RICORSO N. 7 DEL 29 GENNAIO 2019 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 27 gennaio 2019.

(GU n. 8 del 20.2.2019)

 

Ricorso ex art. 127 Costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri (codice fiscale n. 80188230587), rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato codice fiscale n. 80224030587, fax 06/96514000 e Pec roma@mailcert.avvocaturastato.it presso i cui uffici ex lege domicilia in Roma, via dei Portoghesi n.

12, nei confronti della Regione Basilicata, in persona del Presidente della giunta regionale pro-tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 24, 28, 30, 32, 37, 38, 39, 40, 42, 43, 47, 52, 53 e 55 della legge regionale Basilicata n. 38 del 22 novembre 2018, recante «Seconda variazione al bilancio di previsione pluriennale 2018/2020 e disposizioni in materia di scadenza di termini legislativi e nei vari settori di intervento della Regione Basilicata», pubblicata nel B.U.R. n. 50 del 22 novembre 2018, numero speciale, giusta delibera del Consiglio dei ministri in data 17 gennaio 2019.

Con la legge regionale n. 38 del 22 novembre 2018 indicata in epigrafe, che consta di cinquantasette articoli, la Regione Basilicata ha emanato le disposizioni in tema di «Seconda variazione al bilancio di previsione pluriennale 2018/2020 e disposizioni in materia di scadenza di termini legislativi e nei vari settori di intervento della Regione Basilicata.»   E' avviso del Governo che, con le norme denunciate in epigrafe, la Regione Basilicata abbia ecceduto dalla propria competenza in violazione della normativa costituzionale, come si confida di dimostrare in appresso con l'illustrazione dei seguenti

 

Motivi

 

1. L'art. 24 della legge Regione Basilicata n. 38/2018 citata viola gli articoli 3, 51 e 97, ultimo comma, della Costituzione.

L'art. 24 citato, «Personale di enti pubblici economici o di societa' a totale partecipazione pubblica in servizio presso gli uffici della Regione Basilicata», prevede che «Al fine di razionalizzare l'impiego del personale a tempo indeterminato appartenente ad enti pubblici economici o a societa' a totale partecipazione pubblica in servizio presso gli uffici della Regione Basilicata da almeno cinque anni se ne dispone, a domanda, il passaggio nei ruoli regionali, nel rispetto della normativa vigente in materia di limiti alla spesa per il personale».

La norma e' da ascriversi alla categoria delle leggi provvedimento quale atto formalmente legislativo che, tuttavia, al pari degli atti amministrativi, presenta un contenuto specifico e puntuale differendo dalla legge generale che, per definizione, presenta caratteri di generalita' e astrattezza.

La legge provvedimento e' compatibile con l'assetto dei poteri stabilito nella Costituzione dal momento che non e' prevista una riserva agli organi amministrativi degli atti a contenuto particolare, tuttavia, e' principio affermato che alle leggi a contenuto provvedimentale si applichi con particolare rigore il canone della ragionevolezza per essere soggette «ad un rigoroso scrutinio di legittimita' costituzionale per il pericolo di disparita' di trattamento insito in previsioni di tipo particolare e derogatorio». (sentenza n. 22 novembre 2013, n. 275, punto 6.7. del Considerato in diritto).

La norma impugnata, nel prevedere il transito automatico nell'organico della Regione Basilicata del personale dipendente a tempo indeterminato in servizio, da almeno cinque anni, negli enti pubblici economici e societa' a totale partecipazione pubblica, senza il previo espletamento di una procedura concorsuale pubblica, non e' conforme al canone di ragionevolezza, ma viola gli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione.

L'art. 97 della Costituzione sancisce l'obbligo di accesso all'impiego pubblico mediante pubblico concorso «salvo casi stabiliti dalla legge».

Il valore centrale del concorso e' stato costantemente affermato «Questa Corte ha piu' volte affermato (da ultimo sentenze n. 159 del 2005 e n. 205 e n. 34 del 2004) che il principio costituzionale dell'accesso all'impiego alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, da rispettare allo scopo di assicurare la loro imparzialita' e efficacia. Tale principio si e' consolidato nel senso che le eventuali deroghe possano essere giustificate solo da peculiari e straordinarie ragioni e interessi pubblici» (sentenza n. 81/2006, punto 4. del Considerato in diritto); in tal senso anche le sentenze n. 100 e n. 9 del 2016).

La «regola del pubblico concorso» ammette eccezioni «rigorose e limitate», subordinate a due requisiti.

Sotto un primo profilo, tali eccezioni devono rispondere a una «specifica necessita' funzionale» dell'Amministrazione, ovvero a «peculiari e straordinarie ragioni di interesse pubblico». In proposito, e' stato chiarito che non integrano valide ragioni di interesse pubblico ne' l'esigenza di consolidare il precariato, ne' quella di venire incontro a personali aspettative degli aspiranti (sentenza n. 81/2006 citata, punto 4.1.2. del Considerato in diritto), ne' tantomeno esigenze strumentali di gestione del personale da parte dell'Amministrazione (sentenza n. 195/2010).

Al contrario, un concorso riservato puo' essere giustificato solo quando si tratti di esigenze desumibili da funzioni svolte dall'Amministrazione e, in particolare, quando si tratti di consolidare specifiche professionalita' che non potrebbero essere acquisite all'esterno dell'Amministrazione e, quindi, giustificano la scelta di chi gia' ne e' dipendente in una data posizione.

Sotto un secondo profilo, le eccezioni alla regola del pubblico concorso devono prevedere comunque adeguati accorgimenti idonei a garantire la professionalita' del personale assunto.

La norma impugnata, che introduce un diritto potestativo del personale a tempo indeterminato appartenente a enti pubblici economici o a societa' a totale partecipazione pubblica in servizio da almeno cinque anni presso la regione, di transitare nei ruoli del personale regionale, non prevede lo scrutinio delle professionalita' acquisite da tali soggetti.

Quanto ai soggetti provenienti dalle societa' a partecipazione pubblica difetta, inoltre, il requisito del superamento di un pubblico concorso.

Si sottolinea che la necessita' del concorso pubblico e' stata ribadita con specifico riferimento a disposizioni legislative che prevedevano il passaggio automatico all'amministrazione pubblica di personale di societa' in house, ovvero di societa' o associazioni private; e' stato, altresi', specificato che il trasferimento da una societa' partecipata dalla regione alla regione stessa o ad altro soggetto pubblico regionale si risolve in un privilegio indebito per i soggetti beneficiari di un siffatto meccanismo, in violazione dell'art. 97 della Costituzione. (in tal senso, le sentenze n. 7 del 2015; n. 134 del 2014; n. 227 del 2013; n. 62 del 2012; n. 310 e n. 299 del 2011; n. 267 del 2010; n. 363 e n. 205 del 2006).

La disposizione regionale de qua contrasta, pertanto, con il principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 e dall'art. 51 della Costituzione, il quale stabilisce che tutti i cittadini possono accedere agli uffici pubblici in condizioni di eguaglianza; e con il principio di cui all'art. 97, il quale prescrive la regola del pubblico concorso per l'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni.

2. L'art. 28 della legge Regione Basilicata n. 38/2018 citata viola l'art. 117, comma 3, della Costituzione in tema di tutela della salute.

L'art. 28 citato modifica l'art. 10 rubricato «Soccorso di fauna selvatica in difficolta'» della legge regionale 9 gennaio 1995, n. 2, che, nel rispetto dei principi stabiliti dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157 e delle convenzioni internazionali, disciplina la gestione del territorio regionale ai fini faunistici, l'esercizio dell'attivita' venatoria, la tutela di tutte le specie appartenenti alla fauna selvatica.

L'art. 10, comma 2, come modificato dall'art. 28 della legge regionale n. 38/2018 citata, introduce, di fatto, anche la tutela degli animali esotici nei seguenti termini: «...2. Per la cura e la riabilitazione della fauna selvatica, la regione si avvale dei Centri di recupero degli animali selvatici ed esotici (C.R.A.S.E)".

La tutela degli animali esotici non e' prevista dalla legge quadro n. 157/1992 che, nel dettare le «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio», specifica, all'art. 1, comma 3, che «le regioni a statuto ordinario provvedono ad emanare norme relative alla gestione ed alla tutela di tutte le specie della fauna selvatica in conformita' della presente legge, alle convenzioni internazionali ed alle direttive comunitarie» e che oggetto di tutela sono «...le specie di mammiferi e uccelli dei quali esistono popolazioni viventi stabilmente o temporaneamente in stato di naturale liberta' nel territorio nazionale». (art. 2).

La norma statale, con chiare finalita' di tutela della salute, evita che gli animali esotici, il cui stato sanitario e la cui provenienza il piu' delle volte non e' nota, siano messi nei centri di recupero della fauna selvatica e in contatto con la stessa, per motivi di benessere animale e in ossequio a evidenti principi di prevenzione e di precauzione. Gli animali selvatici di cui alla legge n. 157/1992 citata, qualora in difficolta', non devono essere gestiti ne' venire in contatto con altri animali il cui stato sanitario sia ignoto o con animali mantenuti per altre finalita'.

La disposizione regionale nel prevedere la tutela di specie esotiche contrasta, pertanto, con i principi fondamentali dati dal legislatore statale per tutelare la salute umana e animale, con conseguente violazione l'art. 117, comma 3, Costituzione in materia di tutela della salute.

3. L'art. 30 della legge Regione Basilicata n. 38/2018 citata viola gli articoli 117, comma 2, lett. s), della Costituzione e 117, comma 3, della Costituzione.

