture, precisando il tipo di prestazioni autorizzate, il corrispettivo riconosciuto e le somme finora liquidate a fronte ditali provvedimenti e/o delle prestazioni effettuate; - le ragioni per le quali, ad oggi, la Regione Lazio non ha adottato i provvedimenti autorizzativi/accreditativi promessi a favore della ricorrente nonostante il chiaro tenore della sentenza TAR n. 7524/2016; - disporsi a carico della Regione Lazio l'esibizione dei dati relativi ai fatturati maturati da -OMISSIS- a far data dal 2007 all'attualità e gli eventuali provvedimenti autorizzativi e/o di accreditamento rilasciati a terzi in materia di DCA nel medesimo lasso di tempo, con indicazione dei relativi costi sostenuti.
La ricorrente e l'ASL -OMISSIS- hanno scambiato scritti difensivi in vista dell'udienza pubblica.
Alla pubblica udienza del 16 maggio 2023 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
2 - Si premette che, con la memoria di replica di cui da ultimo, la ricorrente ha dedotto che "l'ASL -OMISSIS- ha evidentemente dimenticato, ancora una volta, di non essere stata evocata nel giudizio risarcitorio quale controparte sostanziale, ma soltanto quale "controinteressata" e forse ancor di più quale "cointeressata" ..", in tal modo ribadendo che, sostanzialmente, l'unico soggetto passivo dell'azione risarcitoria azionata è la Regione Lazio.
Si premette, ancora, che la Regione Lazio è rimasta inottemperante agli incombenti istruttori disposti a suo carco con l'ordinanza n. 10265/2022.
In data 18 febbraio 2014, con successiva reiterazione in data 22.10.2014, -OMISSIS- ha formalizzato un'istanza di autorizzazione alla realizzazione di una struttura per il servizio di assistenza domiciliare per i disturbi del comportamento alimentare inviandola al Comune di -OMISSIS-. Tale istanza è stata reiterata ad ottobre 2014 e, con la nota n. 3614/2015, la Regione ha sia chiarito il riparto di competenza in ordine al parere di compatibilità di cui al già succitato punto 19, sia precisato come il DCA n. 8/2011 non contempli tale servizio per i disturbi del comportamento alimentare. Tale ultimo atto è stato annullato con sentenza Tar Lazio n. 7524/2016 che da un lato, nel prendere atto di quanto sopra, ha censurato la mancata applicazione, nel caso di specie, della parte del decreto dedicata all'assistenza domiciliare per il disagio mentale e per la non autosufficienza; dall'altro, ha rilevato una contraddizione della Regione nell'affermare di avere istituito un Gruppo di lavoro per la individuazione del fabbisogno di prestazioni per tutte le tipologie assistenziali e definizione del fabbisogno di offerta articolato per livelli di assistenza ma, al contempo, nel denegare alla ricorrente una valutazione positiva dell'istanza di autorizzazione al servizio di assistenza domiciliare per i disturbi del comportamento alimentare non essendo lo stesso contemplato nel DCA n.8/2011.
In particolare, con la predetta sentenza è stato statuito che:
"Fermo restando che tutta la difesa della Regione è articolata per come anche si evince dal provvedimento impugnato sui tipi di tipologie assistenziali individuati, essa, tuttavia, nulla specifica riguardo all'art. 7/DPCA n. 8 recante la rubrica "Servizi per l'assistenza domiciliare - Requisiti generali - Finalità, dove è chiaramente precisato quali sono i destinatari che costituiscono il bacino di utenza dell'assistenza domiciliare e cioè:
- persone non autosufficienti totalmente o parzialmente;
- persone con disabilità complessa;
- persone affette da HIV e AIDS;
- pazienti terminali oncologici e non;
- persone affette da disagio mentale;
- persone in stati di dipendenza (tossicodipendenti, alcolisti).
In particolare la struttura interessata fa del tutto correttamente osservare, anche con apposita perizia sull'argomento, che i soggetti affetti da Disturbo del Comportamento Alimentare, quali i bulimici o gli anoressici rientrano nella categoria dei pazienti colpiti da disagio mentale e/o da disabilità complessa che portano, chi ne è affetto, a vivere con l'ossessione del cibo, del peso e dell'immagine corporea.
