Interrogazione n. 336 del 13 febbraio 1998

Tripodi, De Paola, Tavella  Al Presidente della Giunta regionale e all’assessore regionale al Turismo. Per sapere - premesso che:

nonostante il Presidente e il Consiglio di amministrazione dell’Apt (Azienda di promozione turistica di Reggio Calabria siano da lungo tempo scaduti, tali organismi continuano ad operare come se fossero nel pieno delle loro funzioni;

questa situazione appare palesemente illegittima ed in aperto contrasto con la sentenza della Corte costituzionale numero 208 del 5 maggio 1992 che ha affermato il principio secondo cui la prorogatio è valida solo quando sia prevista dalla legge e nei limiti indicati;

il legislatore sulla scorta delle censure della Corte ha disciplinato organicamente la materia con la legge numero 444 del 15 luglio 1994 che agli articoli 3 e 6, prevede tra l’altro che la durata massima della prorogatio non può superare i 45 giorni; decorsi i 45 giorni gli organi decadono e, ove non si sia provveduto alla rinnovazione delle cariche, gli atti posti in essere sono da considerarsi nulli;

successivamente, al fine di eliminare ogni dubbio interpretativo, la Corte costituzionale con pronuncia numero 464 del 30 dicembre 1994, ha chiarito che la disciplina di cui alla legge numero 444/94 trova applicazione anche per gli organi amministrativi delle regioni;

le Apt sono state istituite con la legge regionale numero 13/1985 e sono, come recita la predetta legge, organismi tecnico-operativi e strumentali della Regione;

i Consigli di amministrazione delle Apt sono nominati con decreto del Presidente della Giunta regionale previa deliberazione della Giunta regionale su proposta dell’assessorato al turismo;

occorre ripristinare con la massima celerità il rispetto della legge per quanto concerne il funzionamento delle Apt calabresi ed in particolare di quella di Reggio Calabria, che stanno operando oltre i loro poteri che sono chiaramente scaduti;

il mancato rinnovo del Consiglio di amministrazione dell’Apt di Reggio Calabria è da considerarsi atto omissivo con relativa responsabilità penale individuale a carico dell’autorità responsabile di tale comportamento: in questo caso il Presidente della Giunta regionale che è titolare del potere di nomina;

le Apt sono divenute sostanzialmente un carrozzone burocratico che inghiotte la gran parte delle scarse risorse disponibili per il pagamento di emolumenti e di gettoni ai numerosi componenti degli elefantiaci Consigli di amministrazione;

occorre procedere ad una profonda riforma dell’organizzazione del turismo in Calabria che deve essere dotato di strutture adeguate ed efficienti per promuovere un settore che assume sempre più un carattere strategico per lo sviluppo della Regione -:

quali urgenti provvedimenti intendono assumere per sanare la situazione incresciosa che si è venuta a determinare presso l’Apt di Reggio Calabria e per procedere al rinnovo del Consiglio di amministrazione di quella azienda che risulta ormai scaduto e che continua ad operare senza che finora vi sia stato alcun intervento del governo regionale.

(336; 13.2.1998)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Interrogazione n. 337 del 13 febbraio 1998

Tripodi, De Paola, Tavella  . All’assessore regionale alla Sanità. Per sapere - premesso che:

la direzione sanitaria aziendale dell’Asl numero 6 di Lamezia Terme ha disposto il trasferimento del servizio trasfusionale attualmente ubicato presso il presidio ospedaliero di Via Sant'Antonio nei locali del nuovo ospedale di contrada Ferrantazzo lasciando nei vecchi locali una emoteca fornita di sangue per le urgenze sotto la responsabilità del Pronto soccorso del presidio;

da una nota del 29 gennaio 1998 firmata dal direttore sanitario aziendale, dal direttore sanitario dell’ospedale e dal direttore amministrativo appare che tale decisione sia stata adottata concordemente con il dottor Sofi Sebastiano, responsabile del servizio trasfusionale, la dottoressa La Scala Patrizia e la dottoressa Burgo Teresa medici presso il servizio trasfusionale;