L'art. 30, comma 1, citato introduce l'art. 2-bis alla legge regionale 30 dicembre 2015, n. 54, disponendo:   «Cumulabilita' degli impianti da FER ai fini della verifica di assoggettabilita' a VIA.

1. Al fine di evitare l'elusione della normativa di tutela ambientale e di impedire la frammentazione artificiosa di un progetto di produzione di energia da fonte rinnovabile, di fatto riconducibile ad un progetto unitario, e/o di considerare un singolo progetto anche in riferimento ad altri progetti appartenenti alla stessa categoria localizzati nel medesimo contesto territoriale ed ambientale, che per l'effetto cumulo determinano il superamento della soglia dimensionale fissata dall'allegato IV - parte II del decreto legislativo 3 aprile 2005, n. 152, l'ambito territoriale da considerare ai sensi dell'art. 4 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 25 per la verifica di assoggettabilita' alla valutazione di impatto ambientale (VIA) e' definito da una fascia:   individuata dal raggio di 1 km misurato a partire dal centro per le opere puntuali, elevato a 2,00 km nelle aree non idonee individuate dalla presente legge;   di 1 km misurato a partire dal perimetro esterno dell'area occupata per le opere areali, elevato a 2 km nelle aree non idonee ai sensi della presente legge;   di 500 metri dall'asse del tracciato per le opere lineari.

2. La sussistenza contemporanea di almeno due delle condizioni di cui al comma 1 comporta la riduzione del 50% delle soglie relative alla specifica categoria progettuale riportata nell'allegato IV v parte II del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152».

In sintesi, l'art. 30, commi 1 e 2, citato disciplina l'estensione delle aree nelle quali piu' iniziative possono integrare casi di cumulo degli impianti FER - Fonte di energia rinnovabili ai fini della preliminare verifica della assoggettabilita' a VIA.

L'art. 30, violando le disposizioni statali in materia, si risolve in un ingiustificato aggravio procedimentale stabilendo i casi in cui le iniziative siano da considerare tout court come cumulate sotto un profilo della verifica di assoggettabilita' a VIA.

La norma anticipa alla fase preliminare di ammissibilita' a VIA la valutazione circa la cumulabilita' delle opere rimessa invece dalla normativa statale alla successiva fase di VIA.

In particolare, la norma impugnata richiama l'art. 4 del decreto legislativo n. 28 del 2011 che, al comma 3, prevede che «Al fine di evitare l'elusione della normativa di tutela dell'ambiente, del patrimonio culturale, della salute e della pubblica incolumita'.... le regioni e le province autonome stabiliscono i casi in cui la presentazione di piu' progetti per la realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili e localizzati nella medesima area o in aree contigue sono da valutare in termini cumulativi nell'ambito delle valutazione di impatto ambientale».

La norma impugnata applica alla preliminare verifica di assoggettabilita' alla VIA cio' che e' previsto per la sola VIA in modo coerente con il sistema e le soglie di potenza per l'assoggettamento alla medesima VIA. L'aggravio procedimentale ingiustificato e' poi acuito dalla previsione di cui al comma 2 dell'art. 30 dove le soglie sono dimezzate in caso di ricorrenza di due delle condizioni previste al comma n. 1.

La norma regionale contrasta, pertanto, con l'esigenza di uniformita' normativa sotto il profilo della tutela ambientale, art. 117, comma 2, lett. s). della Costituzione, e sotto il profilo dell'autorizzazione degli impianti alimentati a fonte rinnovabile, violando l'art. 117, comma 3, della Costituzione in tema di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia.

4. L'art. 32 della legge Regione Basilicata n. 38/2018 citata viola gli articoli 97, 41 e 117, commi 1 e 3, della Costituzione in tema di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia, e di tutela della salute, in relazione all'art. 12, comma 10, del decreto legislativo 3 aprile 2003, n. 387 e delle richiamate Linee guida.

4.1. L'art. 32 della legge regionale n. 38/2018 citata abroga e sostituisce interamente l'art. 6 della legge regionale n. 8 del 26 aprile 2012, recante «Disposizioni in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili» .

L'art. 6 novellato cosi' dispone «Limiti all'utilizzo della PAS per gli impianti eolici e fotovoltaici.».

1. Ai fini della sicurezza nonche' della tutela territoriale e ambientale, la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili con potenza nominale non superiore a 200 kW e' consentita nel rispetto delle condizioni e prescrizioni di seguito riportate;   a) impianti eolici   a.1) devono rispettare le indicazioni riportate nel paragrafo 1.2.2 «Gli impianti di piccola generazione» dell'Appendice A del P.I.E.A.R.;   a.2) parere paesaggistico favorevole rilasciato dalla regione sulla compatibilita' dell'impianto con l'area interessata, se classificata non idonea dalla legge regionale 30 dicembre 2015 n. 54;   a.3) devono avere una distanza dagli altri impianti eolici o impianti FER presenti, ovvero autorizzati, non inferiore ad 1 km misurato tra i punti piu' vicini del perimetro dell'area occupata dall'impianto;   b) impianti solari di conversione fotovoltaica   b.1) devono rispettare le indicazioni riportate nel paragrafo 2.2.2. «Procedure per la costruzione e l'esercizio degli impianti fotovoltaici di microgenerazione» dell'Appendice A del P.I.E.A.R.;   b.2) parere paesaggistico favorevole rilasciato dalla regione sulla compatibilita' dell'impianto con l'area interessata, se classificata non idonea dalla legge regionale 30 dicembre 2015, n. 54;   b.3) devono avere una distanza dagli altri impianti fotovoltaici o impianti FER presenti, ovvero autorizzati, non inferiore ad 1 km misurato tra i punti piu' vicini del parametro dell'area occupata dall'impianto;   b.4) devono avere la disponibilita' di un suolo la cui estensione sia pari o superiore a 3 volte la superficie del generatore fotovoltaico, attraverso l'asservimento di particelle catastali contigue, sul quale non potra' essere realizzato altro impianto di produzione di energia da qualunque tipo di fonte rinnovabile non inferiore a euro 500...".

Il legislatore statale, disciplinando le procedure per l'autorizzazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, ha introdotto principi che, per costante giurisprudenza costituzionale, non tollerano eccezioni sull'intero territorio nazionale, in quanto, appunto, espressione della competenza legislativa concorrente in materia di energia, di cui all'art. 117, comma 3, della Costituzione.

La norma impugnata, recante «Limiti all'utilizzo della PAS per gli impianti eolici e fotovoltaici», stabilisce in 200 kW la soglia di potenza massima entro la quale poter utilizzare la Procedura abilitativa semplificata (PAS), rispetto alla soglia di 1 MW stabilita in precedenza nel rispetto delle previsioni di cui al decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, recante «Attuazione della direttiva n. 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili» che assegna alle regioni la possibilita' di elevare, e di ridurre, la soglia di applicabilita' della PAS fino a 1 MW.

Lo stesso art. 6, al comma 1, lettere a.3) e b.3), nell'elencare, altresi', le condizioni da rispettare per poter accedere alla PAS, introduce la condizione della «distanza dagli altri impianti eolici (e fotovoltaici) o impianti FER presenti ovvero autorizzati, non inferiore a 1 km misurato tra i punti piu' vicini del perimetro dell'area occupata dall'impianto».

L'indicazione di una distanza minima tra un impianto FER - fonti di energia rinnovabili - e un altro, non prevista in alcuna norma dello Stato, contrasta con l'art. 117, comma 3, della Costituzione, in relazione alla materia oggetto di potesta' legislativa concorrente «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», con riferimento al parametro interposto statale costituito dall'art. 12, comma 10, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, «Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricita'», e con i paragrafi 1.2 e 17.1 delle discendenti Linee guida nazionali approvate con decreto del Ministero dello sviluppo economico del 10 settembre 2010, «Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili», recanti specifici indirizzi in merito alla individuazione delle aree non idonee.

Il paragrafo 1.2 citato recita, infatti, che «Le sole regioni e le province autonome possono porre limitazioni e divieti in atti di tipo programmatorio o pianificatorio per l'installazione di specifiche tipologie di impianti alimentati a fonti rinnovabili ed esclusivamente nell'ambito e con le modalita' di cui al paragrafo 17.»   Il paragrafo 17.1. prosegue stabilendo che «Al fine di accelerare l'iter di autorizzazione alla costruzione e all'esercizio degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, in attuazione delle disposizioni delle presenti linee guida, le regioni e le province autonome possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti secondo le modalita' di cui al presente punto e sulla base dei criteri di cui all'allegato 3. L'individuazione della non idoneita' dell'area e' operata dalle regioni attraverso un'apposita istruttoria avente ad oggetto la ricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell'ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico e artistico, delle tradizioni agroalimentari locali, della biodiversita' e del paesaggio rurale che identificano obiettivi di protezione non compatibili con l'insediamento, in determinate aree, di specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti, i quali determinerebbero, pertanto, una elevata probabilita' di esito negativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione. Gli esiti dell'istruttoria, da richiamare nell'atto di cui al punto 17.2, dovranno contenere, in relazione a ciascuna area individuata come non idonea in relazione a specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti, la descrizione delle incompatibilita' riscontrate con gli obiettivi di protezione individuati nelle disposizioni esaminate.»   Lo sviluppo della produzione di energia da fonti rinnovabili costituisce un obiettivo rilevante della politica energetica dell'Unione europea. Per il perseguimento di tale finalita' sono state emanate, fra le altre, la direttiva n. 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 settembre 2001 sulla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili, nel mercato interno dell'elettricita', e la direttiva n. 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009 sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive nn. 2001/77/CE e 2003/30/CE (Testo rilevante ai fini del SEE).