Proprio perché la perizia va riconosciuta come mezzo di difesa, al pari delle deduzioni e delle argomentazioni del difensore, serbando essa il valore di mera allegazione defensionale e non di mezzo legale di prova (TAR Lazio, Latina, 11 marzo 2014, n. 192) nel caso in esame da detta allegazione si evince il dato oggettivo che, in base l'ultima classificazione internazionale dei disturbi mentali recata dal DSM V, il DCA è annoverato tra essi, prevedendosene tre categorie: anoressia nervosa, bulimia nervosa, disturbo di Binge-eating.
Del tutto incomprensibilmente quindi alla domanda di parte ricorrente volta ad ottenere la verifica di compatibilità con il fabbisogno assistenziale e l'autorizzazione alla realizzazione di una struttura per il servizio di assistenza domiciliare per disturbi del comportamento alimentare la Regione ha opposto che per i Disturbi del Comportamento Alimentare sussistono soltanto le seguenti modalità assistenziali:
3.12 Ambulatorio per i disturbi del comportamento alimentare e obesità con possibilità di pasti assistiti;
4.12 Struttura residenziale per il trattamento dei disturbi del comportamento alimentare e obesità;
4.13 Centro diurno per il trattamento dei disturbi del comportamento alimentare e obesità. E non contempla un servizio di assistenza domiciliare per i disturbi del comportamento alimentare, quando il DCA rientra nei casi di disagio mentale previsti dall'art. 7 del DPCA n. 8 del 2011 tra i casi di assistenza domiciliare.
L'accoglimento del primo profilo di censura appare tranchant rispetto agli altri che quindi possono essere considerati superati dalle osservazioni testè effettuate. Comunque anche il secondo aspetto va accolto, nel rilievo che appare palese la contraddittorietà dell'operato della Regione laddove con la nota del 20 dicembre 2013 ha risposto alla ricorrente, tra l'altro e tra gli altri, di avere istituito un apposito Gruppo di Lavoro finalizzato alla "Individuazione del fabbisogno di prestazioni per tutte le tipologie assistenziali (sanitarie e sociosanitarie) e conseguente definizione del fabbisogno di offerta, articolato per ciascun livello di assistenza. Aggiornamento del decreto commissariale n. 17/2010" e poi, invece, in maniera del tutto escludente, col provvedimento impugnato, ha posto in rilievo l'impossibilità di valutare l'istanza dell'interessata per l'assenza "di un servizio di assistenza domiciliare per i disturbi del comportamento alimentare (D.C.A.), ", senza minimamente dare atto dell'eventuale esito dell'operato del Gruppo di Lavoro istituito "per tutte le tipologie assistenziali (sanitarie e sociosanitarie) e conseguente definizione del fabbisogno di offerta, articolato per ciascun livello di assistenza". ...".
Con il ricorso in trattazione la parte ricorrente articola una complessa azione risarcitoria, che può riassumersi nei seguenti termini:
- danni conseguenti al ritardo e all'inerzia dell'amministrazione regionale rispetto alle ripetute istanze di parte ricorrente;
- danni conseguenti all'annullamento della nota Regionale del gennaio 2015 di rigetto delle sue istanze del 2014;
- voci di danno interessate:
a) danno per la mancata esecuzione del servizio; b) danno curriculare; c) danno per la perdita di chance con il conseguente danno da mancato ammortamento investimenti; d) danno non patrimoniale conseguente alla lesione dell'immagine e al danno morale.
La consulenza tecnica di parte ha quantificato il reddito netto che la struttura avrebbe presumibilmente realizzato "su un orizzonte temporale di 11 anni, ossia dal 2007 al 2017"; in sostanza è stato ritenuto che il silenzio-inadempimento della Regione Lazio in merito alla domanda di accreditamento con il servizio sanitario regionale del 21.12.2077 ha nei fatti bloccato l'attività economica della struttura, ferma dal mese di gennaio 2007. La predetta consulenza prende a riferimento specificatamente il periodo 7.3.2007-30.5.2017 e considera gli 8 posti dei residenti, i 20 posti di semiresidenti del centro diurno, gli 80 posti dei domiciliari; pervenendo alla quantificazione di un mancato guadagno di € 1.400.946,08.
In reazione alla prima voce di danno di rappresenta quanto segue.
Il risarcimento del danno per il silenzio della pubblica amministrazione su un'istanza del privato equivale al risarcimento di un danno per ritardo nel provvedere (Cons. Stato Sez. II, 25/06/2021, n. 4861).
