RICORSO N. 80 DEL 9 OTTOBRE 2017 (DELLA REGIONE LOMBARDIA)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 9 ottobre 2017.

(GU n. 47 del 22.11.2017)

 

Ricorso proposto dalla Regione Lombardia (c.f. 80050050154) con sede in Milano - Piazza Citta' di Lombardia n. 1, in persona del Presidente pro tempore, dott. Roberto Maroni, nato a Varese il 15 marzo 1955 (c.f. MRN RRT 55C15 L682T) autorizzato con deliberazione della Giunta regionale della Lombardia n. 7121 del 29 settembre 2017 (doc. 1), rappresentato e difeso, per mandato a margine del presente atto, tanto unitamente quanto disgiuntamente, dagli avv.ti Piera Pujatti (c.f. PJTPRI62C51C722G) dell'Avvocatura regionale e Luigi Manzi (c.f. MNZLGU34E15HS01V) del Foro di Roma, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo in Roma, Via Confalonieri, n. 5 (per eventuali comunicazioni: fax 06/3211370, posta elettronica certificata luigimanzi@ordineavvocatiroma.org).

Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale e' domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12 per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 61, comma 2; 62, comma 7; 64; 65; 72 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, recante «Codice del Terzo settore, a norma dell'art. 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106» pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 2 agosto 2017, n. 179, S.O., per violazione degli articoli 3, 76, 97, 114, 117, commi III e IV, 118 e 119 Cost., oltreche' del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost.

L'art. 1 della legge 6 giugno 2016 n. 106, recante «Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale», ha disposto che: «Al fine di sostenere l'autonoma iniziativa dei cittadini che concorrono, anche in forma associata, a perseguire il bene comune, ad elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, favorendo la partecipazione, l'inclusione e il pieno sviluppo della persona, a valorizzare il potenziale di crescita e di occupazione lavorativa, in attuazione degli articoli 2, 3, 18 e 118, quarto comma, della Costituzione, il Governo e delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o piu' decreti legislativi in materia di riforma del Terzo settore.

Per Terzo settore si intende il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalita' civiche, solidaristiche e di utilita' sociale e che, in attuazione del principio di sussidiarieta' e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attivita' di interesse generale mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualita' o di produzione e scambio di beni e servizi. Non fanno parte del Terzo settore le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati, le associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche. Alle fondazioni bancarie, in quanto enti che concorrono al perseguimento delle finalita' della presente legge, non si applicano le disposizioni contenute in essa e nei relativi decreti attuativi.»   Nello specifico, il seguente comma 2, lettera b), ha delegato il Governo al riordino e alla revisione organica della disciplina speciale e delle altre disposizioni vigenti relative agli enti del Terzo settore di cui al comma 1, compresa la disciplina tributaria applicabile a tali enti, mediante la redazione di un apposito codice del Terzo settore, secondo i principi e i criteri direttivi di cui all'art. 20, commi 3 e 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni.

In particolare, tra i principi e criteri direttivi, l'art. 4, comma 1, lettera b) della citata legge ha affidato al legislatore delegato il compito di «individuare le attivita' di interesse generale che caratterizzano gli enti del Terzo settore, il cui svolgimento, in coerenza con le previsioni statutarie e attraverso modalita' che prevedano le piu' ampie condizioni di accesso da parte dei soggetti beneficiari, costituisce requisito per l'accesso alle agevolazioni previste dalla normativa e che sono soggette alle verifiche di cui alla lettera i). Le attivita' di interesse generate di cui alla presente lettera sono individuate secondo criteri che ten gano conto delle finalita' civiche, solidaristiche e di utilita' sociale nonche' sulla base del settori di attivita' gia' previsti dal decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, e dal decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 155. Al periodico aggiornamento delle attivita' di interesse generate si provvede con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottare su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, acquisito il parere delle commissioni parlamentari competenti».

