RICORSO N. 28 DEL 28 MARZO 2018 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 28 marzo 2018.

(GU n. 19 del 9.5.2018)

 

Ricorso (art. 127, comma 1, Cost.) per il Presidente del Consiglio dei ministri in carica, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato (C.F. 80224030587 - n. fax 0696514000 ed indirizzo P.E.C. per il ricevimento degli atti ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it) e presso la stessa domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi n. 12, contro la Regione Abruzzo, in persona del Presidente della giunta regionale in carica per la declaratoria della illegittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge Regione Abruzzo del 23 gennaio 2018, n. 5, pubblicata nel BUR n. 12, del 31 gennaio 2018, recante «Norme a sostegno dell'economia circolare - Adeguamento Piano regionale di gestione integrata dei rifiuti (PRGR)» e del Piano regionale di gestione integrata di rifiuti (PRGR) adeguato, composto dagli elaborati tecnici indicati nel suddetto art. 2, allegato alla legge di cui e' parte integrante e sostanziale, per violazione degli articoli 117, comma 2, lettera s), e 118, comma 1 Cost.

Con la legge n. 5 del 23 gennaio 2018 la Regione Abruzzo ha previsto «norme a sostegno dell'economia circolare» ed ha provveduto «all'adeguamento (del) Piano regionale di gestione integrata di rifiuti (PRGR)».

In particolare, l'art. 2 della predetta legge rubricato «Adeguamento del Piano regionale di gestione integrata dei rifiuti» prevede che:   «1. in attuazione dell'art. 199, comma 8, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) e successive modificazioni ed integrazioni e dell'art. 11 della legge regionale 19 dicembre 2007, n. 45 (Norme per la gestione integrata dei rifiuti) con la presente legge si provvede all'adeguamento del Piano regionale di gestione integrata dei rifiuti (PRGR).

2. il Piano regionale di gestione integrata dei rifiuti (PRGR) adeguato, e' allegato alla presente legge, di cui e' parte integrante e sostanziale e si compone dei seguenti elaborati tecnici:   "Relazione di piano" - luglio 2017;   "sintesi della Relazione di piano" - luglio 2017;   "Relazione di piano: Allegato 1 - Linee guida ed indirizzi per la riorganizzazione dei servizi a livello locale" - luglio 2017;   "Programma di prevenzione e riduzione della produzione dei rifiuti e prime misure per la preparazione al riutilizzo" - luglio 2017;   "Piano delle bonifiche delle aree inquinate (PRB)" - luglio 2017;   "Rapporto ambientale" - luglio 2017;   "Rapporto ambientale - Sintesi non tecnica" - luglio 2017;   "Studio di incidenza sui siti della Rete natura 2000" - luglio 2017.». La citata norma della legge regionale, nonche' tutte quelle ad essa inscindibilmente collegate, compreso l'allegato Piano e i relativi elaborati tecnici, presentano aspetti di illegittimita' costituzionale per i seguenti

 

Motivi

 

1. Violazione dell'art. 117, comma secondo, lettera s) Cost. in riferimento dell'art. 199, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006, nonche' violazione del principio generale di «primarieta' dell'ambiente».

La disciplina della gestione dei rifiuti e' contenuta nella parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante «Norme in materia ambientale».

In particolare l'art. 199 del citato decreto legislativo n.

152/2006 prevede che «le regioni, sentite le province, i comuni e, per quanto riguarda i rifiuti urbani, le autorita' d'ambito di cui all'art. 201, nel rispetto dei principi e delle finalita' di cui agli articoli 177, 178, 179, 180, 181 e 182 ed in conformita' ai criteri generali stabiliti dall'art. 195, comma 1, lettera m) ed a quelli previsti dal presente articolo, predispongono piani regionali di gestione dei rifiuti. Per l'approvazione dei piani regionali si applica la procedura di cui alla parte II del presente decreto in materia di VAS. Presso i medesimi uffici sono inoltre rese disponibili informazioni relative alla partecipazione del pubblico al procedimento e alle motivazioni sulle quali si e' fondata la decisione, anche in relazione alle osservazioni scritte presentate».

