RICORSO N. 73 DEL 14 SETTEMBRE 2017 (DELLA PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO)

Ricorso per questione di legittimità costituzionale depositato in cancelleria il 14 settembre 2017.

(GU n. 45 del 08.11.2017)

 

Ricorso della Provincia autonoma di Bolzano (c.f. e p.i.

00390090215), in persona del suo presidente e legale rappresentante pro tempore, Arno Kompatscher, rappresentata e difesa, tanto congiuntamente quanto disgiuntamente, in virtu' della procura speciale Rep. n. 24740 del 22 agosto 2017, rogata dal segretario generale della giunta provinciale dott. Eros Magnago, nonche' in virtu' della deliberazione della giunta provinciale di autorizzazione a stare in giudizio n. 880 del 22 agosto 2017, dagli avv.ti Renate von Guggenberg (c.f. VNG RNT 57L45 A952K pec renate.guggenberg@pec.prov.bz.it), Stephan Beikircher (c.f. BKR SPH 65 E10 B160H - pec stephan.beikircher@pec.prov.bz.it), Cristina Bernardi (c.f. BRN CST 64M47 D548L - pec cristina.bernardi@pec.prov.bz.it) e Laura Fadanelli (c.f. FDN LRA 65H69 A952U - pec laura.fadanelli@pec.prov.bz.it), di Bolzano, con indirizzo di posta elettronica avvocatura@provincia.bz.it ed indirizzo di posta elettronica certificata anwaltschaft.avvocatura@pec.prov.bz.it e n. fax 0471/412099, e dall'avv. Michele Costa (c.f. CST MHL 38 C30 H501R), di Roma, con indirizzo di posta elettronica costamicheleavv@tin.it e presso lo studio di quest'ultimo in Roma, Via Bassano del Grappa n. 24, elettivamente domiciliata (pec michelecosta@ordineavvocatiroma.org e n. fax 06/3729467);   Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente del Consiglio in carica;   per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 5, comma l; 8; 16, commi l e 2; 22, commi l, 2, 3 e 4; 23, commi l e 4; e 24 del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104, recante «Attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, ai sensi degli articoli l e 14 della legge 9 luglio 2015, n. 114».

Fatto 

Nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica 6 luglio 2017, n. 156, e' stato pubblicato il decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104, recante «Attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011192/UE, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, ai sensi degli articoli l e 14 della legge 9 luglio 2015, n. 114».

Con tale decreto legislativo viene data appunto attuazione, a livello statale, alla nuova direttiva dell'Unione europea in materia di valutazione dell'impatto ambientale (direttiva 2014/52/UE), apportando a tal fine diverse modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante «Norme in materia ambientale».

Tale decreto legislativo definisce quale «autorita' competente» la pubblica amministrazione cui compete l'adozione del provvedimento di verifica di assoggettabilita' a valutazione d'impatto ambientale, l'elaborazione del parere motivato, nel caso di valutazione di piani e programmi, e l'adozione dei provvedimenti di valutazione d'impatto ambientale (VIA), nel caso di progetti ovvero il rilascio dell'Autorizzazione integrata ambientale (AIA) o del provvedimento comunque denominato che autorizza l'esercizio (art. 2, comma l, lettera i), che sostituisce la lettera p) del comma l dell'art. 5 decreto legislativo n. 152/2006).

Per quanto riguarda la Valutazione ambientale strategica (VAS) e l'AIA, il decreto legislativo individua, rispettivamente, l'autorita' competente in sede statale e quella competente in sede regionale, che corrisponde alla pubblica amministrazione con compiti di tutela, protezione e valorizzazione ambientale individuata secondo le disposizioni delle leggi delle regioni o delle Province autonome di Trento e di Bolzano, le quali disciplinano con proprie leggi e regolamenti anche le proprie competenze nonche' quelle degli altri enti locali in materia di VAS e di AIA (art. 4, comma l, lettere b), c) e d), che modificano l'art. 7 decreto legislativo n. 152/2006).

Analogamente per quanto attiene la VIA, lo stesso decreto legislativo determina l'autorita' competente in sede statale e quella competente in sede regionale, che corrisponde sempre alla pubblica amministrazione con compiti di tutela, protezione e valorizzazione ambientale individuata secondo le disposizioni delle leggi delle regioni o delle province autonome, le quali disciplinano con proprie leggi e regolamenti l'organizzazione e le modalita' di esercizio delle funzioni amministrative ad esse attribuite in materia di VIA, nonche' l'eventuale conferimento di tali funzioni o di compiti specifici agli altri enti territoriali sub-regionali (art. 5, comma l, che introduce il nuovo art. 7-bis nel decreto legislativo n.

152/2006, in particolare commi 4, 5 e 8).

Inoltre, il decreto legislativo individua nel dettaglio i progetti sottoposti in sede statale a VIA o a verifica di assoggettabilita' a VIA (Allegati II e II-bis alla parte seconda del decreto legislativo n. 152/2006, richiamati nel comma 2 dell'art.

7-bis del medesimo, come aggiunto dall'art. 5) e parallelamente i progetti sottoposti in sede regionale a VIA o a verifica di assoggettabilita' a VIA (Allegati III e IV alla parte seconda del decreto legislativo n. 152/2006, richiamati invece nel comma 3 dell'art. 7-bis).

Secondo quanto previsto dal decreto legislativo in questione, le province autonome, al pari delle regioni a statuto ordinario, nell'esercizio delle proprie potesta' legislative devono conformarsi alla legislazione dell'Unione europea ed al rispetto di quanto previsto nel decreto legislativo n. 152/2006, fatto salvo il potere di stabilire regole ulteriori per la semplificazione dei procedimenti, per le modalita' di consultazione del pubblico e degli altri soggetti pubblici interessati, per il coordinamento dei provvedimenti di competenza regionale e locale, nonche' per la destinazione dei proventi derivanti dalle sanzioni amministrative alle finalita' indicate dallo stesso decreto legislativo n. 152/2006 e ferma restando l'inderogabilita' dei termini procedimentali massimi (comma 8 dell'art. 7-bis decreto legislativo n. 152/2006, come aggiunto dall'art. 5).

Quindi, secondo quanto previsto dal decreto legislativo in questione, le potesta' normative (legislative e regolamentari) delle province autonome (cosi' come delle regioni) si limitano praticamente al semplice adeguamento dei rispettivi ordinamenti entro il termine perentorio di 120 giorni dall'entrata in vigore dello stesso decreto, con la previsione che, decorso inutilmente detto termine, in assenza di disposizioni regionali o provinciali vigenti idonee allo scopo, si applicano i poteri sostitutivi di cui all'art. 117, quinto comma, della Costituzione, secondo quanto previsto dagli articoli 41 e 43 della legge 24 dicembre 2012, n. 234 (art. 23, comma 4).

