RICORSO N. 48 DEL 15 MARZO 2019 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 15 marzo 2019.

(GU n. 23 del 5.6.2019)

 

Ricorso ai sensi dell'art. 127 della Costituzione per il Presidente del Consiglio dei ministri (codice fiscale n. 80188230587), in persona del Presidente del Consiglio pro-tempore, rappresentato e difeso in virtu' di legge dall'avvocatura generale dello Stato (Fax 06/96514000 PEC ags_m2@mailcert.avvocaturastato.it), presso i cui uffici e' legalmente domiciliato in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12 contro la Regione Toscana, in persona del Presidente pro tempore della Giunta regionale, nella sua sede in Firenze (50122), Palazzo Strozzi Sacrati, Piazza del Duomo n. 10, per la declaratoria della illegittimita' costituzionale   1) dell'art. 2, commi 1 e 2, della legge regionale della Toscana 7 gennaio 2019, n. 3, per contrasto con l'art. 117, comma 1 e comma 2, lettera e) della Costituzione;   2) dell'art. 11 della legge regionale della Toscana 7 gennaio 2019, n. 3, per contrasto con gli articoli 97 e 98 della Costituzione;   3) dell'art. 18 della legge regionale della Toscana 7 gennaio 2019, n. 3 e, in via conseguenziale, dell'art. 8, commi 5 e 6, della legge regionale della Toscana 2 agosto 2013, n. 46, per contrasto con gli articoli 118, comma 1, e 97 della Costituzione;   giusta deliberazione del Consiglio dei Ministri in data 7 marzo 2019;   Sul Bollettino ufficiale della Regione Toscana dell'11 gennaio 2019, n. 3, sezione I, e' stata pubblicata la legge regionale n. 3 del 7 gennaio 2019, intitolata «Legge di manutenzione dell'ordinamento regionale 2018».

Tale legge contiene, per la piu' parte, disposizioni di adeguamento dell'ordinamento regionale a norme sopravvenute o ad impegni assunti dalla Regione con il Governo.

Alcune disposizioni di tale legge sono costituzionalmente illegittime.

Segnatamente, l'art. 2, rubricato «Disposioni per la semplificazione della gestione amministrativa delle procedure negoziate sotto soglia. Modifiche all'art. 35-ter della legge regionale n. 38/2007, contrastando con l'art. 56, comma 2, della Direttiva UE 26 febbraio 2014, n. 2014/24/UE, viola l'art. 117, comma 1, Cost. a mente del quale la potesta' legislativa delle Regioni e' esercitata nel rispetto, tra l'altro, dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario; e, contrastando pure con la norma interposta di cui all'art. 133, comma 8, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, viola anche l'art. 117, comma 2, lettera e) Cost. che riserva allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di «tutela della concorrenza».

L'art. 11 della legge regionale, rubricato «Mobilita' dei dirigenti. Modifiche all'art. 18 della legge regionale n. 1/2009» viola le norme di cui agli articoli 97 e 98 della Costituzione, mentre l'art. 18 della stessa legge, rubricato «Interventi, progetti e opere oggetto di Dibattito pubblico. Modifiche all'art. 8 della legge regionale 46/2013», viola invece i parametri di cui agli articoli 118, comma 1, e 97 della Carta.

Tali disposizioni, eccedendo le competenze regionali ed invadendo quelle statali ovvero violando direttamente precetti costituzionali, vengono percio' impugnate con il presente ricorso ex art. 127 Cost. affinche' ne sia dichiarata l'illegittimita' costituzionale e ne sia pronunciato il conseguente annullamento per i seguenti

 

Motivi di diritto

 

I

 

L'art. 2 della legge regionale Toscana n. 3/2019   L'art. 2 della legge in esame interviene nella legge regionale 13 luglio 2007, n. 38 - recante «Norme in materia di contratti pubblici e relative disposizioni sulla sicurezza e regolarita' del lavoro» - e, segnatamente, sull'art. 35-ter della stessa - aggiunto dall'art. 1, comma 1, della legge regionale 6 agosto 2018, n. 46 - del quale modifica entrambi i commi nei quali la disposizione si articola.

