RICORSO N. 14 DEL 20 FEBBRAIO 2018 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 20 febbraio 2018.

(GU n. 12 del 21.3.2018)

 

Ricorso per la Presidenza del Consiglio dei ministri (c.f.

80188230587), in persona del Presidente del Consiglio attualmente in carica, rappresentata e difesa per mandato ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici ha domicilio in Roma, via dei Portoghesi 12, ricorrente;   Contro Regione autonoma Sardegna, in persona del Presidente attualmente in carica, resistente;   Per l'impugnazione e la dichiarazione di incostituzionalita' degli articoli 1, 4, 6, 8, commi 1 e 2, della legge regionale 11 dicembre 2017 n. 25; avente ad oggetto «Modifiche alla legge regionale 4 febbraio 2015 n. 4 (Istituzione dell'Ente di governo dell'ambito della Sardegna e modifiche ed integrazioni alla legge regionale n. 19 del 2006) e alla legge regionale 25 luglio 2008 n. 10 (Riordino delle funzioni in materia di aree industriali)», pubblicata nel BURAS n. 59 del 14 dicembre 2017.

Il Consiglio regionale della Regione autonoma della Sardegna ha approvato ed emanato in data 11 dicembre 2017 la legge n. 25 che, modificando ed integrando due leggi regionali precedenti (la legge n.

4/2015 e la legge n. 10/2008) contiene importanti norme di riforma dell'organizzazione del servizio idrico integrato nella regione stessa.

Come noto, il tema della competenza legislativa delle Regioni speciali con riferimento al Servizio idrico integrato e' stato, oggetto, negli ultimi anni, di piu' di una pronuncia da parte del giudice costituzionale. In particolare, da ultimo, la sentenza 4 maggio 2017 n. 93 ha analizzato lo stato del riparto delle competenze legislative in materia di gestione del servizio idrico integrato, attraverso una puntuale disamina delle disposizioni statutarie di alcune Regioni a Statuto speciale.

La Corte ha cosi' ricondotto la gestione del Servizio idrico integrato alla potesta' legislativa esclusiva regionale nelle sole ipotesi (Provincia autonoma di Trento; Regione Valle d'Aosta) in cui le clausole statutarie espressamente depongano, sia pur con formule letterali diverse, in questo senso.

Al contrario, nel caso ad esempio della Regione Sicilia (v.

l'art. 3 lettere i) ed o) del relativo Statuto), laddove le disposizioni statutarie riconducano il servizio idrico integrato a materie oggetto di competenza legislativa concorrente (ad esempio «igiene e sanita'» o «assunzione di pubblici servizi»), la potesta' legislativa esclusiva non e' stata ritenuta sussistente.

La Corte costituzionale, poi, facendo leva sulla clausola di maggior favore di cui all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, ha concluso nel senso dell'esistenza comunque di una competenza residuale ex art. 117, quarto comma della Costituzione (in materia di «servizi pubblici locali») naturalmente nel rispetto dei limiti, inerenti la «tutela della concorrenza» e la «tutela dell'ambiente» che invece restano nella competenza legislativa esclusiva dello Stato.

La Regione Sardegna si trova nella medesima condizione statutaria della Regione Sicilia, in quanto nel suo Statuto (art. 4) le materie «assunzione di pubblici servizi» ed «igiene e sanita' pubblica» - cui la giurisprudenza costituzionale riconduce i prevalenti caratteri della gestione del Servizio idrico integrato - appartengono alla competenza legislativa concorrente nel rispetto dei principi fondamentali dettati dallo Stato.

Sono invece decisamente marginali e recessive, ai fini dell'inquadramento nel rispettivo ambito del Servizio idrico integrato, le materie delle «acque minerali e termali» e dell'«esercizio dei diritti demaniali della Regione sulle acque pubbliche», che invece darebbero luogo a competenza regionale esclusiva (art. 3 dello Statuto), mentre nulla o quasi nulla vi ha a che fare la materia dei «lavori pubblici di esclusivo interesse della Regione», peraltro estremamente generica nella sua definizione.

Pertanto, si deve dedurre che, come la Sicilia, anche la Regione Sardegna non dispone di competenza legislativa esclusiva in tema di Servizio idrico integrato; puo' vantare competenza concorrente, o tutt'al piu' residuale in base all'art. 117, quarto comma, della Costituzione nel testo introdotto dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, tuttavia nel necessario rispetto della potesta' esclusiva dello Stato per gli aspetti della disciplina normativa che riguardano profili ambientali o della concorrenza.

