RICORSO N. 9 DEL 30 GENNAIO 2020 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 30 gennaio 2020.

(GU n. 9 del 26.2.2020)

 

Ricorso ex art. 127 della Costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri, (c.f. 80188230587) rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato (c.f. 80224030587) ags_m2@mailcert.avvocaturastato.it - fax 06/96514000 presso i cui uffici e' domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi, 12;   Contro la Regione Toscana, (c.f. 01386030488) in persona del presidente della giunta pro tempore per la declaratoria di incostituzionalita' della legge della Regione Toscana 22 novembre 2019, n. 69, pubblicata nel B.U.R. n. 53 del 25 novembre 2019, avente ad oggetto «Disposizioni in materia di governo del territorio.

Adeguamenti alla normativa statale in materia di edilizia e di sismica. Modifiche alle leggi regionali numeri 65/2014, 64/2009, 5/2010 e 35/2015.» in relazione alle disposizioni di seguito indicate, per violazione dell'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo del principio di uguaglianza, in combinato disposto con l'art. 97, per quanto riguarda il profilo della ragionevolezza, art. 32, che garantisce il diritto alla salute, nonche' per contrasto con norme di principio contenute nel Testo unico dell'edilizia decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, l'art. 117, terzo comma della Costituzione, in relazione alle materia «governo del territorio» «protezione civile» e «tutela della salute», violando di norme di principio contenute nel Testo unico dell'edilizia decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001.

1) L'art. 30 reca «Disposizioni per l'adeguamento alla normativa statale della disciplina sui mutamenti di destinazione d'uso senza opere. Modifiche all'art. 134 legge regionale n. 65/2014». Il comma 1 di tale disposizione recita: «dopo la lettera e) del comma 1 dell'art. 134 della legge regionale n. 65/2014, e' inserita la seguente: e-bis) i mutamenti urbanisticamente rilevanti della destinazione d'uso di immobili, o di loro parti, anche nei casi in cui non siano accompagnati dall'esecuzione di opere edilizie, ove ricadenti all'interno delle zone omogenee "A" di cui al d. m. 1444/1968 o ad esse assimiliate dagli strumenti comunali di pianificazione urbanistica».

Il successivo comma 4 della medesima norma dispone: «Dopo il comma 2 dell'art. 134 della legge regionale n. 65/2014 e' inserito il seguente:   2-bis. Possono altresi' essere realizzati mediante SCIA in alternativa al permesso di costruire i mutamenti urbanisticamente rilevanti della destinazione d'uso di cui al comma 1, lettera e-bis)».

Ed ancora il comma 5 prevede:   «Dopo il comma 2-bis dell'art. 134 della legge regionale n. 65/2014, e' inserito il seguente:   "2-ter. Nei casi di cui ai commi 2 e 2-bis, il procedimento si svolge secondo quanto disposto dall'art. 145, restando ferme le sanzioni penali previste dal decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001».

Risulta dunque modificata la norma regionale che indicava tassativamente gli interventi edilizi soggetti a permesso di costruire o, in alternativa, a SCIA (Segnalazione certificata di inizio attivita'), introducendo, con la previsione di cui al comma 2-bis, il regime c.d. alternativo, permesso di costruire/SCIA, anche per i mutamenti di destinazione d'uso di immobili ricadenti all'interno delle zone omogenee "A" di cui al decreto ministeriale n. 1444/1968.

Il riferimento, poi, al procedimento previsto dall'art. 145 della legge regionale n. 65/2014 sembrerebbe lasciare intendere che si tratta della SCIA prevista dall'art. 22 del Trattato sull'Unione europea e non della cd. super-SCIA introdotta dall'art. 23 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica e prevista in alternativa al permesso di costruire per gli interventi tassativamente indicati nella medesima norma.

Il tenore di siffatta novella legislativa determina il contrasto con quanto previsto dalla normativa statale e, segnatamente, dall'art. 10, comma 1, lettera c) del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001 (Testo unico in materia edilizia), il quale richiede il permesso di costruire quale titolo abilitativo per gli interventi edilizi riguardanti gli immobili compresi nelle zone omogenee A, che comportino mutamenti della destinazione d'uso.

La disposizione regionale, laddove stabilisce che il procedimento si svolge secondo quanto disposto dall'art. 145 della legge regionale n. 65 del 2014, contrasta con la disposizione di principio di cui all'art. 23 del Trattato sull'Unione europea. Tale disposizione, infatti, disegna un procedimento «aggravato» che proprio in ragione della rilevanza del titolo, lasciando inalterato il precedente regime procedimentale relativo alla DIA, prevede, nei casi di SCIA alternativa al permesso di costruire, tra l'altro, l'obbligo per il proprietario dell'immobile o chi abbia titolo per presentare la segnalazione certificata di inizio attivita', almeno trenta giorni prima dell'effettivo inizio dei lavori.