Piu' precisamente, il comma 1 dell'art. 2 della legge regionale n. 3/2019 stabilisce che: - «1. Il secondo periodo del commal dell'art. 35-ter della legge regionale 13 luglio 2007, n. 38 (Norme in materia di contratti pubblici e relative disposizioni sulla sicurezza e regolarita' del lavoro) e' sostituito dal seguente: Nell'avviso di manifestazione di interesse e' indicato che sono invitati tutti gli operatori economici che hanno manifestato interesse, l'intenzione di avvalersi della facolta' di cui al primo capoverso e le modalita' di verifica, anche a campione, dell'assenza dei motivi di esclusione e del rispetto dei criteri di selezione.».

Il comma 2 dell'art. 2 della legge regionale n. 3/2019 dispone invece che «Al comma 2 dell'art. 35-ter della legge regionale n. 38/2007 le parole: «nel bando» sono sostituite dalle seguenti: «nell'avviso.».

Giova a questo punto ricordare che l'art. 1, comma 1, della legge regionale n. 46/2018 -che, come s'e' detto, ha aggiunto alla legge regionale n. 38/2007 la norma (l'art. 35-ter) sulla quale e' ora intervenuto l'art. 2 della legge regionale n. 3/2019 - ha formato oggetto di ricorso ex art. 127 Cost. notificato in data 8 ottobre 2018 - r.ric. n. 73/2018 - perche' la disposizione, contrastando (anch'essa) con l'art. 56, comma 2, della Direttiva 2014/24/UE, e' stata ritenuta violativa dell'art. 117, comma 1, Cost.; e perche', contrastando pure con la norma di cui all'art. 133, comma 8, del decreto legislativo n. 50/2016, e' stata considerata altresi' lesiva dell'art. 117, comma 2, lettera e) Cost..

L'art. 35-ter della legge regionale n. 38/2007 era infatti originariamente cosi' formulato: «1. Nelle procedure negoziate, quando il criterio di aggiudicazione e' quello del minor prezzo, le stazioni appaltanti possono decidere di esaminare le offerte economiche prima di verificare la documentazione amministrativa attestante l'assenza dei motivi di esclusione ed il rispetto dei criteri di selezione ai sensi del decreto legislativo n. 50/2016.

Nell'avviso di manifestazione di interesse sono indicate l'intenzione di avvalersi di tale possibilita' e le modalita' di venfica, anche a campione, dell'assenza dei motivi di esclusione e del rispetto dei criteri di selezione.

2. La verifica di cui al comma 1 e' effettuata nel rispetto dei principi di imparzialita' e trasparenza, in modo che nessun appalto sia aggiudicato ad un offerente che debba essere escluso ai sensi dell'art. 80 del decreto legislativo n. 50/2016 o che non soddisfi i criteri di selezione stabiliti nel bando. Nel caso di applicazione dell'esclusione automatica delle offerte di cui all'art. 97, comma 8, del decreto legislativo n. 50/2016, la soglia di anomalia e' ricalcolata sulla base dell'esito della verifica».

Con l'atto di impugnazione si e' eccepito che la norma regionale in questione, prevedendo che nelle procedure negoziate, quando il criterio di aggiudicazione e' quello del minor prezzo, le stazioni appaltanti possono decidere di esaminare le offerte economiche prima di verificare la documentazione amministrativa attestante l'assenza di motivi di esclusione ed il rispetto dei criteri di selezione ai sensi del decreto legislativo n. 50/2016, contrasta con quanto disposto dall'art. 56, comma 2, della Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio il quale consente l'inversione dell'apertura delle buste - e, quindi, l'esame delle offerte economiche prima della verifica dell'assenza di motivi di esclusione e del rispetto dei criteri di selezione - solo ed esclusivamente nelle procedure aperte e non anche in quelle negoziate: principio poi recepito e ribadito - a livello nazionale - dall'art. 133, comma 8, del decreto legislativo n. 50/2016, come modificato dall'art. 83, comma 1, del decreto legislativo 19 aprile 2017, n. 56.

E si e' percio' concluso che la norma regionale impugnata si pone in contrasto, come s'e' detto, sia con l'art. 56 della Direttiva 2014/24/UE sia con l'art. 133, comma 8, del decreto legislativo n. 50/2016 quale norma interposta, violando cosi' tanto l'art. 117, comma 1, Cost. quanto l'art. 117, comma 2, lettera e) Cost..

