RICORSO N. 85 DEL 31 OTTOBRE 2017 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 31 ottobre 2017.

(GU n. 50 del 13.12.2017)

 

Ricorso con istanza di sospensione ai sensi dell'art. 35 della legge n. 87/1953 del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato (codice fiscale 80224030587), presso i cui uffici domicilia in Roma, alla via dei Portoghesi, 12 (fax 06.96514000 e PEC ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it);   Nei confronti della Regione Sicilia, in persona del Presidente pro-tempore, con sede in Palermo, Piazza Indipendenza, 21 - Palazzo d'Orleans cap 90129;   per la dichiarazione della illegittimita' costituzionale della legge della Regione Sicilia dell'11 agosto 2017, n. 17, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione Sicilia 1° settembre 2017, n.

36, S.O. n. 1, recante: «Disposizioni in materia di elezione diretta del Presidente del libero Consorzio comunale e del Consiglio del libero Consorzio comunale nonche' del Sindaco metropolitano e del Consiglio metropolitano», con riguardo agli articoli 1, 2, 3, 4, 6, 7 e al correlato art. 5.

1. Con la legge regionale n. 17/2017, la Regione Sicilia reca disposizioni in materia di elezione diretta del Presidente del libero consorzio comunale e del Consiglio del libero consorzio comunale nonche' del Sindaco metropolitano e del Consiglio metropolitano.

La legge in parola si articola in una serie di disposizioni che modificano la legge 4 agosto 2015, n. 15, con cui la Regione Sicilia ha introdotto norme di disciplina generale dei Consorzi comunali e delle Citta' metropolitane.

Il Titolo I della legge n. 15/2015, infatti, ha istituito i liberi Consorzi comunali suddividendoli in due categorie: la prima costituita dai territori delle ex province di Caltanissetta, Agrigento, Enna, Ragusa, Siracusa e Trapani e dai comuni ivi ricompresi; la seconda, costituita dalle Citta' Metropolitane che coincidono con il territorio delle ex province di Palermo, Catania e Messina e comprendono i comuni in ciascuna di esse situati.

In sostanza, le Citta' metropolitane sono liberi Consorzi comunali che coincidono con le ex province regionali di Palermo, Catania e Messina, e ricomprendono tutti i comuni dei territori ex provinciali, mentre le altre ex province regionali sono trasformate - ciascuna con il rispettivo territorio - in liberi Consorzi comunali «semplici», anch'essi comprendenti i loro comuni.

Gli uni e gli altri sono dalla legge regionale n. 15/2015 definiti «enti territoriali di area vasta, dotati di autonomia statutaria, regolamentare, amministrativa, impositiva e finanziaria» (art. 1, comma 3) nell'ambito dei propri statuti - che ciascuno deve adottare - e regolamenti, delle leggi regionali e delle leggi statali di coordinamento della finanza pubblica.

Le modifiche introdotte dalla legge regionale n. 17/2017 incidono specialmente sul Capo II del Titolo I dalla legge regionale n.

15/2015 che individua all'art. 4 gli organi dei liberi Consorzi comunali (il Presidente, il Consiglio e l'Assemblea) e ne disciplina il funzionamento (articoli 5, 7-bis e 8). Sono altresi' individuati (art. 11) e regolati in tutti i loro aspetti gli organi delle Citta' metropolitane (il Sindaco metropolitano, il Consiglio e la Conferenza; cfr. articoli 12, 14-bis e 15).

La legge regionale n. 17/2017, impugnata nella seduta del Consiglio dei ministri del 13 ottobre 2017, apporta dunque modifiche alla legge n. 15/2015 recante «Disposizioni in materia di liberi consorzi comunali e Citta' metropolitane», e fa rivivere sostanzialmente alcune delle disposizioni gia' censurate con precedente impugnativa dello Stato e successivamente modificate dalla Regione con numerosi interventi legislativi (n. 28/2015, n. 5/2016, n. 8/2016, n. 15/2016, n. 23/2016), i quali hanno novellato profondamente la citata legge, adeguandosi ai rilievi governativi.

