RICORSO N. 67 DEL 8 SETTEMBRE 2017 (DELLA REGIONE VENETO)

Ricorso per questione di legittimità costituzionale depositato in cancelleria il 8 settembre 2017.

(GU n. 43 del 25.10.2017)

Ricorso proposto dalla Regione Veneto (C.F. 80007580279 - partita iva 02392630279), in persona del Presidente della Giunta regionale dott. Luca Zaia (C.F. ZAILCU68C27C957O), autorizzato con deliberazione della Giunta regionale del Veneto n. 1403 del 29 agosto 2017 (doc. 1), rappresentato e difeso, per mandato a margine del presente atto, tanto unitamente quanto disgiuntamente, dagli avv.ti Ezio Zanon (C.F. ZNNZEI57L07B563K) coordinatore dell'Avvocatura regionale e Luigi Manzi (C.F. MNZLGU34E15H501V) del Foro di Roma, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo in Roma, via Confalonieri, n. 5 (per eventuali comunicazioni: fax 06/3211370, posta elettronica certificata luigimanzi@ordineavvocatiroma.org).

Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale e' domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;   Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 3, comma 1, lettera g) e h); 5, comma 1; 21; 22, commi da 1 a 4; 26, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104, recante «Attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, ai sensi degli articoli 1 e 14 della legge 9 luglio 2015, n. 114» pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 6 luglio 2017, n. 156, per violazione degli articoli 3, 76, 97, 114, 117, commi III e IV, 118 e 119 Cost., oltreche' del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost.

Motivi  

1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104 per violazione degli articoli 3, 76, 97, 117, comma III e 118 Cost., oltreche' del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost.

L'art. 3, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104 ha modificato l'art. 6 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante «Norme in materia ambientale», e in particolare ha cosi sostituito il decimo comma: «Per i progetti o parti di progetti aventi quale unico obiettivo la difesa nazionale e per i progetti aventi quali unico obiettivo la risposta alle emergenze che riguardano la protezione civile, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dei beni e delle attivita' culturali e del turismo, dopo una valutazione caso per caso, puo' disporre, con decreto, l'esclusione di tali progetti dal campo di applicazione delle norme di cui al titolo III della parte seconda del presente decreto, qualora ritenga che tale applicazione possa pregiudicare i suddetti obiettivi.»   La disposizione in parola nella parte in cui consente al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dei beni e delle attivita' culturali e del turismo, di disporre l'esclusione dalla disciplina di valutazione di impatto ambientale di progetti aventi quali unico obiettivo la risposta alle emergenze che riguardano la protezione civile appare invasiva della competenza regionale in materia di «protezione civile» (art. 117, comma III, Cost.) oltreche' lesiva del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost.

Non e', infatti, prevista alcuna forma di partecipazione da parte delle Regioni nell'ambito dell'introdotto procedimento derogatorio, di modo che queste, in un ambito di competenza legislativa ripartita, ove dunque lo Stato puo' solo dettare principi fondamentali, si vedono espropriate di ogni potesta', non solo decisoria, ma anche meramente consultivo/partecipativa.

Peraltro, con riguardo ai progetti afferenti a situazioni emergenziali di protezione civile, sorge un inevitabile collegamento tra gli stessi e il territorio ove tale situazione si e' verificata, ragion per cui la partecipazione, istruttoria e/o codecisoria, degli enti territoriali appare indispensabile al fine di salvaguardare la stessa ragionevolezza della disposizione di legge, che altrimenti si pone in palese contraddizione rispetto non solo all'art. 3 Cost., ma pur nei confronti del canone di buon andamento dell'agire pubblico di cui all'art. 97 Cost.. Questo, infatti, appare compromesso dalla previsione di un potere derogatorio alla disciplina generale esercitabile in via unilaterale da parte dello Stato, ove siano coinvolti interessi territoriali e competenze regionali.

A tale riguardo, pur ove si volesse ritenere che la disposizione afferisca in via assorbente alla materia di competenza esclusiva dello Stato «tutela dell'ambiente» (il che peraltro e' dubbio vista la teleologia della disposizione che consiste nel far prevalere gli interessi afferenti alla protezione civile rispetto a quelli ambientali), comunque occorre tenere presenti le illuminanti considerazioni recentemente enucleate da codesta ecc.ma Corte (decisione n. 169/2017), secondo cui, pur in presenza di una competenza esclusiva dello Stato, ove siano coinvolti interessi e funzioni regionali, s'impone «una fisiologica dialettica» tra Stato e Regioni che sia improntata a leale collaborazione, il che conferma la irragionevolezza della disposizione impugnata e la lesione del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost.

Tale esautorazione, infatti, e' posta in essere senza neppure distinguere tra progetti assoggettati a valutazione di impatto ambientale regionale ovvero statale.

Ragion per cui, per effetto di tale disposizione, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, potrebbe giungere a sottrarre alla competenza delle Regioni la valutazione di impatto ambientale di progetti affidati alla ordinaria potesta' decisoria degli enti territoriali.

Cosa che comporta, in aggiunta alle sopra enucleate lesioni, pur anche una violazione dell'art. 118 Cost., sotto forma di illegittima compressione di una competenza amministrativa affidata alle cure regionali.

D'altronde, la disposizione che si censura introduce una sostanziale modificazione del riparto delle competenze statali e regionali in materia di VIA, in contraddizione rispetto ai principi e criteri direttivi di cui all'art. 14 della legge 9 luglio 2015, n.

114, recante «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - legge di delegazione europea 2014».

Essa, infatti, al fine di dare attuazione al diritto comunitario, vincola il legislatore delegato a introdurre esclusivamente regole di «semplificazione, armonizzazione e razionalizzazione delle procedure di valutazione di impatto ambientale anche in relazione al coordinamento e all'integrazione con altre procedure volte al rilascio di pareri e autorizzazioni a carattere ambientale», ovvero di «rafforzamento della qualita' della procedura di valutazione di impatto ambientale, allineando tale procedura ai principi della regolamentazione intelligente (smart regulation) e della coerenza e delle sinergie con altre normative e politiche europee e nazionali».

Ossia l'ambito oggettivo della delega legislativa non ricomprende in alcun modo la disciplina del riparto delle competenze decisorie in materia di valutazione di impatto ambientale, ma unicamente gli aspetti procedurali, da modificare peraltro in ragione della rinnovata disciplina comunitaria.

Ne consegue che la formulazione che si censura configura una tipica ipotesi di eccesso di delega, che ridonda in una lesione dell'art. 117, comma 3 Cost., con riguardo alla competenza legislativa regionale in materia di «protezione civile», e, al contempo, in una lesione dell'art. 118 Cost., in quanto opera una espropriazione delle competenze amministrative regionali in materia di valutazione di impatto ambientale come gia' delineate dall'ordinamento.

Ne' si puo' addurre a giustificare o, rectius, a sanare tale eccesso di delega il fine di coordinamento di cui all'art. 32, comma 1, lettera b) della legge 24 dicembre 2012, n. 234, in quanto nel caso di specie, si e' dinanzi a una disposizione che non intende in alcun modo coordinare discipline vigenti nei settori interessati dall'attuazione del diritto comunitario, ma che invece introduce un potere derogatorio, atto ad alterare il riparto di competenze tra lo Stato e le Regioni.

Innovazione normativa rispetto alla quale non e' possibile rinvenire alcun supporto giustificatorio e autorizzatorio da parte del legislatore delegante.

Non vale, neppure, ad escludere tale vizio di eccesso di delega il fatto che il legislatore delegato riproduca una disposizione contenuta nella direttiva attuata, in quanto mediante la contestuale attribuzione di un potere unilaterale in capo agli organi statali, anche ove sia prevista una competenza regionale ovvero sussista un interesse territoriale, si viene ad alterare il quadro delle competenze in materia di VIA, in spregio ai criteri direttivi della legge di delega la quale, come gia' rilevato, autorizza il Governo a dare attuazione al diritto comunitario, ma non ad introdurre modifiche che alterino il regime delle competenze.

Nulla infatti a tale riguardo ha disposto la direttiva europea ne' d'altronde essa ha assegnato al legislatore nazionale il compito di farlo.

A tal fine sarebbe servita una espressa previsione del legislatore delegante, sotto forma di un criterio direttivo ad hoc, in assenza della quale deve ritenersi che il Governo abbia oltrepassato i limiti del potere legislativo delegatogli, disponendo in ambiti non coperti dall'autorizzazione parlamentare.

La disposizione in parola si deve, percio', ritenere costituzionalmente illegittima in quanto determina una violazione, partitamente, degli articoli 3, 76 e 97 Cost. che ridonda in una lesione della competenza legislativa (art. 117, comma 3 Cost.) e amministrativa regionale (art. 118 Cost.).

Competenze e disposizioni, queste ultime, che, peraltro, risultano lese anche in via autonoma, in uno con la violazione del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost. per la completa assenza di ogni apporto partecipativo da parte delle Regioni.

2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1, lettera h), del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104 per violazione degli articoli 3, 76, 97, 117, comma III e 118 Cost., oltreche' del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost.

