RICORSO N. 114 DEL 24 DICEMBRE 2019 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 24 dicembre 2019.

(GU n. 3 del 15.01.2020)

 

Ricorso ex art. 127 della Costituzione per il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici e' domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi, 12;   Contro la Regione Siciliana, in persona del Presidente pro tempore, con sede in piazza Indipendenza, 21 - 90129 Palermo, per la declaratoria di illegittimita' costituzionale degli articoli: 2, commi 7 e 8; 8; 13, commi l e 2; 15 commi 3 e 4 e 22 della legge Regione Sicilia n. 17 del 16 ottobre 2019, come da delibera del Consiglio dei ministri in data 12 dicembre 2019.

Nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana n. 47 del 18 ottobre 2019 (n. 44), e' stata pubblicata la legge regionale 16 ottobre 2019, n. 17 recante; «Collegato alla legge di stabilita' regionale per l'anno 2019 in materia di attivita' produttive, lavoro, territorio e ambiente, istruzione e formazione professionale, attivita' culturali, sanita'. Disposizioni varie».

Il Presidente del Consiglio ritiene che le disposizioni contenute negli articoli 2, commi 7 e 8; 8; 13, commi 1 e 2; 15 commi 3 e 4 e 22 siano illegittime per contrasto con diverse disposizioni costituzionali (indicate in relazione a ciascun articolo impugnato); pertanto propone questione di legittimita' costituzionale ai sensi dell'art. 127, comma 1, della Costituzione per i seguenti

 

Motivi

 

Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, commi 7 ed 8 per contrasto con l'art. 33 del decreto legislativo n. 165 del 2001 (norma interposta) e dell'art. 117 della Costituzione.

L'art. 2 della legge regionale n. 17 del 2019 prevede:  Rimodulazione pianta organica dell'Istituto incremento ippico per la Sicilia   1. Le disposizioni del presente articolo disciplinano i rapporti di lavoro e d'impiego alle dipendenze dell'Istituto incremento ippico per la Sicilia, tenuto conto dell'autonomia statutaria dell'Istituto, nel rispetto dell'art. 97, primo comma, della Costituzione, al fine di:   a) accrescere l'efficienza dell'Istituto in relazione a quella dei corrispondenti uffici e servizi in Italia e nell'Unione europea;   b) razionalizzare il costo del lavoro pubblico, contenendo la spesa complessiva per il personale, diretta ed indiretta, entro i vincoli di finanza pubblica;   c) realizzare la migliore utilizzazione delle risorse umane nelle pubbliche amministrazioni.

2. Per le finalita' di cui al comma 1, nella seguente tabella A, e' rimodulata l'attuale consistenza della dotazione organica dell'Istituto incremento ippico per la Sicilia in base ai fabbisogni e al vigente sistema di classificazione del personale del comparto non dirigenziale del Contratto collettivo regionale di lavoro della Regione Siciliana e degli enti di cui all'art. 1 della legge regionale 15 maggio 2000, n. 10.

  Tabella A    ===================================================================== | | | Dotazione | Nuova | | | | organica | dotazione | | Qualifica |Categoria CCRL | attuale | organica | +=====================+===============+==============+==============+ |operatori |A |0 |12 | +---------------------+---------------+--------------+--------------+ |collaboratori |B |0 |1 | +---------------------+---------------+--------------+--------------+ |istruttori |C |30 |3 | +---------------------+---------------+--------------+--------------+ |funzionari |D |1 |1 | +---------------------+---------------+--------------+--------------+ |TOT. | |31 |17 | +---------------------+---------------+--------------+--------------+    3. La consistenza della dotazione organica del personale appartenente al ruolo unico della dirigenza regionale e' fissata in 1 unita'.

4. La dotazione organica totale dell'Istituto e' di 18 unita'.

5. Alle eccedenze di personale di ruolo, individuate a seguito della rimodulazione della dotazione organica di cui al comma 2, il dirigente responsabile dell'Istituto incremento ippico per la Sicilia applica le procedure di cui all'art. 33 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, immediatamente dopo la data di entrata in vigore della presente legge.

6. Ai fini della ricollocazione totale 0 parziale del personale in situazione di soprannumero e di eccedenza il dirigente responsabile dell'Istituto incremento ippico per la Sicilia ed il dirigente generale del Dipartimento regionale della funzione pubblica e del personale sono autorizzati a stipulare apposito accordo di mobilita' ai sensi del comma 5 dell'art. 33 del decreto legislativo n. 165/2001.

7. L'accordo di mobilita' di cui al comma 6 regola anche la copertura dei posti risultanti vacanti a seguito della nuova dotazione organica.

8. Qualora ne ricorrano le condizioni, le eccedenze e le carenze di personale scaturenti dalla nuova dotazione organica potranno essere regolate col ricorso all'istituto del distacco del personale ai sensi dell'art. 62 del Contratto collettivo regionale di lavoro del comparto non dirigenziale della Regione Siciliana e degli enti di cui all'articolo 1 della legge regionale n. 10/2000.

