RICORSO N. 65 DEL 31 LUGLIO 2020 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 31 luglio 2020.

(GU n. 39 del 23.9.2020)

 

Ricorso (art. 127, comma 1, cost.) per il Presidente del Consiglio dei ministri in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato (codice fiscale: 80224030587; n. fax 06/96514000 ed indirizzo P.E.C. per il ricevimento degli atti ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it e presso la stessa domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi n. 12, giusta delibera del Consiglio dei Ministri adottata nella riunione del 22 luglio 2020;   Contro la Regione Liguria, in persona del Presidente della Giunta Regionale in carica;   per la declaratoria dell'illegittimita' costituzionale degli articoli 2, comma 1, 6 e 9 della legge della Regione Liguria del 19 maggio 2020, n. 9, pubblicata nel BUR n. 4 del 27 maggio 2020, recante «Disposizioni di adeguamento della normativa regionale»;   per violazione degli articoli 9, 117, comma 2, lett. l), m) ed s), e comma 6, e art. 97 Cost.

Con legge regionale n. 9 del 19 maggio 2020, pubblicata nel BUR n. 4 del 27 maggio 2020, la Regione Liguria ha emanato «Disposizioni di adeguamento della normativa regionale».

In particolare, l'art. 2, comma 1, ha modificato l'art. 29, comma 13, della legge regionale n. 29 del 1994 contenente «Norme in materia di protezione della fauna omeoterma e di prelievo venatorio». Il citato art. 29, rubricato «esercizio venatorio da appostamento fisso», dispone al comma 13 che: «Anche gli appostamenti realizzati con il consenso del proprietario o conduttore del fondo, costituiti da attrezzature smontabili o da ripari di fortuna che non comportino modificazione del sito, ivi compresi i cosiddetti «palchi» per la caccia in forma tradizionale al colombaccio, sono considerati temporanei. Il cacciatore deve rimuovere il materiale usato per la costruzione dell'appostamento, al venir meno del consenso del proprietario o conduttore del fondo». L'art. 2, comma 1 dell'impugnata l.r. vi ha aggiunto le parole: «il consenso si intende validamente accordato nel caso in cui non esiste un formale diniego».

L'art. 6 ha modificato la legge regionale n. 4 del 1999 contenente «Norme in materia di foreste e di assetto idrogeologico», introducendo all'art. 35, comma 4, dopo la lettera j), le lettere seguenti: «j-bis) la posa e installazione di recinzioni per la protezione dei terreni agricoli, sia di privati che dei coltivatori diretti, dai danni della fauna selvatica non costituenti aree di fondo chiuso; j-ter) la pulizia dei canali di scolo dei terreni agricoli e a lato delle strade interpoderali, sia di proprieta' di privati che di coltivatori diretti qualora non ricompresi nel reticolo idrografico regionale; j-quater) la realizzazione di canali di scolo e rampe ex novo per volumi di scalo inferiori ai 20 mc; j-quinquies) ogni attivita' agricola che comporti movimenti di terra inferiori ai 20 mc; j-sexies) le opere provvisionali di messa in sicurezza e necessarie al transito e all'accesso delle strade pubbliche e private per frane e smottamenti».

L'art. 9 modifica la legge regionale n. 35 del 2006, recante «Attuazione dell'art. 9 della Direttiva Comunitaria n. 79/409 del 2 aprile 1979 sulla conservazione degli uccelli selvatici. Misure di salvaguardia per le Zone di protezione speciale», sostituendo la lettera a) del comma 1 dell'art. 7 con la seguente: «a) esercizio dell'attivita' venatoria nel mese di gennaio, con l'eccezione della caccia da appostamento fisso e temporaneo e in forma vagante, nonche' della caccia agli ungulati, per due giornate settimanali a scelta del cacciatore».