L'art. 3, comma 1, lettera h), del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104 ha modificato l'art. 6 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante «Norme in materia ambientale», e, in particolare, ha cosi sostituito l'undicesimo comma: «Fatto salvo quanto previsto dall'art. 32, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare puo', in casi eccezionali, previo parere del Ministro dei beni e delle attivita' culturali e del turismo, esentare in tutto o in parte un progetto specifico dalle disposizioni di cui al titolo III della parte seconda del presente decreto, qualora l'applicazione di tali disposizioni incida negativamente sulla finalita' del progetto, a condizione che siano rispettati gli obiettivi della normativa nazionale ed europea in materia di valutazione di impatto ambientale. In tali casi il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare:   a) esamina se sia opportuna un'altra forma di valutazione;   b) mette a disposizione del pubblico coinvolto le informazioni raccolte con le altre forme di valutazione di cui alla lettera a), le informazioni relative alla decisione di esenzione e le ragioni per cui e' stata concessa;   c) informa la Commissione europea, prima del rilascio dell'autorizzazione, dei motivi che giustificano l'esenzione accordata fornendo tutte le informazioni acquisite.».

La disposizione in parola introduce un'ulteriore ipotesi di deroga alla disciplina generale, senza peraltro neppure prevedere alcun criterio direttivo che guidi l'autorita' amministrativa in ordine all'an dell'esercizio del relativo potere.

Il che attesta non solo l'irragionevolezza della norma, ma pur anche la sua contrarieta' rispetto al principio di legalita', il quale costituisce la chiave di volta che sorregge l'esercizio dei pubblici poteri e non puo' soffrire deroghe.

Di fatti, l'unica espressione utilizzata nella disposizione attributiva del potere, al fine di definire e circoscrivere l'ambito di operativita' del potere di deroga in parola, e' l'inciso «in casi eccezionali» unito al criterio dell'incidenza negativa rispetto alla finalita' del progetto da valutare.

Non e' pero' dato sapere che cosa si debba intendere per eccezionalita', concetto ambiguo ed elastico che puo' abbracciare le piu' svariate quanto generiche situazioni in assenza di una sua contestualizzazione o della previsione di criteri valutativi che guidino l'interprete. Elementi esegetici e precettivi del tutto assenti nel caso di specie.

Neppure il generico riferimento alla finalita' del progetto e' tale da fornire significative indicazioni, dal momento che la disposizione si rivolge indifferentemente a qualunque progetto sottoposto a valutazione di impatto ambientale.

Ne' a giustificare tale genericita' si puo' addurre il fatto di avere riprodotto una previsione della Direttiva europea, la quale infatti non contiene per sua natura, salvo le rare ipotesi di norme self executing, disposizioni immediatamente precettive, ma regole che esigono attuazione/specificazione da parte del legislatore in modo tale da rispettarne e perseguirne i fini, in consonanza coni principi che informano l'ordinamento giuridico ricevente».

Il vago perimetro della disposizione impugnata consegna cosi' all'autorita' amministrativa statale un grimaldello in grado di alterare il sistema di riparto delle competenze esistenti tra Stato e Regione in materia di VIA, e senza che sia prevista, il che fonda il presente motivo di ricorso, alcuna forma di partecipazione, decisoria o istruttoria, da parte delle Regioni, fatto che determina una lesione del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost. nonche' dell'art. 118 Cost.

Ma oltre a essere idoneo a ingenerare delle sovrapposizioni e delle conflittualita' operative con gli enti territoriali, viepiu' l'atto legislativo presenta anche i «sintomi» dell'eccesso di delega legislativa.

Difatti, il legislatore delegato, come gia' rilevato nel precedente motivo di ricorso, non era autorizzato a introdurre disposizioni atte ad alterare il materiale riparto delle competenze tra Stato e Regioni, ma unicamente avrebbe dovuto dare attuazione alla normativa comunitaria introducendo modifiche meramente procedimentali o, comunque, dando attuazione alla disciplina comunitaria senza elidere o menomare le competenze regionali.

Ogni modificazione sostanziale, invece, per essere legittima, avrebbe dovuto passare per il diverso procedimento legislativo ordinario, ovvero avrebbe richiesto la necessaria previsione di principi e criteri direttivi ad hoc da parte del legislatore delegante. Il che non e' avvenuto.

Risultano dunque violati, per tali ragioni, gli articoli 76 e 97 Cost., violazioni che, alterando il riparto di competenze esistente tra Stato e Regioni a detrimento delle autonomie territoriali, ridondano in una lesione degli articoli 117, commi 3 e 4, e 118 Cost.

Ne' a sanare tale illegittimita' si possono addurre le previsioni procedimentali di cui al periodo conclusivo della disposizione, che si riducono a mere attivita' informative, conseguenti all'esercizio del potere derogatorio, ma del tutto inidonee a definirne i presupposti di esercizio e a sanare l'eccesso di delega che affetta la disposizione legislativa impugnata.

La disposizione appare, inoltre, illegittima, oltreche' per le ragioni gia' enunciate, anche laddove non prevede l'apporto partecipativo, decisorio o istruttorio/consultivo, delle Regioni, nelle ipotesi in cui il progetto afferisca ad una materia di competenza regionale ovvero comunque sia assoggetta a via regionale.

Il che determina una lesione degli articoli 117, commi 3 e 4 Cost. e 118 oltreche' del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost.

Come, infatti, l'intervento partecipativo regionale e locale e' necessario e, infatti, previsto in caso di VIA statale che interessi il territorio regionale cosi', e a maggior ragione, lo deve essere nell'esercizio del potere di deroga in parola, ove evidentemente siano involti interessi regionali. E cio' per le medesime ragioni indicate nel motivo di impugnazione dell'art. 3, comma 1, lettera g), di cui al precedente paragrafo sub n. 1.

3) Illegittimita' costituzionale degli articoli 5, comma 1; 22, commi da 1 a 4; 26, comma 1, lett. a) del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104 per violazione degli articoli 76, 117, commi III e IV, 118 Cost., oltreche' del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost.

L'art. 5 del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104 ha introdotto nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 l'art.

7-bis, rubricato «Competenze in materia di VIA e di verifica di assoggettabilita' a VIA».

In particolare il secondo comma dell'articolo statuisce che: «Sono sottoposti a VIA in sede statale i progetti di cui all'allegato II alla parte seconda del presente decreto. Sono sottoposti a verifica di assoggettabilita' a VIA in sede statale i progetti di cui all'allegato II-bis alla parte seconda del presente decreto».

Il successivo comma, invece, dispone che: «Sono sottoposti a VIA in sede regionale, i progetti di cui all'allegato III alla parte seconda del presente decreto. Sono sottoposti a verifica di assoggettabilita' a VIA in sede regionale i progetti di cui all'allegato IV alla parte seconda del presente decreto.».

Per effetto di tale disposizione il riparto di competenze tra Stato e Regioni in materia di valutazione di impatto ambientale e' demandato ai quattro allegati menzionati, i quali sono stati ampiamente modificati nei loro contenuti dall'art. 22, commi da 1 a 4, del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104, nonche' dalla disposizione abrogatrice contenuta nell'art. 26, comma 1, lettera a) del medesimo decreto legislativo.

Nello specifico all'Allegato II alla parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono state apportate le seguenti modificazioni:   «a) al punto 2), sono aggiunti, infine, i seguenti sottopunti:   «impianti termici per la produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 150 MW.

impianti eolici per la produzione di energia elettrica sulla terraferma con potenza complessiva superiore a 30 MW»;   b) al punto 4-bis) le parole: «facenti parte della rete elettrica di trasmissione nazionale» sono abrogate;   c) il punto 7) e' sostituito dai seguenti:   «7) perforazione di pozzi finalizzati alla ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi sulla terraferma e in mare;   7.1) coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi, sulla terraferma e in mare, per un quantitativo estratto superiore a 500 tonnellate al giorno per il petrolio e a 500.000 m3 al giorno per il gas naturale;   7.2) rilievi geofisici attraverso l'uso della tecnica airgun o esplosivo.»;   d) il punto 7-quater) e' sostituito dal seguente:   «7-quater) impianti geotermici pilota di cui all'art. 1, comma 3-bis, del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22, e successive modificazioni, nonche' attivita' di ricerca e coltivazione di risorse geotermiche in mare.»;   e) dopo il punto 7-quater e' inserito il seguente:   «7-quinquies) attivita' di ricerca e coltivazione delle seguenti sostanze minerali:  minerali utilizzabili per l'estrazione di metalli, metalloidi e loro composti;  grafite, combustibili solidi, rocce asfaltiche e bituminose;  sostanze adioattive.»;   f) il punto 8 e' sostituito dal seguente:   «8 Stoccaggio:  di petrolio, prodotti chimici, prodotti petroliferi e prodotti petrolchimici con capacita' complessiva superiore a 40.000 m3;  superficiale di gas naturali con una capacita' complessiva superiore a 40,000 m3;  sotterraneo artificiale di gas combustibili in serbatoi con una capacita' complessiva superiore a 80.000 m3;  di prodotti di gas di petrolio liquefatto e di gas naturale liquefatto con capacita' complessiva superiore a 20.000 m3;  di prodotti combustibili solidi con capacita' complessiva superiore a 150.000 tonnellate.»;   g) il punto 9 e' sostituito dal seguente:   «9) Condutture di diametro superiore a 800 mm e di lunghezza superiore a 40 km per il trasporto di gas, petrolio e prodotti chimici e per il trasporto dei flussi di biossido di carbonio (CO2) ai fini dello stoccaggio geologico, comprese le relative stazioni di spinta»;   h) al punto 10), il secondo e terzo sottopunto sono sostituiti dai seguenti: «autostrade e strade extraurbane principali;   strade extraurbane a quattro o piu' corsie o adeguamento di strade extraurbane esistenti a due corsie per renderle a quattro o piu' corsie, con una lunghezza ininterrotta di almeno 10 km;»;   i) al punto 11, primo periodo, dopo la parola «tonnellate» e' inserito il seguente periodo: «, nonche' porti con funzione turistica e da diporto quando lo specchio d'acqua e' superiore a 10 ettari o le aree esterne interessate superano i 5 ettari oppure i moli sono di lunghezza superiore ai 500 metri»;   l) al punto 17-bis, dopo la parola: «allegato» sono inserite le seguenti; «e nell'allegato III al presente decreto»."   E' stato, poi, inserito l'allegato II-bis che sottopone i seguenti progetti alla verifica di assoggettabilita' di competenza statale:   «1. Industria energetica ed estrattiva:   a) impianti termici per la produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 50 MW;   b) installazioni di oleodotti e gasdotti e condutture per il trasporto di flussi di CO2 ai fini dello stoccaggio geologico superiori a 20 km;   c) impianti per la cattura di flussi di CO2 provenienti da impianti che non rientrano negli allegati II e III al presente decreto ai fini dello stoccaggio geologico a norma del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 162, e successive modificazioni;   d) elettrodotti aerei esterni per il trasporto di energia elettrica con tensione nominale superiore a 100 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 3 Km.

