RICORSO N. 65 DEL 6 SETTEMBRE 2017 (DELLA REGIONE PUGLIA)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 6 settembre 2017.

(GU n. 42 del 18.10.2017)

Ricorso ex art. 127 Cost. e art. 32 l. n. 87 del 1953 nell'interesse della Regione Puglia, C.F. 80017210727, in persona del Presidente in carica, Dott. Michele Emiliano con sede in 70121 - Bari, Lungomare N. Sauro, 33, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n. 1391 del 30.08.2017 (All. A), rappresentato e difeso, per mandato in calce al seguente atto, dal Prof. Avv. Stelio Mangiameli del Foro di Roma (C.F.: MNGSTL54D16C351N, P.E.C.: steliomangiameli@ordineavvocatiroma.org, Fax: 06-5810197), in virtu' di procura in calce al presente atto, ed elettivamente domiciliata in Roma, Via A. Poerio n. 56, presso lo Studio professionale del medesimo Avvocato  Contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente in carica, nella propria nota sede in 00187- Roma, Palazzo Chigi, Piazza Colonna n. 370 - la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente in carica, presso l'Avvocatura generale dello Stato. in 00186 - Roma, Via dei Portoghesi n. 12,  Per la declaratoria di illegitimita' costituzionale del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104, recante "Attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, ai sensi degli articoli I e 14 della legge 9 luglio 2015, n. 114", pubblicato sulla G.U. Serie Generale n. 156 del 6 luglio 2017, costituzionalmente illegittimo  1) nella sua interezza, per violazione del parametro costituzionale di cui all'art. 76 Cost., come integrato dalle seguenti norme interposte: artt. l e 14 della legge n. 114 del 2015; art. 31, comma 1, della legge 234 del 2012; art. 2 della Direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 aprile 2014;  2) nella sua interezza, per violazione del principio di leale collaborazione;  3) in riferimento agli artt. 3, 4, 5 e 22 per agli allegati ivi disciplinati, che rispettivamente modificano gli artt. 6 e 7, introducono l'art. 7-bis del d.lgs. n. 152 del 2006 e modificano gli allegati richiamati, per violazione del parametro costituzionale di cui all'art. 76 Cost., come intearato dall'art. 14 della legge n. 114 del 2015;  4) in riferimento all'art. 14, nella parte in cui, nel riformulare l'art. 25 del D.Lgs. n. 152 del 2006, non contempla piu' il parere della Regione interessata nell'ambito delle valutazioni ambientali di competenza statale, per violazione del parametro costituzionale di cui all'art. 76 Cost., come integrato dall'art. 14 della legge n. 114 del 2015, nonche' del principio di leale collaborazione;  5) in riferimento all'art. 3, comma 1, lett. g), per violazione degli artt. 3, 9, 76 e 97 Cost., nonche' del principio di leale collaborazione, e all'art. 18, comma 3, per violazione degli artt. 3, 9, 76 e 97 Cost., nonche' dell'art. 24 Cost.

A) Sull'illegittimita' costituzionale del Decreto legislativo n. 104 del 2017 nella sua interezza.

A.I. Esercizio della delega oltre il termine. Illegittimita' del Decreto legislativo n. 104 del 2017, per violazione dell'art. 76 Costituzione. - L'articolo I della legge n. 144 del 2015 (Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2014) dispone che "1. Il Governo e' delegato ad adottare secondo le procedure, i principi e i criteri direttivi di cui agli articoli 31 e 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, i decreti legislativi per l'attuazione delle direttive elencate negli allegati A e B alla presente legge." e "2. I termini per l'esercizio delle deleghe di cui al comma I sono individuati ai sensi dell'articolo 31, comma I, della legge 24 dicembre 2012, n. 234."  L'articolo 31, comma I, della legge n. 234 del 2012 (Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea) dispone che "1. In relazione alle deleghe legislative conferite con la legge di delegazione europea per il recepimento delle direttive, il Governo adotta i decreti legislativi entro il termine di quattro mesi antecedenti a quello di recepimento indicato in ciascuna delle direttive; per le direttive il cui termine cosi' determinato sia gia' scaduto alla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea, ovvero scada nei tre mesi successivi, il Governo adotta i' decreti legislativi di recepimento entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della medesima legge; per le direttive che non prevedono un termine di recepimento, il Governo adotta i relativi decreti legislativi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea."  L'articolo 2 della Direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 aprile 2014, che modifica la Direttiva 2011/92/UE, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, prevede che "1. Fatto salvo l'articolo 3 (relativo alle procedure anteriori e in corso), gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 16 maggio 2017".

Percio', il termine della data di esercizio della delega legislativa, per la resezione della direttiva, avrebbe dovuto essere il 16 gennaio 2017.

Il decreto legislativo n. 104, invece, e' stato emanato, dal Presidente della Repubblica, il 16 giugno 2017 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 156, del 6 luglio 2017.