In particolare, i regimi abilitativi degli impianti per la produzione di energia rinnovabile sono regolati dalle Linee guida di cui al citato decreto ministeriale 10 settembre 2010, adottate in attuazione del comma 10 dell'art. 12 del decreto legislativo n. 387 del 2003 citato, e richiamate nel decreto legislativo n. 28 del 2011.

Si tratta di atti di normazione secondaria che costituiscono, in settori squisitamente tecnici, il completamento della normativa primaria.

Essi rappresentano un corpo unico con la disposizione legislativa che li prevede e che a essi affida il compito di individuare le specifiche tecniche che mal si conciliano con il contenuto di un atto legislativo e che necessitano di applicazione uniforme in tutto il territorio nazionale (sentenza n. 99 del 2012).

In analoga fattispecie e' stata dichiarato l'illegittimita' costituzionale di una legge per violazione dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione, in quanto «il margine di intervento riconosciuto al legislatore regionale... non permette in alcun modo che le regioni prescrivano limiti generali, valevoli sull'intero territorio regionale, specie nella forma di distanze minime, perche' cio' contrasterebbe con il principio fondamentale di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili, stabilito dal legislatore statale in conformita' alla normativa dell'Unione europea.» (sentenza n. 13 del 2014, fattispecie relativa alla legge della Regione Campania 1° luglio 2011, n. 11, che prescriveva le distanze da rispettare per la costruzione di nuovi aerogeneratori, imponendo un vincolo da applicarsi in via generale sul territorio regionale, in violazione dei principi fondamentali contenuti nell'art. 12, comma 10, del decreto legislativo n. 387 del 2003 e nelle discendenti Linee guida ministeriali citati).

Rientra nella concorrente competenza delle regioni, invece, individuare, in relazione a ciascuna opera, «aree e siti non idonei», avendo specifico riguardo alle diverse fonti e alle diverse dimensioni degli impianti, in via di eccezione e solo qualora cio' sia necessario per proteggere interessi costituzionalmente rilevanti.

Cio' a conferma del principio secondo cui disposizioni che prevedevano un divieto arbitrario, generalizzato e indiscriminato di localizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili si pongono in contrasto con la richiamata norma costituzionale (sentenza n. 308 del 2011). E' anche principio affermato che «alle regioni e' consentito soltanto individuare, caso per caso, "aree e siti non idonei", avendo specifico riguardo alle diverse fonti e alle diverse taglie di impianto, in via di eccezione e solo qualora cio' sia necessario per proteggere interessi costituzionalmente rilevanti. Il margine di intervento riconosciuto al legislatore regionale non permette invece che le regioni prescrivano limiti generali, specie nella forma di distanze minime, perche' cio' contrasterebbe con il principio fondamentale di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili, stabilito dal legislatore statale in conformita' alla normativa dell'Unione europea». (sentenza n. 69 del 2018, con la quale e' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 111, commi 2 e 5, della legge della Regione Veneto 30 dicembre 2016, n. 30, nella parte in cui fissava le distanze minime per la collocazione degli impianti a fonte rinnovabile rispetto alle residenze civili sparse e concentrate).

La soluzione legislativa adottata dalla regione con la norma impugnata, nello stabilire, in via generale, distanze minime per la collocazione degli impianti non previste dalla disciplina statale, senza istruttoria e valutazione in concreto dei luoghi in sede procedimentale non garantisce il rispetto dei principi fondamentali di tutela della salute e di legalita', di cui all'art. 117, comma 3, e all'art. 97 della Costituzione, e non permette un'adeguata tutela dei molteplici e rilevanti interessi coinvolti.

I principi richiamati sono espressione di un consolidato orientamento giurisprudenziale che si colloca all'interno del quadro normativo statale ed eurounitario che regola la materia.

Il principio di derivazione comunitaria della massima diffusione degli impianti di energia a fonte rinnovabile puo' trovare eccezione in presenza di esigenze di tutela della salute, paesaggistico-ambientale e dell'assetto urbanistico del territorio (sentenze n. 13 del 2014 e n. 224 del 2012).

La presenza dei diversi interessi coinvolti, tutti costituzionalmente rilevanti, ha come luogo di composizione il procedimento amministrativo, come previsto al paragrafo 17.1. dalle Linee guida citate, secondo cui, come gia' ricordato, «[...] l'individuazione della non idoneita' dell'area e' operata dalle regioni attraverso un'apposita istruttoria avente ad oggetto la ricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell'ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico e artistico, delle tradizioni agroalimentari locali, della biodiversita' e del paesaggio rurale che identificano obiettivi di protezione non compatibili con l'insediamento, in determinate aree, di specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti i quali determinerebbero, pertanto, una elevata probabilita' di esito negativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione [...]».

E', dunque, nella sede procedimentale che avviene la valutazione degli interessi pubblici coinvolti e meritevoli di tutela in relazione con l'interesse del soggetto privato operatore economico e con ulteriori interessi di cui sono titolari singoli cittadini e comunita', e che trovano nei principi costituzionali la loro previsione e tutela.

La struttura del procedimento amministrativo, infatti, rende possibile l'emersione di tali interessi, la loro adeguata prospettazione, nonche' la pubblicita' e la trasparenza della loro valutazione, in attuazione dei principi di cui all'art. 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241 di efficacia, imparzialita', pubblicita' e trasparenza.

Viene in tal modo garantita l'imparzialita' della scelta, il perseguimento, nel modo piu' adeguato ed efficace, dell'interesse primario, in attuazione del principio del buon andamento dell'Amministrazione e il rispetto del principio di legalita' desumibili dall'art. 97 della Costituzione, in senso non solo formale, come attribuzione normativa del potere, ma anche sostanziale, come esercizio del potere in modo coerente con la fonte normativa di attribuzione.

Pertanto, la soluzione legislativa adottata dalla Regione Basilicata, nello stabilire in via generale in sede procedimentale, senza istruttoria e senza valutazione in concreto dei luoghi, di distanze minime per la collocazione degli impianti non previste dalla disciplina statale, non garantisce il rispetto dei descritti principi fondamentali e non permette un'adeguata tutela dei molteplici e rilevanti interessi coinvolti.

4.2. La disposizione di cui al punto b.4) del comma 1 dell'art. 32 citato, che introduce l'ulteriore condizione della «Disponibilita' di un suolo la cui estensione sia pari o superiore a 3 volte la superficie del generatore fotovoltaico, sul quale non potra' essere realizzato altro impianto di produzione di energia da qualunque tipo di fonte rinnovabile», contrasta con l'art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, che, per l'autorizzazione unica prevede al comma 4-bis «La disponibilita' del suolo su cui realizzare l'impianto».

La norma viola il principio cardine in materia richiamato, con un aggravamento ingiustificato degli oneri a carico dell'operatore, anche sotto il profilo del divieto di altre iniziative nell'area, in violazione dell'art. 117, comma 3, della Costituzione, per contrasto con l'art. 12, comma 10, del decreto legislativo n. 387 del 2003 citato e dei paragrafi 1.2. delle Linee guida (decreto ministeriale 10 settembre 2010 citato), che rinvia al paragrafo 17 per le modalita' di individuazione delle aree non idonee.

La norma citata viola anche l'art. 41 della Costituzione, sulla liberta' di iniziativa privata economica, e l'art. 117, comma 1, della Costituzione, in riferimento all'art. 1 del decreto legislativo n. 79/1999, che sancisce, in attuazione della direttiva n. 96/92/CE, la liberalizzazione del mercato elettrico, ivi comprese le attivita' di produzione di energia elettrica.

Il comma 2 dell'art. 32 impugnato stabilisce le condizioni in presenza delle quali piu' impianti, che singolarmente considerati hanno potenza inferiore a 200 kw, devono essere soggetti ad autorizzazione unica, quando siano «riconducibili ad un solo soggetto, sia esso persona fisica o giuridica, ovvero siano riconducibili allo stesso centro decisionale ai sensi dell'art. 2359 del codice civile o per qualsiasi altra relazione sulla base di univoci elementi che fanno presupporre la costituzione di un'unica centrale eolica o fotovoltaica...».

La norma introduce, pertanto, un vincolo per l'applicazione della PAS in ragione di un criterio estremamente soggettivo e generico, riferito a una relazione anche di fatto, non suscettibile di riscontro.

La disposizione, oltre ai profili di illegittimita' gia' richiamati in tema delle distanze tra impianti, pone un vincolo per gli operatori in violazione dell'art. 117, comma 3, della Costituzione, poiche' le limitazioni introdotte non sono previste nei decreti legislativi n. 387 del 2003 e n. 28 del 2011 citati.

L'art. 32, comma 1, lettere a.3), b.3) e b.4) e comma 2, citato viola l'art. 41 della Costituzione, con riferimento specifico al punto b.4); 97 e 117, comma 1, della Costituzione, per il mancato rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario; e l'art. 117, comma 3, in riferimento ai parametri statali di cui all'art. 12, comma 10, del decreto legislativo n. 387 del 2003 e delle richiamate Linee guida (paragrafi 1.2 e 17.1), in relazione alla materia oggetto di potesta' legislativa concorrente «produzione trasporto e distribuzione nazionale di energia», i cui principi in tema di autorizzazione sono stabiliti dallo Stato.

5. L'art. 37 della legge Regione Basilicata n. 38/2018 citata viola l'art. 117, commi 1 e 3, della Costituzione in relazione all'art. 12, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2003, n. 387.

