RICORSO N. 60 DEL 28 AGOSTO 2017 (DELLA REGIONE LOMBARDIA)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 28 agosto 2017.

(GU n. 39 del 27.09.2017)

 

Ricorso nell'interesse della Regione Lombardia (codice fiscale n.

80050050154), con sede in Milano - Piazza Citta' di Lombardia n. 1, in persona del Presidente pro tempore, dott. Roberto Maroni, nato a Varese il 15 marzo 1955, rappresentata e difesa, ai sensi della delibera della giunta regionale n. 6848 del 12 luglio 2017 e per mandato a margine del presente atto, dall'avv. Maria Lucia Tamborino dell'Avvocatura regionale, elettivamente domiciliata presso lo studio dell'avv. Ulisse Corea in Roma, via di Villa Sacchetti, 9.

(Si indica il recapito di fax e l'indirizzo di posta elettronica certificata del legale domiciliatario avv. Ulisse Corea: fax: 06-36001570; pec: ulissecorea@ordineavvocatiroma.org).

Contro il Governo della Repubblica, in persona del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, con sede in Roma 00187, Palazzo Chigi - Piazza Colonna n. 370, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con domicilio in Roma 00186, via dei Portoghesi, 12.

Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art.

39 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, coordinato con la legge di conversione 21 giugno 2017, n. 96, recante «Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, Serie generale n. 144 del 23 giugno 2017, Supplemento ordinario n. 31.

1. L'art. 39 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, coordinato con la legge di conversione 21 giugno 2017, n. 96, recante «Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo», viene a riguardare la materia dei «trasferimenti regionali a province e citta' metropolitane per funzioni conferite», stabilendo che per il quadriennio 2017-2020, una quota del 20% del fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale di cui all'art. 16-bis, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, sia riconosciuta alle singole regioni che ne sono destinatarie, solo «a condizione che la regione entro il 30 giugno di ciascun anno abbia certificato, in conformita' alla legge regionale di attuazione dell'Accordo sancito tra Stato e regioni in sede di Conferenza unificata dell'11 settembre 2014, l'avvenuta erogazione a ciascuna provincia e citta' metropolitana del rispettivo territorio delle risorse per l'esercizio delle funzioni ad esse conferite».

Detta disposizione dispone, inoltre, che la certificazione di ciascuna regione sia «formalizzata» tramite Intesa in Conferenza unificata entro il 10 luglio di ogni anno e che, in caso di mancata intesa, il «riconoscimento in favore della regione interessata» venga deliberato dal Consiglio dei ministri, su proposta del Dipartimento per gli affari regionali. Tutto cio', dichiara la norma, «ai fini del coordinamento della finanza pubblica».

Nel caso in cui le regioni non certifichino quanto previsto nel medesimo comma e non si raggiunga l'Intesa in Conferenza unificata, il comma 1 dell'art. 39 in parola sottintende che possa anche non procedersi al riconoscimento alla Regione interessata del trasferimento statale per una percentuale pari al 20% delle risorse del Fondo per il trasporto pubblico locale altrimenti spettante. La disposizione impugnata prevede che la decisione circa il versamento dell'ultimo 20% sia oggetto di determinazione della Presidenza del Consiglio dei ministri alla quale il legislatore non appone alcun vincolo ne' di tempi da rispettare ne' di obiettivi.

Tale interpretazione e' stata avvalorata dalla Commissione armonizzazione contabile degli enti territoriali - (Commissione Arconet) - di cui all'art. 3-bis, decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 e successive modificazioni che e' stata istituita presso il Ministero dell'economia e delle finanze, con il compito di promuovere l'armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio degli enti territoriali e dei loro organismi e enti strumentali. Le regioni hanno formulato apposito quesito circa l'interpretazione da dare all'art. 39 in esame anche in ordine alla possibilita' di accertare le somme a bilancio delle regioni ma la risposta e' stata negativa: «l'entrata sara' accertata a seguito della registrazione dell'impegno da parte del bilancio dello Stato. A maggior ragione, nelle more dell'intesa e della delibera della PCM, il 20% del fondo nazionale trasporti non puo' essere accertato. Nel caso in cui, a seguito della mancata intesa e della proposta del Dipartimento per gli affari regionali, la Presidenza del Consiglio non riconosca alla regione il 20 per cento del fondo... sara' necessario ridurre gli stanziamenti di bilancio riguardanti l'entrata ..., con apposita variazione di bilancio.».

In proposito, vedasi il punto 5 verbale della seduta 14 giugno 2017 (in all.).

Viene incisa, senza alcun dubbio, la competenza residuale regionale in Materia di trasporto pubblico locale - in seguito, «TPL» - di cui all'art. 117, comma 4, della Costituzione: la Presidenza del Consiglio dei ministri ha facolta' di poter disporre in ordine al trasferimento delle risorse destinate alle regioni dal Fondo nazionale trasporti di cui all'art. 16-bis, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 - per un importo pari al 20%; detta facolta' puo' anche tradursi nel mancato riconoscimento di dette somme altrimenti destinate alle regioni dal Ministero delle infrastrutture e trasporti.

2. L'applicazione dell'art. 39 in parola, vigente gia' dal 23 giugno 2017, si ritiene contenga - di conseguenza - una soda di sanzione consistente nella riduzione all'80% del trasferimento «certo» della quota spettante ad ogni singola Regione del Fondo nazionale trasporto pubblico locale di cui all'art. 16-bis, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95.

Come riconosciuto dalla Commissione Arconet, le regioni non possono procedere all'accertamento in Bilancio che di una somma di importo pari appunto dell'80% della quota sopra descritta, con conseguente trasferimento agli enti locali di queste sole risorse.

Per l'anno in corso, le quote, - che vengono versate mensilmente agli enti locali e alle agenzie TPL, nel caso della Lombardia, per come diremo in seguito - dovranno di certo essere rideterminate, perche' erano state finora calcolate facendo riferimento all'ammontare complessivo delle risorse pari al 100% e non all'80%, come invece impone, oggi, la novella che si viene pertanto ad impugnare, chiedendone al contempo la sospensione. Infatti, il mancato trasferimento in tempi certi delle risorse statali ed il mancato accertamento a Bilancio - lo si ribadisce, porta le regioni ad autodeterminarsi - sul piano legislativo ed amministrativo - sulla base delle risorse «certe» ovvero sulla base di risorse decurtate all'80%, compromettendo cosi' l'esercizio dei servizi TPL - e l'intera organizzazione dello svolgimento di tali servizi all'interno dei bacini territoriali ottimali e omogenei definiti - per quanto riguarda l'ordinamento regionale della Lombardia - dalla legge regionale 4 aprile 2012, n. 6.

3. L'art. 39, comma 1, piu' volte citato fa riferimento «alla legge regionale di attuazione dell'Accordo sancito tra Stato e regioni in sede di Conferenza unificata dell'11 settembre 2014», L'Accordo (in allegato) riguarda il «processo di riordino» delle funzioni non fondamentali delle province previsto dall'art. 1, comma 89, della legge n. 56 del 7 aprile 2014. Di interesse, sono gli articoli 15 e 16 dell'Accordo ad oggetto gli effetti anche finanziari derivanti dal trasferimento delle funzioni; dette disposizioni vengono a connotarsi per il continuo richiamo alla condivisione di «metodologie per la ricognizione delle spese necessarie alla gestione delle funzioni oggetto del trasferimento».

