Pubblicato il 10/08/2022
N. 11143/2022 REG.PROV.COLL.
N. 08309/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 8309 del 2022, proposto dalla sig.ra -OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'Avvocato xxxxx xxxxx, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocato xxxxx xxxx, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso gli uffici dell'Avvocatura Capitolina siti in Roma, via xxxxxxxx n. ...;
per l'annullamento, previa sospensione cautelare
- dell'Ordinanza del Presidente del Municipio Roma xxxxx xxxx, in data 23.5.2022, n. 8, prot. CH-N° .... e prot. CH-N ..., notificata a mani in data 23.5.2022, ad oggetto: "revoca della nomina dell'Assessore -OMISSIS-", a firma del Presidente, Sig. -OMISSIS-

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 4 agosto 2022 il dott. Michele Tecchia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO
Con ricorso ritualmente notificato e depositato presso la segreteria di questo TAR, parte ricorrente esponeva quanto segue:
- con ordinanza n. 2 dell'8 novembre 2021 (prot. CH-N ....), avente ad oggetto la "nomina del Vice Presidente e degli Assessori del Municipio Roma xxxx xxxx ed affidamento ad essi di compiti propositivi e di indirizzo nonché di coordinamento e di controllo", il Presidente del Municipio Roma xxxxx xxxx conferiva alla ricorrente l'incarico di "Assessore alla Cultura, Valorizzazione Patrimonio Archeologico, Pari Opportunità, Turismo";
- una volta assunte le proprie funzioni, la ricorrente ha avviato un'intensa attività con presenze quotidiane presso la sede del Municipio e con proposte sottoposte al vaglio dei rispettivi referenti, nonché con progetti realizzati all'interno della comunità territoriale;
- in data 6 maggio 2022, su richiesta del Presidente del Municipio xxxxx xxxx, la ricorrente inviava al Presidente un report sullo stato di avanzamento del programma dalla medesima predisposto;
- successivamente, con ordinanza del 23 maggio 2022 n. 8, prot. CH-N° ... e prot. CH-N ..., notificata in pari data, il Presidente del Municipio xxxxx xxxx revocava l'incarico assessorile della ricorrente sulla base della seguente motivazione: "visto il Testo Unico delle Leggi sull'Ordinamento degli Enti Locali approvato con D. Lgs. n. 267 del 18/08/2000 e ss.mm.ii; visto lo Statuto di Roma Capitale approvato con Deliberazione C.C. n. 10/1999; visti l'art. 22, commi 4 e 28, l'art. 23 comma 1 del Regolamento Municipio Roma xxxx xxxx; considerato che si è affievolito il rapporto di fiducia con l'Assessore -OMISSIS-; REVOCA l'incarico di Assessore alla Dott.ssa -OMISSIS- nata a Roma il 09/05/1956, restano in carica al Presidente le deleghe precedentemente assegnate all'Assessore -OMISSIS-: Cultura, Valorizzazione patrimonio archeologico - Pari opportunità - Turismo. Del presente atto sarà data comunicazione al Consiglio del Municipio ai sensi dell'art. 27, comma 22, dello Statuto di Roma Capitale" (doc. 2).
Sulla scorta di tali allegazioni, pertanto, parte ricorrente è insorta avverso la summenzionata ordinanza di revoca dell'incarico assessorile.
Il ricorso è affidato ad un unico motivo di gravame così formulato: "Sull'annullamento del provvedimento impugnato per violazione di legge: in particolare, per violazione dell'art. 3 della L. n. 241/1990 e dell'art. 46, comma 4, del Testo Unico degli Enti Locali. Nonché per violazione dell'art. 27 comma 22, dello Statuto di Roma Capitale e dell'art. 22, comma 28 e dell'art. 23 del Regolamento del Municipio Roma -OMISSIS-".
