RICORSO N. 43 DEL 28 APRILE 2020 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 28 aprile 2020.

(GU n. 20 del 13.5.2020)

 

Ricorso ex art. 127 Costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso ex lege, dall'Avvocatura generale dello Stato, (codice fiscale n. 80224030587, per il ricevimento degli atti fax 06-96514000 e pec ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it presso i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12 domicilia;   Nei confronti della Regione Sardegna in persona del Presidente pro-tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge regionale del 21 febbraio 2020 n. 3, articoli 1 comma 2, recante modifiche alla legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45, e 2 comma 1 recante modifiche alla legge regionale 23 aprile 2015 n. 8, in materia di Piano utilizzo dei litorali, pubblicata nel BUR n. 9 del 27 febbraio 2020, giusta delibera del Consiglio dei ministri in data 20 aprile 2020.

La legge della Regione Autonoma della Sardegna qui impugnata detta disposizioni che, ad avviso del Governo, violano la normativa costituzionale, cosi' come si dimostrera' nel presente atto a mezzo della illustrazione dei seguenti

 

Motivi

 

1) L'art. 1 comma 2 della epigrafata legge regionale n. 3/2020 viola l'art. 117, secondo comma lettere s/m/l Costituzione, l'art. 3 dello Statuto regionale (legge costituzionale n. 3/1948), l'art. 9 della Costituzione, l'art. 146 del Codice dei beni culturali (decreto legislativo n. 42/2004), allegato A decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2017 n. 31.

1. L' art. 1, comma 2, reca modifiche alla legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45 («Norme per l'uso e la tutela del territorio regionale»), e in particolare all'art. 22-bis, recante la disciplina del Piano di utilizzo dei litorali (PUL).

Si osserva che la lettera b) del comma 2 modifica il comma 6 del predetto art. 22-bis, aggiungendo, dopo la parola «stessi», il seguente periodo: «Le aree e le strutture assentite con titolo concessorio demaniale permangono invariate per posizionamento, superficie, oggetto e utilita' turistico-ricreative esercitate, come previsto dal relativo titolo, sino alla scadenza dello stesso». Le lettere c) e d) modificano, invece, il comma 9 dell'art. 22-bis della legge regionale n. 45 del 1989. Prima delle novelle, il comma 9 stabiliva che: «Le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 entrano in vigore a far data dalla pubblicazione del PUL sul Bollettino ufficiale della Regione autonoma della Sardegna (BURAS) e in sua assenza la localizzazione delle strutture di cui al comma 3 e' ammessa, compatibilmente con le previsioni contenute negli strumenti urbanistici comunali, per un periodo non superiore a quello della stagione balneare, salva la differente durata gia' prevista da legittimi titoli abilitativi, autorizzatori e concessori. In assenza di PUL e' inoltre consentita la realizzazione, senza limiti temporali, di strutture di facile rimozione della superficie non superiore a 30 mq e connesse a corridoi di lancio, finalizzate all'esercizio di attivita' sportive direttamente connesse all'uso del mare; tali strutture sono compatibili con ogni destinazione di zona omogenea e non soggiacciono ai relativi parametri; rimane impregiudicata la possibilita' del PUL di sopprimere o rivedere il posizionamento di tali strutture.». A seguito delle modificazioni apportate dalla legge regionale n. 3 del 2020, la disposizione assume, invece, il seguente tenore: «In assenza di PUL e' inoltre consentita la realizzazione, senza limiti temporali, di strutture di facile rimozione della superficie non superiore a 30 mq e connesse a corridoi di lancio, finalizzate all'esercizio di attivita' sportive direttamente connesse all'uso del mare; tali strutture sono compatibili con ogni destinazione di zona omogenea e non soggiacciono ai relativi parametri; le aree e le strutture assentite con titolo concessorio demaniale permangono invariate per posizionamento, superficie, oggetto e utilita' turistico-ricreative esercitate, come previsto dal relativo titolo, sino alla scadenza dello stesso.

Possono essere assentite variazioni a richiesta del concessionario solo e limitatamente a quanto previsto dal Codice della navigazione».

L'effetto delle novelle sopra richiamate e' duplice.

Sotto un primo profilo, vengono rese permanenti le strutture precarie e mobili aventi carattere stagionale realizzate sugli arenili, e che quindi siano state assoggettate, in sede di rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, all'obbligo di smontaggio al termine di ciascuna stagione balneare e fino all'avvio della stagione successiva.