In attuazione della delega, il Governo ha cosi potuto circoscrivere l'ambito semantico-giuridico del concetto, di per se elastico e dagli incerti confini, di «Terzo settore». In particolare, l'art. 5 del decreto legislativo n. 117/2017, rubricato «Attivita' di interesse generale», statuisce che: «1. Gli enti del Terzo settore, diversi dalle imprese sociali incluse le cooperative sociali, esercitano in via esclusiva o principale una o piu' attivita' di interesse generate per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalita' civiche, solidaristiche e di utilita' sociale. Si considerano di interesse generate, se svolte in conformita' alle norme particolari che ne disciplinano l'esercizio, le attivita' aventi ad oggetto:   a) interventi e servizi sociali al sensi dell'art. 1, commi 1 e 2, della legge 8 novembre 2000, n. 328, e successive modificazioni, e interventi, servizi e prestazioni di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 104, e alla legge 22 giugno 2016, n. 112, e successive modificazioni;   b) interventi e prestazioni sanitarie;   c) prestazioni socio-sanitarie di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 febbraio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 129 del 6 giugno 2001, e successive modificazioni;   d) educazione, istruzione e formazione professionale, ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53, e successive modificazioni, nonche' le attivita' culturali di interesse sociale con finalita' educativa;   e) interventi e servizi finalizzati alla salvaguardia e al miglioramento delle condizioni dell'ambiente e all'utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali, con esclusione dell'attivita', esercitata abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi;   f) interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio, ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni;   g) formazione universitaria e post-universitaria;   h) ricerca scientifica di particolare interesse sociale;   i) organizzazione e gestione di attivita' culturali, artistiche o ricreative di interesse sociale, incluse attivita', anche editoriali, di promozione e diffusione della cultura e della pratica del volontariato e delle attivita' di interesse generale di cui al presente articolo;   j) radiodiffusione sonora a carattere comunitario, ai sensi dell'art. 16, comma 5, della legge 6 agosto 1990, n. 223, e successive modificazioni;   k) organizzazione e gestione di attivita' turistiche di interesse sociale, culturale o religioso;   l) formazione extra-scolastica, finalizzata alla prevenzione della dispersione scolastica e al successo scolastico e formativo, alla prevenzione del bullismo e al contrasto della poverta' educativa;   m) servizi strumentali ad enti del Terzo settore resi da enti composti in misura non inferiore al settanta per cento da enti del Terzo settore;   n) cooperazione allo sviluppo, ai sensi della legge 11 agosto 2014, n. 125, e successive modificazioni;   o) attivita' commerciali, produttive, di educazione e informazione, di promozione, di rappresentanza, di concessione in licenza di marchi di certificazione, svolte nell'ambito o a favore di filiere del commercio equo e solidale, da intendersi come un rapporto commerciale con un produttore operante in un'area economica svantaggiata, situata, di norma, in un Paese in via di sviluppo, sulla base di un accordo di lunga durata finalizzato a promuovere l'accesso del produttore al mercato e che preveda il pagamento di un prezzo equo, misure di sviluppo in favore del produttore e l'obbligo del produttore di garantire condizioni di lavoro sicure, nel rispetto delle normative nazionali ed internazionali, in modo da permettere ai lavoratori di condurre un'esistenza libera e dignitosa, e di rispettare i diritti sindacali, nonche' di impegnarsi per il contrasto del lavoro infantile;   p) servizi finalizzati all'inserimento o al reinserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori e delle persone di cui all'art. 2, comma 4, del decreto legislativo recante revisione della disciplina in materia di impresa sociale, di cui all'art. 1, comma 2, lettera c), della legge 6 giugno 2016, n. 106;   q) alloggio sociale, ai sensi del decreto del Ministero delle infrastrutture del 22 aprile 2008, e successive modificazioni, nonche' ogni altra attivita' di carattere residenziale temporaneo diretta a soddisfare bisogni sociali, sanitari, culturali, formativi o lavorativi;   r) accoglienza umanitaria ed integrazione sociale del migranti;   s) agricoltura sociale, ai sensi dell'art. 2 della legge 18 agosto 2015, n. 141, e successive modificazioni;   t) organizzazione e gestione di attivita' sportive dilettantistiche;   u) beneficenza, sostegno a distanza, cessione gratuita di alimenti o prodotti di cui alla legge 19 agosto 2016, n. 166, e successive modificazioni, o erogazione di denaro, beni o servizi a sostegno di persone svantaggiate o di attivita' di interesse generate a norma del presente articolo;   v) promozione della cultura della legalita', della pace tra i popoli, della nonviolenza e della difesa non armata;   w) promozione e tutela dei diritti umani, civili, sociali e politici, nonche' del diritti dei consumatori e degli utenti delle attivita' di interesse generale di cui at presente articolo, promozione delle pari opportunita' e delle iniziative di aiuto reciproco, incluse le banche dei tempi di cui all'art. 27 della legge 8 marzo 2000, n. 53, e i gruppi di acquisto solidale di cui all'art.

1, comma 266, della legge 24 dicembre 2007, n. 244;   x) cura di procedure di adozione internazionale ai sensi della legge 4 maggio 1983, n. 184;   y) protezione civile ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n.

225, e successive modificazioni;   z) riqualificazione di beni pubblici inutilizzati o di beni confiscati alla criminalita' organizzata.»   Il vasto orizzonte delle attivita' annoverate tra quelle ricadenti nel «Terzo settore» determina un rilevante impatto rispetto a numerosi ambiti materiali affidati alle cure delle Regioni, oltre a testimoniare la stretta correlazione esistente tra tali attivita' e il territorio. Correlazione che impone la necessita' di conformare i servizi «sociali» di interesse generale in ragione delle specifiche e particolari esigenze di ogni territorio. Il che, a sua volta, esige il riconoscimento in capo alle Regioni di un ruolo centrale, anche e soprattutto nella definizione delle priorita' di intervento e nella definizione della «politica sociale» da attuare per il soddisfacimento dei bisogni delle popolazione locali.

In particolare, le attivita' annoverate ricomprendono materie di cui all'art. 117 III e IV comma, ossia materie di potesta' concorrente e materie di potesta' residuale, esclusiva delle Regioni.

Basti pensare, a titolo meramente esemplificativo, alle materie «politiche sociali», «istruzione e formazione professionale», «artigianato», «commercio e fiere», «agricoltura», «turismo», e, inoltre, quali materie di potesta' concorrente, «tutela della salute», «protezione civile», «valorizzazione dei beni culturali».

Su tale base esegetica e teleologica occorre valutare, in via prodromica, ove la novella disciplina legislativa afferisca alla competenza esclusiva dello Stato in materia di «ordinamento civile», «tutela della concorrenza», «sistema tributario» e «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale» ed, ove, invece, essa oltrepassi i legittimi confini di tali materie, venendo ad incidere sull'autonomia legislativa ed amministrativa, oltreche' politica delle Regioni.

