RICORSO N. 52 DEL 17 APRILE 2019 (DELLA REGIONE CALABRIA)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 17 aprile 2019.

(GU n. 24 del 12.6.2019)

 

Ricorso ai sensi dell'art. 127, 2° comma Cost. e dell'art. 32 legge n. 87/1953 per la Regione Calabria, in persona del Presidente pro tempore on. Gerardo Mario Oliverio, rappresentata e difesa, previa deliberazione della Giunta regionale n. 145 dell'11 aprile 2019 e per procura in calce, dall'avv. Demetrio Verbaro (VRBDTR65S29C352F), con elezione di domicilio in Roma, via Lima n. 28, presso l'avv. Giuseppe Cosco (studio Nicolosi) e domicilio digitale, ove poter ricevere comunicazioni e notificazioni, avv.demetrioverbaro@pec.it;   Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, ex lege rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, per la declaratoria d'illegittimita' costituzionale dell'art. 10-bis del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135 - rubricato «Misure urgenti in materia di autoservizi pubblici non di linea» e inserito in sede di conversione dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n. 36 del 12 febbraio 2019 - con riferimento al comma 1, lettere a), b), e), f), nonche' ai commi 6, 7, 8 e 9, per violazione degli articoli 3; 9; 41; 117 comma 1; 117, comma 2, lettera e); 117, comma 4; 118, comma 1 e 120 della Costituzione.

Premessa.

E' utile premettere che gli autoservizi pubblici non di linea (di seguito: NCC) sono da anni oggetto di un percorso assai tortuoso, tramite il quale il legislatore statale ha ripetutamente e infruttuosamente tentato di riformare in modo organico la disciplina di riferimento.

La legge n. 21 del 1992 (nell'ambito della quale il nuovo art. 10-bis, oggi oggetto di impugnazione dinanzi a codesta ecc.ma Corte costituzionale, va ad inserirsi) fu, infatti, oggetto di una importante modifica gia' ad opera dell'art. 29, comma 1-quater del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207 (come modificato dalla legge di conversione 27 febbraio 2009, n. 14), che aveva ridisegnato la disciplina dello svolgimento dei servizi NCC prevedendo l'introduzione di una serie di forti vincoli a tale attivita', tra i quali, in primis, l'obbligo di rientro in rimessa a inizio e termine di ogni singolo servizio e l'obbligo di prenotazione presso la rimessa. L'efficacia di tale disciplina fu immediatamente sospesa, a seguito delle dure critiche sollevate dall'Autorita' garante della concorrenza e del mercato (AGCM), dapprima per mezzo dell'art. 7-bis del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5 (convertito con modificazioni dalla legge 9 aprile 2009, n. 33) e quindi per via di una serie continua di successive decretazioni d'urgenza, sino al 29 dicembre 2018, data di emanazione del decreto-legge 29 dicembre 2018, n. 143 (decaduto per mancata conversione).

Da ultimo, la materia degli autoservizi pubblici non di linea e' stata disciplinata dall'art. 10-bis del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, introdotto dalla legge di conversione n. 12 dell'11 febbraio 2019 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n. 36 del 12 febbraio 2019) e rubricato «Misure urgenti in materia di autoservizi pubblici non di linea».

Le norme ivi contenute - e in particolare i commi 1, lettere a), b), e), f), e i commi 6, 7, 8 e 9 - introducono un nuovo regime per l'attivita' degli autoservizi pubblici non di linea, disciplinandone in dettaglio le modalita' operative di svolgimento, l'organizzazione del servizio e delle relative tempistiche, nonche' gli obblighi specifici di documentazione, in violazione della sfera di competenza riservata alle regioni.

Da qui il presente ricorso per la declaratoria d'incostituzionalita', affidato ai seguenti motivi di

 

Diritto

 

In via preliminare saranno indicati in maniera sintetica i motivi di illegittimita', seguiti da una spiegazione piu' dettagliata di ciascun motivo.

1) Violazione del riparto di competenze tra Stato e regioni (art. 117, comma 2, lettera e, e art. 117, comma 4 Cost.):   La materia del trasporto pubblico locale non di linea, poiche' non espressamente menzionata dalla Costituzione nell'ambito delle competenze statali esclusive o concorrenti, appartiene alla competenza esclusiva delle regioni (di natura residuale).

L'intervento statale nelle materie di competenza esclusiva regionale e' ammesso limitatamente ai casi in cui esso avviene per l'esercizio di competenze statali cd. «trasversali», come la materia della tutela della concorrenza, che non sembrano sussistere nel caso di specie.

