RICORSO N. 66 DEL 7 SETTEMBRE 2017 (DELLA REGIONE ABRUZZO)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 7 settembre 2017.

(GU n. 42 del 18.10.2017)

Ricorso ex art. 127 della Costituzione per la Regione Abruzzo (codice fiscale n. 80003170661), in persona del suo Presidente pro tempore dott. Luciano D'Alfonso, rappresentato e difeso congiuntamente e disgiuntamente dagli avv.ti Stefania Valeri (VLRSFN67A54L103Y) e Alessia Frattale (FRTLSS70E59A345F - alessia.frattale@pecordineavvocatilaquila.it) dell'Avvocatura regionale, entrambe abilitate al patrocinio dinanzi alle Magistrature superiori, ai sensi della legge regionale n. 9 del 14 febbraio 2000 ed in esecuzione della D.G.R. n. 457 del 1° settembre 2017, in virtu' di procura speciale a margine del presente atto, elettivamente domiciliato a Roma presso e nello studio dell'Avv. Francesca Lalli, via Lucio Sestio n. 12, Sc. C (francescalalli@ordineavvocatiroma.org).

Contro Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato per la declaratoria della illegittimita' costituzionale del decreto legislativo n. 104 del 16 giugno 2017 recante «Attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, ai sensi degli articoli 1 e 14 della legge 9 luglio 2015, n. 114», articoli 3 comma 1, lettera g), 5, 16 comma 2, 21, 22 commi da 1 a 4, 26 comma 1, lettera a), e 27.

Le disposizioni impugnate.

1. Il decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104 recante «Attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, ai sensi degli articoli 1 e 14 della legge 9 luglio 2015, n. 114» e' stato adottato in attuazione della delega di cui all'art. 14 della legge 9 luglio 2015, n. 114.

2. La delega deve essere esercitata nel rispetto dei principi e dei criteri direttivi di cui al citato art. 14 della legge n. 11 del 2015, quali: a) semplificazione, armonizzazione e razionalizzazione delle procedure di valutazione di impatto ambientale anche in relazione al coordinamento e all'integrazione con altre procedure volte al rilascio di pareri e autorizzazioni a carattere ambientale; b) rafforzamento della qualita' della procedura di valutazione di impatto ambientale, allineando tale procedura ai principi della regolamentazione intelligente (smart regulation) e della coerenza e delle sinergie con altre normative e politiche europee e nazionali; c) revisione e razionalizzazione del sistema sanzionatorio da adottare ai sensi della direttiva 2014/52/UE, al fine di definire sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive e di consentire una maggiore efficacia nella prevenzione delle violazioni; d) destinazione dei proventi derivanti dalle sanzioni amministrative per finalita' connesse al potenziamento delle attivita' di vigilanza, prevenzione e monitoraggio ambientale, alla verifica del rispetto delle condizioni previste nel procedimento di valutazione ambientale, nonche' alla protezione sanitaria della popolazione in caso di incidenti o calamita' naturali, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

3. L'art. 3 del decreto legislativo n. 104/2017 modifica l'art. 6 del decreto legislativo n. 152/06, disponendo che: «Per i progetti o parti di progetti aventi quale unico obiettiva la difesa nazionale e per i progetti aventi quali unico obiettivo la risposta alle emergenze che riguardano la protezione civile, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dei beni e delle attivita' culturali e del turismo, dopo una valutazione caso per caso, puo' disporre, con decreto, l'esclusione di tali progetti dal campo di applicazione delle norme di cui al titolo III della parte seconda del presente decreto, qualora ritenga che tale applicazione possa pregiudicare i suddetti obiettivi». Dunque, la norma che in precedenza era diretta a regolare i soli progetti aventi come unico obiettivo la difesa nazionale, estende la possibilita' di deroga, con una valutazione concreta, caso per caso, ai progetti aventi come unico obiettivo la risposta ad emergenze che riguardino la protezione civile, senza prevedere alcuna consultazione delle Regioni interessate.

4. L'art. 5 del decreto legislativo n. 104/2017 introduce l'art.

7-bis del decreto legislativo n. 152/06, mediante il quale il legislatore delegato ha inteso rispondere alla «esigenza di razionalizzare i procedimenti ed evitare duplicazioni nelle valutazioni», delineando integralmente il procedimento di Via regionale quale provvedimento autorizzatorio unico regionale (di cui all'art. 27-bis, introdotto con il successivo art. 16, comma 2, del decreto legislativo n. 104/2017), assegnando alle regioni esclusivamente «l'organizzazione e le modalita' di esercizio delle funzioni amministrative ad esse attribuite in materia di VIA».

5. L'art. 16, comma 2, del decreto legislativo n. 104/2017, inserisce nel decreto legislativo n. 152/06 una nuova norma, l'art 27-bis, il quale disciplina il Provvedimento autorizzatorio unico regionale, obbligatorio in caso di VIA regionale, stabilendo: «la compiuta istruttoria tecnico-amministrativa finalizzata al rilascio di tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, concerti, nulla osta e assensi comunque denominati, necessari alla realizzazione e all'esercizio del medesimo progetto e indicati puntualmente in apposito elenco predisposto dal proponente stesso».

La norma, pertanto, regolamenta procedimenti regionali in diverse materie, non tutte di competenza statale, ed istituisce un procedimento a «sportello unico».

6. L'art. 21 del decreto legislativo n. 104/2017, riguarda le tariffe da applicare al procedimento sopra descritto, disponendo che «Le tariffe da applicare ai proponenti, determinate sulla base del costo effettivo del servizio, per la copertura dei costi sopportati dall'autorita' competente per l'organizzazione e lo svolgimento delle attivita' istruttorie, di monitoraggio e controllo delle procedure di verifica di assoggettabilita' a VIA, di VIA e di VAS sono definite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze».

7. L'art. 22, commi da 1 a 4 e l'art. 26, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 104/2017 modificano gli allegati II, II bis, III, IV bis della parte II del decreto legislativo n. 152/06, sottraendo alcuni procedimenti in materia di VIA o di verifica di VIA alla competenza regionale, anche ove tali progetti prevedano opere da collocarsi nel territorio di una sola regione. Infine, l'art. 27 del decreto legislativo n. 104/2017, recante la «clausola di invarianza finanziaria», stabilisce: «Dall'attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Fermo il disposto di cui all'art. 21, le attivita' di cui al presente decreto sono svolte con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente».

Per come brevemente esposto, e' di tutta evidenza come le disposizioni impugnate non siano coerenti al prescritto criterio costituzionale di una maggiore e unitaria tutela dell'ambiente, essendo dirette, piuttosto, a dettagliare procedimenti VIA, includendovi la disciplina di ambiti diversi, rispetto alla tutela dell'ambiente, per quanto ricadenti nella sfera di attribuzione regionale. Le norme impugnate sono quindi lesive delle attribuzioni regionali, come di seguito illustrato, oltreche' lesive dell'art. 76 della Costituzione, poiche' sono state adottate in violazione della stessa legge delega.