Detto giudizio di costituzionalita' e' tuttora pendente.

In questo contesto, l'art. 2 della legge regionale oggetto della presente impugnazione apporta all'art. 35-ter della legge regionale n. 38/2007 modifiche del tutto marginali, inserendo, in aggiunta, la previsione che nell'avviso di manifestazione di interesse «e' indicato che sono invitati tutti gli operatori economici che hanno manifestato interesse» (comma 1), sostituendo le parole «nel bando» con quelle «nell'avviso» (comma 2) e lasciando per il resto immutato il testo previgente.

In tal modo la norma oggetto del precedente ricorso subisce modifiche di mero dettaglio, prive di carattere sostanziale, che non eliminano il vizio che ne determina l'illegittimita' costituzionale costituito dal fatto che, contrariamente a quanto previsto dalla disciplina comunitaria e nazionale di settore, quando il criterio di aggiudicazione e' quello del minor prezzo, le stazioni appaltanti hanno la possibilita' di anticipare l'esame delle offerte rispetto al controllo del possesso dei requisiti di partecipazione anche nelle procedure negoziate.

Ed infatti, come s'e' detto nella precedente impugnazione, l'art. 56, comma 2, della Direttiva 2014/24/UE ha previsto la possibilita' di invertire l'ordine di apertura delle buste soltanto nelle procedure di gara aperte e non anche in quelle negoziate, principio poi recepito nell'ordinamento interno dall'art. 133, comma 8, del codice dei contratti pubblici.

Se il legislatore nazionale ha dunque previsto la possibilita' di anticipare l'esame delle offerte rispetto al controllo del possesso dei requisiti di partecipazione soltanto nelle procedure aperte di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria - analogamente a quanto previsto dal legislatore sovranazionale per le procedure di importo superiore a quelle soglie -, implicitamente escludendo quella possibilita' per le procedure negoziate, deve logicamente concludersi che anche il legislatore regionale, doppiamente vincolato sul punto dai limiti rivenienti dalle previsioni di cui al primo e al secondo comma, lettera e) dell'art. 117 della Carta costituzionale, non puo' prevedere quella possibilita' con riferimento alle procedure negoziate senza impingere nella contestuale violazione di entrambi i parametri costituzionali sopra indicati.

Conclusione, questa, che trova conferma nella giurisprudenza di codesta Ecc.ma Corte la quale ha in piu' occasioni dichiarato l'incostituzionalita' di una norma che, nel modificare una precedente norma impugnata, si sia limitata alla sostituzione di alcune parole, senza mutarne la sostanza: si veda, ex multis, la sentenza n. 179/2012 la quale, a fronte di una modifica semplicemente formale del testo di una norma gia' impugnata, ha affermato che la «... modifica, in conseguenza del suo carattere sostanzialmente marginale, non incide in alcun modo sul contenuto precettivo delle di posizioni impugnate. Pertanto, la questione di legittimita' costituzionale - in forza del principio di effettivita' della tutela costituzionale - deve essere trasferita sulla norma nel testo risultante dalla ultima modifica» (nel medesimo senso v. la sentenza n. 159/2012).

Principio, questo, che vale, a piu' forte ragione, nell'ipotesi in cui - come nella fattispecie - la nuova norma non incide, neppure marginalmente, sul profilo da cui deriva l'illegittimita' costituzionale della norma precedente.

La differente formulazione, inoltre, secondo codesto Ecc.mo Collegio, impone, nonostante il trasferimento della questione, la dichiarazione di illegittimita' della norma in entrambi i testi scrutinati, e, quindi, anche in quello modificato rispetto alla originaria formulazione della norma.

Si insiste pertanto acche' l'art. 2 della legge regionale Toscana n. 3/2019 sia dichiarato costituzionalmente illegittimo.