Diversamente l'art. 145 della legge regionale n. 65 del 2014 disciplina un procedimento semplificato concernente la SCIA in base al quale, secondo la disciplina generale concernente la SCIA stessa, l'attivita' oggetto della medesima puo' essere iniziata dalla data della presentazione della segnalazione all'amministrazione competente.

Ne' puo' essere invocata l'applicazione dell'art. 5 del decreto legislativo n. 222 del 2016 secondo il quale le regioni e gli enti locali, nel disciplinare i regimi amministrativi di loro competenza possono prevedere livelli ulteriori di semplificazione, dal momento che, nel caso di specie, sarebbe annullata qualsiasi differenza tra la SCIA e la SCIA alternativa al permesso di costruire. La disposizione in questione, pertanto, appare adottata in violazione dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione «governo del territorio».

2) L'art. 36 «Richiesta di autorizzazione per gli interventi rilevanti. sostituzione dell'art. 167 della legge regionale n. 65/2014», prevede testualmente:   «1. L'art. 167 della legge regionale n. 65/2014 e' sostituito dal seguente:   «Art. 167 (Richiesta di autorizzazione per gli interventi rilevanti). - 1. Fermo restando l'obbligo dei titoli abilitativi non si possono iniziare i lavori relativi agli interventi di cui all'art. 94-bis, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, senza la preventiva autorizzazione della struttura regionale competente.

2. Con la richiesta di autorizzazione, da presentare allo sportello unico in via telematica, sono trasmessi:   a) il progetto, debitamente firmato da un ingegnere, un architetto, un geometra o un perito edile, nei limiti delle rispettive competenze, nonche' dal direttore dei lavori;   b) l'asseverazione di cui all'art. 173.

3. Il progetto trasmesso con la richiesta di autorizzazione e' esauriente per planimetria, piante, prospetti e sezioni e accompagnato da una relazione tecnica, dal fascicolo dei calcoli delle strutture portanti, sia in fondazione, sia in elevazione, e dai disegni dei particolari esecutivi delle strutture.

4. La trasmissione della richiesta e del relativo progetto allegato nei modi e nei termini indicati nel presente articolo e' valida anche agli effetti dell'art. 65 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, se sottoscritta dal costruttore.

5. I lavori per la realizzazione degli interventi sono diretti da un ingegnere, un architetto, un geometra o un perito edile, nei limiti delle rispettive competenze.».

In disparte la circostanza dell'utilizzo della parola «richiesta» non presente nella normativa statale di riferimento, si rileva quanto segue.

Il comma 1 del nuovo art. 167, stante il disposto dell'art. 94-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, introdotto dall'art. 3, comma 1, lettera d), del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55, da ultimo modificato dall'art. 9-quater del decreto-legge 24 ottobre 2019, n. 123, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 dicembre 2019, n. 156, determina una sovrapposizione della normativa regionale a quella statale, causando ambiguita' e incertezza in ordine alla disciplina applicabile in concreto. Giova rammentare, in proposito, che e' lo stesso comma 2 dell'art. 94-bis del Trattato sull'Unione europea a demandare alle regioni l'adozione di specifiche elencazioni di adeguamento alle linee guida a seguito della loro emanazione.

Al riguardo, deve precisarsi che:   la disposizione di cui al comma 2, del predetto art. 94-bis del Trattato sull'Unione europea stabilisce che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con la Conferenza unificata definisce, le linee guida per l'individuazione, dal punto di vista strutturale, degli interventi di cui al medesimo comma 1, nonche' delle varianti di carattere non sostanziale per le quali non occorre il preavviso di cui all'art. 93 e che «Nelle more dell'emanazione delle linee guida, le regioni possono» soltanto «confermare le disposizioni vigenti. Le elencazioni riconducibili alle categorie di interventi di minore rilevanza o privi di rilevanza, gia' adottate dalle regioni, possono rientrare nelle medesime categorie di interventi di cui al comma 1, lettere b) e c).»;   comunque non spetta alla regione replicare il contenuto della disciplina di livello statale, contenuta, nel caso di specie, nell'art. 94-bis comma 3, del Trattato sull'Unione europea in base al quale «Fermo restando l'obbligo del titolo abilitativo all'intervento edilizio, non si possono iniziare lavori relativi ad interventi "rilevanti", di cui al comma 1, lettera a), senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione, in conformita' all'art. 94.».