Da tale disposizione si evince chiaramente che lo strumento predisposto dal legislatore nazionale per l'approvazione del piano e' costituito dal provvedimento amministrativo e non dalla legge.

In particolare, la previsione dei pareri da parte delle province, dei comuni e delle autorita' d'ambito implica che con l'atto di approvazione del Piano la competente autorita' deve motivatamente rappresentare le ragioni per le quali ha ritenuto eventualmente di discostarsi dalle risultanze dell'attivita' consultiva. Analogamente l'autorita' procedente, ai sensi dell'art. 15 del decreto legislativo n. 152 del 2006, deve render ragione del modo in cui ha «tenuto conto» del rapporto ambientale elaborato in sede di VAS ed esplicitare le ragioni per le quali non ha ritenuto di conformarsi al medesimo. In sintesi, e' evidente che il predetto art. 199 ha implicitamente, ma chiaramente, conformato il procedimento di adozione del Piano regionale quale procedimento amministrativo, al fine di consentire una esplicita valutazione degli interessi ambientali ad esso sottesi.

La sostituzione del prescritto procedimento amministrativo con il procedimento legislativo, effettuata dalla legge regionale in esame, realizza una evidente lesione del principio di «primarieta'» dell'ambiente.

Come e' noto, il principio di «primarieta'» dell'ambiente richiamato da codesta Corte costituzionale, tra le altre, con la sentenza n. 196 del 2004, esige che l'interesse ambientale riceva «una compiuta ed esplicita rappresentazione (...) nei processi decisionali all'interno dei quali si esprime la discrezionalita' delle scelte politiche o amministrative» (par. 23 del Considerato in diritto). Il che, evidentemente, puo' essere garantito, nel caso che qui ci occupa, soltanto ove tale scelta sia affidata ad una autorita' amministrativa, gravata dall'obbligo di motivarla, e non cristallizzata in una disposizione legislativa. E' in tale ottica, del resto, che codesta Corte costituzionale ha di recente affermato che, per ragioni analoghe, la legge regionale non puo' evocare a se stessa la scelta, che il legislatore statale ha configurato come amministrativa, e dunque necessitante una adeguata motivazione (anche) in punto di considerazione degli interessi ambientali, della delimitazione degli ambiti territoriali ottimali per l'organizzazione del SII (sent. n. 173 del 2017).

La necessita' di adottare, con atto amministrativo e non con legge, deliberazioni ad alto contenuto tecnico nel cui ambito assume un ruolo particolarmente rilevante la acquisizione dei prescritti pareri, e' stata del resto affermata da codesta Corte anche con riferimento al calendario venatorio, con argomentazioni senza dubbio applicabili anche alla fattispecie in esame (cfr., ad es., sentenze numeri 310 del 2012 e 90 del 2013). Inoltre, sempre dalla giurisprudenza in tema di calendario venatorio emerge chiaramente come «nei casi in cui la legislazione statale, nelle materie di competenza esclusiva, conformi l'attivita' amministrativa all'osservanza di criteri tecnico-scientifici, lo slittamento della fattispecie verso una fonte primaria regionale fa emergere un sospetto di illegittimita'» (sent. n. 20 del 2012): il che e' precisamente quanto accade nel caso in questione, anche in ragione del regime di tutela giurisdizionale proprio degli atti amministrativi, che viene irrimediabilmente vanificato nel caso in cui si proceda con legge (cfr., ancora, sentenza n. 20 del 2012).

La legge in esame, che approva il nuovo Piano regionale di gestione dei rifiuti, e' pertanto illegittima perche' contrasta con la «riserva di amministrazione» affermata dall'art. 199 del decreto legislativo n. 152/2006, nonche' con il principio di «primarieta' dell'ambiente».

2. Violazione degli articoli 117, comma secondo, lettera s), e 118, comma 1, Cost., in riferimento all'art. 35, comma 1, del decreto-legge n. 133 del 2014 e al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 agosto 2016.

La norma impugnata e' illegittima anche per contrasto con le vincolanti disposizioni dell'art. 35, comma 1, del decreto-legge n.