Anche volendo ricondurre l'intervento attuato dallo Stato ad una materia cd. «trasversale», e' opinione della Corte costituzionale che l'intervento statale debba attenersi a criteri di adeguatezza e della proporzionalita', che nel caso in specie non sono stati rispettati.

2) Violazione del principio di libera iniziativa economica (Art. 41 Cost.):   Anche volendo ammettere la legittimita' dell'intervento statale nella materia del trasporto pubblico non di linea, cio' non giustificherebbe in ogni caso la compressione della libera iniziativa economica dei privati ex art. 41 Cost.

Nelle proprie osservazioni del 2015 e 2019 l'Autorita' garante della concorrenza e del mercato ha rilevato come l'obbligo di rientro in rimessa e il peculiare meccanismo di prenotazione (presso la sede o rimessa) si tramuterebbero in una limitazione della libera iniziativa economica privata di cui all'art. 41 Cost. dei soggetti che offrono servizi che mettono in collegamento autisti professionisti dotati di autorizzazione NCC da un lato e domanda di mobilita' dall'altro.

3) Violazione del diritto comunitario (Art. 117, comma 1 Cost):   La normativa si pone in contrasto con i principi affermati dai Trattati dell'UE e, in particolare, con il principio di libera circolazione (art. 56 del TFUE), di liberta' di stabilimento (art. 49 del TFUE) e di libera concorrenza (articoli 101-109 TFUE).

Cio' e' confermato dalle posizioni espresse dalla Commissione europea nei confronti del Governo italiano gia' nel novembre 2009 (quando la normativa sugli NCC e' stata introdotta e poi sospesa) quando ha paventato il possibile avvio di un procedimento d'infrazione evidenziando come l'obbligo di rientro in rimessa (o di effettuare la prenotazione presso la rimessa e di essere in possesso di una rimessa esclusivamente nel territorio del comune che ha rilasciato l'autorizzazione) fossero in contrasto con il principio di liberta' di stabilimento (cfr. EU Pilot rif. n. 623/09/TREN). Tale posizione e' stata in seguito confermata nell'ambito delle osservazioni formulate dalla Commissione UE dinanzi la Corte di giustizia dell'Unione europea.

4) Violazione del principio di leale collaborazione (Art. 120 Cost.):   Il principio di leale collaborazione attiene all'organizzazione delle prerogative statali e regionali. L'esercizio del potere sostitutivo dello Stato rispetta il principio di leale collaborazione solo se tale potere e' esercitato tenendo in considerazione istanze territoriali.

E' onere del legislatore nazionale rispettare il principio di leale collaborazione nella fase discendente, per cui e' illegittima la legge dello Stato che trascura di individuare seri metodi di leale collaborazione per la sua attuazione.

La violazione del principio di leale collaborazione puo' manifestarsi anche laddove vi sia un atto da parte dell'autorita' centrale quale conseguenza automatica del mancato raggiungimento di un'intesa in un determinato periodo di tempo estremamente breve, come avvenuto nel caso in specie.

5) Violazione dei principi di uguaglianza e ragionevolezza (Art. 3 Cost.):   Le disposizioni impugnate si pongono in netto contrasto con l'art. 3 Cost., inteso sia quale principio di uguaglianza che di ragionevolezza.

Sussiste, infatti, un regime di deroga speciale per le Regioni Sicilia e Sardegna, dove l'autorizzazione NCC rilasciata in un comune della regione e' sostanzialmente valida sull'intero territorio regionale (invece che provinciale).

Le deroghe concesse alle Regioni Sicilia e Sardegna non sono giustificate, oppure sono motivate insufficientemente da non meglio specificate ragioni infrastrutturali, benche' lo stesso principio possa applicarsi ad altre regioni afflitte da carenze infrastrutturali come la Calabria.

Il rispetto del principio di uguaglianza, inoltre, e' compromesso dalla previsione della sospensione del rilascio di nuove autorizzazioni per l'espletamento del servizio di noleggio con conducente fino alla piena operativita' del registro nazionale, e non anche per i taxi, che pure pero' rientreranno in detto registro.

Sotto il profilo della ragionevolezza, le disposizioni introdotte sono incoerenti rispetto all'insieme dei principi costituzionali dell'ordinamento, in particolare rispetto al valore costituzionale della tutela dell'ambiente (art. 9 Cost), laddove le disposizioni impugnate (e, in particolare l'obbligo di rientro in rimessa), si traducono in attivita' dannose per lo stesso.

1) Violazione del riparto di competenze tra Stato e regioni: illegittimita' costituzionale delle disposizioni di cui all'art. 10-bis, comma 1, lettere a), b), e), f), e commi 6, 7, 8 e 9 del decreto-legge 14 dicembre 2018 n. 135, introdotte, in sede di conversione, dalla legge 11 febbraio 2019 n. 12, per contrasto con l'art. 117, comma 2, lett e), art. 117, comma 4.