9. All'attuazione del presente articolo si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

L'art. 2, recante norme concernenti la rimodulazione pianta organica dell'Istituto incremento ippico per la Sicilia, si ritiene sia costituzionalmente illegittimo nei suoi commi 7 e 8.

Nel complesso, come detto, la disposizione disciplina un processo di rimodulazione in senso riduttivo della dotazione organica dell'Istituto incremento ippico per la Sicilia e la conseguente gestione delle eccedenze secondo le previsioni dell'art. 33 del decreto legislativo n. 165 del 2001, normativa direttamente applicabile al personale della regione e degli enti da essa vigilati in base all'art. 23 della legge regionale n. 10 del 2000.

Al comma 7, viene stabilito, in particolare, che nell'accordo di mobilita', previsto dal precedente comma 6, sia disciplinata anche la copertura dei posti vacanti all'esito della riduzione della dotazione organica.

Si deve rilevare, in via generale, principalmente la controtendenza della previsione rispetto alle finalita' dell'accordo.

La norma, infatti, appare orientata ad assicurare la ricollocazione del personale eccedentario e non la copertura di posti vacanti.

Si ritiene che le norme in esame violino i principi contenuti nel decreto legislativo n. 165 del 2001, che si atteggia quale norma interposta, in particolare con l'art. 33, comma 5, contrasta con l'art. 117, comma 2, lettera l) della Costituzione, che riserva alla competenza esclusiva dello Stato l'ordinamento civile e, quindi i rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile, tra i quali certamente la materia del rapporto di impiego privatizzato e dei contratti collettivi.

Prevede, infatti, l'art. 33 del decreto legislativo n. 165 del 2001:   «1. Le pubbliche amministrazioni che hanno situazioni di soprannumero o rilevino comunque eccedenze di personale, in relazione alle esigenze funzionali o alla situazione finanziaria, anche in sede di ricognizione annuale prevista dall'art. 6, comma 1, terzo e quarto periodo, sono tenute ad osservare le procedure previste dal presente articolo dandone immediata comunicazione al Dipartimento della funzione pubblica.

2. Le amministrazioni pubbliche che non adempiono alla ricognizione annuale di cui al comma 1 non possono effettuare assunzioni o instaurare rapporti di lavoro con qualunque tipologia di contratto pena la nullita' degli atti posti in essere.

3. La mancata attivazione delle procedure di cui al presente articolo da parte del dirigente responsabile e' valutabile ai fini della responsabilita' disciplinare.

4. Nei casi previsti dal comma 1 del presente articolo il dirigente responsabile deve dare un'informativa preventiva alle rappresentanze unitarie del personale e alle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale del comparto o area.

5. Trascorsi dieci giorni dalla comunicazione di cui al comma 4, l'amministrazione applica l'art. 72, comma 11, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, in subordine, verifica la ricollocazione totale o parziale del personale in situazione di soprannumero o di eccedenza nell'ambito della stessa amministrazione, anche mediante il ricorso a forme flessibili di gestione del tempo di lavoro o a contratti di solidarieta', ovvero presso altre amministrazioni, previo accordo con le stesse, comprese nell'ambito della regione tenuto anche conto di quanto previsto dall'art. 1, comma 29, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, nonche' del comma 6.

6. I Contratti collettivi nazionali possono stabilire criteri generali e procedure per consentire, tenuto conto delle caratteristiche del comparto, la gestione delle eccedenze di personale attraverso il passaggio diretto ad altre amministrazioni al di fuori del territorio regionale che, in relazione alla distribuzione territoriale delle amministrazioni o alla situazione del mercato del lavoro, sia stabilito dai contratti collettivi nazionali. Si applicano le disposizioni dell'art. 30.

7. Trascorsi novanta giorni dalla comunicazione di cui al comma 4 l'amministrazione colloca in disponibilita' il personale che non sia possibile impiegare diversamente nell'ambito della medesima amministrazione e che non possa essere ricollocato presso altre amministrazioni nell'ambito regionale, ovvero che non abbia preso servizio presso la diversa amministrazione secondo gli accordi di mobilita'.

8. Dalla data di collocamento in disponibilita' restano sospese tutte le obbligazioni inerenti al rapporto di lavoro e il lavoratore ha diritto ad un'indennita' pari all'80 per cento dello stipendio e dell'indennita' integrativa speciale, con esclusione di qualsiasi altro emolumento retributivo comunque denominato, per la durata massima di ventiquattro mesi. I periodi di godimento dell'indennita' sono riconosciuti ai fini della determinazione dei requisiti di accesso alla pensione e della misura della stessa. E' riconosciuto altresi' il diritto all'assegno per il nucleo familiare di cui all'art. 2 del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 153».

Pertanto, quanto previsto ai commi 7 ed 8 dell'art. 2 in ordine alla possibilita' di regolare la copertura dei posti risultanti vacanti all'esito della nuova dotazione organica in sede di accordo di mobilita', non trova riscontro nell'art. 33 del decreto legislativo n. 165 del 2001, che costituisce disposizione riconducibile alla materia dell'ordinamento civile di cui all'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.