Risulta evidente che il termine della delega non e' stato rispettato dal Governo e, conseguentemente, ne deriva l'illegittimita' dell'intero Decreto legislativo n. 104 del 2017, per violazione dell'art. 76 della Costituzione, che prevede tra i vincoli della delegazione legislativa il "tempo limitato".

Ne' in contrario avviso puo' addursi l'eventuale data di deliberazione del Consiglio dei Ministri, giacche' anche questa e' intervenuta fuori termine, essendo l'atto stato deliberato dal Consiglio dei Ministri in data 9 giugno 2017, come si rileva agevolmente dal preambolo del medesimo Decreto (penultimo alinea),   Ne' cambierebbe alcunche' laddove si volesse (graziosamente) fare riferimento alla data della preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri, invero totalmente irrilevante ai fini del tempestivo esercizio della delega, se si considera che essa e' stata adottata nella riunione del 10 marzo 2017 (v. quintultimo alinea del preambolo del Decreto impugnato), cui ha fatto seguito l'acquisizione del parere della Conferenza Stato-Regioni del 4 maggio 2017.

In ogni caso, per tuziorismo, si specifica che la data dell'atto delegato, che ne identifica l'esistenza stessa, e' quella dell'emanazione del Presidente della Repubblica, a norma dell'art. 87 della Costituzione ("Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti"), giacche' a partire dall'atto di emanazione il Decreto e' immesso nell'ordinamento giuridico della Repubblica e svolge la sua efficacia.

La data di emanazione, pertanto, e' quella che rileva ai fini del rispetto del termine della delegazione, previsto dalla legge di delega, dacche' deriva l'illegittimita' costituzionale del D. Lgs. n.

104 del 2017 nella sua interezza per vizio in procedendo.

A.II. Il quadro delle competenze cui ricondurre l'ambito materiale de quo. Illegittimita' costituzionale del d.lgs. n. 104 del 2017 per violazione del principio di leale collaborazione. - La direttiva europea colloca la normativa VIA nell'ambito della garanzia di un livello elevato di protezione dell'ambiente e della salute umana, facoltizzando gli Stati membri di stabilire misure di protezione piu' rigorose conformemente al Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) [l].

Essa, inoltre, persegue l'intento di "migliorare i principi della valutazione dell'impatto ambientale dei progetti e di adeguare la direttiva 85/337/CEE al contesto politico, giuridico e tecnico, che ha subito una notevole evoluzione" [2] e apporta modifiche alla direttiva 2011/92/UE, "per rafforzare la qualita' della procedura di valutazione d'impatto ambientale, allineare tale procedura ai principi della regolamentazione intelligente (smart regulation) e rafforzare la coerenza e le sinergie con altre normative e politiche dell'Unione, come anche con le strategie e le politiche definite dagli Stati membri in settori di competenza nazionale" [3]. Richiede che, nelle modifiche apportate, le procedure previste dovrebbero essere semplificate e armonizzate, al fine di "garantire il miglioramento della protezione ambientale, una maggiore efficienza delle risorse e il sostegno alla crescita sostenibile nell'Unione" [6].

La direttiva, richiamando il documento delle NU sullo sviluppo sostenibile del 2012, considera [9] "l'importanza economica e sociale di una corretta pianificazione territoriale, inclusi l'uso del suolo e la necessita' di un'azione urgente intesa a invertirne il degrado", nonche' la necessita' che "i progetti pubblici e privati dovrebbero (...) prendere in considerazione il territorio e limitare il loro impatto, per quanto riguarda in particolare la sottrazione di territorio e di suolo, facendo riferimento inoltre alla componente organica, all'erosione, alla compattazione e all'impermeabilizzazione"; e ritiene "altresi' rilevanti a tal riguardo" "opportuni piani di utilizzo del suolo e politiche a livello nazionale, regionale e locale".

Questa disciplina dovrebbe servire alla tutela della biodiversita', degli habitat protetti e a "garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente marino", in connessione con la "Direttiva 2013/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 giugno 2013, sulla sicurezza delle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi", anche in relazione al rischio delle calamita' naturali e alla vulnerabilita' a gravi incidenti e/o a calamita' naturale di determinati progetti per i quali occorre prevedere particolari misure precauzionali.

Quanto, poi, alla tutela e alla promozione del "patrimonio culturale, comprendente i siti storici urbani e il paesaggio, che sono parte integrante della diversita' culturale che l'Unione", "e' importante tener conto, nelle valutazioni d'impatto ambientale, dell'impatto visivo dei progetti, ossia del cambiamento di aspetto o di visuale del paesaggio edificato o naturale e delle zone urbane" [16]. Per ragioni di sicurezza, dall'applicazione della direttiva, sono escluse le opere militari; mentre le opere di protezione civile lo sono, per evitare effetti negativi sull'ambiente; dovrebbe sussistere una procedura di screening, per "garantire che una valutazione dell'impatto ambientale sia richiesta solo per i progetti suscettibili di avere effetti significativi sull'ambiente".