1.1) L'art. 117, comma 2 (competenze esclusive dello Stato) non menziona alcuna materia latamente riconducibile al trasporto pubblico locale, mentre, l'art. 117, comma 3 (competenze concorrenti) menziona esclusivamente l'ambito materiale delle «grandi reti di trasporto e di navigazione» e dei «porti ed aeroporti civili», senza aggiungere altro riferimento ai trasporti in generale e tantomeno al trasporto pubblico locale.

A conferma, l'art. 117, comma 4 (competenze esclusive delle regioni), prevede che «spetta alle regioni la potesta' legislativa con riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato». Conseguentemente, la materia del trasporto pubblico locale rientra nella competenza residuale ed esclusiva delle regioni. Cio' trova fondamento nella consolidata giurisprudenza costituzionale secondo cui, dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, la materia del trasporto pubblico, di linea e non di linea, e' transitata nell'ambito dell'esclusiva competenza regionale residuale (cfr. sentenze Corte costituzionale n. 452 del 2007, n. 30 del 2016, n. 78 e n. 137 del 2018).

Proprio da ultimo, la sentenza n. 5 dell'11 gennaio 2019 ha ribadito che «Dopo la riforma del Titolo V, ... la materia del servizio pubblico di trasporto, di linea e non di linea, e' transitata nell'ambito della competenza regionale residuale (ex multis, sentenze n. 137 e n. 78 del 2018, n. 30 del 2016 e n. 452 del 2007)».

1.2) Le disposizioni censurate introducono un nuovo regime per l'attivita' NCC disciplinandone in dettaglio le modalita' operative di svolgimento, l'organizzazione del servizio e delle relative tempistiche, nonche' gli obblighi specifici di documentazione.

1.3) L'intervento statale non puo' neppure essere ricondotto all'esercizio di un potere legislativo statale in materia di tutela della concorrenza in virtu' della peculiarita' operativa cui si riferiscono. Si pensi, ad esempio, a) alle modifiche introdotte all'art. 3, comma 1 e all'art. 11, comma 4, primo periodo (prenotazioni da effettuarsi «presso la sede» e «anche mediante l'utilizzo di strumenti tecnologici») della legge quadro; nonche' b) all'art. 11, comma 4 sull'obbligo di rientro in rimessa e sull'obbligo del foglio di servizio (aggravate, per altro, da disposizioni specifiche sul regime transitorio in formato cartaceo, per il quale sono addirittura previsti requisiti ulteriori di mero dettaglio, quale la numerazione progressiva e l'adozione di fogli cartacei).

1.4) Neppure puo' ritenersi, d'altro lato, che un intervento cosi' pervasivo da parte del legislatore nazionale possa giustificarsi sulla scorta della natura cd. «trasversale» della materia della concorrenza. Come noto, infatti, le materie di competenza esclusiva e nel contempo «trasversali» dello Stato (come appunto la tutela della concorrenza) possono si' intersecare la competenza legislativa regionale, ma soltanto nei limiti di quanto strettamente necessario ad assicurare gli interessi cui tali materie sono preposte (Corte costituzionale, sentenza n. 80 del 2006).

1.5) Non puo' certo dirsi che le disposizioni introdotte dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12 possano ricondursi alla benche' minima forma di tutela della concorrenza. Al contrario, queste sembrano finalizzate ad una compressione del mercato del trasporto pubblico non di linea esercitato con NCC. Cio' si evince con certezza dal concetto di tutela della concorrenza adottato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 452 del 2007.

1.6) In particolare, nell'ambito di tale giudizio la Regione Veneto aveva promosso questione di legittimita' costituzionale avverso alcune disposizioni introdotte dal legislatore nazionale con decreto-legge n. 223 del 2006 (convertito con modificazioni con legge n. 248 del 2006). Tali disposizioni miravano all'accrescimento dell'offerta concorrenziale consentendo ai comuni di adottare misure al fine di allargare la platea degli operatori NCC e taxi attivi sul mercato, bandire concorsi straordinari nonche' assegnare nuove licenze o rilasciare autorizzazioni temporanee o stagionali anche in favore di soggetti non iscritti al ruolo dei conducenti di NCC e taxi. Secondo la Regione Veneto tali disposizioni statali avrebbero violato «l'art. 117, quarto comma poiche' [sarebbero intervenute] nell'ambito del trasporto pubblico locale, materia di competenza "esclusiva" delle Regioni, mediante una "disciplina compiuta" che non [avrebbe rispettato] "i parametri della adeguatezza e della proporzionalita'"». Inoltre, sosteneva la Regione nel corso del giudizio che non sarebbe stato sufficiente riferirsi alla titolarita' della competenza legislativa in tema di tutela della concorrenza per giustificare l'intervento del legislatore statale. L'Avvocatura dello Stato osservava invece come «le norme impugnate non [avrebbero disciplinato] "le modalita' di organizzazione e svolgimento del trasporto pubblico locale", bensi' perseguito "il fine di incentivare la concorrenza nel settore, di liberalizzare i servizi nella materia, nonche' di assicurare su tutto il territorio nazionale livelli essenziali minimi di tutela degli utenti»: si [sarebbe trattato], in sostanza, di disposizioni riconducibili alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato in materia di "tutela della concorrenza"».