Tant'e' vero che, a fronte delle modifiche legislative intervenute, codesta Ecc.ma Corte, con la sentenza n. 277 del 2016, ha definito il precedente ricorso statale dichiarando cessata la materia del contendere.

2. La legge regionale in esame incide su una materia che gli articoli 14, comma 1, lettera o) e 15 dello Statuto speciale attribuiscono alla competenza esclusiva della Regione siciliana in materia di «regime degli enti locali e delle circoscrizioni relative» nonche' in materia di «circoscrizione, ordinamento e controllo degli enti locali». Non va dimenticato, inoltre, che l'art. 15, comma 2, dello Statuto prevede che «L'ordinamento degli enti locali si basa nella Regione stessa sui comuni e sui liberi Consorzi comunali, dotati della piu' ampia autonomia amministrativa e finanziaria».

L'art. 117, comma 2, lettera p) della Costituzione, d'altra parte, attribuisce allo Stato la competenza esclusiva in materia di legislazione elettorale, organi di Governo e funzioni fondamentali di comuni, province e citta' metropolitane.

Nella delicata e dibattuta materia del riordino delle province e dell'istituzione delle Citta' metropolitane, lo Stato ha esercitato tale competenza emanando la legge 7 aprile 2014 n. 56, cui le regioni sono tenute ad adeguarsi. Ai fini dell'adeguamento, la stessa legge ha introdotto due «clausole di salvaguardia» per le regioni ad autonomia speciale.

La prima e' richiamata nell'ultima parte dell'art. 1, comma 5, ove si precisa che la disciplina dettata per le Citta' ed aree metropolitane rappresenta una disciplina di principi di grande riforma economica e sociale, alla quale le regioni speciali (in particolare: Sardegna, Sicilia e Friuli-Venezia Giulia) si adeguano in conformita' ai relativi statuti.

La seconda clausola, di carattere piu' generale, e' contenuta nel comma 145, che individua un termine di dodici mesi per le citate regioni a statuto speciale, affinche' adeguino i propri ordinamenti interni ai principi della legge n. 56/2014.

La clausola di cui al citato comma 145, per la Regione Siciliana, prevede l'adeguamento ai principi della legge n. 56/2014 senza il richiamo alla compatibilita' con lo Statuto e successive norme attuative. Appare dunque necessitato per la Regione Sicilia l'adeguamento ai «principi» (e non certo alle «norme puntuali») della legge statale che realizza una «significativa riforma di sistema della geografia istituzionale della Repubblica, in vista di una semplificazione dell'ordinamento degli enti territoriali».

Codesta Ecc.ma Corte, del resto, con la sentenza n. 50 del 2015 ha confermato che «la normativa in esame costituisce principio di grande riforma economica e sociale per le Regioni a statuto speciale, ai sensi del comma 5, ultimo periodo, dell'impugnato art. 1 della legge n. 56 del 2014»; affermazione quest'ultima gia' scolpita nella sentenza n. 265/2013 che chiarisce come la competenza esclusiva delle regioni a Statuto speciale trovi limite nelle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica.

La legge n. 56 del 2014 delinea un quadro istituzionale articolato su tre organi e individua: nel sindaco metropolitano - che e' di diritto il sindaco del comune capoluogo - l'organo monocratico con funzioni di rappresentanza e con responsabilita' per lo svolgimento delle funzioni e l'esecuzione degli atti imputabili all'ente; nel consiglio metropolitano l'organo ad elezione indiretta con funzioni di indirizzo e di controllo, con poteri anche deliberativi; nella conferenza metropolitana l'organo composto dai sindaci dell'area metropolitana con poteri propositivi e consultivi e di deliberazione in ordine allo statuto.

L'elezione diretta del sindaco metropolitano e del consiglio e' subordinata a precise condizioni, tra cui la previa articolazione in comuni del territorio metropolitano a garanzia della rappresentativita' dei territori.