Questo, in breve, il quadro delle competenze toccate e richiamate dalla direttiva, la quale non pone nel contesto della disciplina alcuna esigenza di modifica del riparto interno, ma prevede sempre che le prescrizioni indicate sono rivolte all'autorita' competente, facendo cosi' un rinvio all'ordinamento costituzionale interno degli Stati membri, come nel considerando n. 30 dove si riprendono le finalita' della direttiva e si prevede che, "per migliorare la qualita' di una valutazione dell'impatto ambientale, semplificare le procedure e razionalizzare il processo decisionale, l'autorita' competente dovrebbe esprimere un parere, ove richiesto dal committente, sulla portata e il livello di dettaglio delle informazioni ambientali da fornire nell'ambito di rapporto di valutazione dell'impatto ambientale (definizione dell'ambito di applicazione)".

Le materie cui pone rilievo la direttiva sono, certamente l'ambiente, comprensivo di quello marino, delle biodiversita' e degli habitat protetti, ma anche la tutela della salute, la pianificazione territoriale e, piu' in generale, l'uso del territorio, la tutela e la promozione del patrimonio culturale, la difesa e la protezione civile.

Queste materie, in base alla Costituzione, sono distribuite tra lo Stato e le Regioni: al primo compete certamente "tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali" e la "difesa" (art. 117, comma 2, lettere s e d, Cost.), alle Regioni la tutela della salute, il governo del territorio, la promozione dei patrimonio culturale e la protezione civile (art. 117, comma 3, Cost.); altre materie, come l'agricoltura, la pesca e le attivita' produttive, riconducibili all'art. 117, comma 4, Cost., potrebbero essere implicitamente riguardate dalla disciplina VIA.

Insomma, quando non e' possibile distinguere adeguatamente i vari campi materiali interessati dalle procedure VIA relative a progetti pubblici e privati, che possono essere, percio', di ambito statale o regionale, cosi' definibili anche facendo uso del "criterio di prevalenza", nel settore considerato dalla direttiva si determina un intreccio di campi materiali dello Stato e delle Regioni, il quale - secondo la giurisprudenza di questa Ecc.ma Corte costituzionale - se abilita lo Stato ad assumere la competenza legislativa, obbliga lo stesso Stato a inverare procedure collaborative nell'esercizio della medesima.

Ora, questo intreccio di oggetti delle materie della legislazione, per massima parte regionali e rientranti nell'art. 117, comma 3 e 4, Cost., che hanno una rilevanza ai fini della competenza legislativa statale di cui all'art. 117, comma 2, lettera s), Cost., "tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali", e che da sempre caratterizza questa parte dell'ordinamento giuridico nazionale ed europeo, non poteva non generare un sistema di competenze ripartite tra Stato e Regioni, con riferimento ai piani e ai programmi da valutare e autorizzare, che la legge statale, rectius: il Codice delle Norme in materia ambientale, ha definito puntualmente, per il tramite degli allegati.

Il D. Lgs. n. 104 del 2017 ha inciso sul riparto delle competenze cosi' definito: in primo luogo, ha modificato l'art. 7, scorporando le previsioni della VIA dal corpo dell'articolo e disciplinando poi separatamente la Valutazione di impatto ambientale nell'art. 7-bis.

Inoltre, ha predisposto nell'art. 6, commi 6, 7 e 9, la risistemazione dei progetti negli allegati. Infine, all'art. 22, e' intervenuto concretamente nella determinazione puntuale dei progetti negli allegati, spostando la valutazione e l'autorizzazione di varie tipologie di progetti, secondo criteri anche di tipo quantitativo, dalla competenza regionale a quella statale.

Prima di entrare nel merito delle singole modifiche apportate, del loro peso e dell'afferenza ai poteri regionali di valutazione e autorizzazione dei progetti, e' bene considerare che il decreto legislativo n. 104 del 2017, proprio per la riscrittura del riparto delle competenze in tema di VIA e di autorizzazione dei progetti, si pone in contrasto con il principio di leale collaborazione.

I parametri di costituzionalita' indicati vanno rapportati alla legge n. 114 del 2015, che costituisce la legge di delega su cui si fonda il decreto legislativo impugnato.

Questa Ecc.ma Corte costituzionale, con la sentenza n. 251 del 2016, ha esteso il campo della leale collaborazione anche al sistema delle fonti normative e, in particolare, ai decreti legislativi, per il caso in cui la delega legislativa affidi al governo una delegazione legislativa per "oggetti definiti" appartenenti alla competenza dello Stato e delle Regioni senza che sia possibile distinguerne i margini della competenza dell'uno o delle altre.