in una lettera del 2 febbraio 1998, protocollo numero 03500, indirizzata dal direttore sanitario del presidio, al direttore amministrativo, al direttore responsabile del centro trasfusionale e al direttore sanitario aziendale e alle organizzazioni sindacali aziendali, le dottoresse declinano ogni responsabilità sulla decisione del trasferimento del centro denunciando di essere state chiamate in causa sul suddetto trasferimento con un documento proveniente dalla direzione sanitaria ospedaliera che a loro dire è privo di protocollo e data, a metà strada tra un verbale di riunione e una disposizione di servizio e dal quale non si evincerebbero con chiarezza le responsabilità e i ruoli di ciascuno rispetto alla materia in argomento;

la Burgo e La Scala precisano, inoltre, di avere più volte contestato insieme con la dottoressa Perri il trasferimento del centro trasfusionale presso l’ospedale nuovo adducendo numerose e circostanziate motivazioni, tra le quali:

1) che il centro trasfusionale non può essere spostato a 3, 5 chilometri dal presidio ospedaliero in cui il piano sangue regionale lo ha voluto. Infatti il centro trasfusionale deve essere accessibile dall’esterno dai donatori, pazienti ambulatoriali nonché da personale di altri ospedali e inoltre deve essere ubicato in una posizione facilmente raggiungibile dal personale delle sale operatorie, del pronto soccorso e della rianimazione per garantire un rapido collegamento in situazioni di emergenza;

2) l’inadeguatezza dei locali proposti per mancanza di gruppo elettrogeno, insufficiente erogazione dell’energia elettrica, non adeguamento dei locali alle normative previste per i laboratori di analisi, condizioni climatiche inidonee sono non sopportabili né dagli strumenti né dalle persone;

3) la lontananza dal pronto soccorso, l’assenza di un vicino servizio di cardiologia, l’impossibilità di attuare un dovuto ed efficace servizio ristoro, sconsigliava anche lo spostamento delle "donazioni di sangue", dei salassi terapeutici, degli "autosangue" e delle trasfusioni ambulatoriali;

4) la mancanza di una linea esterna telefonica e quindi di un fax;

5) una emoteca fornita di sangue per le urgenze da far rimanere nel vecchio presidio assolutamente non risolve i problemi dell’emergenza né da un punto di vista pratico, né da un punto di vista legale con responsabilità notevoli da parte di chi deve gestirla.

Tutte queste osservazioni furono già rappresentate dalle suddette dottoresse al Primario direttore Attanasio che nel 1997 aveva dato il nulla osta all’immediato trasferimento del centro trasfusionale presso l’ospedale nuovo;

queste stesse motivazioni a parere delle dottoresse sono tuttora valide ma non sono state prese mai in considerazione;

il trasferimento del servizio quindi comporterebbe gravi problemi per gli utenti e contrasterebbe con le normative vigenti -:

se è a conoscenza dei fatti sopra esposti;

se non ritiene di dover far proprie le preoccupazioni più volte espresse dalle dottoresse in servizio presso il centro trasfusionale;

cosa intende fare al fine di scongiurare l’annunciato trasferimento del centro.

( 337; 13.2.1998)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Interrogazione n. 338 del 16 febbraio 1998

Laudadio. Al Presidente della Giunta regionale e all’assessore regionale all’Agricoltura. Per sapere - premesso che:

la legge regionale 22 del 7 settembre 1988 ha delegato alle comunità montane le funzioni e le competenze relative all’agriturismo;

la legge ha consentito, alle stesse comunità montane una notevole attività promozionale con la conseguente iscrizione al registro dell’agriturismo dei finanziamenti per l’attività svolta;

la Giunta regionale intenderebbe gestire un finanziamento di 30 miliardi concesso dall’Unione europea escludendo dalla gestione da detti fondi gli enti delegati;

tale fatto riveste gravità estrema in quanto esclude le Comunità montane dalla gestione dei fondi su una attività, quella dell’agriturismo, disciplinata da legge regionale;

considerato che se tutto ciò premesso rispondesse al vero la Regione Calabria si attribuirebbe competenze non proprie -:

i reali motivi che indurrebbero l’assessorato all’agricoltura a non delegare le funzioni e le competenze amministrative alle Comunità montane sulla gestione dei 30 miliardi assegnati all’Unione europea per l’esercizio dell’agriturismo.