Orbene, come appresso piu' dettagliatamente specificato, la legge regionale denunciata, introducendo l'elezione diretta del Presidente del libero consorzio comunale e del Consiglio del libero consorzio comunale nonche' del Sindaco metropolitano e del Consiglio metropolitano, deroga ai principi fondamentali introdotti dalla legge n. 56/2014, in violazione altresi' dei principi costituzionalmente garantiti di ragionevolezza, uguaglianza e di unita' di cui agli articoli 3 e 5 della Costituzione, oltre che dell'art. 117, comma 2, lettera p) il quale riserva la competenza esclusiva allo Stato in materia di «organi di Governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Citta' metropolitane».

Con riferimento al quadro istituzionale delineato, la legge regionale sospettata non si adegua ai principi della legge n. 56 del 2014 e, pertanto, e' censurabile in quanto eccede dalle competenze statutarie di cui agli articoli 14, 15 e 17 dello Statuto speciale della Regione (R.D.Lgs. n. 455/1946).

In particolare, la legge della Regione Sicilia dell'11 agosto 2017 n. 17, con riferimento alle disposizioni di cui agli articoli 1, 2, 3, 4, 6, 7 e del correlato l'art. 5 - che dettano nuove disposizioni per l'elezione diretta del Presidente, del Consiglio del libero Consorzio comunale e del Sindaco metropolitano e del Consiglio metropolitano e modificano sensibilmente la disciplina delle indennita' connesse alle predette cariche nonche' delle operazioni elettorali per l'elezione diretta dei predetti organi contemplata dall'art. 18 della legge regionale n. 15/2015 - presenta profili di illegittimita' costituzionale e viene quindi impugnata per i seguenti

 

Motivi

 

1) Articoli 1 e 3 della legge della Regione Sicilia n. 17/2017, per violazione dei principi di cui all'art. 1, commi 58 e seguenti nonche' 67 e 69 della legge 7 aprile 2014 n. 56, in relazione agli articoli 3 e 5 nonche' all'art. 117, secondo comma, lettera p) della Costituzione e agli articoli 14, 15 e 17 dello Statuto regionale siciliano per contrasto con i principi e le norme fondamentali di riforma economico sociale della Repubblica.

1.1. L'art. 1 della legge regionale censurata (che sostituisce l'art. 6 della legge regionale n. 15/2015) e il successivo art. 3 (che modifica l'art. 7-bis della legge regionale n. 15/2015) prevedono rispettivamente l'elezione a suffragio universale e diretto del Presidente del libero Consorzio comunale, da parte dei cittadini iscritti nelle liste elettorali dei comuni del libero Consorzio, contestualmente all'elezione del Consiglio del libero Consorzio comunale, anch'esso eletto a suffragio universale e diretto.

Tali disposizioni si pongono rispettivamente in contrasto con l'art. 1 comma 58 e seguenti della legge statale n. 56/2014 che prevede che il presidente della provincia venga eletto dai sindaci e dai consiglieri dei comuni della provincia e con l'art. 1, comma 69 della stessa legge che prevede che il consiglio provinciale venga eletto dai sindaci e dai consiglieri comunali dei comuni della provincia.

La legge n. 56 del 2014, come noto, ha trasformato le province in enti territoriali «di secondo grado», e cioe' aventi organi di Governo non piu' eletti direttamente dal popolo bensi' dagli organi elettivi dei comuni compresi nella circoscrizione provinciale. Piu' precisamente, per effetto di tale trasformazione l'elettorato attivo e passivo e' attribuito ai sindaci ed ai consiglieri dei comuni della provincia (art. 1, comma 69), mentre l'elezione avviene sulla base di liste, composte da un numero di candidati non superiore al numero dei consiglieri eleggere e non inferiore alla meta' degli stessi, sottoscritte da almeno il 5% degli aventi diritto al voto (art. 1, comma 70).

Il modello di Governo di secondo grado adottato dalla legge n. 56 del 2014 ha superato il vaglio di costituzionalita' (sentenza n. 56 del 2014). La normativa statale in esame costituisce, come detto, principio di grande riforma economica e sociale per le Regioni a statuto speciale, ai sensi del comma 5, ultimo periodo, dell'art. 1 della legge n. 56 del 2014. E non vi e' dubbio che la Regione siciliana nell'esercizio della potesta' primaria e' tenuta al rispetto delle norme di grande riforma economico-sociale (cfr., ad es., le sentenze n. 21 del 1978, n. 385 del 1991 e n. 153 del 1995 e da ultimo sentenza n. 93 del 2017).