Tutto cio' premesso, con il presente ricorso, la regione Abruzzo, come in atti rappresentata e difesa, impugna l'art. 3, comma 1, lettera g), l'art. 5, l'art.16 comma 2, l'art. 21, l'art. 22 commi da 1 a 4, l'art. 26 comma 1 lettera a) e l'art. 27 del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104, in quanto contrastanti con gli artt. 3, 97, 76, 117, commi 3 e 4, e 118 della Costituzione, e lesivi delle proprie attribuzioni, costituzionalmente garantite, in merito a materie regionali per quanto strettamente intrecciate con la tutela dell'ambiente e, segnatamente, alla materia di tutela della salute, porti e aeroporti civili, produzione, trasporto e distribuzione dell'energia, protezione civile.

Diritto  

Premessa.

Le norme in materia di VIA, di derivazione comunitaria, sono senz'altro riferibili alla materia della tutela dell'ambiente; tuttavia, sono riferibili, come meglio si vedra' in seguito, anche ad alcune materie di competenza regionale concorrente quali, per tutte, la tutela della salute. Infatti, come evidenziato da codesta Ecc.ma Corte «il collegamento fra la disciplina ambientale, e in particolare quella dei rifiuti, e la tutela della salute e' pacifico, risultando dalla giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 58 del 2015, n. 244 del 2012, n. 373 del 2010, n. 249, n. 225 e n. 61 del 2009, n. 62 del 2008), dalla direttiva 2008/98/CE (si vedano il preambolo e, in particolare, gli articoli 1, 12, 13 e 17) e dal codice dell'ambiente (si vedano, in particolare, gli articoli 177, 179, 182-bis, 191 e 208, comma 1)» (sentenza n. 75/2017). Con riferimento alla disamina delle singole norme si specificheranno di volta in volta le materie interessate.

L'attinenza della disciplina della VIA all'ambito normativo di tutela della salute resa palese dalle premesse della direttiva 2014/52/CE, che al considerando n. 41, espressamente prevede come l'obiettivo sia quello di garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente e della salute umana, grazie alla definizione di requisiti minimi per la valutazione dell'impatto ambientale dei progetti. Anche il decreto legislativo n. 152/06, all'art. 4, comma 4, lettera b), conferma che la valutazione ambientale dei progetti ha la finalita' di proteggere la salute umana.

Codesta ecc.ma Corte costituzionale ha piu' volte sottolineato come la tutela dell'ambiente sia di esclusiva competenza statale, ma che le specifiche disposizioni devono, in ogni caso, essere connotate dalla specifica funzionalita' (cfr. Corte costituzionale n. 443 del 2007). Vedremo che le norme impugnate, sicuramente di dettaglio, non lasciano scorgere una specifica ed effettiva funzione verso una uniforme e penetrante difesa dell'ambiente, per come richiesto anche dalla giurisprudenza costituzionale. La Corte ha ben evidenziato come «i lavori preparatori relativi alla lettera s) del nuovo art. 117 della Costituzione inducono, d'altra parte, a considerare che l'intento del legislatore sia stato quello di riservare comunque allo Stato il potere di fissare standards di tutela uniformi sull'intero territorio nazionale, senza peraltro escludere in questo settore la competenza regionale alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali. In definitiva, si puo' quindi ritenere che riguardo alla protezione dell'ambiente non si sia sostanzialmente inteso eliminare la preesistente pluralita' di titoli di legittimazione per interventi regionali diretti a soddisfare contestualmente, nell'ambito delle proprie competenze, ulteriori esigenze rispetto a quelle di carattere unitario definite dallo Stato» (Corte costituzionale n. 407/2002). E ancora, la potesta' legislativa in materia di ambiente dello Stato «investe e si intreccia inestricabilmente con altri interessi e competenze» (Corte costituzionale, n. 312/2003).

La sentenza di codesta Ecc.ma Corte n. 234 del 2009, pur riconoscendo che le norme in materia di VIA rientrano nel perimetro dell'art. 117, secondo comma, lettera s), riconosce anche la presenza di ambiti materiali di spettanza regionale, soprattutto nel campo della tutela della salute. Inoltre, con sentenza n. 398 del 2006 si e' precisato che la valutazione ambientale strategica, pur attenendo alla materia «tutela dell'ambiente», non esclude ogni competenza del legislatore regionale sottolineando, altresi', la peculiarita' della materia in esame, ponendo in rilievo la sua intrinseca «trasversalita'», «con la conseguenza che, in ordine alla stessa, si manifestano competenze diverse, che ben possono essere regionali, spettando allo Stato le determinazioni che rispondono ad esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull'intero territorio nazionale» (sentenza n. 407 del 2002).

Del resto, l'art. 3-quinquies del decreto legislativo n. 152/06, in linea con la giurisprudenza di codesta Ecc.ma Corte, stabilisce che «i principi contenuti nel presente decreto legislativo costituiscono le condizioni minime ed essenziali per assicurare la tutela dell'ambiente su tutto il territorio nazionale. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano possono adottare forme di tutela giuridica dell'ambiente piu' restrittive, qualora lo richiedano situazioni particolari del loro territorio, purche' cio' non comporti un'arbitraria discriminazione, anche attraverso ingiustificati aggravi procedimentali. Lo Stato interviene in questioni involgenti interessi ambientali ove gli obiettivi dell'azione prevista, in considerazione delle dimensioni di essa e dell'entita' dei relativi effetti, non possano essere sufficientemente realizzati dai livelli territoriali inferiori di Governo o non siano stati comunque effettivamente realizzati». Da ultimo, si sottolinea come con la sentenza n. 236/2013 e' stato stabilito che: «le Regioni sono legittimate a denunciare la legge statale anche per la lesione di parametri diversi da quelli relativi al riparto delle competenze legislative ove la loro violazione comporti una compromissione delle attribuzioni regionali costituzionalmente garantite o ridondi sul riparto di competenze legislative (ex plurimis, sentenze n. 128 e n. 33 del 2011, n. 156 e n. 52 del 2010).»   La violazione dei parametri costituzionali, sotto enucleati, che sono in parte al di fuori di quelli strettamente connessi con il riparto di competenze fra Stato e regioni e', pertanto, denunziata dalla Regione Abruzzo, in quanto sono compromesse le attribuzioni regionali, ridondando sul riparto di competenze. Nell'odierno giudizio, peraltro, la qui dimostrata potenziale ridondanza puo' venire in rilievo solo ai fini dell'ammissibilita' relativa alla violazione dell'art. 76 e dell'art. 3 della Costituzione, giacche' le ulteriori censure sono tutte svolte anche in relazione ai parametri costituzionali del Titolo V (articoli 117, comma 3, 118 e principio di leale collaborazione).

Tanto premesso, si sottopone allo scrutinio di codesta. Ecc.ma Corte il testo di legge in commento, per i seguenti  

Motivi  

1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1, lettera g) del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104, per violazione degli articoli 117, comma 3, 118, 3, 5 e 120 della Costituzione.

