RICORSO N. 18 DEL 31 GENNAIO 2019 (DELLA REGIONE CALABRIA)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 31 gennaio 2019.

(GU n. 13 del 27.3.2019)

 

Ricorso proposto dalla Regione Calabria (P. IVA 02205340793), in persona del Presidente della Giunta Regionale dott. Gerardo Mario Oliverio, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale della Calabria n. 8/2019 (doc. 1), rappresentato e difeso, giusta decreto dirigenziale n. 664 del 24 gennaio 2019 (doc. 2) e procura in calce al presente atto, tanto unitamente quanto disgiuntamente, dall'avv. Giuseppe Naimo (C.F. NMAGPP65A05D976H) dell'Avvocatura regionale e dal prof. avv. Vincenzo (Enzo) Cannizzaro, (C.F. CNNVCN59C30A843I) del Foro di Roma, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo in Roma, Corso d'Italia, 106 (per eventuali comunicazioni: fax 06/44117817 posta elettronica certificata: vincenzo.cannizzaro@legalmail.it)   contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale e' domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12 per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, convertito in legge 1° dicembre 2018, n. 132, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 281 del 3 dicembre 2018, recante «Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonche' misure per la funzionalita' del Ministero dell'interno e l'organizzazione e il funzionamento dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalita' organizzata», in particolare gli articoli 1, commi 1, 2, 3, 6, 7, 8 e 9, articoli 12 e 13, art. 21, primo comma, lettera a).

 

Fatto

 

1. Il decreto-legge del 4 ottobre 2018, n. 113, convertito con modificazioni con legge del 1° dicembre 2018, n. 132, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 281 del 3 dicembre 2018, recante «Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonche' misure per la funzionalita' del Ministero dell'interno e l'organizzazione e il funzionamento dell'Agenzia nazionale per l'Amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalita' organizzata» (di seguito, anche solo «Decreto sicurezza»), ha introdotto o modificato, per quel che qui rileva, le seguenti disposizioni.

2. Il Decreto sicurezza nell'art. 1, rubricato «Disposizioni in materia di permesso di soggiorno per motivi umanitari e disciplina di casi speciali di permessi di soggiorno temporanei per esigenze di carattere umanitario», commi 1, 2, 3, 6, 7, 8 e 9, ha soppresso la nozione di permesso di soggiorno per «motivi umanitari» prevedendo, in suo luogo, una serie di ipotesi specifiche per la concessione del permesso di soggiorno a migranti non in possesso dei requisiti per il riconoscimento dello status di rifugiato ovvero per il godimento della protezione sussidiaria.

3. La nozione di permesso di soggiorno per motivi umanitari era regolata, prima del Decreto sicurezza, dall'art. 5, comma 6, del decreto legislativo del 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero (di seguito solo «TU Immigrazione»).

Tale norma prevedeva la possibilita' di concedere il permesso di soggiorno nel caso in cui ricorressero «seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano». La nozione era dunque di ampio respiro, al fine di consentire l'asilo a soggetti con diverse problematiche incidenti su diritti inviolabili della persona umana.

4. Per effetto del Decreto sicurezza, il permesso di soggiorno per motivi umanitari puo' essere rilasciato solo in casi ormai tipizzati, c.d. «casi speciali». I motivi che giustificano il rilascio del permesso di soggiorno sono i seguenti:   motivi di protezione sociale, consistenti nell'esigenza di sottrarsi alla violenza e ai condizionamenti dell'organizzazione criminale, di cui all'art. 18 del TU Immigrazione (istituto preesistente al Decreto sicurezza);   essere vittima di violenza domestica, di cui all'art. 18-bis del TU Immigrazione (istituto preesistente al Decreto sicurezza);   versare «in condizioni di salute di particolare gravita'», «tali da determinare un rilevante pregiudizio alla salute degli stessi, in caso di rientro nel Paese di origine o di provenienza», ai sensi dell'art. 19, comma 2, lettera d-bis, del TU Immigrazione (permesso di soggiorno per cure mediche, istituto introdotto dal Decreto sicurezza);   dover far ritorno in un Paese che versi in una situazione di contingente ed eccezionale calamita', tale da non consentire un rientro in condizioni di sicurezza (permesso di soggiorno per calamita', di cui all'art. 20-bis del TU Immigrazione, istituto introdotto dal Decreto sicurezza);   ipotesi di particolare sfruttamento lavorativo, nel caso lo straniero che abbia presentato denuncia e cooperi nel procedimento penale instaurato nei confronti del datore di lavoro, (permesso di soggiorno per sfruttamento lavorativo, di cui all'art. 22, comma 12-quater del TU Immigrazione, istituto preesistente al Decreto sicurezza);   ipotesi in cui lo straniero abbia compiuto atti di particolare valore civile (permesso di soggiorno per atti di particolare valore civile, di cui all'art. 42-bis, del TU Immigrazione, istituto introdotto dal Decreto sicurezza).

5. Tali ipotesi restringono considerevolmente il campo di applicazione del c.d. permesso umanitario.

6. Gli articoli 12 e 13 del Decreto sicurezza modificano il sistema di accoglienza dei richiedenti asilo, mutando il titolo di accesso ai centri del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (c.d. «SPRAR»), ed eliminando, per i richiedenti asilo, il sistema di iscrizione all'anagrafe.

7. In particolare, il decreto-legge Sicurezza ha modificato l'art. 1-sexies del decreto-legge del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, regolante il «Sistema di protezione per richiedenti asilo, rifugiati» (c.d. SPRAR) che e' stato modificato in «Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e minori stranieri non accompagnati» (c.d. SIPROIMI), escludendo da tale sistema i richiedenti protezione internazionale e i minori accompagnati.

8. La nuova norma dispone (in neretto le modificazioni introdotte con il Decreto sicurezza):   «Gli enti locali che prestano servizi di accoglienza per i titolari di protezione internazionale e per i minori stranieri non accompagnati, che beneficiano del sostegno finanziario di cui al comma 2, possono accogliere nell'ambito dei medesimi servizi anche i titolari dei permessi di soggiorno di cui agli articoli 19, comma 2, lettera d-bis), 18, 18-bis, 20-bis, 22, comma 12-quater, e 42-bis del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, qualora non accedano a sistemi di protezione specificamente dedicati» (comma 1).

Al fine di razionalizzare e ottimizzare il sistema di protezione dei soggetti di cui al comma 1, e di facilitare il coordinamento, a livello nazionale, dei servizi di accoglienza territoriali, il Ministero dell'interno attiva, sentiti l'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e l'ACNUR, un servizio centrale di informazione, promozione, consulenza, monitoraggio e supporto tecnico agli enti locali che prestano i servizi di accoglienza di cui al comma 1. Il servizio centrale e' affidato, con apposita convenzione, all'ANCI (comma 4).

Il servizio centrale di cui al comma 4 provvede a: a) monitorare la presenza sul territorio dei soggetti di cui al comma 1. (...)».

9. Detta norma esclude quindi la categoria dei richiedenti asilo e minori accompagnati dall'assistenza fornita dagli enti locali.

10. Sul punto, il Decreto sicurezza ha gia' trovato attuazione a mezzo:   del decreto del Ministero dell'interno del 22 gennaio 2019 (doc. 3), con cui sono stati approvati dei progetti per i nuovi SIPROIMI (ex SPRAR);   del decreto del Ministero dell'interno del 20 novembre 2018 (1) , con cui e' stato approvato lo Schema di capitolato di gara di appalto, riguardante la fornitura di beni e servizi per la gestione e il funzionamento dei centri di prima accoglienza (c.d. «CARA» e «CAS»).

11. Ed ancora, per quel che qui interessa, l'art. 21, primo comma lettera a) del Decreto sicurezza modifica l'art. 9, comma 3, del decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14, aggiungendo fra i luoghi rispetto ai quali si possano disporre provvedimenti di stazionamento e ordini di allontanamento, previsti da tale disposizione, anche i «presidi sanitari».

12. Orbene, il Decreto sicurezza, nelle norme su citate, comporta sensibili condizionamenti sull'autonomia legislativa e amministrativa regionale a causa dalle scelte imposte dalle nuove norme statali.

Ulteriori condizionamenti sono stati prodotti, e si produrranno ulteriormente, attraverso la normativa di attuazione del sistema normativo adottato dal legislatore nazionale.

