RICORSO N. 33 DEL 23 APRILE 2018 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 23 aprile 2018.

(GU n. 22 del 30.5.2018)

 

Ricorso ex art. 127 costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri (c.f. 80188230587) rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato (c.f. 80124030587), presso i cui uffici domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12, manifestando la volonta' di ricevere le comunicazioni all'indirizzo PEC ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it   Nei confronti di Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia a Statuto speciale, in persona del Presidente pro tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 4, lett. p) e lett. w), 14, 15, comma 1 e 16 comma 1 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 3 del 6 febbraio 2018 pubblicata nel B.U. Friuli-Venezia Giulia 14 febbraio 2018, n. 7 recante «Norme urgenti in materia di ambiente, di energia, di infrastrutture e di contabilita'» giusta delibera del Consiglio dei ministri 10 aprile 2018;   Con la legge regionale n. 3 del 6 febbraio 2018 indicata in epigrafe, che consta di 19 articoli, la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia a statuto speciale ha adottato «Norme urgenti in materia di ambiente, di energia di infrastrutture e di contabilita'».

E' avviso del Governo che, con le norme denunciate in epigrafe, la Regione Friuli-Venezia Giulia a Statuto speciale abbia ecceduto dalla propria competenza in violazione della normativa costituzionale, come si confida di dimostrare nei seguenti

 

Motivi

 

1. - L'art. 4, lettera p) della legge regionale Friuli-Venezia Giulia n. 3 del 6 febbraio 2018 viola i limiti della potesta' legislativa regionale ex art 117, comma secondo, lett. s) e 118 primo comma Cost.

L'art. 4, alla lettera p), rubricato «modifiche alla legge regionale n. 11/2015 prevede quanto segue:   «dopo il comma 7 dell'art. 36 sono aggiunti i seguenti:  «comma 7-bis-qualora sul territorio regionale si configuri una situazione di deficit idrico, il Presidente della regione, sulla base dei dati rilevati e di quelli forniti dalla Direzione centrale competente in materia di risorse agricole, con decreto di cui e' data pubblicazione sul sito istituzionale della Regione, in via d'urgenza: a) dichiara lo stato di sofferenza idrica; b) individua le riduzioni temporanee del deflusso minimo vitale, commisurate all'entita' del deficit idrico. 7-ter) - le riduzioni temporanee di cui al comma 7-bis, lettera b), si applicano alle derivazioni d'acqua per utilizzo irriguo in esercizio lungo i corsi d'acqua dei fiumi Tagliamento e Isonzo e dei torrenti Torre, Meduna, Cellina e Judrio».

La legislazione statale primaria e secondaria ha individuato i soggetti cui e' demandata la gestione delle acque e, per quanto rilevante in questa sede, l'esercizio delle funzioni tecniche relative alla determinazione dei livelli di deflusso minimo vitale.

In particolare, si richiama l'art. 95, comma 4, del decreto legislativo n. 152/2006, ai sensi del quale tutte le derivazioni di acqua «comunque in atto alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto sono regolate dall'Autorita' (di bacino) concedente mediante la previsione di rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici, come definito secondo i criteri adottati dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con apposito decreto, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni, senza che cio' possa dar luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione». La norma e' stata adottata dallo Stato in virtu' dell'art. 117, comma secondo, lettera s), Cost., con finalita' di «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema», e in virtu' dell'art. 118, primo comma, Cost., per cui le funzioni amministrative de quo sono attribuite alle Autorita' di bacino.

Nello Statuto speciale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia approvato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 le derivazioni d'acqua ricadono nell'ambito della competenza concorrente a mente dell'art. 5, comma primo, n. 14).

Nel contesto del Titolo V della Costituzione le derivazioni di acqua devono invece ritenersi ascrivibili alla competenza residuale regionale di cui all'art. 117, quarto comma, Cost.

La disposizione e' dunque cogente anche per le Regioni a statuto speciale, in virtu' dell'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 per cui «sino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia piu' ampia rispetto a quelle gia' attribuite».