In particolare, la disciplina regolatoria che definisce la natura, il funzionamento, la strutturazione degli enti facenti parte del «Terzo settore», vista la loro natura di soggetti di diritto privato, sembra senza dubbi di sorta ricadere nell'ambito dell'ordinamento civile. Cosi come la disciplina tributaria, pur ove determini in via indiretta indirizzi di politica «sociale» in grado di favorire determinati settori rispetto ad altri, in tal modo limitando dall'esterno l'autonomia politica regionale in ordine a rilevanti settori affidati alle cure degli enti territoriali, puo' ritenersi afferente alla materia «sistema tributario».

Parimenti, le varie disposizioni contenute nel novello Codice, dirette a evitare che il regime di favore per gli enti del Terzo settore possa alterare il regime di libera concorrenza nel mercato o, rectius, nei mercati, sono annoverabili nell'ambito della competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza. Cosi' come la definizione dei livelli minimi ed essenziali dei servizi sociali da assicurare sull'intero territorio nazionale.

Ove, invece, la disciplina codicistica introduce un sistema «amministrativo» diretto a promuovere e sostenere gli enti e, in generale, il sistema del Terzo settore (Titolo VIII del Codice) ovvero laddove prevede la destinazione vincolata di Fondi a favore di iniziative e progetti promossi da soggetti iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo settore o al finanziamento del sistema dei Centri di servizio per il volontariato, essa e' estranea agli ambiti materiali di competenza esclusiva dello Stato, venendo invece a incidere sull'autonomia, prima ancora che legislativa e amministrativa, politica delle Regioni, che possono vedere, in tal caso, impedite o comunque alterate le scelte di politica sanitaria, turistica, sociale, culturale ecc. che alle stesse compete.

Soprattutto, ove, come avviene nelle disposizioni del decreto legislativo n. 117/2017 in questa sede impugnate, non sia previsto un adeguato coinvolgimento delle autonomie territoriali, che subiscono una espropriazione decisoria, senza alcuna forma di compensazione che consenta alle stesse di esercitare la propria autonomia politica nell'interesse del cittadino e tenendo in giusta considerazione le condizioni socio-economiche del proprio territorio.

Il che, oltre a ledere in via autonoma le competenze regionali riconosciute dalla Costituzione della Repubblica italiana, si riverbera in una lesione del principio di eguaglianza di cui all'art.

3 Cost. nonche' del canone di buon andamento dell'agire pubblico di cui all'art. 97 Cost. Cia in quanto, come in precedenza rilevato, la stretta correlazione tra territorio, bisogni del territorio e servizi «sociali» di interesse generale, esige che sia riconosciuto alle Regioni un ruolo centrale nella definizione, programmazione e promozione del «Terzo settore», di modo da assicurare il conseguimento di un'eguaglianza che non sia solo formale, ma che si dia in termini sostanziali. Esito che potra' essere conseguito unicamente ove i bisogni specifici del territorio vedano intervento ravvicinato delle Regioni, naturali conoscitrici e soddisfattrici degli stessi. In una sinergia «territoriale» tra politica pubblica e intervento privato, indispensabile al fine di garantire la ragionevolezza oltreche' la proficuita' della disciplina «amministrativa» e di intervento finanziario nel Terzo settore.

 

Motivi:

 

Si e' esposto come le norme in materia di «Terzo settore» involgano anche ambiti di competenza statale e come, tuttavia, vadano anche ad incidere pesantemente sulle politiche regionali in materie di cui all'art 117 III e IV comma.

Inoltre, si sottolinea come con la sentenza n. 236/2013 e stato stabilito che: «le Regioni sono legittimate a denunciare la legge statale anche per la lesione di parametri diversi do quelli relativi al riparto delle competenze legislative ove la loro violazione comporti una compromissione delle attribuzioni regionali costituzionalmente garantite o ridondi sul riparto di competenze legislative (ex plurimis, sentenze n. 128 e n. 33 del 2011, n. 156 e n. 52 del 2010).»   Le violazioni di parametri costituzionali, sotto enucleati, sono pertanto denunziati dalla regione Lombardia anche in quanto compromettono alcune attribuzioni regionali e ridondano sul riparto di competenze.

Nell'odierno giudizio, peraltro, la qui dimostrata potenziale ridondanza viene in rilievo ai fini dell'ammissibilita' relativa alla violazione dell'art. 76 Cost., 97 e dell'art 3 Cost., giacche le ulteriori censure sono tutte svolte in relazione ai parametri costituzionali del Titolo V.

Tanto premesso, si procede all'esposizione dei motivi di ricorso.

1) Illegittimita' costituzionale degli articoli 61, comma 2; 62, comma 7; 64 e 65 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, recante «Codice del Terzo settore, a norma dell'art. 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106» per violazione degli articoli 3, 76, 97, 117, commi III e IV, 118 Cost., oltreche' del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost.