13. La Regione Calabria e' quindi indotta a chiedere alla Corte costituzionale di voler dichiarare l'illegittimita', in parte qua, del decreto-legge n. 113/ 2018, per violazione della Costituzione, anche attraverso la violazione di obblighi internazionali ed europei, nonche' del principio di leale collaborazione, per i motivi di diritto illustrati nei paragrafi seguenti.

 

Diritto

 

I. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 1, 2, 3, 6, 7, 8 e 9, del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 per violazione dell'art. 117, commi 3 e 4, Cost. di per se' e alla luce degli articoli 2, 3, 10, comma 3, 31, 32, 34 e 35 Cost., dell'art. 117, comma 1, Cost., nonche' per violazione del principio di leale collaborazione espresso dagli articoli 5 e 120 Cost.

A. La soppressione dell'istituto dell'asilo «umanitario» stabilito dal decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113

14. Come indicato nella narrativa in fatto, l'atto impugnato ha abrogato la normativa statale che istituiva e regolamentava l'istituto comunemente indicato con il nome di «asilo umanitario», istituito e regolamentato dal TU Immigrazione. In particolare, risultano abrogati gli articoli 4-bis, comma 2-bis, e art. 5, comma 6, i quali prevedevano la concessione di permessi di soggiorno per «motivi umanitari».

15. Ne consegue che il Decreto sicurezza assicura tutela di esigenze umanitarie nei confronti di cittadini di Paesi terzi che non integrino le condizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato, ai sensi della Convenzione di Ginevra del 1951, modificata dal Protocollo di New York del 16 dicembre 1966 ratificata con legge 25 ottobre 1977, n. 881, ne' abbiano titolo alla protezione sussidiaria, istituita e disciplinata dalla Direttiva 2011/95/UE, solo in ipotesi specifiche e tassativamente determinate.

16. Nel loro insieme, tali ipotesi sono indicate come «speciali», sia quanto al titolo dei permessi di soggiorno adottati sulla base di esse, sia quanto alla protezione ad esse riconnesse. Esse coprono ipotesi che, per quanto rilevanti, non esauriscono certamente l'ampio campo coperto dalla figura dell'asilo umanitario. Ne', alla luce della loro «specialita'», appare possibile una estensione su base interpretativa o analogica.

B. L'incidenza di tale regime sulla legislazione della Regione Calabria

17. L'abolizione dell'istituto della protezione umanitaria da parte dell'art. 1 del Decreto sicurezza rende inapplicabile la normativa regionale relativa alla accoglienza, assistenza o integrazione, nella parte in cui essa designi fra i propri beneficiari soggetti gia' in possesso di tale status, ovvero che lo avrebbero acquistato ai sensi della legislazione pre-vigente.

18. Una forma di interferenza diretta si verifica in relazione alle disposizioni legislative le quali fanno espressamente riferimento ai titolari di misure di protezione umanitaria, quale, ad esempio, l'art. 1 legge regionale 12 giugno 2009, n. 18 recante la disciplina su «Accoglienza dei richiedenti Asilo, dei rifugiati e sviluppo sociale, economico e culturale delle Comunita' locali».

Rispetto a tali disposizioni, l'art. 1 del Decreto sicurezza ha un effetto sostanzialmente abrogativo.

19. L'abolizione dell'istituto della protezione umanitaria altera altresi' l'ambito soggettivo di applicazione delle disposizioni di legge della Regione Calabria le quali fondano prestazioni assistenziali o sociali in relazione al possesso di un permesso di soggiorno di una durata minima. Ad esempio, la legge regionale 26 novembre 2003, n. 23, recante la «Realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali nella Regione Calabria», si applica, a termini del suo art. 3, a cittadini di Paesi terzi, in possesso di un permesso di soggiorno della durata minima di un anno. Per effetto del Decreto sicurezza, alla scadenza del permesso di soggiorno per motivi umanitari, i titolari hanno cessato o cesseranno di essere destinatari del sistema integrato stabilito da tale legge.

20. L'abolizione dell'istituto della protezione umanitaria altera, infine, anche l'ambito soggettivo delle prestazioni assistenziali della Regione fondate sul principio del servizio universale, quali quelli previsti dalla legge regionale 12 novembre 2004, n. 28 «Garante per l'infanzia e l'adolescenza», dalla legge regionale 29 marzo 2013, n. 15 «Norme sui servizi educativi per la prima infanzia» e dalla legge regionale 21 agosto 2007, n. 20 «Disposizioni per la promozione ed il sostegno dei centri di antiviolenza e delle case di accoglienza per donne in difficolta'».

21. La scadenza del permesso di soggiorno per motivi umanitari, infatti, ha l'effetto di privare il soggetto che ne era titolare del precedente status giuridico di rifugiato umanitario, assoggettandolo alle misure statali di controllo dell'immigrazione irregolare, come ad esempio le misure di trattenimento in centri speciali di detenzione amministrativa non immediatamente compatibili con i meccanismi di assistenza e sostegno previsti dalle leggi regionali citate.

22. Piu' in generale, l'abolizione dell'istituto della protezione umanitaria, anche alla luce dell'imponente numero di persone che se ne avvalevano alla data di entrata in vigore del Decreto sicurezza e che sono stati, o che saranno repentinamente privati di tale status, comporta una profonda riconversione di tutti gli strumenti di accoglienza, assistenza e integrazione, imponendo un ingente sforzo organizzativo sulle strutture regionali e degli enti locali.

23. La circostanza che tale privazione interessa un alto numero di soggetti in situazione di estrema vulnerabilita', rende tale riconversione estremamente urgente, al fine di attenuare il disagio sociale che le cronache di questi giorni hanno registrato.

C. Illegittimita' costituzionale del decreto-legge n. 113/2008 per violazione dell'art. 117, commi 3 e 4, Cost., congiuntamente all'art. 10, comma 3, Cost., che stabilisce il diritto costituzionale di asilo stabilito, nonche' con gli articoli 3, 31, 32, 34 e 35 della Costituzione

24. L'abolizione ad opera dell'art. 1 del Decreto sicurezza dell'istituto della protezione umanitaria comprime quindi l'ambito di applicazione della legislazione regionale escludendo da essa una intera categoria di persone gia' destinatarie di tali forme di sostegno e assistenza e costringendo le Regioni a riorganizzare l'intero sistema di accoglienza, integrazione e assistenza, oggetto di competenza concorrente o residuale.

25. Tale interferenza concerne, inoltre, un diritto di rango costituzionale, quale l'art. 10, comma 3, Cost. L'istituto della protezione umanitaria, infatti, ha costituito, nella pre-vigente legislazione, l'obiettiva attuazione sul piano legislativo del diritto costituzionale di asilo, affiancandosi alla protezione internazionale, che trova fonte nella Convenzione di Ginevra del 1951 relativa allo status di rifugiato, e alla protezione sussidiaria, che trova fonte nella Direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011 (v. per tutte, la recente senza della Corte di Cassazione, Sez. I civile, del 23 febbraio 2018, n. 4455).

26. Tale nuovo regime ha quindi l'effetto di impedire alla Regione di assicurare prestazioni che rientrano nella propria competenza ratione materiae gia' disposte a favore di individui che hanno un titolo costituzionale a riceverlo. In tal modo, esso appare in conflitto con l'art. 117, comma 3 e 4, congiuntamente all'art. 10, comma 3, Cost., che ha stabilito un diritto costituzionale di asilo.

27. Come indicato piu' volte dalla Corte costituzionale, da ultimo nella sentenza n. 251 del 2016:   «le Regioni possono evocare parametri di legittimita' diversi da quelli che sovrintendono al riparto di attribuzioni solo quando la violazione denunciata sia potenzialmente idonea a determinare una lesione delle attribuzioni costituzionali delle Regioni e queste abbiano sufficientemente motivato in ordine ai profili di una possibile ridondanza della predetta violazione sul riparto di competenze, assolvendo all'onere di operare la necessaria indicazione della specifica competenza regionale che ne risulterebbe offesa e delle ragioni di tale lesione».

28. In termini analoghi, la Corte costituzionale ha indicato che l'invocazione di un parametro di costituzionalita' estraneo al Titolo V della Costituzione e' nondimeno ammissibile in sede di giudizio di legittimita' costituzionale qualora la violazione di esso si ripercuota sulle attribuzioni costituzionali della Regione (sentenza n. 5 del 2018).