L'art. 3, comma 1, lettera g) sostituisce il comma 10 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 152/06. La norma e' cosi' formulata: «Per i progetti o parti di progetti aventi quale unico obiettivo la difesa nazionale e per i progetti aventi quali unico obiettivo la risposta alle emergenze che riguardano la protezione civile, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dei beni e delle attivita' culturali e del turismo, dopo una valutazione caso per caso, puo' disporre, con decreto, l'esclusione di tali progetti dal campo di applicazione delle norme di cui al titolo III della parte seconda del presente decreto, qualora ritenga che tale applicazione possa pregiudicare i suddetti obiettivi».

In precedenza, la valutazione di esclusione era limitata ai soli casi di progetti destinati alla difesa nazionale; ora, invece, la valutazione statale coinvolge anche progetti aventi come unico obiettivo la risposta ad emergenze riguardanti la protezione civile.

Quest'ultima e' materia di legislazione concorrente, ai sensi dell'art. 117, comma 3, della Costituzione: il decreto, che porterebbe all'esclusione di alcuni progetti dal campo di applicazione delle norme sulla VIA, non prevede alcun coinvolgimento della Regione interessata, perche' emanato attraverso un decreto ministeriale, senza stabilire alcuna previa consultazione con le Regioni. In tal modo, il potere statale compromette il nucleo essenziale delle attribuzioni regionali, attraverso una disposizione che non trova alcun bilanciamento nella fase di attuazione, con la previsione di forme adeguate di leale collaborazione e di concertazione.

Si va cosi' a violare l'art. 120 e l'art. 5 della Costituzione, sotto il profilo della leale collaborazione. Nel caso di specie, infatti, risulta esserci un concorso di competenze statali e regionali (ambiente, salute e protezione civile) incompatibile con una procedura che vede la assoluta prevalenza del decreto ministeriale e la mancanza di coinvolgimento delle regioni nel processo decisionale, il che porterebbe ad importanti esclusioni dal novero dei progetti sottoposti alla normativa sulla VIA.

Da cio' discende, a parere dell'amministrazione ricorrente, l'illegittimita' costituzionale del decreto delegato, qui impugnato, in quanto prevede un procedimento che in alcun modo risponde al principio di leale collaborazione tra Stato e Regione. In sostanza, il sacrificio della competenza regionale in materie concorrenti non ha alcun contrappeso nel procedimento stabilito per l'emanazione del decreto ministeriale volto a definire, volta per volta, l'esclusione.

E' inoltre prefigurabile, in proposito, un fondato dubbio sulla ragionevolezza di tale compressione della leale collaborazione fra lo Stato e le Regioni, con conseguente violazione dell'art. 3 della Costituzione, per mancanza di proporzionalita' e di rispondenza logica rispetto alle finalita' dichiarate. La norma, infatti, prefigura irragionevolmente situazioni di rischio senza alcuna consultazione dell'ente piu' prossimo al territorio interessato; in sostanza, prefigura l'emanazione di decreti che dovrebbero attuare una concreta disamina («caso per caso»), ma senza alcun riferimento all'ente territorialmente prossimo e quindi maggiormente idoneo alla valutazione. Il che oltretutto genera anche gravissime inefficienze e disfunzioni sull'ordine delle competenze, dal momento che le Regioni, specialmente per le funzioni da esse svolte nel campo sanitario, hanno la visione e la disponibilita' di dati conoscitivi ed elementi di valutazione che sono cruciali per la definizione dei progetti da escludere.

2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 5 del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104, per violazione degli articoli 117, comma 3, 3 e 76 della Costituzione.

L'art. 5, che introduce l'art. 7-bis del decreto legislativo n.

152/06, riscrive sostanzialmente le competenze legislative regionali in materia di VIA, circoscrivendole a profili organizzativi e a modalita' di esercizio delle funzioni amministrative conferite.

L'originario art. 7 del decreto legislativo disciplinava le competenze elencando i progetti da sottoporsi a VAS o VIA «secondo le disposizioni regionali», ma rimetteva altresi' ad apposite leggi e regolamenti, tra le altre, la individuazione degli enti territoriali interessati e la possibilita' di individuare ulteriori piani o programmi o progetti da sottoporre alla disciplina in esame.

La disciplina delle competenze in materia di VIA e di verifica di assoggettabilita' a VIA evidenzia la violazione della potesta' legislativa e della competenza amministrativa regionale in materie concorrenti, con particolare riferimento alla tutela della salute. Si richiama, in proposito, il quarantunesimo considerando della direttiva 2014/52UE: «l'obiettivo della presente direttiva, ossia garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente e della salute umana grazie alla definizione di requisiti minimi per la valutazione dell'impatto ambientale dei progetti (...)».

La tutela della salute e', peraltro, la principale finalita' attribuita alla valutazione ambientale dei progetti dal decreto legislativo n. 152/2006, come confermato dal legislatore delegato nella modifica introdotta all'art. 4 del Codice ambiente.

La violazione della potesta' legislativa regionale e' resa ancor piu' evidente dal nuovo testo dell'art. 7, come modificato dall'art.

4 del decreto legislativo in esame. Il legislatore delegato ha, infatti, confermato la competenza legislativa ed amministrativa delle regioni e delle province autonome in materia di VAS e AIA: «Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con proprie leggi e regolamenti le competenze proprie e quelle degli altri enti locali in materia di VAS e AIA (...)». La diversa previsione a fronte di materie che presentano analogo riparto di potesta' legislativa tra Stato e regioni (VIA e VAS) non puo' in alcun caso giustificarsi in ragione del generico richiamo, contenuto nella legge delega, ai principi di «semplificazione, armonizzazione e razionalizzazione delle procedure di valutazione di impatto ambientale anche in relazione al coordinamento e all'integrazione con altre procedure volte al rilascio di pareri e autorizzazioni di carattere ambientale». In alcun caso la concretizzazione di detti e condivisibili principi potrebbe confliggere con competenze attribuite alle regioni dalla Carta costituzionale. Al contrario, l'attuazione dei principi di semplificazione, armonizzazione e razionalizzazione delle procedure non puo' che fondarsi sul riparto di competenze.

La diversa disciplina prevista per VAS e VIA, con la compromissione della potesta' normativa regionale in materia, integra altresi' la violazione dell'art. 3 della Costituzione, per mancanza di proporzionalita' in ragione delle identiche finalita' dichiarate: «... proteggere la salute umana, contribuire con un migliore ambiente alla qualita' della vita, provvedere al mantenimento della specie e conservare la capacita' di riproduzione degli ecosistemi in quanto risorse essenziali per la vita ...» (art. 4 decreto legislativo n.

152/2006 come modificato dall'art. 1 decreto legislativo n.