Dalle considerazioni che precedono deriva, secondo la Presidenza del Consiglio dei ministri ricorrente, l'illegittimita' costituzionale delle norme denunziate in rubrica per i seguenti

 

Motivi

 

1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, della legge regionale 11 dicembre 2017 n. 25 per contrasto con l'art. 117, comma 2, lettere e) e s) della Costituzione, in riferimento agli articoli 149 e 149-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006.

La legge regionale n. 4/2015, istitutiva dell'ente di Governo dell'ambito della Sardegna in attuazione della legge statale di cui al decreto legislativo n. 152/2006, all'art. 2 individua le funzioni di detto ente prevedendo che su di esso la Regione eserciti il controllo analogo e che nei rapporti tra ente e soggetto gestore sia assicurato il piu' completo esercizio dell'attivita' di controllo.

La nuova norma regionale aggiunge in fine il comma 3-bis che cosi' testualmente recita: «In considerazione del permanere del principio di affidamento della gestione del servizio idrico a societa' interamente pubbliche si assicura che l'acqua resti un servizio pubblico locale di interesse economico generale, in grado di garantire ai nuclei familiari morosi in condizioni di disagio economico, il diritto inalienabile ad un quantitativo minimo vitale pro-capite».

Innanzitutto, e' errato ed illegittimo il presupposto da cui parte il legislatore regionale, per cui l'affidamento della gestione del servizio idrico a societa' interamente pubbliche sarebbe un principio permanente nell'ordinamento regionale, come unica modalita' in grado di garantire che «l'acqua resti un servizio pubblico locale di interesse economico generale».

Siffatta affermazione viola le regole fondamentali della concorrenza come affermate in primo luogo dal diritto europeo (comunicazione Commissione dell'11 settembre 1996; comunicazione Commissione del 19 gennaio 2001; Libro verde su «I servizi di interesse generale del 21 maggio 2003; Libro bianco su «I servizi di interesse generale» del 12 maggio 2004) che ha coniato la nozione di SIEG e che sottopone gli stessi alla disciplina dettata per la tutela della concorrenza.

Poiche' quindi gli affidamenti nel settore devono essere rispettosi della disciplina in tema di tutela della concorrenza, non puo' essere consentito che un SIEG per essere tale debba essere per principio (addirittura «permanente») gestito con la forma dell'in-house, che come e' noto rappresenta una deroga alla regola del necessario affidamento al mercato.

Del tutto diverso e' l'approccio del legislatore statale, il quale con l'art. 149-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006 ha stabilito che le forme di affidamento ammesse per la gestione del servizio idrico integrato devono essere quelle «previste dall'ordinamento europeo», ovvero l'affidamento mediante gara ad evidenza pubblica, la societa' mista con gara a monte per la scelta del socio privato o l'affidamento in house, senza che venga espressa dalla legge vigente alcuna preferenza o criterio di prevalenza di una forma di affidamento rispetto alle altre, e senza che la forma di gestione in house costituisca garanzia imprescindibile affinche' il servizio idrico integrato sia un servizio di interesse economico generale.

La giurisprudenza costituzionale ha da tempo evidenziato, e di recente ribadito, che la disciplina delle forme di gestione e affidamento del servizio idrico integrato e' riconducibile alla competenza. esclusiva statale, appartenendo alla materia della «tutela della concorrenza» di cui all'art. 117, secondo comma, lett.

e), della Costituzione, che - come e' noto - si impone alle Regioni anche ove le medesime esercitino la propria competenza residuale in base al quarto comma del medesimo articolo (Corte costituzionale 4 maggio 2017 n. 93; 25 giugno 2015 n. 117; 24 luglio 2009 n. 46).

Da questo primo punto di vista la disposizione legislativa regionale e' incostituzionale perche' restringe il campo delle opzioni di scelta tra le modalita' di affidamento del servizio che e' stato predisposto dalla legge statale.

Ma il vizio di incostituzionalita' puo' essere ravvisato pure sotto il diverso profilo dell'art. 117, secondo comma, lettera f) della Costituzione.

