Progetto di legge n. 197
TUTELA DEL LAVORATORE DALLE VIOLENZE MORALI E PSICOLOGICHE NELLAMBITO DELLATTIVITA LAVORATIVA
RELAZIONE
Il lavoro é uno dei momenti fondamentali di autorealizzazione dell'individuo; la limitazione di questa possibilità per contrasti nei luoghi di lavoro o per decisione dell'impresa, ente e amministrazione pubblica é un fatto grave per la tutela individuale della dignità ed integrità della persona. La cooperazione nel lavoro é la migliore strada per la valorizzazione e l'utilizzazione delle risorse umane.
Grande rilevanza e diffusione sta assumendo nel nostro Paese un nuovo tipo di disagio, trasversale a tutte le categorie lavorative, che con termine inglese si definisce "mobbing". Il termine, proveniente dalla lingua inglese e dal verbo to mob (attaccare, assalire) e mediato dall'etologia, si riferisce al comportamento di alcune specie animali, solite circondare minacciosamente un membro del gruppo per allontanarlo. Spesso nelle aziende accade qualcosa di simile, allorché il dipendente è oggetto ripetuto di soprusi da parte dei superiori e, in particolare, vengono poste in essere nei suoi confronti pratiche dirette ad isolarlo dall'ambiente di lavoro e, nei casi più gravi, ad espellerlo; pratiche il cui effetto è di intaccare gravemente l'equilibrio psichico del prestatore, menomandone la capacità lavorativa e la fiducia in se stesso e provocando catastrofe emotiva, depressione e talora persino suicidio. Si tratta, quindi, una vessazione psicologica (che a volte sfocia nella violenza), operata ai danni di un lavoratore da parte di colleghi o superiori. In particolare, violenze morali, pressioni e molestie psicologiche nei luoghi di lavoro.
Il mobbing si determina quando tali fatti si verificano in modo sistematico, duraturo e intenso, tra lavoratori e nel rapporto tra lavoratori e datori di lavoro (pubblici e privati). Il fine di tali vessazioni é quello di eliminare una persona che é, o é divenuta, in qualche modo "scomoda", distruggendola psicologicamente e socialmente per provocarne il licenziamento o indurla alle dimissioni, come comprovato da accertate strategie aziendali messe in atto con siffatta finalità.
Si tratta di problemi rilevanti che devono essere affrontati con un rapporto equilibrato, in modo da rendere compatibile la tutela della persona con il rispetto degli spazi di autonomia gestionale e organizzativa propri delle imprese e degli enti.
Intervenire su questo problema non é solo necessario per ragioni etiche, di giustizia e di correttezza nei rapporti umani e per la tutela dei valori della convivenza civile, ma anche di opportunità economica. Il fenomeno, infatti, ha delle importanti ripercussioni sull'efficienza delle aziende, nonché sui costi sociali e sanitari, senza tralasciare la necessità di accrescimento della coesione sociale.
Il provvedimento legislativo qui proposto interviene prima di tutto per favorire una azione preventiva efficace, per informare e sensibilizzare tutti i soggetti interessati alla gravità del problema. La tutela del lavoratore va, infatti, intesa ben oltre le mere garanzie assistenziali e legali, concentrandosi sull'informazione, sulla prevenzione e, una volta accertato il danno, sulla possibilità concreta di recupero delle capacità della "vittima", sul piano psicologico, sociale, relazionale e lavorativo.Art. 1
Finalità1. La presente legge tutela qualsiasi lavoratrice e lavoratore da violenze morali e persecuzioni psicologiche perpetrate in ambito lavorativo mediante azioni definite dall'articolo 2.
2. La tutela di cui al comma 1 si estende a tutte le tipologie di lavoro, pubblico e privato, comprese le collaborazioni, indipendentemente dalla loro natura, mansione e grado.Art. 2
Definizione1. Ai fini della presente legge vengono considerate violenze morali e persecuzioni psicologiche, nell'ambito dell'attività lavorativa, quelle azioni che mirano esplicitamente a danneggiare una lavoratrice o un lavoratore. Tali azioni devono essere svolte con carattere sistematico, duraturo e intenso.