Per Regione Lombardia, l'accordo e' stato attuato con legge regionale 8 luglio 2015, n. 19 (art. 2 recante le «funzioni confermate in capo alle province») e con la successiva legge regionale 12 ottobre 2015, n. 32 che e' venuta a meglio valorizzare l'accordo con riguardo alle citta' metropolitane (articoli 2 e 3).

Le norme finanziarie prevedono le risorse da trasferire «a ciascuna provincia e citta' metropolitana ... per l'esercizio delle funzioni ad esse conferite», ai sensi del citato accordo; tra esse vi sono anche le risorse da erogare per il TPL (v. art. 10, comma 2, della legge regionale n. 19/2015 e art. 12 della legge regionale n.

32/2015): le stesse risorse per il TPL che di derivazione statale, sono, oggi, «bloccate» in attesa della certificazione ex art. 39 decreto-legge n. 50/2017.

Le risorse complessivamente previste dalle leggi regionali attuative dell'accordo, ammontano a complessivi 195 mln di euro annui di cui buona parte sono per il TPL, come puo' vedersi dal successivo schema:   Le risorse previste risultano cosi' composte: (DGR n. 4117 del 2 ottobre 2015):   € 152.554.114 per TPL,   € 15.000.000 per Agricoltura,   € 15.000.000 per Formazione professionale,   € 12.454.846 per le ulteriori funzioni regionali delegate   Totale: € 195.000.000   Viene successivamente sottoscritta l'Intesa 15 dicembre 2015 tra Regione Lombardia, province e Citta' Metropolitana di Milano, rappresentante dell'Unione province lombarde (UPL) e dell'ANCI (Associazione nazionale comuni italiani) Lombardia; il punto 2 dell'Intesa stabilisce che le risorse di cui sopra coprono le spese per le funzioni regionali delegate fino all'anno 2018, incrementate di 20 mln di euro: esse, dichiarano gli enti sottoscrittori, «soddisfano integralmente qualsiasi richiesta e fabbisogno delle Province in relazione all'esercizio delle funzioni delegate».

Con la DGR n. 4605 del 17 dicembre 2015 di presa atto dell'Intesa del 15 dicembre 2015, si precisa che i € 20 mln. di euro aggiuntivi sono assegnati al TPL.

Nel corso del 2016 le risorse di € 15.000.000 previste per l'Agricoltura, e le risorse di € 15.000.000 previste per la Formazione professionale sono decurtate in considerazione del fatto che le funzioni amministrative in dette materie vengono riassorbite da Regione Lombardia (cfr. Intesa 15/12 del 2015, punto 2). Con la DGR 5540 del 2 agosto 2016, sono riconosciute complessivamente alle province e Citta' Metropolitana di Milano, per il 2016, € 28.917.636, «per le ulteriori funzioni regionali delegate», integrando le risorse con € 16.471.790,88 di avanzi svincolati. Queste ultime risorse sono di certo aggiuntive per l'anno 2016 tanto da essere state previste solo a seguito dell'assestamento di bilancio a meta' anno 2016 ergo le somme destinate a funzioni che non siano relative al TPL sono solo di € 12.454.846 (per le ulteriori funzioni regionali delegate), mentre le risorse destinate al TPL sono di € 152.554.114.

L'irragionevolezza e la non proporzionalita' della norma impugnata e' di tutta evidenza: si chiede che entro il 30 giugno di ogni anno, siano trasferite tutte le risorse da parte di Regione Lombardia agli enti locali, quando la quota maggioritaria riguarda proprio il TPL, ovvero i servizi per i quali lo Stato prevede di trasferire alle regioni, entro il 30 giugno, solo l'80% delle risorse, assoggettando oltre tutto il restante 20% alla descritta certificazione e alle determinazioni del Governo che potrebbero avere qualsivoglia contenuto... anche quello di mancato trasferimento.

Inoltre, l'art. 39 in esame pare in violazione dell'Accordo richiamato dalla disposizione, per avere vincolato la sua attuazione ad adempimenti estranei ad esso e quindi, in carenza del consenso della Parte regionale.

Occorre, poi, evidenziare come i servizi TPL siano stati affidati dagli enti locali, a seguito di procedure concorsuali, sulla base di contratti di servizio, sottoscritti da societa' - in Lombardia, per lo piu' da aziende private - su presupposti normativi ed economici che oggi sono messi in discussione dall'art. 39 piu' volte citato. I contratti, oggi in corso di esecuzione, fissano corrispettivi gia' «limati» in sede di gara che potrebbero addirittura non essere piu' pagati dal mese di settembre alla fine del 2017, perche' gli enti gestori - in Lombardia, enti locali e agenzie per il TPL (costituite ed operative ai sensi dell'art. 7 della legge regionale n. 6/2012) - non riceverebbero da Regione Lombardia i contributi mensili per la copertura dei corrispettivi. La mancata copertura del corrispettivo contrattuale - anche solo per un periodo - sara' fonte di contenzioso con le aziende titolari dei contratti, in quanto non essendo rispettati i tempi di pagamento previsti, non possono garantire la gestione del servizio oltre alla copertura delle spese del personale e l'ammortamento degli investimenti effettuati.

Non garantendo poi la stabilita' delle risorse nel tempo, a partire dal 2018, non si avra' piu' una efficace programmazione degli interventi, con la stipula di contratti di servizio pluriennali che permettano alle societa' contraenti di «programmare» investimenti sui mezzi e sul personale, e l'introduzione da parte di Regione Lombardia di quei innovativi criteri di riparto del Fondo nazionale previsti proprio dal decreto-legge n. 50/2017, se pur all'art. 27.

In sintesi, la norma impugnata appare lesiva delle competenze e delle funzioni regionali sia con riguardo alla competenza residuale regionale in materia di TPL, ma anche con riferimento alle competenze e funzioni amministrative relative ad altre materie che sono state disciplinate con l'Accordo di cui all'art. 39 in esame, venendo a incidere ed interferire nei rapporti istituzionali delle regioni con gli enti locali (e per Lombardia, anche con le agenzie TPL) oltreche' nell'attivita' contrattuale di questi ultimi con le aziende TPL.

La norma appare, poi, lesiva dei principi di ragionevolezza, proporzionalita', legittimo affidamento e buon amministrazione.

Tutto cio' premesso, con il presente ricorso, Regione Lombardia, come in atti rappresentata e difesa, impugna l'art. 39 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, coordinato con la legge di conversione 21 giugno 2017, n. 96, recante «Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo», per violazione dell'art. 114, commi 1 e 2, della Costituzione; dell'art. 117, commi 3 e 4, della Costituzione; dell'art. 118, commi 1 e 2 ; dell'art. 120, comma 2, della Costituzione; dell'art. 119, commi 1, 2 e 4, della Costituzione; nonche' per violazione del principio di ragionevolezza, proporzionalita' e legittimo affidamento (art. 3 della Costituzione) e del principio del buon andamento dell'azione amministrativa (art.

