RICORSO N. 7 DEL 25 GENNAIO 2019 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 7 gennaio 2019.

(GU n. 7 del 13.2.2019)

 

Ricorso ex art. 127 Costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato c.f. 80224030587, fax 06/96514000 e PEC roma@mailcert.avvocaturastato.it presso i cui uffici ex lege domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12;   nei confronti della Regione Basilicata, in persona del presidente della giunta regionale pro tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 17, commi 6 e 7, della legge Regionale Basilicata n. 35 del 16 novembre 2018, recante «Norme di attuazione della parte del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 in materia di gestione dei rifiuti di bonifica e di siti inquinanti - Norme in materia ambientale e della legge 27 marzo 1992, n. 257 - Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto», pubblicata nel B.U.R. n. 48 del 16 novembre 2018, giusta delibera del Consiglio dei ministri in data 10 gennaio 2019.

Con la legge regionale n. 35 del 16 novembre 2018 indicata in epigrafe, che consta di sessantotto articoli, la Regione Basilicata ha emanato le disposizioni in tema di «Attuazione della parte del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 in materia di gestione dei rifiuti di bonifica e di siti inquinanti - Norme in materia ambientale e della legge 27 marzo 1992, n. 257 - Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto.

In particolare, l'art. 17, rubricato «Principi per l'autorizzazione alla realizzazione di impianti dedicati allo smaltimento o al trattamento o al recupero dei rifiuti nel territorio regionale», definisce i principi per l'autorizzazione alla realizzazione di impianti dedicati allo smaltimento o al trattamento o al recupero dei rifiuti nel territorio regionale, e, al comma 1, consente «iniziative pubbliche e private nel campo dello smaltimento, trattamento e recupero dei rifiuti urbani e speciali», specificando, ai successivi commi 6 e 7, che:   «6. Sono improcedibili le istanze di autorizzazione relative alle nuove attivita' destinate allo smaltimento, trattamento e/o recupero dei rifiuti urbani, frazioni di rifiuti urbani, rifiuti speciali anche contenenti amianto, non conformi alle previsioni del P.R.G.R.

7. Sono procedibili le istanze relative ad impianti esclusivamente di recupero di materia che dimostrino, con specifica analisi, il rispetto del principio di prossimita' come definito al precedente art. 2, commi 3 e 4. Tali istanze sono ammissibili solo quando la produzione degli scarti di processo e' minore dell'otto per cento e quando almeno il settanta per cento della capacita' impiantistica e' dedicata a soddisfare i fabbisogni regionali.».

Dalla lettura dei predetti commi 6 e 7 si evince che sono previste procedure autorizzatorie esclusivamente per gli impianti di recupero di materia; mentre sono escluse da tali procedure autorizzatorie, di fatto vietandole, le istanze riguardanti gli impianti di smaltimento, in particolare, quelli di recupero energetico.

E' avviso del Governo che, con la norma denunciata in epigrafe, la Regione Basilicata abbia ecceduto dalla propria competenza in violazione della normativa costituzionale, come si confida di dimostrare in appresso con l'illustrazione dei seguenti

 

Motivi

 

1. L'art. 17, commi 6 e 7, della legge Regione Basilicata n. 35/2018 citata viola l'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione in relazione all'art. 179 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e all'art. 35, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modificazioni con la legge 11 novembre 2014, n. 164.

1.1. Occorre ricordare, innanzitutto, che la normativa nazionale sui rifiuti e' stata adottata inizialmente con il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, recante «Attuazione della direttiva 91/156/CEE sui rifiuti, della direttiva 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio», prevedendo la prima disciplina della «gestione dei rifiuti»; e ha subito una profonda trasformazione con il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 che, sancita l'esplicita abrogazione del decreto legislativo citato n. 22/1997, ha riformulato l'intera disciplina legislativa interna sull'ambiente disciplinando la «gestione integrata» dei rifiuti.

