RICORSO N. 69 DEL 8 SETTEMBRE 2017 (DELLA REGIONE FRIULI-VENEZIA GIULIA)

Ricorso per questione di legittimità costituzionale depositato in cancelleria il 8 settembre 2017.

(GU n. 44 del 02.11.2017)

Ricorso nell'interesse della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia (cod. fisc. 80014930327), Trieste, Piazza Unita' d'Italia 1, in persona della presidente della Regione, avv. Debora Serracchiani, (c.f. SRRDBR70S50H501I9), rappresentata e difesa, giusta procura speciale a margine del presente atto rappresentata e difesa dagli avv.ti prof. Massimo Luciani (cod. fisc. LCNMSM52L23H501G; fax: 06.90236029; posta elettronica certificata: massimoluciani@ordineavvocatiroma.org) ed Ettore Volpe (cod. fisc.

VLPTTR57E11L050S; fax 040.3772929; posta elettronica certificata: ettore.volpe@certregione.fvg.it) ed elettivamente domiciliata presso lo Studio del primo in 00153 Roma, Lungotevere Raffaello Sanzio, n.

9;   Contro il Presidente del Consiglio dei ministri (cod. fisc.

80188230587), in persona del Presidente del Consiglio pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la cui sede in 00186 Roma, Via dei Portoghesi, n. 12, e' domiciliato ex lege;   Per la dichiarazione d'illegittimita' costituzionale, in parte qua, del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104, avente ad oggetto «Attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, ai sensi degli articoli 1 e 14 della legge 9 luglio 2015, n. 114. (17G00117)», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n. 156 del 6 luglio 2017, con particolare riferimento agli articoli 5, 12, 13, 14, 22 e 26.

Fatto  

1. - L'impugnato decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 6 luglio 2017, n. 156, e' stato adottato nell'esercizio della delega di cui alla legge 9 luglio 2015, n. 114, recante «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - legge di delegazione europea 2014».

1.1. - L'art. 1 di tale legge dispone quanto segue: «Il Governo e' delegato ad adottare secondo le procedure, i principi e i criteri direttivi di cui agli articoli 31 e 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, i decreti legislativi per l'attuazione delle direttive elencate negli allegati A e B alla presente legge.

I termini per l'esercizio delle deleghe di cui al comma 1 sono individuali ai sensi dell'art. 31, comma 1, della legge 24 dicembre 2012, n. 234.

Gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive elencate nell'allegato B, nonche', qualora sia previsto il ricorso a sanzioni penali, quelli relativi all'attuazione delle direttive elencate nell'allegato A, sono trasmessi, dopo l'acquisizione degli altri pareri previsti dalla legge, alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica affinche' su di essi sia espresso il parere dei competenti organi parlamentari.

Eventuali spese non contemplate da leggi vigenti e che non riguardano l'attivita' ordinaria delle amministrazioni statali o regionali possono essere previste nei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive elencate negli allegati A e B nei soli limiti occorrenti per l'adempimento degli obblighi di attuazione delle direttive stesse; alla relativa copertura, nonche' alla copertura delle minori entrate eventualmente derivanti dall'attuazione delle direttive, in quanto non sia possibile farvi fronte con i fondi gia' assegnati alle competenti amministrazioni, si provvede a carico del fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183. Qualora la dotazione del predetto fondo si rivelasse insufficiente, i decreti legislativi dai quali derivino nuovi o maggiori oneri sono emanati solo successivamente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanziano le occorrenti risorse finanziarie, in conformita' all'art. 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196. Gli schemi dei predetti decreti legislativi sono, in ogni caso, sottoposti al parere delle Commissioni parlamentari competenti anche per i profili finanziari, ai sensi dell'art. 31, comma 4, della legge 24 dicembre 2012, n. 234».

Tra le direttive elencate nell'Allegato B alla legge di delega - richiamato dall'art. 1, comma 1, teste' citato - figura, al punto 28, la direttiva «2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati» con termine di recepimento fissato al 16 maggio 2017.

1.2. - Per l'attuazione della menzionata direttiva 2014/52/UE, l'art. 14 della legge delega prevede dei principi e criteri direttivi specifici, ulteriori (aggiuntivi, dunque) rispetto a quelli indicati agli articoli 31 e 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, richiamati dall'art. 1, comma 1.

L'art. 14 rubricato «Principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati» dispone infatti che «nell'esercizio della delega per l'attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, il Governo e' tenuto a seguire, oltre ai principi e criteri direttivi di cui all'art. 1, comma 1, anche i seguenti principi e criteri direttivi specifici:   a) semplificazione, armonizzazione e razionalizzazione delle procedure di valutazione di impatto ambientale anche in relazione al coordinamento e all'integrazione con altre procedure volte al rilascio di pareri e autorizzazioni a carattere ambientale;   b) rafforzamento della qualita' della procedura di valutazione di impatto ambientale, allineando tale procedura ai principi della regolamentazione intelligente (smart regulation) e della coerenza e delle sinergie con altre normative e politiche europee e nazionali;   c) revisione e razionalizzazione del sistema sanzionatorio da adottare ai sensi della direttiva 2014/52/UE, al fine di definire sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive e di consentire una maggiore efficacia nella prevenzione delle violazioni;   d) destinazione dei proventi derivanti dalle sanzioni amministrative per finalita' connesse al potenziamento delle attivita' di vigilanza, prevenzione e monitoraggio ambientale, alla verifica del rispetto delle condizioni previste nel procedimento di valutazione ambientale, nonche' alla protezione sanitaria della popolazione in caso di incidenti o calamita' naturali, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica».

1.3. - Il Governo e' poi tenuto - come gia' segnalato sopra - al rispetto dei principi e criteri direttivi fissati agli articoli 31 e 32 della legge n. 234 del 2012 («Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea»).

L'art. 31 stabilisce che:   i) «In relazione alle deleghe legislative conferite con la legge di delegazione europea per il recepimento delle direttive, il Governo adotta i decreti legislativi entro il termine di quattro mesi antecedenti a quello di recepimento indicato in ciascuna delle direttive; per le direttive il cui termine cosi' determinato sia gia' scaduto alla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea, ovvero scada nei tre mesi successivi, il Governo adotta i decreti legislativi di recepimento entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della medesima legge; per le direttive che non prevedono un termine di recepimento, il Governo adotta i relativi decreti legislativi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea» (comma 1);   ii) «I decreti legislativi sono adottati, nel rispetto dell'art. 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per gli affari europei e del Ministro con competenza prevalente nella materia, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell'economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati in relazione all'oggetto della direttiva. I decreti legislativi sono accompagnati da una tabella di concordanza tra le disposizioni in essi previste e quelle della direttiva da recepire, predisposta dall'amministrazione con competenza istituzionale prevalente nella materia» (comma 2);   iii) «La legge di delegazione europea incirca le direttive in relazione alle quali sugli schemi dei decreti legislativi di recepimento e' acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

In tal caso gli schemi dei decreti legislativi sono trasmessi, dopo l'acquisizione degli altri pareri previsti dalla legge, alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica affinche' su di essi sia espresso il parere delle competenti Commissioni parlamentari. Decorsi quaranta giorni dalla data di trasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza del parere. Qualora il termine per l'espressione del parere parlamentare di cui al presente comma ovvero i diversi termini previsti dai commi 4 e 9 scadano nei trenta giorni che precedono la scadenza dei termini di delega previsti ai commi 1 o 5 o successivamente, questi ultimi sono prorogati di tre mesi» (comma 3);   iv) «Gli schemi dei decreti legislativi recanti recepimento delle direttive che comportino conseguenze finanziarie sono corredati della relazione tecnica di cui all'articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 Su di essi e' richiesto anche il parere delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari. Il Governo, ove non intenda conformarsi alle condizioni formulate con riferimento all'esigenza di garantire il rispetto dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione, ritrasmette alle Camere i testi, corredati dei necessari elementi integrativi d'informazione, per i pareri definitivi delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari, che devono essere espressi entro venti giorni» (comma 4);   v) «Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuna dei decreti legislativi di cui al comma 1, nel rispetto dei principi e criteri direttivi fissati dalla legge di delegazione europea, il Governo puo' adottare, con la procedura indicata nei commi 2, 3 e 4, disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi emanati ai sensi del citato comma 1, fatto salvo il diverso termine previsto dal comma 6» (comma 5);   vi) «Con la procedura di cui ai commi 2, 3 e 4 il. Governo puo' adottare disposizioni integrative e correttive di decreti legislativi emanati ai sensi del comma 1, al fine di recepire atti delegati dell'Unione europea di cui all'art. 290 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, che modificano o integrano direttive recepite con tali decreti legislativi. Le disposizioni integrative e correttive di cui al primo periodo sono adottate nel termine di cui al comma 5 o nel diverso termine fissato dalla legge di delegazione europea» (comma 6);   vii) «I decreti legislativi di recepimento delle direttive previste dalla legge di delegazione europea, adottati, ai sensi dell'art. 117, quinto comma, della Costituzione, nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome, si applicano alle condizioni e secondo le procedure di cui all'art. 41, comma 1» (comma 7);   viii) «I decreti legislativi adottati ai sensi dell'art. 33 e attinenti a materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome sono emanati alle condizioni e secondo le procedure di cui all'art. 41, comma 1» (comma 8);   ix) «Il Governo, quando non intende conformarsi ai pareri parlamentari di cui al comma 3, relativi a sanzioni penali contenute negli schemi di decreti legislativi recanti attuazione delle direttive, ritrasmette i testi, con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica. Decorsi venti giorni dalla data di ritrasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza di nuovo parere» (comma 9).