 

II

 

L'art. 11 della legge regionale Toscana n. 3/2019   L'art. 11 della legge regionale n. 3/2019 interviene invece sulla legge regionale 8 gennaio 2009, n. 1 - recante il «Testo unico in materia di organizzazione e ordinamento del personale» - e, segnatamente, sull'art. 18 della stessa legge del quale modifica nel modo che segue il secondo comma: «Nel corso dell'incarico dirigenziale il direttore generale e i direttori, per specifiche esigenze organizzative, possono:   a) sentiti i dirigenti interessati, disporre la modifica dell'incarico ai dirigenti della struttura di cui sono responsabili;   b) sentiti i dirigenti interessati, assegnarli ad altro incarico di livello corrispondente;   e) assegnare un incarico di differente livello, esclusivamente previo consenso del dirigente interessato».

Anche tale disposizione e' costituzionalmente illegittima violando, come si vedra', i principi di cui agli articoli 97 e 98 della Costituzione.

E' dunque d'uopo rammentare che l'art. 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 -recante le «Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche» - prevede, per quanto qui interessa:   1) al comma 1, che «Ai fini del conferimento di ciascun incarico di funzione dirigenziale si tiene conto, in relazione alla natura e alle caratteristiche degli obiettivi prefissati ed alla complessita' della struttura interessata, delle attitudini e delle capacita' professionali del singolo dirigente, dei risultati conseguiti in precedenza nell'amministrazione di appartenenza e della relativa valutazione, delle specifiche competenze organizzative possedute, nonche' delle esperienze di direzione eventualmente maturate all'estero, presso il settore privato o presso altre amministrazioni pubbliche, purche' attinenti al conferimento dell'incarico. Al conferimento degli incarichi e al passaggio ad incarichi diversi non si applica l'art. 2103 del codice civile»;   2) al comma 1- ter, che «Gli incarichi dingenziali possono essere revocati esclusivamente nei casi e con le modalita' di cui all'art. 21, comma 1, secondo periodo»;   3) al comma 2, che «Tutti gli incarichi di funzione dingenziale nelle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, sono conferiti secondo le disposizioni del presente articolo. Con il provvedimento di conferimento dell'incarico, ovvero con separato provvedimento del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro competente per gli incarichi di cui al comma 3, sono individuati l'oggetto dell'incarico e gli obiettivi da conseguire, con riferimento alle priorita', ai piani e ai programmi definiti dall'organo di vertice nei propri atti di indirizzo e alle eventuali modifiche degli stessi che intervengano nel corso del rapporto, nonche' la durata dell'incarico, che deve essere correlata agli obiettivi prefissati e che, comunque, non puo' essere inferiore a tre anni ne' eccedere il termine di cinque anni. La durata dell'incarico puo' essere inferiore a tre anni se coincide con il conseguimento del limite di eta' per il collocamento a riposo dell'interessato. Gli incarichi sono rinnovabili. Al provvedimento di conferimento dell'incarico accede un contratto individuale con cui e' definito il corrispondente trattamento economico, nel rispetto dei principi definiti dall'art. 24. E' sempre ammessa la risoluzione consensuale del rapporto».

Inoltre, l'art. 27, comma 1, del medesimo decreto legislativo stabilisce che «Le regioni a statuto ordinario, nell'esercizio della propria potesta' statutaria, legislativa e regolamentare, e le altre pubbliche amministrazioni, nell'esercizio della propria potesta' statutaria e regolamentare, adeguano ai principi dell'art. 4 e del presente capo i propri ordinamenti, tenendo conto delle relative peculiarita'. Gli enti pubblici non economici nazionali si adeguano, anche in deroga alle speciali disposizioni di legge che li disciplinano, adottando appositi regolamenti di organizzazione».

Come chiarito, anche recentemente, dalla giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, "[...] Nel lavoro pubblico privatizzato, alla qualifica dirigenziale corrisponde soltanto l'attitudine professionale all'assunzione di incarichi dirigenziali di qualunque tipo, e non e' pertanto applicabile - come, peraltro, e.spressamenteprevisto dal decreto legislativo n. 165 del 2001, art. 19 - l'art. 2103 del codice civile, risultando la regola del rispetto di determinate specifiche professionalita' acquisite non compatibile con lo statuto del dirigente pubblico locale, con la sola eccezione della dirigenza tecnica, la quale va tuttavia interpretata in senso stretto, ossia nel senso che il dirigente tecnico, il cui incarico e' soggetto ai principi della temporaneita' e della rotazione, deve comunque svolgere mansioni tecniche (Cass., n. 3451 del 2010).