Le disposizioni censurate incidono cosi' direttamente sul contenuto e sulla portata delle autorizzazioni paesaggistiche rilasciate dalle Autorita' preposte alla tutela, estendendo la valenza di tali titoli a opere non contemplate (manufatti permanenti invece che stagionali) e quindi non assentite.

Per questa via, le previsioni in esame si pongono in diretto contrasto con il Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e in particolare con l'art. 146, che subordina qualsiasi intervento sui beni paesaggistici all'autorizzazione paesaggistica e che - in diretta attuazione del principio fondamentale dell'art. 9 della Costituzione - assegna al predetto titolo la valenza di atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l'intervento urbanistico-edilizio.

Sotto altro profilo, le previsioni introdotte dalla legge regionale censurata hanno una diretta ricaduta sull'efficacia temporale dell'autorizzazione paesaggistica, uniformandola in ogni caso a quella della concessione demaniale marittima. Cosi' disponendo, la Regione incide quindi sulla disciplina dell'efficacia dell'autorizzazione paesaggistica, contenuta nell'art. 146, comma 4, del Codice di settore, invadendo manifestamente la potesta' legislativa esclusiva statale.

Per cio' che attiene a questo secondo profilo, occorre tenere presente che, in base al richiamato comma 4 dell'art. 146 del Codice, «L'autorizzazione e' efficace per un periodo di cinque anni, scaduto il quale l'esecuzione dei progettati lavori deve essere sottoposta a nuova autorizzazione. I lavori iniziati nel corso del quinquennio di efficacia dell'autorizzazione possono essere conclusi entro e non oltre l'anno successivo la scadenza del quinquennio medesimo. Il termine di efficacia dell'autorizzazione decorre dal giorno in cui acquista efficacia il titolo edilizio eventualmente necessario per la realizzazione dell'intervento, a meno che il ritardo in ordine al rilascio e alla conseguente efficacia di quest'ultimo non sia dipeso da circostanze imputabili all'interessato».

Inoltre, lo «smontaggio e rimontaggio periodico di strutture stagionali munite di autorizzazione paesaggistica» non richiede alcun altro titolo autorizzatorio, secondo quanto disposto al punto A.28 dell'allegato A del decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2017 n. 31 («Regolamento recante individuazione degli interventi esclusi dall'autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata»). In base alle suddette disposizioni, una volta rilasciata l'autorizzazione paesaggistica per le strutture stagionali, queste possono essere smontate e rimontate annualmente in forza del medesimo titolo, senza necessita' di munirsi ogni volta di una nuova autorizzazione (sempre che, ovviamente, oggetto di rimontaggio stagionale sia lo stesso identico stabilimento balneare originario). E cio' per tutto il periodo di efficacia dell'autorizzazione rilasciata.

Quanto a quest'ultimo aspetto, deve inoltre precisarsi che, secondo l'interpretazione corrente data dal competente Ministero per i beni e le attivita' culturali, una volta che le opere stagionali siano installate per la prima volta entro il quinquennio di cui all'art. 146, comma 4, del Codice, il titolo autorizzatorio rimane efficace per tutta la durata in esso prevista, che potrebbe essere superiore al quinquennio, se cosi' e' stato richiesto dall'interessato e assentito dall'Amministrazione. ln particolare, laddove sia stata domandata l'autorizzazione paesaggistica con riferimento a una concessione demaniale, il titolo puo' essere assentito per una durata pari a quella della concessione, che e' di regola di sei anni.

In questo quadro, le disposizioni della legge regionale censurata intervengono modificando non solo - come detto - la portata del titolo autorizzatorio, ma anche la sua efficacia temporale, che viene uniformata senz'altro a quella della concessione demaniale, indipendentemente dal contenuto del titolo in concreto rilasciato.

Effetto ancora piu' grave delle previsioni e', poi, quello di determinare il prolungamento dell'efficacia dell'autorizzazione paesaggistica quale mera conseguenza automatica della proroga della concessione demaniale, e cio' in modo indiscriminato e al di fuori di qualsiasi controllo dell'Autorita' preposta alla tutela.

Viene, cosi', invasa la potesta' legislativa esclusiva statale in materia di tutela del paesaggio, di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, nonche' la potesta' dello Stato in materia di «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale», ai sensi all'art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, atteso che tali prestazioni includono anche la portata e la valenza dell'autorizzazione paesaggistica, che deve essere necessariamente uniforme sull'intero territorio nazionale. I suddetti titoli di competenza statale si impongono anche alla Regione autonoma della Sardegna, alla luce dell'art. 3 dello Statuto regionale di autonomia.