2. Progetti di infrastrutture:   a) interporti, piattaforme intermodali e terminali intermodali;   b) porti e impianti portuali marittimi, fluviali e lacuali, compresi i porti con funzione peschereccia, vie navigabili;   c) strade extraurbane secondarie di interesse nazionale;   d) acquedotti con una lunghezza superiore ai 20 km;   e) aeroporti (progetti non compresi nell'Allegato II);   f) porti con funzione turistica e da diporto, quando lo specchio d'acqua e' inferiore o uguale a 10 ettari, le aree esterne interessate non superano i 5 ettari e i moli sono di lunghezza inferiore o uguale a 500 metri;   g) coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi, sulla terraferma e in mare, per un quantitativo estratto fino a 500 tonnellate al giorno per il petrolio e a 500.000 m3 al giorno per il gas naturale;   h) modifiche o estensioni di progetti di cui all'allegato II, o al presente allegato gia' autorizzati, realizzati o in fase di realizzazione, che possono avere notevoli impatti ambientali significativi e negativi (modifica o estensione non inclusa nell'allegato II).»   All'Allegato III alla parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono state invece apportate le seguenti modificazioni:   «a) il punto c-bis) e' sostituito dal seguente:   «c-bis) Impianti eolici per la produzione di energia elettrica sulla terraferma con potenza complessiva superiore a 1 MW, qualora disposto all'esito della verifica di assoggettabilita' di cui all'art. 19»;   b) il punto af-bis) e' sostituito dal seguente:   «af-bis) strade urbane di scorrimento».

L'Allegato IV, invece, ha sofferto le seguenti modificazioni: «a) al punto 1, la lettera e), e' sostituita dalla seguente:   «e) impianti di piscicoltura intensiva per superficie complessiva oltre i 5 ettari;»;   b) il punto 2, e' sostituito dal seguente:   «2. Industria energetica ed estrattiva:  a) attivita' di ricerca sulla terraferma delle sostanze minerali di miniera di cui all'art. 2, comma 2, del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, ivi comprese le risorse geotermiche con esclusione degli impianti geotermici pilota di cui all'art. 1, comma 3-bis, del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22, e successive modificazioni, incluse le relative attivita' minerarie;  b) impianti industriali non termici per la produzione di energia, vapore ed acqua calda con potenza complessiva superiore a 1 MW;  c) impianti industriali per il trasporto del vapore e dell'acqua calda, che alimentano condotte con una lunghezza complessiva superiore ai 20 km;  d) impianti eolici per la produzione di energia elettrica sulla terraferma con potenza complessiva superiore a 1 MW;  e) estrazione di sostanze minerali di miniera di cui all'art. 2, comma 2, del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, mediante dragaggio marino e fluviale;  f) agglomerazione industriale di carbon fossile e lignite;  g) impianti di superficie dell'industria di estrazione di carbon fossile e di minerali metallici nonche' di scisti bituminose;  h) impianti per la produzione di energia idroelettrica con potenza nominale di concessione superiore a 100 kW e, per i soli impianti idroelettrici che rientrano nella casistica di cui all'art. 166 del presente decreto ed all'art. 4, punto 3.b, lettera i), del decreto del Ministro dello sviluppo economico del 6 luglio 2012, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 159 del 10 luglio 2012, con potenza nominale di concessione superiore a 250 kW;  i) impianti di gassificazione e liquefazione del carbone;»;   c) al punto 7 la lettera h) e' sostituita dalla seguente:   «h) strade extraurbane secondarie non comprese nell'allegato II-bis e strade urbane con lunghezza superiore a 1.500 metri non comprese nell'allegato III».

Per effetto delle disposizioni impugnate, dunque, si e' realizzata una complessiva redistribuzione di competenze tra lo Stato e le Regioni in materia di valutazione di impatto ambientale.

Al fine di meglio comprendere la portata riformatrice di tale intervento basti considerare che, su tali rinnovati riferimenti, le Regioni non sono piu' competenti per le seguenti tipologie progettuali soggette a VIA (che per quanto riguarda la Regione del Veneto erano espressamente ricomprese nell'Allegato A1 della legge regionale del Veneto n. 4/2016, recante «Disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale e di competenze in materia di autorizzazione integrata ambientale»):   Impianti termici per la produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 150 MW;   Stoccaggio di petrolio, prodotti petroliferi, petrolchimici e chimici pericolosi a sensi della legge 29 maggio 1974, n. 256, e successive modificazioni, con capacita' complessiva superiore a 40.000 m3;   Stoccaggio di gas naturale liquefatto, con capacita' complessiva superiore a 20.000 m3;   Porti turistici e da diporto quando lo specchio d'acqua e' superiore a 10 ettari o le aree esterne interessate superano i 5 ettari oppure i moli sono di lunghezza superiore ai 500 metri;   Stoccaggio di gas combustibili in serbatoi sotterranei artificiali con una capacita' complessiva superiore a 80.000 m3;   Impianti per la cattura di flussi di CO2 provenienti da impianti che rientrano nel presente allegato.

Sono state parimenti sottratte alla competenza regionale le seguenti tipologie progettuali quanto alla verifica di assoggettabilita' (per quanto riguarda la Regione del Veneto ricomprese nell'Allegato A 2 della legge regionale del Veneto n.

4/2016):   Impianti termici per la produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 50 MW;   Installazioni di oleodotti e gasdotti e condutture per il trasporto di flussi di CO2 ai fini dello stoccaggio geologico superiori a 20 km;   Impianti per la cattura di flussi di CO2 provenienti da impianti che non rientrano negli allegati II e III al presente decreto ai fini dello stoccaggio geologico a norma del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2009/31/CE in materia di stoccaggio geologico di biossido di carbonio;   Interporti, piattaforme intermodali e terminali intermodali;   Porti e impianti portuali marittimi, fluviali e lacuali, compresi i porti di pesca, le vie navigabili;   Strade extraurbane secondarie (NB sono rimaste di competenza provinciale quelle non di interesse nazionale);   Costruzioni di strade di scorrimento in area urbana o potenziamento di esistenti a quattro o piu' corsie con lunghezza, in area urbana o extraurbana, superiore a 1500 metri (escluse le strade extraurbane secondarie non comprese nell'allegato II-bis e strade urbane con lunghezza superiore a 1.500 metri non comprese nell'allegato III che sono rimaste di competenza provinciale);   Acquedotti con una lunghezza superiore ai 20 km;   Aeroporti;   Porti turistici e da diporto, quando lo specchio d'acqua e' inferiore o uguale a 10 ettari, le aree esterne interessate non superano i 5 ettari e i moli sono di lunghezza inferiore o uguale a 500 metri, nonche' progetti di intervento su porti gia' esistenti;   Elettrodotti aerei esterni per il trasporto di energia elettrica, non facenti parte della rete elettrica di trasmissione nazionale, con tensione nominale superiore a 100 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 3 km.

Da tale ricostruzione normativo-fattuale emerge, dunque, che il legislatore delegato ha provveduto a modificare non solo le procedure inerenti alla valutazione di impatto ambientale, secondando la necessita' di dare attuazione nell'ordinamento interno alla direttiva 2014/52/UE del 16 aprile 2014, ma ha pur anche disposto una completa ristrutturazione del quadro delle competenze decisorie in materia.

Il che si pone in aperto contrasto rispetto ai principi e criteri direttivi enucleati dall'art. 14 della legge di delega, i quali hanno autorizzato il Governo unicamente a introdurre una «semplificazione, armonizzazione e razionalizzazione delle procedure di valutazione di impatto ambientale», nonche' «il rafforzamento della qualita' della procedura di valutazione di impatto ambientale, allineando tale tale procedura ai principi della regolamentazione intelligente (smart regulation) e della coerenza e delle sinergie con altre normative e politiche europee e nazionali».