La «gestione integrata» sta ad indicare un sistema volto a gestire l'intero processo dei rifiuti (comprendente raccolta, trasporto, trattamento e destinazione finale) con le finalita' di recupero energetico delle materie prime e, dunque, di minimizzare la frazione destinata alla discarica con il ricorso a una rete integrata e adeguata di impianti.

Il decreto legislativo n. 152/2006 citato, individua tra le misure prioritarie le azioni volte a prevenire e ridurre la produzione dei rifiuti, cui seguono le attivita' di recupero e, come ultima ipotesi lo smaltimento (articoli 179-182).

In particolare, l'art. 182 chiarisce che lo smaltimento dei rifiuti e' soluzione residuale nel caso non esistano alternative tecnicamente valide o economicamente sostenibili per consentire il recupero; e l'art. 182-bis precisa che lo smaltimento dei rifiuti va attuato con il ricorso a una rete integrata e adeguata di impianti secondo i principi di autosufficienza e prossimita'.

Il principio di autosufficienza e il principio di prossimita' sono principi di derivazione comunitaria (art. 16 della direttiva 2008/98/CE).

L'art. 182-bis citato prevede, infatti, che lo smaltimento dei rifiuti e il recupero dei rifiuti urbani non differenziati siano attuati con il ricorso a una rete integrata e adeguata di impianti, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili e del rapporto tra i costi e i benefici complessivi, al fine di: realizzare l'autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi e dei rifiuti del loro trattamento in ambiti territoriali ottimali; permettere lo smaltimento dei rifiuti e il recupero dei rifiuti urbani indifferenziati in uno degli impianti idonei piu' vicini ai luoghi di produzione o raccolta, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo conto del contesto geografico o della necessita' di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti; utilizzare i metodi e le tecnologie piu' idonei a garantire un alto grado di protezione dell'ambiente e della salute pubblica. La gestione dei rifiuti come attivita' di «pubblico interesse» (art. 178, comma 1) che deve essere svolta attuando una serie di azioni nel rispetto di una scelta gerarchica, che, prioritariamente, persegue la prevenzione, il recupero e, infine, in via residuale, lo smaltimento; prevedendo, da un lato, il divieto di smaltire rifiuti solidi urbani non pericolosi in ambiti territoriali diversi o lontani rispetto a quelli topografici in cui vengono prodotti; dall'altro, che tale divieto risulti temperato con il principio di prossimita' degli impianti di smaltimento o recupero.

1.2. Occorre sottolineare che la scelta delle politiche da perseguire e degli strumenti da utilizzare in concreto per superare il ciclico riproporsi delle emergenze rifiuti e' necessariamente rimessa allo Stato nell'esercizio della sua competenza esclusiva in materia di «tutela dell'ambiente» di cui all'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione (sentenze n. 244, 154 e 101 del 2016; n. 58 del 2015; n. 54 del 2012 e n. 224 del 2011).

Se la «tutela dell'ambiente» e' una materia trasversale che puo' interessare diverse materie anche di competenza legislativa regionale, spettano, pero', alla competenza esclusiva dello Stato le determinazioni che rispondano ad esigenze di tutela uniformi, poiche' «La scelta delle politiche da perseguire e degli strumenti da utilizzare in concreto per superare il ciclico riproporsi della emergenza rifiuti, infatti, e' necessariamente rimessa allo Stato nell'esercizio della propria competenza esclusiva in materia di 'tutela dell'ambiente'. Lo Stato peraltro, ai sensi del comma 1, agisce nel rispetto degli obiettivi di raccolta differenziata e del riciclaggio tenendo conto della pianificazione regionale». (sentenza n. 244/2016, punto 4.2. del Considerato in diritto).

La aprioristica esclusione di attivita' di recupero energetico di cui all'art. 17, commi 6 e 7, della legge regionale n. 35/2018 citata, esclude il rispetto della scelta in via gerarchica imposta dalla legislazione statale nel recupero dei rifiuti e contribuisce al deficit complessivo nazionale in contrasto con i richiamati principi di autosufficienza e di prossimita', violando, pertanto, l'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione, riducendo i livelli di tutela ambientale.