La domanda del danno da ritardo deve essere ricondotta nell'alveo dell'art. 2043 cod. civ., con la conseguenza che, per l'identificazione degli elementi costitutivi della responsabilità, l'ingiustizia e la sussistenza stessa del danno non possono, in linea di principio, presumersi iuris tantum, in meccanica ed esclusiva relazione al ritardo o al silenzio nell'adozione delle determinazioni carenti, ma ai sensi dell'art. 2697 cod. civ. il danneggiato deve provare la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della relativa domanda e, in particolare, sia dei presupposti di carattere oggettivo (prova del danno e del suo ammontare, ingiustizia dello stesso, nesso causale), sia di quello di carattere soggettivo (dolo o colpa del danneggiante), e di tale danno deve, in particolare, essere fornita concreta prova del quantum.
In tema di silenzio illegittimamente serbato dall'Amministrazione su un'istanza del privato, il riconoscimento del risarcimento del danno da ritardo non può ritenersi svincolato dalla verifica della spettanza del bene della vita e fondato sulla mera illegittimità dell'azione amministrativa, nel senso che l'ingiustizia del danno e, quindi, la sua risarcibilità per il ritardo dell'azione amministrativa è configurabile solo ove il provvedimento favorevole sia stato adottato, sia pure in ritardo, dall'Autorità competente, ovvero avrebbe dovuto essere adottato sulla base di un giudizio di natura prognostica (Cons. Stato Sez. IV, 05/01/2023, n. 175).
La responsabilità della pubblica amministrazione per lesione di interessi legittimi, sia da illegittimità provvedimentale sia da inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento, ha natura di responsabilità da fatto illecito aquiliano e non ha natura di responsabilità conseguente ad inadempimento contrattuale. Conseguentemente, il risarcimento del danno può essere accordato solo se è accertato che vi sia stata la lesione di un bene della vita, mentre per la quantificazione delle conseguenze risarcibili si applicano, in virtù dell'art. 2056 Cod. civ. - da ritenere espressione di un principio generale dell'ordinamento - i criteri limitativi della consequenzialità immediata e diretta e dell'evitabilità con l'ordinaria diligenza del danneggiato, di cui agli artt. 1223 e 1227 Cod. civ.; e non anche il criterio della prevedibilità del danno previsto dall'art. 1225 Cod. civ. In ogni caso, il danno va liquidato secondo i criteri di determinazione del danno da perdita di chance, ivi compreso il ricorso alla liquidazione equitativa, e non può equivalere a quanto l'impresa istante avrebbe lucrato se avesse svolto l'attività nei tempi pregiudicati dal ritardo dell'amministrazione (Consiglio di Stato, Ad. Plen., 23 aprile 2021, n. 7).
In conformità ai doveri di ordinaria diligenza nelle relazioni intersoggettive che informano l'ordinamento e che richiedono di responsabilmente attivarsi nel limite di un apprezzabile sacrificio al fine di evitare che la situazione produttiva del danno si aggravi con il passare del tempo - anche in tema di danno da ritardo occorre valutare non il solo comportamento dell'Amministrazione, ma anche la condotta del danneggiato, il quale è parte essenziale ed attiva del procedimento; e, in tale veste, dispone di capacità idonee ad incidere sulla tempistica e sull'esito del procedimento stesso, attraverso il ricorso ai rimedi amministrativi e giurisdizionali offertigli dall'ordinamento. L'indifferenza manifestata in ordine a tali rimedi rileva come comportamento causalmente orientato ai sensi dell'art. 1227 cod. civ. in ordine all'accertamento della spettanza del risarcimento, nonché alla quantificazione del danno risarcibile (Cons. Stato Sez. IV, 20/10/2020, n. 6351).
Tanto premesso, avuto riguardo alla condotta della società ricorrente, contrariamente a quanto dedotto in ricorso, trova piena applicazione il disposto di cui all'art. 1227 c.c. per quanto attiene al periodo decorrente dal 7 marzo 2007 - data in cui, con la determinazione n. 867 del 7.3.2007, la struttura ha ottenuto dalla Regione Lazio l'autorizzazione alla riconversione in struttura psichiatrica specifica per disturbi del comportamento alimentare - e fino al 31.5.2027 (presi in considerazione della consulenza tecnica di parte), atteso che non risulta in atti che la ricorrente si sia mai e tempestivamente attivata né in sede giustiziale di ricorso amministrativo né in sede di ricorso giurisdizionale al fine di contestare e fare accertare l'illegittimità del silenzio dell'amministrazione regionale sulle sue istanze, al fine ultimo di potere ottenere il provvedimento e/o i provvedimenti richiesti.