133/2014 convertito con legge n. 164/2014, e con i principi in tema di riparto di funzioni amministrative da essa stabiliti.

2.1. L'art. 35 ha attribuito al Presidente del Consiglio dei ministri, l'individuazione, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, della capacita' complessiva di trattamento di rifiuti urbani e assimilati degli impianti di incenerimento in esercizio o autorizzati a livello nazionale, con l'indicazione espressa della capacita' di ciascun impianto, nonche' degli impianti di incenerimento con recupero energetico di rifiuti urbani e assimilati da realizzare per coprire il fabbisogno residuo, nel rispetto degli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio. Gli impianti cosi' individuati, qualificati infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale, avrebbero attuato un sistema integrato e moderno di gestione di rifiuti urbani e assimilati, garantendo la sicurezza nazionale nell'autosufficienza, consentendo di superare e prevenire ulteriori procedure di infrazione comunitaria nonche' limitando il conferimento di rifiuti in discarica.

Le fmalita' perseguite dal legislatore nazionale con il predetto art. 35 del decreto legislativo n. 133/2014 attengono alla realizzazione su scala nazionale di un sistema adeguato e integrato di gestione dei rifiuti urbani ed al conseguimento degli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio. In attuazione dell'art. 35, comma 1 del decreto-legge n. 133/2014 convertito con modificazioni dalla legge n. 164/2014 e' stato emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 agosto 2016, recante «Individuazione della capacita' complessiva di trattamento degli impianti di incenerimento di rifiuti urbani e assimilabili in esercizio o autorizzati a livello nazionale, nonche' individuazione del fabbisogno residuo da coprire mediante la realizzazione di impianti di incenerimento con recupero di rifiuti urbani e assimilati».

Tale decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, partendo da una minuziosa ricognizione della situazione impiantistica di incenerimento su scala nazionale, con particolare riferimento alle diverse tipologie di rifiuti (urbani tal quali, frazione secca dei rifiuti urbani, combustibile solido secondario, rifiuti sanitari, fanghi) trattate nei singoli impianti, ha quindi individuato con precisione la capacita' attuale di incenerimento dei rifiuti urbani.

Il decreto ha quindi provveduto a stimare il fabbisogno di incenerimento nazionale necessario a chiudere il ciclo dei rifiuti con la minimizzazione del ricorso alla discarica e nel farlo ha tenuto conto non solo della prevenzione e degli obiettivi di raccolta differenziata e riciclaggio della nuova proposta europea sull'economia circolare in corso di definizione ed emanazione, ma anche delle quantita' di rifiuti avviate a co-incenerimento nei cementifici e nelle centrali elettriche e del trattamento dei rifiuti negli impianti di trattamento meccanico biologico. Ha inoltre tenuto conto degli scarti della raccolta differenziata che, in quanto inidonei alla filiera del riciclaggio, vengono attualmente avviati prevalentemente a smaltimento.

Infine, il citato decreto ha provveduto a confrontare la capacita' esistente con il fabbisogno stimato, derivandone il fabbisogno residuo di incenerimento per ciascuna regione. Una volta ottenuto il fabbisogno residuo di ciascuna regione, il decreto ha operato una compensazione tra macro aree al fine di evitare la realizzazione di impianti non necessari e consentendo ai rifiuti residui di una regione di essere inceneriti nella eventuale capacita' residua presente nelle regioni limitrofe. In questa maniera, ovvero considerando l'intero sistema paese anziche' l'autosufficienza delle singole regioni, e' stato possibile limitare il fabbisogno residuo totale a sole 1.831.000 tonnellate per un totale di nuovi 8 impianti piu' il potenziamento dell'impianto della Regione Puglia e della Regione Sardegna.