Il successivo art. 32 della legge n. 234 del 2012 specifica poi che «salvi gli specifici principi e criteri direttivi stabiliti dalla legge di delegazione europea e in aggiunta a quelli contenuti nelle direttive da attuare, i decreti legislativi di cui all'art. 31 sono informati ai seguenti principi e criteri direttivi generali: a) le amministrazioni direttamente interessate provvedono all'attuazione dei decreti legislativi con le ordinarie strutture amministrative, secondo il principio della massima semplificazione dei procedimenti e delle modalita' di organizzazione e di esercizio delle funzioni e dei servizi; b) ai fini di un migliore coordinamento con le discipline vigenti per i singoli settori interessati dalla normativa da attuare, sono introdotte le occorrenti modificazioni alle discipline stesse, anche attraverso il riassetto e la semplificazione normativi con l'indicazione esplicita delle norme abrogate, fatti salvi i procedimenti oggetto di semplificazione amministrativa ovvero le materie oggetto di delegificazione; c) gli atti di recepimento di direttive dell'Unione europea non possono prevedere l'introduzione o il mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive stesse, ai sensi dell'art. 14, commi 24-bis, 24-ter e 24-quater, della legge 28 novembre 2005, n. 246; d) al di fuori dei casi previsti dalle norme penali vigenti, ove necessario per assicurare l'osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, sono previste sanzioni amministrative e penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti stessi. Le sanzioni penali, nei limiti rispettivamente, dell'ammenda fino a 150.000 euro e dell'arresto fino a tre anni, sono previste, in via alternativa o congiunta, solo nei casi in cui le infrazioni ledano o espongano a pericolo interessi costituzionalmente protetti. In tali casi sono previste: la pena dell'ammenda alternativa all'arresto per le infrazioni che espongano a pericolo o danneggino l'interesse protetto; la pena dell'arresto congiunta a quella dell'ammenda per le infrazioni che rechino un danno di particolare gravita'. Nelle predette ipotesi, in luogo dell'arresto e dell'ammenda, possono essere previste anche le sanzioni alternative di cui agli articoli 53 e seguenti del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, e la relativa competenza del giudice di pace. La sanzione amministrativa del pagamento di una somma non inferiore a 150 euro e non superiore a 150.000 euro e' prevista per le infrazioni che ledono o espongono a pericolo interessi diversi da quelli indicati dalla presente lettera.

Nell'ambito dei limiti minimi e massimi previsti, le sanzioni indicate dalla presente lettera sono determinate nella loro entita', tenendo conto della diversa potenzialita' lesiva dell'interesse protetto che ciascuna infrazione presenta in astratto, di specifiche qualita' personali del colpevole, comprese quelle che impongono particolari doveri di prevenzione, controllo o vigilanza, nonche' del vantaggio patrimoniale che l'infrazione puo' recare al colpevole ovvero alla persona o all'ente nel cui interesse egli agisce. Ove necessario per assicurare l'osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, sono previste inoltre le sanzioni amministrative accessorie della sospensione fino a sei mesi e, nei casi piu' gravi, della privazione definitiva di facolta' e diritti derivanti da provvedimenti dell'amministrazione, nonche' sanzioni penali accessorie nei limiti stabiliti dal codice penale. Al medesimo fine e' prevista la confisca obbligatoria delle cose che servirono o furono destinate a commettere l'illecito amministrativo o il reato previsti dai medesimi decreti legislativi, nel rispetto dei limiti stabiliti dall'art. 240, terzo e quarto comma, del codice penale e dall'art. 20 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni. Entro i limiti di pena indicati nella presente lettera sono previste sanzioni anche accessorie identiche a quelle eventualmente gia' comminate dalle leggi vigenti per violazioni omogenee e di pari offensivita' rispetto alle infrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi. Nelle materie di cui all'art.

117, quarto comma, della Costituzione, le sanzioni amministrative sono determinate dalle regioni; e) al recepimento di direttive o all'attuazione di altri atti dell'Unione europea che modificano precedenti direttive o atti gia' attuati con legge o con decreto legislativo si procede, se la modificazione non comporta ampliamento della materia regolata, apportando le corrispondenti modificazioni alla legge o al decreto legislativo di attuazione della direttiva o di altro atto modificato; f) nella redazione dei decreti legislativi di' cui all'art. 31 si tiene conto delle eventuali modificazioni delle direttive dell'Unione europea comunque intervenute fino al momento dell'esercizio della delega; g) quando si verifichino sovrapposizioni di competenze tra amministrazioni diverse o comunque siano coinvolte le competenze di piu' amministrazioni statali, i decreti legislativi individuano, attraverso le piu' opportune forme di coordinamento, rispettando i principi di sussidiarieta', differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione e le competenze delle regioni e degli altri enti territoriali, le procedure per salvaguardare l'unitarieta' dei processi decisionali, la trasparenza, la celerita', l'efficacia e l'economicita' nell'azione amministrativa e la chiara individuazione dei soggetti responsabili; h) qualora non siano di ostacolo i diversi termini di recepimento, vengono attuate con un unico decreto legislativo le direttive che riguardano le stesse materie o che comunque comportano modifiche degli stessi atti normativi; i) e' assicurata la parita' di trattamento dei cittadini italiani rispetto ai cittadini degli altri Stati membri dell'Unione europea e non puo' essere previsto in ogni caso un trattamento sfavorevole dei cittadini italiani».

1.4. - Da ultimo, per quanto qui interessa, si segnala che l'art.

2, comma 3, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, dispone che «La Conferenza Stato-regioni obbligatoriamente sentita in ordine agli schemi di disegni di legge e di decreto legislativo o di regolamento del Governo nelle materie di competenza delle regioni o delle province autonome di Trento e di Bolzano che si pronunzia entro venti giorni; decorso tale termine, i provvedimenti recanti attuazione di direttive comunitarie sono emanati anche in mancanza di detto parere. Resta fermo quanto previsto in ordine alle procedure di approvazione delle norme di attuazione degli statuti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano».

2. - L'impugnato decreto legislativo n. 104 del 2017 e' stato emanato in data 16 giugno 2017, previa acquisizione dei pareri delle competenti Commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, nonche' della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano.

Quest'ultima, nella seduta del 4 maggio 2017, ha infatti espresso sullo schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei ministri il 10 marzo 2017 parere favorevole, condizionato pero' all'accoglimento di una serie di proposte emendative elaborate dalla Conferenza medesima.

Alcune di tali proposte emendative riguardavano proprio le disposizioni qui impugnate e, in particolare, concernevano il coinvolgimento delle Regioni nel procedimento di VIA in sede statale e la modificazione delle competenze amministrative tra Stato e Regioni.

A tal proposito, interessano qui le, seguenti disposizioni.

2.1. - L'art. 5 del decreto legislativo impugnato - che ha introdotto nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, l'art.

7-bis - disciplina le competenze statali e regionali in materia di VIA e di verifica di assoggettabilita' a VIA.

Al comma 2, infatti, stabilisce che «sono sottoposti a VIA in sede statale i progetti di cui all'allegato II alla parte seconda del presente decreto. Sono sottoposti a verifica di assoggettabilita' a VIA in sede statale i progetti di cui all'allegato II-bis alla parte seconda del presente decreto».

In sede statale, si legge al comma 4, «l'autorita' competente e' il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che esercita le proprie competenze in collaborazione con il Ministero dei beni e delle attivita' culturali e del turismo per le attivita' istruttorie relative al procedimento di VIA. Il provvedimento di verifica di assoggettabilita' a VIA e' adottato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il provvedimento di VIA e' adottato nelle forme e con le modalita' di cui all'art. 25, comma 2, e all'art. 27, comma 8».

Al comma 3, invece, l'art. 5 del decreto legislativo impugnato dispone che «sono sottoposti a VIA in sede regionale, i progetti di cui all'allegato III alla parte seconda del presente decreto. Sono sottoposti a verifica di assoggettabilita' a VIA in sede regionale i progetti di cui all'allegato IV alla parte seconda del presente decreto».

In sede regionale - si legge al comma 4 - «l'autorita' competente e' la pubblica amministrazione con compiti di tutela, protezione e valorizzazione ambientale individuata secondo le disposizioni delle leggi regionali o delle Province autonome».

L'art. 22 del decreto legislativo n. 104 del 2017 interviene poi sugli Allegati alla parte seconda del decreto legislativo n. 152 del 2006, modificando gli elenchi dei progetti sottoposti a VIA e verifica di assoggettabilita' a VIA in sede statale e in sede regionale.

Tale modificazione e completata attraverso le abrogazioni di alcune voci negli elenchi, ai sensi del successivo art. 26, comma 1, lettera a).

12. - Il procedimento di VIA e' disciplinato dagli articoli 12, 13 e 14 del decreto legislativo impugnato, rispettivamente modificativi degli articoli 23, 24 e 25 del decreto legislativo n.

152 del 2006.

L'art. 12 disciplina la fase di avvio del procedimento, a seguito di apposita istanza trasmessa all'autorita' competente e di pubblicazione sul sito web di quest'ultima di tutta la documentazione fornita dal proponente.

Al comma 4 la norma dispone che «l'autorita' competente comunica contestualmente per via telematica a tutte le Amministrazioni e a tutti gli enti territoriali potenzialmente interessati e comunque competenti ad esprimersi sulla realizzazione del progetto, l'avvenuta pubblicazione della documentazione nel proprio sito web».