L'art. 37 citato, recante «Modifiche all'art. 14 "Procedimento unico" della legge regionale 26 aprile 2012, n. 8», dispone che:   «1. Dopo il comma 4 dell'art. 14 della legge regionale 26 aprile 2012, n. 8, e' aggiunto il seguente comma:   "5. Dalla data della comunicazione ai comuni interessati dell'avviso di avvio del procedimento per il rilascio dell'autorizzazione unica regionale di cui all'art. 12 del decreto legislativo n. 387/2003, e' sospesa ogni determinazione comunale in ordine alle domande di permesso di costruire, nonche' di Procedura abilitativa semplificata (PAS), nell'ambito delle aree potenzialmente impegnate che nel caso di impianti eolici sono individuate dal perimetro virtuale ottenuto congiungendo le pale degli aerogeneratori esterni, mentre per le altre tipologie di impianti circoscritta dal perimetro esterno dell'impianto, fino alla conclusione del procedimento autorizzativo. In ogni caso la misura di salvaguardia perde efficacia decorsi i termini previsti dal decreto legislativo n. 28/2011 a partire dalla data della comunicazione dell'avvio del procedimento, salvo il caso in cui la regione ne disponga per lo stesso fine, per una sola volta, la proroga non superiore ad un anno per sopravvenute esigenze istruttorie e procedimentali relative al rilascio del provvedimento autorizzativo.».

La norma, per impianti in aree potenzialmente impegnate da un progetto presentato per acquisire l'autorizzazione unica da parte della regione, introduce una moratoria per le PAS, sospendendo il perfezionamento dei procedimenti sino alla conclusione del procedimento di autorizzazione unica, la cui durata e' stabilita in novanta giorni effettivi (cioe', ad esclusione della procedura VIA, che puo' avere la durata di due anni).

La norma impugnata viola i principi fondamentali che disciplinano il regime abilitativo degli impianti tra i quali il termine di conclusione dei procedimenti di cui all'art. 12, comma 4, del decreto legislativo n. 387/2003 citato.

La norma si pone anche in contrasto con la direttiva n. 28/2009/CE, sulla promozione dell'uso dell'energia rinnovabile e con il decreto legislativo n. 28/2011 recante attuazione della direttiva n. 2009/28/CE.

Le moratorie per l'abilitazione degli impianti a fonte rinnovabile violano l'art 117, comma 1, della Costituzione per il favor che le direttive europee e gli Accordi riconoscono alla massima diffusione delle fonti rinnovabili. La norma viola anche l'art. 117, comma 3, della Costituzione.

L'art. 12, comma 4, del decreto legislativo n. 387/2003, infatti, e' ispirato alla semplificazione amministrativa e costituisce principio fondamentale in materia il cui rispetto deve essere imposto uniformemente nel territorio nazionale (sentenze n. 364/2006; n. 282/2009; e n. 168/2010); e che e' applicabile anche in relazione alla fattispecie in esame per le autorizzazioni semplificate.

6. Gli articoli 38, 39 e 40 della legge Regione Basilicata n. 38/2018 citata viola gli articoli 97 e 117, comma 3, della Costituzione in tema di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia, e di tutela della salute, in relazione all'art. 12, comma 10, del decreto legislativo 3 aprile 2003, n. 387 e delle richiamate Linee guida.

Le disposizioni di cui agli artt. 38 (1) , 39 (2) e 40 (3) impugnati contengono varie prescrizioni sulle distanze, rispettivamente, in relazione a «impianti di grande generazione», a «impianti di piccola generazione» e a «impianti fotovoltaici di microgenerazione».

Esse presentano i medesimi profili di illegittimita' costituzionale gia' dedotti nel precedente motivo n. 4, che si intendono qui integralmente richiamati. Lo sviluppo della produzione di energia da fonti rinnovabili costituisce un obiettivo rilevante della politica energetica dell'Unione europea. Per il perseguimento di tale finalita' sono state emanate, fra le altre, la direttiva n. 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 settembre 2001 sulla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili, nel mercato interno dell'elettricita', e la direttiva n. 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009 sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive nn. 2001/77/CE e 2003/30/CE (Testo rilevante ai fini del SEE).

In particolare, i regimi abilitativi degli impianti per la produzione di energia rinnovabile sono regolati dalle Linee guida di cui al citato decreto ministeriale 10 settembre 2010, adottate in attuazione del comma 10 dell'art. 12 del decreto legislativo n. 387 del 2003 citato, e richiamate nel decreto legislativo n. 28 del 2011.

Si tratta di atti di normazione secondaria che costituiscono, in settori squisitamente tecnici, il completamento della normativa primaria.

Essi rappresentano un corpo unico con la disposizione legislativa che li prevede e che a essi affida il compito di individuare le specifiche tecniche che mal si conciliano con il contenuto di un atto legislativo e che necessitano di applicazione uniforme in tutto il territorio nazionale (sentenza n. 99 del 2012 citata).

Rientra nella concorrente competenza delle regioni, invece, individuare, in relazione a ciascuna opera, «aree e siti non idonei», avendo specifico riguardo alle diverse fonti e alle diverse dimensioni degli impianti, in via di eccezione e solo qualora cio' sia necessario per proteggere interessi costituzionalmente rilevanti.

Cio' a conferma del principio secondo cui disposizioni che prevedevano un divieto arbitrario, generalizzato e indiscriminato di localizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili si pongono in contrasto con la richiamata norma costituzionale (sentenza n. 308 del 2011). E' anche principio affermato che «alle regioni e' consentito soltanto individuare, caso per caso, "aree e siti non idonei", avendo specifico riguardo alle diverse fonti e alle diverse taglie di impianto, in via di eccezione e solo qualora cio' sia necessario per proteggere interessi costituzionalmente rilevanti. Il margine di intervento riconosciuto al legislatore regionale non permette invece che le regioni prescrivano limiti generali, specie nella forma di distanze minime, perche' cio' contrasterebbe con il principio fondamentale di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili, stabilito dal legislatore statale in conformita' alla normativa dell'Unione europea».(sentenza n. 69 del 2018, con la quale e' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 111, commi 2 e 5, della legge della Regione Veneto 30 dicembre 2016, n. 30, nella parte in cui fissava le distanze minime per la collocazione degli impianti a fonte rinnovabile rispetto alle residenze civili sparse e concentrate).

La soluzione legislativa adottata dalla regione con la norma impugnata, nello stabilire, in via generale, distanze minime per la collocazione degli impianti non previste dalla disciplina statale, senza istruttoria e valutazione in concreto dei luoghi in sede procedimentale non garantisce il rispetto dei principi fondamentali di tutela della salute e di legalita', di cui all'art. 117, comma 3, e all'art. 97 della Costituzione, e non permette un'adeguata tutela dei molteplici e rilevanti interessi coinvolti.

I principi richiamati sono espressione di un consolidato orientamento giurisprudenziale che si colloca all'interno del quadro normativo statale ed eurounitario che regola la materia.

Il principio di derivazione comunitaria della massima diffusione degli impianti di energia a fonte rinnovabile puo' trovare eccezione in presenza di esigenze di tutela della salute, paesaggistico-ambientale e dell'assetto urbanistico del territorio (sentenze n. 13 del 2014 e n. 224 del 2012).

La presenza dei diversi interessi coinvolti, tutti costituzionalmente rilevanti, ha come luogo di composizione il procedimento amministrativo, come previsto al paragrafo 17.1. dalle Linee guida citate, secondo cui, come gia' ricordato, «[...] l'individuazione della non idoneita' dell'area e' operata dalle regioni attraverso un'apposita istruttoria avente ad oggetto la ricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell'ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico e artistico, delle tradizioni agroalimentari locali, della biodiversita' e del paesaggio rurale che identificano obiettivi di protezione non compatibili con l'insediamento, in determinate aree, di specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti i quali determinerebbero, pertanto, una elevata probabilita' di esito negativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione [...]».

E', dunque, nella sede procedimentale che avviene la valutazione degli interessi pubblici coinvolti e meritevoli di tutela in relazione con l'interesse del soggetto privato operatore economico e con ulteriori interessi di cui sono titolari singoli cittadini e comunita', e che trovano nei principi costituzionali la loro previsione e tutela.

La struttura del procedimento amministrativo, infatti, rende possibile l'emersione di tali interessi, la loro adeguata prospettazione, nonche' la pubblicita' e la trasparenza della loro valutazione, in attuazione dei principi di cui all'art. 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241 di efficacia, imparzialita', pubblicita' e trasparenza.

Viene in tal modo garantita l'imparzialita' della scelta, il perseguimento, nel modo piu' adeguato ed efficace, dell'interesse primario, in attuazione del principio del buon andamento dell'Amministrazione e il rispetto del principio di legalita' desumibili dall'art. 97 della Costituzione, in senso non solo formale, come attribuzione normativa del potere, ma anche sostanziale, come esercizio del potere in modo coerente con la fonte normativa di attribuzione.

Pertanto, la soluzione legislativa adottata dalla Regione Basilicata, nello stabilire in via generale in sede procedimentale, senza istruttoria e senza valutazione in concreto dei luoghi, distanze minime per la collocazione degli impianti non previste dalla disciplina statale, non garantisce il rispetto dei descritti principi fondamentali e non permette un'adeguata tutela dei molteplici e rilevanti interessi coinvolti.

