RICORSO N. 3 DEL 21 GENNAIO 2020 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 21 gennaio 2020.

(GU n. 7 del 12.2.2020)

 

Ricorso ex art. 127 della Costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso ex lege, dall'Avvocatura generale dello Stato, (C.F. 80224030587, per il ricevimento degli atti Fax 06-96514000 e posta elettronica certificata ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it), presso i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12 domicilia nei confronti della Regione Molise, in persona del Presidente pro tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge regionale 13 novembre 2019, n. 12, art. 1, recante «modifica dell'art. 2 della legge regionale 12 marzo 2008, n. 7 (disposizioni transitorie in materia di coltivazione ed uso in agricoltura di organismi geneticamente modificati (OGM))», pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione n. 47 del 16 novembre 2019, giusta delibera del Consiglio dei Ministri in data 9 gennaio 2020.

La legge della Regione Molise qui impugnata detta disposizioni che ad avviso del Governo, violano la normativa costituzionale, cosi' come si dimostrera' nel presente atto a mezzo della illustrazione dei seguenti

 

Motivi

 

1) L'art. 1 della legge della Regione Molise n. 12/2019 che modifica l'art. 2 della legge regionale n. 7/2012, aggiungendo il comma 2-bis, viola l'art. 117,primo comma della Costituzione, nonche' l'art. 36 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, il paragrafo 8 dell'art. 26-ter direttiva 2001/18/CE introdotto dalla direttiva 2015/412/VE.

La legge regionale, che modifica l'art. 2 della legge regionale 12 marzo 2008, n. 7 (Disposizioni transitorie in materia di coltivazione ed uso in agricoltura di organismi geneticamente modificati (OGM), e' censurabile relativamente alla disposizione contenuta nell'art. 1 per violazione dell'art. 117, primo comma della Costituzione, che impone alle Regioni, nell'esercizio della propria potesta' legislativa, il rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario.

In particolare, l'art. 1 della legge regionale aggiunge all'art. 2 della legge regionale 12 marzo 2008, n. 7 (Disposizioni transitorie in materia di coltivazione ed uso in agricoltura di organismi geneticamente modificati (OGM) un comma 2-bis, in base al quale la regione Molise «sostiene la fornitura e l'utilizzo dei prodotti provenienti dalla filiera corta e dagli organismi non geneticamente modificati negli appalti pubblici di servizi o di forniture di prodotti alimentari ed agroalimentari destinati alla ristorazione collettiva di scuole di ogni ordine e grado, universita', ospedali, luoghi di cura, gestiti da enti pubblici o da soggetti privati convenzionati. Per tale motivo, la fornitura e l'utilizzo di prodotti provenienti dalla filiera corta in misura superiore al 50 per cento oppure l'utilizzo di prodotti non contenenti organismi, geneticamente modificati, pur nel rispetto della normativa statale vigente in materia di contratti pubblici, costituiranno titolo preferenziale per l'aggiudicazione degli appalti di servizi e forniture destinati alle attivita' di ristorazione collettiva».

La preferenza accordata ai prodotti provenienti dalla filiera corta (cd. «prodotti a km zero»), essendo finalizzata a salvaguardare l'ambiente, si puo' ritenere compatibile con l'art. 36 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, che lascia impregiudicate le restrizioni alle importazioni giustificate da motivi di «tutela della salute e della vita delle persone e degli animali o di preservazione dei vegetali», cui la salvaguardia dell'ambiente e' strettamente connessa, (si veda la sentenza della Corte costituzionale n. 292/2013 su una disposizione simile della legge regionale della Puglia n. 43/2012).

Risulta pero' non compatibile con la normativa europea la restrizione accordata all'utilizzo dei prodotti OGM, non essendo dimostrabile che tali prodotti costituiscano un pericolo per la salute pubblica.

Al riguardo, si segnala che la direttiva 2015/412/UE sugli organismi geneticamente modificati (OGM), nel modificare la precedente direttiva 2001/18/CEE, ha dato agli Stati membri la possibilita' di limitare o vietare la coltivazione di OGM sul proprio territorio nazionale - e l'Italia, com'e' noto, e' tra i Paesi che di fatto hanno introdotto tale divieto - ma, allo stesso tempo, ha ribadito il divieto di ostacolare la libera circolazione dei prodotti OGM provenienti dagli Stati membri che legittimamente li coltivano (vedi l'art. 26-ter, paragrafo 8, della direttiva 2001/18/CE).