L'art. 6, comma 3, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 agosto 2016 ha previsto la possibilita', per le regioni, di richiedere la modifica del rispettivo fabbisogno di incenerimento in due casistiche. La prima in caso di nuova approvazione del piano regionale di gestione dei rifiuti o dei relativi adeguamenti, ai sensi dell'art. 199 del decreto legislativo n. 152 del 2006. La seconda in caso di variazioni documentate del fabbisogno riconducibili:   a) all'attuazione di politiche di prevenzione della produzione dei rifiuti e di raccolta differenziata;   b) all'esistenza di impianti di trattamento meccanico-biologico caratterizzati da una efficienza, in valori percentuali, di riciclaggio e recupero di materia, delle diverse frazioni merceologiche superiori rispetto ai valori indicati nell'allegato II;   c) all'utilizzo di quantitativi di combustibile solido secondario (CSS) superiori a quelli individuati nell'allegato II;   d) ad accordi interregionali volti a ottimizzare le infrastrutture di trattamento dei rifiuti urbani e assimilati.

In entrambi i casi, il successivo comma 4 del decreto sopra menzionato prevede la necessita' di motivare adeguatamente l'istanza, fornendo documentazione che comprovi la sussistenza delle condizioni di procedibilita'.

Nel citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri viene individuato, per la Regione Abruzzo, un fabbisogno residuo di incenerimento di 121.069 tonn/anno. Per far fronte a tale fabbisogno, anche in considerazione all'assenza totale di impianti di incenerimento operativi, si prevede, nella medesima Regione, la realizzazione di uno di questi impianti. In caso di mancato adempimento da parte della Regione Abruzzo alle disposizioni contenute nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 agosto 2016, verrebbe inequivocabilmente ad essere compromesso l'equilibrio e l'autosufficienza sia della macroarea sud cui la stessa regione appartiene, sia delle altre macroaree eventualmente aggravate dai quantitativi di rifiuti provenienti dall'Abruzzo.

Come riconosciuto dalla sentenza di codesta Corte costituzionale n. 244 del 2016, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 agosto 2016 e' stato adottato in attuazione di una norma legislativa che assegna allo Stato l'esercizio di una funzione amministrativa a carattere programmatorio generale sorretta da una esigenza unitaria, perseguendo ex art. 117, comma secondo, lettera s), Cost. l'obiettivo di raggiungere «un livello uniforme di tutela ambientale su tutto il territorio nazionale» (par. 6.1.1. del Considerato in diritto). Si tratta dunque dell'esercizio di una funzione amministrativa di tipo programmatorio, costituzionalmente tutelata ex art. 118, primo e secondo comma, Cost., dotata di potere conformativo rispetto alla successiva pianificazione regionale.

2.2. La norma regionale impugnata si pone in contrasto con tale disciplina perche', approvando un piano di gestione integrata dei rifiuti che risulta in contrasto con le previsioni del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri svilisce la funzione di programmazione attribuita allo Stato del citato art. 35 del decreto legislativo n. 152/2006.

In particolare, occorre osservare che lo scenario di Piano relativo all'orizzonte temporale 2014-2022 prevede in Regione Abruzzo una sensibile riduzione della produzione dei rifiuti urbani pari al 14% circa; la produzione di rifiuti passerebbe secondo le stime regionali da 593.080,29 tonnellate prodotte nell'anno 2014 a circa 520.902 tonnellate nel 2022, con un contemporaneo incremento della raccolta differenziata verso il raggiungimento degli obiettivi di legge.

Le previsioni di stima indicate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 agosto 2016 con riferimento al fabbisogno di incenerimento per la Regione Abruzzo, partono dal dato di produzione dei rifiuti regionale indicato nel Rapporto rifiuti ISPRA 2015, relativo all'anno 2014. Da tale valore, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri prevede la decurtazione della quantita' di rifiuti come risultante dal Piano di prevenzione approvato da ciascuna regione.

In questo senso, non avendo la Regione Abruzzo fornito adeguati elementi in ordine alle azioni di riduzione della produzione dei rifiuti adottate nell'ambito dell'istruttoria del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sopra richiamato, il fabbisogno di incenerimento indicato nel decreto attuativo dell'art. 35, comma 1, del decreto-legge n. 133 del 2014, convertito dalla legge n. 164 del 2014, potrebbe ragionevolmente considerarsi sovrastimato rispetto ad eventuali obiettivi di riduzione della produzione dei rifiuti non adeguatamente considerati.