6. L'art. 42 della legge Regione Basilicata n. 38/2018 citata viola l'art. 117, comma 3, della Costituzione.

L'art. 42 prevede che «Le disposizioni di cui agli articoli 29, 30, 31, 34 e 36 si applicano anche ai procedimenti pendenti» Dalla lettura coordinata dei predetti articoli 29, 30, 31, 34 e 36 con l'art. 42 discende che le modifiche introdotte dalle norme regionali impugnate si applicano anche ai procedimenti pendenti in violazione dell'art. 117, comma 3, della Costituzione, come, peraltro, gia' eccepito nei precedenti motivi di impugnazione.

Come gia' rilevato, infatti, al punto 3. del presente ricorso, l'art. 30 della legge Regione Basilicata n. 38/2018 citata viola gli articoli 117, comma 2, lett. s), e 117, comma 3, della Costituzione.

L'art. 30, comma 1, citato, infatti, introduce l'art. 2-bis alla legge regionale 30 dicembre 2015, n. 54, disciplinando l'estensione delle aree nelle quali piu' iniziative possono integrare casi di cumulo degli impianti FER- Fonte di energia rinnovabili ai fini della preliminare verifica della assoggettabilita' a VIA e violando le disposizioni statali in materia, dettate dal decreto legislativo n. 152/2006 e dall'allegato IV; e si risolve in un ingiustificato aggravio procedimentale, stabilendo i casi in cui le iniziative siano da considerare tout court come cumulate sotto un profilo della verifica di assoggettabilita' a VIA.

La norma, come gia' eccepito supra, anticipa alla fase preliminare di ammissibilita' a VIA la valutazione circa la cumulabilita' delle opere rimessa, invece, dalla normativa statale, alla successiva fase di VIA.

In particolare, la norma impugnata richiama l'art. 4 del decreto legislativo n. 28 del 2011 che, al comma 3, prevede, come gia' ricordato, che «Al fine di evitare l'elusione della normativa di tutela dell'ambiente, del patrimonio culturale, della salute e della pubblica incolumita'.... le regioni e le province autonome stabiliscono i casi in cui la presentazione di piu' progetti per la realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili e localizzati nella medesima area o in aree contigue sono da valutare in termini cumulativi nell'ambito della valutazione di impatto ambientale».

La norma impugnata applica alla preliminare verifica di assoggettabilita' alla VIA cio' che e' previsto per la sola VIA in modo coerente con il sistema e le soglie di potenza per l'assoggettamento alla medesima VIA. L'aggravio procedimentale ingiustificato e' accresciuto dalla previsione di cui al comma 2 dell'art. 30 dove le soglie sono dimezzate in caso di ricorrenza di due delle condizioni previste al comma 1.

La norma regionale contrasta, pertanto, con l'esigenza di uniformita' normativa sotto il profilo della tutela ambientale (art. 117, comma 2, lett. s), della Costituzione) e sotto il profilo dell'autorizzazione degli impianti alimentati a fonte rinnovabile, violando l'art. 117, comma 3, della Costituzione in tema di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia.

L'art. 42 citato, che dispone l'immediata applicazione ai procedimenti in corso, fra le altre norme, anche dell'art. 30 citato, «si presenta in modo chiaramente dissonante» rispetto al descritto quadro legislativo, poiche' consente di derogare immediatamente al sistema nazionale in una materia oggetto di competenza legislativa concorrente ai sensi dell'art. 117, comma 3, della Costituzione", quale quella del governo del territorio (sentenza n. 64/2013, punto 5. del Considerato in diritto).

7. Gli articoli 43 e 52 della legge Regione Basilicata n. 38/2018 citata violano gli articoli 97 e 117, comma 2, lett. s), della Costituzione in tema di tutela dell'ambiente e dei beni culturali, in relazione all'art. 12. comma 10, del decreto legislativo 3 aprile 2003, n. 387 e delle richiamate Linee guida e al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

7.1. Gli articoli 43 e 52 della legge regionale n. 38/2018 citata introducono modifiche alla legge regionale n. 54 del 2015.

L'art. 43, recante «Integrazioni all'allegato A della legge regionale 30 dicembre 2015, n. 54 e successive modificazioni e integrazioni», legge regionale n. 54/15 citata, che contiene il «Recepimento dei criteri per il corretto inserimento nel paesaggio e nel territorio degli impianti da fonti di energia rinnovabili ai sensi del decreto ministeriale 10 settembre 2010», dispone che:   1. I Baffer di cui al punto 1.2 Beni monumentali 1.4 Beni paesaggistici: in riferimento a laghi ed invasi artificiali, fiumi, torrenti e corsi d'acqua, centri urbani, centri storici, 2.4 Rete Natura 2000, cosi' come individuati e definiti nell'allegato A della legge regionale n. 54/2015 e successive modificazioni e integrazioni, trovano applicazione esclusivamente nelle aree territoriali visibili dal bene monumentale vincolato se l'impianto FER in progetto non risulta in correlazione visiva con lo stesso bene vincolato da punti di vista privilegiati.

2. La Giunta regionale acquisito il parere vincolante del Comitato tecnico paritetico istituito dal protocollo di intesa tra regione MIBACT-MATTM, ai sensi dell'art. 145, comma 2 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, elabora le linee guida finalizzate ad una corretta applicazione del principio sancito al comma 1 del presente articolo.»   L'art. 52 citato, recante la «Definizione di area attinente ad un parco eolico», dispone che:   1. E' definita area attinente ad un parco eolico la porzione di territorio delimitato dalla poligonale chiusa e non intrecciata ottenuta collegando tra loro gli aerogeneratori piu' esterni del parco stesso;   2. I progetti di ottimizzazione di un parco eolico, che non comportano un aumento della potenza elettrica complessiva del progetto originario (compresi gli spostamenti di viabilita' interna al parco eolico, spostamenti di elettrodotti di servizio, spostamento di aereogeneratori, cambio dell'aereogeneratore, ecc.), previsti all'interno dell'area attinente, come definita al precedente comma 1, sono considerati varianti non sostanziali a condizione che l'area attinente al Parco eolico si riduca e che le aree interessate dalle modifiche siano nella disponibilita' del soggetto proponente il parco eolico.»   La novella ha lo scopo, peraltro, non pienamente raggiunto, di assicurare il sostanziale recepimento di quanto prescritto in precedenti interventi normativi (il richiamo e' alla legge regionale n. 19 del 24 luglio 2017 impugnata dinanzi alla Corte costituzionale in base alla delibera del Consiglio dei ministri del 23 settembre 2017; e alla legge regionale n. 21 del 2017, per la quale e' stata proposta impugnativa costituzionale in base alla delibera del Consiglio dei ministri del 27 ottobre 2017).

La legge censurata, con gli articoli dal 29 e seguenti, ad eccezione degli articoli 43 e 52, integra e modifica la normativa vigente in materia di procedimenti autorizzativi di impianti da F.E.R. con particolare riguardo alle problematiche di inserimento dei medesimi nel paesaggio e sul territorio, estendendo le linee guida per il corretto inserimento degli impianti, alimentati da fonti rinnovabili, gia' approvate con la legge regionale n. 54 del 2015, anche agli impianti con potenza superiore ai limiti stabiliti nella tabella A) del decreto legislativo n. 387 del 2003 citato e non superiori a 1 MW.

Tale obiettivo risulta confliggente con quanto previsto dalla Regione Basilicata, in particolare dagli artt. 43 e 52 in epigrafe, che contrastano con le norme di tutela dei beni culturali e del paesaggio, per i motivi che di seguito si espongono.

7.2. L'attuazione delle previsioni contenute nell'art. 43 citato, «Integrazioni all'allegato A della legge regionale 30 dicembre 2015, n. 54 e successive modificazioni e integrazioni», comma 1, riduce drasticamente l'applicazione dei «Buffer» di cui al punto "1.2 Beni monumentali, 1.4 Beni paesaggistici (laghi ed invasi artificiali, fiumi, torrenti e corsi d'acqua, centri urbani, centri storici), 2.4 Rete Natura 2000, cosi' come individuati e definiti nell'allegato A della legge regionale n. 54 del 2015 e successive modificazioni e integrazioni, «esclusivamente nelle aree territoriali visibili dal bene monumentale vincolato se l'impianto FER in progetto non risulta in correlazione visiva con lo stesso bene vincolato da punti di vista privilegiati».

Tale previsione limita l'applicazione di tutte le aree «Buffer», a prescindere dalla natura delle medesime, a due circostanze: 1) che intorno dell'area di «Buffer» medesima sia presente un bene monumentale; 2) che l'impianto FER sia in «correlazione visiva con lo stesso bene vincolato da punti di vista privilegiati».

Oltre alle difficolta', che potrebbero sorgere in sede di elaborazione delle linee guida, previste dal comma 2 del medesimo articolo, finalizzate a una corretta applicazione del principio sancito dal comma 1 per la definizione dei «punti di vista privilegiati», sia la prima che la seconda circostanza sono da considerarsi assolutamente in contrasto con i principi ispiratori posti alla base della individuazione delle «aree non idonee» stabiliti dall'allegato 3 (paragrafo 17) «Criteri per l'individuazione di aree non idonee» del citato decreto ministeriale 10 settembre 2010 «Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili».

L'applicazione del parametro della «correlazione visiva» con un bene vincolato, sarebbe, infatti, assolutamente strumentale alla significativa riduzione della natura e specificita' delle diverse categorie di aree ritenute particolarmente sensibili e/o vulnerabili alle trasformazioni territoriali o del paesaggio, elencate nell'allegato 3 del su citato decreto del 2010.