Il successivo art. 13 concerne poi la fase della consultazione del pubblico e dell'acquisizione dei pareri delle Amministrazioni e degli enti pubblici competenti a esprimersi sulla realizzazione del progetto. Al comma 3 si legge infatti che «Entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione dell'avviso al pubblico di cui al comma 2 [...] sono acquisiti per via telematica i pareri delle Amministrazioni e degli enti pubblici che hanno ricevuto la comunicazione di cui all'art. 23, comma 4».

L'art. 14, infine, nel novellare l'art. 25 del decreto legislativo n. 152 del 2006 dispone, per quanto qui interessa, che:   «L'autorita' competente valuta la documentazione acquisita tenendo debitamente conto dello studio di impatto ambientale, delle eventuali informazioni .supplementari fornite dal proponente, nonche' dai risultati delle consultazioni svolte, delle informazioni raccolte e delle osservazioni e dei pareri ricevuti a norma degli articoli 24 e 32. Qualora tali pareri non siano resi nei termini ivi previsti ovvero esprimano valutazioni negative o elementi di dissenso sul progetto, l'autorita' competente procede comunque alla valutazione a norma del presente articolo» (comma 1);   «Nel caso di progetti di competenza statale l'autorita' competente, entro il termine di sessanta giorni dalla conclusione della fase di consultazione di cui all'art. 24, propone al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'adozione del provvedimento di VIA. Qualora sia necessario procedere ad accertamenti e indagini di particolare complessita', l'autorita' competente, con atto motivato, dispone il prolungamento della fase di valutazione sino a un massimo di ulteriori trenta giorni, dando tempestivamente comunicazione per via telematica al proponente delle ragioni che giustificano la proroga e del termine entro cui sara' emanato il provvedimento. Nel caso di consultazioni transfrontaliere il provvedimento di VIA e' proposto all'adozione del Ministro entro il termine di cui all'art. 32, comma 5-bis. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede entro il termine di sessanta giorni all'adozione del provvedimento di VIA, previa acquisizione del concerto del Ministro dei beni e delle attivita' culturali e del turismo da rendere entro trenta giorni dalla richiesta. In caso di inutile decorso del termine per l'adozione del provvedimento di VIA da parte del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ovvero per l'espressione del concerto da parte del Ministro dei beni e delle attivita' culturali e del turismo, su istanza del proponente o dei Ministri interessati, l'adozione del provvedimento e' rimessa alla deliberazione del Consiglio dei ministri che si esprime entro i successivi trenta giorni» (comma 2),   A differenza di quanto previsto dall'abrogato art. 25 del decreto legislativo n. 152 del 2006, che contemplava espressamente al comma 2 «il parere delle regioni interessate» per i progetti di competenza statale, la novella apportata dal decreto legislativo impugnato prevede dunque la semplice consultazione delle amministrazioni o degli enti territoriali «potenzialmente interessati».

Il decreto legislativo n. 104 del 2017 e' illegittimo e violativo delle attribuzioni costituzionali della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, che ne chiede l'annullamento in parte qua per i seguenti motivi di  

Diritto  

1. - Illegittimita' costituzionale degli articoli 12, 13 e 14 del decreto legislativo n. 104 del 2017. Violazione dell'art. 117, comma 1, Cost., per violazione dell'art. 1, comma 6, lettera a), della dir.

16 aprile 2014, n. 2014/52/UE. Violazione dell'art. 76 Cost., per violazione degli articoli 1, comma 1, e 14 della legge n. 114 del 2015, in riferimento all'art. 1, par. 6, della dir. 16 aprile 2014, n. 2014/52/UE, nonche' all'art. 32, comma 1, lettera g), della legge n. 234 del 2012. Violazione dei principi di leale collaborazione, di ragionevolezza e di buon andamento della pubblica amministrazione di cui agli articoli 3, 5, 97, 117 e 118 Cost. Violazione degli articoli 4 e 5 della legge cost. n. 1 del 1963, recante «Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia» e dell'art. 117, commi 2 e 3, Cost.

Gli articoli 12, 13 e 14 del decreto legislativo n. 104 del 2017 hanno integralmente riscritto gli articoli 23, 24 e 25 del decreto legislativo n. 152 del 2006, riformando l'intero procedimento di adozione del provvedimento di valutazione di impatto ambientale. In particolare;   l'art. 12 ha integralmente sostituito l'art. 23 del decreto legislativo n. 152 del 2006, disciplinando la fase dell'iniziativa del procedimento (presentazione dell'istanza di VIA, formale avvio del procedimento e regime di pubblicita' degli atti);   l'art. 13 ha riscritto l'art. 24 del decreto legislativo n. 152 del 2006, regolando la fase istruttoria e, in particolare, le forme di consultazione dei soggetti privati, l'acquisizione dei pareri di altri organi e plessi amministrativi nonche' la consultazione «transfrontaliera». Lo stesso art. 13 ha introdotto l'art. 24-bis del codice dell'ambiente, nel quale e' regolato il nuovo istituto della c.d. «inchiesta pubblica», modalita' istruttoria intesa ad allargare lo spettro della partecipazione dei soggetti privati al procedimento;   infine, l'art. 14 ha integralmente novellato l'art. 25 del decreto legislativo n. 152 del 2006, riformando la fase decisoria del procedimento, ovverosia la valutazione degli impatti ambientali e l'adozione del provvedimento conseguente.

Di questo insieme di disposizioni interessano qui le parti concernenti la partecipazione delle regioni o dell'amministrazione delegata dalla regione al procedimento, che si elencano di seguito:   art. 12, nella parte in cui ha introdotto il novellato art. 23, comma 4, secondo periodo, del decreto legislativo n. 152 del 2006, ove si prevede che, a seguito della presentazione dell'istanza e della sua eventuale integrazione, «l'autorita' competente comunica contestualmente per via telematica a tutte le Amministrazioni e a tutti gli enti territoriali potenzialmente interessati e comunque competenti ad esprimersi sulla realizzazione del progetto, l'avvenuta pubblicazione della documentazione nel proprio sito web»;   art. 13, comma 1, nella parte in cui ha introdotto il novellato art. 24, comma 3, secondo periodo, del decreto legislativo n. 152 del 2006, ove si prevede che «Entro il medesimo termine [60 giorni dall'avviso pubblico di presentazione dell'istanza di VIA, ai sensi del novellato art. 24, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006] sono acquisiti per via telematica i pareri delle Amministrazioni e degli enti pubblici che hanno ricevuto la comunicazione di cui all'art. 23, comma 4»;   art. 13, comma 1, nella parte in cui ha introdotto il novellato art. 24, comma 5, secondo periodo, del decreto legislativo n. 152 del 2006, ove si prevede che, in caso di richiesta di modifiche o integrazioni della documentazione da parte dell'istante, «in relazione alle sole modifiche o integrazioni apportate agli elaborati progettuali e alla documentazione si applica il termine di trenta giorni per la presentazione delle osservazioni e la trasmissione dei pareri delle Amministrazioni e degli enti pubblici che hanno ricevuto la comunicazione di cui all'art. 23, comma 4»;   art. 14, nella parte in cui ha introdotto il novellato art. 25, comma 1, primo periodo, del decreto legislativo n. 152 del 2006, a tenor del quale «l'autorita' competente valuta la documentazione acquisita tenendo debitamente conto dello studio di impatto ambientale, delle eventuali informazioni supplementari fornite dal proponente, nonche', dei risultati delle consultazioni svolte, delle informazioni raccolte e delle osservazioni e dei pareri ricevuti a norma degli articoli 24 e 32».

Il segnalato profilo d'interesse emerge nel raffronto con la precedente formulazione del secondo comma dell'art. 25 del decreto legislativo n. 152 del 2006: «l'autorita' competente acquisisce e valuta tutta la documentazione presentata, le osservazioni, obiezioni e suggerimenti inoltrati ai sensi dell'art. 24, nonche', nel caso dei progetti di competenza dello Stato, il parere delle regioni interessate che dovra' essere reso entro novanta giorni dalla presentazione di cui all'art. 23, comma l».

Come si vede, nella precedente formulazione della legge il ruolo regionale nella «VIA statale» era stabilito in maniera esplicita, tanto da precludere ogni possibile dubbio sulla necessita' della consultazione delle regioni nel relativo procedimento. Nella formulazione riformata, invece, tale garanzia di partecipazione procedimentale e' assente, atteso che le menzionate disposizioni si limitano a fare riferimento alle «Amministrazioni» e agli «enti territoriali potenzialmente interessati e comunque competenti ad esprimersi sulla realizzazione del progetto». Ne consegue che non si puo' escludere che l'Amministrazione statale competente (alla quale viene affidato, senza la determinazione di criteri valutativi, l'apprezzamento di quali siano tali «Amministrazioni» ed «enti») possa opinare che un intervento non interessi la regione o che questa non abbia competenza in proposito, ad esempio perche' ritiene che l'interesse della popolazione possa emergere tramite la semplice consultazione di uno o piu' enti locali o perche' la natura ultraregionale dell'ambito d'intervento renderebbe irrilevante il coinvolgimento dell'amministrazione regionale. Con la conseguenza che, in mancanza di comunicazione, la regione e' messa di fronte al fatto compiuto, del quale potrebbe avere contezza anche dopo la scadenza dei termini utili per far valere le proprie ragioni in sede giurisdizionale.

Tutto cio' considerato, le disposizioni impugnate risultano illegittime per una pluralita' di profili.