Occorre inoltre rilevare che, l'incertezza applicativa che la disposizione in esame determina e' estensibile anche al dettato di cui ai commi 2, lettera a), 4 e 5 che si pongono in contrasto, rispettivamente, con gli articoli 93, commi 2 e 5, e 94, comma 4 del Trattato sull'Unione europea. Infatti:   l'art. 93 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 stabilisce, al comma 2, che «Alla domanda deve essere allegato il progetto, in doppio esemplare e debitamente firmato da un ingegnere, architetto, geometra o perito edile iscritto nell'albo, nei limiti delle rispettive competenze, nonche' dal direttore dei lavori.»;   l'art. 93 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica dispone, al comma 5, che «Per tutti gli interventi il preavviso scritto con il contestuale deposito del progetto e dell'asseverazione di cui al comma 4, e' valido anche agli effetti della denuncia dei lavori di cui all'art. 65», non prevedendo la disposizione statale la sottoscrizione del costruttore (ancorche' al comma 1 dell'art. 66 del Trattato sull'Unione europea, relativo alla denuncia dei lavori di realizzazione e relazione a struttura ultimata di opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica, tale sottoscrizione sia richiesta);   l'art. 94 dello stesso decreto del Presidente della Repubblica prevede, al comma 4, che «I lavori devono essere diretti da un ingegnere, architetto, geometra o perito edile iscritto nell'albo, nei limiti delle rispettive competenze».

In tema di distorsioni applicative di disposizioni legislative, corre l'obbligo di precisare che nella sentenza n. 107 del 2017, codesta Corte ha avuto modo di osservare che «7.2.2. - Vero e' che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, non ogni incoerenza o imprecisione di una norma puo' venire in questione ai fini dello scrutinio di costituzionalita' (sentenze n. 86 del 2017 e n. 434 del 2002). Nondimeno, la stessa e' invece censurabile, alla luce del principio di razionalita' normativa, qualora la formulazione della stessa sia tale da potere dare luogo ad applicazioni distorte (vedi anche la sentenza n. 10 del 1997) o ambigue (sentenza n. 200 del 2012), che contrastino, a causa dei diversi esiti che essa renda plausibili, il buon andamento della pubblica amministrazione, da intendersi quale ordinato, uniforme e prevedibile svolgimento dell'azione amministrativa, secondo principi di legalita' e di buona amministrazione.

7.2.3. - D'altro canto questa Corte ha gia' chiarito che, a differenza di quanto accade per il giudizio in via incidentale, giudizio concreto e senza parti necessarie, "il giudizio in via principale puo' concernere questioni sollevate sulla base di interpretazioni prospettate dal ricorrente come possibili" (sentenza n. 412 del 2004; nello stesso senso, sentenza n. 3 del 2016) o "prospettate in termini dubitativi o alternativi" (sentenza n. 189 del 2016). Orientamenti, questi, che sebbene elaborati in riferimento ai requisiti di ammissibilita', servono altresi' ad evidenziare che nel giudizio in via d'azione vanno tenute presenti anche le possibili distorsioni applicative di determinate disposizioni legislative; e cio' ancor di piu' nei casi in cui su una legge non si siano ancora formate prassi interpretative in grado di modellare o restringere il raggio delle sue astratte potenzialita' applicative (sentenze n. 449 del 2005, n. 412 del 2004 e n. 228 del 2003).

Si e' parimenti affermato, con riferimento anche all'impugnativa regionale, che possono risultare costituzionalmente illegittime "per irragionevolezza [...] norme statali dal significato ambiguo, tali da porre le regioni in una condizione di obiettiva incertezza, allorche' a norme siffatte esse debbano attenersi nell'esercizio delle proprie prerogative di autonomia" (sentenza n. 160 del 2016).

Cio' vale, a maggior ragione, nel caso in cui l'ambiguita' semantica riguardi una disposizione regionale foriera di sostanziali dubbi interpretativi che rendono concreto il rischio di un'elusione del principio fondamentale stabilito dalla norma statale. In questa ipotesi, l'esigenza unitaria sottesa al principio fondamentale e' pregiudicata dal significato precettivo non irragionevolmente desumibile dalla disposizione regionale: lungi dal tradursi in un mero inconveniente di fatto, l'eventuale distonia interpretativa, contraddittoria rispetto alla norma statale, costituisce conseguenza diretta della modalita' di formulazione della disposizione, che deve essere dichiarata, dunque, costituzionalmente illegittima.».

