RICORSO N. 86 DEL 3 NOVEMBRE 2017 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 3 novembre 2017.

(GU n. 50 del 13.12.2017)

 

Ricorso ex art. 127 costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato codice fiscale n. 80224030587, fax 06/96514000 e Pec roma@mailcert.avvocaturastato.it presso i cui uffici ex lege domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12, nei confronti della Regione siciliana, in persona del Presidente della Giunta regionale pro-tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 12; 17; 23; 26; 34; 43; 48; 50; 54; 55 e 56 della legge regionale Sicilia n. 16 dell'11 agosto 2017, recante «Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2017. legge di stabilita' regionale. Stralcio I», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione Sicilia n. 35 S.O. n. 29 del 25 ottobre 2017, giusta delibera del Consiglio dei ministri in data 24 ottobre 2017.

E' avviso del Governo che, con le norme denunciate in epigrafe, la Regione siciliana abbia ecceduto dalla propria competenza statutaria, legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, «Conversione in legge costituzionale dello Statuto della Regione siciliana», e successive integrazioni e modificazioni, in violazione della normativa costituzionale, come si confida di dimostrare in appresso con l'illustrazione dei seguenti

 

Motivi

 

1. L'art. 12 della legge Regione Sicilia n. 16/2017 viola gli articoli 117, comma 2, lett. l); 3 e 97 della Costituzione.

L'art. 12 prevede che l'Ufficio stampa e documentazione della Regione presso la Presidenza della Regione sia un ufficio alle dirette dipendenze del Presidente della Regione ed il comma 3 indica che «i criteri per la selezione del personale, i profili professionali e relativi trattamenti economici sono predeterminati con, decreto dell'Assessore regionale per le autonomie locali e la funzione pubblica, previa deliberazione della Giunta regionale adottata su proposta dell'Assessore medesimo e previa contrattazione collettiva con la Federazione nazionale della Stampa italiana firmataria del CCNL dei giornalisti».

Al riguardo, il recente atto di indirizzo per la riapertura dei tavoli di contrattazione a firma del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione trasmesso all'Aran e ai comitati di settore in data 6 luglio 2017 prevede espressamente che il tema del personale addetto alle attivita' di informazione e comunicazione delle pubbliche amministrazioni potra' essere affrontato in sede di rivisitazione dei sistemi di classificazione professionale.

Cio' posto, la disposizione regionale in esame, prevedendo una procedura al di fuori di quella prevista per il restante personale del comparto regionale, si pone in contrasto con le disposizioni contenute nel titolo III (Contrattazione collettiva e rappresentativita' sindacale) del decreto legislativo n. 165/2001 e, conseguentemente con l'art. 117, lett. l), della Costituzione, che riserva alla competenza esclusiva dello Stato l'ordinamento civile e, quindi, i rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile (contratti collettivi). Inoltre, la disposizione regionale contrasta con il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione sia rispetto al restante personale della Regione siciliana sia rispetto al personale delle altre regioni italiane, nonche' con i principi di buon andamento e imparzialita' della Pubblica amministrazione di cui all'art. 97 della Costituzione.

La norma contrasta, peraltro, con il consolidato orientamento della giurisprudenza costituzionale, la quale ha ribadito piu' volte che la disciplina del trattamento economico dei pubblici dipendenti e' riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile.

Al riguardo si evidenzia che con la sentenza n. 189 del 2007 e' stata dichiarata costituzionalmente illegittima una disposizione analoga (art. 58, comma 1, della legge della Regione Sicilia 18 maggio 1996, n. 33) nella parte in cui prevedeva che il contratto nazionale di lavoro giornalistico si applicasse anche ai giornalisti appartenenti agli uffici stampa degli enti locali. Secondo la citata sentenza, la norma confliggeva con il generale principio secondo il quale il trattamento economico dei dipendenti pubblici, il cui rapporto di lavoro e' stato «privatizzato», deve essere disciplinato dalla contrattazione collettiva. Tale principio di diritto privato - fondato sull'esigenza, connessa al precetto costituzionale di eguaglianza, di garantire l'uniformita' nel territorio nazionale delle regole fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti fra privati - si pone quale limite anche della potesta' legislativa esclusiva che lo statuto di autonomia speciale attribuisce alla Regione siciliana all'art. 14, lettera o), in materia di «regime degli enti locali» e lettera q) in materia di «stato giuridico ed economico degli impiegati e funzionari della Regione» (sentenze n.