1.7) Ad esito di tale giudizio, la Corte costituzionale, aderendo alla tesi dell'Avvocatura dello Stato e dunque rigettando la questione di legittimita' costituzionale proposta dalla Regione Veneto, ha sostenuto come le disposizioni del decreto-legge n. 223 del 2006 si ponessero in una relazione «ragionevole e proporzionata rispetto agli obiettivi attesi, cosi' da non travalicare, secondo criteri di ragionevolezza e proporzionalita', i limiti di esercizio della competenza trasversale dello Stato, che [la] Corte ha [...] ribadito essere comprensiva della disciplina degli "strumenti di liberalizzazione dei mercati"».

1.8) In sostanza, la Corte costituzionale ha ritenuto in detto caso di poter giustificare l'intervento del legislatore nazionale, riconducendolo all'esercizio di una potesta' legislativa in materia di tutela della concorrenza, in quanto chiaramente finalizzato all'apertura di un mercato caratterizzato da condizioni di concorrenza deficitaria.

1.9) Le argomentazioni della Corte costituzionale in detto dimostrano, a contrariis, come le disposizioni introdotte dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12 al decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, risultano del tutto incompatibili con l'esercizio di quella competenza statale cd. «trasversale» che e' la materia della tutela della concorrenza, dovendosi quindi tacciare di illegittimita' costituzionale.

1.10) Nessun dubbio in tal senso emerge, quanto meno, in relazione alle disposizioni di cui all'art. 10-bis, comma 2, nella parte in cui:   a) si prevede che «l'inizio ed il termine di ogni singolo servizio di noleggio con conducente devono avvenire presso le rimesse (...) con ritorno alle stesse»; e   b) si prevede che «a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla piena operativita' dell'archivio informatico pubblico nazionale delle imprese di cui al comma 3, non e' consentito il rilascio di nuove autorizzazioni per l'espletamento del servizio di noleggio con conducente con autovettura, motocarrozzetta e natante» (tra l'altro, non anche per i taxi).

1.11) L'assoluta incompatibilita' del nuovo regime qui contestato con l'esercizio di una potesta' in materia di tutela della concorrenza puo' ricavarsi agevolmente anche dalle contestazioni mosse negli ultimi anni dall'AGCM avverso la simile disciplina introdotta nel 2009, come illustrato nelle premesse (cfr. sul punto: bollettino AGCM n. 7/2009; bollettino AGCM n. 16/2010; parere AGCM n. AS1222 del 2015; parere AGCM n. AS1354 del 2017; audizione AGCM presso la Camera dei deputati del 16 gennaio 2019 nell'ambito del ddl di conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2018, n. 143, il cui contenuto e' stato poi riversato nelle disposizioni qui impugnate).

Come precisato con giurisprudenza costante dalla Corte costituzionale, «le regioni possono evocare parametri di legittimita' diversi rispetto a quelli che sovrintendono al riparto di attribuzioni solo se la lamentata violazione determini una compromissione delle attribuzioni regionali costituzionalmente garantite o ridondi sul riparto di competenze legislative tra Stato e regioni» (sentenza n. 33 del 2011; in senso conforme, ex plurimis, sentenze n. 46, n. 20 e n. 8 del 2013; n. 311, n. 298, n. 200, n. 199, n. 198, n. 187, n. 178, n. 151, n. 80 e n. 22 del 2012). Se dunque il parametro evocato non attiene direttamente al riparto delle competenze legislative tra Stato e regioni, e' necessario, ai fini dell'ammissibilita', che le norme censurate determinino, nella prospettazione della parte ricorrente, una violazione «potenzialmente idonea a determinare una lesione delle attribuzioni costituzionali delle regioni» (sentenza n. 22 del 2012, ma, ancora prima, sentenze n. 6 del 2004 e n. 303 del 2003). Cio' ovviamente non equivale a ritenere che la censura basata su parametri non attinenti al riparto di competenze sia ammissibile solo se fondata rispetto ad una norma contenuta nel Titolo V della Parte seconda della Costituzione. La questione infatti, all'esito di uno scrutinio di merito, potrebbe risultare non fondata rispetto ai parametri competenziali, ma essere ritenuta preliminarmente ammissibile proprio per la sua potenziale incidenza su questi ultimi. Solo se dalla stessa prospettazione del ricorso emerge l'estraneita' della questione rispetto agli ambiti di competenza regionale - indipendentemente da ogni valutazione sulla fondatezza delle censure - la questione deve essere dichiarata inammissibile (sentenza n. 8 del 2013)» (sentenza Corte costituzionale n. 220 del 3 luglio 2013).

