RICORSO N. 57 DEL 15 MAGGIO 2019 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 15 maggio 2019.

(GU n. 25 del 19.6.2019)

 

Ricorso della Presidenza del Consiglio dei ministri (c.f. 80188230587), in persona del Presidente del Consiglio attualmente in carica, rappresentata e difesa per mandato ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato (c.f. 80224030587), presso i cui uffici ha domicilio in Roma, via dei Portoghesi 12 (fax 0696514000 - PEC ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it), ricorrente;   Contro Regione Basilicata, in persona del presidente della giunta regionale attualmente in carica, resistente;   per l'impugnazione e la dichiarazione di incostituzionalita' degli articoli 7, comma 1, e 11 della legge regionale n. 2 del 13 marzo 2019 recante «Legge di stabilita' regionale 2019» pubblicata sul BUR n. 12 del 14 marzo 2019.

Il Consiglio regionale della Basilicata ha approvato in data 13 marzo 2019 la legge n. 2 («Legge di stabilita' regionale 2019») contenente 23 articoli.

Le disposizioni di questa legge riguardano svariati ambiti di intervento; per citarne alcuni: dalla materia finanziaria a quella delle risorse idriche, dalla disciplina delle funzioni non fondamentali delle province ai consorzi industriali, dalla soppressione dell'Autorita' di bacino della Basilicata ai contributi straordinari ad alcuni comuni.

Sennonche', ad avviso della Presidenza del Consiglio dei ministri questa legge in due sue norme lede i criteri di riparto della potesta' legislativa tra Stato e regioni, ed invade la sfera della competenza statale e, per altro verso, contrasta con la normativa comunitaria.

Per questo motivo la Presidenza deve impugnare la legge regionale in epigrafe menzionata, affidandosi ai seguenti

 

Motivi

 

1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 1, della legge regionale Basilicata 13 marzo 2019, n. 2, per violazione dell'art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione.

La norma di cui in rubrica dispone il riconoscimento in favore dei comuni macrofornitori di risorse idriche, come individuati da un delibera della giunta regionale del 2015, di un contributo di compensazione ambientale pari ad euro 0,22 per ogni metro cubo di acqua immessa in rete eccedente il fabbisogno comunale.

Il beneficio e' dalla legge erogato al dichiarato fine di assicurare il mantenimento delle condizioni ambientali delle fonti di approvvigionamento idrico da acquifero, di continuare ad incrementare le politiche tese allo sviluppo sostenibile e di consentire il completamento delle opere relative alle reti di distribuzione.

La Presidenza del Consiglio osserva che la previsione di un contributo di compensazione ambientale destinato ai comuni affinche' svolgano attivita' dirette al mantenimento delle condizioni ambientali delle fonti di approvvigionamento idrico e' in linea astratta perfettamente ammissibile in quanto rientrante nelle politiche di sviluppo sostenibile.

Si tratterebbe in sostanza, ancorche' poco definita nei suoi contorni e nelle sue modalita', di una misura di tutela della risorsa idrica, che non confligge con lo spirito e le previsioni del decreto ministeriale n. 39/2015 (Regolamento recante criteri per la definizione del costo ambientale e del costo della risorsa per i vari settori di impiego dell'acqua).

E' invece assai dubbia l'ammissibilita' la parte della norma in questione, laddove prevede che il contributo di compensazione ambientale sia destinato al completamento delle opere afferenti le reti di distribuzione.

Le reti di distribuzione infatti, quando riguardano l'acqua ad uso potabile, sono elementi del Servizio idrico integrato (SII).

In base alla normativa statale vigente, gli interventi attinenti al Servizio idrico integrato sono realizzati dal gestore affidatario del servizio e non gia' dai comuni, e i relativi costi trovano (devono trovare) copertura nella tariffa, secondo la disciplina dettata dall'art. 154 del decreto legislativo n. 152/2006 e dalla regolazione di settore emanata dall'ARERE.

Sebbene sia in linea teorica ammissibile il concorso di fondi pubblici, che unitamente alla tariffa possono finanziare interventi infrastrutturali nel settore idrico, con la norma in discussione la Regione Basilicata effettua un'attribuzione impropria del contributo di compensazione ambientale, erogandolo ai comuni invece che al gestore unico del servizio, che nel caso di specie e' l'Acquedotto Lucano nell'ambito dell'ATO regionale.