L'art. 64 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, rubricato «Organismo nazionale di controllo», dispone che: «1. L'ONC e' una fondazione con personalita' giuridica di diritto privato, costituita con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al fine di svolgere, per finalita' di interesse generale, funzioni di indirizzo e di controllo dei CSV. Essa gode di piena autonomia statutaria e gestionale nel rispetto delle norme del presente decreto, del codice civile e dalle disposizioni di attuazione del medesimo. Le funzioni di controllo e di vigilanza sull'ONC previste dall'art. 25 del codice civile sono esercitate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

2. Il decreto di cui al comma 1 provvede alla nomina dei componenti dell'organo di amministrazione dell'ONC, che deve essere formato da:   a) sette membri, di cui uno con funzioni di Presidente, designati dall'associazione delle FOB piu' rappresentativa sul territorio nazionale in ragione del numero di FOB ad essa aderenti;   b) due membri designati dall'associazione dei CSV piu' rappresentativa sul territorio nazionale in ragione del numero di CSV ad essa aderenti;   c) due membri, di cui uno espressione delle organizzazioni di volontariato, designati dall'associazione degli enti del Terzo settore piu' rappresentativa sul territorio nazionale in ragione del numero di enti del Terzo settore ad essa aderenti;   d) un membro designato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali;   e) un membro designato dalla Conferenza Stato-Regioni.

3. I componenti dell'organo di amministrazione sono nominati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, durano in carica tre anni, ed in ogni caso sino al rinnovo dell'organo medesimo. Per ogni componente effettivo e designato un supplente. I componenti non possono essere nominati per piu' di tre mandati consecutivi. Per la partecipazione all'ONC non possono essere corrisposti a favore dei componenti emolumenti gravanti sul FUN o sul bilancio dello Stato.

4. Come suo primo atto, l'organo di amministrazione adotta lo statuto dell'ONC col voto favorevole di almeno dodici dei suoi componenti. Eventuali modifiche statutarie devono essere deliberate dall'organo di amministrazione con la medesima maggioranza di voti.

5. L'ONC svolge le seguenti funzioni in conformita' alle norme, ai principi e agli obiettivi del presente decreto e alle disposizioni del proprio statuto;   a) amministra il FUN e riceve i contributi delle FOB secondo modalita' da essa individuate;   b) determina i contributi integrativi dovuti dalle FOB ai sensi dell'art. 62, comma 11;   c) stabilisce il numero di enti accreditabili come CSV nel territorio nazionale nel rispetto di quanto previsto dall'art. 61, commi 2 e 3;   d) definisce triennalmente, nel rispetto dei principi di sussidiarieta' e di autonomia ed indipendenza delle organizzazioni di volontariato e di tutti gli altri enti del Terzo settore, gli indirizzi strategici generali da perseguirsi attraverso le risorse del FUN;   e) determina l'ammontare del finanziamento stabile triennale dei CSV e ne stabilisce la ripartizione annuale e territoriale, su base regionale, secondo quanto previsto dall'art. 62, comma 7;   f) versa annualmente ai CSV e all'associazione dei CSV piu' rappresentativa sul territorio nazionale in ragione del numero di CSV ad essa aderenti le somme loro assegnate;   g) sottopone a verifica la legittimita' e la correttezza dell'attivita' svolta dall'associazione dei CSV di cui all'art. 62, comma 7, attraverso le risorse del FUN ad essa assegnate dall'ONC ai sensi dell'articolo medesimo;   h) determina i costi del suo funzionamento, inclusi i costi di funzionamento degli OTC e i costi relativi ai componenti degli organi di controllo interno dei CSV, nominati ai sensi dell'art. 65, comma 6, lettera e);   i) individua criteri obiettivi ed imparziali e procedure pubbliche e trasparenti di accreditamento dei CSV, tenendo conto, tra gli altri elementi, della rappresentativita' degli enti richiedenti, espressa anche dal numero di enti associati, della loro esperienza nello svolgimento dei servizi di cui all'art. 63, e della competenza delle persone che ricoprono le cariche sociali;   j) accredita i CSV, di cui tiene un elenco nazionale che rende pubblico con le modalita' piu' appropriate;   k) definisce gli indirizzi generali, i criteri e le modalita' operative cui devono attenersi gli OTC nell'esercizio delle proprie funzioni, e ne approva il regolamento di funzionamento;   l) predispone modelli di previsione e rendicontazione che i CSV sono tenuti ad osservare nella gestione delle risorse del FUN;   m) controlla l'operato degli OTC e ne autorizza spese non preventivate;   n) assume i provvedimenti sanzionatori nei confronti dei CSV, su propria iniziativa o su iniziativa degli OTC;   o) promuove l'adozione da parte dei CSV di strumenti di verifica della qualita' del servizi erogati dai CSV medesimi attraverso le risorse del FUN, e ne valuta gli esiti;   p) predispone una relazione annuale sulla proprie attivita' e sull'attivita' e lo stato dei CSV, che invia al Ministero del lavoro e delle politiche sociali entro il 31 maggio di ogni anno e rende pubblica attraverso modalita' telematiche.

6. L'ONC non puo' finanziare iniziative o svolgere attivita' che non siano direttamente connesse allo svolgimento delle funzioni di cui al comma 5.»   L'organismo nazionale di controllo, dunque, pur qualificato alla stregua di una fondazione con personalita' giuridica di diritto privato, riveste un ruolo decisivo e decisorio nel sistema del «Terzo settore», sia sotto il profilo gestorio e finanziario, sia per quanto riguarda la definizione degli indirizzi strategici generali da perseguire attraverso le risorse del FUN. Il che, assommato alla sua costituzione mediante atto amministrativo (decreto del Ministero del lavoro), alla sua compagine rigorosamente predeterminata ex lege, e ai rilevanti poteri sanzionatori attribuitigli e giustiziabili avanti al giudice amministrativo ex art. 66 del Codice, lascia propendere per una qualificazione di tale soggetto solo formalmente privatistica, ma sostanzialmente pubblicistica.