Le modifiche introdotte alla legge regionale n. 54 del 2015 citata con la legge regionale n. 38/2018 citata, sebbene, da un lato, sembrano estendere l'applicazione dei criteri e delle modalita' per il corretto inserimento nel paesaggio e sul territorio alle tipologie di impianti F.E.R. di qualunque potenza (art. 29); dall'altro, e in maniera assolutamente incoerente, introducono, con l'art. 43 citato, una norma la cui applicazione annulla di fatto l'istruttoria condotta dal Ministero dei beni e delle attivita' culturali, di concerto con la Regione Basilicata, che ha portato alla definizione delle aree di «Buffer» di cui agli allegati A e C e agli elaborati di cui all'allegato B della legge regionale n. 54 del 2015 citata, inficiandone, pertanto, la portata applicativa.

7.3. L'art. 52, «Definizione di area attinente ad un parco eolico», intervenendo su una materia gia' ampiamente regolamentata dalla legislazione statale con il decreto legislativo n. 152 del 2006 citato, oltre a introdurre una nuova definizione (area attinente ad un parco eolico), stabilisce un nuovo criterio per la definizione della sostanzialita' delle varianti ai parchi eolici, che, sostituendosi ai criteri elencati nell'allegato V alla parte II del medesimo decreto legislativo n. 152/2006, crea conflitti normativi e incertezze applicative, soprattutto nei procedimenti di verifica di assoggettabilita' a VIA statale di cui all'art. 19 del decreto legislativo citato che, si ricorda, a seguito delle modifiche introdotte dal decreto legislativo n. 104 del 2017, riguarda anche gli impianti eolici di potenza superiore ai 30 MW.

Gli articoli 43 e 52, oltre a rappresentare una contraddittorieta' interna alla medesima legge regionale e un mancato rispetto degli impegni assunti con la sottoscrizione del protocollo di intesa per la elaborazione del Piano paesaggistico regionale, stipulato ai sensi dell'art. 143, comma 2, del decreto legislativo n. 42 del 2004, tra il Ministero dei beni e delle attivita' culturali, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e la Regione Basilicata, in data 14 settembre 2011, confliggono con le norme a tutela dell'ambiente, di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006 e del patrimonio culturale, di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004, e con l'art. 117, comma 2, lett. s), della Costituzione, nella materia della tutela dell'ambiente e dei beni culturali.

8. L'art. 47 della legge Regione Basilicata n. 38/2018 citata viola gli articoli 3, 97 e 117, comma 2, lett. l), della Costituzione in tema di ordinamento civile, in relazione all'art. 1, comma 1148, lett. a), della legge 27 dicembre 2017, n. 205.

L'art. 47, comma 1, citato, prevede che «Le graduatorie delle selezioni riservate indette ai sensi dell'art. 4, comma 6 del decreto-legge n. 101/2013, convertito con modificazioni dalla legge n. 125/2013, oggetto delle procedure di stabilizzazione, ex art. 20, comma 1 del decreto legislativo n. 75/2017 e successive modificazioni e integrazioni, sono prorogate fino alla conclusione delle procedure stesse.».

Al secondo comma dispone che «I candidati idonei ricompresi nelle graduatorie di cui all'art. 4 della legge regionale 25 ottobre 2010, n. 31, relative a selezioni per progressioni verticali indette antecedentemente all'entrata in vigore del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, approvate al 31 dicembre 2010, sono inquadrati fino ad esaurimento delle stesse, nelle categorie per le quali hanno concorso, a decorrere dal 1° marzo 2019. I posti resisi liberi, per effetto dei predetti inquadramenti sono soppressi.».

La disposizione citata, quindi, inserisce una disciplina derogatoria, in materia di proroga di graduatorie regionali, in favore soltanto di determinati soggetti.

Al riguardo, la proroga sine die e comunque «fino alla conclusione delle procedure» inerenti alle graduatorie di cui al comma 1 dell'articolo in esame contrasta con la prescrizione dell'art. 1, comma 1148, lett. a), della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio 2018), per disposizione del quale «l'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato, vigenti alla data del 31 dicembre 2017 e relative alle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni» e' prevista unicamente fino al 31 dicembre 2018.

La disposizione regionale introduce, invece, una deroga in favore di determinati soggetti che contrasta, oltre che con la normativa nazionale citata, con i principi di uguaglianza, buon andamento e imparzialita' della pubblica amministrazione, di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione, e con l'art. 117, comma 2, lettera l), della Costituzione che riserva la materia dell'ordinamento civile (che comprende anche i rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile e dai contratti collettivi) alla competenza esclusiva dello Stato e comma 3, per violazione del principio di coordinamento della finanza pubblica.

Su questione analoga, e' pendente il ricorso n. 16 del 27 febbraio 2018 che riguarda la analoga normativa della Regione Autonoma Valle d'Aosta.

9. Gli articoli 53 e 55 della legge Regione Basilicata n. 38/2018 citata violano l'art. 117, comma 2, lett. l, della Costituzione in tema di ordinamento civile, in relazione all'art. 7, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

Le norme di cui agli artt. 53 (4) e 55 (5) citati disciplinano la proroga dei contratti di collaborazione presso enti e strutture connesse all'amministrazione regionale.

Le proroghe dei contratti di collaborazione previste dai succitati articoli contrastano con quanto previsto dall'art. 7, comma 6, del decreto legislativo n. 165/2001, che ammette il ricorso ai contratti di collaborazione unicamente in caso di accertata impossibilita' oggettiva di utilizzare per il medesimo scopo il personale gia' a disposizione dell'amministrazione.

Significativa al riguardo la modifica introdotta dal comma 147 dell'art. 1 della legge n. 228/2012 all'art. 7, comma 6, lett. c) del decreto legislativo n. 165/2001 citato, laddove viene specificato il carattere del tutto temporaneo e straordinario del ricorso al lavoro autonomo nelle pubbliche amministrazioni: «la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente qualificata; non e' ammesso il rinnovo; l'eventuale proroga dell'incarico originario e' consentita, in via eccezionale, al solo fine di completare il progetto e per ritardi non imputabili al collaboratore, ferma restando la misura del compenso pattuito in sede di affidamento dell'incarico».

Piu' precisamente, le proroghe al 31 dicembre 2019 dei contratti di collaborazione di cui alle determinazioni dirigenziali indicate dall'art. 53 e quelle al 31 dicembre 2023 previste dall'art. 55 sono generiche e non sufficientemente motivate alla luce dello stringente dettato normativo dell'art. 7, comma 6, del decreto legislativo n. 165/2001 citato, «che vieta di ricorrervi, se non quando sia stata accertata l'impossibilita' oggettiva di utilizzare per il medesimo scopo il personale gia' a disposizione dell'amministrazione. E' questa una previsione che dovrebbe scongiurare alla radice il rischio che si abusi delle collaborazioni esterne pur in presenza di un elevato numero di dipendenti pubblici» (sentenza n. 43 del 2016).

Non sono, invero, conformi alle previsioni dell'art. 7, comma 6 del testo unico sul pubblico impiego, i contratti di collaborazione coordinata e continuativa che, non appena scaduti, vengono poi riaffidati agli stessi soggetti per le medesime finalita', senza che venga rispettato il requisito della temporaneita' e senza una procedura di comparazione tra candidati (Corte dei conti delibera n. SCCLEG/24/20 11 Prev).

Il citato art. 7 e', infatti, finalizzato a evitare che la reiterazione di incarichi a soggetti estranei alla p.a. possa tradursi in forme anomale di reclutamento, contravvenendo alle disposizioni in materia di accesso all'impiego nelle pubbliche amministrazioni.

Ne discende l'impossibilita' di prorogare l'incarico di collaborazione coordinata e continuativa, se non nel caso in cui sia avallato da una specifica motivazione e quando si intenda completare l'attivita' gia' avviata. Le disposizioni regionali impugnate contengono, pertanto, una disciplina incompatibile con le previsioni di cui all'art. 117, comma 2, lett. l), della Costituzione, che riserva la materia dell'ordinamento civile alla competenza esclusiva dello Stato.

(1) L'art. 38 Modifiche al paragrafo 1.2.1. «Gli impianti di grande generazione» pag. 536 dell'Appendice A del P.I.E.A.R. approvato con legge regionale 19 gennaio 2010, n. 1. In vigore dal 22 novembre 2018 dispone: 1. Al paragrafo 1.2.1.4. «Requisiti di sicurezza» e' introdotta la seguente lettera: dter) distanza minima da strade comunali subordinata a studi di sicurezza in caso di rottura accidentale degli organi rotanti e comunque non inferiore a 200 m. 2. Al Paragrafo 1.2.1.5. «Requisiti anemologici» pag. 542 la lettera l) e' sostituita: l) il proponente puo' surrogare la rilevazione sul posto di cui alla lett. f), qualora disponga dei dati anemometrici del sito interessato dal progetto, monitorati e rilevati da altro soggetto non oltre tre anni prima della data di presentazione dell'istanza di autorizzazione. 3. Al Paragrafo 1.2.1.6. «La progettazione» pag. 543 le parole: per garantire la presenza di corridoi di transito per la fauna oltre che per ridurre l'impatto visivo gli aerogeneratori devono essere disposti in modo tale: a) la distanza minima tra gli aerogeneratori sia pari a tre diametri di rotore; b) la distanza minima tra le file di aerogeneratori sia pari a 6 diametri di rotore. Per impianti che si sviluppano su file parallele e con macchine disposte in configurazione sfalsata la distanza minima fra le file non puo' essere inferiore a 3 diametri di rotore (Fig. A-B). sono sostituite dalle seguenti:  per garantire adeguate condizioni di funzionalita' produttiva, nonche' la presenza di corridoi di transito per la fauna oltre che per ridurre l'impatto visivo a causa dell'effetto selva, gli aerogeneratori appartenenti allo stesso impianto, ovvero posti in prossimita' di altri impianti di qualunque consistenza, devono essere disposti in modo tale che: a) la distanza minima tra gli aerogeneratori, misurata a partire dall'estremita' delle pale disposte orizzontalmente, sia pari a tre volte il diametro del rotore piu' grande; b) la distanza minima tra le file di aerogeneratori, disposti lungo la direzione prevalente del vento, sia pari a 6 volte il diametro del rotore piu' grande; nel caso gli aero generatori siano disposti su file parallele con una configurazione sfalsata, la distanza minima tra le file non puo' essere inferiore a 3 volte il diametro del rotore piu' grande.