(338; 16.2.1998)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Interrogazione n. 339 del 23 febbraio 1998

        Tripodi, De Paola, Tavella . All’assessore regionale alla sanità. Per sapere -    premesso che:

l’azienda ospedaliera di Reggio Calabria con successive deliberazioni numero 525 del 18 luglio 1995 e numero 959 del 17 novembre 1995 aveva richiesto l’autorizzazione alla Regione Calabria per la istituzione della unità operativa "Servizio infermieristico Azienda ospedaliera Bianchi - Melacrino - Morelli";

la Regione Calabria - assessorato alla sanità - con nota protocollo numero 23833 del 5 febbraio 1996 a firma del dirigente superiore dottor F. Galati ha affermato categoricamente che non si sarebbe dato corso alle citate deliberazioni per l’assenza dei criteri di cui all’articolo 12 - comma 2 - della legge regionale numero 2/96;

a seguito a tale comunicazione il direttore sanitario dottor Franco Iacopino con nota numero 1251 del 21 agosto 1997, afferma che non esistendo il servizio infermieristico la signora Romanò Annunziata (la quale nel frattempo con ordine di servizio era stata designata a dirigere il servizio infermieristico) dovrebbe espletare le proprie funzioni alle dipendenze del dirigente sanitario della direzione sanitaria degli ospedali riuniti per come correttamente sancisce il DPR 821/84 che declara quali sono le attribuzioni spettanti ad un operatore professionale dirigente;

contestualmente l’autorità giudiziaria ha rinviato a giudizio la Romanò in concorso con altri per i reati di cui agli articoli 110 e 323 del Codice penale, poiché come si legge nell’ordinanza di rinvio a giudizio, essa "senza averne il potere (per altro avvalendosi di modulo intestato al servizio infermieristico dell’azienda ospedaliera Bianchi - Melacrino - Morelli di Reggio Calabria, servizio giuridicamente inesistente) disponeva il trasferimento dell’infermiera;

ciononostante la stessa continuava ad esercitare abusivamente del servizio di che trattasi e del potere di trasferimento, reiterando copiosamente i reati contestatigli dall’autorità giudiziaria;

giustamente l’azienda ospedaliera si è costituita parte civile nel procedimento di cui sopra con l’atto deliberativo numero 828 del 14 aprile 1997 il quale in premessa rilevava come dai fatti imputati "risulta essere derivato un danno per l’azienda";

presso l’autorità giudiziaria sono giacenti altri esposti avverso la Romanò per la reiterazione dei reati, considerato che la stessa dopo il rinvio a giudizio ha redatto (in deroga peraltro al DPR numero 384/90, articolo 11) un centinaio di trasferimenti ed autorizzato prestazioni di lavoro straordinario, lavorando in piena autonomia, utilizzando uffici e personale e svolgendo centinaia di turni di pronta disponibilità;

sulla vicenda sono intervenuti anche gli ispettori regionali dell’assessorato alla Sanità i quali hanno ultimato i propri lavori e predisposto apposita relazione che è stata inviata ai settori 58 e 62 dell’assessorato alla Sanità il 14 gennaio 1998;

risulta quanto meno strano, visto il comportamento precedente tenuto dall’assessorato alla Sanità e considerata l’incresciosa situazione che si è determinata, l’inserimento del servizio infermieristico nella delibera della Giunta regionale del 23 dicembre 1997 che ha rideterminato la dotazione organica dell’azienda ospedaliera di Reggio Calabria, peraltro in assenza dei criteri di cui all’articolo 17 - comma 2 - della legge regionale numero 2 del 22 gennaio 1996 -:

se, alla luce dei gravi fatti sovraesposti non ritenga necessario intervenire presso l’azienda ospedaliera "Bianchi - Melacrino - Morelli" di Reggio Calabria, già costituitasi parte civile nel procedimento giudiziario al fine di impedire il proseguimento dell’attività illegale svolta dalla signora Romanò Annunziata che spesso assume anche un carattere persecutorio e discriminatorio nei confronti dei dipendenti dell’ospedale che sono continuamente vessati e privati dei loro fondamentali diritti;

quali sono le conclusioni a cui sono pervenuti gli ispettori regionali dell’assessorato regionale alla sanità e quali provvedimenti consequenzialmente saranno assunti.