Anche il comma 8 tratta congiuntamente la gestione delle eccedenze e delle carenze di personale dell'istituto oggetto dell'intervento normativo, prevedendo il ricorso al distacco disciplinato dall'art. 62 del CCRL, secondo cui l'Amministrazione di appartenenza del personale in distacco resta responsabile del trattamento economico e normativo a favore del lavoratore. Anche in tal caso la legge regionale - laddove prevede uno strumento di gestione dell'eccedenza di personale, i cui oneri sono posti a carico dell'Amministrazione che presenta situazioni di eccedenza - detta disposizioni ulteriori rispetto alla legge statale, che non trovano riscontro nell'art. 33 del citato decreto legislativo n. 165 del 2001.

Il contrasto con tale disposizione emerge sol che si consideri che la norma interposta non contempla l'eventualita' del distacco, ma prevede la risoluzione del rapporto (1) , nel caso sussistano i presupposti per il pensionamento, ovvero il ricorso a procedure di mobilita'.

L'art. 33, comma 5 del decreto legislativo n. 165/2001, come gia' evidenziato, costituisce norma riconducibile alla materia dell'ordinamento civile di cui all'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.

Da cio' l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, commi 7 e 8, della legge in esame.

Illegittimita' costituzionale dell'art. 8 per contrasto con l'art. 81, terzo comma, della Costituzione.

L'art. 8 prevede modifiche alla legge regionale 8 maggio 2018, n. 8, disponendo testualmente   «1. Al comma 1 dell'art. 79 della legge regionale 8 maggio 2018, n. 8, le parole "31 dicembre 2018" sono sostituite dalle parole "31 dicembre 2019".».

A seguito di tale modifica, la citata legge regionale n. 8/2018 prevede ora che:   «Art. 79. Ripiano del deficit finanziario degli istituti autonomi case popolari.

1. L'art. 5 della legge regionale 9 agosto 2002, n. 11 e' sostituito dal seguente:   «Art. 5. Ripiano del deficit finanziario degli istituti autonomi case popolari   1. Al fine di provvedere al ripianamento delle gravi situazioni debitorie manifestatesi antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente legge pregiudicanti il regolare funzionamento degli Istituti autonomi case popolari della Sicilia, gli Istituti sono autorizzati a utilizzare, in via straordinaria e non oltre la data del 31 dicembre 2019, a titolo esclusivo di anticipazione di liquidita', le somme derivanti dalle economie di finanziamenti e cessione di cui alla legge 24 dicembre 1993, n. 560 non vincolate da programmazione, nonche' i proventi delle cessioni degli immobili non residenziali, nella misura massima dell'80 per cento, a condizione che tali debiti maturati risultino iscritti in bilancio.

2. L'utilizzazione delle predette risorse e' autorizzata con decreto dell'Assessore regionale per le infrastrutture e la mobilita', previa delibera di Giunta regionale, che dispone l'obbligo da parte dell'ente beneficiario al reintegro della somma autorizzata a titolo di anticipazione di liquidita', secondo il piano di rientro nella stessa contenuto, mediante l'utilizzo dei fondi di parte corrente."».

Al riguardo, si rileva che la richiamata disposizione contenuta nell'articolo in commento, prorogando al 31 dicembre 2019 il termine di applicabilita' di una norma che consente l'utilizzo da parte degi Istituti autonomi case popolari della Sicilia «a titolo esclusivo di anticipazione di liquidita'», delle somme derivanti «dalle economie di finanziamenti e cessione di cui alla legge 24 dicembre 1993, n. 560», ancorche' non vincolate da programmazione e a condizione che tali debiti maturati risultino iscritti in bilancio, nonche' con obbligo di reintegro, ai fini del ripianamento delle situazioni debitorie degli stessi Istituti, non risulta in linea con le norme introdotte dall'art. 3, comma 1, del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80, recante «Misure per l'alienazione del patrimonio residenziale pubblico».

Infatti, detto comma 1, alla lettera a), nel modificare l'art. 13 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ha previsto che «Le risorse derivanti dalle alienazioni devono essere destinate esclusivamente a un programma straordinario di realizzazione o di acquisto di nuovi alloggi di edilizia residenziale pubblica e di manutenzione straordinaria del patrimonio esistente». Si evidenzia che tale disposizione reca, nel primo periodo, l'espresso riferimento all'art. 117, terzo comma, della Costituzione e la finalita' di assicurare il coordinamento della finanza pubblica.

In proposito, occorre ricordare che nella sentenza n. 273 del 2016, la Corte, richiamando la precedente sentenza n. 38 del 2016, ha avuto modo di ribadire che «... l'art. 3, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 47 del 2014, nell'imporre la destinazione esclusiva dei proventi delle alienazioni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica a un programma straordinario di realizzazione o di acquisto di nuovi alloggi e di manutenzione straordinaria del patrimonio esistente, esprime una scelta di politica nazionale di non depauperamento del patrimonio di edilizia residenziale pubblica, diretta a fronteggiare l'emergenza abitativa e, al tempo stesso, la crisi del mercato delle costruzioni. Si tratta di una scelta che, nell'ambito di un piu' ampio disegno di politica economica nazionale delineato dal legislatore, mira a finanziare il programma straordinario di edilizia residenziale attraverso piani di alienazioni che privilegiano, come dispone lo stesso art. 3, comma 1, lettera a), la «possibilita' di favorire la dismissione degli alloggi nei condomini misti nei quali la proprieta' pubblica e' inferiore al 50 per cento oltre che in quelli inseriti in situazioni abitative estranee all'edilizia residenziale pubblica, al fine di conseguire una razionalizzazione del patrimonio e una riduzione degli oneri a carico della finanza locale», quindi al fine di conseguire un altro obiettivo generale di finanza pubblica».