29. Or bene, la competenza regionale non e' violata solo da una disposizione statale che detti regole materiali nella materia demandata alla competenza regionale, ma altresi' da una disposizione statale che interferisce nell'ambito di applicazione della legislazione regionale, e, in particolare, allorche' restringa tale ambito in maniera da imporre alle Regioni di non assicurare prestazioni che esse hanno un dovere costituzionale di prestare.

30. Come e' noto, l'art. 117, comma 2, Cost. assegna allo Stato una competenza esclusiva in tema di asilo e di condizione giuridica dello straniero e, quindi, conferisce a tale ente il potere di determinare l'ambito nel quale le Regioni potranno esercitare le proprie competenze concorrenti o residuali in tema di integrazione, di accoglienza e di assistenza.

31. La competenza a regolamentare il diritto di asilo potra', quindi, legittimamente interferire nello spazio di competenza regionale. Tale competenza, tuttavia, e' limitata materialmente dall'art. 10, comma 3, che determina la sfera soggettiva di tale diritto, e funzionalmente dall'art. 117, comma 3 e 4, che assegna alle Regioni il compito di concretizzare tale diritto, garantendo le prestazioni necessarie a sancirne l'effettivita'.

32. La giurisprudenza costituzionale ha quindi delineato l'alveo entro il quale scorrono le due sfere di competenza. Da un lato «la potesta' legislativa (regionale) non puo' riguardare aspetti che attengono alle politiche di programmazione dei flussi di ingresso e di soggiorno nel territorio nazionale». D'altro lato, «altri ambiti, come il diritto allo studio o all'assistenza sociale, (sono) attribuiti alla competenza concorrente e residuale delle Regioni».

33. Si verifica, in questo campo, un intreccio di competenze le quali, nel loro insieme, devono tendere a realizzare il diritto costituzionale di asilo: «(e) cio', in quanto l'intervento pubblico concernente gli stranieri non puo' limitarsi al mero controllo dell'ingresso e del soggiorno degli stessi sul territorio nazionale, ma deve necessariamente considerare altri ambiti - dall'assistenza sociale all'istruzione, dalla salute all'abitazione - che coinvolgono molteplici competenze normative, alcune attribuite allo Stato, altre alle Regioni. Tanto piu' che lo straniero e' titolare di tutti i diritti fondamentali che la Costituzione riconosce spettanti alla persona».

34. Ne consegue l'impossibilita' di determinare una prevalenza fra due sfere di competenza, parimenti titolate a concorrere alla realizzazione dell'art. 10, comma 3, Cost.

35. In particolare, una regolamentazione del diritto di asilo che, in luogo di definire ragionevolmente il perimetro entro il quale le Regioni dovranno operare a favore dei titolari di tale diritto, lo svuoti di contenuto, non violerebbe quindi solo l'art. 10, comma 3, Cost. Essa interferirebbe altresi', in maniera illegittima, sulle competenze in tema di accoglienza, integrazione e assistenza, assegnate alle Regioni dall'art. 117, commi 3 e 4.

36. Cio' e' quel che accade nel caso di specie. L'art. 1 del Decreto sicurezza non detta espressamente norme in tema di accoglienza. In una concezione meramente formale. Tuttavia, l'abolizione del permesso di soggiorno per protezione umanitaria interferisce in maniera ancora piu' drastica con le competenze regionali, privando del tutto le Regioni del potere di esercitare le proprie competenze a favore dei soggetti titolari del diritto di asilo.

37. Tali interferenze, quindi, producono a propria volta una serie di violazioni del testo costituzionale.

a. Risulta violato in primo luogo, e per i motivi gia' detti, l'art. 10, par. 3, della Costituzione, in quanto la normativa statale impugnata vincola la Regione a tenere condotte incompatibili con la protezione costituzionale del diritto di asilo.

b. Risulta violato l'art. 3 della Costituzione in quanto, e paradossalmente, il Decreto sicurezza determina una discriminazione fra i soggetti titolari della protezione internazionale e sussidiaria e i soggetti titolari di protezione costituzionale, escludendo dai meccanismi regionali di assistenza, accoglienza e integrazione proprio i titolari del diritto costituzionale di asilo, e vincolando la Regione a svolgere tale discriminazione sul terreno delle prestazioni assistenziali;   c. Risultano violati altresi' gli articoli 31, 32, 34 e 35, in quanto il Decreto sicurezza impedisce alle Regioni di fornire, ai soggetti titolari del diritto costituzionale di asilo, le prestazioni assistenziali che costituiscono attuazione di tali disposizioni.

D. L'incompatibilita' del nuovo regime dell'asilo umanitario con l'art. 117, commi 3 e 4, interpretati alla luce dell'art. 117, comma 1, Cost.

38. Per motivi analoghi, l'art. 1 del Decreto sicurezza viola l'art. 117, comma 1, Cost., che impone allo Stato e alle Regioni di esercitare la funzione legislativa nel rispetto degli obblighi internazionali ed europei. In particolare, l'abolizione dell'istituto della protezione umanitaria impone alle Regioni di non applicare la propria normativa in tema assistenziale a favore di soggetti che possono ben essere gia' radicati nella societa' regionale o locale al punto che un loro allontanamento violi il rispetto della vita privata e familiare assicurato dall'art. 8 della Convenzione europea.

39. E' noto, infatti, come l'istituto dell'asilo umanitario abbia incorporato altresi' orientamenti della giurisprudenza interna tesa ad adeguare le rigidita' insite nel regime giuridico del soggiorno degli stranieri in Italia agli obblighi scaturenti dall'art. 8 della Convenzione europea, ricostruiti in un consolidato orientamento interpretativo della Corte europea dei diritti dell'uomo.

40. Tale orientamento, inaugurato in tempi non recenti (v. la sentenza del 28 maggio 1985, n. 9214/80; 9473/81; 9474/81, Abdulaziz, Cabales e Balkandali c. Regno Unito), si e' consolidato al punto da codificare i criteri per verificare se un cittadino straniero, pur non in possesso di valido titolo di ingresso e soggiorno, abbia nondimeno un radicamento sociale tale che la sua esclusione violerebbe l'art. 8 della Convenzione (v. la sentenza resa nel caso Boultif c. Svizzera, n. 54273/99, del 2 agosto 2001, e, ancor piu' di recente, quella resa nel caso Üner c. Paesi Bassi, n. 46410/ 99, del 18 ottobre 2016, decisa nella composizione a Sezioni Unite, e quella resa nel caso Saber e Boughassal c. Spagna, n. 76550/13 e 45938/14, del 18 dicembre 2018). Tali criteri sono: «the nature and seriousness of the offence committed by the applicant; the length of the applicant's stay in the country from which he or she is to be expelled; the time elapsed since the offence was committed and the applicant's conduct during that period; the nationalities of the various persons concerned; the applicant's family situation, such as the length of the marriage, and other factors expressing the effectiveness of a couple's family life; whether the spouse knew about the offence at the time when he or she entered into a family relationship; whether there are children of the marriage, and if so, their age; and the seriousness of the difficulties which the spouse is likely to encounter in the country to which the applicant is to be expelled».

41. Tali criteri, quindi, e non una predeterminata indicazione di «casi speciali», devono essere applicati al fine di determinare se un individuo, gia' destinatario dei meccanismi di accoglienza e integrazione previsti dalla legislazione della Regione Calabria, possa improvvisamente fuoriuscire dal circuito di tali meccanismi senza che sia violato il diritto alla sua vita privata e familiare.

42. In altri termini, l'accertamento di escludere dal sistema di accoglienza, assistenza e integrazione un determinato soggetto esige un approccio individualizzato, che non prenda in considerazione solo le esigenze di sicurezza e ordine pubblico interno, ma l'esigenza di non pregiudicare in maniera sproporzionata il diritto convenzionale al rispetto della vita privata e familiare e, quindi, il grado di radicamento sociale nel territorio.

43. Or bene, il nuovo regime stabilito dal Decreto impugnato rappresenta proprio l'antitesi normativa di tale approccio. In luogo di una metodologia individualizzata, esso stabilisce un regime fondato su un divieto generalizzato di rilascio o di rinnovo di permessi di soggiorno per motivi umanitari, prevedendo un meccanismo di eccezione fondato su ipotesi altrettanto tipizzate e particolarmente ristrette.