2. Gli atti vessatori, persecutori, le critiche e i maltrattamenti verbali esasperati, l'offesa alla dignità, la delegittimazione di immagine, anche di fronte a soggetti esterni all'impresa, ente o amministrazione - clienti, fornitori, consulenti -comunque attuati da superiori, pari-grado, inferiori e datori di lavoro, per avere il carattere della violenza morale e delle persecuzioni psicologiche, devono mirare a discriminare, screditare o, comunque, danneggiare il lavoratore nella propria carriera, status, potere formale e informale, grado di influenza sugli altri. Allo stesso modo vanno considerate la rimozione da incarichi, l'esclusione o immotivata marginalizzazione dalla normale comunicazione aziendale, la sottostima sistematica dei risultati, l'attribuzione di compiti molto al di sopra delle possibilità professionali o della condizione fisica e di salute, nonché le molestie psico-fisiche, minacce e calunnie e comunque i comportamenti vessatori che conducono altri a conclamata emarginazione sociale e/o lavorativa, le ingiustificate discriminazione e penalizzazione del trattamento retributivo, il costringimento a compiti o funzioni dequalificanti per la dignità personale, che comportano l'accettazione volontaria di decisioni costrittive ingiustificate e pretestuose nella vita lavorativa, gli atti e comportamenti di violenza psicologica atti a conseguire o assicurare a sé o ad altri profitti e/o consensi altrimenti disciplinati dalla legge.
3. Ai fini dellaccertamento della responsabilità soggettiva listigazione è considerata equivalente alla commissione del fatto.
4. Qualora il fatto sia commesso da un dipendente, collaboratore o comunque sottoposto, del pregiudizio subito dal lavoratore risponde anche il datore di lavoro ai sensi dell'art. 2087 cod. civ.
5. Il danno di natura psico-fisica provocato dagli atti e comportamenti di cui ai commi 1 e 2 rileva ai fini della presente legge quando comporta la menomazione della capacità lavorativa, ovvero pregiudica l'autostima del lavoratore che li subisce, ovvero si traduce in forme depressive.Art. 3
Attività di prevenzione1. Ai fini di prevenire le attività di violenza morale e persecuzione psicologica, i datori di lavoro, pubblici e privati, e le rispettive rappresentanze sindacali aziendali, pongono in essere - anche in attuazione di quanto previsto dall'articolo 2082 del codice civile - iniziative di informazione periodica verso i lavoratori. L'attività informativa investe anche gli aspetti organizzativi - ruoli, mansioni, carriere, mobilità - nei quali la trasparenza e la correttezza nei rapporti aziendali e professionali deve essere sempre manifesta.
2. Qualora siano denunciati da parte di singoli o da gruppi di lavoratori, al datore di lavoro e alle rappresentanze sindacali aziendali, comportamenti di cui all'articolo 2, questi ultimi hanno l'obbligo di attivare procedure tempestive di accertamento dei fatti denunciati e misure per il loro superamento. Per la predisposizione di tali misure vengono sentiti anche i lavoratori dell'area aziendale interessata ai fatti accertati.
3. I lavoratori hanno diritto a due ore di assemblea su base annuale, fuori dall'orario di lavoro, per trattare il tema delle violenze morali e delle persecuzioni psicologiche nel luogo di lavoro, di cui agli articoli 1 e 2 della presente legge. Le assemblee sono indette con le modalità e si svolgono nelle forme di cui al citato articolo 20 della legge n. 300 del 1970. Alle assemblee possono partecipare le rappresentanze sindacali aziendali, i dirigenti sindacali ed esperti.Art. 4
Responsabilità disciplinare1. Nei confronti di coloro che attuano azioni di cui all'articolo 2, si configura responsabilità disciplinare, secondo quanto previsto dalla contrattazione collettiva. Analoga responsabilità grava su chi denuncia consapevolmente fatti di cui al medesimo articolo 2 che si rivelino inesistenti per ottenere vantaggi comunque configurabili.
Art. 5
Tutela processuale1. Il lavoratore che abbia subito violenza morale e persecuzione psicologica nel luogo di lavoro ai sensi dell'articolo 2, e non ritenga di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti collettivi ma intenda adire il giudizio, può promuovere il tentativo di conciliazione ai sensi dall'articolo 410 del codice di procedura civile, anche attraverso le rappresentanze sindacali aziendali. Si applicano, per il ricorso in giudizio, le disposizioni di cui all'articolo 413 del codice di procedura civile. II giudice condanna altresì il responsabile del comportamento sanzionato al risarcimento del danno, che liquida in forma equitativa.
2. Le variazioni nelle qualifiche, nelle mansioni, negli incarichi, nei trasferimenti o le dimissioni, determinate da azioni di violenza morale e persecuzione psicologica, sono impugnabili ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 2113 del codice civile.Art. 6
Sanzioni accessorie1. Su istanza della parte interessata il giudice può disporre che del provvedimento di condanna o di assoluzione venga data informazione, a cura del datore di lavoro, mediante lettera ai dipendenti interessati, per reparto e attività, dove si é manifestato il caso di violenza morale e persecuzione psicologica, oggetto dell'intervento giudiziario, omettendo il nome della persona che ha subito tali azioni di violenza e persecuzione.