Sennonche' la normativa statale prevede e disciplina compiutamente anche il «provvedimento autorizzatorio unico regionale» che congloba tutti gli atti di assenso richiesti (art. 27-bis, in particolare comma l, decreto legislativo n. 152/2006, come introdotto dall'art. 16, comma 2), sul modello del «provvedimento unico in materia ambientale» di competenza statale, che comprende i vari titoli e provvedimenti ampliativi individuati dalla stessa normativa statale (art. 27, in particolare comma 2, decreto legislativo n.

152/2006, come sostituito dall'art. 16, comma 1).

Inoltre, anche con riferimento alla VIA di competenza regionale il decreto legislativo in questione regola l'acquisizione di tutti gli atti necessari alla realizzazione del progetto sottoposto a tale VIA anche con la previsione di un'apposita Conferenza di servizi, convocata in modalita' sincrona (art. 24, che modifica l'art. 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241, recante «Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi»).

Con particolare riferimento alle funzioni amministrative di competenza delle province autonome (e delle regioni), il decreto delegato interviene in modo ugualmente puntuale, onerando le autonomie territoriali del livello di governo regionale, ivi incluse espressamente le Province autonome, dei seguenti specifici adempimenti:   a) assicurare che le procedure (per la verifica di assoggettabilita' a VIA o per la VIA di competenza regionale) siano svolte in conformita' agli articoli da 19 a 26 e dagli articoli 27-bis (quest'ultimo introdotto nel decreto legislativo n. 152/2006 dal comma 2 dell'art. 16 e il quale prevede e disciplina il provvedimento autorizzatorio unico regionale, analogo a quello di competenza statale di cui all'art. 27, comma 2, decreto legislativo n. 152/2006, come sostituito dal comma l dell'art. 16) a 29 del decreto legislativo n. 152/2006 (comma 7 dell'art. 7-bis decreto legislativo n. 152/2006, come introdotto dall'art. 5);   b) dal 31 dicembre 2017, e con cadenza biennale, informare il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare circa i provvedimenti adottati e i procedimenti di verifica di assoggettabilita' a VIA e di VIA, fornendo i dati specificamente richiesti dal decreto (comma 9 dell'art. 7-bis decreto legislativo n.

152/2006, come introdotto dall'art. 5);   c) assicurare che l'autorita' competente disponga di adeguate competenze tecnico-scientifiche o, se necessario, si avvalga di adeguate figure di comprovata professionalita', competenza ed esperienza per l'attuazione delle norme statali in materia di VAS e VIA (comma 7 dell'art. 8 decreto legislativo n. 152/2006, come sostituito dall'art. 6);   d) verificare l'ottemperanza alle condizioni ambientali prescritte nel provvedimento di verifica di assoggettabilita' a VIA o nel provvedimento di VIA, in collaborazione con il Ministero per i profili di competenza, anche avvalendosi del Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente, dell'Istituto superiore sanita', ovvero di altri soggetti pubblici, nonche' dare adeguata informazione del monitoraggio in questione attraverso il sito web della stessa autorita' competente (art. 28 decreto legislativo n. 152/2006, come sostituito dall'art. 17, in particolare commi 2 e 8).

Con il decreto legislativo in questione viene altresi' modificato sensibilmente il riparto delle competenze amministrative tra lo Stato e le regioni in materia di VIA, attribuendo alla competenza dello Stato un rilevante numero di progetti ed interventi che nel previgente regime erano invece attribuiti alla competenza delle regioni (art. 22 e correlative abrogazioni apportate dall'art. 26).

Si evidenziano, a titolo di esempio e tra quelli di maggiore rilevanza per il loro impatto sull'assetto statutario delle competenze attribuite alle province autonome, che ora ricadono negli Allegati II e II-bis, quindi nell'ambito delle VIA o delle relative verifiche di assoggettabilita' di competenza statale e non piu' in quello di competenza regionale:   impianti termici per la produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 150 MW;   impianti eolici per la produzione di energia elettrica sulla terraferma con potenza complessiva superiore a 30 MW;   elettrodotti aerei per il trasporto di energia elettrica con tensione nominale superiore a 100kV e con tracciato di lunghezza superiore a 10 km, che nella normativa previgente ricadevano nell'ambito di competenza statale solo se «facenti parte della rete elettrica di trasmissione nazionale»;   stoccaggio di petrolio, prodotti chimici, prodotti petroliferi e prodotti petrolchimici con capacita' complessiva superiore a 40.000 mc;   sotterraneo artificiale di gas combustibili in serbatoi con una capacita' complessiva superiore a 80.000 mc;   strade extraurbane principali (definite dal Codice della strada all'art. 2); rientravano nell'ambito di competenza statale, anche nel testo previgente, le autostrade, nonche' le strade riservate alla circolazione automobilistica o tratti di esse, accessibili solo attraverso svincoli o intersezioni controllate e sulle quali sono vietati tra l'altro l'arresto e la sosta di autoveicoli e le strade a quattro o piu' corsie o raddrizzamento e/o allargamento di strade esistenti a due corsie al massimo per renderle a quattro o piu' corsie, sempre che la nuova strada o il tratto di strada raddrizzato e/o allargato abbia una lunghezza ininterrotta di almeno 10 km;   porti con funzione turistica e da diporto quando lo specchio d'acqua e' superiore a 10 ettari o le aree esterne interessate superano i 5 ettari oppure i moli sono di lunghezza superiore ai 500 metri;   tutti gli impianti per la cattura di flussi di CO2, provenienti anche da impianti che nel testo previgente rientravano nell'Allegato III e quindi nell'ambito di competenza regionale;   impianti termici per la produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 50 MW;   installazioni di oleodotti e gasdotti e condutture per il trasporto di flussi di CO2 ai fini dello stoccaggio geologico superiori a 20 km;   elettrodotti aerei esterni per il trasporto di energia elettrica con tensione nominale superiore a 100 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 3 km;   interporti, piattaforme intermodali e terminali intermodali;   porti (non turistici) e impianti portuali marittimi, fluviali e lacuali, compresi i porti con funzione peschereccia, vie navigabili;   strade extraurbane secondarie (definite dal Codice della strada all'art. 2) «di interesse nazionale» (in precedenza, invece, tutte le strade extraurbane secondarie erano soggette a screening regionale e pertanto resterebbero alla competenza regionale quelle non qualificabili di «interesse nazionale», non individuabili in concreto, in mancanza di un criterio per l'individuazione del predetto carattere «di interesse nazionale», ovvero tutte le strade extraurbane secondarie potrebbero essere ritenute di «interesse nazionale»);   acquedotti con una lunghezza superiore ai 20 km;   aeroporti (progetti non compresi nell'Allegato II);   porti con funzione turistica e da diporto, quando lo specchio d'acqua e' inferiore o uguale a 10 ettari, le aree esterne interessate non superano i 5 ettari e i moli sono di lunghezza inferiore o uguale a 500 metri;   modifiche o estensioni di progetti di cui agli allegati II e II-bis gia' autorizzati, realizzati o in fase di realizzazione, che possono avere notevoli impatti ambientali significativi e negativi.