104/2017). Ulteriore violazione dell'art. 3 della Carta Costituzionale si ravvisa nella irragionevole compromissione della potesta' normativa regionale ravvisabile, in particolare, nei commi 7 e 8 del decreto legislativo n. 152/06, cosi' come modificato dall'art. 5 della legge qui impugnata. La giurisprudenza di codesta Ecc.ma Corte ha riconosciuto che le Regioni, in materia ambientale, possano stabilire livelli di tutela piu' elevati rispetto alla disciplina statale. La limitazione della potesta' legislativa regionale ai soli profili organizzativi impedisce di attuare questa finalita' che pure codesta ecc.ma Corte ha riconosciuto (sentenza n.

75/2017). In tal senso dispone, inoltre, l'art. 3-quinquies del decreto legislativo n. 152/06, il quale applica i principi di sussidiarieta' e di leale collaborazione alla materia.

Quanto all'eccesso di delega ravvisabile nell'articolo in esame, tale vizio va ricondotto alla introduzione da parte del legislatore delegato di modifiche delle competenze in luogo di un intervento di semplificazione, armonizzazione, coordinamento e razionalizzazione, quale quello richiesto dalla legge delega.

In assenza di una espressa previsione da parte del legislatore delegante e, conseguentemente, di criteri per operare, il regime di competenze introdotto - fortemente innovativo del previgente - e' «tale da ridisegnare ex novo l'assetto generale dei rapporti tra Stato e regioni» (Cost. n. 80/2012), fino ad integrare - a parere di questa Amministrazione ricorrente - il vizio di eccesso di delega.

3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 16, comma 2, del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104, per violazione degli articoli 117, comma 3, 76, 3 e 97 della Costituzione.

L'art. 16, comma 25, inserisce nel decreto legislativo n. 165/06 l'art 27-bis, disciplinando il Provvedimento autorizzatorio unico regionale.

La norma cosi' dispone: «Dopo l'art. 27 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e' inserito il seguente: «Art. 27-bis (Provvedimento autorizzatorio unico regionale). - 1. Nel caso di procedimenti di VIA di competenza regionale il proponente presenta all'autorita' competente un'istanza ai sensi dell'art. 23, comma 1, allegando la documentazione e gli elaborati progettuali previsti dalle normative di settore per consentire la compiuta istruttoria tecnico-amministrativa finalizzata al rilascio di tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, concerti, nulla osta e assensi comunque denominati, necessari alla realizzazione e all'esercizio del medesimo progetto e indicati puntualmente in apposito elenco predisposto dal proponente stesso. L'avviso al pubblico di cui all'art. 24, comma 2, reca altresi' specifica indicazione di ogni autorizzazione, intesa, parere, concerto, nulla osta, o atti di assenso richiesti.

2. Entro quindici giorni dalla presentazione dell'istanza l'autorita' competente verifica l'avvenuto pagamento del contributo dovuto ai sensi dell'art. 33, nonche' l'eventuale ricorrere della fattispecie di cui all'art. 32, comma 1, e comunica per via telematica a tutte le amministrazioni ed enti potenzialmente interessati, e comunque competenti ad esprimersi sulla realizzazione e sull'esercizio del progetto, l'avvenuta pubblicazione della documentazione nel proprio sito web con modalita' tali da garantire la tutela della riservatezza di eventuali informazioni industriali o commerciali indicate dal proponente, in conformita' a quanto previsto dalla disciplina sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale. In caso di progetti che possono avere impatti rilevanti sull'ambiente di un altro Stato, la pubblicazione e' notificata al medesimo con le modalita' di cui all'art. 32.

3. Entro trenta giorni dalla pubblicazione della documentazione nel sito web dell'autorita' competente, quest'ultima, nonche' le amministrazioni e gli enti di cui al comma 2, per i profili di rispettiva competenza, verificano l'adeguatezza e la completezza della documentazione, assegnando al proponente un termine perentorio non superiore a trenta giorni per le eventuali integrazioni.

4. Successivamente alla verifica della completezza documentale, ovvero, in caso di richieste di integrazioni, dalla data di ricevimento delle stesse, l'autorita' competente pubblica l'avviso di cui all'art. 23, comma 1, lettera e), di cui e' data comunque informazione pretorio informatico delle amministrazioni comunali territorialmente interessate. Tale forma di pubblicita' tiene luogo delle comunicazioni di cui agli articoli 7 e 8, commi 3 e 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241. Dalla data della pubblicazione del suddetto avviso, e per la durata di sessanta giorni, il pubblico interessato puo' presentare osservazioni concernenti la valutazione di impatto ambientale e, ove necessarie, la valutazione di incidenza e l'autorizzazione integrata ambientale.

5. Entro i successivi trenta giorni l'autorita' competente puo' chiedere al proponente eventuali integrazioni assegnando allo stesso un termine non superiore a trenta giorni. Su richiesta motivata del proponente l'autorita' competente puo' concedere, per una sola volta, la sospensione dei termini per la presentazione della documentazione integrativa per un periodo non superiore a centottanta giorni.

Qualora entro il termine stabilito il proponente non depositi la documentazione integrativa, l'istanza si intende ritirata ed e' fatto obbligo all'autorita' competente di procedere all'archiviazione.

L'autorita' competente, ove motivatamente ritenga che le modifiche o le integrazioni siano sostanziali e rilevanti per il pubblico, dispone, entro quindici giorni dalla ricezione della documentazione integrativa, che il proponente trasmetta, entro i successivi quindici giorni, un nuovo avviso al pubblico, predisposto in conformita' all'art. 24, comma 2, del presente decreto, da pubblicare a cura della medesima autorita' competente sul proprio sito web, di cui e' data comunque informazione nell'albo pretorio informatico delle amministrazioni comunali territorialmente interessate. In relazione alle modifiche o integrazioni apportate al progetto e alla documentazione, i termini di cui al comma 4 per l'ulteriore consultazione del pubblico sono ridotti alla meta'.

6. L'autorita' competente puo' disporre che la consultazione del pubblico si svolga ai sensi dell'art. 24-bis, comma 1, con le forme e le modalita' disciplinate dalle regioni e dalle province autonome ai sensi dell'art. 7-bis, comma 8.

7. Fatto salvo il rispetto dei termini previsti dall'art. 32 per il caso di consultazioni transfrontaliere, entro dieci giorni dalla scadenza del termine di conclusione della consultazione ovvero dalla data di ricevimento delle eventuali integrazioni documentali, l'autorita' competente convoca una conferenza di servizi alla quale partecipano il proponente e tutte le Amministrazioni competenti o comunque potenzialmente interessate per il rilascio del provvedimento di VIA e dei titoli abilitativi necessari alla realizzazione e all'esercizio del progetto richiesti dal proponente. La conferenza di servizi e' convocata in modalita' sincrona e si svolge ai sensi dell'art. 14-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241. Il termine di conclusione della conferenza di servizi e' di centoventi giorni decorrenti dalla data di convocazione dei lavori. La determinazione motivata di conclusione della conferenza di servizi costituisce il provvedimento autorizzatorio unico regionale e comprende il provvedimento di VIA e i titoli abilitativi rilasciati per la realizzazione e l'esercizio del progetto, recandone l'indicazione esplicita. Resta fermo che la decisione di concedere i titoli abilitativi di cui al periodo precedente e' assunta sulla base del provvedimento di VIA, adottato in conformita' all'art. 25, commi 1, 3, 4, 5 e 6, del presente decreto.

