RICORSO N. 39 DEL 7 APRILE 2020 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 7 aprile 2020.

(GU n. 18 del 29.4.2020)

 

Ricorso ex art. 127 della costituzione per il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso ex lege dall'avvocatura generale dello Stato (Codice fiscale n. 80224030587 fax: 0696514000, pec: ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it) presso i cui uffici e' domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi, 12 contro la Regione Abruzzo, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore per la declaratoria di illegittimita' costituzionale degli articoli 10 comma 1 lett. a), b) e c), comma 3 e comma 4, 18 comma 2, 19, 22 comma 1, 25, 40 comma 5 lett. d) e comma 6 lett. e), 42 comma 4 della legge della Regione Abruzzo 28 gennaio 2020, n. 3 pubblicata nel B.U.R n. 10 del 31 gennaio 2020 recante «Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio di previsione finanziario 2020-2022 della Regione Abruzzo (legge di stabilita' regionale 2020)».

 

Premessa

 

Sul B.U.R. Abruzzo del 31 gennaio 2020, n. 10 e' stata pubblicata la legge Regionale 28 gennaio 2020, n. 3, recante «Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio di previsione finanziario 2020-2022 della Regione Abruzzo (legge di stabilita' regionale 2020)».

La legge regionale presenta numerosi e diversi profili di contrasto con la Costituzione, si propone, pertanto, questione di legittimita' costituzionale ai sensi dell'art. 127 comma 1 Cost. per i seguenti

 

Motivi

 

1) Illegittimita' costituzione dell'art. 10 comma 1 lettere a), b) e c) per violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione.

L'art. 10, rubricato «Modifica di disposizioni legislative regionali in materia urbanistica», al comma 1, lettere a), b) e c), recita testualmente:   «1. All'art. 1 della legge regionale 18 aprile 2011, n. 10 recante «Norme sull'attivita' edilizia nella Regione Abruzzo» sono apportate le seguenti modifiche:   a) al comma 1, le parole «di entrata in vigore della presente legge» sono sostituite con le seguenti «del 31 dicembre 2019»,   b) al comma 3, le parole «per i fabbricati esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge» sono abrogate;   c) dopo il comma 4 e' inserito il seguente:  «4-bis. Il recupero abitativo dei sottotetti esistenti alla data di cui al comma 1 e' consentito anche in deroga ai limiti ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti ed adottati ed ai regolamenti edilizi vigenti. «;»   Per agevolare la lettura delle disposizioni della legge regionale n. 10 del 2011, come modificate dal richiamato articolo della legge regionale in esame, si riporta il testo recante evidenza delle modifiche stesse:   «Art. 1. (Recupero ai fini residenziali dei sottotetti esistenti).- 1. La Regione Abruzzo promuove il recupero ai fini residenziali dei sottotetti con l'obiettivo di razionalizzare e contenere il consumo del territorio. E' consentito il recupero ai fini residenziali dei sottotetti esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge del 31 dicembre 2019 previo rilascio del titolo edilizio abitativo.

2. Si definisce sottotetto il volume sovrastante l'ultimo piano dell'edificio, o di parti di esso, ricompreso nella sagoma di copertura.

3. Il recupero ai fini residenziali dei sottotetti e' consentito per i fabbricati esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge alle seguenti condizioni:   Omissis.

4-bis. Il recupero abitativo dei sottotetti esistenti alla data di cui al comma 1 e' consentito anche in deroga ai limiti ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti ed adottati ed ai regolamenti edilizi vigenti.

Omissis .».

Le modifiche introdotte all'art. 1 della legge regionale n. 10 del 2011, non sono in linea con le indicazioni offerte da codesta ecc.ma Corte costituzionale per scrutinare, attraverso il parametro offerto dall'art. 3 Cost., la legittimita' delle norme dotate di efficacia retroattiva.