Le suddette disposizioni appaiono costituzionalmente illegittime, in quanto contrastano con la legislazione emanata dallo Stato nell'esercizio della propria competenza in materia di tutela del paesaggio, di ordinamento civile, di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, e di tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali , nonche' di buon andamento dell'amministrazione di cui agli articoli 9, 117, comma 2, lett. l), m), s) e comma 6, e art. 97, della Costituzione.

Il Presidente del Consiglio dei ministri propone pertanto il presente ricorso, affidato ai seguenti motivi di

 

Diritto

 

1. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1, della l.r. Liguria del 19 maggio 2020, n. 9, per violazione dell'art. 117, 2 comma, lett. l) cost., in relazione all'art. 832 del codice civile.

L'art. 2, comma 1, dell'impugnata legge regionale modifica l'art. 29 della l.r. n 29 del 1994, concernente «Esercizio venatorio da appostamento». Tale norma definisce gli appostamenti fissi e, in via residuale quelli temporanei, stabilendo, al comma 13 che i cacciatori che si sono avvalsi di appostamenti temporanei devono rimuovere il materiale usato per la costruzione dell'appostamento, salvo il consenso del proprietario o conduttore del fondo.

Con la modifica apportata dalla disposizione in esame viene stabilito che «il consenso si intende validamente accordato nel caso in cui non esiste un formale diniego». Tale previsione, che non trova riscontro nella disciplina del prelievo venatorio di cui alla legge quadro n. 157/1992, incide sul regime della proprieta' privata, la cui disciplina rientra nella materia dell'ordinamento civile, regolata organicamente dal Libro III del codice civile, di competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell'art. 117, 2 comma, lett. l), cost.

L'impugnata disposizione, che consente ai cacciatori di mantenere sul fondo altrui il materiale utilizzato per la costruzione dell'appostamento, ai fini della caccia, anche oltre il termine massimo della giornata, se il proprietario dei fondo non manifesta espressamente il suo dissenso, incide infatti sulle facolta' dominicali proprie del diritto di proprieta' garantite dall'art. 832 del codice civile, secondo cui «Il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l'osservanza degli obblighi stabiliti dall'ordinamento giuridico». Si viola quindi la competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile di cui all'art. 117, comma 2, lettera l), della Costituzione, che non consente di ritenere che l'assenza di un formale diniego da parte del proprietario implichi la manifestazione di un consenso alla alterazione del proprio diritto di proprieta'. Invero, non possono ritenersi applicabili alla fattispecie le regole proprie del diritto amministrativo riguardanti il silenzio-assenso, che sono finalizzate a superare l'inerzia della Pubblica Amministrazione a fronte di una istanza provvedimentale, ne' si possono vanificare gli strumenti di tutela sia civili che penali che sono assicurati dall'ordinamento al proprietario ed al conduttore a difesa dei propri diritti.

2. - Illegittimita' dell'art. 6 della l.r. Liguria del 19 maggio 2020, n. 9, per violazione degli articoli 9, 117, comma 2, lett. s) e m), e comma 6, Cost.: in relazione agli articoli 142, 146 e 149 del decreto legislativo n. 42/2004, nonche' all'art. 2 e all'allegato A, voci A.19 e A.20, del decreto del Presidente della Repubblica n. 31 del 2017.

2.1. La disposizione di cui all'art. 6, modifica l'art. 35 della legge regionale 22 gennaio 1999, n. 4, in materia di foreste e di assetto idrogeologico, introducendo, nel comma 4, ulteriori categorie di opere «non soggette ad alcun titolo abilitativo», diverse e ulteriori rispetto a quelle indicate nell'art. 149 del decreto legislativo n. 42/2004 e nell'allegato A del decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2017, n. 31, che approva il «Regolamento recante individuazione degli interventi esclusi dall'autorizzazione paesaggistica o sottoposta a procedura autorizzatoria semplificata».