44. Ne consegue che l'abolizione dell'istituto della protezione umanitaria impone alla Regione Calabria di lasciare inapplicate disposizioni legislative in materia di accoglienza, assistenza e integrazione anche nei confronti di soggetti il cui radicamento sociale nella regione e' tale che la repentina fuoriuscita dal sistema si concreta in una violazione della loro vita privata e familiare.

45. Tale interferenza nell'ambito di applicazione della legislazione regionale e' particolarmente grave qualora essa si rifletta nel trattamento di minori gia' scolarizzati, il cui radicamento e' strettamente connesso alla frequenza regolare e continuativa di scuole e altri centri di aggregazione sociale, nonche' di soggiornanti di lunga durata, per i quale la societa' italiana e locale rappresenta l'unica forma possibile di socialita'.

E. Illegittimita' costituzionale per violazione dell'art. 117, commi 3 e 4, interpretati alla luce del principio di leale collaborazione fra Stato e Regioni

46. L'unilaterale riforma del diritto di asilo operata dall'art. 1 del Decreto sicurezza viola il principio costituzionale di leale collaborazione che si impone in ambiti caratterizzati da un concorso di competenze inestricabilmente connesse, assegnate rispettivamente allo Stato e alle Regioni, se pur nessuna prevalente rispetto all'altra.

47. Tale principio, «che deve, in ogni caso, permeare di se' i rapporti tra lo Stato e il sistema delle autonomie» (v. Corte Cost., sentenza n. 50 del 2008), si impone sia nella dimensione del diritto secondario, ai sensi dell'art. 120 Cost., che nella sua dimensione primaria, ai sensi dell'art. 5 Cost. Come ha indicato recentemente la Corte costituzionale, laddove il legislatore si accinga a riformare istituti che incidono su competenze statali e regionali, inestricabilmente connesse, sorge la necessita' del ricorso ai meccanismi cooperativi (v. sentenza n. 251/ 2016).

48. Appare davvero difficile negare, anche alla luce della giurisprudenza costituzionale (v. la gia' citata sentenza n. 61 del 2011), che la riforma dell'asilo umanitario avrebbe dovuto chiamare a contribuire, in pari misura, la sfera decisionale statale e quella regionale, sia nella loro dimensione legislativa che quella amministrativa.

49. Quanto alla sfera legislativa, l'intreccio fra competenze statali in tema di flussi di immigrazione e regolamentazione del soggiorno, da un lato, e le competenze regionali in tema di accoglienza, integrazione e assistenza, dall'altro, avrebbe richiesto una attivazione degli strumenti cooperativi, gia' nella fase della formazione degli orientamenti politici, per lo meno nella forma della consultazione. Cio' avrebbe consentito alle Regioni di portare a conoscenza del Governo le proprie posizioni in tema di asilo umanitario prima della sua adozione e della successiva conversione.

50. Ne' il Decreto sicurezza si e' avvalso della collaborazione delle Regioni sul piano della normazione secondaria; al fine, cioe', di regolamentare le ricadute dell'abolizione dello status giuridico dell'asilo umanitario nei confronti di migliaia di individui, gia' affidati alle competenze assistenziali delle Regioni.

51. La delicatezza giuridica della materia trattata, le prevedibili ricadute sociali del provvedimento legislativo statale, il coinvolgimento di persone vulnerabili, avrebbero dovuto comportare una regolamentazione transitoria di carattere integrato, alla cui formazione avrebbero dovuto partecipare sia lo Stato che le Regioni, nelle forme specificate per tali casi dalla giurisprudenza costituzionale.

II. Illegittimita' costituzionale dell'art. 12, del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 per violazione dell'art. 117, comma 1, unitamente agli articoli 2, 3, 10 e 117, comma 1, Cost.

A. L'incompatibilita' del nuovo sistema di accoglienza stabilito dal decreto-legge 113/2018 con l'art. 117, commi 3 e 4, Cost.

52. Come anticipato, il Decreto sicurezza ha eliminato, per i richiedenti asilo e i minori ad essi accompagnati, l'accesso al «Sistema di protezione per richiedenti asilo, rifugiati e minori stranieri non accompagnati» (cd. SPRAR) che oggi e' definito come «Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati» (cd. SIPROIMI)».

53. A seguito della modificazione dell'art. 1-sexies del decreto-legge n. 416/1989 e dell'art. 14 del Decreto legislativo n. 142/2015, i richiedenti asilo e i minori ad essi accompagnati che entrano nel nostro Paese troveranno quindi accoglienza nei cd. Centri di prima accoglienza di cui agli art. 9 (centri di prima accoglienza) e 11 (misure straordinarie di accoglienza, cd. «CAS») del decreto legislativo n. 142/2015.

54. L'oggetto e le finalita' della riforma sono specificati dalla circolare n. 83774 del 18 dicembre 2018 del Ministero degli interni (doc. 4).

«... la nuova cornice delineata muove dall'esigenza di segnare una netta differenziazione tra gli investimenti in termini di accoglienza e integrazione da destinare a coloro che hanno titolo definitivo a permanere sul territorio nazionale rispetto ai servizi di prima accoglienza e assistenza, da erogare a coloro che sono in temporanea attesa della definizione della loro posizione giuridica.

Pertanto, il sistema di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) assume la nuova connotazione di Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati (SIPROIMI), nel quale vengono assicurate le iniziative di orientamento e quei servizi "integrati" che agevolano l'inclusione sociale e il superamento della fase di assistenza, per conseguire una effettiva autonomia personale. Per le stesse finalita' di integrazione sociale, coloro che hanno ottenuto il riconoscimento della protezione internazionale potranno essere coinvolti nello svolgimento di attivita' di utilita' sociale (art. 12). Di conseguenza, ai richiedenti asilo - che, peraltro, non saranno piu' iscritti nell'anagrafe dei residenti (art. 13) - vengono dedicate le strutture di prima accoglienza (CARA e CAS), all'interno delle quali permangono, come nel passato, fino alla definizione del loro status».

55. Il Decreto sicurezza opera, quindi, una profonda riforma del sistema di accoglienza, assistenza e integrazione dei migranti determinando direttamente le categorie dei beneficiari dei vari livelli nei quali esso si articola. Come anche chiarito dalla circolare, lo Stato si e' riservato la competenza ad operare altresi' attraverso l'azione amministrativa.

56. Ne consegue un duplice motivo di illegittimita' costituzionale, in quanto l'invasione della sfera di competenza delle Regioni opera, evidentemente sia a livello legislativo, in difformita' dall'art. 117, commi 3 e 4, sia a livello amministrativo, in difformita' del disposto dell'art. 118 Cost.

57. Ne' la circostanza che il finanziamento di tali livelli di accoglienza sia prestato dallo Stato vale a dissipare i dubbi di illegittimita' costituzionale. Il finanziamento da parte dello Stato di attivita' che ricadono nella competenza concorrente o residuale dello Stato non giustifica il potere statale di determinarne unilateralmente l'utilizzo (ex multis, sentenza della Corte costituzionale n. 50 del 2008).

58. Nel caso di specie, l'intervento finanziario non e' disposto al fine di programmare i flussi di ingresso degli stranieri. Ne' esso e' esclusivamente connesso al soggiorno degli stranieri, dato che, per espressa ammissione della circolare del Ministero degli interni menzionata sopra, esso e' diretto a promuovere «l'inclusione sociale e il superamento della fase di assistenza», tipiche attivita' rientranti nelle competenze residuali regionali. Ma anche qualora le attivita' del Fondo ricadessero in parte nella competenza statale e in parte in quella regionale, le regole stabilite dal Decreto sicurezza in materia sarebbero nondimeno illegittime costituzionalmente in violazione del principio di leale collaborazione fra Stato e Regioni, del tutto mancata nella adozione dei provvedimenti de quibus.

59. La compressione delle competenze legislative e amministrative delle Regioni ad opera dell'art. 12 del Decreto sicurezza e' vieppiu' evidenziata dal nuovo schema di capitolato d'appalto per la gestione dei centri di accoglienza, approvato con Decreto del Ministro degli interni n. 70, del 20 novembre 2018, il quale ha radicalmente riformato, e non certo in meglio, il sistema dei servizi da riservare ai soggetti ospitati nei centri di prima accoglienza, fra i quali vi e' anche l'intera categoria dei soggetti richiedenti protezione internazionale.

