RICORSO N. 13 DEL 15 FEBBRAIO 2018 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 15 febbraio 2018.

(GU n. 12 del 21.3.2018)

 

Ricorso ex art. 127 Cost. del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, e domiciliato per legge   Contro la Regione Lombardia, in persona del Presidente in carica, con sede a Milano, Piazza Citta' di Lombardia, 1 per la declaratoria della illegittimita' costituzionale giusta deliberazione del Consiglio dei Ministri assunta nella seduta del giorno 8 febbraio 2018, degli artt. 10, comma 1, lett. d), n. 9 e 2, comma 1, lett. b) della legge della Regione Lombardia 12 dicembre 2017, n. 36 pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Lombardia n. 50 del 15 dicembre 2017

 

Premessa

 

In data 15 dicembre 2017, sul Supplemento n. 50 del Bollettino ufficiale della Regione Lombardia, e' stata pubblicata la legge regionale 12 dicembre 2017, n. 36, intitolata «Diposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento regionale ai decreti legislativi n.

126 / 2016, n, 12712016, n. 22212016 e n. 10412017, relative alla disciplina della conferenza dei servizi, ai regimi amministrativi applicabili a determinate attivita' e procedimenti e a ulteriori misure di razionalizzazione».

Come risulta dal titolo e dal richiamo ai decreti legislativi n.

126/2016, n. 127/2016, n. 222/2016 e n. 104/2017, la legge contiene disposizioni volte ad adeguare l'ordinamento regionale alla normativa statale in materia di segnalazione certificata di inizio attivita' (SCIA), conferenza di servizi, definizione dei regimi amministrativi applicabili a determinate attivita' e procedimenti, valutazione dell'impatto ambientale di progetti pubblici e privati (VIA) nonche' ulteriori misure di razionalizzazione.

In particolare, l'art. 10, comma 1, lett. d), n. 9, aggiungendo il comma 6-ter all'art. 4 della legge regionale 2 febbraio 2010, n. 5 - recante «Norme in materia di valutazione di impatto ambientale» prevede, con riferimento al relativo procedimento, che «qualora per l'approvazione degli interventi in progetto o per l'espressione di atti di assenso, comunque denominati, la determinazione da assumere in conferenza di servizi presupponga o implichi anche l'adozione di un provvedimento di competenza di un organo di indirizzo politico, si applica quanto previsto all'articolo 13, comma 1-quater, della l.r.

1/2012».

A sua volta, l'art. 13, comma 1-quater, della legge regionale 1 febbraio 2012, n. 1, inserito nel corpo di quest'ultima dall'art. 2, comma 1, lett. b) della medesima legge regionale n. 36/2017, prevede che «Qualora la determinazione da assumere in conferenza di servizi presupponga o implichi anche l'adozione di un provvedimento di competenza di un organo di indirizzo politico, tale provvedimento e' acquisito prima della convocazione della conferenza di servizi o successivamente alla determinazione motivata di conclusione della stessa conferenza. In caso di acquisizione successiva del provvedimento di cui al precedente periodo, l'efficacia della determinazione di conclusione della conferenza di servizi e' sospesa nelle more della formalizzazione dello stesso provvedimento».

Le norme di cui all'art. 10, comma 1, lett. d), n. 9 - che aggiunge il comma 6-ter all'art. 4 della l.r. n. 5/2010 - e all'art.

2, comma 1, lett. b) della l.r. n. 36/2017 - che inserisce il comma 1-quater dopo il comma 1 dell'art. 13 della l.r. n. 1/2012 - sono costituzionalmente illegittime perche', delineando un modello di procedimento parzialmente difforme da quello previsto dalle leggi statali, eccedono le competenze regionali invadendo la competenza legislativa esclusiva dello Stato nelle materie di cui agli artt.

117, comma 2, lett. m) e s), Cost..

Le richiamate disposizioni regionali vengono percio' impugnate con il presente ricorso ex art. 127 Cost. affinche' ne sia dichiarata l'illegittimita' costituzionale e ne sia pronunciato il conseguente annullamento per i seguenti

 

Motivi di diritto

 

1. L'illegittimita' costituzionale degli artt. 10, comma 1, lett. d), n. 9 e 2, comma 1, lett. b) della legge regionale Lombardia n.

36/2017 per violazione dell'art. 117, comma 2, lett. s), Cost.