Ne discende quale ulteriore conseguenza l'applicazione del regime ordinario anche in riferimento ai limiti che trova la potesta' legislativa regionale in materia.

La norma che qui si contesta viola proprio i limiti alla potesta' legislativa regionale risultando invasiva della competenza legislativa in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema riconosciuta allo Stato dall'art. 117, comma secondo, lettera s), e 118, primo comma, Cost.

2. - L'art. 4, lett. w) della legge regionale Friuli-Venezia Giulia 6 febbraio 2018, n. 3 viola gli articoli 3, 97 e 117 comma secondo, lettera e) della Costituzione   L'art. 4, alla lettera w), ha introdotto nella l.r. n. 11/2015 «Disciplina organica in materia di difesa del suolo e di utilizzazione delle acque» all'art. 50 il comma 3-bis disponendo che il canone demaniale, dovuto annualmente dai titolari di concessioni di grande derivazione d'acqua ad uso idroelettrico, sia «aumentato nella misura di 40 € per kW» di potenza nominale di concessione, «nei casi in cui l'esercizio delle concessioni [.] sia prorogato ai sensi dell'art. 12, comma 8-bis, del decreto legislativo n. 79/1999».

L'imposizione di un canone aggiuntivo o maggiorato per la stessa concessione per la quale l'operatore gia' versa il canone, motivata peraltro dalla mancata indizione di gare per la riassegnazione delle concessioni giunte a scadenza, risulta contrario ai principi di ragionevolezza e di parita' di trattamento, nonche' di tutela della concorrenza.

La previsione di un canone aggiuntivo si pone in contrasto con il principio comunitario della libera concorrenza, in quanto incide negativamente sui gestori operanti nel territorio della Regione Friuli-Venezia Giulia rispetto a quelli di altre regioni.

La disposizione regionale dunque eccede dalle competenze riconosciute alla Regione Friuli-Venezia Giulia dallo Statuto speciale di autonomia e dalle relative norme di attuazione, in quanto viola gli articoli 3, 97 e 117, secondo comma lettera e) della Costituzione.

La previsione di un canone aggiuntivo o comunque maggiorato, in assenza di una corrispondente controprestazione a favore dell'operatore, contrasta con il comma 8-bis dell'art. 12 del decreto legislativo n. 79/1999, secondo cui «Qualora alla data di scadenza di una concessione non sia ancora concluso il procedimento per l'individuazione del nuovo concessionario, il concessionario uscente proseguira' la gestione della derivazione, fino al subentro dell'aggiudicatario della gara, alle stesse condizioni stabilite dalle normative e dal disciplinare di concessione viventi».

La norma statale seppure richiamata dalla disposizione regionale in parola e' violata nella sostanza, poiche' impone una modifica -nettamente peggiorativa- della principale e piu' rilevante condizione economica di esercizio della concessione, ossia la quantificazione del canone demaniale, a parita' di acqua utilizzata.

Trattandosi di materia di tutela della concorrenza non assume rilievo la competenza della Regione in materia di demanio idrico trasferito alla regione medesima ai sensi dell'art 1 del decreto legislativo n. 265/2001.

La Corte costituzionale ha affermato che «una situazione di fatto [quale il ritardo nell'indizione delle gare per la riassegnazione delle concessioni idroelettriche - n.d.r.] non potrebbe giustificare una alterazione del riparto delle competenze legislative sancito dall'art. 117 Cost.» (sent. n. 339/2011). E cio' e' tanto piu' vero poiche' il legislatore statale e' intervenuto in tema di canoni per le concessioni idroelettriche, affermando che deve essere lo Stato a dettare, a fini di «omogenea disciplina sul territorio nazionale delle attivita' di generazione idroelettrica» e «parita' di trattamento tra gli operatori economici [...] criteri generali per la determinazione, secondo principi di economicita' e ragionevolezza, da parte delle regioni, di valori massimi dei canoni delle concessioni ad use idroelettrico» (art. 37 comma 7, legge n. 134/2012), principio generale che appare leso dalla norma regionale in esame.