Come emerge dal quadro complessivo appena descritto, la nuova normativa statale muta profondamente il riparto delle competenze tra lo Stato e le province autonome (oltre che tra lo Stato e le regioni in genere), variazione che non trova nessun aggancio nei principi e criteri direttivi fissati nella legge delega, con violazione dell'art. 76 della Costituzione, e viene ad incidere ampiamente in ambiti di materia che in forza dello Statuto speciale di autonomia per il Trentino-Alto Adige/Südtirol (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670) e delle relative norme di attuazione, anche alla luce della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, sono attribuiti alla potesta' legislativa, nonche' alla corrispondente potesta' regolamentare ed amministrativa delle province autonome, che da tempo sono state anche effettivamente esercitate, dando forma ad un corposo impianto normativo ed organizzativo, oltre a contrastare con gli articoli 3, in combinato disposto con l'art. 97, 76, 117, primo, terzo, quarto, quinto e sesto comma, 118 e 120 della Costituzione, anche in combinato disposto con l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, nonche' con i principi della proporzionalita', della ragionevolezza e della leale collaborazione.

Quindi la Provincia autonoma di Bolzano impugna le disposizioni indicate in epigrafe per i seguenti motivi di  

Diritto  

Violazione dell'art. 8 (in particolare n. 1), n. 3), n. 5), n. 6), n.

11), n. 13), n. 16), n. 17), n. 18), n. 20), n. 21) e n. 24), dell'art. 9 (in particolare n. 3), n. 9) e n. 10) e dell'art. 16 dello Statuto speciale di autonomia per il Trentino-Alto Adige/Südtirol (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), e delle relative norme di attuazione, tra cui il decreto del Presidente della Repubblica 19 novembre 1987, n. 526 (in particolare articoli 7 e 8), ed il decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 381 (in particolare art. 19-bis), anche in combinato disposto con l'art.

10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3; violazione degli articoli 2 e 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266; violazione dell'art. 3, in combinato disposto con l'art. 97, dell'art. 76, dell'art. 117, primo, terzo, quarto, quinto e sesto comma, dell'art. 118 e dell'art. 120 della Costituzione; violazione dell'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3; violazione dei principi della proporzionalita', della ragionevolezza e della leale collaborazione.

Innanzitutto il decreto legislativo in questione deve essere censurato per eccesso di delega legislativa, in violazione dell'art.

76 della Costituzione, per tardivita' dell'esercizio della stessa da parte del Governo, posto anche l'obbligo di dare tempestiva attuazione alle direttive UE di cui all'art. 29, comma l, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, recante «Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea».

In forza dell'articolo l, comma 2, della legge 9 luglio 2015, n.

114, recante «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2014», il termine finale assegnato al Governo per l'esercizio della delega era il 16 gennaio 2017. Sennonche' tale termine non e' stato rispettato, essendo il decreto in questione stato emanato appena in data 16 giugno 2017.

Infatti, la norma appena citata della legge delega prevede che il termine per l'esercizio della delega e' individuato «ai sensi dell'art. 31, comma l, della legge 24 dicembre 2012, n. 234», operando un rinvio a tale fonte e recependone in tal modo le successive modifiche.

E tale ultima norma, come modificata dalla lettera b) del comma 1 dell'art. 29 della legge 29 luglio 2015, n. 115, cosi' dispone: «In relazione alle deleghe legislative conferite con la legge di delegazione europea per il recepimento delle direttive, il Governo adotta i decreti legislativi entro il termine di quattro mesi antecedenti a quello di recepimento indicato in ciascuna delle direttive; per le direttive il cui termine cosi' determinato sia gia' scaduto alla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea, ovvero scada nei tre mesi successivi, il Governo adotta i decreti legislativi di recepimento entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della medesima legge; per le direttive che non prevedono un termine di recepimento, il Governo adotta i relativi decreti legislativi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea».

Quindi, dal momento che nel caso di specie l'art. 2 della direttiva 2014/52/UE, al paragrafo l, dispone che il recepimento deve avvenire entro il 16 maggio 2017, risulta evidente che la delega legislativa e' stata esercitata tardivamente.

Ad ogni buon fine va evidenziato che, secondo giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte, i rinvii contenuti nelle leggi devono essere interpretati con la presunzione di un rinvio mobile, anziche' fisso, per cui un'eventuale scelta del rinvio ricettizio deve essere «espressa oppure sia desumibile da elementi univoci e concludenti» (sent. n. 258/2014), circostanza questa non ricorrente nel caso di specie.

Ne consegue che e' del tutto irrilevante la circostanza che, dopo la prima adozione del provvedimento legislativo, assunta dal Consiglio dei ministri nella seduta del 10 marzo 2017, nelle note del 16 marzo 2017, con cui lo schema del decreto legislativo e' stato trasmesso rispettivamente alla Conferenza Stato-regioni nonche' al Senato della Repubblica ed alla Camera dei deputati per l'espressione dei rispettivi pareri, sia stato indicato come termine per l'esercizio della delega il 16 marzo 2017, sulla considerazione che la legge delega, mediante rinvio al testo originario dell'art. 31, comma l, della legge n. 234/2012, prevedeva per il termine di scadenza, due mesi antecedenti il termine fissato dalla direttiva, anziche' quattro mesi. Comunque, l'articolo l, comma 2, legge n.

114/2015 rinvia solo ed esclusivamente al comma l dell'art. 31 legge n. 234/2012.