97 della Costituzione).

Diritto  

Prima di esporre i singoli motivi di gravame, appare opportuno formulare alcuni brevi cenni sulla Materia in esame e sullo strumento del Fondo nazionale trasporti di cui all'art. 16-bis, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95.

La materia del trasporto pubblico locale non risulta espressamente considerata dall'art. 117 della Costituzione che dispone in ordine ai criteri di ripartizione delle competenze tra Stato, regioni e autonomie locali: essa non figura ne' tra le materie rimesse alla competenza esclusiva dello Stato, di cui al secondo comma dell'art. 117, ne' tra quelle di legislazione concorrente, di cui al successivo terzo comma della disposizione costituzionale.

Per quanto concerne la disciplina dei trasporti, il nuovo art.

117 individua tra le materie di legislazione concorrente l'ambito materiale delle «grandi reti di trasporto e di navigazione» e «porti ed aeroporti civili», non risultando altri riferimenti diretti ai trasporti, e specificamente al trasporto pubblico locale.

La materia rientra, quindi, nell'ambito della competenza residuale delle regioni richiamata dall'art. 117, quarto comma, in virtu' del quale «spetta alle Regioni la potesta' legislativa con riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato».

Peraltro, la materia dei trasporti presenta a volte connessioni, sotto vari profili, con discipline che appaiono riconducibili a materie attribuite alla legislazione esclusiva dello Stato, tra le quali si ricordano, in particolare, la «tutela della concorrenza», per quanto attiene alle modalita' di gestione e di affidamento del trasporto pubblico locale, «ordine pubblico e sicurezza», «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale», «tutela dell'ambiente» (cfr. art. 117, comma 2, lettera h), m), s) della Costituzione). Nella fattispecie in esame, trattandosi della contribuzione al TPL, non si presentano connessioni con altre materie, rientrando la materia oggetto dell'art. 39 nell'ambito della competenza residuale regionale.

Dall'analisi dell'art. 117, comma 4, della Costituzione e della giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte, si ricava che il trasporto pubblico locale costituisce una competenza esclusiva delle regioni.

Ciascuna Regione, quindi, nell'ambito della propria competenza esclusiva ha disciplinato la materia, con legge regionale, trasferendo eventualmente in capo agli enti locali (comuni e province) la competenza alla regolazione della materia e quindi anche le risorse per il finanziamento dei servizi di rispettiva competenza e l'attivazione di tutti gli strumenti, anche contrattuali, per il suo esercizio.

In ispecie, la Regione Lombardia - anche in attuazione dell'art.

3-bis, comma 1, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo) convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 - con la legge regionale Lombardia 4 aprile 2012, n. 6, «Disciplina del settore dei trasporti», ha suddiviso il territorio della Regione in sei bacini territoriali ottimali e omogenei, istituendo, in ciascuno dei bacini, una Agenzia per il trasporto pubblico locale, quale strumento per l'esercizio associato delle funzioni degli enti locali (province e comuni capoluogo) in materia di programmazione, organizzazione, monitoraggio, controllo e promozione dei servizi di trasporto pubblico locale (art. 7).

La legge n. 56/2014 ha previsto, tra l'altro, il riordino delle funzioni provinciali ed un nuovo modello ordinamentale delle province, definite quali «enti territoriali di area vasta» approvata «in attesa della riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione e delle relative norme di attuazione».

Pur contenendo la legge n. 56/2014 un riassetto delle funzioni delle province, essa non ha determinato il superamento della legge regionale sul TPL che attua una precisa richiesta di legge statale in materia di programmazione regionale, individuando l'Agenzia quale ente di governo del servizio all'interno del bacino territoriale di riferimento (art. 3-bis del decreto-legge n. 138/2011). Sono comunque soci necessari delle agenzie gli enti locali, finora titolari delle funzioni TPL.

La norma impugnata fa poi riferimento al «Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario» previsto dall'art. 16-bis, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 - convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n.

135 - e cosi' come sostituito dal comma 301 dell'art. 1 della legge n. 228 del 24 dicembre 2012 «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilita' 2013)».

Il Fondo e' stato istituito con decorrenza dal 1° gennaio 2013.

Tale Fondo e' destinato al finanziamento dei servizi di trasporto pubblico sia su gomma che su ferro, andando a sostituire in gran parte le precedenti fonti di finanziamento statali, cosi' come ulteriori fonti gia' fiscalizzate in passato.

Tra esse, le accise sul gasolio (art. 16-bis, comma 1, lettera b) che sono calcolate anche su quelle riscosse in Lombardia.

L'art. 16-bis definisce le fonti di finanziamento del Fondo e prevede apposito procedimento per la loro determinazione e ripartizione con l'adozione di specifici decreti del Presidente del Consiglio dei ministri per l'individuazione dei criteri di riparto del Fondo tra le regioni a statuto ordinario.

I commi 5 e 6 dell'art. 16-bis prevedono quale sia il procedimento per il trasferimento delle risorse del Fondo di cui al precedente comma 1:   «5. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare, sentita la Conferenza unificata, entro il 30 giugno di ciascun anno, sono ripartite le risorse del Fondo di cui al comma 1, previo espletamento delle verifiche effettuate sugli effetti prodotti dal piano di riprogrammazione dei servizi, di cui al comma 4, nell'anno precedente. Per l'anno 2013 il riparto delle risorse e' effettuato sulla base dei criteri e delle modalita' previsti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 3, previa adozione del piano di riprogrammazione di cui al comma 4 da parte delle regioni a statuto ordinario.

6. Nelle more dell'emanazione del decreto di cui al comma 5, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita la Conferenza unificata, e' ripartito a titolo di anticipazione fra le regioni a statuto ordinario il 60 per cento dello stanziamento del Fondo di cui al comma 1. Le risorse ripartite sono oggetto di integrazione, di saldo o di compensazione con gli anni successivi a seguito dei risultati delle verifiche di cui al comma 3, lettera e), effettuate attraverso gli strumenti di monitoraggio. La relativa erogazione a favore delle regioni a statuto ordinario e' disposta con cadenza mensile».

Il primo decreto e' stato adottato in data 11 marzo 2013 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 26 giugno 2013) e nella Tabella 1 ad esso allegata, ha individuato le quote di riparto del Fondo per ciascuna Regione.

Piu' precisamente tali quote non derivano da un insieme di criteri di riparto specifici e di nuova individuazione, ma sono state ottenute ex post, in base alla combinazione dei riparti dei singoli addendi che sono andati a costituire il Fondo stesso (elencati alle lettere a, b, e c del comma 1 dell'art. 16-bis citato).