1.1. - Come illustrato in narrativa, il decreto legislativo n.

104 del 2017 e' stato adottato nell'esercizio della delega conferita ai sensi degli articoli 1 e 14 della legge 9 luglio 2015, n. 114. I principi e criteri direttivi di esercizio della delega sono dunque quelli espressi dagli articoli 1 e 14 della legge n. 114 del 2015, dagli articoli 31 e 32 della legge n. 234 del 2012 (richiamati dall'art. 1 della legge n. 114 del 2015), nonche' dalla direttiva da recepire, atteso che, per costante giurisprudenza costituzionale, «nel caso di delega per l'attuazione di una direttiva comunitaria, i principi che quest'ultima esprime si aggiungono a quelli dettati dal legislatore nazionale e assumono valore di parametro interposto» in riferimento all'art. 76 Cost. (cosi', tra le piu' recenti, sentenze numeri 250 del 2016 e 210 del 2015).

Ebbene: nel caso di specie il vizio di eccesso di delega si riscontra per piu' aspetti.

Si deve anzitutto fare riferimento all'art. 1 della dir. 16 aprile 2014, n. 2014/52/UE, recepita con il decreto legislativo n.

104 del 2017, che reca le modificazioni alla precedente dir. n. 201 1/92/UE. Il comma 6 riporta le novellazioni dell'art. 6 della dir. n.

2011/92/UE. La lettera a) sostituisce il primo par. del predetto art.

6, nei termini che seguono: «a) il paragrafo 1 e' sostituito dal seguente.. "l. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinche' le autorita' che possono essere interessate al progetto, per la loro specifica responsabilita' in materia di ambiente o in virtu' delle loro competenze locali o regionali, abbiano la possibilita' di esprimere il loro parere sulle informazioni fornite dal committente e sulla domanda di autorizzazione, tenendo conto, ove opportuno, dei casi di cui all'art. 8-bis, paragrafo 3. A tal fine, gli Stati membri designano le autorita' da consultare, in generale o caso per caso. Queste autorita' ricevono le informazioni raccolte a norma dell'art. 5. Le modalita' della consultazione sono fissate dagli Stati membri"».

Il nuovo paragrafo ora riportato impone la consultazione delle Amministrazioni regionali e locali che hanno competenza sul territorio sul quale si riverberano gli effetti ambientali dell'intervento sottoposto a VIA. Si badi: l'impiego della particella disgiuntiva «o» nella menzionata disposizione della direttiva richiede che sia consultata ogni amministrazione che risponda al criterio di competenza «funzionale» (responsabilita' in materia di ambiente) o territoriale («competenze locali o regionali»). E' sufficiente che un'Amministrazione abbia una sola di queste caratteristiche per entrare nell'ambito d'applicazione della norma, sicche' l'istruttoria non puo' considerarsi completa se l'autorita' statale ha consultato solamente un'Amministrazione che ha responsabilita' ambientali «o» una che ne ha di territoriali. Non solo: gli Stati sono tenuti a «designare» le autorita' da consultare, il che significa che sono tenuti a farlo in via preventiva, generale e astratta, non potendo affidare una cosi' delicata determinazioni ai contingenti e discrezionali - anzi: arbitrari - apprezzamenti di un'amministrazione operativa dello Stato.

Lo stesso dicasi per la seconda particella disgiuntiva, che si rinviene nella formula «competenze locali o regionali»: affinche' sia adeguatamente recepita la direttiva, infatti, lo Stato deve garantire la partecipazione al procedimento di tutte le amministrazioni territoriali, tanto di quelle di ambito regionale, quanto di quelle ambito piu' limitato. Ove cosi' non fosse, sarebbe pregiudicato uno degli elementi essenziali del procedimento di valutazione degli impatti ambientali, ovverosia il principio di informazione preventiva e di partecipazione in materia ambientale (principio sancito anche dagli articoli 7 sgg. della Convenzione di Aahrus, ratificata in forza della legge n. 108 del 2001 e non a caso richiamata nel Considerando n. 18 della dir. n. 2011/92/UE, nel testo vigente).

Tutto cio' considerato, e' evidente che le sopra menzionate disposizioni del decreto legislativo n. 104 del 2017 non hanno adeguatamente recepito la dir. n. 2014/52/UE e, al contrario, ne hanno violato il predetto art. 6, par. 1, lettera a).

Come si e gia' illustrato, infatti, il legislatore statale si e' limitato a prevedere genericamente la consultazione di «tutti gli enti territoriali potenzialmente interessati». Tale formula, pero', per le ragioni gia' indicate, non assicura affatto la consultazione dell'ente regionale. Il legislatore statale, infatti: a) ha fatto impiego del criterio dell'«interesse potenziale», invece di fare riferimento ai due criteri prescritti nella direttiva (la «responsabilita' in materia ambientale» e la «competenza regionale o locale»); b) non ha «designato» gli enti da consultare, ma ne ha affidato la determinazione, di volta in volta, all'amministrazione procedente, in carenza di criteri delimitativi della sua discrezionalita'.

1.2. - Dalla segnalata antinomia con il testo della direttiva deriva anzitutto il vizio di indiretta violazione dell'art. 117, comma 1, Cost., atteso che il legislatore statale ha disatteso un obbligo sancito dal diritto europeo, al quale e vincolato dalla predetta disposizione costituzionale.

Risulta poi evidente il vizio di eccesso di delega, per violazione degli articoli 1 e 14 della legge n. 114 del 2015, con conseguente violazione dell'art. 76 Cost.

Palese, infine, la violazione dei principi di ragionevolezza e di buon andamento della pubblica amministrazione ex articoli 3 e 97 Cost., atteso che il legislatore statale, lungi dal «designare» in astratto gli enti da consultare o, quanto meno, dall'indicare i criteri per la loro concreta determinazione. ha lasciato l'amministrazione statale procedente domina dell'intero procedimento e arbitra del coinvolgimento o meno degli enti da informare e consultare, con conseguente irragionevole malfunzionamento dell'intero procedimento, la cui disciplina: a) non garantisce l'acquisizione al procedimento di tutti gli interessi rilevanti; b) non tutela adeguatamente detti interessi; c) espone il procedimento al rischio della contestazione, per l'ipotesi che l'amministrazione statale procedente abbia illegittimamente escluso, per arbitraria determinazione, uno degli enti da coinvolgere.

Per mero tuziorismo si deve osservare che tutti questi vizi ridondano - ovviamente - in lesione dell'autonomia della Regione ricorrente. La partecipazione al procedimento di VIA per gli interventi di competenza statale e' gia' di per se' un momento di necessario coinvolgimento dell'autonomia regionale, perche' consente alla Regione di incidere nell'adozione di provvedimenti che hanno un elevato impatto sulle comunita' territoriali di riferimento. Si aggiunga che, come indica la giurisprudenza costituzionale e come piu' diffusamente si illustrera' al paragrafo seguente, la procedura di valutazione d'impatto ambientale interseca anche numerosi ambiti competenziali della Regione ricorrente, elencati negli articoli 4 (n.

6, «industria e commercio»; n. 9 «viabilita', acquedotti e lavori pubblici di interesse locale e regionale»; n. 10 «turismo e industria alberghiera»; n. 11 «trasporti su funivie e linee automobilistiche, tranviarie e filoviarie, di interesse regionale»; n. 12 «urbanistica»; n. 13 «acque minerali e termali») e 5 dello Statuto (n. 7 «disciplina dei servizi pubblici di interesse regionale ed assunzione di tali servizi»; n. 10 «miniere, cave e torbiere»; n 12 «linee marittime di cabotaggio tra gli scali della Regione»; n. 14 «utilizzazione delle acque pubbliche, escluse le grandi derivazioni; opere idrauliche di 4ª e 5ª categoria»; n. 16 «igiene e sanita'»; n.

20 «servizi antincendi»; n. 22 «opere di prevenzione e soccorso per calamita' naturali», nonche' nell'art. 117, comma 3, Cost. («tutela della salute»; «ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi»; «protezione civile»; «porti e aeroporti civili»; «grandi reti di trasporto e di navigazione»; «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», etc.), applicabile alle regioni a statuto speciale ai sensi dell'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001.

La ricorrente ha interesse all'accoglimento del presente motivo di ricorso, dunque, perche', a causa della segnalata violazione dell'art. 117, comma 1, Cost., dell'eccesso di delega per violazione dell'art. 1, par. 6, della dir. n. 2014/52/UE e della violazione degli altri parametri costituzionali sopra indicati, il legislatore statale ha determinato un'illegittima e irragionevole compressione delle elencate attribuzioni costituzionali e statutarie della Regione Friuli-Venezia Giulia, sicche' alla rimozione della disposizione illegittima conseguirebbe l'estensione dell'ambito d'autonomia regionale.

1.3. - Il vizio di eccesso di delega emerge anche per un ulteriore profilo. Come gia' osservato, l'art. 1 della legge n. 114 del 2015 impone che i decreti legislativi di recepimento del diritto europeo rilevante rispettino anche i principi e i criteri direttivi di cui agli articoli 31 e 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234.

Ebbene: ai sensi dell'art. 32, comma 1, lettera g), della legge n.

234 del 2012, «quando si verifichino sovrapposizioni di competenze tra amministrazioni diverse o comunque siano coinvolte le competenze di piu' amministrazioni statali, i decreti legislativi individuano, attraverso le piu' opportune forme di coordinamento, rispettando i principi di sussidiarieta', differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione e le competenze delle regioni e degli altri enti territoriali, le procedure per salvaguardare l'unitarieta' dei processi decisionali, la trasparenza, la celerita', l'efficacia e l'economicita' nell'azione amministrativa e la chiara individuazione dei soggetti responsabili».