Il vincolo di destinazione esclusiva stabilito dalla norma statale va pertanto considerato come l'espressione di un principio fondamentale nella materia «coordinamento della finanza pubblica», con il quale il legislatore statale ha inteso fissare una regola generale di uso uniforme delle risorse disponibili provenienti dalle alienazioni immobiliari, sicche' una norma regionale «che consente agli enti di gestione di destinare parte dei proventi delle alienazioni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica a un diverso fine contrasta con il principio dettato dalla norma di riferimento e invade, in questo modo, la competenza concorrente dello Stato nella materia «coordinamento della finanza pubblica», violando l'art. 117, terzo comma della Costituzione (sentenza 38 del 2016» (sentenza 273 del 2016).

Mediante l'art. 8 della legge regionale n. 17 del 2019, dunque, non solo si reiterano disposizioni censurabili, sotto i profili innanzi evidenziati, che incidono negativamente sulla determinazione dell'offerta di alloggi destinati ai ceti meno abbienti, ma viene anche retroattivamente «riaperto» un termine gia' scaduto.

In merito la Corte ha precisato che «L'atto legislativo, che protrae nel tempo l'efficacia di una legge anteriore, e' una nuova legge non soltanto con riferimento al termine ma anche al contenuto normativo, pure se identico al contenuto della legge precedente, sostanzialmente da esso richiamato per relationem... Dal principio che la legge di proroga ha contenuto ed effetti autonomi discende inoltre, che dall'emanazione di ogni legge di proroga deriva un potere autonomo di impugnazione... Se pertanto una legge temporanea, pur essendo costituzionalmente illegittima, non fu, a suo tempo, impugnata per qualsiasi ragione, cio' non preclude il potere del Commissario dello Stato» [e ora, come noto, dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 255 del 2014, del Governo] «di impugnare le norme delle quali la successiva legge ha protratta nel tempo l'efficacia. Il vizio di costituzionalita' della legge prorogata si ripresenta, autonomamente, nel contenuto normativo della legge di proroga... E' infine da rilevare che il termine del 31 dicembre 1957, stabilito nell'articolo primo della legge prorogata 9 aprile 1954, n. 10, era gia' scaduto, quando la legge di proroga, che protraeva detto termine al 30 giugno 1964, venne pubblicata (Gazzetta Ufficiale per la Regione Siciliana n. 30 del 14 maggio 1958). Il che fece cessare la continuita' nel tempo di alcune norme della legge prorogata, accentuando vieppiu' l'autonomia del nuovo provvedimento legislativo.» (sentenza n. 60 del 1958).

E' noto che per costante giurisprudenza «l'istituto dell'acquiescenza non e' applicabile nel giudizio di legittimita' costituzionale in via principale» (sentenze n. 171 del 2018; n. 169 del 2017, n. 231 del 2016, n. 215 e n. 124 del 2015, n. 139 del 2013, n. 71 del 2012 e n. 187 del 2011).

In ragione delle considerazioni che precedono, la norma di cui all'art. 8 contrastando con il parametro interposto rappresentato dall'art. 3, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 47 del 2014, eccede le competenze attribuite alla Regione dagli articoli 14 e 17 dello Statuto di autonomia e viola un principio fondamentale nella materia, di legislazione concorrente, del «coordinamento della finanza pubblica», di cui all'art. 117, terzo comma, della Costituzione.

Al riguardo, e' necessario evidenziare che la giurisprudenza e' costante nell'affermare che anche gli enti ad autonomia differenziata sono soggetti ai vincoli legislativi derivanti dal rispetto dei principi di coordinamento della finanza pubblica (cfr. sentenza n. 77 del 2015 e le pronunce ivi richiamate, n. 139 del 2012, n. 30 del 2012 e n. 229 del 2011).

Infine, con riferimento agli effetti finanziari derivanti dalle disposizioni di cui alla legge in esame, si evidenzia che gli articoli 2, 5, 12, 22, 25 e 27 riportano clausole di invarianza finanziaria volte a specificare che dall'attuazione delle disposizioni ivi recate non derivano nuovi oneri a carico della finanza pubblica e che tutte le strutture regionali interessate provvedono ai relativi adempimenti nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

Al riguardo, si rileva che la legge in esame non risulta corredata della relazione tecnica prevista dall'art. 17 della legge n. 196 del 2009 che indichi nel dettaglio le ragioni dell'invarianza degli effetti legislativi sui saldi della finanza regionale. In particolare, il comma 6-bis del citato art. 17 impone - anche al legislatore regionale - di corredare dette clausole di una relazione tecnica che riporti la valutazione degli effetti, i dati e gli elementi idonei a suffragare l'ipotesi di invarianza, l'indicazione dell'entita' delle risorse gia' esistenti nel bilancio e delle relative unita' gestionali, utilizzabili per le finalita' indicate dalle disposizioni medesime anche attraverso la loro riprogrammazione.