Le previsioni censurate incidono inoltre sulla possibilita' per l'Autorita' giudiziaria penale di reprimere gli abusi paesaggistici realizzasti mediante l'inottemperanza, anche gia' avvenuta, alle prescrizioni di smontaggio delle strutture stagionali contenute nella autorizzazioni paesaggistiche rilasciate o da rilasciare, nonche' mediante il mantenimento dei manufatti dopo la scadenza del titolo, cosi' invadendo la potesta' legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento penale di cui all'art. 117, secondo comma.

lettera l), della Costituzione.

Poiche', infine, la disciplina regionale compromette significativamente la tutela del paesaggio, e' violato anche l'art. 9 della Costituzione.

2) Art. 2, comma 1, della epigrafata legge regionale n. 3/2020, viola l'art. 117, secondo comma lettere s), m), l) Costituzione, l'art. 3 dello Statuto regionale (legge costituzionale n. 3/1948), l'art. 9 della Costituzione, l'art. 146 del codice dei beni culturali (decreto legislativo n. 42/2004). L'art. 2 modifica la legge regionale 23 aprile 2015, n. 8 («Norme per la semplificazione e il riordino di disposizioni in materia urbanistica ed edilizia e per il miglioramento del patrimonio edilizio»), e in particolare l'art. 43, dedicato al «Posizionamento delle strutture al servizio della balneazione».

La lettera a) del comma 1 del predetto art. 2 reca l'inserimento, dopo il comma 1 dell'art. 43 della legge regionale n. 8 de 2015, di un comma 1-bis, del seguente tenore: «Il posizionamento delle strutture di facile rimozione a scopo turistico-ricreativo e' ammesso per l'intero anno solare, al fine di favorire la destagionalizzazione della stagione turistica a condizione che l'operatore, entro il 31 ottobre di ciascun anno, programmi e comunichi, ai sensi dell'ordinanza balneare periodica, un minimo di dieci mesi di operativita' sui dodici mesi successivi. L'operativita' cosi' programmata puo' essere comunque ridotta in relazione alle previsioni meteoclimatiche. L'efficacia delle autorizzazioni edilizie e paesaggistiche relative a strutture precarie a scopo turistico ricreativo, ubicate nella fascia dei trecento metri dalla battigia marina, ha durata pari a quella della concessione demaniale e, al di fuori del demanio, fino al perdurare della relativa esigenza».

Anche in questo caso, la previsione e' dichiaratamente diretta ad assicurare la stabilita' e la permanenza di opere destinate, in base alle prescrizioni contenute nell'autorizzazione paesaggistica, a essere rimosse al termine della stagione balneare, analogamente a quanto gia' rilevato in relazione alle disposizioni dell'art. 1, comma 2, della medesima legge regionale.

La disposizione incide inoltre direttamente sull'efficacia temporale dell'autorizzazione paesaggistica, uniformandola in ogni caso a quella della concessione demaniale marittima.

Qualora, poi, si tratti di opere poste «al di fuori del demanio», la durata dell'autorizzazione paesaggistica e' addirittura determinata dalla Regione «fino al perdurare della relativa esigenza», ovvero sine die, anche in questo caso prescindendo in toto dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, nonche' dall'istanza dell'interessato e dal contenuto del titolo autorizzatorio in concreto rilasciato.

Cosi' disponendo, la Regione incide direttamente sulla disciplina dell'autorizzazione paesaggistica, contenuta all'art. 146 del Codice di settore, invadendo manifestamente la potesta' legislativa esclusiva statale, di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), m) e l), e violando l'art. 3 dello Statuto di autonomia, per le stesse ragioni gia' sopra illustrate.

E' inoltre ravvisabile, come sopra detto, anche la violazione dell'art. 9 della Costituzione.

Ugualmente censurabile, sotto i medesimi profili, e' la modifica di cui alla lett. b) dell'articolo in esame, che reca l'abrogazione del comma 2 dell'art. 43 della legge regionale n. 8 del 2015. La disposizione abrogata aveva previsto che: «In via transitoria il permesso di costruire per la realizzazione delle strutture di cui al comma 1, n.d.r.: strutture a servizio della balneazione in assenza di PULI non puo' avere durata superiore a quella della stagione balneare». L'abrogazione disposta si pone in linea con le altre novelle introdotte dalla legge regionale n. 3 del 2020, tutte funzionali ad assicurare la stabilita' delle opere precarie e stagionali, indipendentemente dalle prescrizioni dell'autorizzazione paesaggistica e dalla durata di quest'ultimo titolo.