Ebbene, le norme oggi censurate, anche al di la' della specifica invasione di materia, sono lesive anche in virtu' della compromissione di altre attribuzioni regionali e per il riverbero sul riparto di competenze fra Stato e regioni, per come di seguito si rappresentera'.

2) Violazione del principio di libera iniziativa economica: illegittimita' costituzionale delle disposizioni di cui all'art. 10-bis, comma 1, lettere a), e), f), e comma 8 del decreto-legge 14 dicembre 2018 n. 135, introdotte, in sede di conversione, dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12, per contrasto con l'art. 41 Cost.

2.1) Anche volendo ammettere la legittimazione dello Stato ad intervenire nella materia del trasporto pubblico non di linea, riconducendo tale intervento nell'alveo dell'esercizio di una competenza cd. «trasversale» come quella della concorrenza, cio' non giustificherebbe in ogni caso la compressione del diritto di libera iniziativa economica dei privati (art. 41 Cost).

2.2) L'AGCM ha evidenziato al proposito come la prenotazione dei servizi di noleggio con conducente a una sede fissa (sia essa la rimessa o la sede dell'impresa) mal si sposi con la specificazione che tale prenotazione possa avvenire, come dispone la legge, «anche mediante strumenti tecnologici» (cfr. audizione parlamentare sopra richiamata del 16 gennaio 2019). In particolare, secondo l'AGCM «l'utilizzo sempre piu' diffuso di strumenti tecnologici - quali app di intermediazione della domanda di trasporto, ma anche e-mail o messaggistica istantanea (WhatsApp, SMS, altro) - ha il precipuo obiettivo di consentire che la richiesta di trasporto di NCC possa essere effettuata dal cliente, e ricevuta e accettata dal vettore piu' vicino ovunque, attraverso dispositivi mobili come smartphone, tablet o computer portatili. Tale obiettivo di massima flessibilita' nell'utilizzabilita' dei servizi di mobilita' non di linea, a tutto vantaggio del consumatore finale in termini di accessibilita' e costi del servizio, sarebbe del tutto vanificato ove si mantenesse l'obbligo di prenotazione presso la sede o la rimessa».

2.3) Di conseguenza, anche volendo qualificare l'intervento dello Stato come avvenuto nell'ambito delle sue competenze in materia di concorrenza, tale intervento si sarebbe dovuto fermare dinanzi al principio di cui all'art. 41 Cost.

2.4) In particolare, 1'AGCM ritiene che «seguendo un'interpretazione delle norme costituzionalmente orientata rispettosa del principio di liberta' d'iniziativa economica privata di cui all'art. 41 della Costituzione (...) ai servizi che mettono in collegamento autisti professionisti dotati di autorizzazione NCC da un lato e domanda di mobilita' dall'altro non vadano applicati gli articoli 3 e 11 della legge 21/92».

2.5) In via subordinata, dunque, gli articoli 3 e l l della legge n. 21 del 1992, come modificati dalle disposizioni impugnate, vanno dichiarati costituzionalmente illegittimi nella parte in cui limitano la libera iniziativa economica privata di cui all'art. 41 Cost. dei soggetti che offrono servizi che mettono in collegamento autisti professionisti dotati di autorizzazione NCC da un lato e domanda di mobilita' dall'altro.

3) Violazione del diritto comunitario: illegittimita' costituzionale delle disposizioni di cui all'art. 10-bis, comma 1, lettera a), b), e), f), commi 6 e 9 del decreto-legge 14 dicembre 2018 n. 135, introdotte, in sede di conversione, dalla legge 11 febbraio 2019 n. 12, per contrasto con l'art. 117, comma 1, Cost.