Questo ha portato ad alcune criticita', specie per alcune regioni, in quanto gli addendi di partenza utilizzavano mediamente criteri di riparto ormai datati (ad esempio riferiti al 1999 per le risorse precedentemente facenti capo a Trenitalia). Riguardo all'erogazione alle regioni, il medesimo decreto prevede inoltre che:   una quota del Fondo pari al 90% e' erogata alle regioni, in base alle percentuali della Tabella 1, indipendentemente da ulteriori valutazioni;   la quota residua del 10% del Fondo e' erogata alle regioni, con le medesime percentuali, ma a condizione che la singola Regione abbia raggiunto alcuni obiettivi, elencati all'art. 1 del decreto del Presidente del Consigio dei ministri 11 marzo 2013 (efficientamento e razionalizzazione del complesso dei servizi di TPL anche ferroviario, misurato attraverso indicatori quali rapporto ricavi/costi, passeggeri trasportati, livelli occupazionali appropriati). Si evidenzia come detti obiettivi siano relativi al TPL.

Per Regione Lombardia la quota di cui alla Tabella 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 marzo 2013 risultava pari al 17,30%.

In sede di Conferenza unificata del 5 agosto 2014 (ai sensi dell'art. 4 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 marzo 2013), le aliquote di riparto del Fondo tra le regioni sono state modificate, sia pure in entita' minimale, in quanto per una piccola quota del Fondo, riconducibile alle risorse precedentemente in capo a Trenitalia, si e' aggiornata la produzione kilometrica di riferimento al valore del 2010.

A seguito di tale modifica in particolare per Regione Lombardia la quota del Fondo e' passata dal 17,30% al 17,36%. Tali aliquote sono rimaste invariate per le successive annualita' 2015 e 2016; di conseguenza l'art. 4 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 marzo 2013, che prescriveva tra l'altro un adeguamento triennale delle percentuali della Tabella 1, non ha finora trovato attuazione.

Per meglio comprendere l'assunto del presente ricorso, occorre avere riguardo anche ad altra norma contenuta nel decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, coordinato con la legge di conversione 21 giugno 2017, n. 96, ovverossia l'art. 27 recante «Misure sul trasporto pubblico locale». Detta disposizione ridetermina la dotazione del Fondo nazionale di cui all'art. 16-bis, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 ed a decorrere dall'anno 2018, prevede un diverso procedimento per il trasferimento delle risorse, abrogando altresi' il comma 6 dell'art. 16-bis che sopra abbiamo riportato integralmente.

Al comma 2 dell'art. 27 e' stabilito che a partire dall'anno 2018 il riparto del Fondo nazionale di cui all'art. 16-bis, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, e' effettuato entro il 30 giugno di ogni anno, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Quindi, a partire dal 30 giugno 2018, si prevede che le risorse statali destinate al TPL siano ripartite per l'intero. Tale riparto - lo si sottolinea - verra' effettuato con determinazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti quando poi l'art. 39 in esame prefigura una competenza in capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri circa il riconoscimento del 20% delle risorse previamente decise da altro Dicastero. La disposizione di cui all'art. 39 in esame, risulta perplessa sotto tale profilo.

Al medesimo comma 2 si fissano i criteri di riparto, stabilendo poi alla lettera e) che «in ogni caso, al fine di garantire una ragionevole certezza delle risorse finanziarie disponibili, il riparto derivante dall'attuazione delle lettere da a) a d) non puo' determinare per ciascuna regione una riduzione annua maggiore del cinque per cento rispetto alla quota attribuita nell'anno precedente... Nel primo quinquiennio di applicazione il riparto non puo' determinare per ciascuna regione una riduzione annua maggiore del 10 per cento rispetto alle risorse trasferite nel 2015...».

Al successivo comma 3, il legislatore tiene a precisare che «al fine di garantire un'efficace programmazione delle risorse, gli effetti finanziari sul riparto del Fondo derivanti dall'applicazione delle disposizioni di cui al comma 2 si verificano nell'anno successivo...».

Al successivo comma 4, si prevede l'aumento dal 60 (per come previsto dall'art. 16-bis istitutivo del Fondo) all'80% delle anticipazioni di cassa sul Fondo nazionale trasporti da ripartire fra le regioni entro il 15 gennaio di ciascun anno: il legislatore nazionale, per un verso, quindi, interviene a favore del settore dei trasporti anche per ridurre i tempi di pagamento della pubblica amministrazione verso i fornitori, per altro verso, in ragione della norma impugnata, vanifica completamente l'effetto di detto intervento, compromettendo anche il raggiungimento da parte delle regioni degli indicatori di efficienza ed efficacia che l'art. 27, comma 2, ha introdotto per il riparto del fondo in questione, cosi' da creare le condizioni per ulteriori tagli nei prossimi anni.

Dal combinato disposto dell'art. 27 e dell'art. 39 risulta che le regioni non possano beneficiare dell'anticipazione dell'80% dello stanziamento del fondo, ma di un'anticipazione del 64% (ossia di una cifra pari all'80% decurtata di un accantonamento pari al 20%); tutto cio' a decorrere dall'anno 2018, in quanto per il 2017, verra' assegnata nel mese di luglio la sola quota del 60% a titolo di anticipazione dello stanziamento dell'intero ammontare del Fondo nazionale. Ad oggi risulta adottato il decreto ministeriale di anticipazione della quota del 60% del Fondo nazionale (pari a oltre 498 mln euro per Regione Lombardia), oltre a due decreti di pagamento in tranche della quota sopra citata, mentre non risulta ancora adottato il decreto relativo alla quota di riparto complessiva del Fondo.

Tanto sopra esposto, si procede all'esposizione dei motivi di ricorso:  1. Illegittimita' costituzionale dell'art. 39 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, coordinato con la legge di conversione 21 giugno 2017, n. 96, recante «Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo», per violazione dei principi di ragionevolezza, proporzionalita', illogicita' e di legittimo affidamento di cui all'art. 3 della Costituzione e del principio di buon andamento dell'azione amministrativa di cui all'art. 97 della Costituzione.

Regione Lombardia ritiene che l'art. 39 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 sia lesivo delle prerogative regionali per incidere sull'esercizio delle competenze legislative e delle funzioni amministrative in materia del trasporto pubblico locale e quindi ed in particolare, lesivo dell'art. 97 della Costituzione, per violazione del principio di buon andamento dell'azione amministrativa, in ragione del grave pregiudizio arrecato all'erogazione di un servizio fondamentale come quello del Trasporto pubblico locale, con la previsione di un procedimento ad hoc per il riconoscimento di risorse finanziarie altrimenti spettanti alle regioni, in via diretta ed automatica, per stessa previsione sia dell'art. 16-bis, comma I, del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95 - convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135 - e cosi' come sostituito dal comma 301 dell'art. della legge n. 228 del 24 dicembre 2012 - istitutivo del Fondo nazionale trasporti, sia dell'art. 27 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, coordinato con la legge di conversione 21 giugno 2017, n. 96, che sopra abbiamo richiamato e descritto, con vigenza dall'anno 2018.

Entrambi le norme non prevedono ne' hanno mai previsto alcun preventivo procedimento di certificazione ne' prevedono che una quota delle risorse statali altrimenti spettanti siano rimesse alle determinazioni della Presidenza del Consiglio dei ministri, mentre tutto il procedimento di riparto del Fondo e' di competenza del Ministero delle infrastrutture e trasporti di concerto con il Ministero delle finanze. L'art. 27 citato stabilisce degli obiettivi e dei criteri sulla cui base sanzionare le regioni con la decurtazione di una percentuale massima del 5% rispetto alla quota attribuita per l'anno precedente. La norma impugnata lascia intravedere la possibilita' che addirittura il 20% delle risorse previste possa non essere erogata alla Regione che non riesca ad ottenere l'intesa.