Attraverso l'intervento modificativo, si impone una portata derogatoria (ai limiti ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti ed adottati ed ai regolamenti edilizi vigenti) alle disposizioni previste dalla legge regionale n. 10 del 2011 che viene, di fatto, estesa, con valenza retroattiva, a sottotetti esistenti alla data del 31 dicembre 2019 (e non piu' limitata a quelli esistenti alla data di entrata in vigore della medesima legge n. 10/2011).

Atteso che le previsioni regionali sono caratterizzate da un indubbio carattere innovativo, con efficacia retroattiva, esse potrebbero rendere legittime condotte che, non considerate tali al momento della loro realizzazione (perche' non conformi ai limiti e prescrizioni edilizie degli strumenti urbanistici ed edilizi comunali), lo divengono per effetto dell'intervento successivo del legislatore, con l'ulteriore conseguenza di consentire la regolarizzazione ex post di opere che - al momento della loro realizzazione - erano in contrasto con detti limiti e prescrizioni di riferimento, dando corpo a un intervento che esula dalle competenze regionali e risulta pertanto illegittimo.

Si osserva al proposito che nella sentenza n. 73 del 2017, codesta Corte costituzionale ha ribadito che:   «4.3.1. Al legislatore non e' preclusa la possibilita' di emanare norme retroattive sia innovative che di interpretazione autentica. La retroattivita' deve, tuttavia, trovare adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza attraverso un puntuale bilanciamento tra le ragioni che ne hanno motivato la previsione e i valori, costituzionalmente tutelati, al contempo potenzialmente lesi dall'efficacia a ritroso della norma adottata (sentenza n. 170 del 2013, che riassume sul tema le costanti indicazioni di principio espresse dalla Corte).

Questa Corte ha, pertanto, individuato alcuni limiti generali all'efficacia retroattiva delle leggi, attinenti alla salvaguardia di principi costituzionali tra i quali sono ricompresi «il rispetto del principio generale di ragionevolezza, che si riflette nel divieto di introdurre ingiustificate disparita' di trattamento; la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto; la coerenza e la certezza dell'ordinamento giuridico; il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario» (sentenza n. 170 del 2013, nonche' sentenze n. 78 del 2012 e n. 209 del 2010)».

Nella citata sentenza n. 73 del 2017, codesta Corte ha, altresi', affermato che «Anche a voler ritenere che, nella specie, le disposizioni impugnate possano trovare una loro giustificazione nell'esigenza della Regione di assicurare una maggiore omogeneita' alle norme in oggetto per fare fronte al sovrapporsi delle modifiche intervenute nel tempo, siffatta finalita' deve ritenersi recessiva rispetto al valore della certezza del diritto, nel caso messo in discussione in una materia, quella urbanistica, rispetto alla quale assume una peculiare rilevanza l'affidamento che la collettivita' ripone nella sicurezza giuridica (sentenza n. 209 del 2010). Del resto, pur guardando alla potenziale incidenza delle norme impugnate sui rapporti interprivati, va osservato che le stesse, per quanto prevalentemente di favore rispetto agli interessi dei singoli destinatari, retroagendo nel tempo sacrificano, in linea di principio, le posizioni soggettive dei potenziali contro interessati che facevano affidamento sulla stabilita' dell'assetto normativo vigente all'epoca delle singole condotte.».

In ogni caso, va ricordato che, nella sentenza n. 89 del 2019, la Corte costituzionale ha affermato che «...possono trovare ingresso, nel giudizio in via principale, questioni promosse in via cautelativa ed ipotetica, sulla base di interpretazioni prospettate soltanto come possibili, purche' non implausibili e comunque ragionevolmente desumibili dalle disposizioni impugnate» (ex multis, sentenza n. 103 del 2018, punto 4.1. del considerato in diritto).

Nel giudizio in via principale possono dunque essere dedotte «anche le lesioni in ipotesi derivanti, da distorsioni interpretative delle disposizioni impugnate» (sentenza n. 270 del 2017, punto 4.2. del Considerato in diritto).».