In particolare, parte ricorrente - dopo aver premesso in via generale che gli atti di revoca degli incarichi assessorili "non costituiscono atti di natura politica ... ma veri e propri atti amministrativi che, anche quando espressione di ampia discrezionalità, sono comunque legati ai fini individuati dalla legge. In quanto tali, sono quindi soggetti al generale obbligo di motivazione ex art. 3 della L. n. 241/1990" (cfr. pag. 3 del ricorso) - ha censurato l'atto di revoca per difetto di motivazione, posto che "il riferimento, contenuto nell'ordinanza impugnata, all'affievolimento del rapporto di fiducia tra il Presidente del Municipio e l'Assessore (la sig.ra -OMISSIS-), appare, con ogni evidenza, sfornito della benché minima motivazione, tanto da integrare una mera formula di stile, stereotipata ed apodittica, che non dà alcuna contezza delle ragioni del venir meno di tale rapporto" (cfr. ancora pag. 3 del ricorso).
In aggiunta alla domanda caducatoria, parte ricorrente ha spiegato anche una domanda di risarcimento dei danni non patrimoniali ex art. 2059 Cod. Civ. - in tesi cagionati dall'atto di revoca in questa sede avversato - in quanto "posta l'illegittimità dell'ordinanza impugnata e il doveroso annullamento demolitorio dell'atto di revoca, è il caso di aggiungere che lo stesso ha, senz'altro, riflessi anche sotto il profilo risarcitorio, tenuto conto che la perdita della possibilità di svolgere l'incarico di assessore - incarico di indubbio prestigio amministrativo-politico che contribuisce al pieno sviluppo della personalità umana e favorisce la partecipazione del cittadino alla vita politica del Paese - ha inciso su un'esperienza meritevole di tutela quanto meno ai sensi dell'art. 2 della Cost. La preclusione allo svolgimento di detto incarico deve, pertanto, ritenersi risarcibile sub specie di danno non patrimoniale, ai sensi dell'art. 2059 c.c." (cfr. pag. 5 del ricorso).
Roma Capitale si è ritualmente costituita in giudizio, instando per il rigetto del ricorso ed eccependo, in particolare, che "la revoca degli assessori costituisce, non diversamente dalla nomina, atto sindacale connotato dalla più ampia discrezionalità di carattere politico amministrativo e non necessita di una particolare motivazione" (cfr. pag. 2 della memoria di costituzione).
Alla camera di consiglio del 4 agosto 2022 fissata per la trattazione dell'istanza cautelare, il Collegio introitava la causa in decisione, previo avviso alle parti in ordine alla possibile definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata.
DIRITTO
Ciò premesso in fatto, il Collegio conferma che il giudizio può essere definito in esito all'udienza cautelare con sentenza ai sensi dell'articolo 60 c.p.a., essendo trascorsi almeno venti giorni dall'ultima notificazione, non essendovi necessità di integrare il contraddittorio, risultando completa l'istruttoria e non avendo alcuna delle parti dichiarato di voler proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale o regolamento di competenza o di giurisdizione.
Fermo quanto precede, il ricorso merita di essere accolto nei termini che seguono.
Anzitutto occorre chiarire che l'atto avversato nel presente giudizio - e cioè il provvedimento di revoca dell'incarico assessorile del Municipio xxxx xxxx - soggiace alla disciplina contenuta nell'art. 27, comma 22, dello Statuto di Roma Capitale e nell'art. 22, comma 28, del Regolamento del suddetto Municipio (cfr. allegati 3 e 4 della produzione di parte ricorrente).
Tale disciplina statutaria e regolamentare estende agli atti di nomina/revoca degli assessori municipali lo stesso compendio di regole previste dalla legge nazionale per gli atti di nomina/revoca degli assessori comunali.
In particolare, la disciplina di legge nazionale (cfr. art. 46 del d.lgs. n. 267 del 2000) prevede quanto segue:
- quanto agli atti di nomina degli assessori comunali, "il sindaco e il presidente della provincia nominano, nel rispetto del principio di pari opportunità tra donne e uomini, garantendo la presenza di entrambi i sessi, i componenti della giunta, tra cui un vicesindaco e un vicepresidente, e ne danno comunicazione al consiglio nella prima seduta successiva alla elezione" (cfr. art. 46, comma 2, del d.lgs. n. 267 del 2000);
- quanto agli atti di revoca degli assessori comunali, "il sindaco e il presidente della provincia possono revocare uno o più assessori, dandone motivata comunicazione al consiglio" (cfr. art. 46, comma 4, del d.lgs. n. 267 del 2000).