La relazione tecnica assume, pertanto, non solo un rilievo illustrativo, bensi' dimostrativo del rispetto, da parte del nuovo provvedimento legislativo, del parametro costituzionale sulla copertura finanziaria degli oneri. Ne consegue che la declaratoria di assenza di onere non vale di per se' a rendere dimostrato il rispetto dell'obbligo di copertura.

L'attribuzione e lo svolgimento di nuovi compiti a strutture o uffici gia' esistenti possono infatti comportare nuovi o maggiori oneri finanziari conseguenti. E' evidente che la previsione in tale evenienza di una clausola di invarianza finanziaria priva di indicazioni circa, ad esempio, l'organico interessato all'adempimento delle nuove funzioni assegnate o la disponibilita' dei mezzi necessari per il loro svolgimento, rischia di risolversi in una mera «clausola di stile» (sentenza n. 18 del 2013).

Tali clausole, pertanto, garantiscono la neutralita' finanziaria delle disposizioni a condizione che esse siano in concreto praticabili. Ove, infatti, i nuovi compiti affidati alle Amministrazioni regionali non possano, in concreto, essere svolti ad invarianza di risorse, la norma istitutiva comporterebbe la creazione di oneri occulti, in contrasto con i principi costituzionali della copertura degli oneri con possibili effetti anche sull'equilibrio del bilancio.

Per quanto sopra, in assenza di elementi idonei a suffragare le suddette clausole di invarianza finanziaria, si ritiene che le citate disposizioni violino l'art. 81, terzo comma, della Costituzione che trova specifica declinazione nel richiamato art. 17 della citata legge di contabilita' e finanza pubblica n. 196 del 2009.

Illegittimita' costituzionale dell'art. 13, commi 1 e 2 per contrasto con all'art. 4, commi 6, 7, 8, 9 e 9-bis del decreto-legge n. 101 del 2013 (norma interposta) e degli articoli 97 e 117 della Costituzione.

L'art. 13, commi 1 e 2 prevedono provvedimenti in favore dei lavoratori LSU Almaviva.

La norma, nel suo complesso, prevede:   «1. All'art. 20 della legge regionale 9 maggio 2017, n. 8 dopo le parole "31 dicembre 2013 " sono aggiunte le parole ", ovvero, in alternativa, si applica l'art. 30 della legge regionale 28 gennaio 2014, n. 5 ".

2. Il comma 1 dell'art. 20 della legge regionale n. 8/2017, nei limiti numerici ivi previsti, trova applicazione anche in favore dei lavoratori gia' destinatari del regime transitorio dei lavori socialmente utili, assunti presso la Societa' Almaviva Contact S.p.a. e transitati 3113 Societa' Exprivia Projects S.r.l.».

Nel prevedere l'inserimento, all'art. 20 della legge regionale 9 maggio 2017, n. 8, dopo le parole «31 dicembre 2013», della locuzione «, ovvero in alternativa, si applica l'art. 30 della legge regionale 28 gennaio 2014, n. 5», la disposizione impugnata stabilisce l'applicazione, ai lavoratori gia' destinatari del regime transitorio dei lavori socialmente utili, assunti presso la societa' Almaviva Contact S.p.a., nel numero residuo di 149 soggetti, della disciplina di cui all'art. 30 della legge regionale n. 5 del 2014, «in alternativa» ai benefici previsti dalla normativa vigente per la stabilizzazione dei lavoratori gia' destinatari del regime transitorio dei lavori socialmente utili, in caso di crisi aziendali, di area o di settore che non consentono il mantenimento dei livelli occupazionali di lavoratori stabilizzati, in forza delle disposizioni vigenti in materia di lavori socialmente utili, presso soggetti privati, nei limiti delle risorse assegnate al fondo unico per il precariato, istituito con legge regionale n. 17 del 2014 (art. 2, comma 5, della legge regionale n. 4 del 2006, richiamato nel testo dell'art. 20 della legge regionale n. 8 del 2017).

A sua volta, il citato art. 30 della legge regionale n. 5 del 2014 recepisce la disciplina statale di cui all'art. 4, commi 6, 7, 8, 9 e 9-bis (quest'ultimo comma abrogato dall'art. 20, comma 5, del decreto legislativo n. 75 del 2017) del decreto-legge n. 101 del 2013.

Tale decreto ha dettato uno speciale regime transitorio in materia di stabilizzazione del personale precario nelle pubbliche amministrazioni, prevedendo, con riferimento specifico ai lavoratori di cui all'art. 2, comma 1, del decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81 (LSU) e di cui all'art. 3, comma 1, del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 280 (LPU), la predisposizione, da parte delle regioni, di un elenco in cui inserire i lavoratori suddetti, da utilizzarsi per le assunzioni a tempo indeterminato negli enti territoriali che hanno vuoti in organico, relativamente alle qualifiche di cui all'art. 16 della legge n. 56 del 1987 (ovvero livelli retributivo-funzionali per i quali non e' richiesto il titolo di studio superiore a quello della scuola dell'obbligo;cfr. art. 4, comma 8, decreto-legge n. 101/2013).