Secondo questo insegnamento, qualora "palese il concorso di competenze, inericabilmente connesse, nessuna delle quali si rivela prevalente, ma ciascuna delle quali concorre alla realizzazione dell'ampio disegno di riforma" "non e' costituzionalmente illegittimo l'intervento del legislatore statale, se necessario a garantire l'esigenza di unitarieta' sottesa alla riforma. Tuttavia, esso deve muoversi nel rispetto del principio di leale collaborazione, indispensabile anche in questo caso a guidare i rapporti tra lo Stato e il sistema delle autonomie. Poiche' le disposizioni impugnate toccano sfere di competenza esclusivamente statali e regionali, il luogo idoneo di espressione della leale collaborazione deve essere individuato nella Conferenza Stato-Regioni."  E in conclusione, le esigenze di carattere unitario, che possono spingere il legislatore statale a derogare al riparto delle competenze costituzionale, incidendo profondamente sulle competenze regionali, anche in quelle conformate gia' dalla precedente legislazione, richiedono l'estensione del vincolo concertativo "con l'avvio di procedure collaborative nella fase di attuazione della delega".

Dal preambolo risulta che il D. Lgs. n. 104 e' stato deliberato dopo avere "acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, che si e' espressa nella seduta del 4 maggio 2017".

Appare evidente, percio', che la nuova disciplina di recepimento della direttiva europea, incidendo profondamente sul riparto delle competenze tra lo Stato e le Regioni, spostando la valutazione e l'autorizzazione di piani e programmi dalla competenza delle Regioni a quella dello Stato, non sarebbe stato sufficiente, per la legittimita' del decreto legislativo, l'acquisizione del parere della Conferenza permanente, bensi' avrebbe dovuto avere luogo l'estensione del vincolo concertativo "con l'avvio di procedure collaborative nella fase di attuazione della delega" al fine di conseguire l'intesa.

Valuti l'Ecc.ma Corte costituzionale se sollevare davanti a se' stessa la questione di legittimita' costituzionale della legge di delega, che non ha previsto appositamente l'intesa, per la deliberazione del decreto legislativo, oppure se censurare direttamente vizio in capo al decreto legislativo per la procedura concretamente seguita.

Questa seconda sembrerebbe invero agevolmente percorribile, se si considera che l'approdo giurisprudenziale, cui si e' giunti con la sentenza n. 251 del 2016, avrebbe una diretta derivazione costituzionale, non legata alla legge di delega, bensi' al sistema costituzionale incentrato sulla flessibilita' del riparto delle competenze, grazie all'applicazione del principio di leale collaborazione.

Infatti, se e' vero che la subordinazione dell'esercizio della delega legislativa che tocca anche le competenze regionali richiede l'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, richiede una procedura collaborativa incentrata sull'intesa, l'esperimento di questa non e' piu' nelle mani del legislatore delegante (come prima della sentenza n, 251 del 2016). Percio', a prescindere da qualunque impugnazione della legge n. 114 del 2015, il decreto legislativo oggi censurato e' stato adottato in violazione del sistema costituzionale di riparto delle competenze, come recentemente interpretato da codesta Ecc.ma Corte.

Qui non resta che aggiungere una considerazione di merito, e cioe' che il parere della Conferenza e' stato negativo e le Regioni "tuttavia sottolineavano che tale giudizio avrebbe potuto essere superato qualora fossero stati accolti gli emendamenti inderogabili illustrati nel loro documento".

In particolare, le Regioni formulavano nove condizioni irrinunciabili nel parere reso in sede di Conferenza sul merito del decreto, che sono state totalmente disattese dal legislatore delegato.

B) Sull'illegittimita' costituzionale delle singole disposizioni del Decreto legislativo n. 104 del 2017.

B.1. Il riparto delle competenze tra lo Stato e le Regioni in materia di VIA - Violazione dell'art. 76 Cost. - Eccesso di delega con riferimento all'oggetto e ai principi e criteri direttivi della legge n. 144 del 2015. - Il Codice delle norme ambientali, D.Lgs. n.

152 del 2006, ss.mm.ii., prevedeva originariamente all'art. 7 l'ambito di applicazione della VAS e una distribuzione delle competenze in materia di' VIA all'art. 25 (1. La valutazione di impatto ambientale compete: a) per i progetti di opere ed interventi sottoposti ad autorizzazione statale e per quelli aventi impatto ambientale interregionale o internazionale, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro per i beni e le attivita' culturali, secondo le disposizioni di cui al presente capo I ed al capo II; b) negli altri casi, all'autorita' individuata dalla regione o dalla provincia autonoma con propria legge, tenuto conto delle attribuzioni della competenza al rilascio dell'autorizzazione alla realizzazione delle varie opere ed interventi e secondo le procedure dalla stessa stabilite sulla base dei criteri direttivi di cui al capo III del presente titolo, ferme restando le disposizioni comuni di cui al presente capo I.)  Successivamente, con la novella del D. Lgs. n. 4 del 2008, nell'art. 7 del Codice venivano definite le competenze in materia di VAS e VIA e si prevedeva, per la VAS, che "1. Sono sottoposti a VAS in sede statale i' piani e programmi di cui all'articolo 6, commi da I a 4, la cui approvazione compete ad organi dello Stato" e, subito dopo, che "2. Sono sottoposti a VAS secondo le disposizioni delle leggi regionali, i piani e programmi di cui all'articolo 6, commi da I a 4, la cui approvazione compete alle regioni e province autonome o agli enti locali".