Infatti, in base al citato art. 149-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, la forma di gestione del servizio deve essere deliberata dall'Ente di governo dell'ambito «nel rispetto del piano d'ambito di cui all'art. 149» del medesimo decreto legislativo n.

152.

La norma della Regione Sardegna che qui si contesta, invece, cristallizzando in legge la scelta della forma della gestione del servizio, incide sulle competenze che la legge statale affida all'Ente di governo dell'ambito ottimale.

La giurisprudenza costituzionale ormai consolidata ha affermato che le norme con cui la legge dello Stato ha affidato all'Autorita' d'ambito territoriale importanti funzioni sull'organizzazione del servizio idrico sono riconducibili alla competenza esclusiva dello Stato in quanto incidenti nella materia della «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema», poiche' tale scelta allocativa «serve a razionalizzare l'uso delle risorse idriche e le interazioni e gli equilibri fra le diverse componenti della «biosfera» intesa «come "sistema" [...] nel suo aspetto dinamico» (sentenze n. 168 del 2008, n. 378 e n. 144 del 2007)» (Corte costituzionale 24 luglio 2009 n.

46, par. 12.2. del Considerato in diritto; Corte costituzionale 17 novembre 2010 n. 325).

Ora, se l'interesse ambientale deve ricevere «una compiuta ed esplicita rappresentazione (...) nei processi decisionali all'interno dei quali si esprime la discrezionalita' delle scelte politiche o amministrative» (Corte costituzionale 28 giugno 2004 n. 196, par. 23 del Considerato in diritto), la scelta del modulo procedimentale di affidamento del servizio non puo' essere imposta per legge, ma deve essere il risultato delle valutazioni discrezionali del soggetto amministrativo deputato a compierle.

La Corte costituzionale ha di recente affermato che, per ragioni analoghe, la legge regionale non puo' avocare a se stessa la scelta, che il legislatore statale ha configurato come amministrativa, e dunque necessitante una adeguata motivazione (anche) in punto di considerazione degli interessi ambientali, della delimitazione degli ambiti territoriali ottimali per l'organizzazione del Servizio idrico integrato (Corte costituzionale 13 luglio 2017 n. 173).

L'avocazione nella sede legislativa della individuazione della forma della gestione inverte invece l'ordine logico del rapporto tra tale scelta e la pianificazione d'ambito di cui all'art. 149 del decreto legislativo n. 152 del 2006, poiche', come si e' visto, in base al successivo art. 149-bis e' la scelta della gestione che deve rispettare il piano d'ambito e non viceversa.

Da qui l'ulteriore difformita' della norma regionale rispetto alla legge dello Stato, e la conseguente lesione del parametro costituzionale che riserva la materia alla competenza esclusiva centrale.

2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, dell'art. 6 comma 1, e dell'art. 8 comma 1, della legge regionale 11 dicembre 2017 n.

25 per contrasto con l'art. 117, comma 2, lettera e) della costituzione, in riferimento agli articoli 5 del Codice dei contratti di cui al decreto legislativo n. 50/2016 e 16 del decreto legislativo n. 175/2016.

La legge regionale n. 4/2015 disciplina gli organi di governo dell'ente di governo dell'ambito della Sardegna, e specificamente il Comitato istituzionale d'ambito (art. 7) e le Conferenze territoriali (art. 8).

Tra le due norme, l'art. 4, comma 1, della nuova legge regionale inserisce l'art. 7-bis, dedicato alla previsione dell'organo (una Commissione di 5 componenti, di cui 4 in rappresentanza degli enti concedenti ed uno della Regione Sardegna) competente ad esercitare il controllo analogo sul soggetto gestore del Servizio idrico integrato.

Di fatto, in Sardegna il soggetto gestore e' la societa' Abbanoa s.p.a. affidataria del servizio in via diretta fino al 2025 in quanto costituita come societa' in house, il cui capitale sociale - pur interamente pubblico - e' sin qui appartenuto per la stragrande maggioranza alla Regione Sardegna ed in parte molto minore ai 342 comuni consorziati.

La norma che qui si censura non disciplina il controllo analogo in modo coerente con le cogenti regole comunitarie e nazionali, come gia' formalmente segnalato sia dall'Autorita' garante per la concorrenza e del mercato, sia dall'Autorita' nazionale anticorruzione.