9. Tuttavia, con riguardo all'istituto della revoca anticipata (di cui all'art. 22 del CCNL dirigenza enti locali del 1996 e all'art. 13 del CCNL dirigenza enti locali del 1999), ai fini della salvaguardia dei principi costituzionali di buon andamento ed imparzialita' dell'amministrazione, la revoca deve essere adottata con un atto formale e deve essere motivata in modo esplicito e le ragioni organizzative, per costituire legittimo fondamento della revoca anticipata dell'incarico dirigenziale, devono attenere al settore cui e' preposto il dirigente» (cosi' Cass., sez. lav., 3 febbraio 2017, n. 2972).

Da tanto deriva che:   a) qualunque modifica dell'incarico dirigenziale conferito non puo' avvenire che su base consensuale;   b) la revoca dell'incarico dirigenziale puo' aver luogo esclusivamente nei casi in cui, ai sensi dell'art. 21 del decreto legislativo n. 165/2001, sia ravvisabile una responsabilita' di tipo dirigenziale.

Tali principi generali in materia di dirigenza pubblica - rivenienti dalle disposizioni contenute nel Capo II del Titolo II del decreto legislativo n. 165/2001 - vincolano anche le regioni a statuto ordinario le quali, a mente di quanto stabilito dal richiamato art. 27 dello stesso decreto legislativo, sono tenute ad adeguarsi, nell'esercizio della propria potesta' statutaria, legislativa e regolamentare, ai principi ivi fissati.

L'art. 11 della legge regionale Toscana n. 3/2019 non si conforma invece a quei principi.

Ed infatti, quantomeno nelle ipotesi di cui alle lettera a) e b) del comma 2 dell'art. 18 della legge regionale n. 1/2009 - come ora novellato dall'art. 11 della legge regionale n. 3/2019 -, la modifica dell'incarico dirigenziale avviene in modo unilaterale, su iniziativa del direttore generale o dei direttori, e senza il consenso del dirigente interessato;   Inoltre, la revoca dell'incarico conferito e l'assegnazione di un incarico differente, pur essendo, nel caso di cui alla lettera c) del comma 2 dell'art. 18 della legge regionale n. 1/2009 - anch'esso come novellato dall'art. 11 della legge regionale n. 3/2019 - condizionata al consenso del dirigente, prescinde completamente dalla ricorrenza di un'ipotesi di responsabilita' dirigenziale, potendo essere disposta sulla sola base di non meglio individuate esigenze di tipo organizzativo.

Per questi profili, la disciplina recata dall'art. 11 della legge regionale in questione confligge, come s'e' detto, con i principi di buon andamento e di imparzialita' della pubblica amministrazione di cui agli articoli 97 e 98 della Costituzione.

 

III

 

L'art. 18 della legge regionale Toscana n. 3/2019   L'art. 18 della legge regionale n. 3/2019 - rubricato «Interventi, progetti e opere oggetto di Dibattito Pubblico. Modifiche all'art. 8 della LR 46 / 2013» - modifica invece l'art. 8 della legge regionale 2 agosto 2013, n. 46, intitolata «Dibattito pubblico regionale e promozione della partecipazione alla elaborazione delle politiche regionali e locali».

L'art. 8 della legge regionale n. 46/2013 individua gli interventi, i progetti e le opere oggetto di dibattito pubblico stabilendo sia i casi nei quali si deve fare o puo' farsi luogo a dibattito pubblico (commi 1, 2 e 3) sia quelli nei quali non si fa luogo a dibattito pubblico (comma 4).

Il comma 5 dell'art. 8 stabilisce poi che «Il Dibattito Pubblico si svolge sulle seguenti tipologie di opere nazionali per le quali la Regione e' chiamata ad esprimersi:   a) infrastrutture stradali e ferroviarie;   b) elettrodotti;   c) impianti per il trasporto o lo stoccaggio di combustibili,   d) porti e aeroporti;   e) bacini idroelettrici e dighe;   f) reti di radiocomunicazione»; mentre il successivo comma 6 disciplina le modalita' di svolgimento del dibattito pubblico per le opere indicate dal comma precedente.

