RELAZIONE
Il diritto al lavoro per le persone con disabilità trova nuova linfa dalla recente approvazione della L. 68/1999 "Norme per il diritto al lavoro dei disabili", una legge che tende a favorire l'incontro e il dialogo tra il mondo del lavoro e quello della disabilità. I principi contenuti in essa, nonché la risoluzione del Consiglio dell'Unione Europea del 17 giugno 1999 relativa alla pari opportunità di lavoro per disabili, e in particolane il punto 2 lettera a) nel quale si invitano gli stati membri "nel quadro delle politiche nazionali per l'occupazione, a porre un accento particolare, in collaborazione con le parti sociali e le organizzazioni non governative per i disabili, sulla promozione delle opportunità di lavoro per i disabili, nonché ad elaborare adeguate iniziative politiche preventive ed attive intese a promuovere il loro inserimento nel mercato del lavoro, incluso il lavoro autonomo, e quello pubblico", il punto 4 in cui "il Consiglio invita gli stessi disabili e le loro organizzazioni a fornire il proprio contributo per giungere alla parità delle opportunità di lavoro attraverso la comunicazione e lo scambio di esperienze tra tutte le componenti del mercato del lavoro", hanno favorito, unitamente all'impegno dimostrato dalle organizzazioni delle persone con disabilità, il crearsi delle condizioni per un pronto recepimento, con legge regionale, della L.68/99.
Oltre a ciò l'applicazione delle Legge 68/99, trova alcune immediate connessioni con la recente riforma dei Servizi per l'Impiego realizzata ai sensi del Decreto Ministeriale n. 469/97, e quindi direttamente collegata alla costruzione di politiche attive per il lavoro. Oltre a ciò è importante rilevare la responsabilità che ci viene affidata dalla legislazione vigente: la L. 68/99 delega il nostro ente a realizzare politiche di riconoscimento del diritto al lavoro per tutti, nonché di promozione e concertazione di processi di integrazione lavorativa.
Quattro sono i principi che compongono l'architettura della nuova legge regionale, tutti tengono conto sia dell'esperienza della precedente normativa, eccessivamente prescrittiva e povera di strumenti e indicazioni di metodologie e buone prassi, sia del contributo, vario per forma e qualità, fornito dal "mondo del lavoro" e dalle organizzazioni delle persone con disabilità che hanno dimostrato maturità nella interpretazione dei principi dì partecipazione sanciti dall'art. 30 della L. 104/92 e richiamati dalla già citata risoluzione del Consiglio dell'Unione Europea.
Il primo di questi principi consiste nella scelta di promuovere una reale integrazione lavorativa della persona con disabilità all'interno del luogo di lavoro. Condizione perché ciò avvenga è che prevalga il principio del lavoro comune che tutti i soggetti, a vario titolo coinvolti nel processo di integrazione, sono chiamati a realizzare contribuendo a creare un contesto socioambientale accogliente e rispettoso della condizione della persona con disabilità. Questa è, probabilmente, la parte più complessa dell'intero sistema che si vuole costruire; tutti sappiamo, anche dall'esperienza passata, che il buon esito di un percorso di integrazione lavorativa dipende da molteplici fattori che investono responsabilità e fattori differenti. Dai centri di riabilitazione, ai servizi di assistenza, a quelli di trasporto, a quelli di sostegno, accompagnamento e formazione. Occorrerà, pertanto, formare nuove professionalità, sperimentare nuove metodologie e nuovi strumenti di lavoro, lasciare spazio ad una rinnovata cultura del lavoro sociale.
Il secondo principio riguarda il ruolo della regione e delle imprese: la normativa precedente chiedeva a queste ultime di svolgere un ruolo di tipo assistenziale; il soggetto con disabilità era collocato all'interno dell'impresa e, nella maggioranza dei casi, abbandonato a sé stesso. L'azienda veniva lasciata sola a tentare di realizzare delle azioni che creassero le condizioni perché il lavoratore con disabilità potesse, anche in maniera minima, contribuire alla produzione.
Con la nuova normativa, alle aziende si riconosce e si chiede di realizzare la funzione che gli è propria, quella di carattere economico, lasciando alle istituzioni il compito di svolgere una funzione di carattere assistenziale per cercare di colmare il divario che potrebbe esistere - e non sempre esiste - tra le potenzialità del lavoratore normodotato e quelle del lavoratore con disabilità. Anche in questo caso si è previsto che alcune azioni previste, nell'ambito del percorso di integrazione lavorativa, siano rivolte all'azienda e siano azioni di supporto, accompagnamento, formazione, informazione. Le aziende, cioè, potranno giocare un ruolo importante a condizione che siano sostenute e aiutate a superare lo stato di ansia e di paura che suscita il pensiero di dovere accogliere una persona troppo spesso genericamente definita disabile e accompagnate nella ricerca di un compito o una mansione adatta alla tipologia della disabilità.
Il terzo principio riguarda il carattere di condivisione e partecipazione fra tutte le componenti che sono chiamate a intervenire in un processo di integrazione lavorativa. La situazione legislativa precedente, ampiamente criticata, ha creato, di fatto, quasi un blocco dei collocamenti soprattutto in alcune aree del paese non ultime quelle economicamente più forti. Una indagine del Ministero degli Affari Sociali del 1997 ci dice che del 15 % di soggetti da collocare secondo la vecchia 482/68, era stato coperto solo il 3%.
L'assunto di base è che tutti debbano riconoscere la legittimità di questa esigenza, il diritto al lavoro per le persone con disabilità, e tutti, con pari dignità si è chiamati, nell'ambito delle proprie responsabilità e funzioni a contribuire a creare le condizioni perché questo diritto possa essere vissuto e riconosciuto.
Esistono dei vincoli di carattere impositivo ma, a differenza di quanto avveniva in passato, la legge mette a diposizione una serie di strumenti e metodologie sintetizzabili nell'attività di mediazione al lavoro, finalizzati alla ricerca della soluzione che tenga conto delle esigenze e delle caratteristiche di tutti. Non è un caso che l'attività di mediazione al lavoro sia rivolta sia ai soggetti con disabilità che alle imprese.
Il quarto principio, ribalta l'ottica storioculturale su cui si basava la precedente legislazione. L'idea del lavoro come forma di risarcimento verso chi, per incidenti sul lavoro o per gravi malattie, si trovava in difficili condizioni di inserimento nel mondo del lavoro. L'ottica da cui si è partiti per questa legge è che il risarcimento e il diritto sono cose diverse: il lavoro è considerato un diritto primario nella nostra Costituzione e su di esso si fonda l'impianto sociale del nostro Paese. Anche in questo caso, la costituzione e l'uso del Fondo regionale per l'occupazione delle persone con disabilità, diventa un elemento propulsivo di notevole importanza che va visto in ottica di sviluppo e come volano per l'avvio di processi.
La sfida che ci proponiamo di affrontare è senza dubbio di quelle avvincenti e allo stesso tempo notevolmente rischiosa per la complessità dei fattori e la numerosità dei soggetti che sono chiamati a intervenire e collaborare attivamente nelle varie fasi del percorso di integrazione; dobbiamo affrontarla con questa consapevolezza sapendo di avere strumenti e risorse umane per riuscire a vincerla.