I limiti della delega sono chiari: modificare il procedimento di valutazione di impatto ambientale secondo le regole introdotte dalla disciplina comunitaria, (la quale si sottolinea, di principio, nulla dice e, invero, nulla potrebbe dire in ordine al riparto interno di competenze), senza che invece il Governo sia autorizzato in alcun modo a introdurre modificazioni di natura sostanziale atte ad alterare il quadro del riparto di competenze esistenti tra Stato e Regioni.

Il Governo, invece, con le disposizioni in questa sede impugnate, ha compiuto anche una complessiva rivisitazione del quadro competenziale, in tal modo cadendo in un tipico vizio di eccesso di delega.

Il quale si riverbera in una lesione delle competenze amministrative regionali e, dunque, dell'art. 118 Cost., laddove viene sottratta alle Regioni la potesta' decisoria di cui godeva, elisa per effetto della novellazione legislativa.

E' pur vero che si verte in materia di tutela dell'ambiente e, dunque, in una materia di competenza esclusiva dello Stato.

Sennonche', ove lo Stato avesse voluto introdurre tale generale modificazione del quadro di competenze in materia di valutazione di impatto ambientale, avrebbe dovuto farlo mediante l'ordinario procedimento legislativo, ovvero prevedendo in sede di legislazione delegante uno specifico criterio direttivo che guidasse il Governo in tale opera di ristrutturazione normativa.

Tale garanzia procedimentale avrebbe salvaguardato la dialettica democratica tra maggioranza e opposizione che solo in Parlamento si realizza e che invece mediante l'esercizio estensivo del potere di legislazione delegata da parte del Governo viene ad essere del tutto annichilita, con grave sfregio del principio parlamentare, di separazione dei poteri e dello stesso principio democratico.

Si deve percio' ritenere che le disposizioni impugnate siano illegittime in quanto, per effetto dell'utilizzo «improprio» del potere legislativo delegato, esse hanno determinato una indebita compressione delle competenze regionali, in tal modo violando l'art.

76 Cost., in uno con gli articoli 117, commi 3 e 4 e 118 Cost.

Peraltro una tale opera di rivisitazione involgente numerose competenze regionali (energia, trasporto, viabilita', et cetera e, in generale, salute) avrebbe meritato un rilevante coinvolgimento delle autonomie territoriali, mediante la previsione di un'intesa in sede di conferenza intergovernativa. Il che pare determinare un'ulteriore lesione del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost., in spregio alla necessita', recentemente messa in rilievo da codesta Ecc.ma Corte (decisione n. 251 del 2016), che l'esercizio del potere legislativo delegato avvenga sulla base di un'intesa con il sistema delle conferenze intergovernativa, ogniqualvolta l'oggetto dell'intervento legislativo involga strettamente una pluralita' di materie di competenza esclusiva, concorrente e residuale, come avviene nel caso di specie, ove la materia della tutela dell'ambiente viene a incidere e a commistionarsi con numerosi ambiti materiali affidati alla cura concorrente o esclusiva delle Regioni.

Vizio questo che non rimane, peraltro, confinato alla sola legge di delega, ma che riverbera i suoi effetti sul conseguente decreto legislativo, laddove il contenuto di questo risulti lesivo delle attribuzioni regionali oltreche' viziato da eccesso di delega, come nel presente motivo di impugnazione dimostrato.

4) Illegittimita' costituzionale dell'art. 21 del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104 per violazione degli articoli 3, 97, 117, comma IV, 118 e 119 Cost., oltreche' del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost.

L'art. 21 del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104 ha modificato l'art. 33 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, il quale nella vigente forma dispone che: «Le tariffe da applicare ai proponenti, determinate sulla base del costo effettivo del servizio, per la copertura dei costi sopportati dall'autorita' competente per l'organizzazione e lo svolgimento delle attivita' istruttorie, di monitoraggio e controllo delle procedure di verifica di assoggettabilita' a VIA, di VIA e di VAS sono definite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.».

La disposizione in parola affida alla competenza esclusiva degli organi amministrativi dello Stato la determinazione delle tariffe da applicare al fine di remunerare i costi che le autorita' competenti devono sostenere per organizzare e svolgere il procedimento di valutazione di impatto ambientale.

Non e' prevista alcuna forma di partecipazione, neppure consultiva, da parte delle autonomie territoriali. Cio' potrebbe sembrare legittimo e coerente ove il procedimento di valutazione di impatto ambientale e la prodromica sua organizzazione amministrativa fossero rigidamente e invariabilmente definite dal decreto legislativo n. 152/2006.

Sennonche' il novello art. 7-bis del menzionato decreto, al comma 8, consente alle Regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano di disciplinare con proprie leggi o regolamenti l'organizzazione e le modalita' di esercizio delle funzioni amministrative ad esse attribuite in materia di VIA, nonche' l'eventuale conferimento di tali funzioni o di compiti specifici agli altri enti territoriali sub-regionali.

In particolare e' statuito che: «La potesta' normativa di cui al presente comma e' esercitata in conformita' alla legislazione europea e nel rispetto di quanto previsto nel presente decreto, fatto salvo il potere di stabilire regole particolari ed ulteriori per la semplificazione dei procedimenti, per le modalita' della consultazione del pubblico e di tutti i soggetti pubblici potenzialmente interessati, per il coordinamento dei provvedimenti e delle autorizzazioni di competenza regionale e locale, nonche' per la destinazione alle finalita' di cui all'art. 29, comma 8, dei proventi derivanti dall'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie.

In ogni caso non sono derogabili i termini procedimentali massimi di cui agli articoli 19 e 27-bis.»   Tale potesta' normativa conferisce agli enti territoriali la possibilita' di strutturare il sistema organizzativo sotteso al procedimento di valutazione di impatto ambientale in modo autonomo e diversificato rispetto a quanto avvenga a livello di amministrazioni statali, il che determina la necessita' che, nella definizione delle tariffe remuneratorie di cui all'impugnato art. 21, si debba tener conto di tali peculiarita'.

Da cio' discende la necessita' che, nella determinazione delle tariffe, ove si faccia riferimento ai procedimenti di valutazione di competenza regionale, si provveda, quanto meno, alla consultazione delle Regioni, di modo da consentire di tener conto delle peculiarita' afferenti a ciascun ente territoriale.

Tale mancanza inficia la legittimita' della disposizione impugnata, che, pertanto, risulta lesiva del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost. oltreche' palesare una evidente irragionevolezza, in quanto attribuisce una competenza decisoria ad un soggetto, senza prevedere adeguati apporti istruttori da parte delle altre autorita' competenti a disciplinare il relativo procedimento e i suoi aspetti organizzatori.

Irragionevolezza che ridonda in una lesione dell'autonomia legislativa in materia di organizzazione amministrativa delle Regioni (art. 117, comma 4, Cost.), dell'autonomia amministrativa di cui all'art. 118 Cost., nonche' dell'autonomia finanziaria di cui all'art. 119 Cost., dal momento che le scelte organizzatorie e finanziarie regionali in materia di procedimento di valutazione di impatto ambientale saranno condizionate dalla maggiore o minore rimunerativita' delle tariffe stabilite unilateralmente dallo Stato.

Si puo' agevolmente immaginare che, ove tale rimunerativita' non sia tale da soddisfare la struttura organizzatoria e procedimentale prevista a livello regionale, le Regioni si vedranno costrette ad appiattirsi sul modello statale, salva la possibilita' di recuperare aliunde altre risorse.

Per inciso va, pero', obiettato che in un frangente di sistematici e rilevanti tagli alle finanze regionali, cio' appare altamente inverosimile.

D'altronde, la tariffazione disposta unilateralmente a livello statale potrebbe pur anche, per converso, risultare esorbitante rispetto alle esigenze delle Regioni in grado di organizzarsi con maggiore snellezza ed efficienza rispetto ai modelli organizzatori statali. Il che si tradurrebbe in un inutile aggravio, a danno dei cittadini.

La partecipazione delle Regioni al processo decisionale di determinazione delle tariffe potrebbe percio' ridurre sensibilmente tali rischi, in uno con il soddisfacimento del fondamentale canone di leale collaborazione e del principio di buon andamento dell'agire pubblico.

 

P.Q.M.

La Regione del Veneto chiede che l'ecc.ma Corte costituzionale dichiari l'illegittimita' costituzionale degli articoli 3, comma 1, lettera g) e h); 5, comma 1; 21; 22, commi da 1 a 4; 26, comma 1, lett. a) del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104, recante «Attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, ai sensi degli articoli 1 e 14 della legge 9 luglio 2015, n. 114» pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 6 luglio 2017, n. 156, per violazione degli articoli 3, 76, 97, 114, 117, commi III e IV, 118 e 119 Cost., oltreche' del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost.

Si depositano:   1) deliberazione della Giunta regionale del Veneto n. 1403 del 29 agosto 2017, di autorizzazione a proporre ricorso e affidamento dell'incarico di patrocinio per la difesa regionale.