L'art. 18 della legge regionale n. 3/2019 aggiunge, alle ipotesi nelle quali non si effettua il dibattito pubblico, un altro caso, prevedendo che a questo non si fa luogo anche «per le opere nazionali di cui al comma 5, quando il regolamento emanato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 maggio 2018, n. 76 (Regolamento recante modalita' di svolgimento, tipologie e soglie dimensionali delle opere sottoposte a dibattito pubblico) prevede lo svolgimento del dibattito pubblico ivi disciplinato.» (cosi' la lettera b-bis, aggiunta, dall'art. 18 della legge regionale n. 3/2019, al comma 4 dell'art. 8 della legge regionale n. 46/2013).

La disposizione di cui all'art. 8, comma 4, della legge regionale n. 46/2013 - come modificata dall'art. 18 della legge regionale n. 3/2019 -, letta in combinato disposto con i successivi commi 5 e 6 dello stesso art. 8, determina un'indebita sovrapposizione della normativa regionale con la regolamentazione statale dettata dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 76 del 10 maggio 2018 («Regolamento recante modalita' di svolgimento, tipologie e soglie dimensionali delle opere sottoposte a dibattito pubblico»), provocando incertezza in ordine alla disciplina in concreto applicabile nelle diverse ipotesi.

Occorre infatti rammentare che l'art. 22 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 ha previsto che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri siano fissati i criteri per l'individuazione delle «grandi opere infrastrutturali e di architettura di rilevana sociale, aventi impatto sull'ambiente, sulle citta' e sull'assetto del territorio», distinte per tipologia e soglie dimensionali, per le quali e' obbligatorio il ricorso alla procedura di dibattito pubblico; e siano altresi' definiti le modalita' di svolgimento e il termine di conclusione della medesima procedura.

In attuazione di tale disposizione e' stato pertanto emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 76/2018 il quale ha stabilito che "sono soggette a dibattito pubblico, ai sensi dell'art. 22, comma 1, del codice di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016, le opere rientranti nelle tipologie di cui all'allegato 1» al medesimo decreto presidenziale (art. 3, comma 1): in tale allegato sono percio' elencate tali opere distinte per tipologie e soglie dimensionali.

Lo stesso art. 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 76/2018 prevede anche i casi nei quali si fa luogo a riduzione dei parametri di riferimento delle soglie dimensionali (comma 2) nonche' le modalita' di svolgimento del dibattito pubblico per le opere di cui all'allegato 1 di importo compreso tra la soglia ivi indicata e due terzi della medesima (comma 3): sono infine indicate le fattispecie nelle quali il dibattito pubblico non si effettua (comma 5).

Le tipologie di opere genericamente indicate dal comma 5 dell'art. 8 della legge regionale n. 46 del 2013 comprendono quindi anche opere che, in base alla disciplina apprestata dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 76/2018, non sono soggette a dibattito pubblico.

Accade infatti che opere nazionali di interesse regionale - pur rientrando, in astratto, tra quelle elencate dal comma 5 dell'art. 8 della legge regionale n. 46 del 2013 - non siano in concreto assoggettate al dibattito pubblico previsto dalla normativa statale perche' non raggiungono le soglie dimensionali o di valore fissate dall'Allegato al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 76/2018; ovvero perche' diverse dalle ulteriori fattispecie indicate dall'art. 3 del decreto presidenziale; ovvero ancora perche' rientrano tra quelle per le quali lo stesso art. 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri citato esclude che si faccia luogo a dibattito pubblico.

Le opere nazionali di interesse regionale le quali, pur essendo escluse, per le ragioni di cui sopra, dal dibattito pubblico previsto dalla normativa statale, rientrano tra le tipologie elencate dal comma 5 dell'art. 8 della legge regionale n. 46 del 2013, per effetto del combinato disposto dei commi 4 - come modificato ed integrato dall'art. 18 della legge regionale n. 3/2019 -, 5 e 6 della legge regionale n. 46/2013, sono quindi sottoposte al dibattito pubblico regionale previsto dalla stessa legge regionale n. 46/2013.