1.3. In particolare, l'art. 17, commi 6 e 7, citato si pone in contrasto con i criteri di priorita' nella gestione dei rifiuti stabiliti dal parametro statale interposto costituito dall'art. 179 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 citato, che, sotto la rubrica «Criteri di priorita' nella gestione dei rifiuti», nel recepire nell'ordinamento nazionale la corrispondente previsione comunitaria (art. 4 della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008), al comma 1, prevede espressamente che la gestione dei rifiuti avvenga nel rispetto della gerarchia ivi stabilita, che contempla, altresi', alla lettera d), il recupero di altro tipo, quale, per esempio, il recupero di energia.

Ulteriori profili di illegittimita' della citata norma impugnata emergono, inoltre, in relazione a quanto stabilito dall'art. 35, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, rubricato «Misure urgenti per la realizzazione su scala nazionale di un sistema adeguato e integrato di gestione dei rifiuti urbani e per conseguire gli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio. Misure urgenti per la gestione e per la tracciabilita' dei rifiuti nonche' per il recupero dei beni in polietilene» e del decreto attuativo, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 agosto 2016, recante la «Individuazione della capacita' complessiva di trattamento degli impianti di incenerimento di rifiuti urbani e assimilabili in esercizio o autorizzati a livello nazionale, nonche' "individuazione del fabbisogno residuo da coprire mediante la realizzazione di impianti di incenerimento con recupero di rifiuti urbani e assimilati", che, nel determinare il fabbisogno residuo di incenerimento per ciascuna Regione, ha calcolato per la Regione Basilicata un deficit di incenerimento pari ad oltre 28.000 tonnellate annue.

La norma impugnata, escludendo l'opzione del recupero energetico conseguente all'improcedibilita' delle istanze volte alla realizzazione di impianti destinati a tal fine, ha come conseguenza che la Regione Basilicata concorre direttamente - non essendo in grado di sostenersi autonomamente per quanto concerne tale modalita' di trattamento dei rifiuti - a contribuire al deficit complessivo nazionale (in particolare sulla Macroarea-Sud) del fabbisogno di incenerimento, ponendosi in contrasto con il principio di autosufficienza e di prossimita' affermato all'art. 16 della direttiva 2008/98/CE; principio, a sua volta, richiamato dall'art. 6 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 agosto 2016 citato, e dall'art. 35, comma 1, del decreto-legge n. 133 del 2014 citato, il cui contenuto e' stato espressamente e specificamente riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale come riconducibile alla competenza esclusiva statale in materia ambientale (sentenza n. 154/2016 citata).

Ai sensi del predetto art. 35, comma 1, gli impianti di recupero energetico costituiscono «infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale che attuano un sistema integrato e moderno digestione di rifiuti urbani e assimilati, garantiscono la sicurezza nazionale nell'autosufficienza, consentono di superare e prevenire ulteriori procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore e limitano il conferimento di rifiuti in discarica».

La preclusione dell'installazione di detti impianti nella Regione Basilicata derivante dalla norma di cui all'art. 17, commi 6 e 7, viola, pertanto, l'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione riducendo il sistema di tutela ambientale.

 

P.Q.M.

 

Si conclude perche' l'art. 17, commi 6 e 7, della legge regionale Basilicata n. 35 del 16 novembre 2018, recante «Norme di attuazione della parte del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 in materia di gestione dei rifiuti di bonifica e di siti inquinanti - Norme in materia ambientale e della legge 27 marzo 1992, n. 257 - Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto», indicato in epigrafe, sia dichiarato costituzionalmente illegittimo.

Si produce l'estratto della deliberazione del Consiglio dei ministri del 10 gennaio 2019.

Roma, 15 gennaio 2019

Il Vice Avvocato generale dello Stato: Palmieri

L'Avvocato dello Stato: Morici