Le norme regionali sospettate, nell'introdurre l'elezione diretta del Consiglio del libero Consorzio comunale e del suo Presidente, appaiono in evidente distonia con le disposizioni statali sopra richiamate, tanto da rivelarsi inconciliabili con il modello recentemente varato dal legislatore nazionale per l'istituzione e la disciplina dell'ente territoriale di area vasta fondate appunto sull'elezione di secondo grado degli organi di Governo.

Le disposizioni censurate esorbitano, del resto, dal perimetro della potesta' legislativa esclusiva riconosciuta alla Regione Sicilia sul regime degli enti locali [art. 14, lettera o) e art. 15 dello Statuto]; potesta' sicuramente meno ampia di quella riconosciuta alla Regione in tema di elezioni all'Assemblea regionale (sentenza n. 162 del 1985 nonche' sentenze n. 20 del 1985 e n. 189 del 1971).

Nel delineare l'ambito della competenza primaria legislativa della Regione Siciliana, codesta Ecc.ma Corte ha precisato che attraverso l'esercizio di quella potesta' legislativa, specie in materie (come quella dell'elettorato passivo) in cui e' particolarmente avvertito il bisogno di una uniforme disciplina per tutti i cittadini e per tutto il territorio nazionale, la Regione non puo' dar vita a norme che comportino deroghe, non giustificate e non razionali, alla legislazione elettorale statale che sia conforme al dettato della Costituzione e delle leggi costituzionali (sentenza n.

108 del 1969).

Pur trattandosi di un'affermazione (risalente ma, a quanto consta, mai smentita) riguardante materia diversa da quella che ci occupa, vi e' che in essa, a giudizio di questa Difesa, si ritrova un principio applicabile anche nel caso specie. E' difficile, infatti, negare che le norme censurate contrastano frontalmente con il sistema di elezione degli organi di vertice degli enti territoriali di area vasta pensato dal legislatore statale poiche' esse introducono una deroga inconciliabile con il principio di ragionevolezza uguaglianza e di unita' di cui agli articoli 3 e 5 della Costituzione.

Le norme sospettate, per altro verso, appaiono incompatibili anche con l'art. 117, comma 2, lettera p) della Costituzione, norma che «indica le componenti essenziali dell'intelaiatura dell'ordinamento degli enti locali, per loro natura disciplinate da leggi destinate a durare nel tempo e rispondenti ad esigenze sociali ed istituzionali di lungo periodo, secondo le linee di svolgimento dei principi costituzionali nel processo attuativo delineato dal legislatore statale ed integrato da quelli regionali». (sentenza n.

220 del 2013).

L'elezione diretta del Consiglio del libero Consorzio comunale e del suo Presidente, dunque, si pone in chiara antitesi con il modello concepito dal legislatore statale, tanto da negare uno dei tratti fondamentali della riforma del 2014 che concepisce gli enti territoriali area vasta come enti rappresentativi di secondo grado.

Questi ultimi, nell'ordinamento statale, devono quindi essere espressione della rappresentativita' diretta e di primo grado dei comuni e non del corpo elettorale. Le disposizioni censurate, pertanto, nel prevedere l'elezione diretta degli organi di Governo del libero Consorzio comunale, finiscono per cancellare sostanzialmente in Sicilia gli enti territoriali di secondo grado violando cosi' le norme e i principi costituzionali sopra citati.

1.2. Inoltre, l'art. 3 della legge regionale n. 17/2017 prevede che il consiglio del libero Consorzio comunale sia composto dal Presidente del libero Consorzio comunale e da diciotto componenti nei liberi consorzi con popolazione residente fino a 300.000 abitanti e da venticinque componenti nei liberi consorzi con popolazione residente superiore a 300.000 ed inferiore a 600.000 abitanti.

Tale disposizione contrasta con le previsioni contenute nell'art.

1, comma 67, della legge n. 56/2014 che espressamente prevede un numero di componenti inferiore: «sedici componenti nelle province con popolazione superiore a 700.000 abitanti, dodici componenti nelle province con popolazione da 300.00 a 700.00 abitanti, dieci componenti nelle province con popolazione fino a 300.000 abitanti.».