In secondo luogo, il principio di buon andamento si ritiene leso anche in ragione della farraginosita' ed iniquita' del particolare procedimento previsto dall'art. 39 il quale necessita di una condivisione ampia anzi ... unanime il che rende estremamente difficoltoso il raggiungimento di un'intesa in Conferenza unificata; e cio' anche per le regioni piu' virtuose. Si lascia poi ad un organismo politico la decisione su una certificazione che per come prevista, appare un atto esclusivamente tecnico-finanziario.

Quest'ultima previsione concreta un ulteriore profilo di illegittimita' della norma di che trattasi.

Da ultimo, tale procedimento, costringe le regioni - gia' a decorrere dal 2017 - ad operare l'accantonamento del 20% delle risorse senza che gli enti e le aziende esercenti servizio TPL abbiano potuto procedere preventivamente alle conseguenti riprogrammazioni/riduzioni dei servizi.

Inutile dire che il principio di buona amministrazione e' messo a repentaglio da una disposizione siffatta che per imporre l'erogazione agli enti locali delle risorse spettanti per le funzioni conferite, mette a rischio lo stesso svolgimento di una di tali funzioni, quella del trasporto pubblico, che per essere servizio pubblico, con la previsione - a livello comunitario - di livelli minimi essenziali, dovrebbe a maggior ragione essere salvaguardata dal legislatore nazionale.

La violazione del principio di buon andamento appare ancora piu' chiara se si considera la finalita' per la quale e' stato costituito il fondo di cui all'art. 16-bis del decreto-legge n. 95/2012: soddisfare «esigenze di omogeneita' nella fruizione del servizio che rispondono [anche] ad inderogabili esigenze unitarie» e quindi «assicurare un livello uniforme di godimento [di] diritti tutelati dalla Costituzione» in un contesto di grave crisi economica e di perdurante inattuazione dell'art. 119 della Costituzione (in tal senso sentenza della Corte costituzionale n. 273/2013).

Ulteriore violazione del principio del buon andamento dell'azione amministrativa si ravvisa nella circostanza che le nuove disposizioni a) si ripercuotono sui contratti di servizio gia' sottoscritti, creando cosi' le condizioni per l'insorgere di controversie, b) rendono incerta la programmazione dei servizi da parte degli enti competenti che viene confermata/definita in tempo utile per l'esercizio del servizio dell'anno successivo con conseguente adozione di provvedimenti di interruzione di pubblico servizio, mentre l'assegnazione delle risorse (anche della quota a titolo di anticipazione) interviene sempre in tempi non congrui, nonche' degli investimenti sottesi il cui ammortamento e' compreso nel corrispettivo del servizio, c) complicano notevolmente e rendono poco trasparente il sistema di finanziamento del trasporto pubblico locale, d) non consentono un'efficace programmazione dell'utilizzo delle risorse, e) con l'obiettivo di salvaguardare gli equilibri finanziari delle province, provocano in realta' gravissime conseguenze sanzionatorie in grave danno anche delle province qualora le stesse siano titolari di contratti di servizio di TPL.

Detto procedimento prevede poi termini stringenti per le regioni e per la Conferenza unificata mentre non prevede un termine ultimo per il riconoscimento delle risorse in capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri il che induce a ritenere che l'erogazione del 20% delle risorse possa avvenire in termini non certi per le regioni, con evidenti riflessi sulla gestione delle risorse in capo alle regioni e sulla erogazione dei servizi di trasporto pubblico locale da parte degli enti locali e delle agenzie di trasporto pubblico locale, nel caso della Lombardia. Il mancato trasferimento in tempi certi delle risorse statali ed il mancato accertamento a Bilancio, porta ciascuna Regione ad autodeterminarsi - sul piano legislativo ed amministrativo - sulla base delle risorse «certe» ovvero sulla base di risorse decurtate all'80%, compromettendo cosi' l'esercizio dei servizi TPL e l'intera organizzazione dello svolgimento di tali servizi all'interno dei bacini territoriali ottimali e omogenei definiti - per quanto riguarda l'ordinamento regionale della Lombardia - dalla legge regionale 4 aprile 2012, n. 6.

Si segnala anche che la lettera e), comma 2, dell'art. 27 citato prevede che non si possa addivenire ad una riduzione maggiore del 5% «al fine di garantire una ragionevole certezza delle risorse finanziarie disponibili», il che denota la irragionevolezza, contraddittorieta' e illogicita' della disposizione impugnata che prevedendo la possibilita' di una riduzione fino al 20%, si pone addirittura contro altre disposizioni inserite nel medesimo testo di legge.

Il principio costituzionale di ragionevolezza si ritiene violato anche per l'evidente mancanza di proporzionalita' e di rispondenza logica rispetto alle finalita' - dichiarate nello stesso art. 39 in esame - di coordinamento della finanza pubblica: non si sta ragionando, infatti, dell'imposizione di vincoli alle politiche di bilancio delle regioni - che siano rispettosi delle condizioni poste dalla costante giurisprudenza costituzionale per potersi configurare quali principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ma nei fatti di un'abnorme misura sanzionatoria che fa ricadere sul settore cruciale dei trasporti le conseguenze della pressione esercitata sugli equilibri gia' precari della finanza provinciale.

Il principio costituzionale di ragionevolezza si ritiene violato, poi, per l'evidente distonia rispetto all'art. 27 dello stesso decreto-legge laddove al comma 4, si prevede l'aumento dal 60 all'80% delle anticipazioni di cassa sul Fondo nazionale trasporti da ripartire fra le regioni entro il 15 gennaio di ciascun anno: per un verso, quindi, s'interviene a favore del settore dei trasporti anche per ridurre i tempi di pagamento della pubblica amministrazione verso i fornitori, per altro verso si vanifica completamente lo stesso intervento, compromettendo anche il raggiungimento da parte delle regioni degli indicatori di efficienza ed efficacia che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha introdotto per il riparto del Fondo, cosi' da creare le condizioni per ulteriori tagli nei prossimi anni.

Dal combinato disposto dell'art. 27 e dell'art. 39 risulta che le regioni non possono beneficiare dell'anticipazione dell'80% dello stanziamento del fondo, ma di un'anticipazione del 64% (ossia di una cifra pari all'80% decurtata di un accantonamento pari al 20%), dal 2018, in quanto per il 2017, e' stato emanato il decreto ministeriale per l'assegnazione ed erogazione (in tranche dal 20 giugno ed entro il 20 agosto 2017) della quota del 60% a titolo di anticipazione dello dello stanziamento dell'intero ammontare del Fondo nazionale.

La quota accantonata potrebbe essere «sbloccata» solo in caso di raggiungimento dell'intesa in Conferenza unificata o di deliberazione adottata dal Consiglio dei ministri in base a criteri non definiti.