Per tale motivo, la suddetta preferenza accordata dalla norma in esame prodotti non OGM e' suscettibile di costituire un ostacolo non giustificato alla libera circolazione di tali prodotti e agli scambi intracomunitari e come tale di violare non solo l'art. 36 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, ma anche il paragrafo 8 dell'art. 26-ter della direttiva 2001/18/CE, introdotto dalla direttiva 2015/412/UE, secondo il quale: «Le misure adottate ai sensi del presente articolo non incidono sulla libera circolazione degli OGM autorizzati, come tali o contenuti in prodotti». D'altronde sarebbe difficile attribuire ad una simile disposizione regionale una finalita' ambientale, posto che la commercializzazione (fase ben diversa dalla coltivazione) dei prodotti OGM ha lo stesso impatto sull'ambiente dei prodotti non OGM.

Costituisce orientamento oramai consolidato della Corte costituzionale quello secondo cui anche l'attribuzione di un titolo preferenziale nelle gare d'appalto a coloro che utilizzano prodotti aventi certe caratteristiche - salvo che cio' non sia giustificato ai sensi dell'art. 36 Trattato sul funzionamento dell'Unione europea - costituisce un'illegittima limitazione della concorrenza, integrando una «misura a effetto equivalente» ai sensi dell'art. 34 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea in quanto induce gli operatori economici a scegliere l'uso di quei prodotti al fine di avere un vantaggio ai fini dell'aggiudicazione e, quindi, si risolve in un disincentivo all'utilizzo di altri prodotti.

Si richiama, tra le varie, la sentenza n. 292/2013, ove si legge: «Questa Corte, con la sentenza n. 209 del 2013, ha gia' avuto occasione di dichiarare costituzionalmente illegittima, per violazione della competenza esclusiva dello Stato in materia di «tutela della concorrenza» (art. 117, secondo comma, lettera e della Costituzione), una norma regionale . . . ove si stabiliva che l'utilizzazione dei prodotti agricoli di origine regionale costituisse titolo preferenziale per l'aggiudicazione di appalti pubblici di servizi o di forniture di prodotti alimentari ed agroalimentari destinati alla ristorazione collettiva . . . la norma censurata veniva, dunque, ad imporre all'amministrazione appaltante un criterio di scelta del contraente chiaramente idoneo ad alterare la concorrenza, incentivando gli imprenditori ad impiegare prodotti provenienti da una certa area territoriale . . . a discapito di prodotti con caratteristiche similari, . . .

Nel caso oggi in esame, l'alterazione della concorrenza viene in rilievo non come fonte della lesione del riparto interno delle competenze legislative definito dal citato art. 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione - trattandosi di parametro non evocato nel ricorso - ma come ragione di contrasto della normativa regionale impugnata con il diritto dell'Unione europea e, dunque, di violazione del precetto di cui al primo comma dell'art. 117 della Costituzione.

. . . la «priorita'» riconosciuta a coloro che si avvalgono di prodotti trasportati esclusivamente all'interno del territorio regionale, . . . , costituisce una misura ad effetto equivalente vietata dall'art. 34 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea - che ricomprende ogni normativa commerciale che possa ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi intracomunitari - e non giustificata ai sensi dell'art. 36 del medesimo Trattato.

L'art. 36 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, infatti, lascia impregiudicate le restrizioni alle importazioni giustificate da motivi di «tutela della salute e della vita delle persone e degli animali o di preservazione dei vegetali», cui la salvaguardia dell'ambiente e' strettamente connessa. Nel caso in esame, . . . la previsione . . . non soddisfa nessuna delle esigenze oggetto del regime derogatorio, ma si risolve in un incentivo per gli imprenditori ad impiegare determinati beni solo perche' provenienti da una certa area territoriale, cosi' da poter vantare l'anzidetto titolo preferenziale».

Anche nel caso in esame, a prescindere dal differente titolo di preferenza accordato (prodotti non OGM invece che prodotti regionali) ci si trova di fronte ad una misura ad effetto equivalente idonea a disincentivare l'utilizzo di prodotti OGM, senza che cio' sia giustificato ai sensi dell'art. 36 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

Per quanto detto, la legge regionale in esame, limitatamente alla norma indicata, deve essere impugnata ai sensi dell'art. 127 della Costituzione per violazione dell'art. 117, primo comma, della Costituzione, in quanto la misura potrebbe ostacolare la libera circolazione delle merci e violare pertanto l'art. 36 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e l'art. 26-ter, paragrafo 8, della direttiva 2001/18/CE.

 

P. Q. M.

 

Per quanto suesposto si conclude perche' l'art. 1 della legge della Regione Molise n. 12/2019 che modifica l'art. 2 della legge regionale n. 7/2012, aggiungendo il comma 2-bis sia dichiarato costituzionalmente illegittimo.

Si produce l'attestazione della deliberazione consiliare del 9 gennaio 2020.

Roma, 13 gennaio 2020.

Il Vice Avvocato Generale dello Stato: Figliolia