Infine, nella sentenza n. 89 del 2019, codesto Giudice delle leggi ha avuto modo di affermare che « ..."possono trovare ingresso, nel giudizio in via principale, questioni promosse in via cautelativa ed ipotetica, sulla base di interpretazioni prospettate soltanto come possibili, purche' non implausibili e comunque ragionevolmente desumibili dalle disposizioni impugnate" (ex multis, sentenza n. 103 del 2018, punto 4.1. del Considerato in diritto). Nel giudizio in via principale possono dunque essere dedotte "anche le lesioni in ipotesi derivanti da distorsioni interpretative delle disposizioni impugnate" (sentenza n. 270 del 2017, punto 4.2. del Considerato in diritto).».

Alla luce delle dirimenti considerazioni espresse da codesta Corte, l'art. 36 della legge regionale in esame, che contiene disposizioni che si sovrappongono e si differenziano dagli articoli 93, 94 e 94-bis del Trattato sull'Unione europea, appaiono presentare profili di illegittimita' costituzionale, con riferimento agli articoli 3 e 97 della Costituzione.

In via subordinata, in ragione del contrasto con il parametro interposto rappresentato dagli stessi articoli 93, 94 e 94-bis del medesimo decreto del Presidente della Repubblica, nel senso sopra precisato, le disposizioni stesse violano l'art. 117, terzo comma, della Costituzione «protezione civile» e «governo del territorio».

Cio' appare confermato, in coerenza con gli orientamenti espressi da codesta Corte costituzionale secondo i quali, le disposizioni contenute nel Capo IV del testo unico per l'edilizia (d.P.R. n. 380 del 2001) che dispongono determinati adempimenti procedurali per le zone sismiche costituiscono principio fondamentale quando rispondono ad esigenze unitarie, da ritenere particolarmente pregnanti a fronte del rischio sismico (C. cost. n. 60 del 2017, n. 300 e n. 101 del 2013; n. 201 del 2012; n. 254 del 2010; n. 248 del 2009; n. 182 del 2006).

Da ultimo, nella sentenza n. 232 del 2017, codesta Corte ha ribadito che l'art. 94 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, costituisce una disposizione di principio, con specifico riguardo agli articoli 93 e 65 del predetto decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, ha avuto modo di osservare che «Anche in tal caso si tratta di disposizioni riconducibili alla materia della "protezione civile", di cui la necessita' della previa autorizzazione scritta costituisce principio fondamentale, al quale sono strettamente e strumentalmente connessi gli obblighi di preventiva "[d] enuncia dei lavori e presentazione dei progetti di costruzioni in zone sismiche", nonche' di generale preventiva denuncia dei lavori allo sportello unico, di cui agli articoli 93 e 65 del medesimo testo unico edilizia.».

I predetti rilievi di illegittimita' costituzionale si intendono riferiti anche all'art. 34, comma 1 della legge regionale in esame che richiama il disposto dell'art. 167, comma 2, della legge regionale n. 65 del 2014, sostituito dal predetto art. 36 della legge regionale in esame.