In particolare, tra le attribuzione riconosciute dal Codice all'ONC ve ne sono numerose che sono idonee a incidere e significativamente sulla strutturazione dell'intero sistema del «Terzo settore», il quale, come gia' rilevato nella premessa del presente ricorso, influenza e in modo rilevante ambiti materiali affidati alle cure regionali, tra cui spiccano quello della tutela della salute sotto forma di erogazione di prestazioni e servizi sanitari, dei servizi sociali, del turismo, della valorizzazione dei beni culturali ecc.

Si pensi alla previsione del secondo comma dell'art. 61, del decreto legislativo impugnato, che attribuisce all'ONC la determinazione del numero di enti accreditabili come Centri di servizio per il volontariato nel territorio nazionale, assicurando la presenza di almeno un CSV per ogni regione e provincia autonoma e secondo criteri quantitativi (1 milione di abitanti per CSV, salvo citta' metropolitane), eccezionalmente derogabili solo in ragione delle specifiche esigenze territoriali.

Tali CSV, enti associativi di secondo grado, sono preposti allo svolgimento di attivita' di supporta tecnico, formativo ed informativo al fine di promuovere e rafforzare la presenza ed il ruolo dei volontari negli enti del Terzo settore, assicurano servizi di promozione, orientamento e animazione territoriale, finalizzati a dare visibilita' ai valori del volontariato e all'impatto sociale dell'azione volontaria nella comunita' locale, a promuovere la crescita della cultura della solidarieta' e della cittadinanza attiva in particolare tra i giovani e nelle scuole, istituti di istruzione, di formazione ed universita', facilitando l'incontro degli enti di Terzo settore con i cittadini interessati a svolgere attivita' di volontariato, nonche' con gli enti di natura pubblica e privata interessati a promuovere il volontariato.

Garantiscono, inoltre, servizi di formazione, servizi di consulenza, assistenza qualificata ed accompagnamento, finalizzati a rafforzare competenze e tutele dei volontari negli ambiti giuridico, fiscale, assicurativo, del lavoro, progettuale, gestionale, organizzativo, della rendicontazione economico-sociale, della ricerca fondi, dell'accesso al credito, nonche' strumenti per il riconoscimento e la valorizzazione delle competenze acquisite dai volontari medesimi nonche' servizi di informazione e comunicazione e servizi di supporto tecnico-logistico. Si puo', dunque, ritenere che il sistema dei centri di servizio per il volontariato costituisca la chiave di volta dell'intero sistema del Terzo settore, in quanto strumento intermedio indispensabile per assicurare l'efficiente e proficuo funzionamento dello stesso.

Ne consegue che la potesta' dell'ONC di determinare la distribuzione territoriale, anche a livello regionale, dei CSV assume una assoluta rilevanza in ordine al concreto svolgimento delle politiche afferenti al Terzo settore, il che avrebbe richiesto il riconoscimento in capo alle Regioni di un ruolo partecipativo, istruttorio e codecisorio. Contrariamente, la rappresentanza delle Regioni nell'ONC e del tutto marginale e irrilevante, prevedendo un solo membro nominato, peraltro dalla Conferenza Stato-regioni, il che non garantisce in alcun modo la rappresentanza regionale ne quindi nel caso di specie la ottimale distribuzione territoriale dei CSV. il che, dunque, determina e conferma come la disposizione impugnata sia illegittima, in quanto lesiva del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost. nonche' delle competenze legislativa e amministrativa delle Regioni di cui agli articoli 117 e 118 Cost., vedendo gli enti territoriali incisa la propria autonomia politica e amministrativa in rilevanti ed estesi ambiti di intervento affidati alle loro cure dal titolo V della Costituzione.

A sanzionare e sanare la denunciata illegittimita' costituzionale, si puo' percio' ipotizzare alternativamente o la declaratoria di illegittimita' dell'art. 64, nella parte in cui non prevede un'adeguata partecipazione degli enti territoriali, ovvero, ove non si ritenga di provvedere in tal senso, il singolare annullamento dell'art. 61, comma 2, nella parte in cui non e previsto che la determinazione dell'ONC sia assunta previo parere/intesa in sede di Conferenza intergovernativa.

Analoghe considerazioni si possono prospettare con riguardo al settimo comma dell'art. 62 del decreto legislativo n. 117/2017, che affida all'ONC la determinazione dell'ammontare del finanziamento stabile triennale dei CSV, anche sulla base del fabbisogno storico e delle mutate esigenze di promozione del volontariato negli enti del Terzo settore, nonche' compito di stabilire la ripartizione annuale e territoriale, su base regionale.

Nuovamente, determinazioni «amministrative» dell'ONC aventi un rilevante impatto sulle politiche regionali inferenti ai vari ambiti del Terzo settore vengono assunte senza che sia previsto un adeguato ruolo partecipativo o codecisorio da parte delle Regioni, ne in forma strutturale, mediante la previsione di un adeguata partecipazione territoriale all'organo di amministrazione dell'ONC, ne in forma estrinseca, mediante la previsione di un intervento regionale nel procedimento decisorio dell'Organismo nazionale di controllo. Il che testimonia la illegittimita' costituzionale dell'art. 62, comma 7 del decreto legislativo n. 117/2017 per violazione del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost., violazione idonea a riverberarsi, per i suoi effetti «espropriativi», in una lesione dell'autonomia politica, legislativa e amministrativa regionale, vedendo vanificata o comunque alterata la potesta' regionale di determinare e perseguire i propri fini istituzionali in rilevanti settori quali la salute, il turismo, la valorizzazione dei beni culturali, l'agricoltura e i servizi sociali in generale.