La richiamata disposizione della legge regionale in questione travalica i limiti individuati dalla giurisprudenza della Corte richiamata, violando l'art. 3 della Costituzione, infatti, il riconoscimento, ex post, della legittimita' di comportamenti vietati al momento della loro realizzazione, pone a rischio il valore della certezza del diritto e, nei rapporti inteprivati, sacrifica, in linea di principio, le posizioni soggettive dei potenziali controinteressati che facevano affidamento sulla stabilita' dell'assetto normativo vigente all'epoca delle singole condotte.

A cio' si aggiunga che e' presente, nell'ordinamento regionale, una ulteriore legge regionale (la legge n. 40 del 2017) che contiene misure derogatorie in relazione a finalita' analoghe a quelle della legge regionale n. 10 del 2011.

Tale legge regionale n. 40 del 2017 e' stata, da ultimo, modificata dall'art. 1 comma 155 lettere a) e b), della legge regionale n. 1 del 2020.

In relazione a tali articoli, a seguito del contraddittorio svolto, la Regione Abruzzo ha assunto l'impegno ad intervenire, modificandole, le disposizioni censurate.

A seguito di tale impegno, per la legge regionale n. 1 del 2020, esaminata dal Consiglio dei Ministri nella riunione del 5 marzo 2020, e' stata deliberata la non impugnativa.

La coesistenza di disposizioni regionali dal contenuto sostanzialmente simile, potrebbe poi determinare ambiguita' circa le disposizioni applicabili in concreto e risultare foriera di dubbi interpretativi, nonche' essere foriera di problemi applicativi per le amministrazioni comunali le quali potrebbero in realta' non trovarsi nelle condizioni di verificare effettivamente, caso per caso, e, pertanto, distinguere cio' che e' stato realizzato (o proseguito, o completato) in base alla legge regionale n. 10 del 2011 e in base alla legge regionale n. 40 del 2017.

Cio', in contrasto oltre che con il principio di ragionevolezza anche con il principio di buon andamento dell'attivita' amministrativa, di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione.

2) Illegittimita' costituzione dell'art. 10 comma 1 lettere a), b) e c), anche per violazione dell'art. 117 comma 2 lettera s) della Costituzione in riferimento agli articoli 135, 143 e 145 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

Le disposizioni in esame risultano, poi, anche incompatibili con la disciplina di tutela dei beni culturali e paesaggistici contenuta nel Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e quindi con la potesta' legislativa esclusiva spettante allo Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.

Per quanto riguarda i beni paesaggistici, la disciplina regionale incentiva in maniera generalizzata gli interventi di recupero dei sottotetti, includendo nel proprio ambito applicativo anche quelli realizzati dopo l'entrata in vigore della legge regionale n. 10 del 2011, e consentendo persino di derogare indiscriminatamente alla disciplina urbanistica.

Tra gli immobili oggetto delle disposizioni in esame rientrano anche quelli sottoposti a tutela paesaggistica.

E cio' al di fuori del necessario quadro di riferimento che dovrebbe essere costituito dalle previsioni del piano paesaggistico, ai sensi degli articoli 135, 143 e 145 del Codice dei beni culturali e del paesaggio.

Soltanto a quest'ultimo strumento (piano paesaggistico), elaborato d'intesa tra Stato e Regione, spetta infatti di stabilire, per ciascuna area tutelata, le c.d. prescrizioni d'uso (e cioe' i criteri di gestione del vincolo, volti a orientare la fase autorizzatoria) e di individuare la tipologia delle trasformazioni compatibili e di quelle vietate, nonche' le condizioni delle eventuali trasformazioni.

Quanto ai beni culturali, si osserva che la disciplina regionale non prevede alcuna espressa clausola di salvezza in favore del relativo regime di tutela riservato alla legislazione statale (previsto dalla Parte II del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio), ma si limita a richiamare - peraltro in termini generici - il «rispetto dei vincoli imposti all'edificio» esclusivamente quanto all'apertura di porte, finestre e lucernai, e non anche con riferimento alle altre possibili modalita' di intervento sul bene tutelato.

3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 10 commi 3 e 4, laddove viene indicato il capitolo di spesa 11825 della Missione I, Programma 4, Titolo 1, indicato ai commi 3 e 4 come fonte di copertura per gli oneri ivi rappresentati per violazione dell'art. 81 comma 3 della Costituzione.