Come noto, il regime transitorio, inizialmente previsto fino al 31 dicembre 2016, e' stato successivamente prorogato al 31 dicembre 2018 dall'art. 1, comma 426, della legge n. 190 del 2014 e poi confermato dall'art. 20, comma 14, del decreto legislativo n. 75 dei 2017 che, a sua volta, ha posticipato al 31 dicembre 2020 le assunzioni a tempo indeterminato degli LSU e dei LPU (cfr. Circolare del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione n. 3/2017).

Si ricorda inoltre, che la legge di bilancio per il 2019 (legge n. 145 del 2018), all'art. 1, commi 446-449, ha dettato condizioni di carattere ordinamentale e finanziario per procedere, nel triennio 2019-2021, all'assunzione a tempo indeterminato degli LSU.

Alla luce di cio', si ritiene che la disposizione si ponga in contrasto con gli articoli 97 e 117 della Costituzione attraverso la violazione della normativa interposta di cui al decreto-legge 101 del 2013.

Sembra infatti che la norma preveda la possibilita' di estendere il regime delle stabilizzazioni di cui al citato art. 30 della legge regionale n. 5 del 2014, che recepisce la normativa statale, ex decreto-legge n. 101 del 2013, anche agli LSU/LPU che abbiano gia' beneficiato di assunzione presso soggetti privati e che siano gia' destinatari dei benefici previsti dalla normativa vigente per la stabilizzazione dei lavoratori destinatari del regime transitorio dei lavori socialmente utili in caso di crisi aziendali (art. 2, comma 5, della legge regionale n. 4 del 2006, richiamato nel testo dell'art. 20 della legge regionale n. 8 del 2017).

Cio' appare invero confermato dai chiarimenti forniti dal Dipartimento della Funzione pubblica con Circolare n. 5 del 2013, dove al paragrafo 6 - pag. 19 - sottolinea che il regime del reclutamento speciale transitorio di cui all'art. 4, comma 8 del decreto-legge n. 101/2013 e' applicabile ai soggetti che siano ancora LSU/LPU o che nel corso degli anni hanno stipulato un rapporto di lavoro con l'amministrazione.

Evidenzia inoltre la Circolare che, per tali soggetti, l'anzianita' richiesta dal comma 6 dell'art. 4 del citato decreto-legge si riferisce all'utilizzo, con qualsiasi tipologia di rapporto, presso l'Amministrazione pubblica. I predetti soggetti vengono poi inseriti nell'elenco regionale predisposto secondo criteri che contemperano l'anzianita' anagrafica, di servizio e i carichi familiari (comma 8 dell'art. 4, decreto-legge n. 101 del 2013).

In ragione di quanto sopra esposto, non appaiono dunque riconducibili nell'ambito soggettivo di applicazione del regime delle stabilizzazioni previsto dal decreto-legge n. 101 del 2013, di cui la legge regionale n. 5 del 2014 costituisce applicazione, i lavoratori socialmente utili o di pubblica utilita' gia' stabilizzati presso soggetti privati, fattispecie questa che invece ricorre nel caso dell'articolo in esame, dovendosi altresi' ritenere irrilevanti, ai fini dell'applicazione del regime delle stabilizzazioni, le successive vicende organizzative e gestionali della societa'.

Ne consegue che l'estensione generalizzata del regime di stabilizzazione ex legge regionale n. 5 del 2014, ai lavoratori gia' destinatari del regime transitorio dei lavori socialmente utili, assunti presso la societa' Almaviva Contact S.p.a., nel numero residuo di 149 soggetti, contrasta con le disposizioni di cui al citato decreto-legge n. 101/2013, come interpretato dal Dipartimento della funzione pubblica e, dunque, con l'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione che riserva alla competenza statale esclusiva la materia dell'ordinamento civile.

Si ritiene, inoltre, che le disposizioni impugnate contrastino con il principio del pubblico concorso sancito dall'art. 97, quarto comma, della Costituzione, quale canale di accesso ordinario agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni, da ultimo ribadito all'art. 1, comma 446, della legge n. 145 del 2018, ove si subordina la stabilizzazione degli LSU, da inquadrare nei profili professionali delle aree o categorie per i quali e' richiesto il titolo di studio superiore a quello della scuola dell'obbligo, all'espletamento di procedure concorsuali riservate, per titoli ed esami, nonche' a procedure di selezioni riservate, mediante prova di idoneita', nei casi in cui tale titolo non sia richiesto.

La disposizione di cui al secondo comma, stabilendo che il comma i dell'art. 20 della legge regionale n. 8 del 2017, nei limiti numerici ivi previsti, trova applicazione anche in favore dei lavoratori gia' destinatari del regime transitorio dei lavori socialmente utili, assunti presso la Societa' Almaviva Contact S.p.a. e transitati alla Societa' Exprivia Projects S.r.l., estende ai predetti lavoratori sia i benefici previsti dalla normativa vigente in caso di crisi aziendali, di area o di settore che non consentono il mantenimento dei livelli occupazionali di lavoratori stabilizzati presso soggetti privati, nei limiti delle risorse assegnate al fondo unico per il precariato (art. 2, comma 5, della legge regionale n. 4 del 2006) sia, in alternativa, il regime di stabilizzazione di cui all'art. 30 della legge regionale n. 5 del 2014.