Indubbiamente le previsioni contenute nel decreto legislativo qui impugnato - in assenza di una chiara «cedevolezza» della normativa statale, in violazione dell'art. 41 della legge n. 234/2012 - hanno ripercussioni sulla legislazione gia' vigente della Provincia autonoma di Bolzano nelle materie di sua competenza di cui si dira' piu' avanti e, quindi, in ultima analisi, incidono sulla disciplina di rango costituzionale e statutario del riparto delle competenze tra lo Stato e le province autonome, con la conseguenza che, alla luce della costante giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte, e' consentito alla provincia autonoma ricorrente sollevare il vizio di eccesso di delega legislativa, che esula dalla disciplina del riparto.

Il decreto legislativo in questione viola l'art. 76 della Costituzione, anche per il mancato rispetto dei principi e criteri stabiliti nella legge di delega, sotto un duplice profilo.

Innanzitutto non vengono rispettati ne' i principi generali dettati dalla delega di funzione legislativa per l'attuazione delle direttive UE, tra cui, principalmente, il divieto di aggravare i livelli di regolazione rispetto a quelli minimi richiesti dalle direttive (art. 32, comma l, lettera c), legge n. 234/2012), ne' i principi specifici indicati nella delega che autorizza il provvedimento stesso (art. 14, legge n. 114/2015) che, in estrema sintesi, si possono essenzialmente ricondurre ai concetti di semplificazione e coordinamento con altre procedure del settore dell'ambiente, nonche' miglioramento della qualita' del procedimento (smart regulation, tradotta espressamente nella delega come «regolamentazione intelligente») ed in ultima analisi, maggiore efficienza, pur avendo la legge delega la preminenza sul decreto legislativo delegato (cfr., tra le piu' risalenti, la sentenza n.

34/1960).

Nella specie, le norme del decreto legislativo spostano pressoche' in blocco le competenze dalle regioni allo Stato (art. 22, se si deve intendere come riferito anche alle province autonome), modificando notevolmente il riparto delle rispettive competenze vigente m precedenza nell'ordinamento interno, andando ben oltre non solo ai predetti principi della delega, ma anche alla stessa direttiva 2014/52/UE (vedasi i Considerando in premessa della medesima), che certamente non puo' disporre nell'ordinamento interno degli Stati membri un simile spostamento di competenze e, in realta', nemmeno lo impone, i cui principi e criteri costituiscono parametro interposto rispetto all'art. 76 della Costituzione.

A riguardo rileva anche la lettera g) del comma l dell'art. 32 della legge n. 234/2012, ai sensi della quale «quando si verifichino sovrapposizioni di competenze tra amministrazioni diverse o comunque siano coinvolte le competenze di piu' amministrazioni statali, i decreti legislativi individuano, attraverso le piu' opportune forme di coordinamento, rispettando i principi di sussidiarieta', differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione e le competenze delle regioni e degli altri enti territoriali, le procedure per salvaguardare l'unitarieta' dei processi decisionali, la trasparenza, la celerita', l'efficacia e l'economicita' nell'azione amministrativa e la chiara individuazione dei soggetti responsabili».

Sennonche' nel procedimento di adozione del decreto legislativo non e' stato rispettato il principio di leale collaborazione, ove si consideri che il Governo non si e' adeguato ai rilievi e non ha cercato un'intesa, benche' vi fosse tenuto in forza dell'intreccio delle materie, di rispettiva competenza, dello Stato e delle province autonome, anche alla luce della piu' recente giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte, che subordina alle intese l'esercizio da parte del Governo della funzione legislativa delegata, a differenza della funzione legislativa in senso proprio esercitata dal Parlamento (sent. n. 251/2016).

Non e' nemmeno stato rispettato il principio di sussidiarieta', con conseguente violazione dell'art. 118, primo comma, della Costituzione, come sono state violate le regole che disciplinano la chiamata in sussidiarieta'.

Fatto e' che, come gia' accennato, la nuova normativa statale viene ad incidere ampiamente in ambiti di materia che per Statuto speciale di autonomia per il Trentino-Alto Adige/Südtirol sono attribuiti alla potesta' legislativa, nonche' alla corrispondente potesta' regolamentare ed amministrativa delle province autonome, che da tempo sono state anche effettivamente esercitate.

Lo Statuto speciale di autonomia attribuisce alle Province autonome in via esclusiva la potesta' legislativa e la correlativa potesta' amministrativa (art. 16), in un'ampia gamma di materie quali «tutela e conservazione del patrimonio storico, artistico e popolare» (art. 8, n. 3), «urbanistica e piani regolatori» (art. 8, n. 5), «tutela del paesaggio» (art. 8, n. 6), «porti lacuali» (art. 8, n.

11), «opere di prevenzione e di pronto soccorso per calamita' naturali» ed in altri termini, «protezione civile» (art. 8, n. 13), «alpicoltura e parchi per la protezione della flora e della fauna» (art. 8, n. 16), «viabilita', acquedotti e lavori pubblici di interesse provinciale» (art. 8, n. 17), «comunicazioni e trasporti di interesse provinciale» (art. 8, n. 18), «turismo e industria alberghiera» (art. 8, n. 20), «agricoltura, foreste e corpo forestale» (art. 8, n. 21), «artigianato» (art. 8, n. 9), «opere idrauliche» (art. 8, n. 24) e «commercio» (art. 9, n. 3), in combinato disposto con l'art. 117 Cost. e con l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), nonche', in via concorrente, nella materia della «igiene e sanita'» (art. 9, n. 10), riqualificata come piu' ampia «tutela della salute» (art. 117, terzo comma, Cost., in combinato disposto con l'art. 10 legge cost. n. 3/2001), nella nozione data dalla giurisprudenza costituzionale (a partire dalla sentenza n. 181/2006) e, infine, nella materia della «utilizzazione delle acque pubbliche» (art. 9, n. 9). E anche nelle materie di competenza legislativa concorrente le province autonome esercitano le correlate potesta' amministrativa (sempre art. 16).

Anche sul piano organizzativo, e dunque in ambito comune alle varie materie predette, alle province autonome competono per Statuto la funzione normativa e quella amministrativa in materia di «ordinamento degli uffici e del personale» (art. 8, n. l, e art. 16), nell'esercizio della quale sono disciplinati anche i procedimenti amministrativi, in modo organico nonche' con particolare riferimento alle singole materie sopra indicate.

L'assegnazione delle predette potesta' statutarie e' attuata dalle rispettive norme di attuazione statutaria nelle specifiche materie di competenza.