Nel caso di specie, non si puo' dubitare del fatto che la valutazione d'impatto ambientale determini la predetta «sovrapposizione di competenze» tra Amministrazione statale e regionale.

La ricorrente non nega che la valutazione d'impatto ambientale sia un procedimento di tutela ambientale e che, di conseguenza, essa coinvolga anzitutto l'ambito materiale di competenza esclusiva statale della «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema». Pur tuttavia, non puo' essere contestato che tale procedimento intersechi direttamente o indirettamente (e interferisca con) ambiti di competenza concorrente o esclusiva regionale. Con la conseguenza che la mancata considerazione di tali ambiti comporta la violazione, anzitutto, dello stesso art. 117, comma 2, Cost., atteso che l'esclusivita' della competenza statale e' interpretata in modo da negare l'evidenza, e cioe' l'imprescindibile necessita' del coinvolgimento regionale, imposto dall'intreccio fra gli ambiti competenziali.

Il procedimento di valutazione d'impatto ambientale, invero, ha ad oggetto la localizzazione, la realizzazione e la successiva gestione di interventi di particolare rilievo per l'ambiente, le comunita' locali, il loro sviluppo e la salute pubblica. Si tratta di procedimenti complessi che concernono la gestione tanto dei beni ambientali quanto delle altre risorse socio-economiche di un territorio.

Tale gestione rileva sia per il profilo della «tutela», sia per quello della «valorizzazione», che appaiono inscindibilmente collegati. Parimenti, le conseguenze dell'intervento non si misurano solamente sui beni ambientali, ma anche sulle risorse economiche del territorio e sulle relazioni sociali delle comunita' ivi insediate.

Tutto cio' considerato, e' evidente che il procedimento di VIA incide su numerose competenze che lo Statuto di autonomia e l'art.

117, comma 3, Cost., attribuiscono alla Regione Friuli-Venezia Giulia.

Si possono menzionare:   le materie di competenza primaria regionale ex art. 4 dello Statuto «industria e commercio»; «viabilita', acquedotti e lavori pubblici di interesse locale e regionale»; «turismo e industria alberghiera»; «trasporti su funivie e linee automobilistiche, tranviarie e filoviarie, di interesse regionale»; «urbanistica»; «acque minerali e termali»;   le materie di competenza concorrente ex art. 5 dello Statuto «disciplina dei servizi pubblici di interesse regionale ed assunzione di tali servizi»; «miniere, cave e torbiere»; «linee marittime di cabotaggio tra gli scali della Regione»; «utilizzazione delle acque pubbliche, escluse le grandi derivazioni: opere idrauliche di 4ª e 5ª categoria»; «igiene e sanita'»; «servizi antincendi»; «opere di prevenzione e soccorso per calamita' naturali»;   le materie di competenza concorrente ex art. 117, comma 3, Cost.

(applicabile alle Regioni speciali ex art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001) «tutela e sicurezza del lavoro»; «ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi»; «tutela della salute»; «protezione civile»; «porti e aeroporti civili»; «grandi reti di trasporto e di navigazione»; «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia»; «valorizzazione dei beni culturali e ambientali.

Si deve poi aggiungere che la valutazione d'impatto ambientale non e' costituita solamente da apprezzamenti di ordine tecnico-scientifico, ma anche di ordine socio-economico, nei quali le considerazioni relative alla trasformazione ambientale vengono ponderate con le generali esigenze socio-economiche delle collettivita' territoriali. Anche per questo profilo emerge la competenza della regione, quale ente esponenziale della comunita' territoriale e garante dell'ambito d'autonomia e di autogoverno costituzionalmente garantito.

Che vi sia tale inestricabile interferenza e sovrapposizione di competenze e' stato riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale.

Proprio pronunciandosi sulle procedure di adozione del provvedimento di VIA nei casi in cui l'autorita' competente e' una regione autonoma, codesta ecc.ma Corte ha sottolineato la «particolare complessita' della VIA», atto nel quale «a verifiche di natura tecnica circa la compatibilita' ambientale del progetto, che rientrano nell'attivita' di gestione in senso stretto e che vengono realizzate nell'ambito della fase istruttoria, possono affiancarsi e intrecciarsi complesse valutazioni che - nel bilanciare fra loro una pluralita' di interessi pubblici quali la tutela dell'ambiente, il Governo del territorio e lo sviluppo economico - assumono indubbiamente un particolare rilievo politico», tanto da determinare «un intreccio di attivita' a carattere gestionale e di valutazioni di tipo politico» (sent. n. 81 del 2013).

Tale pronuncia si pone in piena continuita' con la precedente giurisprudenza costituzionale in cui si e' riconosciuto che la valutazione d'impatto ambientale e' «interferente con una molteplicita' di attribuzioni regionali» (sentenze numeri 303 del 2003, 407 e 536 del 2002).

Negli stessi termini e' orientata anche la giurisprudenza amministrativa, che a piu' riprese ha sottolineato il «carattere ampiamente discrezionale che connota la valutazione di impatto ambientale per la pluralita', ampiezza e varieta' degli interessi pubblici coinvolti, in parte tra di loro confliggenti» (Cons. Stato, Sez. V, sentenza 23 marzo 2015, n. 1564). Tale connotazione e' dovuta al fatto che «alla stregua dei principi comunitari e nazionali, oltre che delle sue stesse peculiari finalita', la valutazione di impatto ambientale non si sostanzia in una mera verifica di natura tecnica circa la astratta compatibilita' ambientale dell'opera, ma implica una complessa e approfondita analisi comparativa tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto rispetto all'utilita' socio-economica, tenuto conto anche delle alternative possibili e dei riflessi sulla stessa c.d. opzione-zero» (Cons. Stato, Sez. V, 31 maggio 2012, n.

3254; sez. IV, 5 luglio 2010, n. 4246; Sez. V, 22 giugno 2009, n.

4206; Sez. VI, 17 maggio 2006, n. 2851).

Del resto, anche il Governo ha ammesso che il decreto delegato qui impugnato reca disposizioni che rientrano anche nelle materie di competenza delle regioni e nell'ambito piu' esteso di competenza della ricorrente regione autonoma, atteso che ha richiesto il parere della Conferenza Stato-regioni ai sensi dell'art. 2, comma 3, del decreto legislativo n. 281 del 1997, a tenor del quale «la Conferenza Stato-regioni e' obbligatoriamente sentita in ordine agli schemi di disegni di legge e di decreto legislativo o di regolamento del Governo nelle materie di competenza delle regioni o delle province autonome di Trento e di Bolzano che si pronunzia entro venti giorni; decorso tale termine, i provvedimenti recanti attuazione di direttive comunitarie sono emanati anche in mancanza di detto parere».

Infine, si deve osservare che nel parere del Comitato delle Regioni dell'Unione europea sullo schema della dir. n. 2014/52/UE, n.

2013/C 2018/07, menzionato nelle premesse della stessa direttiva e pubbl. in GUUE C 218 del 30 luglio 2013, si ricorda che «la modifica della direttiva VIA attualmente all'esame avra' un notevole impatto sugli enti locali e regionali, che svolgono un ruolo di primo piano nell'attuazione delle azioni proposte».

Ebbene: tutto cio' considerato, risulta evidente che il legislatore delegato era vincolato ai principi e criteri direttivi imposti dall'art. 32, comma 1, lettera g), della legge n. 234 del 2012. Conseguentemente, nel disciplinare il procedimento di adozione della VIA statale, il decreto legislativo n. 104 del 2017 avrebbe dovuto espressamente prevedere la partecipazione al procedimento della ricorrente per gli interventi che ricadono o che impattano nel territorio della Regione Friuli-Venezia Giulia. Avendo, invece, genericamente previsto la consultazione delle amministrazioni «potenzialmente interessate», senza garantire la richiesta del parere dell'Amministrazione regionale, il legislatore delegato ha violato i principi e criteri direttivi fissati dalla legge delega e, di conseguenza, ha violato l'art. 76 Cost.

Anche per questo profilo, ovviamente, la violazione dell'art. 76 Cost. e dell'art. 117, comma 2, lettera s), Cost., in una con quella degli altri parametri costituzionali sopra indicati, determina un'irragionevole compressione delle sopra elencate competenze della Regione ricorrente ex art. 4 e 5 dello Statuto d'autonomia e 117 Cost.

1.4. - Non basta. La previsione dell'art. 32, comma 1, lettera g), della legge n. 234 del 2012, sopra illustrata, non aveva fatto altro che recepire le indicazioni della giurisprudenza costituzionale in tema di declinazione del principio di leale collaborazione, espressione degli articoli 5, 117 e 118 Cost., ora, invece, disattese. Per costante giurisprudenza, infatti, il principio di leale collaborazione impone al legislatore statale di regolare i procedimenti amministrativi ricadenti in una pluralita' di ambiti materiali di competenza sia statale che regionale e di attribuire tali procedimenti all'Amministrazione statale (eventualmente anche tramite «chiamata in sussidiarieta'»), purche' siano previsti «adeguati meccanismi di cooperazione per l'esercizio concreto delle funzioni amministrative allocate in capo agli organi centrali» (sent.

n. 7 del 2016, che di recente ha ulteriormente consolidato il noto orientamento maturato con la sentenza n. 303 del 2003).