1. Le disposizioni indicate in rubrica, nella parte in cui prevedono che, «in caso di acquisizione successiva» di un provvedimento di competenza di un organo di indirizzo politico, «l'efficacia della determinazione di conclusione della conferenza di servizi e' sospesa nelle more della formalizzazione dello stesso provvedimento», introducono nel procedimento di valutazione dell'impatto ambientale una «fase integrativa dell'efficacia» della determinazione motivata di conclusione della conferenza di servizi che non trova rispondenza nella disciplina statale in materia ambientale.

Per l'ipotesi di omessa previa acquisizione del provvedimento di competenza dell'organo di indirizzo politico, il modello procedimentale previsto dalle disposizioni regionali impugnate, difatti, da un lato, preclude la formazione del silenzio assenso in sede di conferenza di servizi, dall'altro, impedisce alla determinazione conclusiva della conferenza di servizi di sostituirsi a tutti gli atti di assenso non acquisiti e di produrre immediati effetti giuridici.

2. Tale modello procedimentale, incidendo sui procedimenti di valutazione di impatto ambientale, si traduce quindi, e in primo luogo, in un'invasione della sfera di competenza legislativa che l'art. 117, comma 2, lett. s) Cost. riserva allo Stato in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema.

La valutazione di impatto ambientale (Corte cost. n. 117 del 2015) e, comunque, il procedimento autorizzatorio unico regionale ricadono infatti nell'ambito della competenza esclusiva statale in tema di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema di cui all'art. 117, comma 2, lett. s) Cost.: le leggi regionali sono percio' abilitate ad intervenire in materia solo se e nella misura in cui esse rispettino i limiti inderogabilmente posti dal legislatore statale al potere normativo di dettaglio delle regioni le quali, nella materia de qua - e' bene ricordarlo - non dispongono di autonoma potesta' legislativa, ne esclusiva ne concorrente.

Come precisato da codesta Ecc.ma Corte (sentenza n. 300 del 2013), infatti, rientrando la tutela dell'ambiente nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, le disposizioni legislative statali adottate in tale ambito fungono da limite alla disciplina regionale, potendo le regioni, anche a statuto speciale, nei settori di loro competenza, soltanto incrementare i livelli della tutela ambientale, senza pero compromettere il punto di equilibrio tra esigenze contrapposte espressamente individuato dalle norme dello Stato (sentenze n. 145 e n. 58 del 2013, n. 66 del 2012, n. 225 del 2009).

Ne deriva che le regioni possono legiferare, come s'e' detto, esclusivamente nei limiti fissati dal legislatore statale e, per quanto qui rileva, entro quelli stabiliti dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (sentenze n. 93 del 2013, n. 227 del 2011, n. 186 del 2010).

Alla stregua delle previsioni in esame, occorre quindi verificare se la disciplina introdotta dall'art. 2, comma 1, lett. b) e dall'art. 10, comma 1, lett. d), n. 9 cit., possa ritenersi rispettosa dei limiti fissati dal d.lgs. n. 152/2006.

La risposta e' negativa.

Al riguardo, la vigente normativa statale, come modificata dal d.lgs. 16 giugno 2017, n. 104, prevede - art. 7-bis, comma 8, del d.lgs. n. 152 del 2006 - che «le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con proprie leggi o regolamenti l'organizzazione e le modalita' di esercizio delle funzioni amministrative ad esse attribuite in materia di VIA, nonche' l'eventuale conferimento di tali funzioni o di compiti specifici agli altri enti territoriali sub-regionali», e che tale potesta' normativa va «esercitata (...) nel rispetto di quanto previsto nel presente decreto - il d.lgs. n. 152/2006: n.d.r. - «fatto salvo il potere di stabilire regole particolari ed ulteriori per la semplificazione dei procedimenti, per le modalita' della consultazione del pubblico e di tutti i soggetti pubblici potenzialmente interessati, per il coordinamento dei provvedimenti e delle autorizzazioni di competenza regionale e locale, nonche' per la destinazione alle finalita' di cui all'articolo 29, comma 8, dei proventi derivanti dall'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie»: si prevede infine che «in ogni caso non sono derogabili i termini procedimentali massimi di cui agli articoli 19 e 27-bis».

A sua volta, l'art. 27-bis del d.lgs. n. 152/2006 disciplina il procedimento che deve essere seguito per addivenire al provvedimento autorizzatorio unico regionale.