Invero, tali considerazioni si possono estendere a tutte le funzioni affidate all'ONC dall'art. 64, comma 5 del decreto legislativo n. 117/2017, ragion per cui si deve concludere per la illegittimita' costituzionale, non solo delle singole disposizioni in precedenza censurate, ma dell'intero art. 64 nella parte in cui non prevede un'adeguata partecipazione regionale all'organo di amministrazione dell'Organismo ovvero non impone che l'esercizio delle funzioni di cui al comma 5 avvenga previo parere/intesa con le Regioni, quanto meno nella loro rappresentanza costituita dal sistema delle conferenze intergovernative.

Ne' vale a sanare il deficit di costituzionalita' delle disposizioni impugnate il riferimento al principio di sussidiarieta' orizzontale di cui all'art. 118, comma IV, Cost.. Il fatto che le attivita' di interesse generale non siano monopolio esclusivo dei pubblici poteri, ma possano essere svolte anche da privati, non implica infatti un'abdicazione da parte dei pubblici poteri ma al contrario impone una regolamentazione, anche autoritativa, che assicuri il coordinamento degli sforzi pubblici e privati nel soddisfacimento del superiore interesse generale. Ma tale regolamentazione si inserisce, in ogni caso, nell'ordinamento costituzionale e nel riparto di competenze disposto dalla Costituzione e non puo' diventare strumento di violazione delle potesta' regionali.

Un organismo quale l'ONC, formalmente privato, ma sostanzialmente pubblico, esige percio', proprio al fine di garantire tale coordinamento, e pur anche un adeguato sistema di controllo, che nella sua composizione siano adeguatamente rappresentati gli enti territoriali, che vedono coinvolte numero competenze proprie nell'ambito del Terzo settore. E' dunque lo stesso art. 118, comma 4, Cost. a comprovare come la scarsa rappresentativita' delle Regioni nell'Organismo nazionale di controllo costituisca motivo di illegittimita' costituzionale dell'art. 64 del decreto legislativo n.

117/2017.

Le disposizioni qui impugnate integrano inoltre la violazione del principio di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost. nonche' del principio di buon andamento riconosciuto dall'art. 97 Cost.

Infatti, come gia' rilevato nell'introduzione del presente ricorso, le cui argomentazioni devono considerarsi in questo motivo interamente trasposte, il riconoscimento in capo alle Regioni di un ruolo centrale nel sistema «amministrativo» del Terzo settore costituisce un requisito essenziale per garantire il proficuo e sostanziale soddisfacimento degli interessi generali sottesi alle attivita' in parola, garantendo prestazioni - «sociali» che assicurino l'eguaglianza dei cittadini, in termini di materiale soddisfacimento del loro bisogni, e l'efficiente coordinamento tra l'esercizio dei pubblici poteri e l'iniziativa privata.

Nessun rilievo assume, poi, la previsione di Organismi territoriali di controllo, i quali non solo sono soggetti privi di autonoma soggettivita' giuridica, ma svolgono compiti meramente esecutivi ed istruttori, privi di ogni rilevanza decisoria. I compiti di tali organismi, sono specificati dall'art. 65, VII comma, del decreto legislativo n. 117/2017: «Gli OTC svolgono le seguenti funzioni in conformita' alle norme, ai principi e agli obiettivi del presente decreto, alle disposizioni dello statuto e alle direttive dell'ONC, e al proprio regolamento che dovra' disciplinarne nel dettaglio le modalita' di esercizio: a) ricevono le domande e istruiscono le pratiche di accreditamento dei CSV, in particolare verificando la sussistenza dei requisiti di accreditamento; b) verificano periodicamente, con cadenza almeno biennale, il mantenimento dei requisiti di accreditamento come CSV; sottopongono altresi' a verifica i CSV quando ne facciano richiesta formale motivata il Presidente dell'organo di controllo interno del CSV o un numero non inferiore al 30 per cento di enti associati o un numero di enti non associati pari ad almeno il 5 per cento del totale degli enti iscritti nelle pertinenti sezioni regionali del Registro unico nazionale del Terzo settore; c) ripartiscono tra i CSV istituiti in ciascuna regione il finanziamento deliberato dall'ONC su base regionale ed ammettono a finanziamento la programmazione dei CSV; d) verificano la legittimita' e la correttezza dell'attivita' dei CSV in relazione all'uso delle risorse del FUN, nonche' la loro generale adeguatezza organizzativa, amministrativa e contabile, tenendo canto delle disposizioni del presente decreto e degli indirizzi generali strategici fissati dall'ONC; e) nominano, tra i revisori legali iscritti nell'apposito registro e con specifica competenza in materia di Terzo settore, un componente dell'organo di controllo interno del CSV con funzioni di presidente e diritto di assistere alle riunioni dell'organo di amministrazione del CSV; f) propongono all'ONC l'adozione di provvedimenti sanzionatori nei confronti dei CSV; g) predispongono una relazione annuale sulla propria attivita', che inviano entro il 30 aprile di ogni anno all'ONC e rendono pubblica mediante modalita' telematiche.». Come si vede, si tratta di attivita' e compiti prettamente istruttori, con nessuna possibilita' di incidere sulle politiche in materia.