Al riguardo si richiamano le considerazioni svolte in ordine alla eccepita incostituzionalita' del primo comma.

Illegittimita' costituzionale dell'art. 15, commi 3 e 4 per contrasto con gli articoli 4, comma 8, del decreto-legge n. 101 del 2013 e 20, comma 14, del decreto legislativo n. 75 del 2017 (norme interposte) e dell'art. 117 secondo comma, lettera l), della Costituzione.

Le disposizioni di cui all'art. 15, commi 3 e 4 recano provvedimenti a favore dei lavoratori utilizzati in attivita' socialmente utili.

L'art. 15 prevede che   «1. L'Assessorato regionale della famiglia, delle politiche sociali e del lavoro, Dipartimento regionale del lavoro, provvede all'assegnazione dei soggetti inseriti nell'elenco di cui al comma 1 dell'art. 30 della legge regionale 28 gennaio 2014, n. 5 e utilizzati in attivita' socialmente utili, anche tramite convenzione, presso enti pubblici diversi dall'amministrazione regionale, negli enti nei quali prestano l'attivita' lavorativa alla data di entrata in vigore della presente legge.

2. L'assegnazione di cui al comma 1 e' richiesta dal soggetto entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. L'assegnazione puo' essere richiesta anche presso un'amministrazione diversa da quella presso la quale e' prestata l'attivita' previa verifica della disponibilita' dell'ente. La regione o i propri enti sono esclusi dai processi di assegnazione di cui al presente articolo   3. Al comma 10 dell'art. 26 della legge regionale 8 maggio 2018, n. 8 e successive modifiche ed integrazioni, le parole "e degli enti sottoposti a tutela e vigilanza della Regione con risorse proprie" sono sostituite dalle parole "nonche' del personale inserito nell'elenco di cui al comma 1 dell'art. 30 della legge regionale 28 gennaio 2014, n. 5 degli enti sottoposti a tutela e vigilanza della Regione e delle camere di commercio mediante l'utilizzo delle risorse assegnate dalla normativa vigente".

4. Dall'applicazione del comma 3 non possono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio della Regione».

Il terzo comma dell'art. 15 prevede, con riferimento al comma 10 dell'art. 26 della legge regionale 8 maggio 2018, n. 8, la sostituzione delle parole «e degli enti sottoposti a tutela e vigilanza della Regione con risorse proprie» con le parole «nonche' del personale inserito nell'elenco di cui al comma 1 dell'art. 30 della legge regionale 28 gennaio 2014, n. 5 degli enti sottoposti a tutela e vigilanza della Regione e delle camere di commercio mediante l'utilizzo delle risorse assegnate dalla normativa vigente», stabilendosi altresi', al successivo comma quarto, che dall'applicazione del terzo comma non possono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio della Regione.

Si ritiene che la modifica legislativa, laddove prevede l'applicazione al personale inserito negli elenchi di cui comma 1 dell'art. 30 della legge regionale n. 5 del 2014 (ovvero ai c.d. lavoratori LSU e LPU), degli enti sopposti a tutela e vigilanza della Regione e delle camere di commercio mediante le risorse assegnate dalla normativa vigente, del regime di cui al comma 6 della medesima legge n. 8 del 2018 (che a sua volta recepisce quanto disposto dall'art. 20, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 75 del 2017 in materia di stabilizzazione dei lavoratori a tempo determinato o con contratto di lavoro flessibile), effettua un'estensione impropria dell'ambito soggettivo di applicazione del predetto art. 20, commi 1 e 2, ai lavoratori socialmente utili o impiegati in attivita' di pubblica utilita', per i quali e' prevista invece un'apposita procedura di stabilizzazione.

L'illegittimita' costituzionale della disposizione emerge dall'esame congiunto degli articoli 4, comma 8, del decreto-legge n. 101 del 2013 e 20, comma 14, del decreto legislativo n. 75 del 2017.

Alla luce di quanto rappresentato, la norma appare suscettibile di porsi in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione che riserva alla competenza statale esclusiva la materia dell'ordinamento civile.

Illegittimita' costituzionale dell'art. 22 per contrasto con l'art. 2 della legge n. 740 del 1970 (norma interposta) e dell'art. 117 commi secondo, lettera l) e terzo, nonche' degli articoli 81 e 117, terzo comma, della Costituzione.

L'art. 22 della legge regionale impugnata prevede modifiche all'art. 75 della legge regionale 8 maggio 2018, n, 8.