Per quanto piu' interessa nella presente sede, il comma 7 di tale disposizione prevede che «Fatto salvo il rispetto dei termini previsti dall'articolo 32 per il caso di consultazioni transfrontaliere, entro dieci giorni dalla scadenza del termine di conclusione della consultazione ovvero dalla data di ricevimento delle eventuali integrazioni documentali, l'autorita' competente convoca una conferenza di servizi alla quale partecipano il proponente e tutte le Amministrazioni competenti o comunque potenzialmente interessate per il rilascio del provvedimento di VIA e dei titoli abilitativi necessari alla realizzazione e all'esercizio del progetto richiesti dal proponente. La conferenza di servizi e convocata in modalita' sincrona e si svolge ai sensi dell'articolo 14-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241. Il termine di conclusione della conferenza di servizi e di centoventi giorni decorrenti dalla data di convocazione dei lavori. La determinazione motivata di conclusione della conferenza di servizi costituisce il provvedimento autorizzatorio unico regionale e comprende il provvedimento di VIA e i titoli abilitativi rilasciati per la realizzazione e l'esercizio del progetto, recandone l'indicazione esplicita. Resta fermo che la decisione di concedere i titoli abilitativi di cui al periodo precedente e' assunta sulla base del provvedimento di VIA, adottato in conformita' all'articolo 25, commi 1, 3, 4, 5 e 6, del presente decreto».

L'art. 14-ter, l. n. 241/1990, richiamato dall'art. 27-bis cit., prevede a sua volta che «1. La prima riunione della conferenza di servizi in forma simultanea e in modalita' sincrona si svolge nella data previamente comunicata ai sensi dell'articolo 14-bis, comma 2, lettera d), ovvero nella data fissata ai sensi dell'articolo 14-bis, comma 7, con la partecipazione contestuale, ove possibile anche in via telematica, dei rappresentanti delle amministrazioni competenti.

2. I lavori della conferenza si concludono non oltre quarantacinque giorni decorrenti dalla data della riunione di cui al comma 1. Nei casi di cui all'articolo 14-bis, comma 7, qualora siano coinvolte amministrazioni preposte tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, il termine e' fissato in novanta giorni. Resta fermo l'obbligo di rispettare il termine finale di conclusione del procedimento.

3. Ciascun ente o amministrazione convocato alla riunione e rappresentato da un unico soggetto abilitato ad esprimere definitivamente e in modo univoco e vincolante la posizione dell'amministrazione stessa su tutte le decisioni di competenza della conferenza, anche indicando le modifiche progettuali eventualmente necessarie ai fini dell'assenso.

4. Ove alla conferenza partecipino anche amministrazioni non statali, le amministrazioni statali sono rappresentate da un unico soggetto abilitato ad esprimere definitivamente in modo univoco e vincolante la posizione di tutte le predette amministrazioni, nominate, anche preventivamente per determinate materie a determinati periodi di tempo, dal Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, ove si tratti soltanto di amministrazioni periferiche, dal Prefetto. Ferma restando l'attribuzione del potere di rappresentanza al suddetto soggetto, le singole amministrazioni statali possono comunque intervenire ai lavori della conferenza in funzione di supporto. Le amministrazioni di cui all'articolo 14-quinquies, comma 1, prima della conclusione dei lavori della conferenza, possono esprimere al suddetto rappresentante il proprio dissenso ai fini di cui allo stesso comma.

5. Ciascuna regione e ciascun ente locale definisce autonomamente le modalita' di designazione del rappresentante unico di tulle le amministrazioni riconducibili alla stessa regione o allo stesso ente locale nonche' l'eventuale partecipazione delle suddette amministrazioni ai lavori della conferenza.

6. Alle riunioni della conferenza possono essere invitati gli interessati, inclusi i soggetti proponenti il progetto eventualmente dedotto in conferenza.