3) Parimenti i profili di illegittimita' sopra evidenziati si riscontrano anche con riferimento:   all'art. 37 «Procedimento per il rilascio dell'autorizzazione e verifiche della struttura regionale. Sostituzione dell'art. 168 della legge regionale n. 65/2014.», comma 3 (L'autorizzazione e' rilasciata entro sessanta giorni dalla richiesta ed e' trasmessa al richiedente per via telematica), che si pone in sovrapposizione e in contrasto con l'art. 94, comma 2, del Trattato sull'Unione europea (L'autorizzazione e' rilasciata entro sessanta giorni dalla richiesta, ed entro quaranta giorni dalla stessa in riferimento ad interventi finalizzati all'installazione di reti di comunicazione elettronica a banda ultralarga, e viene comunicata al comune, subito dopo il rilascio, per i provvedimenti di sua competenza) e comma 4 (Gli adempimenti di cui al presente articolo sono prescritti anche per le varianti comportanti mutamenti sostanziali alle strutture portanti che, nel corso dei lavori, si intenda apportare al progetto originario) che si pone in sovrapposizione e in contrasto con l'art. 94-bis, comma 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001;   all'art. 38 «Deposito dei progetti relativi ad interventi di minore rilevanza. Sostituzione dell'art. 169 della legge regionale n. 65/2014», con riferimento al comma 1 e ai commi 2, lettera a), 4 e 5 che riportano una formulazione identica a quella di cui al nuovo art. 167 della legge n. 65 del 2014, commi 2, lettera a), 4 e 5. I medesimi rilievi di illegittimita' costituzionale si intendono riferiti anche all'art. 34, comma 2 della legge regionale in esame che richiama il disposto dell'art. 169, della legge regionale n. 65 del 2014, sostituito dal predetto art. 38 della legge regionale in esame;   all'art. 39 «Modalita' di svolgimento delle verifiche da parte della struttura regionale relativamente ai progetti soggetti a deposito. Sostituzione dell'art. 170 della legge regionale n. 65/2014», che si riferisce agli interventi di cui all'art. 94-bis, comma 1, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, che si pone in sovrapposizione e in contrasto con tale articolo del Trattato sull'Unione europea e in particolare, con il comma 2;   all'art. 40 «Interventi privi di rilevanza. Inserimento dell'art. 170-bis nella legge regionale n. 65/2014», che al comma 1 stabilisce che «Sentito il Comitato tecnico scientifico per il rischio sismico di cui all'art. 3-bis della legge regionale 16 ottobre 2009, n. 58 (Norme in materia di prevenzione e riduzione del rischio sismico), sono individuati interventi strutturali privi di rilevanza di cui all'art. 94-bis, comma 1, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, elencati dal regolamento di cui all'art. 181)» anch'esso in sovrapposizione e in contrasto con l'art. 94-bis del Trattato sull'Unione europea e in particolare, con il comma 2, nonche', laddove al comma 5 prevede che «I progetti relativi agli interventi di cui al comma 1 non sono assoggettati a controllo» con il comma 5 dello stesso art. 94-bis il quale dispone che per gli interventi, non soggetti ad autorizzazione preventiva (interventi di «minore rilevanza» o «privi di rilevanza»), le regioni possono istituire controlli anche con modalita' a campione;   all'art. 41 «Varianti non sostanziali al progetto, realizzate in corso d'opera. Inserimento dell'art. 170-ter nella legge regionale n. 65/2014», il quale stabilisce che "1. Sentito il Comitato tecnico scientifico per il rischio sismico di cui all'art. 3-bis della legge regionale n. 58/2009, sono individuate le varianti non sostanziali di cui all'art. 94-bis, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, elencate dal regolamento di cui all'art. 181.

2. I progetti relativi alle varianti non sostanziali sono assoggettate al deposito prima della trasmissione della relazione di cui all'art. 175.", anch'esso in sovrapposizione e in contrasto con l'art. 94-bis del Trattato sull'Unione europea e in particolare, con il comma 2»;   all'art. 44 «Realizzazione dei lavori. Sostituzione dell'art. 174 della legge regionale n. 65/2014», che al nuovo art. 174, comma 4 (A struttura ultimata e, comunque, entro sessanta giorni dal termine dei lavori, il direttore dei lavori trasmette allo sportello unico la relazione di cui all'art. 65 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, fermo restando quanto previsto dall'art. 170-bis per gli interventi privi di rilevanza) e comma 5 (La relazione di cui al comma 4 e' trasmessa allo sportello unico, unitamente ai certificati sui materiali di cui all'art. 65 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001 e al giornale dei lavori strutturali), che si pone in sovrapposizione e in contrasto con l'art. 65, comma 6 del Trattato sull'Unione europea (Ultimate le parti della costruzione che incidono sulla stabilita' della stessa, entro il termine di sessanta giorni, il direttore dei lavori deposita allo sportello unico, tramite PEC, una relazione sull'adempimento degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3, allegando:   a) i certificati delle prove sui materiali impiegati emessi da laboratori di cui all'art. 59;   b) per le opere in conglomerato armato precompresso, ogni indicazione inerente alla tesatura dei cavi ed ai sistemi di messa in coazione;   c) l'esito delle eventuali prove di carico, allegando le copie dei relativi verbali firmate per copia conforme);   all'art. 45 «Regolamenti. Sostituzione dell'art. 181 della legge regionale n. 65/2014), il quale, in particolare, demanda a un regolamento regionale l'individuazione di: varianti non sostanziali ai progetti gia' autorizzati o depositati, ai sensi dell'art. 170-ter (lettera d); interventi per la realizzazione di nuove costruzioni che si discostino dalle usuali tipologie o che, per la loro particolare complessita' strutturale, richiedono piu' articolate calcolazioni e verifiche, da assoggettare all'autorizzazione di cui all'art. 167 (lettera e); interventi privi di rilevanza nei riguardi della pubblica incolumita' di cui all'art. 170-bis (lettera f); edifici strategici e rilevanti da assoggettare ad autorizzazione ai sensi dell'art. 167 (lettera e); le piccole modifiche, prive di rilevanza, eseguite in corso d'opera e non configurabili come varianti al progetto (lettera f). Tali disposizioni si pongono in sovrapposizione e in contrasto con l'art. 94-bis del Trattato sull'Unione europea e in particolare, con i commi 1 e 2;   all'art. 73 «Disposizioni transitorie in materia di sismica» si pongono in sovrapposizione e in contrasto con l'art. 94-bis del Trattato sull'Unione europea e in particolare, con i commi 1 e 2.