Per la VIA il riparto di competenze e' legato alla tecnica degli allegati che definiscono i progetti di competenza statale (Allegato 11) e quelli di competenza regionale (Allegati III e IV). Infatti, i commi 3 e 4 dell'art. 7, disponevano: "3. Sono sottoposti a VIA in sede statale i progetti di cui all'allegato II al presente decreto" e "4. Sono sottoposti a VIA secondo le disposizioni delle leggi regionali, i progetti di cui agli allegati III e IV al presente decreto".

Con il D. Lgs. n. 128 del 2010 viene introdotta nel Codice l'Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) e nell'art. 7 si prevedono le rispettive competenze statali e regionali secondo il medesimo criterio degli allegati: "4-bis. Sono sottoposti ad AIA in sede statale i progetti relativi alle attivita' di cui all'allegato XII al presente decreto e loro modifiche sostanziali" e "4-ter. Sono sottoposti ad AIA secondo le disposizioni delle leggi regionali e provinciali i progetti di cui all'allegato VIII che non risultano ricompresi anche nell'allegato XII al presente decreto e loro modifiche sostanziali",   Il sistema delle competenze, percio', individuava lo stesso "oggetto" per la VAS che viene ripartito tra Stato e Regioni in ragione della competenza VIA, che connessa ai progetti che Stato e Regioni possono rispettivamente approvare e autorizzare secondo gli allegati di riferimento e medesime modalita' sono indicate anche la competenza AIA.

E' bene precisare che l'oggetto cui si riferisce l'art. 6, comma 2, del Codice altro non e' che un coacervo di materie, in quanto fa riferimento a "piani e programmi" «a) che sono elaborati per la valutazione e gestione della qualita' dell'aria ambiente, per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli, e che definiscono il quadro di riferimento per l'approvazione, l'autorizzazione, l'area di localizzazione o comunque la realizzazione dei progetti elencati negli allegati Il, III e IV del presente decreto;» e «b) per i quali, in considerazione dei possibili impatti sulle finalita' di conservazione dei siti designati come zone di protezione speciale per la conservazione degli uccelli selvatici e quelli classificati come siti di importanza comunitaria per la protezione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatica, si ritiene necessaria una valutazione d'incidenza ai sensi dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni».

Orbene, come sopra ricordato, il D. Lgs. n. 104 del 2017 ha ampiamente inciso su questo assetto del riparto delle competenze amministrative fra Stato e Regioni in materia di valutazioni ambientali, attribuendo alla competenza dello Stato una serie di procedimenti di spettanza regionale.

Ci si riferisce anzitutto a quelle ipotesi che l'art. 22 del d.lgs, n. 104 del 2017 ha aggiunto all'allegato 11 della Parte II del Codice dell'ambiente [v. art. 22, comma 1, lett. a), e), i) ed l)], ma anche quelle abrogazioni - recate dalla stessa norma - che, nell'elidere parole che circoscrivevano l'ambito di applicazione, hanno esteso la portata della fattispecie [v. art. 22, comma l, lett.

b)].

Inoltre, anche laddove la medesima norma (art. 22, comma 1, d.lgs. n. 104 del 2017) ha operato sostituzioni nello stesso allegato, si e' determinata un'estensione della competenza statale, come nel caso della lett. d), che, nel sostituire il punto 7-quater, ha contemplato anche l'attivita' di ricerca e coltivazione di risorse geotermiche in mare.

Infine, e' possibile richiamare l'allegato 11-bis, che, nel delineare ex novo - come recita il titolo - i "Progetti sottoposti alla verifica di assoggettabilita' di competenza statale", estende per cio' solo la competenza statale (v., in particolare, ad esempio, Allegato 11-bis, comma 1, lettere a) e d)) sulla precedente competenza regionale.

Per non parlare poi dei casi in cui il Decreto ricorre alla tecnica della "sostituzione" delle ipotesi; e, di conseguenza, il riscontro per una estensione della competenza diventa poco agevole (e' questo ad esempio il caso della lett. f del comma primo dell'art.

22, relativo allo "stoccaggio", per il quale le soglie sono tutte dimezzate [con ampliamento della competenza], tranne l'ultima, che rimane immutata).

Deve pero' osservarsi come ne' la legge di delega, ne' la direttiva europea hanno richiesto una revisione delle competenze interne o fornito una base adeguata per la modifica del riparto delle competenze tra Stato e Regioni.

Tale "espropriazione" di competenza sembra pertanto essere avvenuta sine titulo, se si considera che nessuna norma interposta (ne' la direttiva, ne' la legge delega) lo richiedeva.