7. All'esito dell'ultima riunione, e comunque non oltre il termine di cui al comma 2, l'amministrazione procedente adotta la determinazione motivata di conclusione della conferenza, con gli effetti di cui all'articolo 14-quater, sulla base delle posizioni prevalenti espresse dalle amministrazioni partecipanti alla conferenza tramite i rispettivi rappresentanti. Si considera acquisito l'assenso senza condizioni delle amministrazioni il cui rappresentante non abbia partecipato alle riunioni ovvero, pur partecipandovi non abbia espresso ai sensi del comma 3 la propria posizione ovvero abbia espresso un dissenso non motivato o riferito a questioni che non costituiscono oggetto della conferenza.»   Il modello procedimentale delineato dalla legislazione statale in materia di valutazione dell'impatto ambientale, come risultante dal combinato disposto di cui agli artt. 7-bis e 27-bis d.lgs. n.

152/2006 e 14-ter l. n. 241/1990, dunque, da un lato, impone, anche attraverso la formazione del silenzio assenso, l'acquisizione preventiva di tutti gli atti di assenso comunque denominati occorrenti per la conclusione del procedimento amministrativo; dall'altro, attribuisce alla determinazione conclusiva carattere sostitutivo (di tutti gli atti di assenso richiesti dalla disciplina di settore) e immediata efficacia.

Il modulo procedimentale risultante dal combinato disposto degli artt. 2, comma 1, lett. b) e 10, comma 1, lett. d), n. 9 della legge della Regione Lombardia n. 36/2017, nella parte in cui prevede che «in caso di acquisizione successiva» di un provvedimento di competenza di un organo di indirizzo politico «l'efficacia della determinazione di conclusione della conferenza di servizi e' sospesa nelle more della formalizzazione dello stesso provvedimento», delinea, invece, un modello procedimentale in materia ambientale parzialmente diverso e incompatibile con quello regolato dall'art. 27 -bis d.lgs. n. 152/2006 (che a sua volta rinvia all'art. 14-ter l. n.

241/1990), dettando pertanto una disciplina in parte qua contrastante con quella statale vigente in materia e di specifica ed esclusiva competenza legislativa dello Stato.

In particolare, le disposizioni regionali prevedono:   - una sorta di «fase integrativa dell'efficacia» della determinazione motivata di conclusione della conferenza di servizi del tutto estranea al modello di procedimento delineato dal legislatore statale all'art 27-bis del d.lgs. n. 152/2006, senza che cio', per di piu', corrisponda in alcun modo ad un fine di semplificazione procedimentale, rappresentando anzi una complicazione ed un aggravamento del procedimento amministrativo unicamente inteso a sovvenire at ritardo con il quale l'organo di indirizzo politico adotta il provvedimento di sua competenza;   - una ulteriore fase del procedimento - per il completamento della quale non e' neppure previsto un termine finale - che, superando i termini procedimentali massimi stabiliti dalla legge statale, elude e viola la scansione temporale ivi prevista la quale, al contrario, e', come s'e' visto, esplicitamente qualificata come inderogabile dall'art. 7-bis, comma 8, del d.lgs. n. 152 del 2006.

Sotto il primo profilo, infatti, consentendo l'acquisizione successiva dei provvedimenti di competenza dell'organo di indirizzo politico, le disposizioni all'esame ignorano - di fatto escludendone l'operativita' - gli istituti di semplificazione procedimentale previsti nell'ambito del modello di conferenza di servizi delineato dalla legislazione statale.

In particolare, la disciplina regionale, in caso di omessa previa acquisizione di provvedimenti di competenza dell'organo di indirizzo politico, impedisce la formazione del silenzio assenso escludendo che la determinazione conclusiva della conferenza di servizi possa sostituirsi ai provvedimenti di competenza dell'organo di indirizzo politico non previamente acquisiti e, comunque, possa produrre, (anche) in loro assenza, immediati effetti giuridici.

Sotto il secondo profilo, riguardante i limiti temporali fissati dalla legislazione statale, la disciplina regionale, sospendendo l'efficacia della determina conclusiva della conferenza di servizi nelle more della formalizzazione dell'atto di competenza dell'organo di indirizzo politico, viola frontalmente il disposto dell'art. 7 -bis, comma 8, del d.lgs. n. 152 del 2006, derogando ai termini procedurali fissati dall'art. 27 -bis d.lgs. n. 152/2006.

Ne deriva, quindi, che le disposizioni della legge regionale qui impugnate violano i limiti che l'art. 7-bis, comma 8, del d.lgs. n.

152 del 2006 assegna alla potesta' normativa regionale in materia, contrastando specificamente con le previsioni contenute nel successivo art. 27 -bis, comma 7, del citato decreto legislativo, sia sotto il profilo procedimentale che sotto quello temporale.