Il semplice confronto tra le due disposizioni disvela l'ingiustificato incremento dei componenti del libero Consorzio comunale.

Anche sul punto si ravvisa un'irragionevole discrasia della disciplina regionale che si risolve un'inammissibile maggiorazione del numero dei componenti dell'organo di indirizzo politico e di controllo dell'ente di area vasta siciliano, discendente dalla scelta di affidare al popolo l'elezione diretta di quell'organo in violazione delle predette norme statutarie e dei precetti costituzionali innanzi richiamati.

Le norme indicate in rubrica, pertanto, vanno dichiarate costituzionalmente illegittime sia nella parte in cui prevedono l'elezione diretta del Consiglio del libero Consorzio comunale e del suo Presidente sia nella parte in cui alterano la composizione del Consiglio stesso, con un irrazionale aumento dei soggetti chiamati a farne parte, perche' rompono una omogeneita' politica, economica e sociale che deve essere assicurata su tutto il territorio della Repubblica, contravvenendo ai principi fondamentali di riforma contenuti nella legge statale, che pongono un limite alle prerogative legislative statutarie regionali, e ledendo anche la competenza legislativa esclusiva dello Stato.

Tali disposizioni, in definitiva, ponendosi in contrasto con i commi summenzionati dell'art. 1 della legge n. 56/2014, eccedono dalla competenza legislativa riconosciuta alla Regione Sicilia dagli articoli 14, comma 1, lettera o) e 15 nonche' 17 dello Statuto speciale e violano il principio di ragionevolezza uguaglianza e di unita' di cui agli articoli 3 e 5 della Costituzione nonche' l'art.

117, comma 2, lettera p) che riserva la competenza esclusiva allo Stato in materia di «organi di Governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Citta' metropolitane».

2) Articoli 2 e 4 della legge della Regione Sicilia n. 17/2017, per violazione dei principi di cui all'art. 1, commi 19 e seguenti nonche' 20, 22 e 25 della legge 7 aprile 2014 n. 56, in relazione agli articoli 3 e 5 nonche' l'art. 117, secondo comma, lettera p) della Costituzione e agli articoli 14, 15 e 17 dello Statuto regionale siciliano per contrasto con i principi e le norme fondamentali di riforma economico sociale della Repubblica.

2.1. L'art. 2 della legge regionale censurata (che sostituisce l'art. 13 della legge regionale n. 15/2015) e il successivo art. 4 (che modifica l'art. 14-bis della legge regionale n. 15/2015) prevedono rispettivamente che il Sindaco metropolitano non sia di diritto il sindaco del comune capoluogo ma venga eletto a suffragio universale e diretto dai cittadini iscritti nelle liste elettorali dei comuni appartenenti alla Citta' metropolitana contestualmente all'elezione del Consiglio metropolitano, anch'esso eletto a suffragio universale e diretto.

Tali disposizioni si pongono in frontale contrasto con l'art. 1, commi 19 e seguenti, della legge n. 56/2014, che prevedono espressamente che il sindaco metropolitano sia di diritto il sindaco del comune capoluogo. L'individuazione del sindaco metropolitano nel sindaco del comune capoluogo di provincia, invero, e' stata ritenuta anche da codesta Ecc.ma Corte non irragionevole in considerazione dell'importanza del comune capoluogo intorno al quale si aggrega la citta' metropolitana e della possibilita' dello statuto di optare per l'elezione diretta, seppure condizionata all'articolazione territoriale del comune capoluogo in piu' comuni (sentenza n. 50 del 2015), in ossequio anche al principio costituzionale di unita' di cui all'art. 5 della Costituzione.

Le norme censurate confliggono altresi' con l'art. 1, comma 25, della legge n. 56/2014, che prevede che il Consiglio metropolitano venga eletto dai sindaci e dai consiglieri comunali dei comuni della citta' metropolitana.

Preme al riguardo sottolineare che anche l'elezione diretta del Sindaco e del Consiglio metropolitano, per come concepita dal legislatore siciliano, rappresentano una palese antinomia con il modello statale.