L'art. 149, comma 1, lettere b) ed e), del Codice di beni culturali e del paesaggio, esonera dall'autorizzazione paesaggistica unicamente gli interventi inerenti l'attivita' agro-silvo-pastorale, che non comportino alterazioni permanenti dello stato dei luoghi e non alterino l'assetto idrogeologico del territorio, e gli interventi di taglio colturale, forestazione e riforestazione, bonifica, antincendio e conservazione, previsti e autorizzati in base alla normativa forestale. Tali disposizioni e le voci A.19 e A.20 del decreto del Presidente della Repubblica n. 31 del 2017 formano un sistema chiuso, in quanto definiscono in modo compiuto ed esaustivo il novero degli interventi, inerenti all'attivita' agro-silvo-pastorale e forestale, esclusi dall'autorizzazione paesaggistica.

L'individuazione degli interventi esclusi dall'autorizzazione paesaggistica compete, peraltro, soltanto allo Stato, nell'esercizio della potesta' legislativa esclusiva in materia di tutela del paesaggio, di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, nonche' della potesta' regolamentare riservata allo Stato nella medesima materia, ai sensi dell'art. 117, sesto comma, della Costituzione. Peraltro, lo Stato ha gia' assicurato la dovuta considerazione alle esigenze di partecipazione delle Regioni e delle autonomie locali nella definizione degli interventi sottratti all'autorizzazione paesaggistica, atteso che il regolamento approvato con il decreto del Presidente della Repubblica n. 31 del 2017, e' stato concertato previamente mediante acquisizione dell'intesa della Conferenza unificata.

La disposizione censurata interviene quindi in una materia nella quale la Regione e' sfornita di qualsivoglia potesta' legislativa, individuando, in aggiunta alle fattispecie gia' tipizzate a livello nazionale, ulteriori interventi su terreni coperti da boschi e foreste - ossia in ambiti soggetti a vincolo paesaggistico ai sensi dell'art. 142, comma 1, lettera g), del decreto legislativo. n. 42 del 2004 - che possono essere realizzati senza alcun titolo abilitativo, e quindi in assenza anche dell'autorizzazione paesaggistica, prevista dall'art. 146 del medesimo codice.

Il legislatore regionale ha cosi' invaso la potesta' legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela del paesaggio di cui all'art. 117, secondo comma, lett. s), della Costituzione, nonche' gli ambiti riservati alla potesta' regolamentare dello Stato, ai sensi del sesto comma del medesimo art. 117.

A tal riguardo, codesta Corte costituzionale ha statuito che «La procedura di autorizzazione paesaggistica disciplinata dalla normativa statale, non derogabile da parte delle Regione, e' volta a stabilire proprio se un determinato intervento abbia o meno un impatto paesaggistico significativo», e che la qualificazione, da parte della regione, di taluni interventi come paesaggisticamente irrilevanti «si pone, dunque, in contrasto con il richiamato art. 146, oltre che con l'art. 149 del medesimo Codice dei beni culturali e del paesaggio, che individua tassativamente le tipologie di interventi in aree vincolate realizzabili anche in assenza di autorizzazione paesaggistica» (Corte cost. n. 189 del 2016). Anche a voler ammettere astrattamente una qualche possibilita' della Regione di intervenire nella materia riservata allo Stato, tale intervento dovrebbe limitarsi a recepire fedelmente le disposizioni statali vigenti, peraltro concertate con le Regioni. Come evidenziato da codesta Corte costituzionale, infatti, solo le disposizioni regionali che rispettano il contenuto della disciplina statale possono considerarsi non affette da illegittimita' costituzionale, poiche' spetta esclusivamente al legislatore statale individuare quegli interventi che, pur incidendo su beni vincolati, quali sono i boschi e le foreste, sono esonerati dall'autorizzazione paesaggistica, in quanto si configurano come attivita' di gestione e manutenzione ordinaria, prevista e autorizzata dalla normativa vigente in materia (Corte cost., sentenza n. 201 del 2018). Codesta Corte ha inoltre evidenziato che, anche nel caso in cui le competenze regionali in materia di difesa del suolo possono rendere opportuni taluni esoneri, gli stessi devono essere realizzati sulla base della normativa statale, ribadendo l'illegittimita' di norme regionali che ampliano la portata della disciplina nazionale, sia quanto al tipo di interventi esonerati, sia quanto alle condizioni che devono sussistere per l'esonero (sentenza n. 88 del 2018).