L'art. 10 ai commi 3 e 4 indica il capitolo di spesa 11825 della Missione I, Programma 4, Titolo 1, come fonte di copertura per gli oneri ivi rappresentati.

In particolare, il comma 3 del citato art. 10 prevede:   «Alla legge regionale 19 agosto 2009, n. 16 (Intervento regionale a sostegno del settore edilizio) sono apportate le seguenti modifiche:   a) il comma 3 dell'art. 7 e' sostituito dal seguente:  «3. Nell'ipotesi di diniego del titolo abilitativo, di versamenti in eccesso o rinuncia, la somma e' restituita al richiedente ed i relativi oneri trovano copertura nell'ambito delle risorse stanziate sul capitolo di spesa del bilancio di previsione 11825 - Missione 1, Programma 04, Titolo 1 - denominato «Rimborso oneri di urbanizzazione.»;   Omissis.

Il comma 4 invece prevede:   4. L 'art 10-bis della legge regionale 15 ottobre 2012, n. 49 (Norme per l'attuazione dell'art. 5 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 (Semestre europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia) convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106 e modifica dell'art. 85 della legge regionale 15/2004 (Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2004 e pluriennale 2004-2006 della Regione Abruzzo (Legge finanziaria regionale 2004)) e' sostituito dal seguente:   «Art. 10-bis (Oneri di urbanizzazione) Omissis. - 6. Nell'ipotesi di diniego del titolo abilitativo di versamenti in eccesso o rinuncia, la somma e' restituita al richiedente ed i relativi oneri trovano copertura nell'ambito delle risorse stanziate sul capitolo di spesa del bilancio di previsione 11825 - Missione 1, Programma 04, Titolo 1 - denominato «Rimborso oneri di urbanizzazione».

Dal documento tecnico di accompagnamento al bilancio di previsione deliberato con D.G.R. 86/2020 del 16 febbraio 2020 che si allega ( facilmente rinvenibile sul sito della Regione Abruzzo al seguente indirizzo http://www.regione.abruzzo.it/content/bilanci-preventivi-e-documenti-di-programmazione) emerge che il capitolo in esame riporta uno stanziamento pari a 0. La disposizione in esame, pertanto, si pone in contrasto con l'art. 81, terzo comma, della Costituzione.

Per comodita' si riproduce il suddetto documento nella parte che qui interessa

Parte di provvedimento in formato grafico

3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 18 comma 2, per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione con riferimento al decreto legislativo n. 118 del 2011.

La disposizione in esame, prevede:   «1. I bilanci di previsione degli enti, delle agenzie e degli altri organismi dipendenti dalla Regione sono approvati annualmente dalla Giunta, previa parere favorevole del Dipartimento competente.

2. Nelle more dell'approvazione di cui al comma 1 si applica l'esercizio provvisorio.

3. I provvedimenti di cui al comma 1 sono inviati, a titolo informativo, alla Commissione di Vigilanza del Consiglio regionale».

Nel rilevare, in primo luogo, che la norma dovrebbe essere coerente con la legge istitutiva degli enti ed organismi strumentali in relazione all'individuazione dell'organo decisionale definitivo, si sottolinea che al comma 2 essa autorizza e disciplina l'esercizio provvisorio degli organismi ed enti strumentali della regione.

Si tratta, pero', di materia disciplinata dall'art. 43 del decreto legislativo n. 118/2011 e dal principio contabile applicato concernente la contabilita' finanziaria.

Poiche' la regione non ha potesta' legislativa in materia contabile e' evidente il contrasto con il decreto legislativo n. 118 del 2011 e, conseguentemente, con l'art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, riguardante la potesta' legislativa esclusiva dello Stato in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici.

4) Illegittimita' costituzionale dell'art. 19, per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione con riferimento al decreto legislativo n. 118 del 2011.

La norma in esame disciplina i termini per l'approvazione dei rendiconti degli enti ed organismi strumentali.