Conclusivamente la norma censurata viola sotto un primo profilo la competenza esclusiva statale in materia di concorrenza, poiche' «disposizioni» quale il richiamato art. 37 comma 7 legge n. 134/2012 cit. «mirano ad agevolare l'accesso degli operatori economici al mercato dell'energia secondo condizioni uniformi sul territorio nazionale, regolando le relative procedure di evidenza pubblica con riguardo alla tempistica delle gare e al contenuto dei relativi bandi (commi 4, 5, 6 e 8), nonche all'onerosita' delle concessioni messe a gara (comma 7). Tali norme rientrano nella materia «tutela della concorrenza», di competenza esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.)» (cosi' la Corte costituzionale n. 28/2014).

In proposito, la sentenza n. 101/2016) ha ribadito che il legislatore regionale, dettando una disciplina in tema di prosecuzione dell'esercizio delle concessioni idroelettriche scadute, al fine di garantire la continuita' della produzione per i tempi necessari per espletare le gare, non incorre nella censura di illegittimita' costituzionale solo se non devia «per alcun profilo [...1 dal binario fissato dal legislatore statale». Al contrario, la norma regionale in esame, nel prevedere un canone aggiuntivo o comunque maggiorato per le concessioni scadute, devia nettamente dal precetto di cui all'art. 12 comma 8-bis del decreto legislativo n. 79/1999, secondo il quale il concessionario deve continuare ad operare alle stesse condizioni anteriori alla scadenza, cosi come sancite negli atti concessori vigenti, condizioni tra cui rileva l'importo del canone.

Va infine evidenziato come la norma regionale in esame sia nella sostanza meramente reiterativa della norma gia' introdotta dalla stessa Regione con l.r. n. 31/2017 (art. 4, comma 24, che introdusse un nuovo art. 61-bis nella l.r. n. 11/2015), e che la Regione medesima si era impegnata - con propria nota del 5 ottobre 2017 - ad abrogare a seguito di osservazioni formulate dal Governo. Seppure, formalmente, il citato art. 61-bis sia stato abrogato (dall'art. 18 della stessa l.r. n. 3/2018), la Regione ne ha contestualmente reiterato la disciplina.

Il mero richiamo della norma regionale all'art. 12, comma 8-bis del decreto legislativo n. 79/1999 non ne sancisce la conformita' al precetto con il quale, sostanzialmente, confligge: il presupposto affermato dal principio fondamentale citato per cui debbono restare «ferme le condizioni stabilite dalle vigenti normative e dal disciplinare di concessione», viene disatteso dalla variazione sostanziale della principale di tali condizioni, con l'imposizione di un nuovo canone, aggiuntivo e maggiorato.

La norma si pone dunque in contrasto con gli artt. 3, 97, e 117 secondo comma lett. e) della Costituzione.

3. - L'art 14 della legge regionale Friuli-Venezia Giulia n. 3 del 6 febbraio 2018 viola l'art. 117, secondo comma lettera e) della Costituzione.

L'art. 14, in materia di impianti di distribuzione dei carburanti, prevede che, ai fini della decadenza del provvedimento autorizzativo e l'eventuale chiusura e la rimozione, sono considerati in condizioni di incompatibilita' territoriale o di inidoneita' tecnica gli impianti di distribuzione dei carburanti che non presentino al comune il programma di adeguamento o di chiusura dell'impianto entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge regionale. Tale previsione si pone in contrasto con la normativa statale legge n. 124 del 4 agosto 2017, «Legge annuale per il mercato e la concorrenza», che ha introdotto disposizioni in materia di incompatibilita' degli impianti di distribuzione dei carburanti (art. 1, commi da 100 a 119), con valenza di norme in materia di concorrenza e di sicurezza stradale, materie rientranti nella legislazione esclusiva statale, anche con riguardo alle disposizioni statutarie regionali.

La normativa regionale, nel prevedere quale condizione di incompatibilita' la mancata presentazione di un programma di adeguamento o di chiusura dell'impianto entro due anni, contrasta con le previsioni della citata norma statale la quale, all'art. 1, comma 102 della citata legge n. 124/2017, fissa i tempi dell'adeguamento con modalita' differenti e piu' stringenti sotto il profilo temporale, benche' prorogati con l'art. 1, comma 1132 della legge 27 dicembre 2017, n. 205.