Venezia-Roma, 1° settembre 2017     Avv.ti: Zanon - Manzi  

RICORSO N. 66 DEL 7 SETTEMBRE 2017 (DELLA REGIONE VENETO)

Ricorso per questione di legittimità costituzionale depositato in cancelleria il 8 settembre 2017.

(GU n. 43 del 25.10.2017)

Ricorso proposto dalla Regione Veneto (C.F. 80007580279 - partita iva 02392630279), in persona del Presidente della Giunta regionale dott. Luca Zaia (C.F. ZAILCU68C27C957O), autorizzato con deliberazione della Giunta regionale del Veneto n. 1403 del 29 agosto 2017 (doc. 1), rappresentato e difeso, per mandato a margine del presente atto, tanto unitamente quanto disgiuntamente, dagli avv.ti Ezio Zanon (C.F. ZNNZEI57L07B563K) coordinatore dell'Avvocatura regionale e Luigi Manzi (C.F. MNZLGU34E15H501V) del Foro di Roma, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo in Roma, via Confalonieri, n. 5 (per eventuali comunicazioni: fax 06/3211370, posta elettronica certificata luigimanzi@ordineavvocatiroma.org).

Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale e' domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;   Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 3, comma 1, lettera g) e h); 5, comma 1; 21; 22, commi da 1 a 4; 26, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104, recante «Attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, ai sensi degli articoli 1 e 14 della legge 9 luglio 2015, n. 114» pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 6 luglio 2017, n. 156, per violazione degli articoli 3, 76, 97, 114, 117, commi III e IV, 118 e 119 Cost., oltreche' del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost.

Motivi  

1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104 per violazione degli articoli 3, 76, 97, 117, comma III e 118 Cost., oltreche' del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost.

L'art. 3, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104 ha modificato l'art. 6 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante «Norme in materia ambientale», e in particolare ha cosi sostituito il decimo comma: «Per i progetti o parti di progetti aventi quale unico obiettivo la difesa nazionale e per i progetti aventi quali unico obiettivo la risposta alle emergenze che riguardano la protezione civile, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dei beni e delle attivita' culturali e del turismo, dopo una valutazione caso per caso, puo' disporre, con decreto, l'esclusione di tali progetti dal campo di applicazione delle norme di cui al titolo III della parte seconda del presente decreto, qualora ritenga che tale applicazione possa pregiudicare i suddetti obiettivi.»   La disposizione in parola nella parte in cui consente al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dei beni e delle attivita' culturali e del turismo, di disporre l'esclusione dalla disciplina di valutazione di impatto ambientale di progetti aventi quali unico obiettivo la risposta alle emergenze che riguardano la protezione civile appare invasiva della competenza regionale in materia di «protezione civile» (art. 117, comma III, Cost.) oltreche' lesiva del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost.

Non e', infatti, prevista alcuna forma di partecipazione da parte delle Regioni nell'ambito dell'introdotto procedimento derogatorio, di modo che queste, in un ambito di competenza legislativa ripartita, ove dunque lo Stato puo' solo dettare principi fondamentali, si vedono espropriate di ogni potesta', non solo decisoria, ma anche meramente consultivo/partecipativa.

Peraltro, con riguardo ai progetti afferenti a situazioni emergenziali di protezione civile, sorge un inevitabile collegamento tra gli stessi e il territorio ove tale situazione si e' verificata, ragion per cui la partecipazione, istruttoria e/o codecisoria, degli enti territoriali appare indispensabile al fine di salvaguardare la stessa ragionevolezza della disposizione di legge, che altrimenti si pone in palese contraddizione rispetto non solo all'art. 3 Cost., ma pur nei confronti del canone di buon andamento dell'agire pubblico di cui all'art. 97 Cost.. Questo, infatti, appare compromesso dalla previsione di un potere derogatorio alla disciplina generale esercitabile in via unilaterale da parte dello Stato, ove siano coinvolti interessi territoriali e competenze regionali.

A tale riguardo, pur ove si volesse ritenere che la disposizione afferisca in via assorbente alla materia di competenza esclusiva dello Stato «tutela dell'ambiente» (il che peraltro e' dubbio vista la teleologia della disposizione che consiste nel far prevalere gli interessi afferenti alla protezione civile rispetto a quelli ambientali), comunque occorre tenere presenti le illuminanti considerazioni recentemente enucleate da codesta ecc.ma Corte (decisione n. 169/2017), secondo cui, pur in presenza di una competenza esclusiva dello Stato, ove siano coinvolti interessi e funzioni regionali, s'impone «una fisiologica dialettica» tra Stato e Regioni che sia improntata a leale collaborazione, il che conferma la irragionevolezza della disposizione impugnata e la lesione del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost.

Tale esautorazione, infatti, e' posta in essere senza neppure distinguere tra progetti assoggettati a valutazione di impatto ambientale regionale ovvero statale.

Ragion per cui, per effetto di tale disposizione, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, potrebbe giungere a sottrarre alla competenza delle Regioni la valutazione di impatto ambientale di progetti affidati alla ordinaria potesta' decisoria degli enti territoriali.

Cosa che comporta, in aggiunta alle sopra enucleate lesioni, pur anche una violazione dell'art. 118 Cost., sotto forma di illegittima compressione di una competenza amministrativa affidata alle cure regionali.

D'altronde, la disposizione che si censura introduce una sostanziale modificazione del riparto delle competenze statali e regionali in materia di VIA, in contraddizione rispetto ai principi e criteri direttivi di cui all'art. 14 della legge 9 luglio 2015, n.

114, recante «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - legge di delegazione europea 2014».

Essa, infatti, al fine di dare attuazione al diritto comunitario, vincola il legislatore delegato a introdurre esclusivamente regole di «semplificazione, armonizzazione e razionalizzazione delle procedure di valutazione di impatto ambientale anche in relazione al coordinamento e all'integrazione con altre procedure volte al rilascio di pareri e autorizzazioni a carattere ambientale», ovvero di «rafforzamento della qualita' della procedura di valutazione di impatto ambientale, allineando tale procedura ai principi della regolamentazione intelligente (smart regulation) e della coerenza e delle sinergie con altre normative e politiche europee e nazionali».

Ossia l'ambito oggettivo della delega legislativa non ricomprende in alcun modo la disciplina del riparto delle competenze decisorie in materia di valutazione di impatto ambientale, ma unicamente gli aspetti procedurali, da modificare peraltro in ragione della rinnovata disciplina comunitaria.

Ne consegue che la formulazione che si censura configura una tipica ipotesi di eccesso di delega, che ridonda in una lesione dell'art. 117, comma 3 Cost., con riguardo alla competenza legislativa regionale in materia di «protezione civile», e, al contempo, in una lesione dell'art. 118 Cost., in quanto opera una espropriazione delle competenze amministrative regionali in materia di valutazione di impatto ambientale come gia' delineate dall'ordinamento.

Ne' si puo' addurre a giustificare o, rectius, a sanare tale eccesso di delega il fine di coordinamento di cui all'art. 32, comma 1, lettera b) della legge 24 dicembre 2012, n. 234, in quanto nel caso di specie, si e' dinanzi a una disposizione che non intende in alcun modo coordinare discipline vigenti nei settori interessati dall'attuazione del diritto comunitario, ma che invece introduce un potere derogatorio, atto ad alterare il riparto di competenze tra lo Stato e le Regioni.

Innovazione normativa rispetto alla quale non e' possibile rinvenire alcun supporto giustificatorio e autorizzatorio da parte del legislatore delegante.

Non vale, neppure, ad escludere tale vizio di eccesso di delega il fatto che il legislatore delegato riproduca una disposizione contenuta nella direttiva attuata, in quanto mediante la contestuale attribuzione di un potere unilaterale in capo agli organi statali, anche ove sia prevista una competenza regionale ovvero sussista un interesse territoriale, si viene ad alterare il quadro delle competenze in materia di VIA, in spregio ai criteri direttivi della legge di delega la quale, come gia' rilevato, autorizza il Governo a dare attuazione al diritto comunitario, ma non ad introdurre modifiche che alterino il regime delle competenze.

Nulla infatti a tale riguardo ha disposto la direttiva europea ne' d'altronde essa ha assegnato al legislatore nazionale il compito di farlo.

A tal fine sarebbe servita una espressa previsione del legislatore delegante, sotto forma di un criterio direttivo ad hoc, in assenza della quale deve ritenersi che il Governo abbia oltrepassato i limiti del potere legislativo delegatogli, disponendo in ambiti non coperti dall'autorizzazione parlamentare.

La disposizione in parola si deve, percio', ritenere costituzionalmente illegittima in quanto determina una violazione, partitamente, degli articoli 3, 76 e 97 Cost. che ridonda in una lesione della competenza legislativa (art. 117, comma 3 Cost.) e amministrativa regionale (art. 118 Cost.).

Competenze e disposizioni, queste ultime, che, peraltro, risultano lese anche in via autonoma, in uno con la violazione del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost. per la completa assenza di ogni apporto partecipativo da parte delle Regioni.

2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1, lettera h), del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104 per violazione degli articoli 3, 76, 97, 117, comma III e 118 Cost., oltreche' del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost.