Sotto questo profilo, l'art. 18 della legge regionale n. 3/2019 - e, quindi, il comma 4 della legge regionale n. 46/2013, come da essa modificato ed integrato -, nonche', in via conseguenziale, i commi 5 e 6 della stessa legge regionale n. 46/2013, sono costituzionalmente illegittimi contrastando sia con l'art. 118, comma 1, Cost. sia con l'art. 97 Cost..

Ed infatti, per le «grandi opere infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale, aventi impatto sull'ambiente, sulle citta' e sull'assetto del territorio» indicate dall'art. 22 del decreto legislativo n. 50/2016 e dettagliate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 76/2018, solo lo Stato ha il potere di individuare quelle - nazionali - oggetto di dibattito pubblico.

Le Regioni, di conseguenza, non hanno il potere di assoggettare i progetti relativi alle opere anzidette, ancorche' di loro interesse, perche' in relazione ad esse chiamate ad esprimersi, a dibattito pubblico regionale, come invece previsto, per la Regione Toscana, dalla legge regionale n. 46/2013.

Per le opere nazionali - anche se di interesse regionale - per le quali lo Stato esclude il dibattito pubblico - statale - (altrimenti) previsto dall'art. 22 del decreto legislativo n. 50/2016 e dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 76/2018, e' altresi' escluso anche il dibattito pubblico regionale.

E la ragione di cio' si rinviene, da un lato, nella circostanza che la realizzazione delle «grandi opere infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale, aventi impatto sull'ambiente, sulle citta' e sull'assetto del territorio» di cui all'art. 22 del decreto legislativo n. 50/2016 rientra nell'esclusiva competenza dello Stato; e, per un altro, nel fatto che l'assoggettamento di tali opere al dibattito pubblico regionale pure nelle ipotesi in cui la normativa statale esclude il dibattito «nazionale» si traduce in un evidente appesantimento ed aggravamento dell'attivita' amministrativa, nonche' in un inevitabile allungamento dei tempi di realizzazione dei progetti: con conseguente interferenza regionale nell'esercizio di funzioni amministrative riservate allo Stato al fine di assicurarne l'esercizio unitario e correlato pregiudizio del principio di buon andamento dell'amministrazione pubblica.

Tale conclusione appare del resto coerente con l'insegnamento di codesta Ecc.ma Corte che, proprio di recente, ha delineato con estrema chiarezza la fisionomia, la finalita' ed i limiti dell'istituto del dibattito pubblico.

Nella sentenza n. 235 del 2018 codesto Ecc.mo Collegio ha infatti precisato, in relazione al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 76/2018, quanto segue: «4. - Si tratta, dunque, di una disciplina esaustiva dell'istituto alla cui stregua, da una parte, e' da escludere che soggetti diversi da quelli individuati, possano prendere l'iniziativa; dall'altra, vi e' la garanzia che vengano adeguatamente in rilievo le esigenze e i problemi dei territori incisi dall'opera, atteso che le posizioni emergenti a livello locale, facenti capo a soggetti pubblici e privati, possono e debbono trovare spazio nel dibattito pubblico statale, il quale, per come strutturato, e' fisiologicamente teso a consentire di convogliare in tale sede contributi, confronti e conflitti con cittadini, associazioni ed istituzioni di ogni livello.

5. L'intervento del legislatore regionale comporta dunque l'intederenza lamentata dal ricorrente e quindi la violazione dell'art. 118, primo comma, Cost..

6. Tale intervento appare peraltro ingiustificato anche sotto altro e sostanziale profilo.

6.1. L'assetto dato a questa fondamentale fase del procedimento deve, infatti, ritenersi un ragionevole punto di equilibrio fra le esigenze della partecipazione e quelle dell'efficienza.

Non vi e' dubbio che, come evidenzia anche il Consiglio di Stato nel proprio parere n. 855 del 1° aprile 2016 sullo schema di decreto legislativo recante «Codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione», il dibattito pubblico sia «uno strumento essenziale di coinvolgimento delle collettivita' locali nelle scelte di localizzazione e realizzazione di grandi opere aventi rilevante impatto ambientale, economico e sociale sul territorio coinvolto».