A riguardo assume particolare rilevanza il decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 381, recante «Norme di attuazione dello statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di urbanistica ed opere pubbliche», che trasferisce e delega le funzioni dello Stato in materia di utilizzazione delle acque pubbliche, di opere idrauliche, di opere di prevenzione e pronto soccorso per calamita' pubbliche, di viabilita', compresa quella stradale dello Stato, acquedotti e lavori pubblici, il quale, all'art. 19-bis, inserito dall'art. 8 del decreto legislativo 11 novembre 1999, n. 463, dispone che «Ai fini dell'esercizio delle funzioni delegate con il presente decreto le province di Trento e di Bolzano, per il rispettivo territorio, applicano la normativa provinciale in materia di organizzazione degli uffici, di contabilita', di attivita' contrattuale, di lavori pubblici e di valutazione di impatto ambientale».

Ora e' evidente che se con tale norma, di rango parastatutario, viene riconosciuta espressamente alle province autonome la competenza in materia di valutazione di impatto ambientale nell'esercizio di funzioni delegate, a maggior ragione le stesse sono titolari di tale competenza nelle materie proprie.

Inoltre, gia' secondo la normativa di attuazione statutaria del 1987 (d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526) alle province autonome e' attribuito il potere di dare diretta attuazione alle direttive europee nelle materie di competenza esclusiva delle medesime, che e' stato esteso nel 1989 anche alle materie di competenza concorrente, dapprima per effetto di una legge ordinaria (art. 9, commi l e 2, legge 9 marzo 1989, n. 86, recante «Norme generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativa comunitario e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari»), e, in seguito, a partire dal 2001, sulla base di norme di rango costituzionale che hanno codificato tale potere delle regioni e delle province autonome a livello di principio e di norma fondamentale dell'ordinamento della Repubblica (art. 117, quinto comma, Cost., come modificato dalla legge cost. n. 3/2001).

Peraltro, il potere delle province autonome di dare diretta attuazione, nelle materie di competenza, alle direttive UE e' riconosciuto espressamente anche nell'ordinamento interno vigente, che tiene ferme le previsioni statutarie e di attuazione statutaria (art. 59 legge n. 234/2012), oltre che dalla giurisprudenza costituzionale, afferente anche in particolare tematiche attinenti la protezione dell'ambiente (ad es. per la materia «parchi», sentenza n.

104/2008, che richiama sul punto anche la sentenza n. 425/1999 e la sentenza n. 378/2007).

E' assodato che il sistema normativa ed organizzativo, fondato sullo Statuto speciale, continua ad operare anche a seguito della riforma della Costituzione del 2001, dato che la suddetta riforma non restringe la sfera di autonomia gia' spettante alle province autonome per Statuto, ma puo' solo eventualmente ampliarla.

Infatti, l'articolo 10 della legge cost. n. 3/2001, n. 3, con la quale - come noto - sono state apportate modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione, dispone che le disposizioni in essa contenute si applicano anche alle regioni a statuto speciale ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano per le sole parti in cui prevedono forme di autonomia piu' ampie rispetto a quelle ad esse gia' attribuite.

Cio' e' stato riconosciuto anche da codesta ecc.ma Corte, tra l'altro con riferimento al servizio idrico ed alle relative tariffe (sent. n. 357/2010; da ultimo sentenza n. 51/2016 e precedenti richiamati).

Ancora con sentenza n. 279/2005 codesta ecc.ma Corte ebbe a stabilire: «... l'articolo 10 della legge cost. n. 3 del 2001 - secondo cui "sino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle regioni a statuto speciale ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia piu' ampie rispetto a quelle gia' attribuite" - e' ... tale da non lasciare alcun dubbio circa la volonta' del legislatore costituzionale di estendere in via diretta alle regioni a statuto speciale le maggiori autonomie riconosciute alle regioni a statuto ordinario, senza alcuna limitazione quanto alle forme di tutela.»   E nella sentenza n. 51/2016 codesta ecc.ma Corte ha ulteriormente affermato che il sistema di attribuzioni provinciali nell'esercizio delle quali la Provincia ha da tempo delineato il quadro organizzatorio del servizio idrico integrato provinciale «non e' stato sostituito dalla competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza e di tutela dell'ambiente», a seguito della riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione.

Analogamente, per quanto riguarda la disciplina del potere sostitutivo statale, non vi possono essere nell'ordinamento della Repubblica disposizioni, specie se di legge ordinaria, che possano essere intese in senso peggiorativo rispetto all'assetto costituzionale e statutario gia' vigenti, secondo quanto affermato anche nella giurisprudenza costituzionale successiva alla riforma del 2001.

In particolare, codesta ecc.ma Corte ha avuto modo di chiarire che, a seguito della citata riforma costituzionale, solo per le materie di nuova acquisizione da parte delle Province autonome (ai sensi dell'art. 10 legge cost. n. 3/2001, attuato dall'art. 11 legge 5 giugno 2003, n. 131), la disciplina del potere sostitutivo statale e' demandata a nuova normativa di attuazione statutaria, mentre per le materie gia' attribuite dallo Statuto speciale di autonomia rimangono ferme e prevalenti le vigenti norme di attuazione e dunque anche l'art. 8 del decreto del Presidente della Repubblica n.

526/1987, salvo il processo di adeguamento dello Statuto speciale e delle norme di attuazione vigenti (sent. n. 236/2004).

Vi sono poi specifiche norme di attuazione statutaria (art. 2 decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, recante «Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonche' la potesta' statale di indirizzo e coordinamento»), che prevedono che la legislazione regionale e provinciale deve essere adeguata unicamente ai principi e norme costituenti limiti indicati dagli articoli 4 e 5 dello Statuto speciale di autonomia e recati da atto legislativo dello Stato entro i sei mesi successivi alla pubblicazione dell'atto medesimo nella Gazzetta Ufficiale o nel piu' ampio termine da esso stabilito e che, nel frattempo, restano applicabili le disposizioni legislative regionali e provinciali preesistenti.

In merito a tale norma, codesta ecc.ma Corte, con la sentenza n.

380/1997, si e' cosi' espressa:   «L'art. 2 del decreto legislativo n. 266 del 1992, dettando la disciplina sopra richiamata in ordine ai rapporti fra legislazione statale e legislazione provinciale, vieta al legislatore statale - salvo che negli ambiti in cui il comma 4 del medesimo art. 2 fa salva l'immediata applicabilita' delle leggi statali (leggi costituzionali, e atti legislativi nelle materie in cui alla Provincia e' attribuita delega di funzioni statali o potesta' legislativa integrativa) - di attribuire alle norme da esso dettate nelle materie di competenza provinciale immediata e diretta applicabilita', prevalente su quella della legislazione provinciale preesistente, nel territorio delle province autonome.