L'art. 3, comma 1, lettera h), del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104 ha modificato l'art. 6 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante «Norme in materia ambientale», e, in particolare, ha cosi sostituito l'undicesimo comma: «Fatto salvo quanto previsto dall'art. 32, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare puo', in casi eccezionali, previo parere del Ministro dei beni e delle attivita' culturali e del turismo, esentare in tutto o in parte un progetto specifico dalle disposizioni di cui al titolo III della parte seconda del presente decreto, qualora l'applicazione di tali disposizioni incida negativamente sulla finalita' del progetto, a condizione che siano rispettati gli obiettivi della normativa nazionale ed europea in materia di valutazione di impatto ambientale. In tali casi il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare:   a) esamina se sia opportuna un'altra forma di valutazione;   b) mette a disposizione del pubblico coinvolto le informazioni raccolte con le altre forme di valutazione di cui alla lettera a), le informazioni relative alla decisione di esenzione e le ragioni per cui e' stata concessa;   c) informa la Commissione europea, prima del rilascio dell'autorizzazione, dei motivi che giustificano l'esenzione accordata fornendo tutte le informazioni acquisite.».

La disposizione in parola introduce un'ulteriore ipotesi di deroga alla disciplina generale, senza peraltro neppure prevedere alcun criterio direttivo che guidi l'autorita' amministrativa in ordine all'an dell'esercizio del relativo potere.

Il che attesta non solo l'irragionevolezza della norma, ma pur anche la sua contrarieta' rispetto al principio di legalita', il quale costituisce la chiave di volta che sorregge l'esercizio dei pubblici poteri e non puo' soffrire deroghe.

Di fatti, l'unica espressione utilizzata nella disposizione attributiva del potere, al fine di definire e circoscrivere l'ambito di operativita' del potere di deroga in parola, e' l'inciso «in casi eccezionali» unito al criterio dell'incidenza negativa rispetto alla finalita' del progetto da valutare.

Non e' pero' dato sapere che cosa si debba intendere per eccezionalita', concetto ambiguo ed elastico che puo' abbracciare le piu' svariate quanto generiche situazioni in assenza di una sua contestualizzazione o della previsione di criteri valutativi che guidino l'interprete. Elementi esegetici e precettivi del tutto assenti nel caso di specie.

Neppure il generico riferimento alla finalita' del progetto e' tale da fornire significative indicazioni, dal momento che la disposizione si rivolge indifferentemente a qualunque progetto sottoposto a valutazione di impatto ambientale.

Ne' a giustificare tale genericita' si puo' addurre il fatto di avere riprodotto una previsione della Direttiva europea, la quale infatti non contiene per sua natura, salvo le rare ipotesi di norme self executing, disposizioni immediatamente precettive, ma regole che esigono attuazione/specificazione da parte del legislatore in modo tale da rispettarne e perseguirne i fini, in consonanza coni principi che informano l'ordinamento giuridico ricevente».

Il vago perimetro della disposizione impugnata consegna cosi' all'autorita' amministrativa statale un grimaldello in grado di alterare il sistema di riparto delle competenze esistenti tra Stato e Regione in materia di VIA, e senza che sia prevista, il che fonda il presente motivo di ricorso, alcuna forma di partecipazione, decisoria o istruttoria, da parte delle Regioni, fatto che determina una lesione del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost. nonche' dell'art. 118 Cost.

Ma oltre a essere idoneo a ingenerare delle sovrapposizioni e delle conflittualita' operative con gli enti territoriali, viepiu' l'atto legislativo presenta anche i «sintomi» dell'eccesso di delega legislativa.

Difatti, il legislatore delegato, come gia' rilevato nel precedente motivo di ricorso, non era autorizzato a introdurre disposizioni atte ad alterare il materiale riparto delle competenze tra Stato e Regioni, ma unicamente avrebbe dovuto dare attuazione alla normativa comunitaria introducendo modifiche meramente procedimentali o, comunque, dando attuazione alla disciplina comunitaria senza elidere o menomare le competenze regionali.

Ogni modificazione sostanziale, invece, per essere legittima, avrebbe dovuto passare per il diverso procedimento legislativo ordinario, ovvero avrebbe richiesto la necessaria previsione di principi e criteri direttivi ad hoc da parte del legislatore delegante. Il che non e' avvenuto.

Risultano dunque violati, per tali ragioni, gli articoli 76 e 97 Cost., violazioni che, alterando il riparto di competenze esistente tra Stato e Regioni a detrimento delle autonomie territoriali, ridondano in una lesione degli articoli 117, commi 3 e 4, e 118 Cost.

Ne' a sanare tale illegittimita' si possono addurre le previsioni procedimentali di cui al periodo conclusivo della disposizione, che si riducono a mere attivita' informative, conseguenti all'esercizio del potere derogatorio, ma del tutto inidonee a definirne i presupposti di esercizio e a sanare l'eccesso di delega che affetta la disposizione legislativa impugnata.

La disposizione appare, inoltre, illegittima, oltreche' per le ragioni gia' enunciate, anche laddove non prevede l'apporto partecipativo, decisorio o istruttorio/consultivo, delle Regioni, nelle ipotesi in cui il progetto afferisca ad una materia di competenza regionale ovvero comunque sia assoggetta a via regionale.

Il che determina una lesione degli articoli 117, commi 3 e 4 Cost. e 118 oltreche' del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost.

Come, infatti, l'intervento partecipativo regionale e locale e' necessario e, infatti, previsto in caso di VIA statale che interessi il territorio regionale cosi', e a maggior ragione, lo deve essere nell'esercizio del potere di deroga in parola, ove evidentemente siano involti interessi regionali. E cio' per le medesime ragioni indicate nel motivo di impugnazione dell'art. 3, comma 1, lettera g), di cui al precedente paragrafo sub n. 1.

3) Illegittimita' costituzionale degli articoli 5, comma 1; 22, commi da 1 a 4; 26, comma 1, lett. a) del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104 per violazione degli articoli 76, 117, commi III e IV, 118 Cost., oltreche' del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost.

L'art. 5 del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104 ha introdotto nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 l'art.

7-bis, rubricato «Competenze in materia di VIA e di verifica di assoggettabilita' a VIA».

In particolare il secondo comma dell'articolo statuisce che: «Sono sottoposti a VIA in sede statale i progetti di cui all'allegato II alla parte seconda del presente decreto. Sono sottoposti a verifica di assoggettabilita' a VIA in sede statale i progetti di cui all'allegato II-bis alla parte seconda del presente decreto».

Il successivo comma, invece, dispone che: «Sono sottoposti a VIA in sede regionale, i progetti di cui all'allegato III alla parte seconda del presente decreto. Sono sottoposti a verifica di assoggettabilita' a VIA in sede regionale i progetti di cui all'allegato IV alla parte seconda del presente decreto.».

Per effetto di tale disposizione il riparto di competenze tra Stato e Regioni in materia di valutazione di impatto ambientale e' demandato ai quattro allegati menzionati, i quali sono stati ampiamente modificati nei loro contenuti dall'art. 22, commi da 1 a 4, del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104, nonche' dalla disposizione abrogatrice contenuta nell'art. 26, comma 1, lettera a) del medesimo decreto legislativo.

Nello specifico all'Allegato II alla parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono state apportate le seguenti modificazioni:   «a) al punto 2), sono aggiunti, infine, i seguenti sottopunti:   «impianti termici per la produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 150 MW.

impianti eolici per la produzione di energia elettrica sulla terraferma con potenza complessiva superiore a 30 MW»;   b) al punto 4-bis) le parole: «facenti parte della rete elettrica di trasmissione nazionale» sono abrogate;   c) il punto 7) e' sostituito dai seguenti:   «7) perforazione di pozzi finalizzati alla ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi sulla terraferma e in mare;   7.1) coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi, sulla terraferma e in mare, per un quantitativo estratto superiore a 500 tonnellate al giorno per il petrolio e a 500.000 m3 al giorno per il gas naturale;   7.2) rilievi geofisici attraverso l'uso della tecnica airgun o esplosivo.»;   d) il punto 7-quater) e' sostituito dal seguente:   «7-quater) impianti geotermici pilota di cui all'art. 1, comma 3-bis, del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22, e successive modificazioni, nonche' attivita' di ricerca e coltivazione di risorse geotermiche in mare.»;   e) dopo il punto 7-quater e' inserito il seguente:   «7-quinquies) attivita' di ricerca e coltivazione delle seguenti sostanze minerali:  minerali utilizzabili per l'estrazione di metalli, metalloidi e loro composti;  grafite, combustibili solidi, rocce asfaltiche e bituminose;  sostanze adioattive.»;   f) il punto 8 e' sostituito dal seguente:   «8 Stoccaggio:  di petrolio, prodotti chimici, prodotti petroliferi e prodotti petrolchimici con capacita' complessiva superiore a 40.000 m3;  superficiale di gas naturali con una capacita' complessiva superiore a 40,000 m3;  sotterraneo artificiale di gas combustibili in serbatoi con una capacita' complessiva superiore a 80.000 m3;  di prodotti di gas di petrolio liquefatto e di gas naturale liquefatto con capacita' complessiva superiore a 20.000 m3;  di prodotti combustibili solidi con capacita' complessiva superiore a 150.000 tonnellate.»;   g) il punto 9 e' sostituito dal seguente:   «9) Condutture di diametro superiore a 800 mm e di lunghezza superiore a 40 km per il trasporto di gas, petrolio e prodotti chimici e per il trasporto dei flussi di biossido di carbonio (CO2) ai fini dello stoccaggio geologico, comprese le relative stazioni di spinta»;   h) al punto 10), il secondo e terzo sottopunto sono sostituiti dai seguenti: «autostrade e strade extraurbane principali;   strade extraurbane a quattro o piu' corsie o adeguamento di strade extraurbane esistenti a due corsie per renderle a quattro o piu' corsie, con una lunghezza ininterrotta di almeno 10 km;»;   i) al punto 11, primo periodo, dopo la parola «tonnellate» e' inserito il seguente periodo: «, nonche' porti con funzione turistica e da diporto quando lo specchio d'acqua e' superiore a 10 ettari o le aree esterne interessate superano i 5 ettari oppure i moli sono di lunghezza superiore ai 500 metri»;   l) al punto 17-bis, dopo la parola: «allegato» sono inserite le seguenti; «e nell'allegato III al presente decreto»."   E' stato, poi, inserito l'allegato II-bis che sottopone i seguenti progetti alla verifica di assoggettabilita' di competenza statale:   «1. Industria energetica ed estrattiva:   a) impianti termici per la produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 50 MW;   b) installazioni di oleodotti e gasdotti e condutture per il trasporto di flussi di CO2 ai fini dello stoccaggio geologico superiori a 20 km;   c) impianti per la cattura di flussi di CO2 provenienti da impianti che non rientrano negli allegati II e III al presente decreto ai fini dello stoccaggio geologico a norma del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 162, e successive modificazioni;   d) elettrodotti aerei esterni per il trasporto di energia elettrica con tensione nominale superiore a 100 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 3 Km.