8. Tutti i termini del procedimento si considerano perentori ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 2, commi da 9 a 9-quater, e 2-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241.

9. Le condizioni e le misure supplementari relative all'autorizzazione integrata ambientale e contenute nel provvedimento autorizzatorio unico regionale, sono rinnovate e riesaminate, controllate e sanzionate con le modalita' di cui agli articoli 29-octies, 29-decies e 29-quattuordecies. Le condizioni e le misure supplementari relative agli altri titoli abilitativi di cui al comma 7, sono rinnovate e riesaminate, controllate e sanzionate con le modalita' previste dalle relative disposizioni di settore da parte delle amministrazioni competenti per materia.»   Dunque, viene dettagliatamente regolato il provvedimento autorizzatorio unico regionale, quale modalita' esclusiva e obbligatoria di procedimento.

Per comprendere l'illogicita' e l'illegittimita' costituzionale della previsione normativa occorre considerare che lo stesso art. 16, al comma 1, prevede che il provvedimento autorizzatorio unico in materia ambientale, se di competenza statale, possa, solo se a richiesta dell'interessato, essere unico.

In altri termini, in caso di VIA statale, la regola e' che il provvedimento non sia unico, salvo richiesta del proponente, mentre in caso di VIA regionale vige la obbligatorieta' del procedimento unico, a prescindere dall'istanza dell'interessato (che viene dunque ad essere in ogni caso gravato da preventivi onere istruttori maggiori). Non solo, ma il provvedimento unico statale tiene luogo solo di alcuni atti abilitativi (indicati dal comma 2, lettere da a ad h, del medesimo art. 16).

La finalita' di integrare le valutazioni di impatto ambientale e rimessa alle decisioni degli Stati membri; in tal senso si richiama il ventunesimo considerando della direttiva 2014/52/UE, (semplificazione, armonizzazione e razionalizzazione delle procedure di valutazione di impatto ambientale anche in relazione al coordinamento e all'integrazione con altre procedure volte al rilascio di pareri e autorizzazioni a carattere ambientale), nonche' il comma 2 dell'art. 2 della Dir. 2011/92/UE (La valutazione dell'impatto ambientale puo' essere integrata nelle procedure esistenti di autorizzazione dei progetti negli Stati membri ovvero, in mancanza di queste, in altre procedure o nelle procedure da stabilire per rispettare gli obiettivi della presente direttiva).

Tuttavia la norma qui censurata riunisce nell'autorizzazione unica procedimenti afferenti materie anche diverse rispetto a quella ambientale, dando cosi' luogo ad una violazione della delega legislativa e di conseguenza, ad una violazione dell'art. 76 della Costituzione. L'art. 14 della legge 9 luglio 2015, n. 114 stabilisce, fra i criteri direttivi, quello di «semplificazione, armonizzazione e razionalizzazione delle procedure di valutazione di impatto ambientale anche in relazione al coordinamento e all'integrazione con altre procedure volte al rilascio di pareri e autorizzazioni a carattere ambientale». Nessuna integrazione, dunque, in procedimenti aventi ad oggetto altre materie, quali, a titolo meramente esemplificativo, quella culturale ovvero il nulla osta ex art. 17, comma 2, decreto legislativo n. 105/2015 (Attuazione della direttiva 2012/18/UE relativa al controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose) oppure ancora l'autorizzazione antisismica, o le autorizzazioni commerciali o i titoli abilitativi urbanistici.

Questa difesa e' ben conscia che l'integrazione procedimentale e' stata disciplinata dal decreto legislativo n. 127/2016, sulla base della quale fu novellato l'intero istituto della conferenza di servizi, anche relativamente ai progetti assoggettati a VIA di competenza non statale. Quello che pero' muta radicalmente con l'introduzione della norma impugnata e' la circostanza che l'autorita' competente VIA divenga «sportello unico» e quindi anche luogo, fisico o virtuale, ove il proponente si rivolgera' per ottenere tutto quanto necessario alla autorizzazione dei progetti. Il decreto legislativo n. 127/2016 identificava nella conferenza di natura decisoria l'unico momento decisorio riferito a tutti i titoli abilitativi necessari e non poneva in capo all'autorita' competente l'onere procedimentale dell'apertura della fase istruttoria. Cio' pero', non e' stato previsto dalla legge delega la quale richiedeva un riordino attraverso l'integrazione dei soli procedimenti in materia ambientale.

Si tratta dell'introduzione di uno strumento procedimentale obiettivamente innovativo e complesso: si veda, ad esempio, l'introduzione dell'obbligo di comunicazione telematica con gli enti competenti.

La ratio della delega e' invece l'adeguamento del sistema normativo italiano a quello comunitario in materia ambientale e con riferimento alle disposizioni della direttiva che prevedono l'integrazione dei procedimenti ambientali (tra l'altro come eventuale). Dunque, il perimetro della delega e' senz'altro circoscritto ai procedimenti in materia ambientale, senza possibilita' di andare ad incidere su ambiti che hanno una specifica disciplina, collegata a ratio normative diverse. La creazione di uno sportello unico con riferimento ad una serie di atti afferenti alle piu' diverse materie non costituisce il logico completamento (cfr.

Corte costituzionale n. 293/2010 e n. 199/2003) delle disposizioni della legge delega, che hanno avuto esclusivamente riguardo ai procedimenti in materia ambientale. Siffatta norma esula dalla materia di cui alla lettera s) dell'art. 117, comma 2, poiche' incide su procedimenti che con l'ambiente non hanno attinenza, quali, a mero titolo di esempio, il Governo del territorio ovvero la tutela della salute (rischi di incidente rilevante) ovvero la protezione civile (autorizzazione antisismica).

Codesta ecc.ma Corte ha stabilito che «l'introduzione di soluzioni sostanzialmente innovative rispetto al sistema legislativo previgente e' tuttavia ammissibile soltanto nel caso in cui siano stabiliti principi e criteri direttivi idonei a circoscrivere la discrezionalita' del legislatore delegato (sentenza n. 170 del 2007 e n. 239 del 2003), giacche' quest'ultimo non puo' innovare «al di fuori di ogni vincolo alla propria discrezionalita' esplicitamente individuato dalla legge-delega»" (sentenza n. 293 del 2010). Ancora «Esula dall'ambito della delega, quale precisato nel punto precedente, il riassetto generale dei rapporti tra Stato e Regioni in materie non di competenza esclusiva statale ai sensi dell'art. 117, secondo comma, della Costituzione, in quanto la disciplina necessaria per operare tale riassetto non puo' rimanere ristretta alla sfera legislativa di competenza dello Stato, ma coinvolge quella delle Regioni, sia nel rapporto tra principi fondamentali e legislazione di dettaglio, nelle materie di competenza concorrente, sia, a fortiori, nell'esercizio del potere di avocazione da parte dello Stato di funzioni amministrative, e conseguentemente legislative, sulla base dell'art. 118, primo comma, della Costituzione, nelle materie di competenza regionale residuale» (sent. n. 80/2012). Si consideri che, in tal modo, l'autorizzazione unica - solo - regionale non risulta finalizzata ad una piu' penetrante difesa dell'ambiente; neppure potrebbe ipotizzarsi che la finalita' della norma sia quella di fissare standard uniformi su tutto il territorio nazionale.