60. Ai fini del presente motivo di ricordo, e' sufficiente indicare come, attraverso un D.M., lo Stato disciplini il tema dell'accoglienza e dell'integrazione in maniera cosi' dettagliata da non lasciare spazio alcuno alle competenze regionali o degli enti locali, riducendo tutti i servizi alla persona: dal supporto ai soggetti piu' vulnerabili (soprattutto casi psichiatrici e con problematiche psicologiche), al controllo e all'assistenza sanitaria e al presidio delle strutture. Il capitolato elimina le dotazioni minime di personale; elimina la figura dello psicologo; riduce pesantemente le ore minime settimanali dedicate all'assistenza sociale. Vengono infine del tutto eliminate le misure di integrazione.

61. La tabella riprodotta di seguito, relativa alla «dotazione personale» offre una illustrazione quanto mai efficace delle differenze nei servizi imposti dal nuovo schema di capitolato (doc. 5) rispetto a quelli previsti da uno dei tanti bandi indetti dagli enti locali (2) (doc. 6) prima dell'adozione del decreto-legge n. 113/ 2018.

  Tabella 1: Dotazioni minime di personale nei CAS    

===================================================================== | | | | | | Centri fino a 150 ospiti | Centri fino a 300 ospiti | | | | | +============+===========================+==========================+ | |Nuovo | Regime | Nuovo | Regime | | |capitolato |precedente |capitolato |precedente | +------------+-------------+-------------+-------------+------------+ | |12 ore |18 ore |24 ore | | |Medico |settimanali |settimanali |settimanali |24 ore su 24| +------------+-------------+-------------+-------------+------------+ | |0 ore |27 ore |6 ore | | |Infermiere |settimanali |settimanali |settimanali |24 ore su 24| +------------+-------------+-------------+-------------+------------+ | |0 ore |24 ore |0 ore |24 ore | |Psicologo |settimanali |settimanali |settimanali |settimanali | +------------+-------------+-------------+-------------+------------+ |Assistente |8 ore |24 ore |20 ore |36 ore | |sociale |settimanali |settimanali |settimanali |settimanali | +------------+-------------+-------------+-------------+------------+ |Mediatore |12 ore |54 ore |24 ore |54 ore | |culturale |settimanali |settimanali |settimanali |settimanali | +------------+-------------+-------------+-------------+------------+

  62. Si puo' notare, accanto all'eliminazione della figura dello «psicologo», l'esiguo numero di ore di presenza settimanale dell'assistente assistente sociale e mediatore culturale, l'assenza della figura dell'infermiere nei centri fino a 150 ospiti (nel regime antecedente era presente 27h) e il ridotto numero di ore di tale figura nei centri fino 300 ospiti (nel regime antecedente era presente 24h su 24). Anche la presenza del medico risulta totalmente inadeguata (nei centri fino a 300 ospiti, da 24h su 24, si passa a sole 24 settimanali). E' evidente, peraltro, che l'unica ratio sottesa a tali drastiche riduzioni sia unicamente quella del risparmio della spesa.

63. Or bene, un tale sistema appare frontalmente in conflitto con le regole costituzionali che assegnano alle Regioni competenze nel campo dell'accoglienza, dell'assistenza e dell'integrazione dei richiedenti asilo. La giurisprudenza costituzionale ha da tempo chiarito, ad esempio nella sentenza n. 61 del 2011, che l'accoglienza di richiedenti asilo non incide nel campo delle competenze esclusive statali in quanto non interferisce con le regole statali in tema di ingresso e soggiorno, ma pertiene «all'ambito materiale dell'assistenza e dei servizi sociali, spettante alla competenza legislativa residuale della Regione».

64. Ma, in qualsiasi caso, pur se tale normativa potesse essere ascritta al novero delle competenze concorrenti dello Stato, sarebbe ben difficile ipotizzare che regole sul numero di ore prestate da un medico o da un infermiere in una struttura di accoglienza, possano venir considerate come principi fondamentali dettati in materia attraverso la legge dello Stato.

65. Infine, l'illegittimita' costituzionale dell'art. 12 del Decreto sicurezza non emerge solo attraverso l'invocazione astratta del parametro dato dalla norma attributiva di competenze. Essa emerge altresi' attraverso la constatazione di una invasione concreta nell'esercizio di tali competenze da parte della Regione ricorrente.

Come gia' piu' volte notato, la legislazione della Regione Calabria include provvedimenti specificamente tesi a determinare lo standard di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale per rinvio agli standards internazionali ed europei, sia in via generale che specificamente in riferimento ai richiedenti protezione internazionale.

66. Rispetto a questi ultimi, la legge regionale 12 giugno 2009, n. 18 sull'Accoglienza dei richiedenti Asilo, dei rifugiati e sviluppo sociale, economico e culturale delle Comunita' locali, prevede che il livello di accoglienza sia conforme agli standards internazionali ed europei (art. 1), prevedendo altresi' un Comitato dei Baranti dei richiedenti asilo e dei rifugiati che tra le funzioni ha quella di vigilare sull'applicazione, di tali standards (art. 1-bis).

67. Or bene, anche al di la' della astratta rivendicazione di competenza, la violazione diretta di tali standards internazionali costituisce un ulteriore motivo di illegittimita' costituzionale dell'art. 12 del Decreto sicurezza.

B. Illegittimita' costituzionale per violazione dell'art. 117, commi 3 e 4, in combinazione con l'art. 117, comma 1, e gli art. 3 e 11 Cost.

68. La modifica unilaterale del sistema di accoglienza, assistenza e integrazione dei migranti da parte dello Stato e' all'origine di ulteriori profili di illegittimita' costituzionale che derivano dalla combinazione delle regole costituzionali che stabiliscono il rilievo costituzionale dell'esigenza di osservare obblighi in tema di asilo e immigrazione, vale a dire, gli articoli 11 e 117, comma 1, Cost.

69. Si e' gia' richiamata sopra la consolidata giurisprudenza costituzionale, la quale indica l'ammissibilita' dell'invocazione di un parametro di costituzionalita' estraneo al Titolo V della Costituzione qualora la violazione di esso si ripercuota sulle attribuzioni costituzionali della Regione.

70. Or bene, qualora il nuovo regime di accoglienza, imposto dal Decreto sicurezza, violasse gli standards internazionali ed europei in materia di accoglienza, assistenza e integrazione, tale violazione imporrebbe alle Regioni di esercitare le proprie competenze in difformita' rispetto alle regole costituzionali che ne impongono l'osservanza; e cioe', all'art. 117, comma 1, Cost, per quanto riguarda gli standards internazionali, l'art. 11 Cost., per quanto riguarda gli standards fissati dalla normativa europea.

71. Cio' e' proprio quello che si verifica nel caso di specie.

72. Innanzi tutto, l'art. 12 del decreto sicurezza riserva espressamente il sistema di accoglienza c.d. SPRAR ai titolari di protezione internazionale, escludendone invece coloro che hanno bensi' avanzato richiesta di protezione internazionale, per i quali il procedimento di riconoscimento sia ancora in corso. Difatti, come detto, l'acronimo SPRAR (Sistema di protezione di richiedenti asilo e rifugiati) e' stato mutato in SIPROIMI (Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati).

73. Tale differenza di trattamento contrasta con la Convenzione di Ginevra del 1951, come modificata dal Protocollo di New York del 1967.

74. Come e' noto, infatti, la Convenzione non conosce alcuna differenza fra rifugiati e richiedenti asilo. Al contrario, ai sensi della Convenzione, la nozione di rifugiato e' unica ed e' definita all'art. 1.A. per ricorso all'unico, noto, criterio del fondato timore di persecuzione personale per motivi di razza, religione, cittadinanza, opinioni politiche o appartenenza ad un gruppo sociale.

Ne consegue che un soggetto acquista obiettivamente tale status in ragione della propria situazione personale, e non gia' in virtu'. di un riconoscimento da parte di uno Stato.

75. Questa circostanza, pacifica nel diritto internazionale, si traduce, in diritto interno nella qualificazione del riconoscimento dello status di rifugiato come avente natura meramente dichiarativa.

Tale natura e' stata accertata, fra l'altro, nella nota sentenza della Corte di Cassazione, nella sua composizione a Sezioni Unite 7 dicembre 1999, n. 907. Vi si legge:   «La qualifica di rifugiato politico ai sensi della convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 costituisce, come quella di avente diritto all'asilo (dalla quale si distingue perche' richiede quale fattore determinante un fondato timore di essere perseguitato, cioe' un requisito non richiesto dall'art. 10, comma 3, cost.), una figura giuridica riconducibile alla categoria degli "status" e dei diritti soggettivi, con la conseguenza che tutti i provvedimenti assunti dai competenti organi in materia hanno natura meramente dichiarativa e non costitutiva ...»