4) L'art. 46, rubricato «Adeguamento della normativa regionale alla normativa statale. Introduzione della SCIA in sanatoria.

Modifiche all'art. 182 della legge regionale n. 65/2014», al comma 1, sostituendo il comma 2 del citato art. 182, dispone: «Nei casi di cui al comma 1 [accertamento di conformita'], la struttura regionale competente rilascia l'autorizzazione in sanatoria oppure l'attestato di avvenuto deposito in sanatoria entro sessanta giorni dalla data di trasmissione della relativa istanza. Oltre che al soggetto interessato, la struttura regionale competente trasmette tali atti al comune ai fini del rilascio dei titoli in sanatoria o ai fini delle verifiche di propria competenza nel caso di SCIA in sanatoria, fermo restando quanto previsto al comma 3».

La modifica citata, lungi dall'adeguare la normativa regionale a quella statale, come indicato nella rubrica, sembra introdurre un titolo in sanatoria non contemplato dalla legislazione statale.

Al riguardo, nel precisare che l'istituto della SCIA in sanatoria non e' ammesso nelle ipotesi di cui all'art. 23, comma 1 del Trattato sull'Unione europea (cfr. art. 36, comma l, in base al quale, in tali ipotesi si rende necessario il rilascio del permesso di costruire in sanatoria), ma soltanto nei casi previsti dall'art. 37 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica.

Occorre rilevare che la disposizione censurata si pone in contrasto con il principio della «doppia conformita'» dal momento che la disciplina regionale non sembra prevedere il rispetto anche della normativa sismica sia al momento della realizzazione dell'intervento, sia al momento della presentazione della domanda.

Al riguardo, alla luce della sentenza n. 101 del 2013 (richiamata anche nella recente sentenza n. 290 del 2019), nella quale codesta Corte costituzionale ha affermato che «Se pertanto, nel sistema dei principi delineati dalla normativa statale, sia gli interventi edilizi soggetti a permesso di costruire, sia quelli consentiti a seguito di denuncia, presuppongono sempre la previa verifica del rispetto delle norme sismiche, non pare possa dubitarsi che la verifica della doppia conformita', alla quale l'art. 36 del testo unico subordina il rilascio dell'accertamento di conformita' in sanatoria, debba riferirsi anche al rispetto delle norme sismiche, da comprendersi nelle norme per l'edilizia, sia al momento della realizzazione dell'intervento che al momento di presentazione della domanda di sanatoria», la disposizione regionale si pone in contrasto con l'art. 36, commi 1 e 37, comma 4 del Trattato sull'Unione europea, in violazione dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione «governo del territorio».

5) L'art. 51, al comma 6, introduce dopo la lettera b) del comma 8 dell'art. 196 della legge regionale n. 65 del 2014, la seguente lettera b-bis): «b-bis) nei casi di mutamenti urbanisticamente rilevanti della destinazione d'uso di immobili, o di loro parti, non accompagnati dall'esecuzione di opere edilizie, ove ricadenti all'interno delle zone omogenee "A" di cui al decreto ministeriale n. 1444/1968 lavori pubblici o ad esse assimilate dagli strumenti comunali di pianificazione urbanistica.».

Con tale modifica gli interventi di cui alla richiamata lettera b-bis) vengono sottratti dall'applicazione dei commi 3, 4 e 5 del predetto art. 196.

La disposizione si pone in contrasto con le previsioni di cui all'art. 31 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001.

Al riguardo, si evidenzia che codesta Corte costituzionale, nella sentenza n. 140 del 2018 ha affermato che «Le deroghe al principio della demolizione degli immobili abusivi acquisiti al patrimonio del comune - previste dall'art. 31, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 - sono fondate su un rapporto di stretta connessione con la regola base. In ragione di questo collegamento esse contribuiscono a definire la portata del principio fondamentale.». Alla luce delle indicazioni di codesta Corte, pertanto, la disposizione regionale in questione viola l'art. 117, terzo comma, della Costituzione, violando un principio fondamentale nella materia «governo del territorio».