Come abbiamo sopra evidenziato, le risorse complessivamente previste dall'Intesa del 2015, in attuazione della legge n. 56/2014, per la Lombardia, ammontano a complessivi 195 mln di euro annui di cui gran parte sono per il TPL (€ 152.554.114 mln); le somme destinate a funzioni che non siano relative al TPL da versarsi agli enti locali sono solo di € 12.454.846.

Il principio di ragionevolezza - ma anche il principio di legittimo affidamento (sentenze n. 16 del 2017, n. 203 del 2016) - sarebbe leso perche' il legislatore statale e' intervenuto successivamente all'Accordo sancito tra Stato e regioni in sede di Conferenza unificata dell'11 settembre 2014 - espressamente richiamato dall'art. 39 - violandone espressamente le clausole dal momento che sono previsti ulteriori oneri senza che siano stati sottoposti alla determinazione consensuale delle parti, oltre tutto oneri che comprometterebbero lo svolgimento delle stesse funzioni che l'art. 39 vorrebbe salvaguardare e quindi, il mantenimento dell'equilibrio di bilancio, prospettando una riduzione delle risorse del 20% sul TPL, quando l'art. 27 del medesimo decreto-legge dichiara di non poter ridurre piu' del 5% rispetto alla quota attribuita nell'anno precedente sempre per il TPL.

L'irragionevolezza e la non proporzionalita' della norma e' di tutta evidenza anche laddove si prevede che entro il 30 giugno di ogni anno, siano trasferite tutte le risorse da parte delle regioni agli enti locali, con la quota di gran lunga maggioritaria per il TPL, quando si prevede al contempo che lo Stato destini alle regioni solo l'80% delle risorse destinate al TPL assoggettando il restante 20% alla descritta certificazione ed Intesa nonche' alle determinazioni del Governo, in violazione dell'art. 27 citato che pone limiti alla riduzione delle risorse per il TPL.

La norma appare internamente contraddittoria irragionevole ed illogica rispetto all'ordinamento in materia di TPL oltreche' lesiva delle regole del buon senso e di buona amministrazione nonche' del legittimo affidamento delle regioni sulla base dell'Accordo richiamato sempre dalla norma impugnata.

2. Illegittimita' costituzionale dell'art. 39 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, coordinato con la legge di conversione 21 giugno 2017, n. 96, recante «Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo», per violazione del principio di leale collaborazione e dell'Intesa di cui all'art. 114, commi 1 e 2, della Costituzione, per violazione dei principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica di cui all'art. 117, comma 3, della Costituzione, per violazione dei principi di attribuzione, sussidiarieta' e differenziazione di cui agli articoli 118, comma 1, e 120, comma 2, della Costituzione.

Regione Lombardia ritiene che la norma impugnata sia lesiva delle proprie prerogative in materia di trasporto pubblico locale anche sotto il profilo della violazione del principio di leale collaborazione e del principio di sussidiarieta'.

Il rapporto tra Stato e regioni - per come definito nella norma impugnata - viola il principio di leale collaborazione «tra enti parimenti costitutivi della Repubblica e riconosciuti come enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla stessa Costituzione», quali i principi di attribuzione, sussidiarieta' e differenziazione per come declinati agli articoli 118, comma 1, e 120, comma 2, della Costituzione.

L'Intesa che dovrebbe considerarsi la concreta esplicazione del principio di leale collaborazione, si traduce, invece, in un intralcio alla gestione regionale delle risorse e delle competenze in materia di TPL ed a cascata una seria compromissione dell'esercizio delle funzioni amministrative da parte degli enti locali e, nel caso della Lombardia, anche delle Agenzie TPL. Infatti, lo strumento dell'Intesa e' introdotto dall'art. 39 in parola, non per attuare il principio di leale collaborazione tra Stato e regioni ma per introdurre un momento di «controllo» contabile-finanziario, visto che avrebbe ad oggetto la «verifica» circa l'effettivita' del trasferimento da parte delle regioni agli enti locali delle risorse derivanti dall'Accordo sancito tra Stato e regioni in sede di Conferenza unificata dell'11 settembre 2014 (specificamente indicato in norma).

A parere di Regione Lombardia, l'Intesa prevista dall'art. 39, viene a snaturarsi, assumendo finalita' e modalita' inedite, non conformi alla Carta costituzionale, poiche' non costituisce strumento di leale collaborazione tra regioni e Stato ma espressione del rapporto di gerarchia, tra essi, ed in particolare, strumento di controllo contabile-finanziario dello Stato sulle regioni.

Il rapporto fra competenze statali e competenze regionali va ricostruito alla luce del principio cooperativo. La giurisprudenza costituzionale e' tutta tesa alla graduazione degli strumenti di leale collaborazione, che vanno dallo scambio di informazioni, alla consultazione e al parere, all'intesa «debole» ed all'intesa «forte».

Ma certo, gli strumenti di leale collaborazione vanno introdotti secondo il principio della ragionevolezza e proporzionalita' ovvero graduandoli secondo la materia e la competenza, statale o regionale, concorrente o residuale, coinvolta. Nel caso di specie, la competenza interessata e' quella residuale del trasporto pubblico locale e non vi sono, nella fattispecie, aree di sovrapposizione con altre competenze ed interessi; e di certo, l'interesse che lo Stato potrebbe reclamare circa l'effettivo trasferimento delle risorse da parte delle regioni agli enti locali sulle funzioni conferite, non puo' tradursi nella apposizione di un vincolo relativo alla ripartizione di risorse afferenti ad altro Fondo, e quindi, ad altre competenze e funzioni e soprattutto, nel caso in esame, alla ripartizione di risorse per il TPL che e' materia di competenza esclusivamente regionale.

Dopo la riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, sono aumentate le aeree di sovrapposizione tra competenze e interessi. Tutte le materie elencate nel secondo e terzo comma dell'art. 117, si dice abbiano perso di «solidita'» amministrativa o si «smaterializzano», perche' non sono piu' legate a specifiche strutture e alle relative funzioni amministrative. Non solo, alcune delle materie piu' importanti tra quelle elencate come «esclusive» dello Stato hanno subito un processo di rilettura come «materie trasversali» (o «materie - non materie», o «materie-obiettivo» o «materie-funzione» o «materie-valore costituzionale», la cui principale caratteristica e' di non delimitare ambiti piu' o meno precisi di competenza ma di essere costruite per interferire con competenze e interessi delle regioni. Dunque, la giurisprudenza costituzionale ha concluso che con l'interferenza tra competenze, si ha l'esigenza di applicare il principio della leale collaborazione al fine di arginare o, laddove possibile, evitare conflitti.

Regione Lombardia non crede pero' che lo strumento dell'Intesa sia necessario nel caso in esame, rispondendo all'esigenza di evitare conflitti dovuti alla «intersezione di materie» quanto piuttosto venga a costituire uno strumento di controllo, espressione del desueto principio di gerarchia tra Stato e regioni e non del principio di leale collaborazione e di parita' tra enti parimenti costitutivi della Repubblica.