95/2007, n. 106/2005, n. 282/2004, sull'esigenza di uniformita' dei rapporti di lavoro tra privati; sentenze n. 308/2006 e n. 314/2003, sul principio della regolazione mediante contratti collettivi del trattamento economico dei dipendenti pubblici privatizzati che si impone anche alle Regioni a statuto speciale).

2. L'art. 17 della legge Regione Sicilia n. 16/2017 viola l'art. 117, comma 3, della Costituzione.

L'art. 17, rubricato «Esenzione ticket per minori affidati all'autorita' giudiziaria» introduce una serie di modifiche alla legge regionale 14 aprile 2009, n. 5, ampliando la categoria degli aventi diritto all'esenzione dal ticket per motivi di reddito, mediante l'inclusione anche dei minori affidati per disposizione dell'autorita' giudiziaria a famiglie ospitanti dei minori in adozione, per un periodo iniziale di presa in carico pari ad anni due.

La normativa nazionale attualmente in vigore non prevede alcun tipo di esenzione specifica in tal senso.

Il riferimento va, nel dettaglio, all'art. 8, comma 16, della legge n. 537 del 1993 e s.m.i., a norma del quale «sono esentati dalla partecipazione alla spesa sanitaria di cui ai commi 14 e 15 i cittadini di eta' inferiore ai sei anni e di eta' superiore a sessantacinque anni, appartenenti ad un nucleo familiare con un reddito complessivo riferito all'anno precedente non superiore a lire 70 milioni». Ne deriva che, tra gli altri, sono esentati dalla partecipazione alla spesa sanitaria i cittadini di eta' inferiore ai sei anni, in quanto appartenenti a un nucleo familiare con un reddito complessivo, riferito all'anno precedente, non superiore alla soglia ivi indicata. Pertanto, pur nella consapevolezza della oggettiva difficolta' di individuare un nucleo fiscale di appartenenza per i minori affidati a comunita' alloggio, sottratti di fatto alla potesta' genitoriale e affidati a strutture ospitanti, si riconosce l'esenzione dal ticket ove di eta' inferiore a sei anni.

Proprio sulla scorta di tale interpretazione sono stati superati i rilievi mossi, in sede di Comitato LEA in ordine a quanto previsto dall'art. 30, comma 2, legge regionale n. 5/2009 che la legge regionale n. 16/2017 citata, come gia' detto, modifica.

In sostanza la legge regionale n. 16/2017, introducendo l'art.

17, supera la richiamata interpretazione, finendo per ampliare ulteriormente il novero degli aventi diritto all'esenzione attraverso l'inclusione anche di quei minori per i quali il nucleo fiscale di appartenenza e' facilmente individuabile.

Inoltre, va considerato che i minori di anni sei dati in affidamento o in adozione entrano a fare parte del nucleo fiscale dei genitori affidatari/adottivi e, pertanto, godono delle stesse detrazioni fiscali previste per i figli legittimi/naturali, alle medesime condizioni reddituali.

Ne consegue che il diritto all'esenzione riconosciuto dalla normativa in esame si configura come un ulteriore livello di assistenza sanitaria e come tale non previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, recante «definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'art. 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.

502» che, peraltro, la Regione siciliana, essendo impegnata nel piano di rientro del disavanzo sanitario non puo' garantire, neppure con risorse di natura sociale, come riconosciuto dalla sentenza n. 104 del 2013.

Le regioni impegnate nei Piani di rientro dal disavanzo sanitario sono sottoposte al divieto di effettuare spese non obbligatorie ai sensi dell'art. 1, comma 174, della legge n. 311 del 2004, come rimarcato, appunto, nella sentenza n. 104 del 2013 citata.

Per le precedenti considerazioni l'art. 17 della legge regionale n. 16/2017, nel disporre l'assunzione a carico del bilancio regionale di oneri aggiuntivi per garantire ulteriori livelli di assistenza supplementare eccede dalle competenze statutarie di cui agli articoli 14 e 17, viola il principio di contenimento della spesa pubblica sanitaria, quale principio di coordinamento della finanza pubblica e conseguentemente e in contrasto con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione.

Come e' stato di recente ribadito dalla Corte proprio con riguardo alla Regione siciliana (sentenza n. 46 del 2015), di regola, «i principi di coordinamento della finanza pubblica recati dalla legislazione statale si applicano anche ai soggetti ad autonomia speciale (sentenza n. 36 del 2004; sentenze n. 54 del 2014, n. 229 del 2011, n. 169 e n. 82 del 2007, n, 417 del 2005 e n. 353 del 2004)» (sentenza n. 77/2015).