3.1) Il decreto-legge 14 dicembre 2018 n. 135 risulta viziato da illegittimita' costituzionale nella parte in cui, all'art. 10-bis, comma 1, lettera a), b), e), f), commi 6 e 9 introduce limitazioni all'ambito territoriale entro i quali l'attivita' di noleggio con conducente puo' essere effettuata, in contrasto col principio di liberta' di stabilimento di cui all'art. 49 del TFUE, col principio di libera prestazione dei servizi di cui all'art. 56 del TFUE, nonche' dei principi di concorrenza di cui agli articoli 101-109 TFUE, e, dunque, in violazione del rispetto del vincolo comunitario di cui all'art. 117, comma 1, Cost., secondo cui «la potesta' legislativa e' esercitata dallo Stato e dalle regioni nel rispetto della Costituzione, nonche' dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali».

3.2) Il principio di liberta' di stabilimento (art. 49 TFUE) consente alle imprese e ai lavoratori autonomi di stabilirsi in modo stabile e continuativo in qualsiasi Paese UE. Esso vieta, infatti, qualsiasi misura nazionale che possa rendere piu' difficile e/o meno attrattivo l'esercizio di un'attivita' nel territorio di un Paese UE.

Gli Stati membri dell'UE possono adottare misure che limitano l'esercizio della liberta' di stabilimento soltanto laddove tali misure siano giustificate da gravi motivi di interesse pubblico e siano proporzionate all'obiettivo che tali misure intendono perseguire. Tuttavia, la presenza di misure meramente economiche o volte a prevenire effetti economici negativi su un settore (es., nel caso, quello dei taxi) non sono sufficienti a giustificare alcuna restrizione ai principi di libera circolazione per le altre attivita'. In questo senso, l'obbligo di rientro in rimessa costituisce un chiaro limite alla liberta' di stabilimento in quanto impone un onere eccessivo agli operatori NCC e rende piu' difficile e/o meno attrattivo l'esercizio delle attivita' di NCC in Italia.

3.3) La Commissione europea ha gia' sollevato forti preoccupazioni riguardo a tale obbligo, avendo questa gia' espresso che «per gli operatori di altri Stati membri che vogliano stabilirsi sul territorio italiano al fine di svolgervi il servizio di noleggio con conducente, esso appare un onere eccessivo. Tali operatori sarebbero invero chiamati a sopportare, non solo gli oneri amministrativi ed economici che il rilascio di un'autorizzazione preventiva comporta, ma anche quelli aggiuntivi dovuti al fatto di dover riportare, a fine servizio, il veicolo adibito al servizio di noleggio con conducente alla rimessa situata nel comune di rilascio, senza poterne disporre liberamente, ad altre finalita', una volta il servizio terminato. In tal senso, le suddette misure appaiono tali da impedire agli operatori di altri Stati membri di esercitare liberamente le proprie attivita' tramite una stabile organizzazione, pregiudicandone l'accesso al mercato» (cfr. osservazioni della Commissione UE alla CGUE nei casi C-162 e C-163 del 2012).

3.4) Del resto, la stessa Commissione UE, in una lettera al Governo italiano datata 11 novembre 2009, aveva paventato l'avvio di un procedimento d'infrazione in quanto l'obbligo di rientro in rimessa - insieme anche all'obbligo di effettuare la prenotazione presso la rimessa - introdotto dalla disciplina (poi sospesa) del 2009 si poneva in contrasto con il principio di liberta' di stabilimento (cfr. EU Pilot rif. n. 623/09/TREN).

3.5) Le disposizioni introdotte si pongono inoltre in contrasto con il principio della libera prestazione dei servizi di cui all'art. 56 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea alla luce della irragionevole limitazione degli ambiti territoriali entro cui la professione di NCC puo' essere di fatto esercitata. Questa, infatti, puo' avere un'incidenza anche meramente interna al territorio nazionale, laddove sono discriminati cittadini europei appartenenti a diverse regioni.

3.6) A tal proposito, la sentenza n. 271 del 2009 della Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale di una norma introdotta dalla Regione Emilia-Romagna in cui si prevedeva «l'indicazione di una limitazione agli ambiti territoriali entro i quali la professione (turistica) [poteva] essere esercitata». La Corte a questo proposito rilevava che detta limitazione comportava una lesione del principio della libera prestazione dei servizi, di cui all'art. 49 del Trattato CE (ora art. 56 TFUE) e, dunque, la violazione del rispetto del vincolo comunitario di cui all'art. 117, comma 1, Cost., oltre che della libera concorrenza.