Identiche regole sono state recepite - con riferimento agli atti di nomina e revoca degli assessori del municipio - dalle summenzionate disposizioni dello Statuto di Roma Capitale e del Regolamento del Municipio xxxx xxxx.
Va da sé che l'atto di revoca dell'incarico di assessore del Municipio VI impugnato nel presente giudizio, soggiace indubitabilmente alla stessa trama di principi che la giurisprudenza amministrativa ha coniato per l'atto di revoca dell'assessore comunale.
Orbene, in base alla succitata giurisprudenza (si veda da ultimo Consiglio di Stato, Sezione Prima, Parere n. 936 del 2021 e, nello stesso senso, Consiglio di Stato, Sezione Prima, Parere n. 3161 del 2019) è ormai ius receptum che l'atto di revoca dell'assessore comunale è un atto di alta amministrazione e non un atto politico, con suo conseguente assoggettamento al sindacato del Giudice amministrativo e all'obbligo di motivazione.
È peraltro da ritenere che, sempre in linea con consolidata giurisprudenza, la revoca degli assessori comunali rientri nella piena scelta discrezionale del Sindaco, caratterizzandosi per il rapporto di fiducia fra il Sindaco medesimo e le persone degli assessori, destinati a collaborare con lui nell'amministrazione dell'ente locale anche come delegati, assegnati ai vari assessorati.
Pur non avendo natura politica, in quanto sottoposto alle prescrizioni di legge ed eventualmente degli statuti e dei regolamenti, la valutazione degli interessi coinvolti nella revoca di un assessore è rimessa in via esclusiva al Sindaco.
Il Giudice amministrativo, sfornito del sindacato di merito, non può che prendere in considerazione, nel sindacato di legittimità, i profili formali, quali la violazione di specifiche disposizioni normative, evidenti abnormità del provvedimento sindacale o il suo carattere discriminatorio (v. Cons. st., Sez. V, n. 4057/2012; Sez. V, n. 2015/2017).
Da tale presupposto deriva la conseguenza che la revoca degli assessori non può essere assoggettata alle regole sostanziali e procedimentali che caratterizzano la generalità degli atti amministrativi.
Come il Consiglio di Stato ha già avuto modo di sottolineare, "il provvedimento di revoca dell'incarico di un singolo assessore [previsto] dall'art. 46, comma 4, del testo unico di cui al d.lgs. n. 267 del 2000 può basarsi sulle più ampie valutazioni di opportunità politico-amministrativa rimesse in via esclusiva al Sindaco, e segnatamente anche su ragioni afferenti ai rapporti politici all'interno della maggioranza consiliare e sulle sue ripercussioni sul rapporto fiduciario che deve sempre permanere tra il capo dell'amministrazione e il singolo assessore"... "la motivazione dell'atto di revoca può anche rimandare esclusivamente a valutazioni di opportunità politica e il sindaco ha solo l'onere formale di comunicare al Consiglio comunale la decisione di revocare un assessore, visto che è soltanto quest'ultimo organo che potrebbe opporsi, con una mozione di sfiducia, all'atto di revoca" (Consiglio di Stato, Sez. I, n. 2859/2019; n. 3161/2019; in termini analoghi, in precedenza, Cons. St., Sez. I, nn. 2743/2013, 4970/2013).
Spetta in particolare al Sindaco l'incombenza di valutare la sussistenza di esigenze di carattere generale, che investano anche i rapporti tra le forze politiche, quelle relative all'efficienza dell'azione amministrativa e, non ultime, quelle che investono l'indebolimento del rapporto fiduciario tra il vertice dell'amministrazione e uno degli assessori.
Tuttavia, in fase di scrutinio giudiziale dell'atto di esercizio della discrezionalità del Sindaco, il Giudice amministrativo non può spingersi oltre un controllo estrinseco e formale, né può tanto meno sindacare le ragioni di opportunità politico-amministrativa. Non si tratta, infatti, di un tipico provvedimento sanzionatorio bensì della revoca di un incarico fiduciario (v. in argomento Cons. St., Sez. V, n. 209/2007; n. 803/2012).