La mancata previsione espressa dell'obbligo di richiedere il parere regionale nel procedimento di VIA statale e' dunque violativa anche del principio di leale collaborazione.

A tal proposito si deve ricordare che la giurisprudenza costituzionale impone l'adozione di adeguati meccanismi di partecipazione procedimentale delle regioni sia quando la funzione pubblica regolata si pone «all'incrocio di varie materie, alcune di spettanza delle regioni, altre dello Stato [...] legate in un nodo inestricabile che non consente di identificare la prevalenza di una sulle altre, dal punto di vista sia qualitativo, sia quantitativo» (sent. n. 21 del 2016), sia quando un giudizio di prevalenza e' possibile e si conclude nel senso di ascrivere la disciplina a un ambito materiale di competenza legislativa esclusiva dello Stato.

In questo senso si puo' menzionare la sentenza n. 230 del 2013, in tema di determinazione delle modalita' di svolgimento del servizio di trasporto per la c.d. continuita' territoriale.

Pur riconoscendo che, secondo il criterio della prevalenza, tale disciplina ricade nell'ambito della «tutela della concorrenza», di esclusiva competenza statale, in quella pronuncia l'ecc.ma Corte ha rilevato che «la determinazione delle modalita' e delle condizioni di svolgimento del servizio di collegamento marittimo avente ad oggetto in particolare la Regione autonoma Sardegna e' espressione di un potere, si', statale, in quanto pertinente alla concorrenza, ma che tocca direttamente un interesse differenziato della Regione e che interferisce in misura rilevante sulle scelte rientranti nelle competenze della medesima, quali il turismo e l'industria alberghiera».

Ancorche' riferita alla Regione Sardegna, l'illustrata ratio decidendi e' di ordine generale e puo' applicarsi anche al caso di specie.

Anche in questo caso, infatti, si e' in presenza di una «sovrapposizione di competenze» che impone al legislatore statale di «attribuire adeguato rilievo al principio di leale collaborazione, le cui potenzialita' precettive si manifestano compiutamente negli ambiti di intervento nei quali s'intrecciano interessi ed esigenze di diversa matrice» (cosi' ancora la sentenza n. 230 del 2013, ma v.

anche sentenza n. 33 del 2011).

Anche in questo caso, dunque, ancorche' la disciplina della VIA sia riconducibile alla materia della «tutela dell'ambiente», l'incidenza negli ambiti competenziali regionali (compresi quelli di particolare autonomia della ricorrente) impone «una reale e significativa partecipazione della Regione» al procedimento, che puo' essere assicurata solo attraverso la garanzia della consultazione regionale.

Anche per questo profilo, dunque, la violazione del principio di leale collaborazione determina un'irragionevole e illegittima compressione dell'autonomia della ricorrente negli ambiti materiali sopra elencati, ai sensi degli articoli 4 e 5 dello Statuto e 117, comma 3. Cost.

1.5. - Non basta ancora. Specificamente illegittimo e l'art. 13, comma 1, del decreto legislativo n. 104 del 2017, nella parte in cui ha introdotto il novellato art. 24, comma 5, del decreto legislativo n. 152 del 2006.

Come in parte gia' osservato, detto comma 5 si compone di tre periodi. Il primo prevede che «l'autorita' competente, ove motivatamente ritenga che le modifiche o le integrazioni siano sostanziali e rilevanti per il pubblico, dispone, entro quindici giorni dalla ricezione della documentazione integrativa di cui al comma 4, che il proponente trasmetta, entro i successivi quindici giorni, un nuovo avviso al pubblico [...] da pubblicare a cura dell'autorita' competente sul proprio sito web». Il secondo periodo aggiunge che «in relazione alle sole modifiche o integrazioni apportate agli elaborati progettuali e alla documentazione si applica il termine di trenta giorni per la presentazione delle osservazioni e la trasmissione dei pareri delle Amministrazioni e degli enti pubblici che hanno ricevuto la comunicazione di cui all'art. 23, comma 4». Infine, il terzo periodo consente al proponente l'intervento di presentare all'autorita' competente le proprie controdeduzioni alle osservazioni e ai pareri pervenuti rispetto all'integrazione e modificazione documentale.

Le disposizioni ora riportate sono illegittime nella parte in cui, in caso di VIA statale, rimettono alla discrezionalita' dell'Amministrazione dello Stato la richiesta di un supplemento di parere da parte delle altre Amministrazioni consultate (tra le quali, per le ragioni sopra illustrate, deve necessariamente essere contemplata anche la regione ricorrente, per i procedimenti concernenti gli interventi situati nel territorio regionale o che producono effetti ambientali su di esso).

Al contrario, la valutazione della natura «sostanziale e rilevante» delle modifiche e/o delle integrazioni e la conseguente necessita' di un supplemento di parere deve necessariamente essere rimessa alle Amministrazioni che sono consultate. Lo schema procedimentale fissato dall'art. 13 del decreto legislativo n. 104 del 2017, consente l'aggiramento e la svalutazione delle garanzie di partecipazione procedimentale e dei principi di informazione preventiva e partecipazione delle comunita' territoriali al procedimento, che, come si confida di aver illustrato nei paragrafi precedenti, si impongono al legislatore statale in forza dell'art. 6, par. 1, della dir. n. 2014/52/UE, degli articoli 1 e 14 della legge n. 114 del 2015, dell'art. 32, comma 1, lettera g), della legge n.

234 del 2015, del principio di leale collaborazione tra Stato e regioni.

Solamente l'Amministrazione consultata, infatti, puo' adeguatamente considerare se, per i profili di proprio interesse, le modifiche e integrazioni documentali e progettuali hanno un rilievo tale da richiedere un supplemento di parere. Tale decisione, dunque, non e' di natura meramente formale e procedimentale, ma coinvolge i profili sostanziali della VIA. Rimettere la decisione sulla necessita' di un supplemento di consultazione alla discrezionalita' (se non all'arbitrio, dato che l'onere motivazionale e' previsto solo per la decisione di richiedere il supplemento d'istruttoria e non per la decisione opposta) dell'Amministrazione statale procedente, dunque, equivale a svuotare il senso stesso della garanzia procedimentale apprestata dal diritto europeo.

Per tale ragione, e in forza della violazione dei medesimi parametri gia' sopra indicati, l'art. 24, comma 5, del decreto legislativo n. 104 del 2017, come novellato dall'art. 13, comma 1, del decreto legislativo n. 104 del 2017; e' costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non prevede che, in caso di modifiche o integrazioni della documentazione da parte del proponente di un intervento sottoposto a VIA in sede statale (che ricade nel territorio regionale o che produce impatti ambientali su di esso), alla regione ricorrente sia sempre consentito di formulare ulteriori osservazioni e pareri.

In particolare, il mancato riconoscimento di tale garanzia procedimentale determina:   la violazione dell'art. 76 Cost., per violazione dei principi direttivi espressi dall'art. 1, par. 6, della dir. n. 2014/52/UE, nonche' dall'art. 32, comma 1, lettera g), della legge n. 234 del 2012, richiamato dall'art. 1 della legge n. 114 del 2015;   l'illegittimo esercizio della competenza legislativa statale in materia di «tutela dell'ambiente», ex art. 117, comma 2, lettera s).

Cost.;   la violazione dei principi di ragionevolezza, buon andamento della p.A. e leale collaborazione tra Stato e Regione, ex articoli 3, 5, 97, 117 e 118 Cost.

Tali vizi, si ribadisce, determinano un'irragionevole e illegittima compressione dell'autonomia regionale, negli ambiti materiali di competenza legislativa primaria e concorrente elencati sopra, sub par. 1.3., ai sensi degli articoli 4 e 5 dello Statuto d'autonomia e 117, comma 3, Cost.

2. - Illegittimita' costituzionale degli articoli 5, 22 e 26 del decreto legislativo n. 104 del 2017. Violazione dell'art. 76 Cost., in riferimento agli articoli 1 e 14 della legge n. 114 del 2015 e agli articoli 117, commi 2 e 3, Cost. e 4 e 5 della legge cost. n. 1 del 1963, recante «Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia».

Come illustrato in narrativa, gli articoli 5 e 22 del decreto legislativo n. 104 del 2017 regolano la ripartizione delle competenze per lo svolgimento della valutazione dell'impatto ambientale e per la verifica di assoggettabilita' alla VIA.

2.1. - In particolare, l'art. 5 del decreto legislativo n. 104 del 2017 ha introdotto nel decreto legislativo n. 152 del 2006 l'art.

7-bis, rubricato «Competenze in materia di VIA e di verifica di assoggettabilita' a VIA». L'art. 5 e' oggetto d'impugnazione laddove introduce i commi 2 e 3 dell'art. 7-bis, i quali, ai fini del riparto di competenze, rinviano agli elenchi di cui agli allegati alla parte seconda del decreto legislativo n. 152 del 2006 e, in particolare, all'all. II per l'elenco dei progetti sottoposti a VIA statale e all'all. II-bis per l'elenco di quelli sottoposti a verifica di assoggettabilita' a VIA in sede statale (comma 2); all'all. III per l'elenco dei progetti sottoposti a VIA in sede regionale e all'all.

IV per l'elenco di quelli sottoposti a verifica di assoggettabilita' a VIA in sede regionale (comma 3).

L'art. 22 del decreto legislativo n. 104 del 2017, poi, reca le modifiche agli allegati alla parte seconda. Rilevano qui in particolare il comma 1, che ha modificato l'all. II; il comma 2, che ha introdotto l'all. II-bis; il comma 3, che ha modificato l'all.