L'adeguamento del Piano regionale di gestione integrata dei rifiuti approvato dalla regione Abruzzo con legge regionale n. 5 del 23 gennaio 2018, prevede di fatto una specifica sezione dedicata alla programmazione in tema di prevenzione e riduzione della produzione dei rifiuti per l'orizzonte temporale 2014-2022.

Tuttavia, contrariamente a quanto previsto nel Piano come conseguenza dell'attuazione delle azioni di prevenzione attivate e da attivarsi secondo quanto indicato nel programma regionale, a partire dal 2014 la produzione dei rifiuti urbani e' tornata a crescere in Regione Abruzzo, passando da 593.080,29 tonnellate prodotte nell'anno 2014, a 593.817,90 tonnellate nell'anno 2015, a 601.990,75 tonnellate nell'anno 2016, come certificato da ISPRA nei rapporti annuali.

In questo senso appare difficile dare credito alle previsioni cosi' ambiziose della Regione Abruzzo in tema di riduzione della produzione dei rifiuti, ai fini di un'eventuale aggiornamento del fabbisogno di incenerimento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 agosto 2016. Giova inoltre evidenziare che, nello scenario di riferimento regionale al 2022, piu' che aver previsto un efficientamento dell'impiantistica di trattamento preliminare, appare piuttosto esservi un peggioramento.

Dall'attuale valore di circa 11% del totale prodotto, costituito da frazioni umide/organiche di sottovaglio avviate a smaltimento in discarica (FU 4,6%-i-BS 6,6%), si passera', come gia' sopra rilevato, a quasi il 30% del totale prodotto, secondo lo scenario di riferimento regionale al 2022. Tale incremento appare trovare giustificazione in una variazione delle maglie dei sistemi di vaglio all'interno dell'impiantistica di trattamento preliminare, con la conseguente diminuzione dell'efficienza di produzione delle frazioni secche avviabili a recupero energetico negli impianti di incenerimento, a fronte di una maggiore produzione di frazioni umide di sottovaglio da inviare in discarica.

Risulta di fatto che l'incremento delle frazioni umide/organiche di sottovaglio da avviare in discarica (dall'11% al 30% del totale prodotto), non e' compensata dall'incremento, per altro non adeguatamente analizzato e motivato, della frazione merceologica avviabile a recupero di materia (dall'1,2% al 9,5% del totale prodotto).

In sostanza nello scenario di riferimento regionale al 2022, sebbene il ricorso allo smaltimento in discarica venga complessivamente diminuito in valore assoluto per effetto dell'incremento delle frazioni avviate a riciclo e recupero e della diminuzione della produzione dei rifiuti, viene tuttavia artatamente delineata una strategia di pianificazione tesa a favorire il ricorso alla discarica a discapito del recupero energetico negli impianti di incenerimento. In previsione del raggiungimento degli obiettivi di riduzione della produzione dei rifiuti, a partire dal 2022 la Regione Abruzzo prevede di abbassare la produzione di rifiuti a 520.902 tonn/anno, raggiungendo il 65% di raccolta differenziata per complessive 343.833 tonn/anno (di cui 188.874 tonn/anno di frazioni differenziate secche, 143.620 di FORSU+verde, e 11.339 tonn/anno di rifiuti da spazzamento), e residuando 5.870 tonn/anno di ingombranti a smaltimento e di 171.199 tonn/anno di rifiuto indifferenziato avviato a trattamento preliminare.

Sorvolando sull'anomalo incremento degli ingombranti a smaltimento dalle attuali 471 tonnellate, prodotte con riferimento al dato 2016, a 5.870 tonnellate nel 2022, e considerando il quadro di riferimento degli output del bilancio di massa dell'impiantistica di trattamento preliminare abruzzese, secondo Io scenario di Piano al 2022, in uscita dai TMB (impianti di trattamento meccanico biologico) si avrebbero 52.610 tonn/anno di' frazioni secche di sovvallo FS, 37.540 tonn/anno di combustibile solido secondario CSS, 50316 tonn/anno di frazione umida/organica stabilizzata FOS, 16.242 tonn/anno di materiali oggetto di recupero di materia, e 14.492 tonn/anno di perdite di processo e percolato. Con riferimento a tali output la Regione Abruzzo ha previsto la possibilita' di ricorrere ad un accordo con la Regione Molise per trattare circa 20.000 tonn/anno di frazioni secche di sovvallo FS. Tuttavia non risulta sia stato sottoscritto, allo stato attuale, alcun accordo tra le due regioni.