6) L'art. 53, al comma 3, inserisce, dopo il comma 6 dell'art. 200 della legge regionale n. 65 del 2014, il seguente comma: «6-bis. Nel caso dei mutamenti urbanisticamente rilevanti della destinazione d'uso di cui all'art. 135, comma 2, lettera e-bis) eseguiti, senza opere edilizie, in assenza o in difformita' dalla SCIA e in difformita' dalle norme urbanistiche o dalle prescrizioni degli strumenti della pianificazione urbanistica comunali, oppure dalla disciplina di cui all'art. 98, il comune ordina la cessazione dell'utilizzazione difforme dell'immobile, disponendo che questa avvenga entro il termine massimo di sei mesi.».

Detta disposizione si pone in contrasto con la norma di principio nella materia «governo del territorio» di cui all'art. 31, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 che stabilisce che «3. Se il responsabile dell'abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall'ingiunzione, il bene e l'area di sedime, nonche' quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L'area acquisita non puo' comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita.». Analogo rilievo sembra poter valere anche con riferimento all'art. 54, che al comma 1, introduce dopo il comma 2 dell'art. 201 della legge regionale n. 65 del 2014 il seguente comma 2-bis: «2-bis. Nel caso dei mutamenti della destinazione d'uso di immobili, o di loro parti, eseguiti all'interno della stessa categoria funzionale, in assenza di opere edilizie, in difformita' dalle norme urbanistiche o dalle prescrizioni degli strumenti della pianificazione urbanistica comunali, oppure dalla disciplina di cui all'art. 98, il comune ordina la cessazione dell'utilizzazione difforme dell'immobile, disponendo che questa avvenga entro il termine massimo di sei mesi.».

7) L'art. 66, introduce, dopo il comma 2, dell'art. 2 della legge regionale n. 5 del 2010 il seguente comma 2-bis:   «2-bis. Qualora consentita dagli strumenti urbanistici comunali, la destinazione d'uso residenziale puo' essere conseguita anche contestualmente alla realizzazione degli interventi di cui alla presente legge, fermo restando quanto previsto all'art. 3, comma 4-bis. In tal caso gli interventi diretti al recupero dei sottotetti sono soggetti:   a) a permesso di costruire ai sensi dall'articolo comma 1, lettera e-bis), della legge regionale n. 65/2014, fermo restando quanto disposto dall'art. 134, comma 2-bis, della medesima legge regionale, ove ricadenti all'interno delle zone omogenee "A" di cui al decreto ministeriale n. 1444/1968 lavori pubblici o ad esse assimilate dagli strumenti comunali di pianificazione urbanistica;   b) a segnalazione certificata di inizio attivita' (SCIA) nei casi diversi da quelli di cui alla lettera a).».

Posto che gli interventi diretti al recupero dei sottotetti sono inquadrabili nella categoria degli interventi di ristrutturazione edilizia, con specifico riferimento alla lettera b) del predetto comma 2-bis, si rileva un contrasto con il combinato disposto degli articoli 10, comma 1, lettera c), 23, comma 1, lettera a) e 22, comma 1, lettera c). Cio', in violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost., «governo del territorio».

8) L'art. 67, al comma 2, inserisce, dopo il comma 4 dell'art. 3 della legge regionale n. 5 del 2010, il seguente comma 4-bis: «4-bis.

Le superfici dei locali sottotetto derivanti dagli interventi di recupero di cui alla presente legge non sono computate ai fini del rispetto delle superfici minime e dei requisiti igienico-sanitari fissati dalla normativa vigente per le unita' immobiliari residenziali.».

La disposizione, nella parte in cui prevede che le superfici dei locali sottotetto derivanti dagli interventi di recupero di cui alla predetta legge regionale n. 5 del 2010, «non sono computate ai fini del rispetto delle superfici minime e dei requisiti igienico-sanitari fissati dalla normativa vigente per le unita' immobiliari residenziali» si pone in contrasto con il parametro interposto rappresentato dal decreto ministeriale 5 luglio 1975, recante «Modificazioni alle istruzioni ministeriali 20 giugno 1896 relativamente all'altezza minima ed ai requisiti igienico-sanitari principali dei locali d'abitazione» il quale, agli articoli 2 e 3, stabilisce che:   «2. Per ogni abitante deve essere assicurata una superficie abitabile non inferiore a mq. 14, per i primi 4 abitanti, e mq. 10, per ciascuno dei successivi.

Le stanze da letto debbono avere una superficie minima di mq.

9, se per una persona, e di mq. 14, se per due persone.

Ogni alloggio deve essere dotato di una stanza di soggiorno di almeno mq. 14.».