Orbene, il complesso delle censurate disposizioni regionali si pone in aperto contrasto con la norma interposta di cui all'art. 146 del Codice dei beni culturali, stante la immediata diretta incidenza sull'efficacia dell' autorizzazione paesaggistica di competenza statale, consentendo la permanenza nel tempo dei manufatti stagionali e precari soggetti a smontaggio, assicurando al titolo relativo un derivato ulteriore rispetto a quella originaria (art. 146, comma 4, codice).

E' evidente il «vulnus» arrecato dalla citata normativa regionale alle prerogative statuali, tenuto conto che le determinazioni espresse dal Ministero competente in materia sono volte ad evitare alterazioni inaccettabili del preesistente valore protetto nell'ambito della funzione statale di tutela del paesaggio che, notoriamente, e' estranea ad ogni forma di attenuazione determinata dal bilanciamento o dalla comparazione con altri interessi.

Secondo quanto da tempo chiarito dalla Corte costituzionale, l'art. 146 del predetto Codice costituisce infatti «norma di grande riforma economico-sociale che la Regione autonoma della Sardegna deve rispettare (sentenza n. 238 del 2013), in quanto adottata nell'ambito della competenza esclusiva statale della materia "tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali", di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.» (Corte cost. n. 189 del 2016).

La Corte costituzionale ha ripetutamente chiarito che non e' consentito al legislatore regionale abbassare gli standard di tutela ambientale, introducendo deroghe agli istituti di protezione che dettano una disciplina uniforme sul territorio nel cui ambito deve essere annoverata l'autorizzazione paesaggistica (Corte cost., 30 marzo 2018 n. 66).

Le disposizioni regionali sopra censurate sono, pertanto, illegittime per violazione della potesta' legislativa esclusiva in materia di tutela del paesaggio, di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione e dell'art. 3 dello Statuto speciale della Regione.

Le stesse disposizioni risultano, inoltre, violare la potesta' legislativa statale in materia di «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale», atteso che tali prestazioni includono anche la portata e la valenza dell'autorizzazione paesaggistica, imponendosi anche alle Regioni e Province autonome (cfr., al riguardo, Corte costituzionale 24 luglio 2012, n. 107, pronunciata nei confronti della Provincia autonoma di Trento).

E' pure ravvisabile l'invasione della potesta' legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento penale, di cui all'art. 117, secondo comma, lett. l), della Costituzione, e cio' in quanto: (i) i manufatti che, alla data di entrata in vigore della legge regionale, non sono stati smontati, come prescritto dall'autorizzazione paesaggistica, o per i quali non e' stata chiesta una nuova autorizzazione al termine dell'efficacia della precedente, vengono ad essere «sanati» per effetto delle disposizioni regionali, e cosi' sottratti all'accertamento dei reati paesaggistici commessi, nonche' alla rimessione in pristino, che il giudice penale e' tenuto a ordinare (art. 181, comma 2, del Codice di settore); (ii) per il futuro, viene a originarsi una differenza tra le fattispecie sanzionatorie dell'art. 181 del Codice, in quanto, per la sola Sardegna, sono sottratte all'area dell'illecito penale condotte che invece vi rientrano in tutto il territorio della Repubblica (inottemperanza alle prescrizioni dell'autorizzazione paesaggistica e mantenimento delle opere dopo la scadenza del titolo).

Infine, e' ravvisabile la violazione dell'art. 9 della Costituzione, in quanto la disciplina introdotta mediante la legge regionale censurata e' potenzialmente pregiudizievole per la tutela del paesaggio, che ha valenza di interesse costituzionale primario e assoluto (v. Corte costituzionale n. 367 del 2007).

 

P.Q.M.

 

Si conclude perche' gli articoli 1, comma 2, 2 comma 7, della legge della Regione Sardegna n. 3/2020 siano dichiarati costituzionalmente illegittimi.

Si produce l'attestazione del deliberato consiliare in data 20 aprile 2020.

Con l'originale del ricorso ex art 127 Cost. si depositeranno:   !) estratto della delibera consiliare in data 20 aprile 2020 e legge regionale impugnata.

Roma, 22 aprile 2020

Il Vice Avvocato Generale dello Stato: Figliolia