Ne discende percio' che, incidendo tali previsioni sulla materia della tutela dell'ambiente e considerato che la Regione Lombardia ha esorbitato dai limiti fissati dal legislatore statale all'art. 7-bis, comma 8, del d.lgs. n. 152/2006, le disposizioni di cui agli art. 10, comma 1, lett. d), n. 9 e 2, comma 1, lett. b) della legge della Regione Lombardia 12 dicembre 2017, n. 36 sono - e devono essere dichiarate - costituzionalmente illegittime perche', in violazione dell'art. 117, comma 2, lett. s) Cost., invadono la sfera di competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema.

2. L'illegittimita' costituzionale degli artt. 10, comma 1, lett. d), n. 9 e 2, comma 1, lett. b) della legge regionale Lombardia n.

36/2017 per violazione dell'art. 117, comma 2, lett. m) Cost..

Le disposizioni impugnate risultano altresi' costituzionalmente illegittime perche', configurando un procedimento di valutazione di impatto ambientale «aggravato» rispetto a quello previsto dalla legislazione statale, invadono pure la sfera di competenza legislativa esclusiva statale di cui all'art. 117, comma 2, lett. m), Cost..

La previsione di un modello procedimentale di conferenza di servizi diverso e incompatibile con quello delineato dal legislatore statale si traduce infatti nella contestuale indebita invasione della competenza esclusiva statale in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale di cui all'art. 117, comma 2, lett. m), Cost..

Come precisato da codesta Ecc.ma Corte, difatti, la conferenza di servizi «costituisce, in generale, uno strumento di semplificazione procedimentale e di snellimento dell'azione amministrativa (sentenze n. 348 e n. 62 del 1993; n. 37 del 1991; cfr. anche sentenza n. 79 del 1996)» (Corte cost., sentenza n. 336 del 2005), afferendo, come tale, alla competenza legislativa esclusiva statale ex art. 117, comma 2, lett. m), Cost..

Come insegna codesto Ecc.mo Collegio, la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali non costituisce infatti una «materia» in senso stretto, configurando invece una competenza del legislatore statale di carattere trasversale, suscettibile di investire tutte le materie in relazione alle quali si avverta l'esigenza di assicurare un uniforme godimento, sul territorio nazionale, di prestazioni garantite, non limitabile o condizionabile dal legislatore regionale (cosi' Corte cost. n. 62 del 2013).

Pertanto, posto che, come parimenti precisato da codesta Corte (sentenza n. 207 del 2012), anche l'attivita' amministrativa - e, quindi, pure i procedimenti attraverso i quali quella si svolge - puo' qualificarsi come «prestazione» in relazione alla quale emerge l'esigenza di fissare un «livello essenziale» a fronte di specifiche pretese di individui, imprese, operatori economici ed, in generale, di soggetti privati, devono ritenersi rientrare nella competenza legislativa esclusiva statale ex art. 117, comma 2, lett. m) Cost.

anche i moduli procedimentali destinati, come nella specie, a soddisfare specifiche esigenze di semplificazione amministrativa.

Anche in tali ambiti, difatti, emerge l'esigenza di fissare regole procedimentali uniformi a livello nazionale, operanti in ogni contesto geografico regionale, insuscettibili di essere limitate o condizionate dal legislatore regionale.

Alla stregua delle osservazioni svolte, posto che la conferenza dei servizi costituisce un modulo procedimentale di semplificazione amministrativa e, come tale, rientra nella competenza legislativa esclusiva statale di cut all'art. 117, comma 2, lett. m) Cost., emergendo l'esigenza di assicurare in relazione a tale «prestazione amministrativa» uno standard di garanzia e tutela del singolo uniforme a livello territoriale, devono ritenersi illegittime le disposizioni regionali impugnate le quali non soltanto introducono modifiche incompatibili con lo schema tipico delineato dal legislatore statale ma, soprattutto, stabiliscono regole che si risolvono in un palese aggravio del procedimento di valutazione dell'impatto ambientale a tutto detrimento delle esigenze di semplificazione e accelerazione procedimentale.