(339; 23.2.1998)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Interrogazione n. 340 del 23 febbraio 1998

Mistorni. All’assessore regionale alla Sanità. Per sapere - premesso che:

a proposito delle notizie allarmanti su un settore particolarmente delicato della sanità pubblica quale il mondo dei disabili, che trova una delle sue massime espressioni nel complesso neuroriabilitativo di Serra Spiga di Cosenza se è a conoscenza:

1) che la struttura di Serra Spiga vive una situazione endemica di profondo e drammatico disagio, determinato dal ridottissimo numero di ore di medicina specialistica (Neurologia, neuropsichiatria infantile e Fisiologia), dalla conseguente impossibilità ad impostare un serio lavoro di équipe (come più volte denunciato dalla quasi totalità delle operatrici sanitarie), dall’assenza di una pianta organica sempre promessa e mai approvata e mandata in porto, dal trascurabile numero di educatori professionali (appena due per un gruppo di 20 pazienti), e dalla mancanza totale ed assoluta di apparecchiature tecnico terapeutiche;

2) che la medesima struttura, mentre rappresenta di gran lunga la realtà più importante dell’A.S.T. numero 4 di Cosenza, in quanto quotidianamente afferiscono ad essa, oltre che da Cosenza, da ogni parte della provincia, dai 450 ai 500 pazienti a vario regime di trattamento, la stessa viene misteriosamente tenuta in nessuna considerazione dalla direzione generale dell’azienda ed è gestita con metodi approssimativi e molto personali dalla dirigenza sanitario che mostra indifferenza e talvolta forme di vero e proprio rigetto verso gli utenti e mortifica la buona volontà e la professionalità di coloro che intendono operare con serietà, competenza e secondo le sacrosante attese dei pazienti (quanto espresso è illustrato ampiamente da documenti vari ed articoli di giornali in nostro possesso e quindi disponibili);

intanto mentre si nicchia di fronte ai problemi del centro neuroriabilitativo, in stridente contrasto con la realtà descritta, contro ogni logica e ogni forma di buon senso, si è autorizzata l’apertura di strutture neuroriabilitative private dove operano dirigenti in attività (vedi Laurignano e l’Aias di Vadue di Carolei);

3) che questo modo di agire insidioso e fraudolento spinge gli utenti di Serra Spiga a cercare altre strade ed altri sbocchi, mira alla dissipazione impietosa delle potenzialità e quindi allo smantellamento del centro neuroriabilitativo pubblico e crea in modo subdolo i presupposti per mettere in discussione il posto di lavoro dei più deboli, sottoponendoli ad un logorante processo di mobilità che poteva essere evitato, consentendo alla struttura di esprimersi al meglio delle sue possibilità;

e pensare che quanto or ora detto si verifica dopo che la Regione, in barba ai contribuenti, ha sborsato somme ingenti forse 40 e più miliardi secondo il valore attuale della lira, per rendere pubblica questa struttura -:

i termini della realtà descritta esigono interventi energici ed urgenti, perciò demandiamo una sollecita e rigorosa risposta in merito a quanto già chiesto ed in merito alle iniziative che intende mettere in atto, per far fronte ai problemi gravosi ed esplosivi, che la stampa a più riprese ha reso di dominio pubblico, facendosi interprete dei lamenti e della protesta dei disabili, delle puntuali rivendicazioni dei sindacati del giusto ed onesto risentimento di chi, per colpa di pochi irresponsabili, si trova impossibilitato ad esprimere in pieno ed al meglio la propria professionalità.

(340; 23.2.1998)