In sintesi, se da un lato l'atto di revoca dell'incarico assessorile è un atto di alta amministrazione - come tale soggetto all'obbligo di motivazione e al sindacato del Giudice amministrativo - dall'altro lato questo sindacato giudiziale è sostanzialmente debole, e cioè circoscritto ad un controllo soltanto estrinseco e formale dell'impianto motivazionale della revoca.
Va da sé che è assolutamente cruciale - ai fini della risoluzione della controversia - stabilire qual è il concreto confine entro il quale il Giudice amministrativo può muoversi in fase di scrutinio della motivazione dell'atto di revoca.
Confine non sempre di facile identificazione, avuto riguardo all'estrema eterogeneità e complessità della casistica giurisprudenziale sviluppatasi in subiecta materia.
Orbene, ritiene il Collegio - anche alla luce dell'approccio concretamente seguito da autorevole giurisprudenza in un'ampia gamma di casi - che se è vero che una congrua motivazione dell'atto di revoca ben può consistere nella lesione del rapporto fiduciario esistente tra il Sindaco e l'assessore, è nondimeno vero che tale motivazione è stata giudicata sufficiente - e quindi non oltremodo sindacabile - soltanto se il Sindaco ha quantomeno sommariamente menzionato il fatto che ha innescato la suddetta lesione.
In tal senso, è stato ad esempio affermato che:
- "la revoca della nomina della ricorrente è compiutamente motivata in ordine alle ragioni di natura politica che hanno fatto venir meno il rapporto di piena fiducia tra assessore e sindaco" (cfr. Consiglio di Stato, Sezione Prima, Parere n. 3161 del 2019);
- il "provvedimento di revoca dell'incarico di un singolo assessore [previsto] dall'art. 46, comma 4, del testo unico di cui al d.lgs. n. 267 del 2000 può basarsi sulle più ampie valutazioni di opportunità politico-amministrativa rimesse in via esclusiva al Sindaco, e segnatamente anche su ragioni afferenti ai rapporti politici all'interno della maggioranza consiliare e sulle sue ripercussioni sul rapporto fiduciario che deve sempre permanere tra il capo dell'amministrazione e il singolo assessore" (cfr. Consiglio di Stato, Sezione Prima, Parere n. 936 del 2021).
In breve, il Collegio ritiene di poter sposare quell'orientamento giurisprudenziale secondo cui la compromissione del rapporto fiduciario Sindaco-Assessore può sì giustificare la revoca dell'incarico assessorile, ma purchè sia accompagnata da un'indicazione - anche soltanto generica - dei fatti o delle "ragioni afferenti ai rapporti politici all'interno della maggioranza consiliare" che hanno eziologicamente leso il vincolo di fiducia.
Ciò al fine di soddisfare quel minimum motivazionale che è pur sempre richiesto anche per gli atti di alta amministrazione, nonché al fine di impedire che la lesione del vincolo fiduciario si trasformi in una vuota formula di stile suscettibile di utilizzi elusivi e discriminatori.
Proprio in tal senso, un recente precedente giurisprudenziale - rimasto inappellato - ha annullato l'atto di revoca di un assessore comunale sulla condivisibile considerazione secondo cui "il provvedimento impugnato, infatti, si limita ad affermare che è venuto meno il rapporto di fiducia, facendo mero riferimento a "giurisprudenza acclarata" ... Il provvedimento tuttavia non reca alcuno specifico riferimento alle ragioni per cui il sindaco ha ritenuto di procedere alla "rimodulazione della delega assessorile", né ad episodi, situazioni, opinioni, alla base delle richiamate "valutazioni di opportunità politico-amministrativa" e del "venir meno del rapporto di fiducia" (cfr. TAR Puglia, Bari, Sezione Prima, n. 583 del 29 aprile 2022).