2. Progetti di infrastrutture:   a) interporti, piattaforme intermodali e terminali intermodali;   b) porti e impianti portuali marittimi, fluviali e lacuali, compresi i porti con funzione peschereccia, vie navigabili;   c) strade extraurbane secondarie di interesse nazionale;   d) acquedotti con una lunghezza superiore ai 20 km;   e) aeroporti (progetti non compresi nell'Allegato II);   f) porti con funzione turistica e da diporto, quando lo specchio d'acqua e' inferiore o uguale a 10 ettari, le aree esterne interessate non superano i 5 ettari e i moli sono di lunghezza inferiore o uguale a 500 metri;   g) coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi, sulla terraferma e in mare, per un quantitativo estratto fino a 500 tonnellate al giorno per il petrolio e a 500.000 m3 al giorno per il gas naturale;   h) modifiche o estensioni di progetti di cui all'allegato II, o al presente allegato gia' autorizzati, realizzati o in fase di realizzazione, che possono avere notevoli impatti ambientali significativi e negativi (modifica o estensione non inclusa nell'allegato II).»   All'Allegato III alla parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono state invece apportate le seguenti modificazioni:   «a) il punto c-bis) e' sostituito dal seguente:   «c-bis) Impianti eolici per la produzione di energia elettrica sulla terraferma con potenza complessiva superiore a 1 MW, qualora disposto all'esito della verifica di assoggettabilita' di cui all'art. 19»;   b) il punto af-bis) e' sostituito dal seguente:   «af-bis) strade urbane di scorrimento».

L'Allegato IV, invece, ha sofferto le seguenti modificazioni: «a) al punto 1, la lettera e), e' sostituita dalla seguente:   «e) impianti di piscicoltura intensiva per superficie complessiva oltre i 5 ettari;»;   b) il punto 2, e' sostituito dal seguente:   «2. Industria energetica ed estrattiva:  a) attivita' di ricerca sulla terraferma delle sostanze minerali di miniera di cui all'art. 2, comma 2, del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, ivi comprese le risorse geotermiche con esclusione degli impianti geotermici pilota di cui all'art. 1, comma 3-bis, del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22, e successive modificazioni, incluse le relative attivita' minerarie;  b) impianti industriali non termici per la produzione di energia, vapore ed acqua calda con potenza complessiva superiore a 1 MW;  c) impianti industriali per il trasporto del vapore e dell'acqua calda, che alimentano condotte con una lunghezza complessiva superiore ai 20 km;  d) impianti eolici per la produzione di energia elettrica sulla terraferma con potenza complessiva superiore a 1 MW;  e) estrazione di sostanze minerali di miniera di cui all'art. 2, comma 2, del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, mediante dragaggio marino e fluviale;  f) agglomerazione industriale di carbon fossile e lignite;  g) impianti di superficie dell'industria di estrazione di carbon fossile e di minerali metallici nonche' di scisti bituminose;  h) impianti per la produzione di energia idroelettrica con potenza nominale di concessione superiore a 100 kW e, per i soli impianti idroelettrici che rientrano nella casistica di cui all'art. 166 del presente decreto ed all'art. 4, punto 3.b, lettera i), del decreto del Ministro dello sviluppo economico del 6 luglio 2012, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 159 del 10 luglio 2012, con potenza nominale di concessione superiore a 250 kW;  i) impianti di gassificazione e liquefazione del carbone;»;   c) al punto 7 la lettera h) e' sostituita dalla seguente:   «h) strade extraurbane secondarie non comprese nell'allegato II-bis e strade urbane con lunghezza superiore a 1.500 metri non comprese nell'allegato III».

Per effetto delle disposizioni impugnate, dunque, si e' realizzata una complessiva redistribuzione di competenze tra lo Stato e le Regioni in materia di valutazione di impatto ambientale.

Al fine di meglio comprendere la portata riformatrice di tale intervento basti considerare che, su tali rinnovati riferimenti, le Regioni non sono piu' competenti per le seguenti tipologie progettuali soggette a VIA (che per quanto riguarda la Regione del Veneto erano espressamente ricomprese nell'Allegato A1 della legge regionale del Veneto n. 4/2016, recante «Disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale e di competenze in materia di autorizzazione integrata ambientale»):   Impianti termici per la produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 150 MW;   Stoccaggio di petrolio, prodotti petroliferi, petrolchimici e chimici pericolosi a sensi della legge 29 maggio 1974, n. 256, e successive modificazioni, con capacita' complessiva superiore a 40.000 m3;   Stoccaggio di gas naturale liquefatto, con capacita' complessiva superiore a 20.000 m3;   Porti turistici e da diporto quando lo specchio d'acqua e' superiore a 10 ettari o le aree esterne interessate superano i 5 ettari oppure i moli sono di lunghezza superiore ai 500 metri;   Stoccaggio di gas combustibili in serbatoi sotterranei artificiali con una capacita' complessiva superiore a 80.000 m3;   Impianti per la cattura di flussi di CO2 provenienti da impianti che rientrano nel presente allegato.

Sono state parimenti sottratte alla competenza regionale le seguenti tipologie progettuali quanto alla verifica di assoggettabilita' (per quanto riguarda la Regione del Veneto ricomprese nell'Allegato A 2 della legge regionale del Veneto n.

4/2016):   Impianti termici per la produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 50 MW;   Installazioni di oleodotti e gasdotti e condutture per il trasporto di flussi di CO2 ai fini dello stoccaggio geologico superiori a 20 km;   Impianti per la cattura di flussi di CO2 provenienti da impianti che non rientrano negli allegati II e III al presente decreto ai fini dello stoccaggio geologico a norma del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2009/31/CE in materia di stoccaggio geologico di biossido di carbonio;   Interporti, piattaforme intermodali e terminali intermodali;   Porti e impianti portuali marittimi, fluviali e lacuali, compresi i porti di pesca, le vie navigabili;   Strade extraurbane secondarie (NB sono rimaste di competenza provinciale quelle non di interesse nazionale);   Costruzioni di strade di scorrimento in area urbana o potenziamento di esistenti a quattro o piu' corsie con lunghezza, in area urbana o extraurbana, superiore a 1500 metri (escluse le strade extraurbane secondarie non comprese nell'allegato II-bis e strade urbane con lunghezza superiore a 1.500 metri non comprese nell'allegato III che sono rimaste di competenza provinciale);   Acquedotti con una lunghezza superiore ai 20 km;   Aeroporti;   Porti turistici e da diporto, quando lo specchio d'acqua e' inferiore o uguale a 10 ettari, le aree esterne interessate non superano i 5 ettari e i moli sono di lunghezza inferiore o uguale a 500 metri, nonche' progetti di intervento su porti gia' esistenti;   Elettrodotti aerei esterni per il trasporto di energia elettrica, non facenti parte della rete elettrica di trasmissione nazionale, con tensione nominale superiore a 100 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 3 km.

Da tale ricostruzione normativo-fattuale emerge, dunque, che il legislatore delegato ha provveduto a modificare non solo le procedure inerenti alla valutazione di impatto ambientale, secondando la necessita' di dare attuazione nell'ordinamento interno alla direttiva 2014/52/UE del 16 aprile 2014, ma ha pur anche disposto una completa ristrutturazione del quadro delle competenze decisorie in materia.

Il che si pone in aperto contrasto rispetto ai principi e criteri direttivi enucleati dall'art. 14 della legge di delega, i quali hanno autorizzato il Governo unicamente a introdurre una «semplificazione, armonizzazione e razionalizzazione delle procedure di valutazione di impatto ambientale», nonche' «il rafforzamento della qualita' della procedura di valutazione di impatto ambientale, allineando tale tale procedura ai principi della regolamentazione intelligente (smart regulation) e della coerenza e delle sinergie con altre normative e politiche europee e nazionali».