Infine, occorre evidenziare come nel Piano regionale de quo, in considerazione delle sopra menzionate valutazioni circa l'andamento della produzione dei rifiuti e la loro gestione, non viene prevista la realizzazione di alcun inceneritore con recupero energetico. Al contrario, si prevede il ricorso alla discarica per 111.397 tonn/anno (pag. 305 del Piano).

2.3. E' evidente che molti aspetti dalla pianificazione regionale non sono plausibili ne' supportati da adeguata motivazione e documentazione. Inoltre esse si pongono in contrasto con le previsioni del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 agosto 2016, relative all'andamento della produzione dei rifiuti ed alla loro gestione che non possono essere modificate dal legislatore regionale, secondo quanto disposto dall'art. 6 dello stesso decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

Non ricorrono, infatti, le condizioni in presenza delle quali i fabbisogni ivi indicati possono essere modificati adeguandoli alle previsioni regionali. Da qui la conseguenza secondo la quale la legge regionale de qua, nell'approvare un nuovo Piano regionale di gestione dei rifiuti contenente valutazioni non plausibili e inadeguate circa la produzione e la gestione di rifiuti, ed escludendo in forza di tali valutazioni la necessita' di realizzare un inceneritore con recupero energetico, viola l'art. 117, comma secondo, lettera s), Cost. e l'art. 118, primo comma, Cost, perche' contrasta con l'art.

35, comma 1, del decreto legislativo n. 133 del 2014 che detta norme in materia ambientale riservata alla competenza esclusiva dello Stato, e con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 agosto 2016, impedendo il fruttuoso esplicarsi di una funzione amministrativa allocata in capo allo Stato in virtu' del principio di sussidarieta'.

3. Violazione dell'art. 117, 2° comma, lettera s) Cost. in riferimento all'art. 179, comma 5 del decreto legislativo n.

152/2006.

Il Piano regionale di cui trattasi prevede un ingente ricorso alla discarica.

In particolare, prevede un fabbisogno di 111.379 tonn/anno, cui vanno sommate ulteriori 20.000 tonn/anno che sono imputate ad un accordo con la Regione Basilicata ancora non realizzato. Cio' determina un ricorso alla discarica di particolare entita', in sostituzione al ricorso all'incenerimento con recupero energetico previsto invece dal menzionato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 agosto 2016 sulla base dell'art. 35 del decreto-legge n. 133 del 2014.

Cio' si pone in palese contrasto con la gerarchia dei rifiuti stabilita' dall'art. 179, comma 5, del decreto legislativo n. 152 del 2006, con conseguente violazione dell'art. 117, comma secondo, lettera s), Cost.

 

P. Q. M.

 

Il Presidente del Consiglio dei ministri propone il presente ricorso e confida nell'accoglimento delle seguenti conclusioni.

«Voglia l'ecc.ma Corte costituzionale dichiarare costituzionalmente illegittimi l'art. 2, della legge Regione Abruzzo del 23 gennaio 2018, n. 5, pubblicata nel BUR n. 12 del 31 gennaio 2018, recante "Norme a sostegno dell'economia circolare - Adeguamento Piano regionale di gestione integrata dei rifiuti (PRGR)" ed il Piano regionale di gestione integrata di rifiuti (PRGR) adeguato, composto dagli elaborati tecnici indicati nel suddetto art. 2 ed allegato alla legge di cui e' parte integrante e sostanziale, per violazione dell'art. 117, comma 2, lettera l) Cost. e 118, comma l, Cost.».

Si producono:   1. copia della legge regionale impugnata, con gli allegati che ne formano parte integrante e sostanziale;   2. copia conforme della delibera del Consiglio dei ministri adottata nella riunione del 16 marzo 2018, recante la determinazione di proposizione del presente ricorso, con allegata relazione illustrativa.

Roma, 20 marzo 2018.

L'avvocato dello Stato: Guida