Orbene, traslando tali principi e coordinate generali al caso di specie, il Collegio osserva che l'atto di revoca impugnato nel presente giudizio - in quanto imperniato sull'unica motivazione per cui "si è affievolito il rapporto di fiducia con l'Assessore" - è viziato da un difetto di motivazione sostanziatosi nell'omessa indicazione dei fatti che hanno cagionato tale affievolimento della fiducia.
Ne deriva che il ricorso è fondato e il provvedimento impugnato va quindi annullato per difetto di motivazione, fatto salvo il potere del Presidente del Municipio xxx di rideterminarsi nell'esercizio dei propri poteri autoritativi, ovviamente in ossequio al vincolo conformativo discendente dalla presente sentenza.
Non può essere accolta, invece, la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale che parte ricorrente sostiene di aver subìto a causa del provvedimento impugnato.
Anche la giurisprudenza meno rigorosa in materia ha evidenziato, infatti, che il danno non patrimoniale derivante dalla lesione di diritti inviolabili della persona, come tali costituzionalmente garantiti, sia "risarcibile - sulla base di una interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c., anche quando non sussista un fatto-reato né ricorra alcuna delle altre ipotesi in cui la legge consente espressamente il ristoro dei pregiudizi non patrimoniali - a tre condizioni: a) che l'interesse leso, e non il pregiudizio sofferto, abbia rilevanza costituzionale (altrimenti si perverrebbe ad una abrogazione per via interpretativa dell'art. 2059 c.c., giacché qualsiasi danno non patrimoniale, per il fatto stesso di essere tale, e cioè di toccare interessi della persona, sarebbe sempre risarcibile); b) che la lesione dell'interesse sia grave, nel senso che l'offesa superi una soglia minima di tollerabilità, in quanto il dovere di solidarietà, di cui all'art. 2 Cost., impone a ciascuno di tollerare le minime intrusioni nella propria sfera personale inevitabilmente scaturenti dalla convivenza; c) che il danno non sia futile, vale a dire che non consista in meri disagi o fastidi, ovvero nella lesione di diritti del tutto immaginari, come quello alla qualità della vita o alla felicità" (cfr. ex multis Cons. Stato sez. IV, 5 settembre 2013 n. 4464, 2 aprile 2012 nn. 1957 e 1958).
Detto in altri termini, ciò che non può mai mancare ai fini dell'accoglimento della domanda di risarcimento del danno non patrimoniale è l'allegazione e prova dell'an del danno, il quale deve essere grave e non meramente bagattellare, e non può mai coincidere con la mera illegittimità del provvedimento amministrativo.
Nel caso di specie, le generiche considerazioni contenute nel ricorso - sostanzialmente limitate ad imprecisati "riflessi sul piano della dignità, della professionalità e della personalità del ricorrente" - si limitano a prospettare genericamente ed apoditticamente un danno non patrimoniale suscettibile di risarcimento.
Siamo pertanto in un contesto in cui il generico riferimento al danno non patrimoniale si esaurisce in "una pura, apodittica affermazione sprovvista di fondamento probatorio, che non può costituire ex se nemmeno mera indicazione di un "fatto" tale da suscitare la considerazione del giudice e la sua valutazione equitativa" (Cons. Stato sez. IV, 5 settembre 2013 n. 4464).
Ne deriva, in conclusione, che:
- la domanda caducatoria va accolta e, per l'effetto, il provvedimento di revoca va annullato per difetto di motivazione, fatte salve le nuove determinazioni autoritative che l'Amministrazione resistente vorrà eventualmente assumere nel rispetto del vincolo conformativo discendente dalla presente sentenza;
- la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale ex art. 2059 Cod. Civ. va respinta in quanto infondata.
Tenuto conto della soccombenza reciproca, sussistono giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così dispone:
- accoglie la domanda di annullamento del provvedimento impugnato nei termini e modi di cui in motivazione;
- respinge la domanda di risarcimento del danno.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 agosto 2022, con l'intervento dei magistrati:
Pietro Morabito, Presidente
Francesca Mariani, Referendario
Michele Tecchia, Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Michele Tecchia Pietro Morabito





IL SEGRETARIO