La condotta serbata da parte della ricorrente determina come conseguenza che gli eventuali danni verificatisi in capo alla stessa sono imputabili (anche) alla sua condotta omissiva.
La relativa richiesta di risarcimento dei danni da ritardo deve, pertanto, essere integralmente respinta siccome infondata nel merito per le considerazioni che precedono.
Quanto all'ulteriore richiesta risarcitoria che trova il suo fondamento nella riconosciuta illegittimità della nota della Regione Lazio n. 3614/2015, con la quale è stata respinta l'istanza di parte ricorrente inoltrata tramite il Comune di -OMISSIS- in data 6.3.2014, finalizzate a ottenere l'autorizzazione alla realizzazione di una struttura per il servizio di assistenza domiciliare per i disturbi del comportamento alimentare, si rappresenta quanto segue.
In primo luogo, la predetta questione risarcitoria deve intendersi limitata ai soli danni relativi ai posti di assistenza domiciliare per i disturbi del comportamento alimentare, atteso che questo era unicamente l'oggetto dell'istanza di autorizzazione di cui trattasi.
Quanto al numero dei posti di assistenza domiciliare, si rileva che:
- con la nota acquisita al protocollo dell'ASL -OMISSIS- con il n. 33166 dell'8.9.2008, la ricorrente ha chiesto l'autorizzazione a fornire anche un servizio di assistenza domiciliare per soggetti affetti da disturbi del comportamento alimentare fino a un massimo di 100 utenti ottenendo dall'ASL -OMISSIS-, con la nota prot. n. 60976 del 10 settembre 2009, un parere favorevole all'autorizzazione dell'esercizio di un servizio di assistenza domiciliare per D.C.A., integrativo alle altre tipologie assistenziali offerte dalla Struttura, per un numero massimo di 80 utenti;
- nell'istanza della ricorrente del 18.2.2014 non si fa riferimento a un numero specifico di utenti in relazione ai quali si chiedeva l'autorizzazione ai fini dell'assistenza domiciliare;
- nella predetta istanza della ricorrente del 18.2.2014 non si fa riferimento alla nota acquisita al protocollo dell'ASL -OMISSIS- con il n. 33166 dell'8.9.2008, ma, invece, è specificatamente richiamata la nota dell'ASL -OMISSIS- di cui al prot. n. 60976 del 10 settembre 2009;
- deve, pertanto, ritenersi che l'istanza del 18.2.2014 si riferisca proprio, ai fini del rilascio della relativa autorizzazione, agli 80 posti di assistenza domiciliare di cui al predetto parere.
Il Comune ha ricevuto l'istanza della ricorrente di cui trattasi in data 18.2.2014, con la specificazione che l'istanza doveva essere trasmessa alla Regione Lazio ai fini della verifica di compatibilità; la Regione Lazio l'ha, invece, ricevuta da parte del Comune in data 6.3.2014, a seguito della trasmissione da parte della Regione, sebbene nel provvedimento impugnato è riportata la data del 24.10.2014.
La L.R. n. 7/2014 del 14.7.2014, intervenuta nelle more del procedimento, innovando la precedente L.R. n. 4/2003, ha, infatti, disposto che la competenza regionale in materia di compatibilità ai fini del rilascio dell'autorizzazione venisse meno e quindi da quella data competente al riguardo è unicamente l'amministrazione comunale.
Ne consegue che il Comune correttamente e tempestivamente ha inoltrato l'istanza della ricorrente alla Regione ai fini dell'acquisizione del parere di sua competenza sulla base della legislazione vigente in materia in quel momento; e, comprensibilmente, ha atteso il riscontro regionale. Successivamente al riscontro con la nota del gennaio 2015, lo stesso si è trovato nell'impossibilità di fornire alla ricorrente un riscontro positivo, avuto riguardo a quanto ivi affermato.
Alcuna responsabilità può, quindi, essere addossata al Comune di -OMISSIS- ai fini del richiesto risarcimento del danno.
Quanto alla Regione Lazio, valgono le seguenti considerazioni.
Il periodo che interessa può essere limitato dal gennaio 2015, ossia dalla data di adozione da parte della Regione del provvedimento poi annullato, atteso che la ricorrente non risulta avere in precedenza agito per ottenere il provvedimento richiesto.
E interessa, appunto, soltanto gli 80 posti di assistenza domiciliare di cui trattasi.