In particolare, essa prevede:   «1. Al fine di assicurare la tempestiva predisposizione del rendiconto della gestione della Regione Abruzzo, gli organismi strumentali e gli enti di cui al decreto legislativo n. 118/2011, approvano il rendiconto annuale entro il 10 marzo di ciascun esercizio ed entro i successivi cinque giorni lo trasmettono al Dipartimento competente della Giunta, corredato di tutti gli allegati di legge e del parere dell'organo di revisione. Il Dipartimento, previa istruttoria conclusa con parere favorevole, li invia al Servizio Bilancio entro e non oltre il 30 marzo di ogni anno.

2. In caso di mancata approvazione del rendiconto nei termini e modalita' di cui al comma 1, il Presidente della Giunta nomina un commissario ad acta per la predisposizione, approvazione e trasmissione dello stesso. Il mancato invio del rendiconto nei termini di cui al comma 1 determina la sospensione del trasferimento di risorse da parte della Regione a qualsiasi titolo e l'impossibilita' di procedere ad assunzioni di personale, sotto qualsiasi forma, fino alla sua definitiva acquisizione.

3. La mancata approvazione del rendiconto nei termini di cui al comma 1 per due anni consecutivi comporta la riduzione del 30% della retribuzione di risultato ai direttori e dirigenti degli enti medesimi. Gli organismi strumentali e gli enti adeguano i propri regolamenti per la valutazione del personale nei termini suddetti entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge.

4. I rendiconti di cui al comma 1 sono allegati al Rendiconto generale delle Regione e sono presentati al Consiglio regionale che li approva con legge unitamente al medesimo Rendiconto generale.

5. Nel caso di mancato rispetto dei termini di trasmissione di cui al comma 1, i rendiconti degli enti ed organismi strumentali sono approvati con separate provvedimento legislativo».

Al riguardo, si rappresenta che la Regione, con riferimento agli organismi strumentali, ha soltanto la facolta' di dare indicazioni sul termine di invio dei rendiconti - il cui termine di approvazione e' previsto dal decreto legislativo n. 118 del 2011 - che sia compatibile con il termine di approvazione del rendiconto regionale, come previsto anche dal Principio contabile applicato della programmazione di bilancio - Allegato 4/I del decreto legislativo n. 118/2011.

Per quanto riguarda l'approvazione dei rendiconti degli enti strumentali, la Regione, avendo la necessita' di acquisirne i rendiconti solo al fine di redigere il bilancio consolidato regionale - che deve essere approvato entro il 30 settembre dell'esercizio successivo a quello di riferimento, secondo quante previsto dall'art. 18 del decreto legislativo n. 118/2011 - non ha potesta' legislativa in materia.

Pertanto, e' evidente il contrasto con il decreto legislativo n. 118/2011 e, conseguentemente, con l'art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, riguardante la potesta' legislativa esclusiva dello Stato in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici.

5) Illegittimita' costituzione dell'art. 22 comma 1, per violazione dell'art. 81, terzo comma, della Costituzione.

L'art. 22 comma 1 prevede testualmente:   «1. Al fine dell'attuazione degli interventi in materia di Polizia Locale previsti all'art. 23 della legge regionale 20 novembre 2013, n. 42 (Norme in materia di Polizia amministrativa locale e modifiche alle leggi regionali 18/2001, 40/2010 e 68/2012) la medesima e' rifinanziata, per gli anni 2020, 2021 e 2022, per euro 80.000,00 per ciascuna annualita'.

2. Le relative risorse sono allocate nel Titolo 1, Missione 03, Programma 01 sul capitolo di nuova istituzione denominato «Attuazione degli interventi dettati dalla legge regionale 20 novembre 2013, n. 42 all'art. 23 per l'istituzione e funzionamento dell'Osservatorio Regionale di Polizia Locale» del bilancio di previsione pluriennale 2020-2022».

Gli oneri previsti sono quantificati, per gli esercizi 2020-2022, in 80.000,00 euro annui e viene istituto un nuovo capitolo di bilancio.