La disciplina contenuta nell'art. 64 relativo all'ONC sia quella dell'art. 65 concernente gli Organismi territoriali di controllo, sono viziate per eccesso di delega e, dunque, adottate in violazione dell'art. 76 Cost. L'art. 5, comma 1, lettera f) della legge di delega, infatti, ha previsto quali principi e criteri direttivi, cui il Governo doveva attenersi nell'esercizio del potere legislativo delegato, che si disponesse la «revisione dell'attivita' di programmazione e controllo delle attivita' e della gestione dei centri di servizio per il volontariato, svolta mediante organismi regionali o sovraregionali, tra loro coordinati sul piano nazionale, prevedendo:   1) che tali organismi, in applicazione di criteri definiti sul piano nazionale, provvedano alla programmazione del numero e della collocazione dei centri di servizio, al loro accreditamento e alla verifica periodica del mantenimento dei requisiti, anche sotto il profilo della qualita' dei servizi dagli stessi erogati, nonche' all'attribuzione delle risorse finanziarie anche in applicazione di elementi di perequazione territoriale;   2) che alla costituzione di tali organismi si provveda con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, secondo criteri di efficienza e di contenimento dei costi di funzionamento da porre a carico delle risorse di cui all'art. 15 della legge 11 agosto 1991, n. 266, con l'eccezione di eventuali emolumenti previsti per gli amministratori e i dirigenti i cui oneri saranno posti a carico, in maniera aggiuntiva, delle fondazioni bancarie finanziatrici».

La geometria organizzatoria imposta dal Parlamento prevedeva, dunque, l'attribuzione di poteri decisori in capo ad organismi regionali o sovraregionali, affidando invece al livello centrale statale unicamente un ruolo di coordinamento. In particolare, l'ONC avrebbe dovuto limitarsi a definire sul piano nazionale dei meri criteri quanto alla programmazione del numero e della collocazione dei centri di servizio, al loro accreditamento e alla verifica periodica del mantenimento dei requisiti, anche sotto il profilo della qualita' dei servizi dagli stessi erogati, nonche' all'attribuzione delle risorse finanziarie anche in applicazione di elementi di perequazione territoriale. Laddove, invece, gli organismi regionali o infraregionali avrebbero dovuto esercitare il relativo potere decisorio in via autonoma, nei limiti dei criteri generali statali, ma potendo tenere in debita considerazione le esigenze territoriali.

Il tradimento dei principi e dei criteri direttivi della legge 6 giugno 2016, n. 106, e', dunque evidente. Come gia' evidenziato, gli articoli 64 e 65 del decreto legislativo n. 117/2017 hanno attribuito i sopra enunciati poteri in capo all'ONC, attribuendo agli organismi regionali, in cui la rappresentanza delle singole Regioni e' e deve essere piu' ampia e pervasiva di quanto non possa avvenire a livello centrale, un ruolo meramente esecutivo privo di ogni autonomo rilievo decisorio. Cio' determina una palese violazione dell'art. 76 Cost., la quale ridonda in una lesione dell'autonomia politica, legislativa e amministrativa regionale di cui agli articoli 114, 117, commi 3 e 4, e 118 Cost., in quanto, come gia' rilevato, la strutturazione del sistema dei CSV e degli organismi di controllo e l'ampio novero delle competenze attribuito a tali soggetti, e in grado di incidere in n-iodo rilevante sulle scelte di politica «sociale» afferenti a numerose materie rientranti nella competenza regionale, fino a poter alterare il quadro competenziale disegnato dal titolo V della Costituzione. Peraltro, in un'ottica di accentramento a livello statale, che non era prevista e voluta dal legislatore delegante, idonea a sacrificare e marginalizzare i bisogni specifici e peculiari dei diversi territori, in tal modo ponendosi irragionevolmente in contraddizione con gli articoli 3 e 97 Cost., menomando o, comunque, svilendo i bisogni e gli interessi «territoriali» dei cittadini nonche' il buon andamento dell'agire pubblico.

2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 72 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, recante «Codice del Terzo settore, a norma dell'art. 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106» per violazione degli articoli 97, 117, commi III e IV, 118 Cost., oltreche' del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost.

L'art. 72 del decreto legislativo n. 117/2017, rubricato «Fondo per il finanziamento di progetti e attivita' di interesse generale nel Terzo settore» statuisce che: «1. Il Fondo previsto dall'art. 9, comma 1, lettera g), della legge 6 giugno 2016, n. 106, e destinato a sostenere, anche attraverso le reti associative di cui all'art. 41, lo svolgimento di attivita' di interesse generale di cui all'art. 5, costituenti oggetto di iniziative e progetti promossi da organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale e fondazioni del Terzo settore, iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo settore.

2. Le iniziative e i pro getti di cui al comma 1 possono essere finanziati anche in attuazione di accordi sottoscritti, ai sensi dell'art. 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali con le pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.

165.

3. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali determina annualmente con proprio atto di indirizzo gli obiettivi generali, le aree prioritarie di intervento e le linee di attivita' finanziabili nei limiti delle risorse disponibili sul Fondo medesimo.

4. In attuazione dell'atto di indirizzo di cui al comma 3, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali individua i soggetti attuatori degli interventi finanziabili attraverso le risorse del Fondo, mediante procedure poste in essere nel rispetto dei principi della legge 7 agosto 1990, n. 241.