Le norme censurate, da un lato, introducono un'inammissibile deroga alla scelta del legislatore statale - espressa con una normativa che costituisce principio di grande riforma economica e sociale per le Regioni a statuto speciale, - di far coincidere diritto il sindaco della citta' metropolitana con il sindaco del comune capoluogo e, dall'altro lato, finiscono per eliminare l'insopprimibile peculiarita' della riforma del 2014 che individua le citta' metropolitane come enti rappresentativi di secondo grado.

Di qui la violazione delle norme costituzionali in rubrica [art.

3, 5 e 117, secondo comma, lettera p) Cost.] con il superamento dei limiti della competenza legislativa primaria della Regione come illustrato al superiore punto 1.1.

E' apprezzabile, inoltre, il contrasto delle norme regionali denunciate con l'art. 1, comma 22, della legge n. 56/2014 a tenore del quale lo statuto della citta' metropolitana puo' prevedere l'elezione diretta del sindaco e del consiglio metropolitano con il sistema elettorale che sara' determinato con legge statale. La norma in commento pone, quale condizione necessaria, affinche' si possa far luogo ad elezione del sindaco e del consiglio metropolitano a suffragio universale, che entro la data di indizione delle elezioni si sia proceduto ad articolare il territorio del comune capoluogo in piu' comuni, con deliberazione del consiglio comunale a maggioranza assoluta dei suoi componenti sottoposta a referendum tra tutti i cittadini della citta' metropolitana e approvata dalla maggioranza dei partecipanti al voto. E prevede, altresi', che sia necessariamente approvata la legge regionale di istituzione dei nuovi comuni.

La norma sopra citata, dunque, esprime l'ulteriore scelta del legislatore statale che ha lasciato alla potesta' statutaria della citta' metropolitana (e non delle regione) la possibilita' di prevedere l'elezione diretta del sindaco e del consiglio metropolitano con il sistema elettorale che sara' determinato con legge dello Stato e ha dettato una serie di ulteriori condizioni che devono osservate per addivenire all'elezione a suffragio universale dei predetti organi.

E' innegabile, allora l'ulteriore contrasto delle norme censurate, che configurano l'elezione diretta del Sindaco e del Consiglio metropolitano, con la disposizione statale da ultimo citata anch'essa espressiva di principi di grande riforma economica e sociale.

2.2. Ancora, l'art. 4 della legge regionale n. 17/2017 prevede che il Consiglio metropolitano sia composto dal sindaco metropolitano e da trenta componenti nelle citta' metropolitane con popolazione residente fino a 800.000 abitanti e da trentasei componenti nelle citta' metropolitane con popolazione residente superiore a 800.000 abitanti.

Tale disposizione confligge con le previsioni contenute nell'art.

1, comma 20 della legge n. 56/2014 che espressamente prevede un numero di componenti inferiore: «a) ventiquattro consiglieri nelle citta' metropolitane con popolazione residente superiore a 3 milioni di abitanti; b) diciotto consiglieri nelle citta' metropolitane con popolazione residente superiore a 800.000 e inferiore o pari a 3 milioni di abitanti; c) quattordici consiglieri nelle altre citta' metropolitane.».

Dal raffronto delle due disposizioni traspare l'ingiustificato incremento dei componenti del Consiglio metropolitano.

Si ravvisa, anche in questo caso, un'irragionevole discrepanza tra la disciplina statale e quella regionale che si risolve un'inammissibile maggiorazione del numero dei componenti dell'organo di indirizzo politico e di controllo del Consiglio metropolitano discendente, come si e' visto al superiore punto 1.2., dalla scelta di affidare al popolo l'elezione diretta di quell'organo in violazione delle predette norme statutarie e dei precetti costituzionali innanzi richiamati.

Le norme indicate in rubrica, pertanto, vanno dichiarate costituzionalmente illegittime sia nella parte in cui prevedono l'elezione diretta del Sindaco e del Consiglio metropolitano sia nella parte in cui alterano la composizione del Consiglio stesso, con un irrazionale aumento dei soggetti chiamati a farne parte, perche' anch'esse rompono una omogeneita' politica, economica e sociale che deve essere assicurata su tutto il territorio della Repubblica, contravvenendo ai principi fondamentali di riforma contenuti nella legge statale, che pongono un limite alle prerogative legislative statutarie regionali, e ledendo anche la competenza legislativa esclusiva dello Stato.

