RICORSO N. 51 DEL 16 APRILE 2019 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 16 aprile 2019.

(GU n. 24 del 12.6.2019) 

Ricorso ex art. 127 Costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato c.f. 80224030587, fax 06/96514000 e PEC roma@mailcert.avvocaturastato.it, presso i cui uffici ex lege domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12;   nei confronti della Regione Veneto, in persona del presidente della giunta regionale pro tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 1, comma 1, lettere b) e c), della legge regionale 8 febbraio 2019, n. 6, recante «Modifiche e integrazioni alla legge regionale 20 gennaio 2000, n. 2 "Addestramento e allenamento dei falchi per l'esercizio venatorio", pubblicata nel B.U. dell'8 febbraio 2019, n. 14, giusta delibera del Consiglio dei ministri in data 4 aprile 2019.

Con la legge regionale n. 6 dell'8 febbraio 2019, che consta di sei articoli, la Regione Veneto ha emanato norme che modificano e integrano la legge regionale 20 gennaio 2000, n. 2 recante «Addestramento e allenamento dei falchi per l'esercizio venatorio».

In particolare l'art. 1, comma 1, alla lettera b), sostituisce il comma 3 dell'art. 3 della legge regionale 20 gennaio 2000, n. 2 rubricato «Modalita' ed effetti dell'iscrizione al Registro dei falconieri»; e, alla lettera c), modifica il comma 3 dell'art. 3 della legge citata inserendovi i commi 3-bis e 3-ter.

Le norme citate, nel dettare disposizioni in materia di addestramento e allenamento dei falchi per l'esercizio venatorio, presentano profili di illegittimita' costituzionale e, violando le norme statali interposte, si pongono in contrasto con l'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione, che riserva allo Stato la competenza legislativa in materia di ambiente.

E', pertanto, avviso del Governo che, con le norme denunciate in epigrafe, la Regione Veneto abbia ecceduto dalla propria competenza in violazione norma costituzionale come si confida di dimostrare in appresso con l'illustrazione dei seguenti

 

Motivi

 

1. L'art. 1, comma 1, lettera b), della legge regionale n. 6 dell'8 febbraio 2019 viola l'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione in relazione agli articoli 13 e 18 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante le «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio».

La normativa in materia di addestramento e allenamento dei falchi per l'esercizio venatorio interferisce con la materia prevalente della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema che, come noto, rientra in ambiti di competenza esclusiva statale ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione per effetto della normativa interposta di fonte primaria costituita dalla legge quadro 11 febbraio 1992, n. 157, concernente «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio».

L'art. 1, comma 1, lettera b), citato sostituisce il comma 3 dell'art. 3 della legge regionale 20 gennaio 2000, n. 2, prevedendo che «3. Con l'iscrizione al registro di cui al comma 2 dell'art. 2, il falconiere viene altresi' autorizzato dalla Regione ad addestrare ed allenare i falchi durante l'intero periodo dell'anno, con divieto di cattura di fauna selvatica limitatamente ai periodi e laddove non e' previsto l'abbattimento, nelle zone di cui all'art. 18, comma 1 della legge regionale 9 dicembre 1993, n. 50, nonche' a partecipare alle gare o alle prove cinofile di cui al comma 3 del medesimo articolo.».

Nella precedente formulazione il comma 3 dell'art. 3 citato consentiva ai falconieri, previa autorizzazione, l'addestramento e allenamento dei falchi in tutti i periodi dell'anno «...con divieto di predazione di fauna selvatica limitatamente ai periodi di caccia chiusa».

Va osservato, peraltro, che la sentenza n. 468/1999, emessa in relazione al ricorso proposto dal Presidente del Consiglio dei ministri avverso la predetta normativa (poi modificata dalla norma impugnata con il presente ricorso), ha dichiarato non fondata la questione proprio con riferimento al «divieto di predazione» espressamente previsto dall'art. 3 citato, ritenendolo il punto di equilibrio del sistema con riferimento alla normativa nazionale, «poiche' vieta in termini assoluti ogni attivita' di addestramento o di allenamento implicante predazione» (punto 3. del Considerato in diritto).

La norma impugnata, nel disporre senza limiti temporali e in tutto il territorio regionale, l'addestramento e il volo del falco, senza contestualmente prevedere il «divieto di predazione», non offre adeguate garanzie di rispetto della normativa nazionale quanto alle specie cacciabili e ai relativi periodi di caccia, non risultando possibile distinguere agevolmente tra attivita' di mero addestramento ed esercizio dell'attivita' venatoria in senso stretto.

Si ricorda, infatti, che l'art. 13, comma 2, della legge n. 157/1992 citata annovera tra i mezzi consentiti di prelievo venatorio oltre alle armi, fucile ed arco, anche il falco.

Puo' ritenersi un dato acquisito dalla comune esperienza che i rapaci utilizzati anche in addestramento e allenamento conservano gli istinti predatori, con conseguenti potenziali ricadute sulla fauna selvatica, in special modo nei delicati periodi di riproduzione e dipendenza, ove risulta maggiore la vulnerabilita' dei giovani appena involati.