La norma dispone quanto segue:   «1. I commi 2, 3 e 4 dell'art. 75 della legge regionale 8 maggio 2018, n. 8 sono sostituiti dal seguente:   "2. Al fine di garantire la continuita' dell'assistenza sanitaria della popolazione detenuta, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'Assessore regionale per la salute adotta, ai sensi del comma 3 dell'art. 2 del decreto legislativo 15 dicembre 2015, n. 222, previo parere della Commissione 'Salute, servizi sociali e sanitari' dell'Assemblea regionale siciliana, apposite linee guida, ivi compreso il regime di incompatibilita', per la disciplina dei rapporti di lavoro instaurati ai sensi della legge 9 ottobre 1970, n. 740 con il personale sanitario operante presso gli istituti penitenziari, che prevedano l'attribuzione di incarichi a tempo indeterminato, laddove previsto dagli accordi collettivi nazionali di categoria, per lo stesso numero di ore corrispondente a quello oggetto della precedente convenzione intrattenuta con l'amministrazione penitenziaria di riferimento, nel rispetto delle disposizioni previste dai vigenti accordi collettivi nazionali.".

2. All'attuazione del presente articolo si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica».

La disposizione, sostituisce i commi 2, 3 e 4, dell'art. 75 della legge regionale n. 8 del 2018, riguardanti procedure di stabilizzazione di personale impiegato nella sanita' penitenziaria dell'ambito territoriale regionale.

Nel contempo, prevede che l'assessore regionale per la salute adotti linee guida per la disciplina dei rapporti di lavoro instaurati ai sensi della legge n. 740 del 1970 con il personale sanitario operante presso gli istituti penitenziari.

Le linee guida dovrebbero disciplinare tali rapporti di lavoro con particolare riguardo all'attribuzione di incarichi a tempo indeterminato e al regime di incompatibilita'.

La legge n. 740 del 1970 disciplina i «rapporti di incarico» per i quali, siano essi definitivi o provvisori. L'art. 2 della predetta legge stabilisce la non applicabilita' delle norme relative alla incompatibilita' o al cumulo di impieghi, previste per il personale di ruolo, nonche' delle incompatibilita' e limitazioni previste dai contratti e dalle convenzioni con il Servizio sanitario nazionale.

Si ritiene che l'art. 22, nel prevedere, mediante linee guida dell'assessore regionale, la disciplina di rapporti di lavoro riconducibili alla legge n. 740 del 1970, introducendo altresi' un regime di incompatibilita', si ponga in contrasto con le previsioni della legge n. 740 del 1970, con cio' configurandosi una violazione dell'art. 117 della Costituzione che, al secondo comma, lettera l), riconduce alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato la materia dell'ordinamento civile e quindi, in generale, la disciplina dei rapporti di lavoro.

Inoltre, le previsioni di cui all'art. 22 in esame costituendo, sostanzialmente, una proroga dei contratti gia' oggetto di impugnativa (2) , comportano oneri non compatibili con la cornice economico-finanziaria programmata nel Piano di rientro dal disavanzo sanitario cui la Regione Siciliana e' sottoposta, e, conseguentemente, si pongono in contrasto con l'art. 81 della Costituzione nonche' con l'art. 117, comma 3, atteso che le vigenti disposizioni in materia di contenimento della spesa di personale degli enti del Servizio sanitario nazionale si configurano quali principi di coordinamento della finanza pubblica.

(1) L'art. 72, comma 11, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 prevede che «con decisione motivata con riferimento alle esigenze organizzative e ai criteri di scelta applicati e senza pregiudizio per la funzionale erogazione dei servizi, le pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, incluse le autorita' indipendenti, possono, a decorrere dalla maturazione del requisito di anzianita' contributiva per l'accesso al pensionamento, come rideterminato a decorrere dal l° gennaio 2012 dall'art. 24, commi 10 e 12, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, risolvere il rapporto di lavoro e il contratto individuale anche del personale dirigenziale, con un preavviso di sei mesi e comunque non prima del raggiungimento di un'eta' anagrafica che possa dare luogo a riduzione percentuale ai sensi del citato comma 10 dell'art. 24. Le disposizioni del presente comma non si applicano al personale di magistratura, ai professori universitari e ai responsabili di struttura complessa del Servizio sanitario nazionale e si applicano, non prima del raggiungimento del sessantacinquesimo anno di eta', ai dirigenti medici e del ruolo sanitario. Le medesime disposizioni del presente comma si applicano altresi' ai soggetti che abbiano beneficiato dell'art. 3, comma 57, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e successive modificazioni».

(2) Ci si riferisce alla legge regionale n. 8/2018, in ordine al quale il Consiglio dei ministri, con la delibera del 6 luglio 2018 ha disposto l'impugnativa dinanzi codesta Corte costituzionale: causa n. 44/2018 r.g.

 

P. Q. M.

 

Si chiede che codesta Ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare costituzionalmente illegittimi e conseguentemente annullare gli articoli: 2, commi 7 e 8; 8; 13, commi 1 e 2; 15 commi 3 e 4 e 22 della legge Regione Sicilia n. 17 del 16 ottobre 2019, per i motivi illustrati nel presente ricorso.

Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno:   1. estratto della delibera del Consiglio dei ministri 12 dicembre 2019.

Roma, 17 dicembre 2019

Il Vice Avvocato generale dello Stato: De Bellis

L'Avvocato dello Stato: Rocchitta