5. Per l'anno 2017, la dotazione della seconda sezione del Fondo di cui all'art. 9, comma 1, lettera g), della legge 6 giugno 2016, n.

106, e incrementata di 40 milioni di euro. A decorrere dall'anno 2018 la medesima dotazione e incrementata di 20 milioni di euro annui, salvo che per l'anno 2021, per il quale e incrementata di 3,9 milioni di euro.»   La disposizione in parola istituisce, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un fondo destinato a sostenere lo svolgimento di attivita' di interesse generale rientranti nell'ambito del Terzo settore, attraverso il finanziamento di iniziative e progetti promossi da organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale e fondazioni comprese tra gli enti del Terzo settore, disciplinandone altresi' le modalita' di funzionamento e di utilizzo delle risorse.

Il Fondo in parola, finanziando con rilevanti risorse lo svolgimento di attivita' di interesse generale di cui all'art. 5, sotto forma di puntuali iniziative e progetti, viene a incidere, e in modo significativo, su ampi settori affidati alle cure regionali. Si pensi, a mero titolo esemplificativo, alla prestazioni sanitarie e socio-sanitarie, oppure alla materia del turismo e della valorizzazione dei beni culturali.

Ne consegue che, pur trattandosi di un Fondo statale, esso e in grado di incidere rilevantemente su ambiti di competenza regionale, alterando la capacita e comprimendo l'autonomia degli enti territoriali di amministrare i correlati interessi pubblici il cui soddisfacimento affidato agli stessi dalla Costituzione.

Codesta ecc.ma Corte ha avuto modo di stabilire che «L'esigenza di rispettare il riparto costituzionale delle competenze legislative fra Stato e Regioni comporta altresi' che, quando tali finanziamenti riguardino ambiti di competenza delle Regioni, queste siano chiamate ad esercitare compiti di programmazione e di riparto dei fondi all'interno del proprio territorio.» (sentenza n. 16/2004; v., anche, da ultimo, decisione n. 189/2015)   Ove cio' non avvenga, il ricorso a finanziamenti ad hoc rischia di divenire uno strumento indiretto, ma pervasivo di ingerenza dello Stato nell'esercizio delle funzioni degli enti territoriali e di sovrapposizione di politiche e di indirizzi governati centralmente a quelli legittimamente decisi dalle Regioni negli ambiti materiali di propria competenza.

Nel caso di specie, e il solo Ministero del lavoro che determina gli obiettivi generali, le aree prioritarie di intervento e le linee di attivita' finanziabili nonche' quali debbano essere i soggetti attuatori, senza che sia prevista alcuna forma di intervento, ne' istruttorio ne' decisorio ne' programmatorio, da parte delle Regioni, le quali, dunque si vedono espropriate della propria autonomia politica e amministrativa.

Risultano, dunque, violati gli articoli 117, commi III e IV, e 118 Cost., ponendosi le concrete modalita' di funzionamento del Fondo in parola in aperto contrasto con l'autonomia amministrativa e legislativa delle Regioni, laddove si vengano a finanziare interventi o progetti afferenti a materie di competenza regionale.

La mancata previsione di ogni apporto partecipativo da parte delle Regioni determina inoltre una grave e deleteria lesione del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost., che potra' essere sanata unicamente prevedendo l'intervento decisorio delle Regioni in sede di determinazione dei criteri di ripartizione del Fondo sui rispettivi territori e di distribuzione delle relative risorse.

Conferma del presente motivo di illegittimita' costituzionale si rinviene, poi, nell'art. 73 del Codice, ove il legislatore, nel destinare altre risorse finanziarie al sostegno degli enti del Terzo settore, fa espresso riferimento al finanziamento di «interventi in materia di Terzo settore di competenza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali». In tal modo giustificando la previsione di un potere decisorio unilaterale in capo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, non afferendo ne interferendo il vincolo di destinazione delle risorse finanziarie del Fondo nazionale per le politiche sociali rispetto ad ambiti materia attribuiti alla competenza delle Regioni.

Tale alterazione del riparto di competenze e lo svilimento delle politiche regionali sono idonei a ledere anche il principio di buon andamento dell'agire pubblico, in tal modo violando l'art. 97 Cost., a detrimento dell'interesse dei cittadini e del proficuo svolgimento delle attivita' «sociali» di interesse generale afferenti al Terzo settore, oltreche' a deporre per la irragionevolezza della disciplina legislativa statale in violazione dell'art. 3 Cost.. Determinano, infatti, severi rischi di sovrapposizioni, se non contrapposizioni, nell'ambito delle politiche sociali da perseguire a soddisfacimento dei bisogni emersi nei vari territori.

 

P. Q. M.

 

Voglia Codesta ecc.ma Corte costituzionale accogliere il presente ricorso e, per l'effetto, dichiarare l'illegittimita' costituzionale degli articoli 61, comma 2; 62, comma 7; 64; 65; 72 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, recante «Codice del Terzo settore, a norma dell'art. 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106» pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 2 agosto 2017, n. 179, S.O., per violazione degli articoli 3, 76, 97, 114, 117, commi III e IV, 118 e 119 Cost., oltreche' del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost.

Si deposita, unitamente al ricorso notificato, la Delibera di Giunta regionale di conferimento incarico n. 7121/2017.

Milano, 29 settembre 2017

Avv. Manzi - Avv. Pujatti