76. Or bene, dato che il riconoscimento dello status di rifugiato ha natura meramente dichiarativa, tale status si incardina nell'individuo che lo richiede gia' al momento della richiesta. Ne consegue che l'imposizione a carico delle Regioni di limitare la fornitura di prestazioni assistenziali solo alle misure «di prima accoglienza», come postulato dalla circolare del Ministero degli Interni richiamata sopra, produce una irragionevole discriminazione fra soggetti in possesso del medesimo status.

77. Tale discriminazione e', peraltro, proprio uno degli obiettivi del Decreto sicurezza, la cui disciplina, dichiaratamente, e' «finalizzata ... ad introdurre misure di contrasto al possibile ricorso strumentale alla domanda di protezione internazionale» (v. frase di apertura della Relazione illustrativa del governo).

78. Emerge, da tale frase, che l'esclusione dei richiedenti dai sistemi avanzati di accoglienza e' dovuta alla presunzione che la richiesta di protezione internazionale sia infondata. Ma non e' certo questo il modo di affrontare un problema che rileva della tutela dei diritti fondamentali.

79. In presenza di una tendenza a formulare richiesta di asilo da migranti non in possesso dei requisiti, lo Stato avrebbe dovuto accelerare al massimo le procedure di riconoscimento. Cosi' facendo, esso avrebbe esercitato la propria competenza esclusiva in materia di asilo senza interferire nelle competenze regionali, oltre che rendere piu' efficiente il sistema di accoglienza e assicurare certezza giuridica.

80. Il Decreto sicurezza percorre proprio la strada opposta: quella di differenziare i meccanismi di accoglienza, e di assimilare i richiedenti asilo ai migranti irregolari, privi dei requisiti per il riconoscimento. In tal modo, il Decreto interferisce pesantemente sia con le competenze delle Regioni sia con i diritti derivanti ai richiedenti dalle Convenzioni internazionali.

81. Ne' si tratta di una questione meramente teorica, dato che la procedura per il riconoscimento del titolo alla protezione internazionale ha una durata media di due anni. Per tutto questo periodo, i soggetti ai quali tale status sara' riconosciuto non avranno potuto attingere alle prestazioni assistenziali alle quali essi hanno diritto.

82. Anche al di la' di tale profilo discriminatorio, le c.d. misure di prima accoglienza violano anche da un punto di vista sostanziale gli standards di accoglienza dei soggetti che richiedono protezione internazionale dettati sia dalla Convenzione di Ginevra del 1951, che dalla Direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione. Tale Direttiva appare specificamente dedicata, come emerge dal suo titolo, a dettare standards minimi in tema di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale.

83. A fini esemplificativi, conviene limitare l'esposizione a taluni degli obblighi formulati da tale Direttiva, piu' dettagliato rispetto alla Convenzione di Ginevra.

a. Il principio generale espresso dall'art. 21 della Direttiva 2013/33, e svolto dall'art. 22, impone di effettuare una valutazione personalizzata delle esigenze di accoglienza delle persone vulnerabili, vale a dire, «i minori, i minori non accompagnati, i disabili, gli anziani, le donne in stato di gravidanza, i genitori singoli con figli minori, le vittime della tratta degli esseri umani, le persone affette da gravi malattie o da disturbi mentali e le persone che hanno subito torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale, quali le vittime di mutilazioni genitali femminili». Tale principio, per definizione, non e' rispettato da un meccanismo che determina il livello di accoglienza solo in virtu' della distinzione fra richiedenti e titolari di protezione. Valga, come mero esempio, l'esclusione di assistenza psicologica (prevista per zero ore settimanali) nei CAS, disposta dal Capitolato di appalto approvato con decreto ministeriale del 20 novembre 2018, ovvero l'esclusione della accoglienza nelle strutture SPRAR.

b. L'art. 23 della Direttiva 2013/33 sul trattamento riservato ai minori impone «l'accesso ai servizi di riabilitazione per i minori che abbiano subito qualsiasi forma di abuso, negligenza, sfruttamento, tortura, trattamento crudele, disumano o degradante o che abbiano sofferto gli effetti di un conflitto armato e assicurano che siano predisposte, ove necessario, appropriate misure di assistenza psichica e una consulenza qualificata». Tale assistenza e' stata espressamente esclusa nell'ambito delle misure di prima accoglienza, ai sensi del capitolato approvato con decreto ministeriale del 20 novembre 2018.

c. L'art. 25 della Direttiva 2013/33, relativo all'accoglienza di vittime di tortura e violenza impone che le persone che hanno subito torture, stupri o altri gravi atti di violenza ricevano il necessario trattamento per il danno provocato da tali atti, e accedano in particolare ad assistenza o cure mediche e psicologiche appropriate. Anche in questo caso, tale forma mirata di assistenza e' stata espressamente esclusa nell'ambito delle misure di prima accoglienza, ai sensi del capitolato approvato con decreto ministeriale del 20 novembre 2018.

d. Piu' in generale, lo standard di accoglienza previsto dall'intervento statale, viola il principio di dignita' che ispira l'esecuzione di tutte le regole minime formulate dalla Direttiva 2013/33/UE, espressa nei considerando 18 e 35, nonche' le varie norme che si richiamino a tale principio, contenute nel Titolo I della Carta dei diritti fondamentali. E' difficile pensare che la presenza di un medico per dodici ore settimanali in un centro che ospiti centocinquanta richiedenti asilo e, quindi, ciascuno di essi potenzialmente vulnerabile, assicuri il livello minimo di dignita' previsto dalla Direttiva.

84. Le norme della Direttiva menzionate nel paragrafo precedente sono precise quanto al loro contenuto, imponendo una armonizzazione minima dei sistemi nazionali di accoglienza. Come ribadito dalla Corte di giustizia nella sentenza 27 febbraio 2014, causa C-79/13 n. 79, Federaal agentschap voor de opvang van asielzoekers contro Selver Saciri e altri, «... per quanto concerne il periodo durante il quale le condizioni materiali di accoglienza devono essere riconosciute ai richiedenti asilo, tale periodo comincia nel momento in cui questi richiedenti presentano la loro domanda di asilo».

85. Attraverso l'imposizione di propri standards di accoglienza dei richiedenti asilo, dell'art. 12 del Decreto sicurezza e le sue norme di attuazione impongono quindi alle Regioni di discostarsi dagli standards minimi internazionali ed europei i quali, a propria volta, assicurano un trattamento conforme ai principi di dignita', un livello elevato di protezione, differenziato rispetto alle esigenze particolari di ciascun richiedente asilo, in particolare per i minori e le persone vulnerabili.

C. L'incidenza di tale regime sulla legislazione della Regione Calabria

86. Ne' l'incidenza delle norme del Decreto sicurezza si verifica solo sulla competenza astratta delle Regioni. Essa, piuttosto, si verifica altresi' rispetto all'esercizio di tale competenza, vale a dire alle leggi regionali le quali, oltre alla normativa in tema di accoglienza gia' richiamata, determinano specifici standards di tutela dei minori e delle donne, in relazione agli standards internazionali ed europei.

87. Con legge regionale 12 novembre 2004, n. 28, la Regione Calabria ha istituito il «Garante per l'infanzia e l'adolescenza al fine di assicurare la piena attuazione nel territorio regionale dei diritti e degli interessi sia individuali che collettivi, dei minori, anche ai sensi di quanto previsto dalla legge 27 maggio 1991, n. 176: «Ratifica ed esecuzione della Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989» ed a quanto previsto dalla Carta europea dei diritti del fanciullo adottata a Strasburgo il 25 gennaio 1996, ratificata in Italia con la legge 20 marzo 2003, n. 77». L'art. 1 stabilisce, inoltre, che «la Regione difende i diritti dei bambini di ogni colore, religione, cultura ed etnia, al fine di contribuire a promuovere il diritto ad una famiglia, all'istruzione ed all'assistenza sanitaria a tutti i bambini».