Quanto ai presupposti dell'azione risarcitoria si rileva che:
- il paradigma cui è improntato il sistema della responsabilità dell'amministrazione per l'illegittimo esercizio dell'attività amministrativa o per il mancato esercizio di quella doverosa è quello della responsabilità da fatto illecito di cui all'art. 2043 c.c., perché anche in un'organizzazione dei pubblici poteri improntata sul modello dell'amministrazione "di prestazione" quest'ultima mantiene rispetto al privato una posizione di supremazia necessaria a perseguire i fini determinati dalla legge e, quindi, per ragioni storiche, sistematiche e normative non può essere assimilata al "debitore" obbligato per contratto ad "adempiere" in modo esatto nei confronti del privato; il risarcimento è quindi escluso quando l'interesse legittimo riceva idonea tutela con l'accoglimento dell'azione di annullamento e questo sia determinato da una illegittimità, solitamente di carattere formale, da cui non derivi un accertamento della fondatezza della pretesa del privato ma un vincolo per l'amministrazione a rideterminarsi, senza esaurimento della discrezionalità a essa spettante. (Cons. Stato (Ad. Plen.), 23/04/2021, n. 7);
- la mera illegittimità dell'atto amministrativo impugnato non è sufficiente per dichiarare la sussistenza di una responsabilità aquiliana per danni, dovendosi provare, oltre al nesso causale, la sussistenza del danno, e la colpa dell'amministrazione (Cons. Stato Sez. V, 27/05/2022, n. 4279);
- in tema di risarcimento danni conseguenti a un atto illegittimo, la sussistenza elemento soggettivo dell'illecito, e cioè della colpa, ricorre quando l'Amministrazione abbia in concreto agito in violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona fede alle quali l'esercizio della funzione e solo quando la violazione risulti grave e commessa in un contesto di circostanze di fatto e in un quadro di riferimento normativo e giuridico tali da palesare la negligenza e l'imperizia dell'organo nell'assunzione del provvedimento viziato;
- inoltre, ai fini del risarcimento del danno conseguente all'annullamento di un provvedimento, occorre che sia provata in modo certo la spettanza del bene della vita e la correlata lesione derivante dal provvedimento illegittimo, e va verificato anche se l'annullamento per vizio del procedimento sia avvenuto a seguito di una illegittimità di natura formale o di carattere sostanziale.
Nel caso di specie, la Regione Lazio si è difesa rappresentando "cosa siano i disturbi del comportamento alimentare, da non molti anni oggetto di attenzione crescente da parte del mondo scientifico e della comunità degli operatori sanitari e sociali, in virtù della loro diffusione tra le fasce più giovani della popolazione e della loro eziologia multifattoriale complessa; di quale sia il modello di gestione più adatto ad approcciare tali peculiari problematiche (non semplicisticamente assimilabili né al disagio mentale né alla non autosufficienza); di come valutare appropriatezza ed efficacia dei percorsi diagnostici, clinici e assistenziali, attualmente adottati dalla Regione Lazio". In conclusione ha dedotto che "Il servizio di assistenza domiciliare non è, perciò, contemplato nello studio -OMISSIS- né, quanto meno, suggerito o raccomandato nella letteratura più autorevole di livello nazionale o internazionale. Inoltre, i disturbi del comportamento alimentare, come si è approfonditamente argomentato, non sono assimilabili al disagio mentale puro e semplice ... le cure domiciliari sono da ultimo trattate ai sensi dell'art. 22 del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 12 gennaio 20177 , di talché la Regione, peraltro in piano di rientro, non può introdurre forme assistenziali che si discostino dalle linee guida nazionali e che siano prive di evidenza scientifica ... per tale tipologia assistenziale, è già disponibile ed offerta sul territorio una rete di intervento completa, integrata ed in grado di garantire un percorso di cura appropriato.". Si tratta, tuttavia, di considerazioni che avrebbero potuto trovare ingresso in modo utile esclusivamente nel giudizio conclusosi con la sentenza oramai in giudicato e di cui trattasi.
Tuttavia, da quanto emerge dal tenore testuale della sentenza passata in giudicato e di cui trattasi, appare evidente che si è ritenuto non soltanto che l'atto impugnato, preclusivo del rilascio dell'autorizzazione alla ricorrente, fosse illegittimo ma anche che lo fosse in modo palese, di tal che può ritenersi acquisita in giudizio la sussistenza degli elementi oggettivo e soggettivo.