La legge di delega, del resto, ha del tutto ragionevolmente previsto che l'integrazione procedimentale avvenisse solo con riferimento ai procedimenti in materia ambientale; il provvedimento unico regionale, cosi' come configurato dall'attuale art. 27-bis del decreto legislativo n. 152/2006 (come inserito dall'art. 16, comma 2, del decreto legislativo n. 104/2017), impone termini perentori all'autorita' competente VIA, pone - al contempo - in capo alla stessa autorita' responsabilita' e che possono anche essere ricondotte a soggetti diversi. Il tutto senza alcun coordinamento della normativa di settore. In sostanza la norma, in assenza di delega legislativa, pone responsabilita' significative in capo all'autorita' competente per la VIA regionale, al di fuori delle normative e dei procedimenti in materia ambientale, senza l'attribuzione di adeguati strumenti operativi.

Codesta Ecc.ma Corte evidenzia come «il canone costituzionale del buon andamento riguarda anche gli aspetti attinenti alle funzioni ed all'esercizio dei poteri amministrativi, cosicche' i relativi procedimenti debbono essere idonei a perseguire la migliore realizzazione dell'interesse pubblico nel rispetto dei diritti e degli interessi legittimi dei soggetti coinvolti - nell'attivita' amministrativa» (sentenza n. 40 del 1998). L'obiettivo del buon andamento della Amministrazione puo' essere tuttavia perseguito e realizzato con strumenti e modalita' diversi, parimenti efficaci, la cui scelta e' rimessa alla discrezionalita' del legislatore, naturalmente nei limiti della ragionevolezza (sentenza n. 103 del 1993)» (sentenza n. 135/1998).

Il procedimento delineato dalla norma impugnata, tra l'altro, senza rimettere alcuna possibilita' di scelta neppure al proponente, non prevede alcuna forma di coordinamento con altri e delicati procedimenti, rimettendo irragionevolmente all'autorita' competente un potere e dei corrispondenti doveri esulanti dalla propria competenza, anche tecnica. La mancanza di chiarezza si traduce in incertezza applicativa, con conseguente possibile pregiudizio della garanzia di buon andamento dell'amministrazione pubblica, consacrato nell'art. 97 della Costituzione.

La norma non lascia alcuno spazio ne' detta alcuna regola procedimentale, rimettendo ogni valutazione all'autorita' competente, gravata cosi' di responsabilita' e da ambiti di competenza amplissimi, in palese contrasto con l'art. 97 della Costituzione.

Ricordiamo che il principio di buon andamento e' sempre stato declinato da codesta ecc.ma Corte nel senso di obbligare alla predisposizione di strutture e moduli di organizzazione volti ad assicurare un'ottimale funzionalita'.

Si prefigura, inoltre, un fondato dubbio sulla ragionevolezza di tale scelta con conseguente violazione dell'art. 3 della Costituzione e conseguente violazione del principio di leale collaborazione fra lo Stato e le regioni, per mancanza di proporzionalita' ed irrazionalita' e di rispondenza logica rispetto alle finalita' dichiarate. La norma, infatti, configura una indubbia e irragionevole disparita' di trattamento, a seconda se il procedimento sia statale o regionale, senza che la territorialita' o meno dell'autorita' preposta possa costituire un parametro ragionevole di distinzione.

4) Illegittimita' costituzionale dell'art. 21 del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104, per violazione degli articoli 117, commi 3 e 4, 118, 5 e 120 della Costituzione.

L'art. 21 del decreto legislativo impugnato sostituisce l'art. 33 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e cosi' dispone: «Le tariffe da applicare ai proponenti, determinate sulla base del costo effettivo del servizio, per la copertura dei costi sopportati dall'autorita' competente per l'organizzazione e lo svolgimento delle attivita' istruttorie, di monitoraggio e controllo delle procedure di verifica di assoggettabilita' a VIA, di VIA e di VAS sono definite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze». Risulta, dunque, il mancato coinvolgimento regionale nella determinazione, con decreto ministeriale, delle tariffe per la copertura dei costi istruttori, di cui all'art. 33, comma 1, del decreto legislativo n. 152/2006, come sostituito dall'art. 21 del decreto legislativo n. 104/2017. La modifica introduce ex lege un parametro per la determinazione delle tariffe, che verranno determinate «sulla base del costo effettivo del servizio». La definizione delle tariffe sulla base del costo effettivo non puo' tuttavia prescindere da un previo confronto con tutte le autorita' competenti in materia di VIA (e dunque le Regioni). L'assenza della previsione del previo confronto realizza una lesione delle potesta' organizzative delle regioni, considerato anche che l'introduzione dell'autorizzazione unica regionale fa si' che il provvedimento finale sia connesso a competenze che esulano dalla tutela dell'ambiente e ricadono nelle materie di potesta' concorrente regionale.

Le tariffe dovrebbero risultare connesse all'attivita' istruttoria e alla copertura degli oneri connessi; l'irragionevolezza legislativa e ancor piu' messa in luce di quanto previsto dal comma 2 (non modificato) dello stesso art. 33 del decreto legislativo n.

152/2006 («Per le finalita' di cui al comma 1, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano possono definire proprie modalita' di quantificazione e corresponsione degli oneri da porre in capo ai proponenti»).

In sostanza, il legislatore da un lato riconosce la possibilita' per le regioni di attuare una propria definizione tariffaria, nella consapevolezza che trattasi di attivita' amministrativa regionale; dall'altra, dimentica del tutto qualsiasi consultazione con le regioni. Si realizza, pertanto, una lesione della potesta' organizzativa regionale, poiche' si va ad incidere sulla determinazione di tariffe in base a costi effettivi, senza che alle regioni risulti possibile partecipare al procedimento che portera' alla cristallizzazione di tali costi. Ne' a dirsi che la determinazione dei costi di istruttoria afferisca alla materia di cui alla lettera s) dell'art 117, comma 2, della Costituzione.

Nel caso di specie, ancora una volta, risulta esserci un concorso di competenze statali e regionali, incompatibile con la prevalenza del decreto ministeriale e con la mancanza di coinvolgimento delle regioni nel processo decisionale che porta alla definizione di parte delle risorse destinate a coprire i costi istruttori.

Da cio' discende, a parere dell'amministrazione ricorrente, l'illegittimita' costituzionale della legge delegata qui impugnata, la quale prevede un procedimento che ignora del tutto la leale collaborazione tra Stato e Regione auspicata dalla Costituzione in materia, per quanto detto in premessa, che inerisce strettamente a competenze regionali.