Le norme di attuazione garantiscono in tal modo alla Provincia uno spazio temporale per procedere all'adeguamento della propria legislazione ai vincoli che, in forza dello statuto, discendano dalle nuove leggi statali, ed escludono che in pendenza di tale adeguamento (...) l'applicabilita' delle norme di fonte statale si sostituisca automaticamente a quella delle norme provinciali. Da cio' anche la previsione della possibilita' per il Governo nazionale di impugnare, entro un ulteriore termine decorrente dalla scadenza di quello per l'adeguamento, la legislazione provinciale che non sia stata adeguata ai nuovi vincoli (...).

Questo sistema comporta che una legge statale, dettata in materia di competenza provinciale, in ambito diverso da quelli previsti dal comma 4 del predetto art. 2, la quale pretenda di far valere immediatamente e direttamente la propria efficacia anche nel territorio delle province autonome, prevalendo sulla legislazione provinciale previgente, debba ritenersi illegittima, per violazione della norma di attuazione statutaria non derogabile dalla legge ordinaria dello Stato (sentenze nn. 38 e 40 del 1992; n. 69 del 1995) - nella parte in cui viene ad essa attribuita tale efficacia.

Resta tuttavia fermo che la legge statale sopravvenuta, nei limiti in cui contenga nuovi principi o nuove norme vincolanti, in forza dello statuto, nei confronti del legislatore provinciale, obbliga quest'ultimo a procedere al relativo adeguamento, entro il termine stabilito; e che il mancato adeguamento entro tale termine da' luogo alla sopravvenuta illegittimita' costituzionale della legislazione provinciale non adeguata, suscettibile di essere fatta valere, oltre che - in ogni tempo - in via incidentale nei giudizi nei quali essa sia destinata a trovare applicazione, in via principale su ricorso del Governo nazionale, ai sensi dell'art. 97 dello statuto speciale e dell'art. 2, commi 2 e 3, del decreto legislativo n. 266 del 1992.»   Ne consegue che la norma di cui al comma 4 dell'art. 23 del decreto legislativo n. 104/2017, ai sensi della quale I'adeguamento deve avvenire entro il termine perentorio di 120 giorni dall'entrata in vigore del decreto stesso, cozza contro tale norma di attuazione statutaria ed e', quindi, in ogni caso illegittima.

Nell'esercizio effettivo delle potesta' statutarie attribuite alla Provincia autonoma di Bolzano nelle varie materie sopra individuate, essa ha provveduto a disciplinare con proprie leggi e regolamenti anche la valutazione d'impatto ambientale (legge della Provincia autonoma di Bolzano 5 aprile 2007, n. 2, recante «Valutazione ambientale per piani e progetti», e successive modifiche; decreto del Presidente della Giunta provinciale 26 marzo 1999, n. 15, recante «Regolamento relativo alla valutazione dell'impatto ambientale», e successive modifiche; decreto del Presidente della Provincia 7 agosto 2002, n. 27, recante «Modifica dell'allegato 2 della legge provinciale 24 luglio 1998, n. 7, «Valutazione dell'impatto ambientale», e successive modifiche).

Inoltre, attualmente e' in trattazione del Consiglio provinciale di Bolzano il disegno di legge provinciale n. 135/17-XV, recante «Valutazione ambientale per piani e progetti», che si prefigge di dare puntuale recepimento e attuazione:   a) della direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente;   b) della direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 dicembre 2011 concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, e successive modifiche;   c) della direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 novembre 2010 relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento);   d) della Parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.

152, e successive modifiche.

E', pertanto, evidente che la disciplina statale in questione e' lesiva dell'assetto statutario delle province autonome per le materie di loro competenza, dal momento che costituisce esercizio della funzione legislativa da parte dello Stato in materie di competenza delle province autonome. Cio' anche perche' non prevede un'adeguata formula di «cedevolezza», contrariamente a quanto prescritto per i provvedimenti sostitutivi, che devono contenere in ogni caso l'esplicita indicazione del carattere cedevole (art. 41 legge n.

234/2012, in combinato disposto con l'art. 40, in particolare comma 3, della stessa legge), anche in linea con le statuizioni della giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte, ma si limita ad operare un blando rinvio al predetto art. 41, in relazione ai poteri sostitutivi dello Stato (in particolare, art. 23, comma 4).

Le previsioni ivi contenute, specie in assenza di una chiara «cedevolezza» della norma statale, hanno ripercussioni sulla legislazione gia' vigente della provincia nelle materie di sua competenza e, quindi, in ultima analisi, incidono sulla disciplina di rango costituzionale e statutario del riparto delle competenze tra lo Stato e provincia.

Nelle materie di competenza delle province autonome, accanto alla prescritta natura cedevole delle norme statali, la continuita' dell'ordinamento e l'ultrattivita' delle norme della provincia autonoma vigenti sono assicurate dalla peculiare forma di garanzia di rango parastatutario e comunque sovraordinato alla legislazione ordinaria, qual e' il gia' citato art. 2 del decreto legislativo n.

266/1992. Pertanto, il decreto legislativo in questione nel suo complesso e' anche in aperto contrasto con tale fonte normativa, cui codesta ecc.ma Corte ha riconosciuto costantemente valore di parametro costituzionale nel giudizio in via principale (sent. n.

191/2017, sentenza n. 380/1997 e sentenza n. 356/1994).

Quindi, la sopravvenuta normativa statale non puo' determinare l'abrogazione, neppure tacitamente in via di fatto, decorso un certo termine, della preesistente normativa della Provincia autonoma (Corte cost., sentenza n. 198/2004 e sentenza n. 237/2009), ma deve essere eventualmente impugnata davanti a codesta ecc.ma Corte (art. 2, comma 2, decreto legislativo n. 266/1992), mentre, secondo il provvedimento in questione, la «inidoneita'» di disposizioni previgenti della provincia autonoma, in ipotesi, legittimerebbe tout court l'esercizio dei poteri sostitutivi statali (art. 23, comma 4), con conseguente abrogazione delle norme preesistenti.

Nel raffronto con la direttiva 2014/52/UE, il decreto legislativo in questione viola altresi' il principio di legalita' in relazione ai vincoli derivanti dall'Unione europea (art. 117, primo comma, Cost.), quale possibile parametro interposto, anche tenendo conto della pronuncia costituzionale che ha elaborato come parametro del giudizio tale principio, relativamente ad un regolamento di attuazione di norma europea, in quanto anche un decreto legislativo e' un atto governativo ed incontra i limiti imposti dalla legge, in senso formale, come atto parlamentare che lo autorizza, nonche' dalla direttiva che attua; secondo la predetta decisione, il provvedimento di natura secondaria non puo' legittimamente vincolare le autonomie territoriali al di la' di quanto discende dagli obblighi derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea, quindi le disposizioni subordinate sono legittime solo se sono effettivamente corrispondenti alla direttiva (Corte cost., sentenza n. 425/1999).