Le previsioni regionali impugnate, prevedendo un procedimento di autorizzazione unica regionale incentrato su un modello di conferenza di servizi «aggravato», in cui - a fronte dell'omessa previa acquisizione dei provvedimenti di competenza dell'organo di indirizzo politico - si impedisce la formazione del silenzio assenso e, nel contempo, e per l'effetto, si esclude che la determinazione conclusiva della conferenza di servizi assuma natura sostitutiva degli atti di assenso mancanti e possa produrre immediati effetti giuridici, violano quindi anche l'art. 117, comma 2, lett. m) Cost.

invadendo la competenza esclusiva dello Stato in materia di definizione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.

Come osservato supra, l'art. 27 -bis d.lgs. n. 152/2006, rinviando all'art. 14-ter 1. n. 241/1990, delinea infatti un modello di conferenza di servizi incentrato, sul piano procedimentale, da un lato, sulla formazione del silenzio assenso, il quale presuppone l'acquisizione preventiva (anche) di tutti gli atti di assenso non espressi o, comunque, non motivati; e, dall'altro, sull'attribuzione alla determinazione conclusiva del carattere di atto sostitutivo (di tutti gli atti di assenso richiesti dalla disciplina di settore) ed immediatamente efficace.

La disciplina contenuta negli artt. 10, comma 1, lett. d), n. 9 e 2, comma 1, lett. b) l.r. n. 36/2017 configura, invece, un modulo procedimentale differente e incompatibile con quello regolato dalla disciplina statale.

Difatti, da un lato, prevede la possibilita' di acquisire alcuni degli atti di assenso richiesti dalla normativa di settore - in specie, i provvedimenti di competenza di organi di indirizzo politico - dopo la determinazione motivata di conclusione della conferenza di servizi, senza peraltro prevedere un termine entro il quale tali atti debbano essere assunti nell'ambito del procedimento; dall'altro, prevede - per il caso di omessa previa acquisizione dell'atto di assenso di spettanza dell'organo di indirizzo politico - la sospensione automatica dell'efficacia della determinazione di conclusione della conferenza di servizi per tutto il tempo occorrente alla formalizzazione del provvedimento mancante.

In tale modo, il legislatore regionale ha, come s'e' detto, dettato una disciplina del procedimento divergente da quella statale, violando, in particolare:   - le previsioni statali in tema di silenzio assenso in sede di conferenza di servizi (art. 14-ter, ultimo comma, l. n. 241/1990, richiamato dall'art. 27-bis, comma 7, d.lgs. n. 152/2006), tenuto conto che l'omessa adozione del provvedimento di competenza dell'organo di indirizzo politico non equivale ad assenso ai fini della conclusione del procedimento, quando invece la disciplina statale considera acquisito, senza condizioni, l'assenso di tutte le amministrazioni il cui rappresentante non abbia partecipato alle riunioni ovvero, pur partecipandovi, non abbia espresso la propria posizione o, comunque, abbia espresso un dissenso non motivato o riferito a questioni non costituenti oggetto della conferenza: immotivatamente riservando agli organi di indirizzo politico un trattamento, sul piano procedimentale, diverso, differenziato e di favore rispetto a quello previsto per tutti gli altri organi e per tutte le altre amministrazioni che partecipano alla conferenza;   - le previsioni statali che attribuiscono natura sostitutiva alla determinazione conclusiva della conferenza di servizi, tenuto conto che, diversamente da quanto previsto dall'art. 27-bis, comma 7, d.lgs. n. 152/2006 (secondo cui «La determinazione motivata di conclusione della conferenza di servizi costituisce il provvedimento autorizzatorio unico regionale e comprende il provvedimento di VIA e i titoli abilitativi rilasciati per la realizzazione e l'esercizio del progetto, recandone l'indicazione esplicita»), la determinazione conclusiva prevista dalle disposizioni regionali gravate non sostituisce il provvedimento mancante dell'organo di indirizzo politico, occorrendo attendere la formalizzazione di questo perche' la decisione finale possa produrre effetti giuridici;   - le previsioni statali che attribuiscono alla determinazione conclusiva della conferenza di servizi immediata efficacia (al piu' derogabile, ove si ritenga applicabile l'art. 14-quater l. n.

241/1990, comunque non richiamato dall'art. 27-bis d.lgs. n.

152/2006, nelle ipotesi eccezionali in cui la decisione finale e assunta in presenza di dissensi qualificati ex artt. 14-quater, comma 3, e 14-quinques l. n. 241/1990 e, comunque, per il periodo utile all'esperimento dei rimedi oppositivi ivi previsti), tenuto conto che la determinazione regolata dalla disposizione regionale e invece sospesa nella propria efficacia fino alla formalizzazione del provvedimento di competenza dell'organo di indirizzo politico.