3.7) Venendo, poi, alla violazione dei principi di libera concorrenza, rimangono valide le argomentazioni gia' esposte in precedenza e, in particolare, le osservazioni gia' sopra richiamate espresse dall'AGCM in numerose occasioni. Specificamente, come descritto dall'AGCM, «il richiamo (...) ai suddetti vincoli fisici in ordine alla prenotazione appare presentare un carattere restrittivo della concorrenza» (audizione parlamentare del 16 gennaio 2019).

Quanto alla limitazione territoriale, e' stata del tutto disattesa l'indicazione fornita dall'AGCM nella segnalazione al Parlamento e al Governo del 2017 (Parere AGCM AS 1354) ove aveva chiaramente considerato restrittiva della concorrenza una limitazione territoriale provinciale. In particolare, l'AGCM aveva ritenuto quale «soluzione ottimale» la «previsione di un'autorizzazione su base nazionale rilasciata del Ministero delle infrastrutture-e trasporti, come avviene per i servizi di mobilita' su gomma a media e lunga percorrenza». Inoltre, nella stessa segnalazione aveva indicato come, «in subordine, l'autorizzazione dovrebbe essere rilasciata almeno su base regionale».

3.8) Non c'e' dubbio che dette violazioni ridondino in negativo sulla possibilita' per le regioni di legiferare in materia. Si tengano in mente, a questo proposito, ad esempio:   a) le disposizioni contenute all'art. 10-bis, comma 6 della legge impugnata, che sospendono rilascio di nuove autorizzazioni NCC fino alla piena operativita' del registro pubblico nazionale (e non anche per i taxi);   b) le limitazioni territoriali ristrette all'ambito provinciale che non consentono alle regioni di disciplinare il trasporto interregionale e che non lasciano spazio per un intervento relativo alla mobilita' interprovinciale.

4) Violazione del principio di leale collaborazione:  illegittimita' costituzionale delle disposizioni di cui all'art. 10-bis, comma 1, lettera b) del decreto-legge 14 dicembre 2018 n. 135, introdotte, in sede di conversione, dalla legge 11 febbraio 2019 n. 12, per contrasto con il principio di leale collaborazione desumibile dall'art. 120 Cost.

4.1) Il principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost. vincola il legislatore nazionale ad operare con estrema cautela nella cd. fase discendente dell'esercizio del potere legislativo, per cui e' illegittima la legge dello Stato che trascura di individuare seri metodi di leale collaborazione per la sua attuazione.

4.2) In particolare, la Corte costituzionale ha affermato che «la previsione dell'intesa, imposta dal principio di leale collaborazione, implica che non sia legittima una norma contenente una «drastica previsione» della decisivita' della volonta' di una sola parte, in caso di dissenso, ma che siano necessarie idonee procedure per consentire reiterate trattative volte a superare le divergenze. Solo nell'ipotesi di ulteriore esito negativo di tali procedure mirate all'accordo puo' essere rimessa al Governo una decisione unilaterale» (sentenza n. 165 del 2011).

4.3) Ancora, piu' di recente la Corte ha affermato che «il principio di leale collaborazione non consente che l'assunzione unilaterale dell'atto da parte dell'autorita' centrale sia mera conseguenza automatica del mancato raggiungimento dell'intesa entro un determinato periodo di tempo - specie quando il termine previsto e', come nel caso, al quanto breve - o dall'urgenza del provvedere» (sentenza n. 1 del 2016).

4.4) Tali principi sono stati disattesi con l'adozione delle disposizioni in esame e si contesta, dunque, la violazione dell'art. 120 Cost. da parte della disposizione di cui all'art. 10-bis, comma 1, lettera b). In particolare, disponendo innanzitutto che la sede operativa del vettore e almeno una rimessa devono essere situate nel territorio del comune che ha rilasciato l'autorizzazione, si prevede che «E' possibile per il vettore disporre di ulteriori rimesse nel territorio di altri comuni della medesima provincia o area metropolitana in cui ricade il territorio del comune che ha rilasciato l'autorizzazione, previa comunicazione ai comuni predetti, salvo diversa intesa raggiunta in sede di Conferenza unificata entro il 28 febbraio 2019».

4.5) Posto che la disposizione impugnata e' entrata in vigore il 13 febbraio 2019, ad appena quindici giorni dal termine prescritto alla Conferenza unificata, l'intera disposizione si pone in violazione del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost.

4.6) In subordine, la Corte costituzionale dovrebbe comunque dichiarare illegittima la menzionata disposizione di cui all'art. 10-bis, comma 1, lettera b) nella parte in cui prevede che l'intesa possa essere raggiunta in sede di Conferenza unificata entro il 28 febbraio 2019 invece che senza limitazione temporale alcuna.