Si aggiunge che in data 8 marzo 2018 e' stato sottoscritto, in Conferenza Unificata Governo - Regioni - Province autonome ed Enti locali, un accordo ai sensi degli art. 4 e 9 del decreto legislativo n. 281/1997, per l'attuazione dell'art. 1 commi 100/119 della legge n. 124/2017 in materia di carburanti, Tale accordo ha sancito l'impegno di tutti i soggetti contraenti ad implementare la concorrenzialita' del mercato dei carburanti, estendendo e rendendo operabile l'Anagrafe dei carburanti.

La disposizione regionale in esame, nel protrarre il termine di adeguamento degli impianti in parola incide sull'intento di uniformare la disciplina in materia su tutto il territorio nazionale,con cio' provocando squilibri concorrenziali.

La norma eccede dunque dalle competenze e viola l'art. 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione che riserva allo Stato la competenza esclusiva in materia di tutela della concorrenza.

4. - L'art. 15 comma 1 della legge regionale Friuli-Venezia Giulia n. 3 del 6 febbraio 2018 viola le norme poste dallo Stato nell'esercizio della competenza a tutela dell'ambiente ed ecosistema di cui all'art. 117 comma secondo lettera s) della Costituzione.

L'art. 15, comma 1, dispone: «Al comma 1 dell'art. 6 della legge regionale 21 luglio 2017, n. 29 (Misure per lo sviluppo del sistema territoriale regionale nonche' interventi di semplificazione dell'ordinamento regionale nelle materie dell'edilizia e infrastrutture, portualita' regionale e trasporti, urbanistica e lavori pubblici, paesaggio e biodiversita'), le parole», coerenti con le previsioni del programma d'intervento di cui all'art. 4, da attuare nei canali e nelle vie di navigazione interna appartenenti al demanio regionale» sono soppresse».

Il testo oggi vigente dell'art. 6 della legge regionale n. 29 del 2017, escluso l'inciso che ne determinava l'applicabilita' al solo demanio regionale, prevede ora la possibilita' di eseguire interventi di dragaggio manutentivo anche in mare.

Cio' si evince dal testo oggi vigente dell'art 6 della L.R. 29/2017 che dispone «per gli interventi di dragaggio manutentivi, che risultano finalizzati al ripristino delle preesistenti condizioni di navigabilita' in sicurezza, le procedure autorizzative (siano) circoscritte alla sola acquisizione delle verifiche e dei pareri necessari al conferimento e al riutilizzo dei materiali nel rispetto della vigente normativa di valenza ambientale e sanitaria» e anche dalla competenza gia' riconosciuta alla Regione in base agli artt. 1 comma 1, 2 e dal titolo secondo della medesima legge n. 29.

Per effetto del nuvum, introdotto dalla disposizione che qui si contesta,la procedura semplificata disciplinata nell'art. 6 citato - che limita, la procedura di autorizzazione alla «sola acquisizione delle verifiche e dei pareri necessari al conferimento e al riutilizzo dei materiali» - e' estesa anche alle operazioni da svolgersi in mare.

Le operazioni di dragaggio in mare, tuttavia sono disciplinate dall'art. 109 del decreto legislativo n. 152 del 2006, che pone precetti a tutela dell'ambiente e dell'ecosistema nel peculiare settore considerato. Rileva, in particolare, il comma 2 di tale disposizione, in cui si legge «L'autorizzazione all'immersione in mare dei materiali di cui al comma 1, lettera a), e' rilasciata dalla regione, fatta eccezione per gli interventi ricadenti in aree protette nazionali di cui alle leggi 31 dicembre 1982, n. 979 e 6 dicembre 1991, n. 394, per i quali e' rilasciata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in conformita' alle modalita' stabilite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, delle politiche agricole e forestali, delle attivita' produttive previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto». Alla disposizione appena citata e' stata data attuazione con il decreto 15 luglio 2016, n. 173, che contiene il «Regolamento recante modalita' e criteri tecnici per l'autorizzazione all'immersione in mare dei materiali di escavo di fondali marini».