3. L'art. 23 della legge Regione Sicilia n. 16/2017 viola l'art. 81, comma 3 della Costituzione.

L'art. 23 autorizza l'Assessore regionale per l'energia ad emanare un bando per la concessione dei contributi ai comuni per la redazione del Piano comunale amianto e per gli interventi finalizzati alla rimozione e smaltimento dei manufatti in amianto. Per tali finalita' per l'esercizio 2017 e' autorizzata la spesa di 2 milioni di euro a valere sul Fondo di sviluppo e coesione 2014-2020.

Si osserva che, con delibera Comitato interministeriale per la programmazione economica n. 26/2016, a valere sul predetto Fondo 2014-2020, sono state assegnate alla Regione siciliana 2.320,4 milioni di euro per l'attuazione degli interventi inseriti nel Patto per il sud. Tuttavia, tra gli interventi ivi previsti non sembra ricompreso quello di cui all'articolo in oggetto. Pertanto, non sussistendo la copertura ivi indicata, la disposizione comporta la violazione dell'art. 81, terzo comma, della Costituzione ed eccede dalle competenze statutarie di cui agli articoli 14 e 17.

L'art. 81, comma 3, della Costituzione dispone, infatti, che «Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte».

In applicazione di tale principio generale di contabilita' che vincola anche le regioni a statuto speciale e le province autonome, ciascuna legge che comporti oneri nuovi o maggiori deve indicare espressamente per ciascun anno e per ogni intervento previsto la spesa autorizzata, intesa quale tetto massimo, e che le leggi e i provvedimenti con effetti onerosi a carico dei bilanci pubblici devono contenere la previsione e la copertura dell'onere stesso riferita ai bilanci annuali e pluriennali.

La Corte, richiamando i propri precedenti in tema di chiarezza e solidita' del bilancio ai quali si ispira l'art. 81 della Costituzione (sentenze n. 131/2012; n. 272 e n. 106 del 2011) e di copertura di nuove spese (sentenze n. 131/2012 citata e n. 100/2010), ha sottolineato lo stretto collegamento tra la legge, la nuova e maggior spesa che essa comporta e la relativa copertura finanziaria, che non puo' essere ricercata in altre disposizioni, ma deve essere indicata nella legge stessa, al fine di evitare che gli effetti possano dare luogo a stanziamenti privi della corrispondente copertura.

4. L'art. 26 della legge Regione Sicilia n. 16/2017 viola l'art. 117, comma 1 della Costituzione.

L'art. 26 istituisce un fondo a sostegno delle imprese e/o per favorire la loro defiscalizzazione, introducendo, cosi', una misura rilevante ai fini della normativa europea e nazionale in tema di aiuti di stato; infatti, l'efficacia della norma non risulta subordinata all'autorizzazione della Commissione europea, ai sensi degli artt. 107 e 108 del TFUE. Inoltre, con riferimento alle risorse del FSC 2014-2020, indicate come copertura finanziaria dell'autorizzazione di spesa di cui al comma 2 dell'articolo in esame, si osserva che con delibera Comitato interministeriale per la programmazione economica a 26/2016 a valere sul FSC 2014-2020 sono state assegnate alla Regione siciliana 2.320,4 milioni di euro per l'attuazione degli interventi inseriti nel Patto per il sud.

Tra gli interventi ivi previsti, tuttavia, non sembra ricompreso quello di cui all'articolo in oggetto. Pertanto, non sussiste la copertura ivi indicata. Pertanto, la disposizione regionale viola sia l'art. 81, comma 3, della Costituzione, sia l'art. 117, comma 1, laddove stabilisce che la potesta' legislativa e' esercitata dalle regioni nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali ed eccede dalle competenze di cui agli articoli 14 e 17 dello Statuto della Regione siciliana.

Anche in questo caso va ricordato che l'art. 81, comma 3, della Costituzione dispone, infatti, che «Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte».

In applicazione di tale principio generale di contabilita' che vincola anche le regioni a statuto speciale e le province autonome, ciascuna legge che comporti oneri nuovi o maggiori deve indicare espressamente per ciascun anno e per ogni intervento previsto la spesa autorizzata, intesa quale tetto massimo e che le leggi e i provvedimenti con effetti onerosi a carico dei bilanci pubblici devono contenere la previsione e la copertura dell'onere stesso riferita ai bilanci annuali e pluriennali.

Come gia' evidenziato, la Corte, richiamando i propri precedenti in tema di chiarezza e solidita' del bilancio ai quali si ispira l'art. 81 della Costituzione (sentenze n. 131/2012; n. 272 e n. 106 del 2011) e di copertura di nuove spese (sentenze n. 131/2012 citata e n. 100/2010), ha sottolineato lo stretto collegamento tra la legge, la nuova e maggior spesa che essa comporta e la relativa copertura finanziaria, che non puo' essere ricercata in altre disposizioni, ma deve essere indicata nella legge stessa, al fine di evitare che gli effetti possano dare luogo a stanziamenti privi della corrispondente copertura.