La direttiva europea, che avrebbe dovuto essere recepita, perseguiva - come gia' rilevato - l'intento di "migliorare i principi della valutazione dell'impatto ambientale dei progetti e di adeguare la direttiva 85/337/CEE al contesto politico, giuridico e tecnico, che ha subito una notevole evoluzione" [2] e apportava modifiche alla direttiva 2011/92/UE, "per rafforzare la qualita' della procedura. di valutazione d'impatto ambientale, allineare tale procedura ai principi della regolamentazione intelligente (smart regulation) e rafforzare la coerenza e le sinergie con altre normative e politiche dell'Unione, come anche con le strategie e le politiche definite dagli Stati membri in settori di competenza nazionale" [3]; infine, richiedeva che, nelle modifiche apportate, le procedure previste avrebbero dovuto essere semplificate e armonizzate, al fine di "garantire il miglioramento della protezione ambientale, una maggiore efficienza delle risorse e il sostegno alla crescita sostenibile nell'Unione" [6].

La direttiva, in nessuna disposizione o dichiarazione del preambolo, richiede che una determinata funzione sia attribuita allo Stato o alle Regioni, ma si esprime sempre in termini di "autorita' competente".

La legge di delega n. 144 del 2015, all'art. 14, afferma che "nell'esercizio della delega per l'attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, il Governo e' tenuto a seguire, oltre ai principi e criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 1, anche i seguenti principi e criteri direttivi specifici:  a) semplificazione, armonizzazione e razionalizzazione delle procedure di valutazione di impatto ambientale anche in relazione al coordinamento e all'integrazione con altre procedure volte al rilascio di pareri e autorizzazioni a carattere ambientale;  b) rafforzamento della qualita' della procedura di valutazione di impatto ambientale, allineando tale procedura ai principi della regolamentazione intelligente (smart regulation) e della coerenza e delle sinergie con altre normative e politiche europee e nazionali;  c) revisione e razionalizzazione del sistema sanzionatorio da adottare ai sensi della direttiva 2014/52/UE, al fine di definire sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive e di consentire una maggiore efficacia nella prevenzione delle violazioni;  d) destinazione dei proventi derivanti dalle sanzioni amministrative per finalita' connesse al potenziamento delle attivita' di vigilanza, prevenzione e monitoraggio ambientale, alla verifica del rispetto delle condizioni previste nel procedimento di valutazione ambientale, nonche' alla protezione sanitaria della popolazione in caso di incidenti o calamita' naturali, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica".

Come si nota, nessun criterio o principio direttivo abilita il governo alla modifica delle competenze delle Regioni, soprattutto nel senso di una maggiore centralizzazione in capo allo Stato delle valutazioni e delle autorizzazione dei piani e dei progetti con rilevanza ambientale.

Questo profilo, infatti, e' particolarmente rilevante se si tiene conto che l'art. l4 della legge di delega rinvia ai principi e criteri direttivi dell'art. 1, comma 1 ("Il Governo e' delegato ad adottare secondo le procedure, i principi e i criteri direttivi di cui agli articoli 31 e 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234"), il quale richiama l'art. 32 della legge n. 234 del 2012, che concerne i "Principi e criteri direttivi generali di delega per l'attuazione del diritto dell'Unione europea" e tra questi, proprio in tema di competenze, vige il principio che "g) quando si verifichino sovrapposizioni di competenze tra amministrazioni diverse o comunque siano coinvolte le competenze di piu' amministrazioni statali, i decreti legislativi individuano, attraverso le piu' opportune forme di coordinamento, rispettando i principi di sussidiarieta', differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione (sic!) e le competenze delle regioni e degli altri enti territoriali, le procedure per salvaguardare l'unitarieta' dei processi decisionali, la trasparenza, la celerita', l'efficacia e l'economicita' nell'azione amministrativa e la chiara individuazione dei soggetti responsabili".

Anche secondo il comune buon senso, pare che non si possano confondere le esigenze di semplificazione, armonizzazione e razionalizzazione delle procedure con la centralizzazione delle competenze; a meno di non volere affermare che solo centralizzando sia possibile semplificare armonizzare e razionalizzare. Di qui, percio', la necessita' di censurare il vizio di eccesso di delega, in relazione all'art. 76 della Costituzione, che ridonda sulle singole disposizioni che modificano la competenza per limitare i poteri di valutazione e autorizzazione delle Regioni (artt. 3, 4, 5 e 22 del D.Lgs. n. 104 del 2017, che rispettivamente modificano gli artt. 6 e 7, introducono l'art. 7-bis del d.lgs. n. 152 del 2006 e modificano gli allegati richiamati), attraverso lo spostamento di piani e progetti nella competenza dello Stato.

B.II. Sulla partecipazione regionale nei procedimenti di valutazione ambientale di competenza statale - Violazione dell'art.