In realta' tali oneri non trovano copertura finanziaria in bilancio, atteso che lo stanziamento ivi previsto risulta, per l'esercizio 2022, pari a 0 come emerge chiaramente dal Documento Tecnico di Accompagnamento al Bilancio di Previsione deliberato con DGR 86/2020 del 16 febbraio 2020 che si allega e che per comodita' si riproduce nella parte che qui interessa.

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Per tanto si rileva una violazione dell'articolo 81, terzo comma, della Costituzione.

6) Illegittimita' dell'art. 25 comma 4, per violazione dell'art. 81, terzo comma, della Costituzione.

L'art. 25 prevede la costituzione di un fondo straordinario per la promozione del patrimonio artistico dei «Paesi Dipinti» e «Paese Affrescato», quantificato in 50.000,00 euro per ciascuno degli esercizi 2020-2022.

In particolare il comma 4 prevede:   Per le finalita' di cui al comma 1 la Regione Abruzzo costituisce un fondo straordinario per gli anni 2020 di euro 50.000,00, 2021 di euro 50.000,00 e 2022 di euro 50.000,00».

A tal fine viene il successivo comma 5 prevede che:   «Gli oneri di cui al comma 4 trovano copertura finanziaria con apposito stanziamento nello stato di previsione della spesa per gli anni 2020, 2021, 2022 nel Titolo 01, Missione 05, Programma 02, su apposito capitolo di nuova istituzione denominato «Fondo regionale per la promozione del patrimonio artistico dei Paesi Dipinti e Paese Affrescato».

Al riguardo si rileva che i suddetti oneri risultano privi della necessaria copertura finanziaria per gli esercizi 2021 e 2022 ove il relativo stanziamento per gli esercizi 2021 e 2022 e' pari 0, come emerge dal Documento Tecnico di Accompagnamento al Bilancio di Previsione deliberato con DGR 86/2020 del 16 febbraio 2020 che per comodita' si riproduce nella parte che qui interessa.

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Pertanto, si rileva una violazione dell'art. 81, terzo comma, della Costituzione.

7) Illegittimita' dell'art. 40, comma 5 lettera d) e comma 6 lett e), per violazione dell'articoli 3 della Costituzione e 2 e 118 della Costituzione.

L'art. 40, rubricato «Disposizioni in materia di prevenzione e contrasto al fenomeno del bullismo e del cyber bullismo», al comma 5 lettera d) prevede:   «5. Possono beneficiare dei finanziamenti relativi agli interventi di cui al comma 3: omissis.

d) associazioni operanti nel territorio regionale e attive da almeno tre anni nel campo del disagio sociale dei minorenni o in quello educativo iscritte nel registro regionale di cui alla legge regionale 1° marzo 2012, n. 11 (Disciplina delle Associazioni di Promozione Sociale)».

Al medesimo articolo, ma al comma 6 lettera e) (1) la norma regionale restringe la presenza nella consulta regionale sul bullismo e sul cyberbullismo di due rappresentanti espressione esclusivamente delle associazioni di cui alla precedentemente citata lettera d) del comma 5.

In primo luogo si osserva che la legge regionale include, tra i soggetti che operano sul terreno della prevenzione e del contrasto ai fenomeni di bullismo e cyberbullismo e che possono accedere ai finanziamenti pubblici, solamente le associazioni di promozione sociale, negando tale possibilita' ad altri enti operanti sul territorio regionale e nei medesimi ambiti nonche' ugualmente iscritti in Registri gestiti da pubbliche amministrazioni, quali ad esempio i soggetti anche a carattere associativo aventi qualifica di Onlus e le Organizzazioni di volontariato. La recente riforma della disciplina degli enti del terzo settore ha previsto (art. 5, comma 1, lettera 1, decreto legislativo n. 117/2017) che tra le attivita' di interesse generale, che possono essere svolte da tutti gli enti del terzo settore, sia ricompresa la «formazione extra-scolastica, finalizzata alla prevenzione della dispersione scolastica e al successo scolastico e formativo, alla prevenzione del bullismo e al contrasto della poverta' educativa».