2.2. L'art. 6 dell'impugnata legge regionale e' inoltre censurabile in quanto incide sulla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, che e' materia riservata allo Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lett. m), della Costituzione. Come gia' evidenziato da codesta Corte costituzionale con le sentenze n. 207 del 2012 e n. 238 del 2013, le esigenze di uniformita' della disciplina in tema di autorizzazione paesaggistica su tutto il territorio nazionale si impongono infatti sull'autonomia legislativa delle Regioni, alle quali non e' pertanto consentito individuare altre tipologie di interventi realizzabili in assenza di autorizzazione paesaggistica, al di fuori di quelli tassativamente determinati ai sensi della normativa sopra richiamata.

2.3. La norma impugnata viola anche l'art. 9 della Costituzione, in base al quale il paesaggio costituisce valore costituzionale primario e assoluto (Corte cost., sentenza n. 378 del 2007). Infatti, la Regione, ampliando gli interventi sottratti all'autorizzazione paesaggistica, ha determinato l'abbassamento dei livelli di tutela posti a presidio dei beni paesaggistici.

3. - Illegittimita' dell'art. 9, della l.r. Liguria del 19 maggio 2020, n. 9, per violazione degli articoli 117, comma 2, lett. s), e 97 Cost., in riferimento all'art. 18, commi 2 e 4, della legge n. 157/1992 e all'art. 5, comma 1, lettera a), del decreto ministeriale 17 ottobre 2007.

La disposizione di cui all'art. 9 modifica la lettera a) del comma 1 dell'art. 7 della legge regionale, concernente le misure di salvaguardia in ambito venatorio nelle Zone di Protezione Speciale (ZP5). La norma novellata vieta, tra l'altro, nelle Zone di Protezione Speciale, «l'esercizio dell'attivita' venatoria nel mese di gennaio, con l'eccezione della caccia da appostamento fisso e temporaneo e in forma vagante, nonche' della caccia agli ungulati, per due giornate settimanali a scelta del cacciatore». La disposizione consente quindi l'effettuazione di due giornate di caccia a scelta del cacciatore (da appostamento fisso e temporaneo e in forma vagante, nonche' la caccia degli ungulati) all'interno delle zone di protezione speciale nel mese di gennaio, in contrasto con quanto previsto dall'art. 5, comma 1, lettera a), del decreto ministeriale 17 ottobre 2007, che vieta l'esercizio dell'attivita' venatoria nel mese di gennaio, consentendolo solo per due giornate alla settimana prefissate dal calendario venatorio, disciplinato dall'art. 18, comma 4, della legge n. 157 del 1992, e non, quindi, a scelta del cacciatore. La scelta, rimessa ai cacciatori, delle giornate in cui l'attivita' venatoria puo' essere esercitata, rappresenta una modifica indiretta e surrettizia del calendario venatorio previsto dall'art. 18, comma 4, della legge n. 157/1992 che costituisce norma interposta nella materia tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, attribuita dall'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione, alla competenza esclusiva dello Stato. Nell'ordinamento italiano la vigente normativa in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio e' contenuta nella suddetta legge quadro 11 febbraio 1992, n. 157, concernente «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio», che - secondo la giurisprudenza di codesta Corte costituzionale - contiene, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Costituzione, il nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica, il cui rispetto deve essere assicurato sull'intero territorio nazionale (Corte costituzionale n. 233/2010).

Secondo principi costantemente affermati da codesta Corte, «spetta allo Stato, nell'esercizio della potesta' legislativa esclusiva in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, prevista dall'art. 117, secondo comma, lettera s), Costituzione, stabilire standard minimi e uniformi di tutela della fauna, ponendo regole che possono essere modificate dalle Regioni, nell'esercizio della loro potesta' legislativa in materia di caccia, esclusivamente nella direzione dell'innalzamento del livello di tutela» (ex plurimis, sentenze n. 303 del 2103, n. 278, n. 116, n. 106 del 2012).