III; il comma 4, che ha modificato l'all. IV.

Come accennato in narrativa, si deve osservare che, salve alcune riformulazioni di precedenti voci degli elenchi (cfr. art. 22, comma 1, lettera g) e h)) le modifiche introdotte agli elenchi sono tutte in senso «unidirezionale»: il ruolo delle Regioni e' stato depotenziato, con contestuale aumento delle competenze dell'Amministrazione statale. Significativo e' l'inserimento dell'all. Il-bis (interventi soggetti a verifica di assoggettabilita' in sede statale), le cui voci erano pressoche' tutte inserite nell'all. IV, recante l'elenco degli interventi soggetti a verifica di assoggettabilita' in sede regionale.

Nel dettaglio (e anche onde escludere in radice ogni contestazione sull'interesse alla censura e, in ogni caso, sulla sua ammissibilita'), si deve osservare quanto segue.

Quanto all'art. 22, comma l, del decreto legislativo n. 104 del 2017, determinano lo spostamento dalla competenza regionale alla competenza statale le seguenti voci:   lettera a) («impianti termici per la produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 150 MW; impianti eolici per la produzione di energia elettrica sulla terraferma con potenza complessiva superiore a 30 MW»);   lettera h) (soppressione delle parole «facenti parte della rete elettrica di trasmissione nazionale» dopo le parole «elettrodotti aerei per il trasporto di energia elettrica», con conseguente estensione dell'ambito di competenza statale);   lettera e) («7-quinquies) attivita' di ricerca e coltivazione delle seguenti sostanze minerali: minerali utilizzabili per l'estrazione di metalli, metalloidi e loro composti; grafite; combustibili solidi, rocce asfaltiche e bituminose; sostanze radioattive»);   lettera f), limitatamente al terzo sottopunto «stoccaggio: [...] sotterraneo artificiale di gas combustibili in serbatoi con una capacita' complessiva superiore a 80.000 m3»;   lettera i) («porti con funzione turistica e da diporto quando lo specchio d'acqua e superiore a 10 ettari o le aree esterne interessate superano i 5 ettari oppure i moli sono di lunghezza superiore ai 500 metri»);   lettera l) (inserimento delle parole «e nell'allegato III al presente decreto» dopo le parole «impianti per la cattura di flussi di CO2 provenienti da impianti che rientrano nel presente allegato», con conseguente aumento della competenza statale, comprendente anche gli impianti per la cattura di flussi di CO2 provenienti da impianti soggetti a VIA in sede regionale, prima menzionati nell'all. III).

Quanto all'art. 22, comma 2, recante l'elenco degli interventi sottoposti a verifica di assoggettabilita' a VIA in sede statale, determinano lo spostamento dalla competenza regionale alla competenza statale tutte le voci in elenco, salvo quella sub 2g («coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi, sulla terraferma e in mare, per un quantitativo estratto fino a 500 tonnellate al giorno per il petrolio e a 500.000 m3 al giorno per il gas naturale»).

Quanto all'art. 22, comma 3, rileva la lettera b), nella parte in cui, riformulando la lettera af-bis) dell'art. III, determina la soppressione della voce «impianti per la cattura di flussi di CO2 provenienti da impianti che rientrano nel presente allegato» (voce che, come gia' segnalato, e' stata rimessa alla competenza statale).

Quanto all'art. 22, comma 4, rileva la lettera b), nella parte in cui, riformulando il punto 2 dell'elenco, determina la soppressione delle voci «impianti termici per la produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 50 MW»; «impianti industriali per il trasporto del gas, che alimentano condotte con una lunghezza complessiva superiore ai 20 km»; «installazioni di oleodotti e gasdotti e condutture per il trasporto di flussi di CO2 ai fini dello stoccaggio geologico superiori a 20 km» (voci anche queste trasferite alla competenza statale), nonche' la lettera c), che definisce la competenza regionale sulla verifica di assoggettabilita' a VIA delle strade extraurbane secondarie in via residuale, escludendo quelle «comprese nell'allegato II-bis», di competenza statale.

Gli spostamenti all'ambito rimesso all'attivita' amministrativa statale sono completati con la corrispondente abrogazione delle lettere c), h), h-bis), l), z) ed ab) dell'all. III e dei punti 7.e), 7.f), 7.g), 7.m), 7.p), 7.q) e 7.z) dell'all. IV alla parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, abrogazione qui pure censurata.

Questa riduzione delle competenze dell'Amministrazione regionale determina un'ulteriore compressione delle attribuzioni regionali definite dagli articoli 4 e 5 dello Statuto e dall'art. 117, comma 3, Cost., gia' elencate al precedente par. 1.3 (cui si rinvia per dovere di sintesi) che vengono in rilievo nei procedimenti complessi quale quello di valutazione d'impatto ambientale. E' per tale ragione che la Regione ha interesse a censurare, le disposizioni ora menzionate, atteso che l'accoglimento del presente ricorso determinerebbe un'estensione dell'ambito di autonomia regionale, facendo valere il corretto assetto delle competenze, per come regolato dagli articoli 117, commi 2 e 3 Cost. e 4 e 5 dello Statuto d'autonomia regionale.

2.2. - Tutto cio' premesso, si deve osservare che il legislatore statale delegato non aveva alcun titolo per determinare tale spostamento di competenze dall'Amministrazione regionale a quella statale.

Nei principi e criteri direttivi manca qualsiasi riferimento all'ipotesi di modificazione del riparto di competenze tra le due Amministrazioni. Tale modificazione non e' prevista dall'art. 1 della legge n. 114 del 2015 ne' dal successivo art. 14, in cui sono dettati i principi e criteri direttivi specifici per il recepimento della dir. n. 2014/52/UE.

Come gia' indicato in narrativa, la lettera a) dell'art. 14 contempla la «semplificazione, armonizzazione e razionalizzazione delle procedure di valutazione di impatto ambientale anche in relazione al coordinamento e all'integrazione con altre procedure volte al rilascio di pareri e autorizzazioni a carattere ambientale».

A tal proposito e' del tutto evidente che la modificazione delle competenze non e' di per se' elemento di semplificazione, armonizzazione e razionalizzazione delle procedure di VIA. Ne' - ovviamente - lo e', di per se' l'accentramento, ne', ancora, l'esame dei progetti in sede regionale osta all'integrazione dei procedimenti al fine del rilascio dei pareri e delle autorizzazioni ambientali.

Lo stesso dicasi per quanto concerne la successiva lettera b), nella quale e' menzionato il «rafforzamento della qualita' della procedura di valutazione di impatto ambientale, allineando tale procedura ai principi della regolamentazione intelligente (smart regulation) e della coerenza e delle sinergie con altre normative e politiche europee e nazionali». La qualita' delle procedure, infatti, non e' incisa dal fatto che l'Autorita' competente sia quella regionale e prova ne e' proprio la circostanza che il legislatore statale si e' ben guardato dal sopprimere tutte le funzioni regionali in tema di VIA e di verifica di assoggettabilita' a VIA.

Infine, del tutto estranei allo spostamento delle competenze sono i successivi principi e criteri direttivi sub lettere c) e d) dell'art. 14, che hanno ad oggetto esclusivamente il tema delle procedure sanzionatorie.

Parimenti, il tema della competenza accentrata o decentrata e' estraneo alle disposizioni della direttiva recepita, che non fa alcuna distinzione ne' fornisce alcuna indicazione in merito. Del resto, e' noto l'orientamento della Corte di giustizia dell'unione europea che, anche pronunciandosi sulle procedure di VIA, ha ricordato che ogni Stato membro e' «libero di ripartire come crede opportuno le competenze normative sul piano interno», purche' non sia pregiudicato «l'obiettivo perseguito dalla direttiva, con la quale si vuole fare in modo che non sfugga alla valutazione d'impatto nessun progetto idoneo ad avere un notevole impatto sull'ambiente ai sensi della direttiva» (CGUE, sentenza 10 giugno 2004, C-87/02, Commissione c./ Italia, EU:C:2004:363, parr. 38 e 44).

Tutto cio' considerato, e' evidente che al caso di specie puo' applicarsi il consolidato orientamento giurisprudenziale in tema di «delega al riassetto o riordino» di plessi normativi, che consente la modifica del riparto delle competenze tra Stato e regioni solo nel caso in cui la legge di delegazione lo abbia esplicitamente consentito.

A tal proposito si puo' menzionare la sentenza Corte costituzionale, n. 80 del 2012, in cui l'ecc.ma Corte ha censurato l'adozione, tramite decreto delegato, di norme concernenti i rapporti Stato-regioni, atteso che per tale campo di interventi «non puo' valere una generica delegazione al Governo ad operare un riassetto di norme statali, ma sono necessari principi e criteri direttivi appositi, mirati alla regolamentazione interordinamentale di singole materie, ognuna delle quali presenta specificita' da considerare partitamente, non compatibili con principi e criteri direttivi di natura formale e metodologica».

Degna di nota e' anche la sentenza n. 50 del 2014, in cui codesta ecc.ma Corte ha ricordato che «nei casi in cui il Parlamento abbia ritenuto di delegare al Governo il compito di procedere al riassetto di determinati settori normativi, l'esercizio, da parte del legislatore delegato, di «poteri innovativi della normazione vigente, non strettamente necessari in rapporto alla finalita' di ricomposizione sistematica perseguita», deve ritenersi circoscritto entro limiti rigorosi», con la conseguenza che «l'introduzione di soluzioni sostanzialmente innovative rispetto al sistema legislativo previgente puo' ritenersi ammissibile soltanto nel caso in cui siano stabiliti principi e criteri direttivi idonei a circoscrivere la discrezionalita' del legislatore delegato».