Si ritiene che la sentenza n. 251 del 2016 sia di particolare interesse anche nell'esame della disposizione impugnata, perche' specifica che le Intese devono essere condotte secondo il principio di lealta' (sentenza n. 303 del 2003; di recente, sentenza n. 7 del 2016), nel caso di «competenze statali e regionali, inestricabilmente connesse», il che non e' nella fattispecie, e comunque, qualora non vi siano interessi esclusivamente imputabili al singolo ente autonomo - come invece si da' il caso nella vicenda in esame; dice, infatti, la Corte:   «In armonia con tali indicazioni, l'evoluzione impressa al sistema delle conferenze finisce con il rivelare una fisiologica attitudine dello Stato alla consultazione delle regioni e si coniuga con il riconoscimento, ripetutamente operato da questa Corte, dell'intesa in sede di Conferenza unificata, quale strumento idoneo a realizzare la leale collaborazione tra lo Stato e le autonomie (ex plurimis, sentenze n. 88 del 2014, n. 297 e n. 163 del 2012), «qualora non siano coinvolti interessi esclusivamente e individualmente imputabili al singolo ente autonomo» (sentenza n. 1 del 2016)».

L'art. 120, comma 2, associa il «principio di leale collaborazione» al «principio di sussidiarieta'». Il concetto e' ben espresso, tra le altre, dalla sentenza n. 213 del 2006: «L'analisi dell'intreccio delle competenze deve essere effettuata caso per caso, con riguardo alle concrete fattispecie normative, facendo applicazione del principio di prevalenza e del principio fondamentale di leale collaborazione, che si deve sostanziare in momenti di reciproco coinvolgimento istituzionale e di necessario coordinamento dei livelli di governo statale e regionale».

Nel caso di specie, e' dubbio che si possa parlare di sussistenza di un criterio di prevalenza a favore dello Stato anzi deve indubitabilmente ritenersi che sussista l'esclusivita' della competenza regionale in materia di TPL e di certo, se si vuole guardare anche all'Accordo richiamato dall'art. 39, il criterio della prevalenza gioca a favore delle regioni, visto che la quasi totalita' delle risorse sono destinate per il TPL. Come suggerisce codesta ecc.ma Corte, «l'analisi dell'intreccio delle competenze deve essere effettuata caso per caso»: la disposizione in esame non prefigura un intreccio di competenze, un «rovo di interessi», ma solo ed esclusivamente l'errata necessita' del Governo di avere il controllo del flusso delle risorse statali tra regioni ed enti locali; ed in cio' utilizza lo strumento dell'Intesa, abusandone e dando ad esso un contenuto differente rispetto a quello ritenuto dalla giurisprudenza costituzionale e dal principio di lealta' tra enti parimenti costitutivi della Repubblica. Per i motivi che abbiamo gia' esposto e che verremo a declinare anche in sede di richiesta di sospensione dell'efficacia della norma impugnata, teniamo ad evidenziare che nel caso di specie, l'Intesa avra' effetti contrari a quelli voluti dal legislatore, con il blocco delle risorse regionali sul TPL in attesa dell'erogazione - volutamente prevista come eventuale - dell'ultima quota del 20% delle risorse di cui al Fondo nazionale TPL.

Richiamati, in linea generale, i principi che regolano l'individuazione della competenza legislativa, e che devono trovare applicazione nelle fattispecie qui in esame, si deve stabilire se le norme impugnate possano essere ricondotte alla materia «coordinamento della finanza pubblica» ex art. 117, comma 3, della Costituzione, unica giustificazione perche' possa non dirsi violato l'art. 119 della Costituzione.

Regione Lombardia ritiene che la disposizione impugnata ecceda tali confini, attribuendo direttamente al Governo un potere di verifica sull'intero spettro delle attivita' amministrative e finanziarie della Regione, e cio' anche nel caso non sussista alcun squilibrio finanziario.

Come ha precisato codesta ecc.ma Corte con sentenza n. 219 del 2013, «il grado e la rilevanza costituzionale dell'autonomia politica della Regione si misura anche sul terreno della sottrazione dei propri organi e dei propri uffici ad un generale potere di sorveglianza da parte del Governo, analogo a quello che spetta invece nei confronti degli enti appartenenti al plesso organizzativo statale, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera g), della Costituzione...

Allo scopo di contemperare l'autonomia costituzionale del sistema regionale con l'interesse unitario alla sana gestione amministrativa e finanziaria, e a soli fini collaborativi, l'art. 3 della legge n.

20 del 1994 ha individuato nella Corte dei conti l'organo al quale riservare il potere di "effettuare e disporre ispezioni e accertamenti diretti", anche nei confronti delle regioni e delle province autonome».

Regione Lombardia ritiene che la norma impugnata superi il punto di sintesi che si era in tal modo raggiunto a tutela dell'autonomia regionale, affidando al Governo l'esercizio di un potere di verifica in danno delle regioni. Tale assetto normativo eccede i limiti dei principi di coordinamento della finanza pubblica e si ripercuote sulla competenza legislativa regionale. Anzitutto, poiche' riserva all'apparato ministeriale un compito che non gli e' proprio, in danno della autonomia regionale, e poi perche' cio' accade in difetto di proporzionalita' tra il mezzo impiegato ed il fine perseguito.

Si ricorda che l'art. 16-bis del decreto-legge 6 luglio 2012, n.

95 prevede - non e' stato abrogato - che i criteri e le modalita' con cui ripartire e trasferire alle regioni le risorse del fondo TPL sono definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi, ai sensi dell'art. 8 della legge 28 agosto 1997, n. 281, d'intesa con la Conferenza unificata. La disciplina del Fondo testimonia la illegittimita' dell'art. 39: e' mancata l'Intesa sulla determinazione dei criteri di riparto e delle modalita' con cui trasferire alle regioni; l'Intesa per come disciplinata oggi non corrisponde a quella originariamente prevista dall'art. 16-bis, evidenziandone la sua incostituzionalita'.

3. Illegittimita' costituzionale dell'art. 39 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, coordinato con la legge di conversione 21 giugno 2017, n. 96, recante «Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo», per violazione del principio di competenza di cui all'art. 117, comma 4, della Costituzione, per violazione dell'art. 118, commi 1 e 2, della Costituzione e per violazione del principio di autonomia finanziaria della spesa di cui all'art. 119, commi 1, 2 e 4, della Costituzione.

La norma in argomento viola il principio di attribuzione ex art.

117, comma 4, della Costituzione: tale previsione e', infatti, lesiva del principio di competenza che vuole il trasporto pubblico locale tra le materie di competenza residuale regionale, rappresentando la norma impugnata una indebita intromissione nell'esercizio delle competenze legislative ma anche amministrative delle regioni, risultando la norma illegittima anche con riguardo all'art. 118, comma 2, della Costituzione il quale prevede che ad allocare le funzioni amministrative debba essere il legislatore statale nelle materie di propria competenza ed il legislatore regionale nelle altre materie.

Infatti, se lo Stato puo' allocare funzioni amministrative nelle materie di cui ai commi 3 e 4 dell'art. 117 della Costituzione, avocandole a se stesso, in virtu' dell'art. 118, comma 1, della Costituzione, e' vero anche che cio' e' possibile solo ove ricorrano i presupposti della c.d. chiamata in sussidiarieta' ovvero nel caso in cui il livello regionale risulti inadeguato allo svolgimento della specifica funzione amministrativa considerata.