Inoltre non e' giustificato, con conseguente violazione del principio di ragionevolezza e, quindi, violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione (Corte cost., sentenza n. 175/2005), uno spostamento cosi' massiccio di competenze dalle regioni allo Stato nell'ordinamento interno, in funzione di un miglioramento della qualita' del procedimento, della semplificazione e della maggiore efficienza. Non e' comprensibile e, quindi, non risulta ragionevole che una gestione accentrata ed unitaria a livello statale sia o possa essere piu' efficiente di una decentrata sul territorio e diversificata nelle varie autonomie territoriali. Anche la prospettata violazione del principio di ragionevolezza viene ad incidere sulla preesistente normativa di attuazione di direttive UE adottata dalla ricorrente Provincia autonoma, di cui il decreto legislativo n. 266/1992 garantisce la continuita' e, quindi, si riflette sulla disciplina statutaria e costituzionale del riparto delle competenze tra lo Stato e le province autonome.

E in ultimo, ma non per importanza, le norme di attuazione statutaria escludono in via generale che la legge possa attribuire ad organi statali l'esercizio di funzioni amministrative nelle materie di competenza statutaria (art. 4 decreto legislativo n. 266/1992).

Alla luce di quanto sin qui esposto e tenuto conto dei parametri di costituzionalita' individuati ed evocati, sono costituzionalmente illegittime le seguenti disposizioni del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104:   art. 5, comma l, se ed in quanto riferito alle province autonome, nelle parti in cui introduce i commi 2, 3, 7, 8 e 9 dell'art. 7-bis nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;   art. 8 che sostituisce l'art. 19 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, se ed in quanto riferito alle province autonome;   art. 16, comma l, che sostituisce l'art. 27 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in quanto non prevede un coinvolgimento delle province autonome;   art. 16, comma 2, che introduce l'art. 27-bis nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, se ed in quanto riferito alle province autonome;   art. 22, commi l, 2, 3 e 4, che rispettivamente apporta modifiche all'Allegato II, introduce l'Allegato II-bis e apporta modifiche all'Allegato III e all'Allegato IV alla parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, se riferito alle province autonome;   art. 23, commi l e 4;   art. 24 che apporta modifiche all'art. 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241, se riferito alle province autonome,  illegittimita' che possono essere cosi' riassunte:   in relazione al nuovo riparto delle competenze in materia di VIA introdotto con l'art. 22 e con i correlativi nuovi allegati II, II -bis, III e IV, le previsioni contenute nei commi 2 e 3 del nuovo art. 7-bis del decreto legislativo n. 152/2006, come introdotte dall'art. 5, comma l, del decreto legislativo n. 104/2017, sono lesive, se ed in quanto riferite alle province autonome, in quanto attribuiscono allo Stato la competenza per il procedimento di VIA o di assoggettabilita' a VIA su progetti rispetto ai quali sono invece attribuite alle province autonome le relative competenze in base allo Statuto speciale di autonomia ed alla normativa di attuazione statutaria, in particolare art. 19-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 381/1974.

Anche le disposizioni che impongono alle province autonome la disciplina statale del procedimento in questione, nelle ipotesi in cui le medesime sono autorita' competenti (art. 7-bis, comma 7, decreto legislativo n. 152/2006, come introdotto dall'art. 5, comma 1), sono costituzionalmente illegittime, ponendosi in contrasto con tutti i parametri sopra evocati e, in particolare, con le norme statutarie che attribuiscono alle province autonome la potesta' legislativa, regolamentare e amministrativa in materia di ordinamento degli uffici e del personale (art. 8, n. 1), e art. 16 St.).

Per effetto del richiamo agli articoli da «19 a 26 e da 27-bis a 29», contenuto nel comma 7 dell'art. 7-bis del decreto legislativo n.

152/2006, sono lesive delle competenze provinciali le norme che definiscono regole di procedimento di estremo dettaglio e termini perentori sia per il procedimento di verifica di assoggettabilita' a VIA di competenza regionale (art. 19 decreto legislativo n. 152/2006, come introdotto dall'art. 8) sia per il procedimento finalizzato al rilascio del provvedimento autorizzatorio unico regionale (art.

27-bis decreto legislativo n. 152/2006, come introdotto dall'art. 16, comma 2).

Anche le norme che limitano la potesta' normativa delle province autonome a soli aspetti dell'organizzazione e delle modalita' di esercizio delle funzioni amministrative ad esse attribuite ed impongono il rispetto di quanto previsto nel decreto in questione (art. 7-bis, comma 8, decreto legislativo n. 152/2006, come introdotto dall'art. 5, comma 1), sono lesive delle potesta' attribuite alle province stesse, ponendosi in contrasto con tutti i parametri evocati e, in particolare, con la normativa di attuazione statutaria che disciplina l'adeguamento della legislazione delle province autonome alle norme di principio vincolanti (art. 2 decreto legislativo n. 266/1992).

In ogni caso, il carattere di estremo dettaglio delle disposizioni statali non e' ragionevole, in contrasto con gli articoli 3 e 97 della Costituzione, anche perche' non e' neppure proporzionato rispetto allo scopo della disciplina costituito dalla semplificazione procedimentale.

Anche la nuova norma statale che, in correlazione con il nuovo riparto di competenze tra lo Stato e le regioni in materia di VIA e di assoggettabilita' a VIA, prescrive alle province autonome specifici obblighi informativi che presuppongono l'applicazione dei nuovi allegati III e IV (comma 9 dell'art. 7-bis decreto legislativo n. 152/2006, come introdotto dall'art. 5, comma 1), viola i parametri evocati.

A riguardo va precisato che la ricorrente Provincia autonoma non intende contestare, nell'ambito della leale collaborazione, gli obblighi di informazione in generale, ma il fatto che la norma presuppone l'obbligo di fornire dati specifici sulla base dell'applicazione delle norme statali che introducono il nuovo riparto di competenze.

Se ed in quanto riferite anche alle province autonome, anche le disposizioni che disciplinano compiutamente il provvedimento autorizzatorio unico regionale ed il relativo procedimento di VIA di competenza regionale, lasciando alle regioni ed alle province autonome soltanto la disciplina delle forme e delle modalita' di consultazione del pubblico (art. 27-bis decreto legislativo n.