Ne deriva che il modello procedimentale statale, fondato sul silenzio assenso, sulla natura sostitutiva della determinazione conclusiva della conferenza di servizi e sulla sua immediata efficacia (come osservato, al piu' derogabile, ex art. 14-quater l.

n. 241/1990, in ipotesi eccezionali, comunque non riconducibili all'acquisizione postuma di atti di assenso non espressi nei termini), e radicalmente alterato dalla disposizione regionale impugnata che, invece:   - consente l'acquisizione postuma dei provvedimenti di assenso di competenza degli organi di indirizzo politico, con la conseguenza che per siffatti atti e impedita la formazione del silenzio assenso e negata la natura sostitutiva della determinazione conclusiva della conferenza di servizi; nonche'   - sospende (sine die) l'efficacia della determinazione conclusiva fintantoche' non venga formalizzato il provvedimento di competenza dell'organo di indirizzo politico, alterando cosi' il regime dell'immediata efficacia della determinazione conclusiva.

Le disposizioni regionali, quindi, aggravano sensibilmente il procedimento amministrativo rispetto al modello statale quale risultante dal combinato disposto degli artt. 27-bis d.lgs. n.

152/2006 e 14-ter l. n. 241/1990, impedendo che la conferenza di servizi in materia ambientale (procedimento autorizzatorio unico regionale), in caso di mancata acquisizione di provvedimenti di competenza degli organi di indirizzo politico, possa concludersi con una determinazione sostitutiva degli atti di assenso non acquisiti ed immediatamente efficace.

L'introduzione di una fase integrativa dell'efficacia della determina conclusiva della conferenza, fase peraltro priva di termine finale, discrimina quindi la posizione del singolo inciso dall'azione provvedimentale regionale lombarda, impedendogli, in violazione degli standard di tutela delineati a livello nazionale e uniformi su tutto il territorio della Repubblica, di ottenere una decisione amministrativa sostitutiva di tutti gli atti di assenso richiesti ed immediatamente efficace (o, comunque, al piu' sospesa nella propria efficacia soltanto nei casi eccezionali di dissenso qualificato ex art. 14-quater l. n. 241/1990 e per il periodo strettamente necessario per l'eventuale esperimento dei rimedi oppositivi da parte delle amministrazioni dissenzienti).

Attesa la compromissione delle esigenze di semplificazione e accelerazione procedimentale derivante dalle disposizioni regionali censurate e la conseguente violazione degli standard di tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali assicurati dal modulo procedimentale uniforme previsto, in funzione semplificatoria, dalla normativa statale in materia di valutazione dell'impatto ambientale (artt. 14 e ss. l. n. 241/1990 e norme richiamate e correlate), si insiste affinche' codesta Ecc.ma Corte costituzionale voglia annullare le disposizioni regionali censurate perche invasive, sotto i profili qui considerati, della sfera di competenza esclusiva riservata dall'art. 117, comma 2, lett.

m) Cost. alla legislazione statale.

 

P.Q.M.

 

Il Presidente del Consiglio dei Ministri chiede che codesta Ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare costituzionalmente illegittimi e conseguentemente annullare, per i motivi sopra indicati ed illustrati, gli artt. 2, comma 1, lett. b) e 10, comma 1, lett.

d), n. 9 della legge della Regione Lombardia 12 dicembre 2017, n. 36 pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Lombardia n. 50 del 15 dicembre 2017.

Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno i seguenti atti e documenti:   1. attestazione relativa alla approvazione, da parte del Consiglio dei Ministri nella riunione del giorno 8 febbraio 2018, della determinazione di impugnare la legge della Regione Lombardia 12 dicembre 2017, n. 36 secondo i termini e per le motivazioni di cui alla allegata relazione del Ministro per gli affari regionali e le autonomie;   2. copia della legge regionale impugnata pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Lombardia n. 50 del 15 dicembre 2017.

Con riserva di illustrare e sviluppare in prosieguo i motivi di ricorso anche alla luce delle difese avversarie.

Roma, 12 febbraio 2018

L'Avvocato dello Stato: De Luca

Il Vice Avvocato Generale dello Stato: Mariani