Il controllo analogo, come definito dall'art. 5 del Codice dei contratti, sul soggetto gestore Abbanoa s.p.a. dovrebbe spettare all'ente di Governo dell'ambito della Sardegna (EGAS) in quanto ente affidante il servizio. La societa' Abbanoa infatti e' societa' in house dell'ente di Governo e non di altre amministrazione aggiudicatrici (art. 2 della legge regionale n. 4/2015), tanto che i reciproci rapporti inerenti l'affidamento del servizio idrico integrato sono regolati da apposita convenzione tra l'uno e l'altra.

Nell'assetto normativo precedente, gli organi decisionali del soggetto gestore Abbanoa, non erano nominati dall'ente di Governo, ma dalla Regione Sardegna grazie alla stragrande maggioranza del capitale sociale da essa posseduta, venendo cosi' meno una delle condizioni del controllo analogo.

Il possesso in capo alla Regione Sardegna di quote molto significative, piu' che dominanti, del gestore Abbanoa faceva si che il controllo su quel soggetto fosse sostanzialmente esercitato dalla Regione Sardegna e non, con effettivita' di contenuti, dall'ente di Governo EGAS.

E a cascata, l'assenza di reali poteri di controllo analogo in capo a EGAS, che invece e' ente rappresentativo di ben 342 comuni concedenti, privava questi ultimi di ogni potere di incidere in modo determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative della persona giuridica controllata.

La norma di cui alla nuova legge regionale, pur deferendo la nomina degli organi decisionali di Abbanoa all'assemblea dei soci sulla base di terne di nominativi indicate dalla neo istituita Commissione per il controllo analogo, non risolve la criticita' evidenziata.

In primo luogo, il controllo analogo resta sottratto all'ente di Governo dell'ambito della Sardegna ed affidato invece formalmente ad un organo diverso (la Commissione), e sostanzialmente ad un ente diverso, ossia alla regione.

Peraltro, in forza delle altre disposizioni della legge regionale n. 25/2017 (art. 6, comma 1, in modifica dell'art. 12 della legge regionale n. 4/2015) i poteri di controllo della Regione Sardegna in EGAS escono notevolmente rafforzati e molto piu' incisivi, prevedendosi un potere regionale di scioglimento del Comitato istituzionale d'ambito esercitabile in qualsiasi momento, anche per «manifesta inosservanza delle direttive degli organi regionali».

Ora, e' vero che la nuova legge prevede una forte riduzione (al 20%) delle quote che la Regione Sardegna puo' detenere nel capitale sociale del gestore ABBANOA, ma e' altrettanto vero che il potere regionale assoluto nei confronti dell'ente di Governo EGAS, al di la' dell'aspetto meramente formale della composizione della Commissione, determina un corrispondente potere di influire in maniera determinante sul soggetto gestore, che tuttavia non e' in house rispetto alla Regione.

Peraltro, le norme europee e statali consentono che il controllo analogo sia svolto anche tramite altro soggetto, ma deve trattarsi di soggetto intermedio controllato dalla amministrazione aggiudicatrice (nella fattispecie l'ente di Governo EGAS), non invece di soggetto controllante la stessa amministrazione aggiudicatrice.

In altri e piu' semplici termini, per rispettare i dettami comunitari e nazionali in materia - ed in sostanza per garantire la tutela della concorrenza, di cui l'affidamento in house rappresenta un'ipotesi derogatoria - la societa' Abbanoa deve essere controllata in modo analogo dall'ente concedente EGAS sia sul piano formale che sul piano sostanziale.

Ne' ricorrono i presupposti per un efficace controllo analogo svolto in forma congiunta, dal momento che l'influenza dominante sulle decisioni della societa' gestore non viene esercitata da EGAS o da tutti i soci di EGAS (si ricorda trattarsi di oltre trecento comuni sardi), ma dalla Regione Sardegna.

3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 8 comma 2, della legge regionale 11 dicembre 2017 n. 25 per contrasto con l'art. 117, comma 2, lett. e) ed s), in riferimento all'art. 147, comma 2-bis, del decreto legislativo n. 152 del 2006.