La legge regionale, invece, limita l'accesso ai contributi ai soli enti costituiti in forma di associazione di promozione sociale, realizzando quindi una discriminazione tra soggetti aventi differente assetto organizzativo o qualificazione ma operanti nel medesimo settore o che svolgono le medesime attivita' di cd. «interesse generale».

In secondo luogo la citata legge regionale effettua una seconda discriminazione, consentendo la partecipazione ai bandi di finanziamento non a tutte le associazioni di promozione sociale operanti sul territorio della regione Abruzzo, ma solo a quelle iscritte nel registro regionale, escludendo quindi le eventuali associazioni di promozioni sociali iscritte (in qualita' di articolazioni territoriali o circoli affiliati di associazioni a carattere nazionale, ai sensi della legge n. 383/2000 e del decreto ministeriale n. 471/2001) al Registro nazionale delle Associazioni di promozione sociale.

Infatti, l'art. 7 legge n. 383/2000, commi 3 e 4, dispone che, all'iscrizione nel Registro nazionale delle associazioni di promozione sociale a carattere nazionale, si accompagni, alle condizioni e con le procedure di cui al citato decreto ministeriale n. 471/2001, «l'iscrizione nel registro medesimo dei relativi livelli di organizzazione territoriale e dei circoli affiliati, mantenendo a tali soggetti i benefici connessi alla iscrizione nei registri di cui al comma 4», ovvero quelli iscritti nei corrispondenti registri delle regioni e province autonome.

Inoltre l'art. 8, comma 4 della medesima legge ribadisce che l'iscrizione nei registri (sia nazionale che regionali/provinciali) e' condizione necessaria «per stipulare le convenzioni e per usufruire dei benefici previsti dalla presente legge e dalle leggi regionali e provinciali di cui al comma 2», ponendo quindi l'iscrizione al Registro nazionale e quella ai registri regionali sul medesimo piano ai fini dell'acquisizione dei benefici.

Con riferimento al codice del terzo settore (decreto legislativo n. 117/2017), l'art. 101, comma 3, prevede infine che in via transitoria, nelle more dell'operativita' del registro unico del terzo settore, il requisito dell'iscrizione ad esso si intenda soddisfatto attraverso l'iscrizione degli enti ad uno dei registri attualmente previsti dalle normative di settore.

Il comma 5 dell'art. 40 risulta, pertanto, per le ragioni sopra citate, discriminatorio sotto il profilo degli interventi e del loro finanziamento. Analoga portata discriminatoria e' recata, sotto il profilo del mancato coinvolgimento nelle attivita' di programmazione e progettazione degli interventi dal successivo comma 6 del medesimo articolo, che ugualmente limita la partecipazione alla Consulta regionale sul bullismo e sul cyberbullismo agli enti iscritti nel solo registro regionale dell'associazionismo di promozione sociale.

Fermo restando quanto previsto dalle gia' citate disposizioni nazionali circa l'analogo valore dei registri regionali rispetto a quello nazionale delle associazioni di promozione sociale, l'incongruenza e' ancora piu' rilevante con riferimento alle disposizioni recate dal Codice del Terzo settore.

In particolare l'art. 55 del suddetto codice (rubricato «Coinvolgimento degli enti del Terzo settore») prevede che «in attuazione dei principi di sussidiarieta', cooperazione, ... le amministrazioni pubbliche ... nell'esercizio delle proprie funzioni di programmazione e organizzazione a livello territoriale degli interventi e dei servizi nei settori di attivita' di cui all'art. 5, assicurano il coinvolgimento attivo degli enti del terzo settore», attraverso le varie forme ivi previste e comunque nel rispetto dei principi di trasparenza, imparzialita', partecipazione e parita' di trattamento.

Dal tenore della norma si evince l'irrilevanza, ai fini del coinvolgimento degli Enti, ferma restando la necessita' di iscrizione nel RUNTS o, in via transitoria, in uno dei registri di settore, dell'assetto organizzativo, che ciascun ente sceglie nella propria autonomia, ai sensi dell'art. 118, ultimo comma della Costituzione.