Con l'introduzione della norma qui in esame si attua una duplice lesione prevedendosi una autorizzazione regionale semplificata anche per le operazioni di dragaggio manutentivo in mare e, escludendosi per gli interventi ricadenti in aree protette nazionali di cui alle leggi 31 dicembre 1982 n. 979 e 6 dicembre 1991 n. 394 la procedura sudescritta di cui all'art 109 del decreto legislativo n. 152 del 2006.

La inoperativita' della procedura autorizzatoria di dragaggio in mare ex art. 109 del decreto legislativo n. 152 del 2006, nonche' del citato decreto attuativo, introdotta dalla norma in esame determina la violazione di norme poste dallo Stato nell'esercizio della propria competenza in materia di «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema» e segnatamente l'art 117, comma 2, lett s) della Costituzione..

Si sottolinea che le norme statali adottate in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema non possono non essere qualificate come «norme di grande riforma economico-sociale», che - ai sensi dell'art. 4, comma primo, dello Statuto speciale di autonomia della Regione Friuli-Venezia Giulia - vincolano anche l'esercizio della potesta' legislativa regionale primaria.

Di conseguenza, anche riconducendosi la disposizione che qui si contesta alla materia «lavori pubblici di interesse regionale e locali» di cui all'art. 4, comma primo, n. 9, dello Statuto, la invasione della competenza statale in materia risulta confermata .

6. - L'art 16, comma 1 della legge regionale n. 3, 6 febbraio 2018 viola l'art. 117, comma 2, lett. s) della Costituzione.

L'art. 16, comma 1, della legge regionale in esame dispone: «L'attingimento di acque superficiali a mezzo di dispositivi fissi di cui all'art. 40, comma 2, della legge regionale n. 11/2015, esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge, e' soggetto ad autorizzazione in sanatoria rilasciata dal Comune, previa presentazione dell'istanza di sanatoria entro il 31 dicembre 2018. In tal caso non si applica la sanzione prevista dall'art. 56, comma 12 della legge regionale n. 11/2015».

La disposizione contrasta con quanto previsto dall'art. 96, comma 6, del decreto legislativo n. 152 del 2006, norma che limita la sanatoria al periodo precedente il 30 giugno 2006, ritenendo i casi di abusiva derivazione o utilizzazione di acque commessi nel periodo successivo sanzionabili a mente dell'art. 17, comma 3, del RD 1775 del 1933 ed e' dunque invasiva della competenza legislativa statale..

In particolare vi e' la violazione dell'art. 117, comma secondo, lettera s), Cost. atteso che nel contesto del titolo V della Costituzione le derivazioni di acqua devono ritenersi ascrivibili alla competenza residuale regionale di cui all'art. 117, quarto comma, Cost. La disposizione e' cogente anche per le Regioni a statuto speciale, in virtu' dell'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 per cui sino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia piu' ampia rispetto a quelle gia' attibuite».

Ne discende quale ulteriore conseguenza l'applicazione del regime ordinario anche con riferimento ai limiti che trova la potesta' legislativa regionale in materia.

La norma che qui si contesta viola proprio i limiti alla potesta' legislativa regionale risultando invasiva della competenza legislativa in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema riconosciuta allo Stato dall'art 117, comma secondo, lett. s), Cost.

 

P.Q.M.

 

Si conclude perche' gli articoli 4, lettera p) e w), 14, 15 primo comma e 16 primo comma della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 3 del 6 febbraio 2018 recante «Norme urgenti in materia di ambiente, di energia, di infrastrutture e di contabilita'» siano dichiarati costituzionalmente illegittimi.

Con l'originale notificato del presente ricorso si depositano:   1. Estratto della determinazione del Consiglio dei ministri assunta nella riunione del 10 aprile 2018 e della relazione allegata al verbale;   2. Copia della legge impugnata della Regione Friuli-Venezia Giulia n 3 del 6 febbraio 2018

Roma, 12 aprile 2018

Il Vice Avvocato Generale dello Stato: Palmieri