5) Violazione dei principi di uguaglianza e ragionevolezza: illegittimita' costituzionale delle disposizioni di cui all'art. comma 1, lettera b), e), 0 e comma 6 del decreto-legge 14 dicembre 2018 n. 135, introdotti, in sede di conversione, dalla legge 11 febbraio 2019 n. 12, per contrasto con l'art. 3 Cost.

5.1) Le disposizioni impugnate si pongono in netto contrasto con l'art. 3 Cost., sia alla luce del principio di uguaglianza che sotto il profilo della ragionevolezza.

5.2) Innanzitutto, l'art. 10-bis, comma 1, lettera b) prevede che «in ragione delle specificita' territoriali e delle carenze infrastrutturali, per le sole regioni Sicilia e Sardegna l'autorizzazione rilasciata in un comune della regione e' valida sull'intero territorio regionale, entro il quale devono essere situate la sede operativa e almeno una rimessa».

5.3) Una ulteriore deroga per Sicilia e Sardegna e' poi prevista all'art. 10-bis, comma f), laddove viene estesa dall'ambito provinciale all'ambito regionale la possibilita' per gli NCC, in presenza di eventuali prenotazioni di servizio successive gia' presenti al momento di uscita dell'autovettura dalla rimessa, di non fare rientro in rimessa al termine del primo servizio. Tale seconda deroga, peraltro, non e' neppure giustificata.

5.4) Quanto alla prima deroga individuata (art. 10-bis, comma 1, lettera b sulle rimesse aggiuntive), non si capisce come questa non sia stata prevista anche per altre regioni a statuto speciale o per altre regioni caratterizzate da carenze infrastrutturali: si pensi, ad esempio, a regioni notoriamente scarsamente infrastrutturalizzate come la Calabria, oppure alle regioni caratterizzate da una particolare orografia come le regioni alpine, o, anche, una Regione come l'Umbria, la quale e' appena lambita dall'infrastruttura autostradale. Oppure, ancora, si pensi alla peculiarita' di alcune zone, come la costiera amalfitana, la cui disposizione su piu' province avrebbe effettivamente giustificato l'adozione di un regime di deroga e che invece ora vede drasticamente e ingiustificatamente ridotto il servizio pubblico locale non di linea.

5.5) E' evidente che la previsione di un regime differenziato per situazioni di simile disagio territoriale si traduce in una violazione del principio di uguaglianza.

5.6) Inoltre, sempre sotto il profilo dell'uguaglianza, non si ravvisano giustificazioni per la previsione di un'autorizzazione limitata - di fatto - alla sola operativita' provinciale, laddove invece in altri ambiti del trasporto sussiste la «previsione di un'autorizzazione su base nazionale rilasciata del Ministero delle infrastrutture e trasporti, come avviene per i servizi di mobilita' su gomma a media e lunga percorrenza» (cfr. Parere AGCM n. AS1354).

5.7) Per di piu', uscendo dall'ambito territoriale, il principio di uguaglianza risulta altresi' compromesso dall'art. comma 6, ove si dispone la sospensione del rilascio di nuove autorizzazioni NCC (e non anche taxi) fino alla piena operativita' del registro nazionale, che pero' ha anche ad oggetto il servizio taxi.

5.8) Infine, sotto il profilo della ragionevolezza, risulta una violazione dell'art. 3 alla luce del (mancato) bilanciamento complessivo dei principi costituzionali. Si pensi, in particolare, non solo alle ingiustificate limitazioni poste alla libera iniziativa economica privata, ma anche agli aspetti legati alla tutela dell'ambiente (art. 9 Cost). Le disposizioni impugnate, infatti, appaiono del tutto irragionevoli, in particolare cio' vale per l'obbligo di rientro in rimessa, che si traduce in attivita' dannose per l'ambiente e di spreco delle risorse, posto che le autovetture NCC viaggeranno senza alcun passeggero per il cinquanta per cento del tempo e del chilometraggio complessivo.

 

P.Q.M.

 

Voglia l'ecc.ma Corte costituzionale adita dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 10-bis del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135 - inserito in sede di conversione dalla legge 11 febbraio 2019 n. 12 -- con riferimento al comma 1, lettere a), b), e), f), nonche' ai commi 6, 7, 8 e 9, per violazione degli articoli 3; 9; 41; 117 comma 1; 117, comma 2, lettera e; 117, comma 4; 118, comma 1 e 120 della Costituzione.

Con riserva di ulteriori deduzioni.

Si riserva di depositare con il presente atto, la deliberazione della Giunta regionale di autorizzazione a ricorrere n. 145 dell'11 aprile 2019.

Catanzaro, 12 aprile 2019

L'Avvocato: Verbaro