5. L'art. 34 della legge Regione Sicilia n. 16/2017 viola gli articoli 117, comma 2, lett. e), 3, 53 e 97 della Costituzione.

L'art. 34, nel modificare l'art. 19, comma 1, della precedente legge regionale n. 24 del 2016, aggiunge dopo le parole «mancato ravvedimento», l'inciso «per il triennio 2017- 2019». Attraverso l'introduzione del predetto riferimento temporale, viene circoscritta al triennio 2017-2019 l'efficacia della previsione contenuta nell'art. 19, comma 1, della legge n. 24 del 2016, fatta oggetto di una precedente impugnativa costituzionale per violazione dell'art.

117, secondo comma, lettera e), 3, 53 e 97 della Costituzione (delibera del Consiglio dei ministri del 2 febbraio 2017).

Tale norma, infatti, ha introdotto, in relazione alla tassa automobilistica regionale, una procedura atipica di riscossione, consistente nella diretta iscrizione a ruolo delle somme dovute in caso di mancato ravvedimento da parte del contribuente. Risulta, cosi', omessa la fase dell'accertamento e ridotte le garanzie a favore del contribuente previste in questa fase del procedimento impositivo, prodromica alla riscossione coattiva.

L'intervento del legislatore regionale, in pendenza del giudizio dinanzi alla Corte costituzionale, sebbene apprezzabile nella sua finalita' di limitare la durata di tale previsione, mantiene gli stessi vizi gia' riscontrati nella precedente analoga impugnazione dell'art. 19, comma 1, citato.

Con tale disposizione e' stato introdotto all'art. 2 della precedente legge regionale n. 16 del 2015 (Norme in materia di tasse automobilistiche), un comma 2-bis che prevedeva che «...in caso di mancata ravvedimento, la Regione provvede, ai sensi dell'art. 12 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, sulla base delle notizie occorrenti per l'applicazione del tributo e per l'individuazione del proprietario del veicolo ... all'iscrizione a ruolo delle somme dovute che costituisce accertamento per l'omesso, insufficiente o tardivo versamento della tassa automobilistica e l'irrogazione delle sanzioni e dei relativi accessori».

La procedura delineata dalla norma regionale n. 24/2016 - che fa coincidere l'accertamento per l'omesso, insufficiente o tardivo versamento della tassa automobilistica e l'irrogazione delle sanzioni con la diretta iscrizione a ruolo delle somme dovute, ai sensi dell'art. 12 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 (norma, questa, espressamente richiamata dal legislatore regionale e che, appunto, disciplina la formazione e il contenuto del ruolo) - recava aspetti di illegittimita' costituzionale, in quanto non e' consentita ne' dalla legislazione statale, che disciplina specificamente la tassa automobilistica regionale, ne' dalle disposizioni generali dell'ordinamento tributario.

Come indicato nella precedente impugnativa, il quadro normativo della materia risulta, infatti, cosi' composto:   1) ai sensi dell'art. 5 comma 52 del decreto-legge n. 953 del 1982, l'azione dell'amministrazione finanziaria per il recupero della tassa auto si prescrive con il decorso del terzo anno successivo a quello in cui doveva essere effettuato il pagamento;   2) l'art. 23 del decreto legislativo n. 504 del 1992, nell'attribuire alle regioni a statuto ordinario il gettito della tassa, attraverso il rinvio al successivo art. 27, opera a sua volta un rinvio alle norme statali che regolano gli analoghi tributi erariali nelle regioni a statuto speciale (tra cui appunto la Sicilia)   3) l'art. 17, comma 10, della legge n. 449 del 1997 demanda alle regioni la riscossione, accertamento, il recupero, i rimborsi, l'applicazione delle sanzioni e il contenzioso amministrativo, rinviando alle modalita' stabilite con apposito decreto ministeriale;   4) l'art. 3 del decreto ministeriale n. 418 del 1998, attuativo della predetta norma, e significativamente rubricato «Accertamento, recupero, rimborsi», al comma 1 stabilisce che l'accertamento del regolare assolvimento delle tasse automobilistiche con il conseguente recupero o rimborso sono svolti dalle regioni a mezzo dei propri uffici individuati secondo gli ordinamenti regionali e, il successivo comma 2, poi, precisa che «la riscossione coattiva delle tasse automobilistiche e' svolta a norma del decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1988, n. 43».