I limiti della delega sono chiari: modificare il procedimento di valutazione di impatto ambientale secondo le regole introdotte dalla disciplina comunitaria, (la quale si sottolinea, di principio, nulla dice e, invero, nulla potrebbe dire in ordine al riparto interno di competenze), senza che invece il Governo sia autorizzato in alcun modo a introdurre modificazioni di natura sostanziale atte ad alterare il quadro del riparto di competenze esistenti tra Stato e Regioni.

Il Governo, invece, con le disposizioni in questa sede impugnate, ha compiuto anche una complessiva rivisitazione del quadro competenziale, in tal modo cadendo in un tipico vizio di eccesso di delega.

Il quale si riverbera in una lesione delle competenze amministrative regionali e, dunque, dell'art. 118 Cost., laddove viene sottratta alle Regioni la potesta' decisoria di cui godeva, elisa per effetto della novellazione legislativa.

E' pur vero che si verte in materia di tutela dell'ambiente e, dunque, in una materia di competenza esclusiva dello Stato.

Sennonche', ove lo Stato avesse voluto introdurre tale generale modificazione del quadro di competenze in materia di valutazione di impatto ambientale, avrebbe dovuto farlo mediante l'ordinario procedimento legislativo, ovvero prevedendo in sede di legislazione delegante uno specifico criterio direttivo che guidasse il Governo in tale opera di ristrutturazione normativa.

Tale garanzia procedimentale avrebbe salvaguardato la dialettica democratica tra maggioranza e opposizione che solo in Parlamento si realizza e che invece mediante l'esercizio estensivo del potere di legislazione delegata da parte del Governo viene ad essere del tutto annichilita, con grave sfregio del principio parlamentare, di separazione dei poteri e dello stesso principio democratico.

Si deve percio' ritenere che le disposizioni impugnate siano illegittime in quanto, per effetto dell'utilizzo «improprio» del potere legislativo delegato, esse hanno determinato una indebita compressione delle competenze regionali, in tal modo violando l'art.

76 Cost., in uno con gli articoli 117, commi 3 e 4 e 118 Cost.

Peraltro una tale opera di rivisitazione involgente numerose competenze regionali (energia, trasporto, viabilita', et cetera e, in generale, salute) avrebbe meritato un rilevante coinvolgimento delle autonomie territoriali, mediante la previsione di un'intesa in sede di conferenza intergovernativa. Il che pare determinare un'ulteriore lesione del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost., in spregio alla necessita', recentemente messa in rilievo da codesta Ecc.ma Corte (decisione n. 251 del 2016), che l'esercizio del potere legislativo delegato avvenga sulla base di un'intesa con il sistema delle conferenze intergovernativa, ogniqualvolta l'oggetto dell'intervento legislativo involga strettamente una pluralita' di materie di competenza esclusiva, concorrente e residuale, come avviene nel caso di specie, ove la materia della tutela dell'ambiente viene a incidere e a commistionarsi con numerosi ambiti materiali affidati alla cura concorrente o esclusiva delle Regioni.

Vizio questo che non rimane, peraltro, confinato alla sola legge di delega, ma che riverbera i suoi effetti sul conseguente decreto legislativo, laddove il contenuto di questo risulti lesivo delle attribuzioni regionali oltreche' viziato da eccesso di delega, come nel presente motivo di impugnazione dimostrato.

4) Illegittimita' costituzionale dell'art. 21 del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104 per violazione degli articoli 3, 97, 117, comma IV, 118 e 119 Cost., oltreche' del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost.

L'art. 21 del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104 ha modificato l'art. 33 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, il quale nella vigente forma dispone che: «Le tariffe da applicare ai proponenti, determinate sulla base del costo effettivo del servizio, per la copertura dei costi sopportati dall'autorita' competente per l'organizzazione e lo svolgimento delle attivita' istruttorie, di monitoraggio e controllo delle procedure di verifica di assoggettabilita' a VIA, di VIA e di VAS sono definite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.».

La disposizione in parola affida alla competenza esclusiva degli organi amministrativi dello Stato la determinazione delle tariffe da applicare al fine di remunerare i costi che le autorita' competenti devono sostenere per organizzare e svolgere il procedimento di valutazione di impatto ambientale.

Non e' prevista alcuna forma di partecipazione, neppure consultiva, da parte delle autonomie territoriali. Cio' potrebbe sembrare legittimo e coerente ove il procedimento di valutazione di impatto ambientale e la prodromica sua organizzazione amministrativa fossero rigidamente e invariabilmente definite dal decreto legislativo n. 152/2006.

Sennonche' il novello art. 7-bis del menzionato decreto, al comma 8, consente alle Regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano di disciplinare con proprie leggi o regolamenti l'organizzazione e le modalita' di esercizio delle funzioni amministrative ad esse attribuite in materia di VIA, nonche' l'eventuale conferimento di tali funzioni o di compiti specifici agli altri enti territoriali sub-regionali.

In particolare e' statuito che: «La potesta' normativa di cui al presente comma e' esercitata in conformita' alla legislazione europea e nel rispetto di quanto previsto nel presente decreto, fatto salvo il potere di stabilire regole particolari ed ulteriori per la semplificazione dei procedimenti, per le modalita' della consultazione del pubblico e di tutti i soggetti pubblici potenzialmente interessati, per il coordinamento dei provvedimenti e delle autorizzazioni di competenza regionale e locale, nonche' per la destinazione alle finalita' di cui all'art. 29, comma 8, dei proventi derivanti dall'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie.

In ogni caso non sono derogabili i termini procedimentali massimi di cui agli articoli 19 e 27-bis.»   Tale potesta' normativa conferisce agli enti territoriali la possibilita' di strutturare il sistema organizzativo sotteso al procedimento di valutazione di impatto ambientale in modo autonomo e diversificato rispetto a quanto avvenga a livello di amministrazioni statali, il che determina la necessita' che, nella definizione delle tariffe remuneratorie di cui all'impugnato art. 21, si debba tener conto di tali peculiarita'.

Da cio' discende la necessita' che, nella determinazione delle tariffe, ove si faccia riferimento ai procedimenti di valutazione di competenza regionale, si provveda, quanto meno, alla consultazione delle Regioni, di modo da consentire di tener conto delle peculiarita' afferenti a ciascun ente territoriale.

Tale mancanza inficia la legittimita' della disposizione impugnata, che, pertanto, risulta lesiva del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost. oltreche' palesare una evidente irragionevolezza, in quanto attribuisce una competenza decisoria ad un soggetto, senza prevedere adeguati apporti istruttori da parte delle altre autorita' competenti a disciplinare il relativo procedimento e i suoi aspetti organizzatori.

Irragionevolezza che ridonda in una lesione dell'autonomia legislativa in materia di organizzazione amministrativa delle Regioni (art. 117, comma 4, Cost.), dell'autonomia amministrativa di cui all'art. 118 Cost., nonche' dell'autonomia finanziaria di cui all'art. 119 Cost., dal momento che le scelte organizzatorie e finanziarie regionali in materia di procedimento di valutazione di impatto ambientale saranno condizionate dalla maggiore o minore rimunerativita' delle tariffe stabilite unilateralmente dallo Stato.

Si puo' agevolmente immaginare che, ove tale rimunerativita' non sia tale da soddisfare la struttura organizzatoria e procedimentale prevista a livello regionale, le Regioni si vedranno costrette ad appiattirsi sul modello statale, salva la possibilita' di recuperare aliunde altre risorse.

Per inciso va, pero', obiettato che in un frangente di sistematici e rilevanti tagli alle finanze regionali, cio' appare altamente inverosimile.

D'altronde, la tariffazione disposta unilateralmente a livello statale potrebbe pur anche, per converso, risultare esorbitante rispetto alle esigenze delle Regioni in grado di organizzarsi con maggiore snellezza ed efficienza rispetto ai modelli organizzatori statali. Il che si tradurrebbe in un inutile aggravio, a danno dei cittadini.

La partecipazione delle Regioni al processo decisionale di determinazione delle tariffe potrebbe percio' ridurre sensibilmente tali rischi, in uno con il soddisfacimento del fondamentale canone di leale collaborazione e del principio di buon andamento dell'agire pubblico.

 

P.Q.M.

La Regione del Veneto chiede che l'ecc.ma Corte costituzionale dichiari l'illegittimita' costituzionale degli articoli 3, comma 1, lettera g) e h); 5, comma 1; 21; 22, commi da 1 a 4; 26, comma 1, lett. a) del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104, recante «Attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, ai sensi degli articoli 1 e 14 della legge 9 luglio 2015, n. 114» pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 6 luglio 2017, n. 156, per violazione degli articoli 3, 76, 97, 114, 117, commi III e IV, 118 e 119 Cost., oltreche' del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost.

Si depositano:   1) deliberazione della Giunta regionale del Veneto n. 1403 del 29 agosto 2017, di autorizzazione a proporre ricorso e affidamento dell'incarico di patrocinio per la difesa regionale.

Venezia-Roma, 1° settembre 2017     Avv.ti: Zanon - Manzi