(2) L'art. 39 Modifiche al paragrafo 1.2.2. dell'Appendice A del P.I.E.A.R. approvato con legge regionale 19 gennaio 2010, n. 1. In vigore dal 22 novembre 2018 dispone 1. Il paragrafo 1.2.2. dell'Appendice A del P.I.E.A.R. - pagina 275 - approvato con legge regionale 19 gennaio 2010, n. 1 e' sostituito dal seguente: «1.2.2. Gli impianti di piccola generazione. Ai fini del presente Piano, gli impianti eolici sono classificati di piccola generazione se soddisfano contemporaneamente le seguenti condizioni: a) potenza nominale massima complessiva non superiore a 200 kW; b) numero massimo di 2 aerogeneratori. 1.2.2.1. Impianti di potenza nominale fino a 200 kW. Per tali impianti si applica la disciplina della P.A.S. Procedura abilitativa semplificata di cui all'art. 6 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, e sue successive modificazioni. La P.A.S. deve essere presentata al Comune territorialmente competente, allegando, la seguente documentazione: a) Titolo di proprieta' o documentazione comprovante la disponibilita' dell'area su cui insiste l'impianto e le relative opere di connessione alla rete di distribuzione; b) TICA contenente la STMG (soluzione tecnica minima generale) rilasciata dal gestore della rete di distribuzione debitamente accettata, per la connessione  dell'impianto; c) Relazione paesaggistica di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; d) Ricevuta di pagamento degli oneri istruttori; e) Progetto definitivo dell'impianto, delle opere connesse e delle infrastrutture indispensabili; f) Studio d'incidenza ambientale, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 357/1997, per tutti gli impianti che ricadono in una fascia pari a 500 metri, esterna ai siti SIC-ZPS; g) Eventuali assensi dovuti a specifiche norme di legge che interessano il sito oggetto di intervento; h) Progetto di gestione e manutenzione dell'impianto; i) Progetto di dismissione dell'impianto: e' indispensabile riportare nel progetto un piano di dismissione dell'impianto che preveda, alla cessazione dell'attivita' produttiva, le modalita' di rimozione della infrastruttura e di tutte le opere principali connesse, lo smaltimento del materiale dimesso ed il ripristino dello stato dei luoghi; il piano dovra' contenere le modalita' e la stima dei costi delle operazioni di dismissione, di smaltimento e di ripristino dello stato dei luoghi; j) Dichiarazione resa da un istituto bancario attestante che l'istante dispone delle risorse economiche e finanziarie occorrenti alla realizzazione dell'impianto; k) Studio acustico del sito su cui e' ubicato l'impianto; l) Studio anemologico basato su rilevazioni effettuate sul posto per un periodo di 1 anno, da operatori certificati ovvero accreditati con adeguata strumentazione debitamente certificata e calibrata, per un periodo di almeno un anno. Sono soggette a P.A.S. gli interventi di manutenzione straordinaria e di rifacimento realizzate sugli impianti eolici esistenti che non comportino variazioni delle dimensioni fisiche, della volumetria delle strutture e dell'area destinata ad ospitare gli impianti stessi e le opere connesse. Requisiti tecnici minimi per gli impianti Il progetto deve soddisfare i seguenti requisiti tecnici minimi: a) Velocita' media annua del vento a 25 m dal suolo non inferiore a 5 m/s; b) Ore equivalenti di funzionamento dell'aerogeneratore non inferiori a 2.000 (rapporto fra la produzione annua di energia elettrica dell'aerogeneratore espressa in megawattora (MWh), basata sui dati forniti dallo studio anemometrico, e la potenza nominale dell'aerogeneratore); c) Numero massimo di aerogeneratori con sostegno tubalare: 2; d) Distanza minima di ogni aerogeneratore dal limite dell'ambito urbano previsto dai regolamenti urbanistici redatti ai sensi della L. R. n. 23/99 pari a 1.000 metri previa verifica di compatibilita' acustica in prossimita' delle abitazioni; e) Distanza minima da edifici e/o abitazioni subordinata a studi di compatibilita' acustica, di Shadow - Flickering, di sicurezza in caso di rottura accidentale degli organi rotanti. In ogni caso, tale distanza non deve essere inferiore a 300 metri; f) Distanza minima da strade statali ed autostrade subordinata a studi di sicurezza in caso di rottura accidentale degli organi rotanti, in ogni caso tale distanza non deve essere inferiore a 300 metri; g) Distanza minima da strade provinciali subordinata a studi di sicurezza in caso di rottura accidentale degli organi rotanti e comunque non inferiore a 200 metri; h) Distanza minima dai confini di proprieta' subordinata a studi di sicurezza in caso di rottura accidentale degli organi rotanti e comunque non inferiore a 200 metri; i) Distanza minima da strade comunali subordinata a studi di sicurezza in caso di rottura accidentale degli organi rotanti e comunque non inferiore a 200 metri; j) Distanza trasversale minima fra aerogeneratori sia pari a 3 volte il diametro del rotore maggiore (per distanza si intende la distanza intercorrente fra le punte delle pale disposte orizzontalmente di due aerogeneratori in direzione ortogonale al vento prevalente) e comunque non inferiore a 300 metri; k) Distanza longitudinale minima fra aerogeneratori sia pari a 6 volte il diametro del rotore maggiore (per distanza longitudinale si intende la distanza intercorrente fra le punte delle pale disposte orizzontalmente di due aerogeneratori lungo la direzione prevalente del vento); l) Distanza tale da non  interferire con le attivita' dei centri di osservazioni astronomiche e di rilevazioni di dati spaziali, da verificarsi con specifico studio da allegare al progetto. Raccomandazioni per la progettazione, la costruzione, l'esercizio e la dismissione degli impianti eolici. a) Le torri tubolari di sostegno (divieto di utilizzare torri a traliccio e tiranti) debbono essere rivestite con vernici antiriflesso di colori presenti nel paesaggio o neutri, evitando l'apposizione di scritte e/o avvisi pubblicitari. b) L'ubicazione dell'impianto deve essere il piu' vicino possibile al punto di connessione alla rete di  conferimento dell'energia in modo tale da ridurre l'impatto degli elettrodotti di collegamento. c) Bisogna evitare l'ubicazione degli impianti e delle opere connesse (cavidotti interrati, strade di servizio, sottostazione, ecc.) in prossimita' di compluvi e torrenti Speciale montani indipendentemente dal loro bacino idraulico, regime e portate, e nei pressi di morfostrutture carsiche quali doline e inghiottitoi. d) Gli sbancamenti ed i riporti di terreno devono essere contenuti il piu' possibile ed e' necessario prevedere per le opere di contenimento e ripristino l'utilizzo di tecniche di ingegneria naturalistica. e) Si deve evitare, ove possibile, di localizzare gli aerogeneratori in punti del territorio tali da richiedere necessariamente le segnalazioni di sicurezza del volo a bassa quota rappresentate da colorazioni bianche e rosse e segnali luminosi. f) Al termine dei lavori il proponente deve procedere al ripristino morfologico, alla stabilizzazione ed inerbimento di tutte le aree soggette a movimenti di terra e al ripristino della viabilita' pubblica e privata, utilizzata ed eventualmente danneggiata in seguito alle lavorazioni. g) Gli oli esausti derivanti dal funzionamento dell'impianto eolico dovranno essere adeguatamente trattati e smaltiti presso il "Consorzio obbligatorio degli oli esausti. h) Il proponente dovra' informare annualmente l'Ufficio regionale competente mediante raccomandata con a/r, della produzione di energia elettrica da parte dell'impianto eolico autorizzato. i) Alla fine del ciclo produttivo dell'impianto, il soggetto autorizzato e' tenuto a dismettere l'impianto secondo il progetto approvato o, in alternativa, l'adeguamento produttivo dello stesso.".