La norma regionale, pertanto, consentendo l'elusione dei limiti temporali entro i quali e' consentita la caccia, viola l'art. 18 della legge quadro 11 febbraio 1992, n. 157 citata, che indica le specie cacciabili e i relativi periodi entro i quali e' consentita l'attivita' venatoria.

Poiche' le norme statali sopra citate sono poste a tutela della fauna selvatica e, dunque, a tutela dell'ambiente, il contrasto con le medesime si traduce senz'altro in una violazione dell'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione nella materia tutela dell'ambiente e dell'ecosistema.

La giurisprudenza costituzionale e' costante nell'affermare che la materia «tutela dell'ambiente» rientra nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, appunto, ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione e inerisce a un interesse pubblico di valore costituzionale primario ed assoluto.

Si tratta di una «materia trasversale», titolo che legittima lo Stato ad adottare disposizioni a tutela di un valore costituzionalmente protetto, anche in «campi di esperienza», le cosiddette «materie» in senso proprio, attribuiti alla competenza legislativa regionale.

Ne deriva che le disposizioni legislative statali adottate in tale ambito fungono da limite alla disciplina che le regioni, anche a statuto speciale e le province autonome, dettano nei settori di loro competenza, essendo ad esse consentito soltanto, eventualmente, incrementare i livelli della tutela ambientale, senza, pero', compromettere il punto di equilibrio tra esigenze contrapposte espressamente individuato dalla norma statale (ex multis sentenza n. 197 del 2014, punto 3.2. del Considerato in diritto).

La norma impugnata, pertanto, viola l'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione, in relazione ai citati parametri statali interposti.

2. L'art. 1, comma 1, lettera c), della legge regionale n. 6 dell'8 febbraio 2019 viola l'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione in relazione all'art 19, comma 2, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante le «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio».

L'art. 1, comma 1, lettera c), citato introduce i commi 3-bis e 3-ter dopo il comma 3 dell'art. della legge regionale 20 gennaio 2000, n. 2, disponendo che «3-bis. La Regione autorizza l'istituzione di apposite zone con periodi per l'addestramento e l'allenamento dei falchi accompagnati anche dai cani, con l'abbattimento della fauna di allevamento appartenente a specie cacciabili.

3-ter. La Regione per le finalita' di cui all'art. 1 puo' avvalersi dei falconieri registrati ai sensi dell'art. 2 in possesso dei requisiti specifici a svolgere attivita':   a) di controllo di cui all'art. 17 comma 2 della legge regionale 9 dicembre 1993, n. 50, di altri piani di controllo o di dissuasione di specie invasive;   b) di riabilitazione dei rapaci in difficolta' di cui all'art. 5 della legge regionale 9 dicembre 1993, n. 50».

La norma consente, pertanto, alla Regione di autorizzare l'istituzione di apposite zone con periodi per l'addestramento e l'allenamento dei falchi, accompagnati anche dai cani, con l'abbattimento di fauna di allevamento appartenente a specie cacciabili.

Inoltre, la Regione potra' avvalersi dei falconieri in possesso di requisiti specifici per svolgere attivita' di controllo o di dissuasione di specie invasive, nonche' attivita' di riabilitazione dei rapaci in difficolta'.

Tale previsione viola l'art. 19, comma 2, della legge n. 157 del 1992 citata, rubricato «Controllo della fauna selvatica», che, pur attribuendo alle regioni il controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia, tuttavia, individua i soggetti autorizzati all'esecuzione di piani di abbattimento con una elencazione tassativa, in cui non sono inclusi i cacciatori, e tali sono anche i falconieri, che non siano proprietari o conduttori dei fondi interessati dai piani medesimi.

L'elenco dei soggetti abilitati al controllo della fauna selvatica ha carattere «tassativo e vincolante» per le regioni, in quanto espressione della competenza esclusiva dello Stato per la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, cosi' che una sua integrazione da parte della legge regionale riduce il livello minimo e uniforme di tutela dell'ambiente. E' principio affermato che «L'elenco contenuto nella norma statale, con riferimento alle persone abilitate all'attivita' in questione dei "piani di abbattimento della fauna selvatica" e' tassativo (sentenza n. 139/2017) e che una sua integrazione da parte della legge regionale riduce il livello minimo e uniforme della tutela dell'ambiente (sentenze n. 139/2017 e sentenza n. 174 del 2017 e n. 107 del 2014; ordinanza n. 44/13.» (sentenza n. 217/2018 punto 3. del Considerato in diritto).

La disciplina introdotta dalla norma impugnata determina, pertanto, una riduzione del livello minimo e uniforme di tutela dell'ambiente prescritto dal legislatore statale nell'esercizio della sua competenza esclusiva e, quindi, una lesione di quest'ultima, violando il riparto di attribuzioni e competenze tra Stato e regioni come disposto dall'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione.

 

P.Q.M.

 

Si conclude perche' l'art. 1, comma 1, lettere b) e c), della legge regionale n. 6 dell'8 febbraio 2019 indicata in epigrafe sia dichiarato costituzionalmente illegittimo.

Si produce l'attestazione della deliberazione del Consiglio dei ministri del 4 aprile 2019.

Roma, 8 aprile 2019

Il Vice Avvocato Generale dello Stato: Palmieri

L'Avvocato dello Stato: Morici