La forma di procedimento disegnata dalla legge gravata risulta incompatibile con il vigente modello costituzionale di leale collaborazione anche nell'esercizio delle funzioni amministrative, con manifesta violazione degli articoli 118, 5 e 120 della Costituzione e comprime il potere della Regione ricorrente di individuare le migliori condizioni di esercizio delle funzioni di propria competenza, secondo i principi di sussidiarieta', differenziazione a adeguatezza, riaffermati dall'art. 3-quinquies del decreto legislativo n. 152/06, in manifesta violazione anche degli articoli 117, commi 3 e 4, e 118 della Costituzione.

5) Illegittimita' costituzionale dell'art. 22, commi da 1 a 4 e dell'art 26, comma l lettera a), del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104, per violazione degli articoli 117, comma 3, 118, 76, 5 e 120 della Costituzione.

L'art. 22, commi da 1 a 4, e l'art 26, comma 1 lettera a), dispongono modifiche agli allegati alla parte II del decreto legislativo n. 152/2006, sottraendo alle regioni un considerevole numero di tipologie progettuali (progetti in VIA e verifica di VIA), riguardanti materie di potesta' legislativa anche regionale, per attribuirle alla competenza amministrativa dello Stato. Si cerchera' in seguito di riassumere brevemente le violazioni della competenza regionale:   a) in particolare, l'art 22, I comma, riserva alla competenza statale l'espressione della valutazione di impatto ambientale su a1) impianti termici per la produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 150 MW; a2) impianti eolici per la produzione di energia elettrica sulla terraferma con potenza complessiva superiore a 30 MW; a3) elettrodotti aerei per il trasporto di energia elettrica con tensione nominale superiore a 100 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 10 Km, anche se non facenti parte della rete elettrica di trasmissione nazionale; a4) perforazione di pozzi finalizzati alla ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi sulla terraferma e in mare; a5) coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi, sulla terraferma e in mare, per un quantitativo estratto superiore a 500 tonnellate al giorno per il petrolio e a 500.000 m³ al giorno per il gas naturale; a6) i rilievi geofisici attraverso l'uso della tecnica airgun o esplosivo; a7) impianti geotermici pilota di cui all'art. 1, comma 3-bis, del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22, e successive modificazioni, nonche' attivita' di ricerca e coltivazione di risorse geotermiche in mare; a8) attivita' di ricerca e coltivazione di minerali utilizzabili per l'estrazione di metalli, metalloidi e loro composti, di grafite, combustibili solidi, rocce asfaltiche e bituminose e di sostanze radioattive. In tal modo va ad incidere sulla materia concorrente produzione, trasporto e distribuzione dell'energia, sulla materia della ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi.

Stesse violazioni si rintracciano nella previsione di una VIA esclusivamente nazionale per quanto riguarda a9) lo stoccaggio di petrolio, prodotti chimici, prodotti petroliferi e prodotti petrolchimici con capacita' complessiva superiore a 40.000 m³; a 10) lo stoccaggio superficiale di gas naturali con una capacita' complessiva superiore a 40.000 m³; a11) lo stoccaggio sotterraneo artificiale di gas combustibili in serbatoi con una capacita' complessiva superiore a 80.000 m³; a12) di prodotti di gas di petrolio liquefatto e di gas naturale liquefatto con capacita' complessiva superiore a 20.000 m³;   b) la riserva alla valutazione ambientale statale per b1) autostrade e strade extraurbane principali; strade extraurbane a quattro o piu' corsie o adeguamento di strade extraurbane esistenti a due corsie per renderle a quattro o piu' corsie, con una lunghezza ininterrotta di almeno 10 km; b2) porti con funzione turistica e da diporto quando lo specchio d'acqua e' superiore a 10 ettari o le aree esterne interessate superano i 5 ettari oppure i moli sono di lunghezza superiore ai 500 metri; b3) porti con funzione turistica e da diporto quando lo specchio d'acqua e' superiore a 10 ettari o le aree esterne interessate superano i 5 ettari oppure i moli sono di lunghezza superiore ai 500 metri afferisce ad ambiti palesemente ricompresi anche alla materia concorrente porti e aeroporti civili, grandi reti di trasporto e navigazione;   c) la riserva alla valutazione ambientale statale per gli impianti per la cattura di flussi di CO2 provenienti da impianti che rientrano nel presente allegato e nell'allegato III al medesimo decreto o impianti di cattura nei quali il quantitativo complessivo annuo di CO2 catturato e' pari ad almeno 1,5 milioni di tonnellate, ai fini dello stoccaggio geologico a norma del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2009/31/CE in materia di stoccaggio geologico di biossido di carbonio va ad incidere sulla materia concorrente produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia, sulla materia della ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi, grandi reti di trasporto.

L'art. 22, inoltre, introduce l'elenco dei progetti da sottoporsi alla verifica di assoggettabilita' di competenza statale: antecedentemente la verifica di assoggettabilita' a VIA di competenza statale non contemplava specifiche categorie progettuali, come prevede ora l'allegato II bis, ma veniva svolta solo per le modifiche o varianti di progetti che avevano gia' espletato la procedura di VIA nazionale.

Trattasi di impianti termici per la produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 50 MW; installazioni di oleodotti e gasdotti e condutture per il trasporto di flussi di CO2 ai fini dello stoccaggio geologico superiori a 20 km; impianti per la cattura di flussi di CO2 provenienti da impianti che non rientrano negli allegati II e III al presente decreto ai fini dello stoccaggio geologico a norma del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 162, e successive modificazioni; elettrodotti aerei esterni per il trasporto di energia elettrica con tensione nominale superiore a 100 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 3 Km in materia di produzione, trasposto e distribuzione nazionale dell'energia, coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi, sulla terraferma e in mare, per un quantitativo estratto fino a 500 tonnellate al giorno per il petrolio e a 500.000 m³ al giorno per il gas naturale sulla materia produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia, della ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi.

Trattasi inoltre di interporti, piattaforme intermodali e terminali intermodali; porti e impianti portuali marittimi, fluviali e lacuali, compresi i porti con funzione peschereccia, vie navigabili; strade extraurbane secondarie di interesse nazionale; acquedotti con una lunghezza superiore ai 20 km; aeroporti (progetti non compresi nell'Allegato II); porti con funzione turistica e da diporto, quando lo specchio d'acqua e' inferiore o uguale a 10 ettari, le aree esterne interessate non superano i 5 ettari e i moli sono di lunghezza inferiore o uguale a 500 metri palesemente ricompresi nella materia concorrente porti e aeroporti civili, grandi reti di trasporto e navigazione.

La norma riserva poi allo Stato la valutazione su modifiche o estensioni di progetti di cui all'allegato II o all'allegato II bis, al presente allegato anche se gia' autorizzati, realizzati o in fase di realizzazione, che possono avere notevoli impatti ambientali significativi e negativi (modifica o estensione non inclusa nell'allegato II); si noti che l'autorizzazione antecedente potrebbe essere anche regionale.