L'illegittima attribuzione ai comuni di funzioni relative al Servizio idrico integrato che la norma dispone non considera che la normativa statale vigente ha privato i singoli comuni di ogni competenza in quella materia, competenza che invece oggi e' esclusivamente spettante agli enti di Governo d'ambito, cui pure i comuni partecipano (art. 147 decreto legislativo n. 152/2006).

E se la competenza in materia spetta esclusivamente a quegli enti, e' ad essi che incombono l'organizzazione e la pianificazione degli interventi nel settore idrico, ivi compresa naturalmente la loro realizzazione.

Ma la scelta legislativa compiuta dalla Regione Basilicata con questa norma, oltre ai profili di illegittimo contrasto con il sistema statale, presenta anche il non trascurabile inconveniente della duplicazione dei costi, in quanto essi ricadrebbero sia sul contributo sia sulla tariffa.

Poiche' per costante giurisprudenza costituzionale le disposizioni in materia di tutela delle acque contenute nella parte III del decreto legislativo n. 152/2006 attengono alla materia della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema (Corte cost. n. 229/2017), che ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione spetta alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, la legge regionale che qui si censura si pone in contrasto con l'appena citato parametro costituzionale, dettando una disciplina diversa da quella che lo Stato ha dettato per il settore.

Si tratta come noto di una disciplina che, anche in attuazione degli obblighi comunitari, spetta allo Stato perche' deve trovare uniforme attuazione su tutto il territorio nazionale, e non puo' quindi soffrire limiti, eccezioni o differenziazioni a seconda delle diverse parti del territorio stesso, per effetto di norme che singole regioni ritengano di emanare   Ne deriva la sua necessaria declaratoria di illegittimita' per la violazione dell'art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione.

2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 11 della legge regionale Basilicata 13 marzo 2019, n. 2 per violazione dell'art. 117, comma 1, della Costituzione.

La norma, intitolata «Disposizioni in materia di consorzi industriali», stanzia una somma a valere sugli stanziamenti del bilancio triennale finalizzata a garantire il conseguimento degli obiettivi del piano di risanamento dei consorzi industriali approvato dalla giunta regionale nell'anno 2018, e prevede le modalita' di erogazione di quelle somme in favore del Consorzio per lo sviluppo industriale della Provincia di Potenza.

Sennonche', quel consorzio - ai sensi dell'art. 36 della legge 5 ottobre 1981, n. 317 e dell'art. 10 della legge regionale 5 febbraio 2010, n. 18 - e' ente pubblico economico, soggetto quindi che esercita attivita' imprenditoriale.

In tale veste giuridica, la dazione di denaro pubblico destinata a risanare la situazione economica finanziaria dell'ente si configura necessariamente come aiuto di Stato.

E d'altra parte, la stessa Regione Basilicata, nella sua legge n. 18/2010 (recante «Misure finalizzate al riassetto ed al risanamento dei consorzi per lo sviluppo industriale») espressamente riconduce le erogazioni in questione alla materia degli aiuti di Stato.

Ne deriva che gli aiuti di cui alla norma qui censurata devono necessariamente essere compatibili con la disciplina comunitaria, ed in particolare con le regole imposte dalla comunicazione della Commissione sugli «Orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese non finanziarie in difficolta'» (2014/C 249/01): i contributi da concedere devono essere notificati alla Commissione europea per la preventiva autorizzazione sulla base della positiva verifica dei presupposti stabiliti dalla stessa Comunicazione, e comunque la norma che li prevede deve contenere la clausola della c.d. «stand still».

Inoltre, di norma gli aiuti per il salvataggio e la ristrutturazione possono essere concessi solo una volta nel decennio.

Considerato quindi che la disposizione della legge regionale in esame non rispetta le condizioni di compatibilita' con l'ordinamento comunitario, si manifesta il vizio di illegittimita' costituzionale per la violazione dell'art. 117, comma 1, della Costituzione.

 

P.Q.M.

 

La Presidenza del Consiglio dei ministri, come sopra rappresentata e difesa, conclude affinche' la Corte costituzionale voglia accogliere il presente ricorso e per l'effetto dichiarare l'illegittimita' costituzionale delle norme della legge regionale della Basilicata n. 2/2019 in epigrafe elencate e nel presente atto specificamente censurate.

Roma, 10 maggio 2019

L'Avvocato dello Stato: Corsini