Tali disposizioni, in definitiva, oltre a porsi in contrasto con i commi summenzionati dell'art. 1 della legge n. 56/2014, eccedono dalla competenza legislativa riconosciuta alla Regione Sicilia dagli articoli 14, comma 1, lettera o) e 15 nonche' 17 dello Statuto speciale e violano il principio di ragionevolezza uguaglianza e di unita' di cui agli articoli 3 e 5 della Costituzione nonche' l'art.

117, comma 2, lettera p) che riserva la competenza esclusiva allo Stato in materia di «organi di Governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Citta' metropolitane».

3) Art. 6 della legge della Regione Sicilia n. 17/2017, per violazione dell'art. 1, commi 24 e 84 della legge 7 aprile 2014 n.

56, in relazione agli articoli 3 e 5 nonche' all'art. 117, terzo comma, della Costituzione e agli articoli 14, 15 e 17 dello Statuto regionale siciliano per contrasto con i principi e le norme fondamentali di riforma economico sociale della Repubblica e con i principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica.

L'art. 6 della legge regionale n. 17/2017 (che sostituisce l'art.

20 della legge regionale n. 15/2015) individua le indennita' per le cariche di Presidente del libero Consorzio comunale e per il Sindaco metropolitano, mentre i componenti del Consiglio del libero consorzio comunale e del Consiglio metropolitano esercitano le loro funzioni a titolo gratuito.

Al riguardo, si fa presente che la predetta norma contrasta con la disciplina di cui all'art. 1, commi 84 e 24, della legge n.

56/2014, secondo cui gli incarichi di presidente della provincia, di consigliere provinciale e di componente dell'assemblea dei sindaci ed, altresi', di sindaco metropolitano, di consigliere metropolitano e di componente della conferenza metropolitana sono esercitati a titolo gratuito.

Cio' posto, l'articolo in esame non appare in linea con la vigente normativa nazionale in materia di razionalizzazione dei costi degli enti locali, tenuto conto che la gratuita' degli incarichi espletati in applicazione dell'art. 1, commi 84 e 24, della legge n.

56/2014 persegue l'obiettivo di ridurre la spesa pubblica corrente per il funzionamento degli organismi di area vasta attraverso una disciplina uniforme.

La disposizione censurata si pone, altresi', in contrasto con il comma terzo dell'art. 117 della Costituzione, nell'ottica del coordinamento della finanza pubblica, cui la Regione, pur nel rispetto della sua autonomia, non puo' derogare.

La disciplina regionale in commento, dettata per le indennita' da riconoscere a chi ricopre le cariche in parola, non e' in linea con la vigente normativa nazionale in materia di razionalizzazione dei costi degli enti locali. Va rilevato, infatti, che uno degli assi portanti anche sul piano politico della nuova organizzazione degli enti locali - province e citta' metropolitane - ed uno dei motivi addotti a favore della elezione indiretta dei rispettivi organi, e' appunto la gratuita' delle relative cariche.

Gratuita', si ricorda, che si giustifica anche e soprattutto con il fatto che i titolari di incarichi elettivi indiretti nelle province e nelle citta' metropolitane rivestono negli enti di provenienza e di appartenenza incarichi che gia' godono di remunerazione. Il che, oltretutto, si manifesta di maggiore evidenza negativa sul piano del contenimento della spesa all'interno della finanza pubblica quando si osservi che la legge regionale siciliana ha aumentato il numero dei componenti degli organi di Governo rispetto alla previsione della legge statale. Alla moltiplicazione dei componenti degli organi in questione dunque segue una moltiplicazione dell'esborso pubblico.

La norma in rubrica pertanto e' costituzionalmente illegittima e va dichiarata tale.