Nel caso di specie, invece, come si e' detto, dato che nella legge di delegazione difettava qualsiasi riferimento al riassetto dei rapporti Stato-regioni, il legislatore delegato non aveva un'adeguata base normativa per disporre la sottrazione di ambiti di competenza all'Amministrazione regionale. Risulta evidente, dunque, l'eccesso di delega e la conseguente incostituzionalita' delle disposizioni impugnate.

Anche per questo profilo, come gia' si e detto, la violazione dell'art. 76 Cost. e l'illegittimo esercizio della competenza legislativa in materia di «tutela dell'ambiente» ex art. 117, comma 2, lettera s), Cost., determinano un'illegittima e irragionevole compressione delle competenze della ricorrente elencate supra, sub par. 1.3., garantite dagli articoli 4 e 5 dello Statuto e 117, comma 3, Cost.

3.- Illegittimita' costituzionale degli articoli 5, 12, 13, 14, 22 e 26 del decreto legislativo n. 104 del 2017. Violazione del principio di leale collaborazione ex articoli 5, 117 e 118 Cost., per un ulteriore profilo. Violazione degli articoli 4 e 5 della legge cost.

n. 1 del 1963, recante «Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia» e 117 Cost.

Come si confida di aver adeguatamente illustrato nelle pagine che precedono, la ricorrente non ha inteso contestare la competenza del legislatore statale nel regolare il procedimento di valutazione di impatto ambientale e di verifica di assoggettabilita' alla VIA. Ha, pero', lamentato che, per una pluralita' di profili, e' mancata l'adeguata considerazione delle competenze e delle attribuzioni regionali, che si sarebbero potute correttamente salvaguardare attraverso i consueti strumenti di coordinamento, ispirati al principio di leale collaborazione tra lo Stato e la Regione Friuli-Venezia Giulia. In una prospettiva analoga si deve qui lamentare la violazione del principio di leale collaborazione per un ulteriore profilo, concernente lo stesso procedimento di adozione del decreto delegato impugnato.

3.1. - A tal proposito, valgono qui le indicazioni della sent. n.

251 del 2016, con la quale codesta ecc.ma Corte ha precisato l'ambito di applicazione del principio di leale collaborazione nell'esercizio della delega legislativa, affermando che, «la' dove [...] il legislatore delegato si accinge a riformare istituti che incidono su competenze statali e regionali, inestricabilmente connesse, sorge la necessita' del ricorso all'intesa», che si impone «quale cardine della leale collaborazione anche quando l'attuazione delle disposizioni dettate dal legislatore statale e' rimessa a decreti legislativi delegati, adottati dal Governo sulla base dell'art. 76 Cost.».

Piu' in particolare, nella medesima sentenza la Corte ha affermato che il ricorso all'intesa (oppure agli altri «strumenti [...] idonei» ad assicurare «la coerenza dell'intero procedimento di attuazione della delega, senza sottrarlo alla collaborazione con le regioni») non e' necessario nel caso di disposizioni «che pure intersecano sfere di attribuzione regionale», ma costituiscono «in via prevalente espressione di una competenza statale» esclusiva (par.

4.1.1.), mentre e' doveroso ove risulti un «concorso di competenze, inestricabilmente connesse, nessuna delle quali si rivela prevalente, ma ciascuna delle quali concorre alla realizzazione dell'ampio disegno di riforma della dirigenza pubblica» (par. 4.2.1.).

Ebbene: come gia' si e' osservato nel precedente par. 1.2., nella valutazione d'impatto ambientale si determina quell'inestricabile sovrapposizione di competenze che, secondo i principi della sentenza n. 251 del 2016, impongono di fare capo all'intesa nel procedimento di attuazione della delega legislativa (cfr. ancora la sentenza n. 81 del 2013, in cui l'ecc.ma Corte ha ricordato che, nella VIA, «a verifiche di natura tecnica circa la compatibilita' ambientale del progetto, che rientrano nell'attivita' di gestione in senso stretto e che vengono realizzate nell'ambito della fase istruttoria, possono affiancarsi e intrecciarsi complesse valutazioni che - nel bilanciare fra loro una pluralita' di interessi pubblici quali la tutela dell'ambiente, il Governo del territorio e lo sviluppo economico - assumono indubbiamente un particolare rilievo politico»).

3.2. - In ogni caso, quand'anche si ritenesse che, nel caso di specie, dalla sovrapposizione di competenze possa comunque emergere un «giudizio di prevalenza» in favore della competenza esclusiva statale in materia di «tutela dell'ambiente», ex art. 117, comma 2, lettera s), Cost., il ricorso all'intesa tra lo Stato e la Regione ricorrente per l'adozione del decreto delegato qui impugnato rimarrebbe comunque necessaria.

Come e' stato gia' segnalato supra, infatti, codesta ecc.ma Corte costituzionale, nella sentenza n. 230 del 2013, ha riconosciuto l'obbligo per lo Stato di rispettare il principio di leale collaborazione, nella declinazione dell'intesa c.d. «forte», in caso di discipline che coinvolgono gli interessi e le competenze regionali, ancorche' si possano ascrivere, in virtu' del giudizio di prevalenza, a una materia di competenza legislativa esclusiva statale (era il caso della «determinazione delle modalita' e delle condizioni di svolgimento del servizio di collegamento marittimo», che e' «espressione di un potere [...] statale, in quanto pertinente alla concorrenza, ma che tocca direttamente un interesse differenziato della Regione [Sardegna, allora ricorrente,] e che interferisce in misura rilevante sulle scelte rientranti nelle competenze della medesima, quali il turismo e l'industria alberghiera»).

Anche in questo caso, dunque, si richiede una «reale e significativa partecipazione della Regione», che «non e' garantita dalla formula "sentite le regioni interessate" della norma censurata, che si limita ad imporre la mera acquisizione del parere, risultando, invece, necessario un procedimento che assicuri un efficace coinvolgimento della Regione e che evoca, quindi, la figura dell'intesa fra i due enti» (cosi' ancora la sentenza n. 230 del 2013).

3.3. - Nel caso di specie, come gia' accennato in narrativa, non solo non si e' proceduto all'intesa tra le parti, ma lo Stato, dopo aver acquisito il «parere favorevole condizionato» della Conferenza Stato-regioni (atto rep. n. 61/ESR del 4 maggio 2017), non ha ritenuto di attivare le doverose ulteriori «procedure di consultazione» intese al «superamento delle divergenze, basate sulla reiterazione delle trattative o su specifici strumenti di mediazione» (sentenze numeri 1 e 251 del 2016 e 121 del 2010). Al contrario, il Governo ha sostanzialmente confermato il testo dello schema di decreto legislativo gia' sottoposto all'esame della Conferenza Stato-regioni, senza recepire alcuna delle indicazioni formulate nel suo parere.

In particolare, non sono state recepite le proposte emendative relative:   al ruolo delle regioni nel procedimento di VIA in sede statale (articoli 12, 13 e 14 del decreto legislativo n. 104 del 2017; cfr.

p. 5, 12, 17 del parere della Conferenza Stato-regioni);   alla riduzione delle competenze regionali sugli interventi sottoposti alla valutazione d'impatto ambientale e alla verifica di assoggettabilita' alla VIA (articoli 5 e 22 del decreto legislativo n. 104 del 2017; cfr. p. 5. 6, 7, 12, 22 e 27 del parere della Conferenza Stato-regioni).

Si e' determinata cosi' una condotta c.d. «di blocco», manifestamente estranea al principio di leale collaborazione e, di conseguenza, palesemente illegittima.

Ne consegue, anche per questo profilo, l'illegittimita' costituzionale degli articoli 5, 12, 13, 14, 22 e 26 del decreto legislativo n. 104 del 2017, nelle specifiche parti gia' dettagliatamente individuate nei precedenti motivi d'impugnazione (parr. 1.1. e 2.1.), cui si rinvia in ossequio al principio di sinteticita' degli atti processuali.

 

P.Q.M.  

La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, come in epigrafe rappresentata e difesa, chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale voglia:   accogliere il presente ricorso;   per l'effetto, dichiarare l'illegittimita' costituzionale in parte qua del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104, avente ad oggetto «Attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, ai sensi degli articoli 1 e 14 della legge 9 luglio 2015, n. 114», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 156 del 6 luglio 2017, con particolare riferimento agli articoli 5, 12, 13, 14, 22 e 26, per violazione dell'art. 117, comma 1, Cost., in riferimento all'art. 1, comma 6, lettera a), della dir.

16 aprile 2014, n. 2014/52/UE; dell'art. 76 Cost., per violazione degli articoli 1, comma 1, e 14 della legge n. 114 del 2015, in riferimento all'art. 1, par. 6, della dir. 16 aprile 2014, n.

2014/52/UE, nonche' all'art. 32, comma 1, lettera g), della legge n.

234 del 2012; dei principi di leale collaborazione, di ragionevolezza e di buon andamento della pubblica amministrazione di cui agli articoli 3, 5, 97, 117 e 118 Cost.; degli articoli 4 e 5 della legge cost. n. 1 del 1963, recante «Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia», dell'art. 117, commi 2 e 3, Cost.

Si deposita copia conforme all'originale della delibera della giunta regionale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 1° settembre 2017, n. 1650.

Trieste-Roma, 4 settembre 2017     Avv. prof. Luciani - Avv. Volpe