88. Con legge regionale 21 agosto 2007, n. 20, recante «Disposizioni per la promozione ed il sostegno dei centri di antiviolenza e delle case di accoglienza per donne in difficolta'», la Regione, in attuazione della Dichiarazione e del Programma d'azione della IV Conferenza mondiale sulle donne di Pechino, cosi' come esplicitata nella direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 marzo 1997, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 116 del 21 maggio 1997, riconosce, all'art. 1, che ogni tipo e ogni grado di violenza sessuale, psicologica, fisica ed economica contro le donne costituisce un attacco all'inviolabilita' della persona e alla sua liberta', secondo i principi sanciti dalla Costituzione e dalle vigenti leggi.

89. Alle donne che incontrano l'ostacolo della violenza, nelle sue diverse forme, e' assicurato dalla Regione il diritto delle donne « ...siano esse cittadine italiane o straniere...», eventualmente con i propri figli, ad un sostegno temporaneo al fine di ripristinare la propria inviolabilita' e di riconquistare la propria liberta', nel pieno rispetto della riservatezza e dell'anonimato. (articoli 1 e 2).

III. Illegittimita' costituzionale dell'art. 13 del decreto-legge 4 ottobre 2018 n. 113 per violazione dell'art. 117, comma 1, nonche' gli articoli 2, 3 e 10 Cost.

90. Come indicato nella narrazione in fatto, il Decreto sicurezza ha modificato gli articoli 4 e 5 del decreto-legge n. 142/2015, privando del diritto all'iscrizione anagrafica i soli richiedenti protezione internazionale. Ancorche' l'anagrafe rientri, ai sensi dell'art. 117, comma 1, Cost. fra le materie demandate alla esclusiva competenza dello Stato, l'esercizio di tale competenza ben puo' interferire con la sfera di competenze concorrenti o residuali assegnate alle Regioni, nonche' con le competenze amministrative degli enti locali.

91. Come noto, l'iscrizione anagrafica e' necessaria per il rilascio del certificato di residenza, che viene rilasciato se si comprova la «dimora abituale» del richiedente nel Comune di riferimento e del documento d'identita'. Tali documenti sono il presupposto per il godimento di alcuni diritti, come ad esempio, in virtu' della normativa regionale, l'accesso all'edilizia pubblica, la concessione di eventuali sussidi o agevolazioni.

92. Vero e' che l'art. 5, comma 3, del Decreto indica, con formula non priva di ambiguita', che «L'accesso ai servizi previsti dal presente decreto e a quelli comunque erogati sul territorio ai sensi delle norme vigenti e' assicurato nel luogo di domicilio individuato ai sensi dei commi 1 e 2». Tale disposizione, tuttavia, si riferisce ai «servizi ... erogati sul territorio». Essa, quindi, non copre la gamma di diritti previsti nell'ordinamento italiano, i quali si incardinano in un individuo in relazione al possesso della residenza anagrafica. Data la diversita' concettuale e pratica fra «diritti» e «servizi», appare inverosimile poter interpretare l'art. 5, par. 3, in maniera da estendere ad una nozione il regime espressamente previsto per l'altra.

93. D'altronde la stessa relazione illustrativa del governo sembra escludere tale possibilita'. Da un lato, essa indica i servizi erogabili attraverso il domicilio: «iscrizione al servizio sanitario, accesso al lavoro, iscrizione scolastica dei figli, misure di accoglienza». Non vi e' cenno alcuno a diritti connessi alla residenza, l'esclusione dei quali, piuttosto, sembrerebbe proprio voluta dal legislatore. Inoltre, la relazione sottolinea come la misura tenda a sottolineare la precarieta' della presenza nel territorio dello Stato del richiedente protezione internazionale: «l'esclusione dall'iscrizione anagrafica si giustifica per la precarieta' del permesso per richiesta asilo e risponde alla necessita' di definire preventivamente la condizione giuridica del richiedente».

94. Proprio la volonta' di sottolineare la precarieta' della situazione del richiedente asilo, tuttavia, e' contraddittoria rispetto alla natura dichiarativa del riconoscimento dello status di titolare di protezione umanitaria (v. Corte Cass., Sez. Un., n. 907/1999 cit.). L'esclusione dalla iscrizione anagrafica, quindi, priva il soggetto titolare di protezione internazionale della possibilita' di vedersi riconosciuti ab initio i diritti connessi alla residenza.

95. Ai fini del presente ricorso, rilevano, evidentemente, solo i casi di privazione di diritti connessi alla residenza che rientrano nell'ambito delle competenze regionali in tema di accoglienza, assistenza e integrazione. Per tale motivo, non rileva, ad esempio, una evidente limitazione al diritto del titolare di protezione internazionale di computare il periodo necessario per il riconoscimento di tale status al fine di ottenere la cittadinanza italiana.

96. Rileva, invece, il diritto all'abitazione, alla realizzazione del quale le Regioni concorrono nell'ambito delle proprie competenze. Dispone, ad esempio, la legge regionale 25 novembre 1996, n. 32, recante «Disciplina per l'assegnazione e la determinazione dei canoni di locazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica», che l'accesso all'edilizia residenziale pubblica e' legata allo status di residente.

97. Ai sensi dell'art. 10 della legge, fra i requisiti per conseguire l'assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica vi e', alla lettera b), la residenza anagrafica da almeno sei mesi ... nel Comune o in uno dei Comuni compresi nell'ambito territoriale cui si riferisce il bando di concorso».

98. A tal fine, rileva altresi' il diritto ad ottenere tariffe agevolate per l'accesso a servizi regionali. Dispone, ad esempio, l'art. 7 della legge regionale 31 dicembre 2015, n. 35 «Norme per i servizi di trasporto pubblico locale», che il diritto ad usufruire a tariffe agevolate sui servizi di trasporto pubblico locale e' riservato ai residenti in Calabria.

99. L'impossibilita' della Regione di assicurare tali diritti ai richiedenti asilo, in virtu' di una norma statale tesa a sottolineare la precarieta' del loro soggiorno nel territorio italiano, comprime quindi indebitamente l'autonomia costituzionale delle Regioni e vincola tale ente a violare gli standards internazionali di trattamento dei rifugiati. In particolare, le norme di legge della Regione Calabria su menzionate costituiscono obiettiva attuazione del principio, gia' piu' volte richiamato, di non discriminazione fra rifugiati e richiedenti asilo, che emerge dalla Convenzione di Ginevra, nonche' l'art. 21 della Convenzione stessa, che assicura ai rifugiati legalmente presenti sul territorio dello Stato un trattamento non meno favorevole ad altri stranieri nell'accesso all'abitazione.

100. L'illegittima contrazione delle competenze regionali si accentua altresi' alla luce della giurisprudenza costituzionale, la quale indica l'irragionevolezza di disposizioni che limitano la platea dei beneficiari di un diritto in ragione di elementi irrazionali o arbitrari. La Corte costituzionale, ad esempio, ha qualificato come «manifestamente irragionevole subordinare l'attribuzione di una prestazione assistenziale quale l'indennita' di accompagnamento - i cui presupposti sono, come si e' detto, la totale disabilita' al lavoro, nonche' l'incapacita' alla deambulazione autonoma o al compimento da soli degli atti quotidiani della vita - al possesso di un titolo di legittimazione alla permanenza del soggiorno in Italia che richiede per il suo rilascio, tra l'altro, la titolarita' di un reddito» (v. sentenza n. 306 del 2008).

101. Or bene, sulla base di un ragionamento logico analogo, non puo' non risultare manifestamente irragionevole una legge dello Stato che imponga alle Regioni, al solo fine di affermare la loro precarieta' della presenta nel territorio italiano, di negare l'accesso all'edilizia agevolata, ovvero al sistema di tariffe agevolate nell'ambito del trasporto pubblico locale a richiedenti protezione internazionale la cui presenza nel territorio si protrarra' per anni in attesa che venga loro riconosciuto lo status di rifugiato.

102. Ne consegue che l'art. 13 del decreto-legge n. 113/2018, viola l'art. 117, commi 3 e 4, congiuntamente all'art. 117, comma 1, nonche' agli articoli 2, 3, 10, comma 3, e 11 Cost., nella parte in cui interferisce con le competenze regionali in tema di prestazioni di diritti connessi alla residenza a favore di richiedenti protezione internazionale.

IV. Illegittimita' costituzionale dell'art. 21, comma 1, lettera a), del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 per violazione dell'art. 117, comma 3 Cost.