76 Cost. e del principio di leale collaborazione - L'art. 14 del D.Lgs. n. 104 del 2017, nel riformulare l'art. 25 del D.Lgs. n. 152 del 2006, non contempla piu' il parere della Regione interessata nell'ambito delle valutazioni ambientali di competenza statale.

Cio' rileva sotto un duplice profilo.

Per un verso, similmente a quanto osservato nel precedente motivo di ricorso, nessuna norma di delega legislativa prevedeva, fra i propri principi e criteri direttivi, la modifica del coinvolgimento regionale nelle procedure amministrative, ne' tanto meno un depotenziamento della partecipazione medesima.

Come gia' rilevato, altro e' semplificare un settore normativo, altro e' svilire la partecipazione dei livelli di governo interessati.

La disposizione nella formulazione pregressa muoveva dalla considerazione che le attivita' sul territorio sottoposte a VIA, anche se di competenza dello Stato, riguardavano comunque anche le Regioni, per via del sottostante rilievo che dette attivita' hanno per le competenze regionali e per la rappresentanza generale degli interessi regionali da parte dell'ente esponenziale della relativa comunita'. Per giunta, appare del tutto irragionevole ravvedere in un mero parere (per sua natura non vincolante) un ostacolo alla semplificazione normativa. Piuttosto, occorrerebbe prendere seriamente in considerazione che le Amministrazioni interessate potrebbero fornire utili elementi da sottoporre all'esame del Ministero dell'Ambiente.

Nulla autorizzava pertanto il legislatore delegato a irrompere nell'assetto del riparto delle competenze in materia di VIA e cio' rileva indirettamente anche rispetto alla precedente censura concernente lo spostamento di competenze.

Se infatti la centralizzazione delle competenze in materia di valutazioni ambientali avrebbe potuto trovare una qualche forma di compensazione nel coinvolgimento regionale - almeno nella forma, gia' vigente, del parere regionale - allo stato attuale le Regioni vengono deprivate di ogni forma di partecipazione in modo del tutto irragionevole e senza neppure una base legislativa di riferimento.

Per giunta, proprio in ragione del rilevato intreccio delle competenze in materia. la rimozione (persino) di questa blanda forma di partecipazione sembra porsi in netto contrasto con il principio di leale collaborazione, che, a prescindere da qualunque disposizione di delegazione legislativa, presiede al riparto delle competenze legislative e amministrative e deve, percio', trovare espressione anche nelle valutazioni ambientali, dove vengono in rilievo numerose competenze regionali (v. supra).

Si chiede pertanto che codesta Ecc.ma Corte voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 14 del D.Lgs. n. 104 del 2017, nella parte in cui, nel riformulare l'art. 25 del D.Lgs. n. 152 del 2006, non contempla piu' il parere della Regione interessata nell'ambito delle valutazioni ambientali di competenza statale.

B.III Sull'illegittima esclusione di progetti dalle procedure di valutazione ambientale - Violazione degli artt. 3, 9, 24, 76 e 97 Cost., nonche' del principio di leale collaborazione - L'art. 1 della Direttiva 2014/52/UE, cui il decreto legislativo impugnato vorrebbe dare attuazione, modifica il par. 4, comma 1, dell'art. 2 della Direttiva 2011/92/UE, stabilendo che "gli Stati membri, in casi eccezionali, possono esentare in tutto o in parte un progetto specifico dalle disposizioni della presente direttiva, qualora l'applicazione di tali disposizioni incida negativamente sulla finalita' del progetto, a condizione che siano rispettati gli obiettivi della presente direttiva".

Ora, basterebbe limitarsi a considerare che la Direttiva faceva riferimento a una mera facolta' e non a un obbligo e che il legislatore delegato aveva imposto il principio direttivo del "rafforzamento della qualita' della procedura di valutazione di impatto ambientale" per comprendere come la previsione normativa interna che riproduce quella europea non dovesse trovare assolutamente cittadinanza nell'ordinamento interno.

Infatti, se nulla obbligava il legislatore a prevedere questa facolta', a fortiori nulla autorizzava il legislatore delegato nello stesso senso.

Ciononostante, l'art. 3, comma 1, lett. g) del d.lgs. n. 104 del 2010 prevede una duplice possibilita' di esonero dalla valutazione ambientale.

Per un verso, "per i progetti o parti di progetti aventi quale unico obiettivo la difesa nazionale e per i progetti aventi quali unico obiettivo la risposta alle emergenze che riguardano la protezione civile, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dei beni e delle attivita' culturali e del turismo, dopo una valutazione caso per caso, puo' disporre, con decreto, l'esclusione di tali progetti dal campo di applicazione delle norme di cui al titolo III della parte seconda del presente decreto, qualora ritenga che tale applicazione possa pregiudicare i suddetti obiettivi".