L'allegato III e l'allegato IV alla parte seconda vengono specularmente modificati, sottraendo competenze alle regioni.

L'art. 26, comma 1, lettera a), poi, dispone le corrispondenti abrogazioni.

Sotto il profilo della ragionevolezza della scelta allocativa la discrezionalita' del legislatore deve misurarsi con una presunzione, relativa ma pure esistente, di adeguatezza dell'ente che fino a quel momento ha esercitato le funzioni da riallocare, sulla base di dati reali, acquisiti attingendo alla concreta esperienza istituzionale.

L'art. 3-quinquies, in particolare al comma 3, del decreto legislativo n. 152/06, del resto, riconduce le funzioni regionali in materia ambientale al principio sussidiarieta' di cui all'art. 118, primo comma, della Costituzione. L'ingiustificata attribuzione di competenze prima regionali allo Stato determina, dunque, anche la lesione dell'autonomia amministrativa costituzionalmente garantita alla Regione.

Non solo ma, come si e' esposto, la giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte ha si ribadito che il legislatore in materia ambientale ha la possibilita' di emettere norme di dettaglio, ma se finalizzate alla tutela del bene ambiente. Tutela che non e' ben chiaro perche' sia perseguita comprimendo le potesta' regionali per alcuni progetti, senza una ratio che lo giustifichi. La norma, infatti, non amplia i casi di sottoposizione a procedura di valutazione o verifica ambientale; non pone ulteriori garanzie a difesa dell'ambiente, ma si limita ad attuare uno spostamento - in senso centrale - delle competenze, senza che cio' sia richiesto dalla direttiva cui si e' inteso dare attuazione ovvero dalla legge delega.

Si attua cosi' la violazione dell'art. 117 terzo comma e dell'art. 76 della Costituzione, dal momento che la legge delega non contempla espressamente la revisione del riparto delle potesta' legislative ed amministrative tra Stato e regioni, limitandosi a richiamare l'esigenza di regolare aspetti procedurali in materia di VIA. Le medesime norme violano, altresi', l'art. 118 della Costituzione, in quanto vengono ridimensionate le competenze amministrative regionali e quelle a suo tempo conferite, per categorie di progetti, dalla stessa Regione agli enti locali, prescindendo da valutazioni sull'adeguatezza o meno del livello istituzionale coinvolto con ulteriore violazione del principio di leale collaborazione (articoli 5 e 120 della Costituzione), per mancata previa intesa in merito tra lo Stato e le regioni interessate.

Ne' a dirsi che si possa ravvisare la necessita' di un esercizio unitario delle funzioni, poiche' i progetti citati dalla norma sono attribuiti allo Stato a prescindere dal fatto di ricadere nel territorio di piu' regioni. Questa difesa non ignora che codesta Ecc.ma Corte ha ritenuto piu' volte che l'allocazione delle competenze amministrative in tema di VIA spetti allo Stato: tuttavia, nel caso di specie, il riordino di competenze viene attuato al di fuori della delega legislativa e senza una finalita' direttamente attinente al bene ambiente, poiche', come si e' specificato, la norma prescinde dalla collocazione dell'opera ovvero da altri dati utili e necessari ad una organizzazione unitaria.

6) Illegittimita' costituzionale dell'art. 27 del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104, per violazione degli articoli 117, comma 3, 118 e 76 della Costituzione.

L'art. 27, comma 1 e 2, del decreto legislativo n. 104/2017 contiene una clausola di invarianza finanziaria: «Dall'attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Fermo il disposto di cui all'art. 21, le attivita' di cui al presente decreto sono svolte con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente».

In sostanza, si impongono alle regioni nuovi adempimenti procedimentali, con conseguenti nuovi oneri, si interviene cosi' su materie anche concorrenti (come piu' volte riportato in premessa e nei paragrafi precedenti), ma tutto cio', irragionevolmente, senza alcuna previsione finanziaria, anzi, al contrario, imponendo una blocco delle risorse.

Tale previsione e viziata per contrasto con la legge di delega.

L'art. 1, comma 4, della legge n. 114/2015, infatti, stabilisce, sia pur entro limiti ben determinati, la possibilita' di riconoscere risorse in relazione a spese non contemplate da leggi vigenti e che non riguardino l'attivita' ordinaria delle amministrazioni, nei limiti occorrenti per l'adeguamento alla direttiva.

Il legislatore delegato, invece, ha previsto, in pretesa attuazione della Direttive 2014/52/CE, nuovi e maggiori oneri procedimentali in capo alle amministrazioni regionali; ma, in contrasto con il citato art. 1, IV comma legge n. 114/2015, non ha previsto alcuna possibilita' di adeguamento finanziario, strumentale o di personale. L'irrazionalita' della scelta risulta palese se solo si pensi all'obbligo, sancito dall'art. 16 comma 2 qui pure impugnato, di emettere il provvedimento autorizzatorio unico, modificando cosi' lo svolgimento delle funzioni regionali. Cio' riflette, altresi', il grave deficit delle norme gravate, sotto il profilo della ragionevolezza e della coerenza con gli scopi perseguiti dalla legge n. 114/2015; trattasi di norma che, peraltro, non ha attinenza con la tutela dell'ambiente e, pertanto, non e' interna al perimetro della legislazione statale esclusiva. Il che sta ulteriormente a dimostrare che la violazione della legge delega e' ben lungi dall'essere un completamento della delega stessa ovvero finalizzata alla tutela del bene ambiente.

 

P.Q.M.  

Voglia l'Ecc.ma Corte costituzionale adita, ogni contraria istanza eccezione e deduzione disattesa, accogliere il presente ricorso e per l'effetto, dichiarare incostituzionali i seguenti articoli del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104 «Attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, ai sensi degli articoli 1 e 14 della legge 9 luglio 2015, n. 114» pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, Serie generale, n. 156 del 6 luglio 2017:   l'art. 3 comma 1 lettera g), per contrasto con gli articoli 117, comma 3, 118, 3, 5 e 120 della Costituzione;   l'art. 5 per violazione degli articoli 117, comma 3, 3 e 76 della Costituzione;   l'art. 16 comma 2, per contrasto con gli articoli 117, comma 3, 118, 3, 5 e 120 della Costituzione;   l'art. 21, per contrasto con gli articoli 117, commi 3 e 4, 118, 5 e 120 della Costituzione;   l'art. 22 commi da 1 a 4, 26 comma 1 lettera a), per contrasto con gli articoli 117, comma 3, 118, 76, 5 e 120 della Costituzione;   l'art. 27 per contrasto con gli articoli 117, comma 3, 118 e 76 della Costituzione.

Con riserva di deposito, unitamente al presente ricorso notificato, della delibera di giunta regionale recante conferimento di incarico.

L'Aquila, 4 settembre 2017     Avv. Valeri - Avv. Frattale