Da tale quadro normativo risulta, pertanto, evidente che la volonta' del legislatore statale e' quella di mantenere ferma, anche per la tassa automobilistica regionale, come per gli altri tributi, la distinzione tra le varie fasi del procedimento impositivo e, in particolare, quella tra accertamento e riscossione coattiva. In sostanza, anche per la tassa auto, solo in caso di mancato pagamento spontaneo da parte del contribuente a seguito delle procedure di accertamento e alla scadenza dei termini previsti, puo' essere attivata la fase della riscossione coattiva, mediante iscrizione a ruolo del debito d'imposta, quale fase patologica di applicazione del tributo dovuto.

Come precisato della giurisprudenza di legittimita' (Corte di Cassazione, sentenza n. 1658 del 24 gennaio 2013), in ambito tributario la tipizzazione degli atti del procedimento impositivo, peraltro secondo una scansione cronologica precisa, assume un rilievo essenziale, in quanto funzionale all'esigenza dello Stato di riscuotere i crediti tributari. Peraltro, quando il legislatore tributario ha ritenuto praticabile un percorso diverso e semplificato, in ragione di esigenze di razionalizzazione e di contrasto all'evasione, lo ha fatto adottando specifiche norme, quali quelle contenute nell'art. 29 del decreto-legge n. 78 del 2010, rubricato «Concentrazione della riscossione nell'accertamento», limitandolo comunque solo a determinati tributi e a determinate annualita' d'imposta.

Al di fuori, dunque, delle ipotesi espressamente delineate dal legislatore statale, non e' legittimo l'intervento del legislatore regionale di prevedere procedure atipiche di riscossione della tassa automobilistica, omettendo la fase dell'accertamento, quale fase del procedimento impositivo prodromica alla riscossione coattiva, e riducendo cosi' le garanzie partecipatine in favore del contribuente.

La norma regionale si pone, pertanto, in contrasto anche con le disposizioni a tutela del contribuente contenute nella legge n. 212 del 2000 (Statuto dei diritti del contribuente), che, com'e' noto, in attuazione degli articoli 3, 23, 53 e 97 della Costituzione, costituiscono principi generali dell'ordinamento tributario.

Si evidenzia, inoltre, che, come piu' volte chiarito dalla Corte (da ultimo, con le sentenze n. 199 e 242 del 2016), la tassa automobilistica regionale ha natura di tributo proprio derivato, «con tutte le conseguenze che si devono trarre riguardo alla potesta' legislativa regionale». Pertanto e' inibito al legislatore regionale un qualsiasi intervento che incida su un aspetto della disciplina sostanziale del tributo, riservato alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione.

6. L'art. 43 della legge Regione Sicilia n. 16/2017 viola l'art. 117, comma 3, della Costituzione.

L'art. 43 prevede la costituzione di un Comitato promotore delle «Vie del Vento» composto da delegati del Presidente del libero Consorzio, dai Sindaci dei comuni interessati, da rappresentanti della locale Camera di commercio e delle aziende le cui attivita' si svolgono nel territorio attraversato dalle «Vie del Vento». Il regolamento di attuazione ,e' approvato dal Presidente della Regione entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge.

Al riguardo, la disposizione e illegittima nella parte in cui non prevede che il presupposto della partecipazione al Comitato avvenga a titolo gratuito, nel rispetto delle disposizioni contenute nell'art.

6, comma 2, del decreto-legge n. 78/2010 titolato «Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica», violando cosi' anche il principio di coordinamento della finanza pubblica sancito all'art. 117, comma terzo, della Costituzione e le competenze di cui agli articoli 14 e 17 dello Statuto della Regione Sicilia.

7. L'art. 48 della legge Regione Sicilia n. 16/2017 viola l'art. 117, comma 3, della Costituzione.

L'art. 48 dispone che i Piani paesaggistici territoriali, nell'individuare le specifiche aree di tutela e predispone le conciate prescrizioni d'uso, nel rispetto dei principi di cui all'art. 143 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, devono prevedere la possibilita' che le opere di pubblica utilita' realizzate da enti pubblici o societa' concessionarie di servizi pubblici e con esclusione dell'impiantistica di trattamento dei rifiuti comprese le discariche, siano realizzabili, previa specifica valutazione da effettuarsi caso per caso della concreta compatibilita' con i valori paesaggistici oggetto di protezione, considerando nel complesso del progetto anche le possibili soluzioni in grado di ridurre, compensare o eliminare le eventuali incompatibilita'.