(3) L'Art. 40 Modifiche al paragrafo 2.2.2. dell'Appendice A del P.I.E.A.R. approvato con legge regionale 19 gennaio 2010, n. 1, dispone il paragrafo 2.2.2. dell'Appendice A del PIEAR - pagina 291 - e' sostituito dal seguente: «2.2.2. Procedure per la costruzione e l'esercizio degli impianti fotovoltaici di microgenerazione. Gli impianti di conversione fotovoltaica dell'energia solare sono classificati di "microgenerazione" se soddisfano una delle seguenti condizioni: a) integrati e/o parzialmente integrati; b) non integrati con potenza nominale massima non superiore a 200 kW; Per la costruzione, la manutenzione straordinarie ed il rifacimento di tali tipi di impianti, si applica la disciplina della P.A.S. di cui all'art. 6 del decreto legislativo n. 28/2011, e sue successive modificazioni. Sono soggette a P.A.S. le opere di rifacimento degli impianti fotovoltaici esistenti che non comportino variazioni nelle dimensioni fisiche degli apparecchi, della volumetria delle strutture e dell'area destinata ad ospitare gli impianti stessi. Per la costruzione degli impianti di cui alla precedente lettera a), se aderenti o integrati nei tetti degli edifici, con la stessa inclinazione e lo stesso orientamento della falda ed i cui componenti non alterino la sagoma degli edifici stessi e' sufficiente la semplice comunicazione ai sensi dell'art. 4 del decreto legislativo n. 28/2011. La P.A.S. deve essere presentata al Comune territorialmente competente allegando la seguente documentazione: a) titolo di proprieta' ovvero documentazione comprovante la disponibilita' dell'area su cui insiste l'impianto e le relative opere di connessione alla rete di distribuzione; b) TICA contenente la STMG (soluzione tecnica minima generale) debitamente accettata, rilasciata dalla societa' gestore delle reti di distribuzione; c) relazione paesaggistica di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; d) ricevuta di pagamento degli oneri istruttori; e) progetto definitivo dell'impianto, delle opere connesse e delle infrastrutture indispensabili; f) progetto di gestione e manutenzione dell'impianto; g) progetto di dismissione dell'impianto che preveda, alla cessazione dell'attivita' produttiva, le modalita' di rimozione della infrastruttura e di tutte le opere principali connesse, lo smaltimento del materiale dismesso ed il ripristino dello stato dei luoghi; il piano dovra' contenere le modalita' e la stima dei costi delle operazioni di dismissione, di smaltimento e di ripristino dello stato dei luoghi; h) elaborato sulla distanza minima dell'impianto dal limite dell'ambito urbano previsto dai regolamenti urbanistici redatti ai sensi della legge regionale n. 23/99 pari a 1.000 metri; i) studio acustico relativo al sito interessato dall'impianto; j) Elaborato sulla distanza minima dai confini di proprieta' non inferiore a 100 metri; k) Studio d'incidenza ambientale, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 357/1997, per tutti gli impianti che ricadono in una fascia pari a 500 metri, esterna ai siti SIC-ZPS; l) Elaborati contenente i dati e le planimetrie descrittivi del sito, con localizzazione geo referenziata dell'impianto in coordinate piane Gauss Boaga - Roma 40 fuso est; m) eventuali assensi dovuti a specifiche norme di legge che interessano il sito oggetto di intervento. n) dichiarazione resa da un istituto bancario attestante che l'istante dispone delle risorse economiche e finanziarie occorrenti alla realizzazione dell'impianto.».

(4) L'Art. 53 Disposizioni in materia di Osservatorio dei Prezzi nel settore della sanita', in materia di farmacovigilanza e in materia di fascicolo sanitario elettronico nonche' in materia di valorizzazione artistico-culturale. In vigore dal 22 novembre 2018 dispone: l. Al fine di garantire lo svolgimento delle attivita' destinate all'attuazione dei programmi concernenti l'Osservatorio dei Prezzi, dei servizi e delle tecnologie nel settore della sanita' (OPT), del progetto di realizzazione della Rete regionale degli Acquisti del Servizio sanitario regionale, di valutazioni dei piani e dei progetti di adeguamento infrastrutturale delle Aziende sanitarie regionali e delle Strutture sanitarie, nonche' delle attivita' inerenti il progetto di riordino del sistema di formazione continua, i contratti di collaborazione di cui alle determinazioni dirigenziali n. 13A2.2018/D.00211 del 31 luglio 2018, n. 13A2.2018/D.00213 del 31 luglio 2018, n. 13A2.2018/D.00210 del 31 luglio 2018 e n. 13A2.2018/D.00212 del 31 luglio 2018, con scadenza al 31 dicembre 2018 sono prorogati fino al 31 dicembre 2019. 2. La spesa relativa alla proroga dei contratti di cui al comma 1, quantificata in euro 224.000.00 e' assicurata a valere sugli stanziamenti del bilancio pluriennale 2018-2020 per l'esercizio 2019 dalle risorse stanziate sulla Missione 13 Programma 01. 3. Al fine dello svolgimento delle attivita' ricomprese nel programma regionale di farmacovigilanza attiva, garantendo, nel contempo il funzionamento del Centro regionale di farmacovigilanza, in conformita' alle Delib.G.R. n. 1461/2011 e n. 1893/2011, il contratto di collaborazione di cui alla determinazione dirigenziale n. 13A2.2018/D.00209 del 31 luglio 2018, con scadenza al 31 dicembre 2018 e' prorogato fino al 31 dicembre 2019. 4. La spesa relativa alla proroga del contratto di cui al comma 3, quantificata in euro 32.000,00, e' assicurata a valere sugli stanziamenti del bilancio pluriennale 2018/2020, per l'esercizio 2019, dalle risorse stanziate dalla Missione 13 Programma 07. 5. Al fine di garantire lo svolgimento delle attivita' finalizzate alla messa in esercizio del fascicolo sanitario elettronico, i contratti di collaborazione stipulati  per tali finalita' dall'Azienda ospedaliera regionale San Carlo in funzione di coordinamento e supporto operativo alle Aziende del Servizio sanitario regionale in essere alla data di entrata in vigore della presente legge, sono prorogati al 3 l dicembre 2019. 6. La spesa relativa alla proroga dei contralti di cui al comma 5, quantificati in euro 72.000,00 e' assicurata dalle risorse di cui al Fondo sanitario regionale assegnate all'Azienda ospedaliera regionale San Carlo, a valere sulla Missione 13 Programma 07 del bilancio pluriennale 2018/2020. 7. Al fine di assicurare la continuita' ed il completamento dei programmi connessi alle attivita' in materia di valorizzazione artistico-culturale, il contratto di collaborazione stipulato per tali finalita' di cui alla determinazione dirigenziale n. 12A2.2018/D.01645 del 12 luglio 2018, in essere alla data di entrata in vigore della presente legge, e' prorogata fino al 30 giugno 2020. 8. La spesa relativa alla proroga del contratto di cui al precedente comma 1, quantificata nella misura massima di euro 54.900,00, e' assicurata, a valere sugli stanziamenti del bilancio pluriennale 2018-2020 per l'esercizio 2019, sulla Missione 01 Programma 03.

(5) L'art. 55 Disposizioni in materia di rafforzamento della capacita' tecnica e amministrativa dell'Amministrazione  regionale. In vigore dal 22 novembre 2018 dispone 1. Al fine di assicurare il rafforzamento della capacita' tecnica e  amministrativa dell'Amministrazione regionale e l'accompagnamento per l'accelerazione e l'efficacia delle attivita' connesse all'attuazione ed alla programmazione FSE 2014-2020, FESR 2014-2020 e FEASR 2014-2020, e' prorogato fino al 31 dicembre 2023 il termine di scadenza dei contratti di collaborazione stipulati per tali finalita', in essere alla data di entrata in vigore della presente legge, di cui alle seguenti determinazioni dirigenziali: a) determinazioni n. 12A2.2016/D.01021 del 20 luglio 2016, n. 12AF.2016/D.01182 del 6 settembre 2016, n. 12AF.2016/D.01781 del 23 dicembre 2016 relative al POR FESR Basilicata 2014/2020; b) determinazioni n. 12A2.2016/D.01021 del 20 luglio 2016, n. 12AN.2016/D.01777 del 22 dicembre 2016, n. 12AN.2016/D.1786 del 29 dicembre 2016, n. 12AN.2017/D.00770 del 10 maggio 2017 relative al POR FSE Basilicata 2014/2020; c) determinazioni n. 12A2.2016/D.01021 del 20 luglio 2016, n. 14AI.2016/D.00836 del 19 settembre 2016, n. 14AI.2016/D.01206 del 2 7 dicembre 2016 relative al PSR Basilicata 2014/2020. 2. Agli oneri relativi al comma 1, lettera a) quantificati nella misura massima di euro 1.800.126,00 si provvede mediante risorse comunitarie e statali stanziate a valere sulla Missione 01 Programma 11, per l'esercizio 2019 per euro 30.750,00 e per l'esercizio 2020 per euro 1.769.376.00 del bilancio pluriennale 2018-2020. 3. Agli oneri relativi al comma 1, lettera b), quantificati nella misura massima di euro 1.294.590,00, si provvede mediante risorse comunitarie e statali stanziate a valere sulla Missione 01 Programma 11, per l'esercizio 2020 per euro 881.659,34 e sulla Missione 15 Programma 01 per l'esercizio 2020 per euro 412.930,66 del bilancio pluriennale 2018-2020. 4. Agli oneri relativi al comma 1, lettera c), quantificati nella misura massima di euro di 1.040.000,00 si provvede mediante risorse comunitarie e statali stanziate a valere sulla Missione 16 Programma 01, per l'esercizio 2019 per euro 500.000,00 e per l'esercizio 2020 per euro 540.000,00 del bilancio pluriennale 2018-2020.

 

P. Q. M.

 

Per i suesposti motivi si conclude perche' articoli 24, 28, 30, 32, 37, 38, 39, 40, 42, 43, 47, 52, 53 e 55 della legge regionale Basilicata n. 38 del 22 novembre 2018, recante «Seconda variazione al bilancio di previsione pluriennale 2018/2020 e disposizioni in materia di scadenza di termini legislativi e nei vari settori di intervento della Regione Basilicata.» indicati in epigrafe, siano dichiarati costituzionalmente illegittimi.

Si produce l'attestazione della deliberazione del Consiglio dei ministri del 17 gennaio 2019.

Roma, 21 gennaio 2019

Il Vice Avvocato Generale dello Stato: Palmieri

L'Avvocato dello Stato: Morici