Quanto al nesso causale, la ricorrente ha dimostrato di non avere potuto attivare i richiesti 80 posti per l'assistenza domiciliare e di non avere pertanto potuto beneficiare dei relativi introiti economici.
Dalla sentenza in giudicato emerge che la DCA n. 8/2011 non poteva essere in alcun modo interpretata come ostativa al rilascio dell'autorizzazione di posti di assistenza domiciliare per i disturbi del comportamento alimentare; ne consegue che sarebbe stato necessario provvedere, in concreto, alla verifica di compatibilità di cui all'art. 5 del RR Lazio n. 2/2007. La predetta norma dispone che "Con cadenza almeno trimestrale, la Regione procede anche avvalendosi, qualora previsto dall'atto programmatorio, dell'azienda USL territorialmente competente, alla verifica di compatibilità di cui all'articolo 6, comma 2, della L.R. n. 4/2003, in relazione alle richieste di autorizzazione alla realizzazione inviate dai comuni interessati, tenendo conto delle strutture pubbliche e private già operanti sul territorio."; si tratta della verifica di compatibilità rispetto al fabbisogno di assistenza risultante dall'atto programmatorio.
Sullo specifico punto del fabbisogno assistenziale, tuttavia, nonostante l'ordinanza istruttoria, alcun riscontro è pervenuto da parte della Regione. La stessa, infatti, senza depositare alcuna documentazione al riguardo, come già in precedenza rappresentato, si è limitata a dedurre soltanto che "In aggiunta, a contrastare le richieste di parte ricorrente, vi è l'aspetto che le cure domiciliari sono da ultimo trattate ai sensi dell'art. 22 del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 12 gennaio 2017, di talché la Regione, peraltro in piano di rientro, non può introdurre forme assistenziali che si discostino dalle linee guida nazionali e che siano prive di evidenza scientifica. Peraltro, come già rappresentato, per tale tipologia assistenziale, è già disponibile ed offerta sul territorio una rete di intervento completa, integrata ed in grado di garantire un percorso di cura appropriato".
Salvo non condividere direttamente quanto dedotto dalla regione con la nota impugnata del gennaio 2015 nella parte in cui ha ritenuto che l'assistenza domiciliare non necessità di specifica autorizzazione ai fini della sua realizzazione.
Avuto riguardo alle circostanze di cui sopra, si ritiene, pertanto, la sussistenza di tutti i presupposti per l'accoglimento della domanda di risarcimento del danno nella parte che residua, sulla base delle indicazioni che precedono, ossia con riferimento solo agli 80 posti di assistenza domiciliare; e, comunque, soltanto con riferimento al periodo successivo al decorso del termine dei 30 giorni dalla presentazione dell'istanza della ricorrente del 18.2.2014.
Per quello che riguarda le modalità di liquidazione dell'obbligazione risarcitoria, la Sezione ritiene di poter far ricorso al meccanismo previsto dall'art. 34, comma 4 c.p.a. nella parte in cui dispone che "4. In caso di condanna pecuniaria, il giudice può, in mancanza di opposizione delle parti, stabilire i criteri in base ai quali il debitore deve proporre a favore del creditore il pagamento di una somma entro un congruo termine. Se le parti non giungono ad un accordo, ovvero non adempiono agli obblighi derivanti dall'accordo concluso, con il ricorso previsto dal Titolo I del Libro IV, possono essere chiesti la determinazione della somma dovuta ovvero l'adempimento degli obblighi ineseguiti."; la Regione Lazio, anche con la collaborazione della parte ricorrente, dovrà pertanto proporre alla ricorrente, a titolo di risarcimento del danno entro 120 (giorni) giorni dalla comunicazione della presente sentenza ovvero dalla sua notificazione se anteriore, il pagamento di una somma di denaro quantificata secondo i criteri indicati in sentenza.
Per quanto precede, il ricorso va accolto ai sensi, nei limiti e per gli effetti di cui in motivazione.
Le spese di giudizio possono essere compensate tra tutte le parti; in particolare attesa la reciproca soccombenza con la Regione Lazio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, accoglie il ricorso nei limiti e nei sensi e per gli effetti di cui alla motivazione che precede.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 maggio 2023 con l'intervento dei magistrati:
Maria Cristina Quiligotti, Presidente, Estensore
Claudia Lattanzi, Consigliere
Roberto Vitanza, Consigliere
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
Maria Cristina Quiligotti
IL SEGRETARIO