E' stato altresi' affermato che la disciplina sulla caccia ha per oggetto la fauna selvatica, che rappresenta «un bene ambientale di notevole rilievo, la cui tutela rientra nella materia "tutela dell'ambiente e dell'ecosistema", affidata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, che deve provvedervi assicurando un livello di tutela, non "minimo", ma "adeguato e non riducibile"» (Corte costituzionale, sentenza n. 193 del 2010).

Da cio' consegue che le norme statali rappresentano un limite invalicabile per l'attivita' legislativa della Regione, dettando norme imperative che devono essere rispettate sull'intero territorio nazionale per primarie esigenze di tutela ambientale. Invero, sebbene la caccia costituisce materia affidata alla competenza legislativa residuale della Regione ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Costituzione, e' tuttavia necessario che la legislazione regionale rispetti la normativa statale adottata in tema di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, che esprime regole minime e uniformi (ex plurimis, Corte costituzionale, sentenze n. 2 del 2015, n. 278 del 2012, n. 151 del 2011 e n. 315 del 2010) e costituiscono (come nel caso della legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio»), il nucleo minimo di salvaguardia che deve essere assicurato sull'intero territorio nazionale (Corte costituzionale n. 233/2010).

In tale contesto, l'art. 18, comma 2, della legge n. 157/1992, espressivo della competenza di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), Costituzione, stabilisce che le regioni possono modificare il calendario venatorio, con riferimento all'elenco delle specie cacciabili e al periodo in cui e' consentita la caccia, attraverso un procedimento che contempla l'acquisizione del parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica (nelle cui competenze oggi e' subentrato l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA). Lo stesso art. 18 della legge n. 157/1992, al relativo comma 4, nella parte in cui dispone che il calendario venatorio sia approvato con regolamento «esprime, altresi', una scelta compiuta dal legislatore statale che attiene alle modalita' di protezione della fauna e si ricollega, per tale ragione, alla competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema» (cfr. Corte costituzionale sentenza n. 536/2002; in seguito, con riferimento alla stagione venatoria, sentenze n. 165/2009, 313/2006, 393/2005, 311/2003 e 226/2003).

Alla luce delle suesposte considerazioni e del quadro normativo eurounitario e statale in cui si colloca la tutela delle specie oggetto della disposizione censurata, la norma regionale si pone in contrasto con il secondo comma, lettera s), dell'art. 117 Costituzionale, poiche' tende a ridurre in peius il livello di tutela della fauna selvatica stabilito dalla legislazione nazionale e dalle direttive comunitarie in materia (direttiva 92/43/CEE c.d. «Direttiva habitat» e direttiva n. 74/409/CEE c.d. Direttiva Uccelli), invadendo illegittimamente la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, confliggendo, altresi', con il principio del buon andamento dell'amministrazione sancito dall'art. 97 Costituzionale.

    P. Q. M.

 

Si conclude affinche' codesta Ecc.ma Corte voglia dichiarare costituzionalmente illegittimi i censurati articoli 2, comma 1, 6 e 9 della legge della Regione Liguria del 19 maggio 2020, n. 9, pubblicata nel BUR n. 4 del 27 maggio 2020, recante «Disposizioni di adeguamento della normativa regionale», per violazione degli articoli 9, 117, comma 2, lett. l), m) ed s), e comma 6, e art. 97 Cost.

Si producono:   1) copia della legge regionale impugnata;   2) copia conforme della delibera del Consiglio dei ministri adottata nella riunione del 22 luglio 2020, recante la determinazione di proposizione del presente ricorso, con allegata relazione illustrativa.

Roma, 23 luglio 2020

L'Avvocato dello Stato: Maria Letizia Guida