L'art. 8, comma 2, della legge regionale in esame aggiunge alcuni commi all'art. 15 della legge regionale n. 4/2015, e precisamente:   il comma 1-bis, ai sensi del quale «nell'Ambito territoriale ottimale di cui al comma 1 rimangono in ogni caso ferme, nel rispetto dei requisiti di cui all'art. 147, comma 2-bis, lettere a) e b) del decreto legislativo n. 152/2006, le gestioni esistenti svolte in forma autonoma tramite affidamento o in via diretta o attraverso convenzioni stipulate dai comuni con altri enti locali o gestori»;   il comma 1-ter che prevede che «ai fini dell'art. 147, comma 2-bis, lettera a) del decreto legislativo n. 152/2006, si considerano positivamente verificati e assentiti, nel periodo della sua vigenza, i requisiti di cui all'art. 148, comma 5 del medesimo decreto, quando la gestione sia iniziata prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 152/2006 e sia in corso al momento dell'entrata in vigore della presente legge».

il comma 1-quater, ai sensi del quale «il requisito di cui all'art. 147, comma 2-bis, lettera b) punto secondo del decreto legislativo n. 152 del 2006, si intende soddisfatto anche per le sorgenti ricadenti in siti individuati in zona urbanistica H di salvaguardia ai sensi del decreto dell'assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica 20 dicembre 1983, n. 2266/U».

Con l'art. 147, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006 il legislatore statale ha optato per il principio dell'unicita' della gestione dell'intero Servizio idrico integrato nell'ambito ottimale e, secondo la giurisprudenza costituzionale, gli aspetti fondamentali dell'organizzazione del servizio (quale e' senza dubbio la organizzazione in ambiti ottimali e il principio di unita' c.d.

verticale e orizzontale della gestione) sono ascrivibili alla competenza legislativa esclusiva statale concernente la «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema» di cui all'art. 117, comma secondo, lett. s), della Costituzione.

L'art. 147, comma 2-bis, del decreto legislativo n. 152 del 2006, introdotto dalla legge n. 221 del 2015, c.d. «Collegato ambientale», ha previsto alcune limitate e circoscritte eccezioni, che ovviamente devono essere intese quali ipotesi specifiche e tassative, non suscettibili di interpretazione estensiva ne' tanto meno di essere integrate dalla legislazione regionale, in quanto derogatorie della disciplina generale sopra richiamata. In particolare, l'art. 147, comma 2-bis, prevede che l'eccezione al principio di unicita' della gestione operi esclusivamente con riferimento ad ipotesi specifiche, quali: «a) le gestioni del servizio idrico in forma autonoma nei comuni montani con popolazione inferiore a 1.000 abitanti gia' istituite ai sensi del comma 5 dell'art. 148; b) le gestioni del servizio idrico in forma autonoma esistenti, nei comuni che presentano contestualmente le seguenti caratteristiche: approvvigionamento idrico da fonti qualitativamente pregiate; sorgenti ricadenti in parchi naturali o aree naturali protette ovvero in siti individuati come beni paesaggistici ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; utilizzo efficiente della risorsa e tutela del corpo idrico».

Ebbene, la disposizione di cui all'art. 8 della legge regionale sarda qui censurata, nonostante possa apparire prima facie volta a chiarire il contenuto delle fattispecie previste dall'art. 147, comma 2-bis del decreto legislativo n. 152/2006, opera in realta' ampliandone l'estensione a fattispecie ulteriori e diverse da quelle individuate dal legislatore nazionale.

Se infatti l'inciso presente nel nuovo comma, secondo cui le gestioni ivi indicate sono fatte salve «nel rispetto dei requisiti di cui all'art. 147, comma 2-bis, lettere a) e b) del decreto legislativo n. 152/2006», andasse interpretato nel senso che di tali gestioni, comunque, deve essere verificata in concreto la rispondenza ai requisiti indicati dalla citata disposizione legislativa statale, la disposizione sarebbe costituzionalmente legittima ma priva di qualunque contenuto normativa, in quanto le gestioni sarebbero comunque ricomprese nell'attuale previsione dell'art. 147, comma 2, lett. a) e b), sopra richiamato.

Poiche' tuttavia le norme vanno interpretate affinche' esse debbano avere un senso piuttosto che non ne abbiano affatto, e' piu' plausibile la lettura secondo la quale il legislatore regionale, con questa disposizione, abbia voluto inserire un nuovo contenuto effettivo nel suo ordinamento: e tale contenuto normativo non puo' che essere quello di stabilire, in via generale ed astratta, l'eccezione rispetto al principio di unicita', di tutte «le gestioni esistenti svolte in forma autonoma tramite affidamento o in via diretta o attraverso convenzioni stipulate dai comuni con altri enti locali o gestori», a prescindere dalla concreta ricorrenza dei presupposti richiesti dalla norma statale, che si considerano invece esistenti ex lege.