103. L'art. 21 del Decreto sicurezza, rubricato «Estensione dell'ambito di applicazione del divieto di accesso in specifiche aree urbane», amplia il potere degli organi di polizia urbana di individuare, per mezzo di regolamenti, le aree urbane nelle quali e' possibile applicare misure straordinarie ai sensi dell'art. 9 del decreto-legge del 20 febbraio 2017, n. 14, convertito con modificazioni dalla legge del 18 aprile 2017, n. 48, recante «Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle citta'».

104. Conviene ricordare come, ai sensi dell'art. 9, comma 1, del decreto-legge n. 14/2017, e' possibile applicare una sanzione amministrativa pecuniaria, e disporre l'allontanamento a chiunque, in violazione di divieti di stazionamento o di occupazione, «ponga in essere condotte che impediscono l'accessibilita' e la fruizione» di aree interne di infrastrutture considerate essenziali al perseguimento dell'interesse pubblico, come quelle ferroviarie, aeroportuali, marittime e di trasporto pubblico. Il comma 2 della medesima norma estende inoltre la facolta' di emettere il provvedimento di allontanamento anche nei confronti di chi commette violazioni penali e amministrative (ubriachezza in luoghi pubblici, atti contrari alla pubblica decenza, esercizio del commercio sulle aree pubbliche senza la prescritta autorizzazione, esercizio senza autorizzazione delle attivita' di parcheggiatore o guardiamacchine).

105. I poteri di cui ai predetti commi dell'art. 9 del decreto-legge n. 14/2017 possono essere esercitati, ai sensi del comma 3, su alcune aree urbane, individuate dai regolamenti di polizia urbana all'interno di un elenco predisposto dalla norma di legge (scuole, plessi scolastici e siti universitari, musei, aree e parchi archeologici, complessi monumentali o altri istituti e luoghi della cultura o comunque interessati da consistenti flussi turistici, ovvero le aree adibite a verde pubblico).

106. Ai fini dell'irrogazione delle sanzioni amministrative, l'art. 9, comma 4, del decreto-legge n. 14/2017 prevede la competenza del sindaco del comune nel cui territorio sono state accertate le violazioni dei divieti di stazionamento o di occupazione di cui al comma 1.

107. Ai sensi dell'art. 10, comma 1, del decreto-legge n. 14/2017 sono invece gli organi accertatoci, di cui all'art. 13 della legge del 24 novembre 1981, n. 689, a disporre per iscritto gli ordini di allontanamento di cui all'art. 9, trasmessi poi al questore competente per territorio.

108. I commi 2 e 3 dell'art. 10 prevedono poi che, nei casi di reiterazione delle condotte di cui all'art. 9, commi 1 e 2, il questore possa inoltre disporre un provvedimento di divieto di accesso alle aree individuate ai sensi dell'art. 9, per un periodo che puo' arrivare anche fino a due anni.

109. Or bene, l'art. 21, comma 1, lettera a), del Decreto sicurezza amplia tale elenco, inserendovi anche i «presidi sanitari», estendendo l'applicabilita' delle misure di sicurezza dell'allontanamento dai luoghi, da parte degli organi di accertamento locali, e conseguentemente del divieto di accesso da parte del questore competente (il c.d. Daspo urbano).

110. L'art. 21, comma 1, lettera a), del Decreto sicurezza, dunque, incide indebitamente sulla competenza regionale relativa all'organizzazione dei servizi sanitari. Attraverso l'individuazione di presidi sanitari come aree urbane in relazione alle quali e' possibile l'applicazione delle misure straordinarie di cui all'art. 9 del decreto-legge n. 14/2017, gli organi della polizia locale hanno il potere di disporre l'allontanamento, e determinare l'eventuale conseguente divieto di accesso disposto dal questore, da aree nelle quali la Regione realizza l'interesse pubblico alla tutela della salute.

111. Ai sensi dell'art. 117, cometa 3, la tutela della salute costituisce materia di legislazione concorrente tra lo Stato e le Regioni. Tale competenza deve essere esercitata dalle Regioni nel rispetto della normativa costituzionale. L'art. 34 della Costituzione individua la salute non solo come diritto fondamentale dell'individuo, ma come interesse della collettivita', prevedendo cure gratuite per gli indigenti.

112. Attraverso l'inclusione dei presidi sanitari nei regolamenti di polizia locale, le amministrazioni locali potranno disporre l'allontanamento di alcuni soggetti bisognosi di cure mediche da tali aree. Inoltre, la reiterazione di condotte di violazione di tali ordini di allontanamento potra' condurre all'emanazione di divieti di accesso agli ospedali da parte del questore.

113. L'art. 21 del Decreto sicurezza opera, quindi, una inammissibile interferenza negli spazi di autonomia legislativa e amministrativa della Regione, impedendo, di fatto, a taluni soggetti, l'accesso ad un presidio sanitario regionale, ovvero addirittura precludendone l'accesso per un periodo che puo' durare fino a due anni.

114. Non vi sono, pero', motivi ragionevoli che possano precludere ad un individuo bisognoso di cure mediche di accedere al luogo istituzionalmente preposto alla loro prestazione. Eventuali ragioni di ordine pubblico ben potranno essere perseguite coniugandole con l'imperativo costituzionale di provvedere alle cure mediche, in particolare in condizioni di estremo bisogno.

115. Ne' il Decreto sicurezza ha attivato gli strumenti cooperativi necessari per concordare, insieme alle Regioni, modalita' di accesso delle persone colpite dal c.d. Daspo compatibili con l'esigenza di assicurare ordine e decoro alle strutture sanitarie.

116. Ne consegue che l'art. 21 del Decreto sicurezza comporta una inammissibile interferenza nell'ambito di competenze regionali, in violazione dell'art. 117, commi 3 e 4, congiuntamente all'art. 34, Cost, nonche' al principio di leale collaborazione fra Stato e Regioni.

117. In altre parole, il divieto di accesso ai servizi sanitari diviene una pena accessoria alla commissione di alcuni reati o di alcuni illeciti amministrativi.

(1) Pubblicato sul sito del Ministero dell'interno:  http://www.interno.gov.it/it/amministrazione-trasparente/bandi-gara-e-contratti/schema-capitolato-gara-appalto-fornitura-beni-e-servizi-relativo-alla-gestione-e-funzionatnento-dei-centri-prima-accoglienza.

(2) Reperibile sul sito:  http://www.prefettura.it/roma/contenuti/Gara_n._6923570_bando_accoglienza_stranieri_periodo_presunto_01_01_2018_31_12_2019-6711715.htm.

 

P.Q.M.

 

La Regione Calabria chiede all'Ecc.ma Corte costituzionale di dichiarare l'illegittimita' costituzionale:

I. dell'art. 1, commi 1, 2, 3, 6, 7, 8 e 9 del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, convertito in legge 1° dicembre 2018, n. 132, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 281 del 3 dicembre 2018, per violazione dell'art. 117, commi 3 e 4, Cost. di per se' e alla luce degli articoli 2, 3, 10, comma 3, 31, 32, 34 e 35 Cost., dell'art. 117, comma 1, Cost., nonche' per violazione del principio di leale collaborazione espresso dagli articoli 5 e 120 Cost.

II. dell'art. 12, del decreto-legge 4 ottobre 2018 n. 113, convertito in legge 1° dicembre 2018, n. 132, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 281 del 3 dicembre 2018, per violazione dell'art. 117, comma 1, unitamente agli articoli 2, 3, 10 e 117, comma 1, Cost.

III. dell'art. 13 del decreto-legge 4 ottobre 2018 n. 113, convertito in legge 1° dicembre 2018, n. 132, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 281 del 3 dicembre 2018 per violazione dell'art. 117, comma 1, nonche' gli articoli 2, 3 e 10 Cost.

IV. dell'art. 21, comma 1, lettera a), del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, convertito in legge 1° dicembre 2018, n. 132, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 281 del 3 dicembre 2018, per violazione dell'art. 117, comma 3 Cost.

Si depositano:   1) deliberazione della Giunta regionale della Calabria n. 8/2019;   2) decreto di incarico n. 664/2019;   3) decreto del Ministero dell'interno del 22 gennaio 2019;   4) circolare del Ministero degli interni n. 83774 del 18 dicembre 2018;   5) nuovo schema di capitolato approvato con decreto ministeriale 20 novembre 2018, Allegato A «Tabella dotazione personale»;   6) bando accoglienza stranieri di Roma Capitale, Allegato A/2 «Tabella dotazione personale/scheda dotazione minima di personale».

Roma, 31 gennaio 2019

Prof. Avv.: Cannizzaro

Avv.: Naimo