152/2006, come introdotto dall'art. 16, comma 2), nonche' la definizione a livello statale della disciplina procedimentale con norme di dettaglio, si pongono sempre in contrasto con i parametri evocati e, in particolare, con le norme statutarie che attribuiscono alle province autonome la potesta' legislativa e la correlativa potesta' amministrativa in materia di ordinamento degli uffici e del personale (art. 8, n. 1), e art. 16 St.).

Inoltre, nell'ambito della predetta disciplina del procedimento amministrativo per la VIA di competenza regionale, il decreto legislativo prevede il ricorso alla Conferenza di servizi con modalita' sincrona (art. 24). Anche tale disposto, se riferito anche alle province autonome, e' costituzionalmente illegittimo per contrasto con i parametri evocati e, in particolare, con la competenza in materia di ordinamento degli uffici, considerato che la predetta disposizione statale modifica testualmente la legge 7 agosto 1990, n. 241, che contiene una generale disposizione di salvaguardia dell'autonomia speciale delle Province autonome (art. 29 legge n.

241/1990).

Anche le disposizioni di cui all'art. 22, commi l, 2, 3 e 4, e 23 comma 4, che hanno portata sistematica e che costituiscono la base fondamentale su cui si reggono le altre disposizioni, sono illegittime per contrasto con i parametri evocati.

Infine, la norma di cui al comma l dell'art. 23 del decreto legislativo n. 104/2017, che prevede un'applicazione retroattiva delle disposizioni del decreto stesso, si pone in stridente contrasto con quanto previsto dal piu' volte citato art. 2 del decreto legislativo n. 266/1992.

In via subordinata, nella denegata ipotesi in cui si ritenesse la legittimita' dell'attribuzione allo Stato della competenza a disciplinare il procedimento per l'adozione del provvedimento unico in materia ambientale di competenza statale e ad adottarlo, la nuova norma (art. 27 decreto legislativo n. 152/2006, come introdotto dall'art. 16, comma 1) e' illegittima e lesiva, in quanto non prevede alcuna forma di coinvolgimento delle regioni e delle province autonome, attraverso istituti idonei ad assicurare il rispetto del principio della leale collaborazione, cosi' come richiesto dalla giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte (a partire dalla sentenza n.

303/2003), quando lo Stato attragga in sussidiarieta' funzioni amministrative, in quanto adeguatamente esercitate a livello unitario, e di conseguenza sia legittimato anche a disciplinarle con proprie leggi, anche in materie che ricadono negli ambiti di competenza concorrente o esclusiva (residuale) delle regioni e delle province autonome (ai sensi dell'art. 117, commi terzo e quarto, Cost., in combinato con l'art. 10 legge cost. n. 3/2001 e dello Statuto speciale di autonomia).

La forma di partecipazione prevista (nuovo art. 27, commi 4 e 5) non appare idonea, ma «debole», in quanto la posizione della ricorrente Provincia autonoma resta assorbita da quella prevalente della Conferenza dei servizi (ai sensi dell'art. 14-ter legge n.

241/1990, richiamato nel comma 8 del nuovo art. 27) e non e' certa l'applicazione dei rimedi previsti in generale per le Amministrazioni dissenzienti dalla stessa legge organica sul procedimento amministrativo (ai sensi dell'art. 14-quinquies legge n. 241/1990).

Pertanto si rende necessario impugnare le predette disposizioni innanzi alla Corte costituzionale, anche considerato che non risultano accolte le richieste gia' formulate dalla Provincia autonoma di Bolzano in sede di espressione del preventivo parere prescritto della Conferenza Stato-regioni, nella seduta del 4 maggio 2017, con cui si chiedeva di sopprimere i riferimenti espressi alle province autonome contenuti nello schema di decreto legislativo e di integrarlo con una apposita disposizione di salvaguardia delle speciali norme statutarie e di attuazione statutaria, anche con riferimento al previsto potere sostitutivo statale per il caso di inattivita' delle province autonome nel recepimento delle direttive UE.

Risulta, infatti, evidente che le disposizioni qui impugnate del decreto legislativo n. 104/2017, introducendo, verosimilmente anche con riferimento alla Provincia autonoma di Bolzano, una disciplina che pare essere anche per essa vincolante in materie in cui la stessa ha potesta' legislativa, regolamentare ed amministrativa proprie, che peraltro ha gia' esercitato, comprimono illegittimamente le particolari prerogative riconosciute alla stessa, per cui vanno dichiarate costituzionalmente illegittime per violazione dell'art. 8 (in particolare n. 1), n. 3), n. 5), n. 6), n. 11), n. 13), n. 16), n. 17), n. 18), n. 20), n. 21) e n. 24), dell'art. 9 (in particolare n. 3), n. 9) e n. 10) e dell'art. 16 dello Statuto speciale di autonomia per il Trentino-Alto Adige/Südtirol (decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670) e delle relative norme di attuazione, tra cui, in particolare, il decreto del decreto del Presidente della Repubblica 19 novembre 1987, n. 526 (in particolare articoli 7 e 8), ed il decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 381 (in particolare art. 19-bis), anche in combinato disposto con l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.

3, degli articoli 2 e 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n.

266, dell'art. 3, in combinato disposto con l'art. 97, dell'art. 76, dell'art. 117, primo, terzo, quarto, quinto e sesto comma, dell'art.

118 e dell'art. 120 della Costituzione, dell'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, nonche' dei principi della proporzionalita', della ragionevolezza e della leale collaborazione.

 

P.Q.M.  

Voglia l'ecc.ma Corte costituzionale dichiarare l'illegittimita' costituzionale degli articoli 5, comma 1; 8; 16, commi 1 e 2; 22, commi 1, 2, 3 e 4; 23, commi 1 e 4; e 24 del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104, recante «Attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, ai sensi degli articoli 1 e 14 della legge 9 luglio 2015, n. 114».

Si depositano con il presente atto:   1) autorizzazione a stare in giudizio (deliberazione della giunta provinciale di Bolzano n. 880 del 22 agosto 2017);   2) procura speciale rep. n. 24740 del 22 agosto 2017;   3) deliberazione di ratifica del consiglio provinciale di Bolzano;   4) disegno di legge della Provincia autonoma n. 135/17-XV, recante «Valutazione ambientale per piani e progetti».

Bolzano-Roma, 31 agosto 2017    Avv. von Guggenberg - avv. Beikircher - avv. Bernardi - avv.

Fadanelli - avv. Costa