Ma se interpretata in tal modo, la norma contrasta palesemente con l'art. 147, comma 2-bis, del decreto legislativo n. 152 del 2006, violando in tal modo l'art. 117, comma secondo, lett. s), della Costituzione.

Sempre in relazione a quanto prevede il sopra richiamato comma 1-bis della legge regionale n. 4 del 2015, va inoltre messo in evidenza che le gestioni in questione, per ricadere nell'ambito di applicazione della norma, e dunque per rimanere escluse dalla gestione unica, devono risultare «esistenti» alla data di entrata in vigore della legge, mentre invece la norma legislativa statale fa salve le gestioni esistenti alla data della «sua» entrata in vigore.

Poiche', come si ricordava piu' sopra, l'art. 147, comma 2-bis, del decreto legislativo n. 152 del 2006 e' stato introdotto dalla legge n. 221 del 2015, e' la data di entrata in vigore di quest'ultima - ossia il 2 febbraio 2016 - a segnare inderogabilmente il limite temporale per l'applicazione della sopra richiamata eccezione. Anche da tale punto di vista, dunque, la norma regionale allarga sensibilmente le maglie della deroga statale.

Palese risulta anche la estensione della deroga operata, rispetto alla previsione legislativa statale, dal nuovo comma 1-ter. Si consideri, al riguardo, che l'art. 148, comma 5, del decreto legislativo n. 152 del 2006 prevedeva, prima della sua abrogazione, che «ferma restando la partecipazione obbligatoria all'Autorita' d'ambito di tutti gli enti locali ai sensi del comma 1, l'adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato e' facoltativa per i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunita' montane, a condizione che gestiscano l'intero servizio idrico integrato, e previo consenso della Autorita' d'ambito competente».

Ebbene, ritenere che tale condizione sussista senz'altro «quando la gestione sia iniziata prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 152/2006 e sia in corso al momento dell'entrata in vigore» della legge regionale comporta sovrapporre un diverso ambito applicativo da quello della legge statale che puo' avere punti di sovrapposizione ma certamente comprende anche fattispecie non incluse nella deroga prevista da quest'ultima. Si consideri, ad esempio, che ben potrebbero esserci gestioni ancora in corso ed iniziate prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 152 del 2006, in relazione alle quali, pero', non sia mai intervenuto il consenso dell'Autorita' d'ambito: ebbene, tali fattispecie rientrerebbero senz'altro nella deroga regionale ma non in quella prevista dalla legge statale.

Infine, anche il nuovo comma 1-quater sovrappone una diversa fattispecie a quella prevista dalla legge statale, determinando un contrasto con la previsione di quest'ultima analogo a quello che contraddistingue le fattispecie prima richiamate.

In base all'ultimo periodo dell'art. 147, comma 2-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, e' «l'ente di governo d'ambito territorialmente competente» a dover provvedere «all'accertamento dei predetti requisiti»: in sintesi, anche su tal punto la legge statale impone una riserva di amministrazione per il riconoscimento in concreto dei requisiti, a garanzia dell'esistenza di una adeguata motivazione al riguardo, individuando nell'ente di governo d'ambito l'amministrazione competente. Analogamente a quanto vale per le disposizioni su cui ci si e' soffermati piu' sopra, nel par. 2, si tratta di previsioni poste dalla legge statale a «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema» in base all'art. 117, secondo comma, lett. s), della Costituzione.

Da quanto sopra rappresentato, discende quindi l'illegittimita' costituzionale dell'art. 8 secondo comma della legge regionale censurata, per violazione dell'art. 117, comma secondo, lett. e) ed s), in riferimento all'art. 147, comma 2-bis, del decreto legislativo n. 152 del 2006.

 

P.Q.M.

 

Per tutte le esposte ragioni la presidenza del Consiglio dei ministri, come in epigrafe rappresentata e difesa, conclude: per l'accoglimento del presente ricorso e per la conseguente dichiarazione di incostituzionalita' delle norme della legge regionale in esso denunciate.

Roma, 9 febbraio 2018

L'Avvocato dello Stato: Corsini