La previsione del comma 1 esclude, per legge, la possibilita' della cosiddetta «opzione zero» in sede di valutazione della compatibilita' paesaggistica della realizzazione, in aree vincolate, di una eterogenea pluralita' di «opere di pubblica utilita'», riducendo il potere autorizzativo alla sola prescrizione di modalita' di mitigazione dell'impatto dell'opera sul paesaggio. In sostanza, opere di potenziale forte impatto paesaggistico, quali i parchi eolici, gli impianti per produzione di energia idroelettrica, ma anche opere di ricettivita' turistico-alberghiera che fossero qualificate di pubblica utilita' dalla legislazione regionale, risulterebbero, in base alla norma in esame, gia' autorizzate ex lege nel «se» possano essere realizzate, con svuotamento della pur necessaria autorizzazione paesaggistica (a valle del piano paesaggistico), in tal modo vincolata ad assentire l'intervento e, come detto, ridotta alla esclusiva possibilita' di dettare misure di mitigazione.

Tale previsione svuota di contenuto reale il controllo di tutela paesaggistica riservato in tutta la sua pienezza, con norma di grande riforma economico-sociale contenuta nell'art. 146 del codice dei beni culturali e del paesaggio, alla competenza tecnico-scientifica degli uffici amministrativi preposti alla tutela paesaggistica.

La disposizione regionale in esame viola, altresi', la norma di grande riforma economico sociale contenuta nell'art. 143 del codice, che, nel dettare i contenuti possibili del piano paesaggistico, non prevede affatto una tale limitazione al potere di autorizzazione paesaggistica.

Il comma 2 stabilisce che la procedura di valutazione e' avviata con istanza avanzata dal proponente l'opera all'Assessorato regionale dei beni culturali e dell'identita' siciliana. La valutazione si conclude entro trenta giorni dalla presentazione dell'istanza ed e espressa con delibera della Giunta regionale, su proposta dell'assessore regionale per i beni culturali e l'identita' siciliana.

Merita censura, altresi', la norma in esame, che attribuisce all'organo politico - la Giunta regionale su proposta dell'Assessore regionale - la decisione sull'istanza avanzata dal proponente, sottraendo tale potere alla competenza naturale degli organi tecnici di valutazione di compatibilita' ambientale degli interventi progettati.

E' noto che le disposizioni di cui agli articoli 143 e 146 del codice dei beni culturali e del paesaggio sono state qualificate come norme di grande riforma economico-sociale (sentenze n. 164 del 2009, n. 238 del 2013 e n. 210 del 2014). Esse, in quanto tali, si impongono anche alla potesta' legislativa primaria delle regioni ad autonomia speciale.

Con il successivo comma 3 «Le opere di cui al comma 1 nonche' le attivita' estrattive che, prima della data di adozione dei singoli Piani paesaggistici territoriali, abbiano gia' ricevuto il nulla osta, pareri favorevoli o autorizzazioni comunque denominate da parte di una Amministrazione regionale o locale competente in materia di tutela paesaggistico territoriale ai sensi del decreto legislativo n.

42/2004, ovvero per i quali la Regione abbia gia' rilasciato atti di intesa allo Stato, possono essere realizzate nel rispetto dei tempi, delle forme e delle modalita' ivi previste, senza ulteriori valutazioni.»   Se le disposizioni ivi contenute al comma 3 dell'art. 48, fossero riferibili esclusivamente ad opere pubbliche dello Stato, per le quali lo Stato abbia chiesto l'intesa ai sensi della legislazione vigente, allora il comma non presenterebbe profili di criticita'.

Diversamente, ove, invece, esse fossero riferibili a tutte le opere del comma 1 e alle attivita' estrattive, anche proposte da privati o da altri soggetti diversi dallo Stato; non essendo agevole comprendere se il testo si risolva in una mera salvezza dei procedimenti autorizzatori gia' conclusi (nel qual caso nulla quaestio), la norma e' censurata come incostituzionale per violazione dell'art. 146 del codice laddove intenda derogare al regime ordinario e disporre per legge la conclusione favorevole anche di procedimenti ancora in itinere.

Conclusivamente, per le esposte ragioni, l'art. 48 viola il Codice dei beni culturali e del paesaggio, decreto legislativo n.

42/2004, l'art. 9 e l'art. 117, lett. s), della Costituzione e l'art.

14 dello Statuto della Regione, che, sebbene affidi alla Regione legislazione esclusiva in materia di tutela del paesaggio (lett. n), stabilisce che la stessa debba esercitarla nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato e nel rispetto delle norme fondamentali delle riforme economico sociali della Repubblica.