Per altro verso, "fatto salvo quanto previsto dall'articolo 32, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare puo', in casi eccezionali, previo parere del Ministro dei beni e delle attivita' culturali e del turismo, esentare in tutto o in parte un progetto specifico dalle disposizioni di cui al titolo III della parte seconda del presente decreto, qualora l'applicazione di tali disposizioni incida negativamente sulla finalita' del progetto, a condizione che siano rispettati gli obiettivi della normativa nazionale ed europea in materia di valutazione di impatto ambientale (...)".

Se tali previsioni normative si pongono in contrasto con l'art.

76 Cost. per le ragioni gia' illustrate, non si puo' comunque omettere di considerare come esse, in combinato disposto con l'art.

18, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 104 del 2017 si pongano altresi in contrasto con gli artt. 3, 9 e 97 della Carta.

Infatti, nulla assicura che vi possa essere un serio sindacato giurisdizionale sulla decisione ministeriale, dal momento che non sono previsti particolari oneri motivazionali per agire in deroga alla legge e cio' rileva in termini di irragionevolezza della normativa stessa.

Neppure vi sono elementi in grado di compensare la paradossale recessivita' del bene-ambiente tutelato dall'art. 9 Cost. e la palese deroga al principio di buon andamento e imparzialita' della pubblica amministrazione, la quale invece agirebbe proprio in spregio a quest'ultimo a proprio libito.

Si badi peraltro che tale esenzione non contempla limiti o valutazioni successive in grado di "sanare" la deroga iniziale.

Inoltre, con specifico riferimento all'esenzione motivata da esigenze di protezione civile, occorre tenere conto che la decisione sottesa verrebbe in ogni caso adottata in violazione del principio di leale collaborazione. Infatti, la ponderazione di interessi che dovrebbe condurre alla rinuncia del perseguimento della tutela ambientale in vista del raggiungimento di obiettivi di protezione civile dovrebbe giocoforza contemplare meccanismi cooperativi, dal momento che ta-le materia appartiene alla competenza concorrente fra Stato e Regioni.

Percio', quand'anche il giudizio di prevalenza previsto dalla norma sia conforme al quadro costituzionale, l'esercizio della competenza concorrente, che prevale su quella esclusiva in materia ambientale, necessita della previa intesa regionale.

Per giunta, cio' che piu' lascia perplessi in riferimento alla violazione degli stessi parametri e' il disposto di cui all'art. 18, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 104 del 2017, in base al quale "nel caso di progetti a cui si applicano le disposizioni del presente decreto realizzati senza la previa sottoposizione al procedimento di verifica di assoggettabilita' a VIA, al procedimento di VIA ovvero al procedimento unico di cui all'articolo 27 o di cui all'articolo 27-bis, in violazione delle disposizioni di cui al presente Titolo III, ovvero in caso di annullamento in sede giurisdizionale o in autotutela dei provvedimenti di verifica di assoggettabilita' a VIA o dei provvedimenti di VIA relativi a un progetto gia' realizzato o in corso di realizzazione, l'autorita' competente assegna un termine all'interessato entro il quale avviare un nuovo procedimento e puo' consentire la prosecuzione dei lavori o delle attivita' a condizione che tale prosecuzione avvenga in termini di sicurezza con riguardo agli eventuali rischi sanitari, ambientali o per il patrimonio culturale".

La disposizione, oltre a non essere conforme ad alcun criterio direttivo - che, come gia' rilevato, casomai richiedeva un rafforzamento delle valutazioni ambientali - si pone in palese contrasto anche con gli altri parametri costituzionali richiamati, nonche' con l'art. 24 Cost.

Infatti, in spregio a ogni criterio di ragionevolezza (art. 3 Cost.), di perseguimento della tutela ambientale (art. 9 Cost.), di legalita' (art. 97 Cost.) e concreta ed effettiva difesa dei propri diritti e interessi legittimi in giudizio (art. 24 Cost.), il decreto consente che, nonostante l'acclarata violazione in termini di valutazioni ambientali (per erroneo esonero o altra illegittimita'), possano continuare a essere assentite le attivita' di riferimento, per giunta entro un termine non specificato in via legislativa, con conseguente ulteriore violazione dei principi di buon andamento e di imparzialita' della pubblica amministrazione ex art. 97 Cost.

Ne deriva l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1, lett. g) del d. lgs. n. 104 del 2017, per violazione degli artt. 3, 9, 76 e 97 Cost., e dell'art. 18, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 104 del 2017, per violazione degli stessi parametri costituzionali, nonche' dell'art. 24 Cost.

 

P.Q.M.  

La Regione Puglia, in persona del Presidente in carica, come sopra rappresentata e difesa, chiede che venga dichiarata l'illegittimita' costituzionale del d.lgs. n. 219 del 2016 nella sua interezza o, in via subordinata, delle disposizioni richiamate in narrativa nei termini e per le ragioni ivi dedotte.

Si allega:  A) Deliberazione delle Giunta della Regione Puglia n. 1391 del 30.08.2017.

Roma, 1° settembre 2017     Prof. Avv.: Mangiameli