«3 ... l'alloggio monostanza, per una persona, deve avere una superficie minima, comprensiva dei servizi, non inferiore a mq. 28, e non inferiore a mq. 38, se per due persone.».

Al riguardo, si rappresenta che il Consiglio di Stato, Sez. IV, nella sentenza n. 1997 del 2014, ancorche' con riferimento alle norme in tema di altezza minima ed aereoilluminazione previste dal predetto decreto del Ministro della sanita' del 5 luglio 1975, ha precisato che:   «"...Come chiarito da Corte costituzionale n. 256/1996, "la disciplina del condono non vale ad escludere ogni obbligo da parte del comune di accertamento delle condizioni di salubrita' ai fini dell'abitabilita' degli edifici.". "Ne' rileva" - prosegue la Corte - "la circostanza che l'art. 35, ventesimo comma, preveda, a seguito della concessione in sanatoria, il rilascio del certificato di abitabilita' o agibilita' anche in deroga ai requisiti fissati da norme regolamentari, purche' non sussista contrasto con le disposizioni vigenti in materia di sicurezza statica e di prevenzione degli incendi e degli infortuni, poiche' la deroga non riguarda, i requisiti richiesti da disposizioni legislative". Ne deriva che "deve escludersi una automaticita' assoluta nel rilascio del certificato di abitabilita' pur nella piu' semplice forma disciplinata dal decreto del Presidente della Repubblica n. 425 del 1994 a seguito di concessione in sanatoria, dovendo invece il comune verificare che al momento del rilascio del certificato di abitabilita' siano osservate non solo le disposizioni di cui all'art. 221 del testo unico delle leggi sanitarie (rectius, di cui all'art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 425 del 1994), ma, altresi', quelle previste da altre disposizioni di legge in materia di abitabilita' e servizi essenziali relativi e rispettiva normativa tecnica, quali quelle a tutela delle acque dall'inquinamento, quelle sul consumo energetico, ecc.».

Nel caso di specie, rileva il Consiglio di Stato, «ad essere violate sono le norme in tema di altezza minima ed aereoilluminazione che, seppur previste dal decreto del Ministro della sanita' del 5 luglio 1975 (e quindi da norme di carattere regolamentare) costituiscono diretta attuazione degli articoli 218, 344 e 345 del testo unico delle leggi sanitarie del 27 luglio 1934 n. 126. Il carattere secondario della fonte non toglie che esse attengano direttamente alla salubrita' e vivibilita' degli ambienti, ossia a condizioni tutelate direttamente da norme primarie e costituzionali.

In questi casi, cioe', la norma secondaria concretizza il generico imperativo della norma primaria sostanziandone il contenuto minimo inderogabile in direzione di una tutela della salute e sicurezza degli ambienti. La verifica dell'abitabilita' non puo' prescinderne.

Del resto, una diversa interpretazione che giungesse a sostenere la derogabilita' dei requisiti minimi di salubrita', per il sol fatto di essere fissati con norma regolamentare si porrebbe sicuramente in contrasto con il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione, oltre che con l'art. 32 della stessa...».

Alla luce della giurisprudenza sopra richiamata, che si ritiene ben possa attagliarsi al caso di specie in relazione alla violazione dei citati articoli del decreto ministeriale 5 luglio 1975, in materia di superfici minime degli alloggi, le disposizioni regionali in commento violano il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione e l'art. 32 della stessa per contrasto con i parametri interposti rappresentati dalle citate disposizioni del decreto ministeriale 5 luglio 1975.

In via subordinata, viene in rilievo la violazione dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione «governo del territorio» e «tutela della salute».

 

P.Q.M.

 

della legge della Regione Toscana 22 novembre 2019, n. 69, pubblicata nel B.U.R. n. 53 del 25 novembre 2019, avente ad oggetto «Disposizioni in materia di governo del territorio. Adeguamenti alla normativa statale in materia di edilizia e di sismica. Modifiche alle leggi regionali numeri 65/2014, 64/2009, 5/2010 e 35/2015.» in relazione alle disposizioni sopra indicate, per violazione degli articoli 3 della Costituzione, sotto il profilo del principio di uguaglianza, in combinato disposto con l'art. 97, per quanto riguarda il profilo della ragionevolezza, art. 32, che garantisce il diritto alla salute; l'art. 117, terzo comma 3 della Costituzione, in relazione alle materia «governo del territorio» «protezione civile» e «tutela della salute», violando di norme di principio contenute nel Testo unico dell'edilizia decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001.

Roma, 24 gennaio 2020

p. L'Avvocato dello Stato: Figliolia