Esso configura, analogamente alPinchiesta pubblica prevista dall'art. 24-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale,), una fondamentale tappa nel cammino della cultura della partecipazione, rappresentata da un modello di procedimento amministrativo che abbia, tra i suoi passaggi ineliminabili, il confronto tra la pubblica amministrazione proponente l'opera e i soggetti, pubblici e privati, ad essa interessati e coinvolti dai suoi effetti, alimentandosi cosi' un dialogo che, da un lato, faccia emergere eventuali piu' soddisfacenti soluzioni progettuali, e, dall'altra, disinneschi il conflitto potenzialmente implicito in qualsiasi intervento che abbia impatto significativo sul territorio.

Ma proprio perche' si e' in presenza di un prezioso strumento della democrazia partecipativa, se ne devono evitare abusi e arbitrarie ripetizioni, in particolare con riferimento ai diversi piani (statale e regionale) su cui lo stesso deve svolgersi, pena un ingiustificato appesantimento dell'intera procedura.

6.2. Cio' e' appunto quanto si verifica nel caso in questione, in cui il dibattito pubblico previsto dal legislatore regionale costituisce una duplicazione di quello previsto dalla normativa statale e quindi comporta prolungamenti dei tempi delPnione amministrativa e un aggravamento degli oneri procedimentali senta che ne sussista alcuna giustificazione.

7. Risulta dunque fondata anche la censura dedotta dal ricorrente di violazione dell'art. 97, primo comma, Cost. per lesione del principio di buon andamento dell'amministrazione...».

Alla luce di tale autorevole insegnamento si deve pertanto concludere che il dibattito pubblico regionale sulle opere nazionali di rilevante impatto ambientale, economico e sociale e' escluso non soltanto quando, come nel caso deciso, esso costituirebbe un'inutile duplicazione del dibattito pubblico gia' previsto dalla normativa statale, ma anche nell'ipotesi, che qui ricorre, in cui questa stessa normativa escluda, tout court, che si faccia luogo a dibattito pubblico.

Per il complesso delle considerazioni che precedono l'art. 18 della legge regionale n. 3/2019, contrastando con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 76 del 2018, attuativo dell'art. 22 del decreto legislativo n. 50/2016, viola quindi, per le ragioni esposte, sia l'art. 118, comma 1, Cost. sia l'art. 97 della Carta fondamentale; e, per la connessione che li lega alla disposizione - il comma 4 dell'art. 8 della legge regionale n. 46/2013 - modificata dall'art. 18 della legge regionale n. 3/2019, parimenti incostituzionali - e per i medesimi motivi - debbono in via conseguenziale ritenersi anche i commi 5 e 6 dello stesso art. 8 della legge regionale n. 46 del 2013; ai quali pertanto espressamente si chiede che si estenda - ai sensi dell'art. 27, secondo periodo, legge dell'11 marzo 1953, n. 87 - la declaratoria di incostituzionalita'.

 

P.Q.M.

 

Il Presidente del Consiglio dei ministri chiede che codesta Ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare costituzionalmente illegittimi, e conseguentemente annullare, per i motivi sopra rispettivamente indicati ed illustrati, gli articoli 2, commi 1 e 2, 11 e 18 della legge della Regione Toscana 7 gennaio 2019, n. 3; nonche', in via conseguenziale, ai sensi dell'art. 27, secondo periodo, legge 11 marzo 1953, n. 87, l'art. 8, commi 5 e 6, della legge della Regione Toscana 2 agosto 2013, n. 46.

Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno:   1. attestazione relativa alla approvazione, da parte del Consiglio dei ministri nella riunione del giorno 7 marzo 2019, della determinazione di impugnare la legge della Regione Toscana 7 gennaio 2019, n. 3 secondo i termini e per le motivazioni di cui alla allegata relazione del Ministro per gli affari regionali e le autonomie;   2. copia della legge regionale impugnata pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Toscana n. 3 dell'11 gennaio 2019.

Con riserva di illustrare e sviluppare in prosieguo i motivi di ricorso anche alla luce delle difese avversarie.

Roma, 10 marzo 2019

Il Vice Avvocato Generale dello Stato: Mariani

L'Avvocato dello Stato: D'Elia