8. L'art. 50 della legge Regione Sicilia n. 16/2017 viola l'art. 117, comma 3, della Costituzione.

L'art. 50, prevedendo che «I canoni per l'utilizzo del demanio marittimo, ivi compresi i canoni ricognitori, non sono dovuti per lo svolgimento di feste religiose o civili riconosciute dalla Regione», viola l'art. 11, comma 3, della Costituzione in materia di coordinamento della finanza pubblica; alla luce sia del codice della navigazione, che non contempla ipotesi di utilizzo gratuito del demanio marittimo da parte di privati - prevedendo, tutt'al piu', un canone ricognitorio nelle concessioni per fini di beneficenza e per altri fini di pubblico interesse, ai sensi dell'art. 39, secondo comma, del Codice della Navigazione, sia il principio di ragionevolezza, atteso che la prevista non debenza dei canoni, anche ricognitori, appare misura generalizzata e non limitata alle sole concessioni che, laddove interessate dallo svolgimento delle feste in discorso, potrebbero subire un pregiudizio per l'ordinario svolgimento dell'attivita' di impresa.

Per le precedenti considerazioni l'art. 50 della legge regionale n. 16/2017 eccede dalle competenze statutarie di cui agli articoli 14 e 17 e viola il principio di contenimento della spesa pubblica, quale principio di coordinamento della finanza pubblica e conseguentemente e in contrasto con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione.

Come la Corte ha di recente ribadito proprio con riguardo alla Regione siciliana, che «(sentenza n. 46 del 2015), [..] di regola, i principi di coordinamento della finanza pubblica recati dalla legislazione statale si applicano anche ai soggetti ad autonomia speciale (sentenza n. 36 del 2004; in seguito, sentenze n. 54 del 2014, n. 229 del 2011, n. 169 e n. 82 del 2007, n. 417 del 2005 e n.

353 del 2004)» (sentenza n. 77/2015).

9. L'art. 54 della legge Regione Sicilia n. 16/2017 viola gli articoli 81, comma 3, e 117, comma 3, della Costituzione.

L'art. 54, che aggiunge il comma 2-ter e 2-quater all'art. 90 della legge regionale 3 maggio 2001, n. 6, definisce e qualifica l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (ARPA) quale ente del settore sanitario di cui al comma 3 dell'art. 4 della legge regionale 14 maggio 2009, n. 6 e successive modifiche ed integrazioni e di cui alla legge regionale 29 dicembre 2008, n. 25.

In disparte la questione che l'Agenzia non svolge attivita' prettamente o prevalentemente sanitaria, tale previsione e' in contrasto con gli articoli 1, 3 e 4 del decreto legislativo n.

502/1992, che non prevede tale tipologia di ente quale ente del Servizio sanitario nazionale.

Pertanto, l'articolo si pone in contrasto con l'art. 117, terzo comma, in materia di tutela della salute e di coordinamento della finanza pubblica e con l'art. 81 della Costituzione in quanto suscettibile di generare oneri a carico del Servizio sanitario nazionale non quantificati e non coperti ed eccede dalle competenze statutarie di cui all'art. 17, lett. b) e c).

Per le precedenti considerazioni l'art. 54 della legge regionale n. 16/2017 citato eccede dalle competenze statutarie di cui agli articoli 14 e 17 e viola il principio di contenimento della spesa pubblica sanitaria, quale principio di coordinamento della finanza pubblica e conseguentemente e in contrasto con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione.

Si richiamano al riguardo i principi affermati dalla Corte nella gia' citata sentenza n. 77/2015.

10. L'art. 55 della legge Regione Sicilia n. 16/2017 viola l'art.

117, comma 2, lett. l), della Costituzione.

L'art. 55 dispone, ai fini della riqualificazione professionale del personale dipendente, l'applicazione del Contratto collettivo nazionale di lavoro Sanita' al personale dipendente dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente, ivi compreso il personale in comando, e la conseguente applicazione di tutti gli istituti contrattuali.

Al riguardo, si evidenzia preliminarmente che gia' l'art. 90 della legge regionale n. 6/2001, nel disciplinare l'istituzione dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente, dispone al comma 2-bis che «al personale dell'Agenzia, ivi comprese le figure dirigenziali, si applica il Contratto collettivo nazionale del servizio sanitario».

Premesso cio', si rileva che la previsione in esame, laddove include anche il personale in posizione di comando nell'ambito applicativo del CCNL Sanita', non appare coerente con la normativa vigente in materia di comando ed in particolare con il disposto normativo di cui all'art. 70, comma 12, del decreto legislativo n.