Conseguentemente, si ritiene che la formulazione utilizzata nelle due disposizioni citate dalla legge regionale in esame leda i principi costituzionali di uguaglianza sostanziale, di cui all'art. 3 della Costituzione e di autonomia delle formazioni sociali e sussidiarieta' degli enti del terzo settore, di cui agli articoli 2 e 118, ultimo comma della Costituzione.

8) Illegittimita' dell'art. 42 comma 4, per violazione dell'art. 3 Costituzione.

L'art. 42 rubricato «Norme a tutela dei coniugi separati o divorziati, in condizioni di disagio, in particolare con figli minori», dopo aver prospettato una serie di interventi «a favore dei coniugi separati o divorziati che si trovino in condizioni di disagio sociale ed economico» dispone, al comma 4:   «Sono esclusi dai benefici abitativi e di sostegno economico, rispetto ai principi previsti dal presente articolo, i soggetti condannati con sentenza passata in giudicato per reati contro la persona, tra cui gli atti persecutori di cui al decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonche' in tema di atti persecutori) convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, nonche' per i delitti di cui agli articoli 570, 570-bis e 572 del codice penale».

Tale previsione, che accomuna in maniera indifferenziata l'intero novero dei reati contro la persona, appare - invero - estremamente generica, dal momento che finisce per riservare il medesimo trattamento giuridico a fattispecie di reato eterogenee, che il legislatore nazionale ha inteso caratterizzare e graduare, prevedendo anche rilevanti differenze di pena.

L'effetto della norma in questione sarebbe, infatti, quello di assimilare reati di grande allarme sociale ad altri di gran lunga piu' tenui, che, per di piu', possono essere maturati in contesti diversi dall'ambito familiare: l'omicidio aggravato di cui all'art. 576 codice penale (punito con l'ergastolo) a titolo di esempio - al reato di diffamazione contemplato dall'art. 595 codice penale (punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a milletrentadue euro); la riduzione o mantenimento in schiavitu' o servitu' dell'art. 600 codice penale (reclusione da otto a vent'anni) alla violazione, sottrazione e soppressione della corrispondenza dell'art. 612 (che prevede la reclusione fino a un anno o la multa da trenta euro a cinquecentosedici euro).

E' di prima evidenza come l'esclusione di potenziali fruitori dai benefici in questione, operata in maniera tanto indifferenziata e sulla base di generici criteri che non tengono in dovuto conto l'effettiva pena irrogata, leda i principi di uguaglianza e di ragionevolezza espressi dall'art. 3 della Carta costituzionale italiana, ai sensi dei quali una legge deve regolare in maniera eguale situazioni eguali, ma trattare in maniera diversa situazioni difformi.

(1) La norma testualmente dispone: «6. Presso la Giunta regionale e' istituita la Consulta regionale sul bullismo e sul cyberbullismo, di seguito Consulta, di cui fanno parte: omissis e) due rappresentanti delle associazioni di cui alla lettera d) del comma 5; »,

 

P.Q.M.

 

Si chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare costituzionalmente illegittimi gli articoli 10, comma 1, lett. a), b) e c), comma 3 e comma 4, 18 comma 2, 19, 22 comma 1, 25, 40 comma 5 lett. d) e comma 6 lett. e), 42 comma 4 della legge della Regione Abruzzo 28 gennaio 2020, n. 3 e conseguentemente annullarli per i motivi illustrati nel presente ricorso.

Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno:   1. estratto della delibera del Consiglio dei ministri 16 marzo 2020.

2. Decreto Giunta Regionale n. 86/2020 e relativi allegato documento tecnico di accompagnamento bilancio di previsione.

Il bilancio di previsione della Regione Abruzzo e' pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione Abruzzo n. 11 speciale del 31 gennaio 2020.

Roma, 26 marzo 2020

L'Avvocato dello Stato: Fiorentino

L'Avvocato dello Stato: Galluzzo