4) Art. 7 della legge della Regione Sicilia n. 17/2017, per violazione dei principi di cui all'art. 1, commi 19 e seguenti nonche' commi 58 e seguenti della legge 7 aprile 2014 n. 56, in relazione agli articoli 3 e 5 nonche' all'art. 117, secondo comma, lettera p) della Costituzione nonche' agli articoli 14, 15 e 17 dello Statuto regionale siciliano per contrasto con i principi e le norme fondamentali di riforma economico sociale della Repubblica.

L'art. 7, commi 1 e 2, modifica gli articoli 1, comma 3, 7, comma 1, 14, 19 commi 1 e 2, e 51 della legge regionale n. 15/2015.

La predetta disposizione regionale disciplina in materia di cessazione degli organi (comma 1) degli enti di area vasta e congiuntamente detta disposizioni in materia di gestione commissariale di tali enti (comma 2), nelle more dell'insediamento degli organi dei liberi Consorzi comunali e delle Citta' metropolitane, eletti a suffragio universale e diretto secondo le disposizioni degli articoli sopra denunciati.

La norma in commento, e' dunque censurabile in correlazione a quanto sopra esplicitato e per le motivazioni esposte ai superiori punti 1. e 2. del presente atto perche' contrasta con i commi 19 e seguenti nonche' con i commi 58 e seguenti dell'art. 1 della legge n.

56/2014, eccedendo dalla competenza legislativa riconosciuta alla Regione Sicilia dagli articoli 14, comma 1, lettera o) e 15 nonche' 17 dello Statuto speciale e violando il principio di ragionevolezza uguaglianza e di unita' di cui agli articoli 3 e 5 della Costituzione nonche' l'art. 117, comma 2, lettera p) che riserva la competenza esclusiva allo Stato in materia di «organi di Governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Citta' metropolitane».

Per questi motivi le norme regionali censurate meritano di essere dichiarate costituzionalmente illegittime ai sensi dell'art. 127 della Costituzione.

Le censure sopra illustrate dimostrano come le norme regionali denunciate, nel prevedere l'elezione diretta degli organi di Governo degli enti territoriali di area vasta, creano un'insanabile conflitto con il modello statale contemplato dalla legge n. 56/2014. Le predette disposizioni, come detto, violano manifestamente le norme e i principi costituzionali innanzi citati arrecando un'evidente frattura dell'omogeneita' politica, economica e sociale che deve essere assicurata su tutto il territorio nazionale.

L'esecuzione, anche parziale, della legge regionale impugnata rischia dunque di arrecare irreparabile pregiudizio all'ordinamento giuridico della Repubblica, oltre che all'interesse pubblico coinvolto.

In punto di periculum in mora si osserva, altresi', che il temuto pregiudizio e' apprezzabile all'attualita' in tutta la sua gravita'.

Si e' appreso infatti, da notizie di stampa, che il Presidente della Regione siciliana ha nominato i commissari straordinari per le citta' metropolitane di Palermo, Catania e Messina, applicando quindi la legge regionale n. 17/2017. Sussiste, pertanto, una lesione permanente e attuale delle norme e dei principi costituzionali violati che e' suscettibile di ulteriore aggravamento qualora la legge impugnata fosse portata ad ulteriore esecuzione.

Alla luce delle superiori considerazioni, si ritiene che ricorrano le gravi ragioni che giustificano la sospensione dell'efficacia della legge regionale in esame, ai sensi dell'art. 35 della legge n. 87/1953, cosi' come modificato dalla legge n.

131/2003.

 

P.Q.M.

 

Il Presidente del Consiglio dei ministri, come sopra rappresentato e difeso, chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale, previa sospensione, ai sensi dell'art. 35 della legge n. 87/1953, dell'esecuzione delle norme censurate con la presente impugnativa, voglia dichiarare costituzionalmente illegittimi gli articoli 1, 2, 3, 4, 6, 7 nonche' il correlato art. 5 della legge della Regione Sicilia dell'11 agosto 2017, n. 17.

Con l'originale notificato del presente atto si depositano l'estratto della determinazione del Consiglio dei ministri del 13 ottobre 2017 con allegata relazione del Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie.

Roma, 26 ottobre 2017

L'Avvocato dello Stato: Marrone