165/2001, secondo cui «In tutti i casi, anche se previsti da normative speciali, nei quali enti pubblici territoriali, enti pubblici non economici o altre amministrazioni pubbliche, dotate di autonomia finanziaria sono tenute ad autorizzare la utilizzazione da parte di altre pubbliche amministrazioni di proprio personale, in posizione di comando, di fuori ruolo, o in altra analoga posizione, l'amministrazione che utilizza il personale rimborsa all'amministrazione di appartenenza l'onere relativo al trattamento fondamentale».

L'art. 55, nella sua formulazione letterale, si pone in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, nella parte in cui individua il comparto di riferimento del personale de quo in violazione delle disposizioni contenute nel titolo III (Contrattazione collettiva e rappresentativita' sindacale) del decreto legislativo 165/2001. Infatti, come costantemente affermato dalla Corte costituzionale, sono lesive della competenza esclusiva dello Stato nella materia dell'ordinamento civile le norme regionali contenenti l'individuazione della disciplina giuridica ed economica dei dipendenti regionali, anche laddove siano meramente ripetitive di clausole contrattuali collettive. Secondo il consolidato orientamento della Corte (ex multis sentenze n. 151/2010, 7/2011, 77/2011, 286/2013 e 61/2014), infatti, la disciplina del trattamento giuridico ed economico dei pubblici dipendenti e riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile (art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione). Eccede, peraltro anche dalla competenza di cui agli articoli 14 e 17 dello Statuto della Regione.

11. L'art. 56 della legge Regione Sicilia n. 16/2017 viola l'art.

117, comma 3, della Costituzione.

L'art. 56, nel sostituire l'art. 1 della legge regionale n.

29/2014, dispone che "1. Al fine di valorizzare la pratica dell'attivita' fisica e di garantire il corretto svolgimento delle attivita' fisicomotorie nonche' di salvaguardare la tutela della salute, la Regione riconosce e valorizza le competenze degli operatori del settore motori o e sportivo, con particolare riguardo ai soggetti in possesso della laurea in Scienze motorie di cui al decreto legislativo 8 maggio 1998, n. 178 o del diploma universitario dell'Istituto superiore di educazione fisica (ISEF) di cui alla legge 7 febbraio 1958, n. 88. Nelle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private sia ai fini del mantenimento della migliore efficienza fisica nelle differenti fasce d'eta' e nei confronti delle diverse abilita' sia ai fini di socializzazione e di prevenzione, la Regione riconosce l'esercizio dell'attivita' professionale esclusivamente svolta da soggetti in possesso di laurea in Scienze motori e o del diploma ISEF.»

2. La Regione, nell'ambito della diffusione della pratica e dell'esercizio delle attivita' fisico-motorie, promuove la tutela dei praticanti allo scopo di migliorarne la qualita' della vita e il benessere."   Al riguardo si evidenzia che i professori di educazione fisica, i cosiddetti diplomati ISEF o i piu' recenti laureati in scienze motorie, in quanto operatori formati per il settore dell'istruzione e dello sport, non sono da equiparare ai fisioterapisti, che sono professionisti sanitari il cui profilo e previsto dal decreto ministeriale 14 settembre 1994, n. 741 ed il cui percorso formativo e la laurea triennale abilitante all'esercizio della relativa professione sanitaria.

Sul punto si evidenzia che l'art. 2, comma 7 del decreto legislativo n. 178/1998 prevede che: «Il diploma di laurea in scienze motorie non abilita all'esercizio delle attivita' professionali sanitarie di competenza dei laureati in medicina e chirurgia e di quelle di cui ai profili professionali disciplinati ai sensi dell'art. 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.

502, e successive modificazioni e integrazioni».

Relativamente alla materia delle professioni, oggetto di competenza concorrente, la giurisprudenza costituzionale ormai consolidata ha evidenziato che il legislatore regionale e' tenuto a rispettare il principio per cui l'individuazione delle figure professionali, con i relativi titoli abilitanti, e riservata allo Stato (sentenze n. 153/2006 e n. 300/2007), ai sensi dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione. La Regione, pertanto, eccede anche dalle competenze statutarie sancite negli articoli 14 e 17.

 

P. Q. M.

 

Per i suesposti motivi si conclude perche' gli articoli 12; 17; 23; 26; 34; 43; 48; 50; 54; 55; e 56 della legge regionale Sicilia n.

16 dell'11 agosto 2017, recante «Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2017. Legge di stabilita' regionale. Stralcio I indicata in epigrafe, siano dichiarati costituzionalmente illegittimi.

Si produce l'estratto della deliberazione del Consiglio dei ministri del 24 ottobre 2017.

Roma, 24 ottobre 2017

p. Il Vice avvocato generale dello Stato: Palmieri

Vice avvocato generale: De Bellis