Nella fattispecie, la disposizione impugnata incide - senza allocarle diversamente - sullo svolgimento delle funzioni amministrative del livello regionale e del livello locale, in materia di trasporto, a prescindere da una verifica circa la loro adeguatezza; il giudizio sulla adeguatezza attiene piuttosto ad altro ovvero all'attuazione dell'Accordo 11 settembre 2014 che come abbiamo sopra esposto, ha ad oggetto plurime materie. Ne consegue che l'interferenza del legislatore statale non si traduce in una diversa allocazione delle funzioni amministrative delle regioni quanto in una «sanzione» finanziaria a carico delle medesime la quale indubitabilmente verra' a riverberarsi sull'esercizio delle funzioni amministrative in materia di TPL svolte proprio da quegli enti locali che il legislatore statale vorrebbe salvaguardare. Tale «sanzione» oltre tutto viene a colpire il settore del TPL, su cui non si introduce alcun meccanismo che valuti l'adeguatezza - inadeguatezza del livello regionale in materia.

Tale previsione e' infine lesiva del principio di autonomia finanziaria della spesa riconosciuta alle regioni dall'art. 119 della Costituzione, in quanto l'assetto normativo ex art. 39 in parola, eccede i limiti propri dei principi di coordinamento della finanza pubblica, per come detto al punto n. 2.

La Corte costituzionale, con sentenza n. 222 del 2005, pronunciandosi sulla legittimita' costituzionale di una disposizione della legge finanziaria 2004 recante l'istituzione di un fondo per il conseguimento dei risultati di maggiore efficienza e produttivita' nel settore del TPL ha precisato che detta materia rientra nell'ambito delle competenze residuali delle regioni di cui al quarto comma dell'art. 117 della Costituzione, «come reso evidente anche dal fatto che, ancor prima della riforma del Titolo V della Costituzione, il decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 [...] aveva ridisciplinato l'intero settore, conferendo alle regioni ed agli enti locali funzioni e compiti relativi a tutti i "servizi pubblici di trasporto di interesse regionale e locale con qualsiasi modalita' effettuati ed in qualsiasi forma affidati" ed escludendo solo i trasporti pubblici di interesse nazionale».

Il riconoscimento espresso dell'appartenenza della materia del TPL alla competenza generale delle regioni costituisce la base da cui la Corte fa discendere alcuni corollari: per quel che piu' interessa, secondo codesta ecc.ma Corte, il legislatore statale non puo' porsi «in contrasto con i criteri e i limiti che presiedono all'attuale sistema di autonomia finanziaria regionale, delineato dal nuovo art.

119 della Costituzione, che non consentono finanziamenti di scopo per finalita' non riconducibili a funzioni di spettanza statale» (sentenza n. 423 del 2004): le eccezioni a tale divieto sono possibili solo nell'ambito e negli stretti limiti di quanto previsto negli articoli 118, primo comma, 119, quinto comma, e 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione (cfr. sentenze n. 160 e n. 77 del 2005, n. 320 e n. 49 del 2004, n. 16 del 2004 e n. 370 del 2003).

Si ricorda che il quinto comma dell'art. 119 della Costituzione - sempre secondo la costante giurisprudenza della Corte costituzionale (sentenza n. 423 del 2004) - autorizza lo Stato ad attuare due specifiche e tipizzate forme di intervento finanziario nelle materie di competenza delle regioni e degli enti locali: o l'erogazione di risorse aggiuntive rispetto alla ordinaria autonomia finanziaria regionale o locale oppure la realizzazione di «interventi speciali» «in favore di: determinati Comuni, Province, Citta' metropolitane e Regioni» (cfr. sentenza n. 16 del 2004).

A questo punto, si ritiene utile richiamare anche la sentenza n.

273 del 2013 che ha deciso della legittimita' del Fondo nazionale trasporti di cui all'art. 16-bis, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, dichiarando che lo stesso non e' riconducibile ne' all'ipotesi delle «risorse aggiuntive» ne' al caso degli «interventi speciali». La Corte ritiene che il Fondo abbia per «scopo» quello «di assicurare un livello uniforme di godimento dei diritti tutelati dalla Costituzione stessa (sentenza n. 232 del 2011).

Le suindicate finalita' e il contesto nel quale e' stato realizzato l'intervento del legislatore statale diretto a garantire un contributo al finanziamento del trasporto pubblico locale, per garantire quelle esigenze di omogeneita' nella fruizione del servizio che rispondono ad inderogabili esigenze unitarie, valgono pertanto a differenziare la fattispecie in esame dalle ipotesi, soltanto apparentemente omologhe, in cui il legislatore statale, in materia di competenza regionale, prevede finanziamenti vincolati, ovvero rimette alle Regioni una determinata materia pretendendo poi di fissare anche la relativa disciplina (sentenza n. 10 del 2010)».

Con la sentenza n. 273 del 2013, codesta ecc.ma Corte ha rilevato che non puo' ragionarsi della adeguatezza o meno del servizio TPL e che comunque si pongono come «imperiose» le esigenze sociali di concorrere al finanziamento statale del TPL, dicendo che: «al momento, pur non potendo dirsi determinato ne' il livello essenziale delle prestazioni del trasporto pubblico locale, ne' il livello adeguato di servizio, l'esigenza di assicurare la garanzia di uno standard di omogeneita' nella fruizione del servizio su tutto il territorio nazionale ha richiesto il costante concorso del legislatore statale al finanziamento delle funzioni riconducibili alla materia in cui si controverte nel presente giudizio». Con la disposizione in controversia, deve dirsi che il legislatore statale si e' orientato in senso opposto a quanto operato con l'istituzione del Fondo Trasporti e che la Corte aveva riconosciuto meritevole per la natura di servizio pubblico del TPL.

In breve, l'art. 39 anziche' prevedere ulteriori risorse per il trasporto e renderne certe le relative entrate per il livello regionale, produce l'effetto contrario andandole a ridurle e a renderle incerte nel loro ammontare complessivo.

Per i motivi sopra esposti, si chiede che l'art. 39 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, coordinato con la legge di conversione 21 giugno 2017, n. 96, recante «Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo», venga dichiarato incostituzionale per violazione dell'art. 114, commi 1 e 2, della Costituzione; dell'art. 117, commi 3 e 4, della Costituzione; dell'art. 118, commi 1 e 2 ; dell'art.

120, comma 2, della Costituzione; dell'art. 119, commi 1, 2 e 4, della Costituzione; nonche' per violazione del principio di ragionevolezza, proporzionalita' e legittimo affidamento (art. 3 della Costituzione) e del principio del buon andamento dell'azione amministrativa (art. 97 della Costituzione).

Istanza di sospensione dell'efficacia dell'art. 39 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, coordinato con la legge di conversione 21 giugno 2017, n. 96.

L'articolo in oggetto prevede che, per il quadriennio 2017-2020, una quota del 20% del fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale sia riconosciuta «a condizione che la regione entro il 30 giugno di ciascun anno abbia certificato, in conformita' alla legge regionale di attuazione dell'Accordo sancito tra Stato e regioni in sede di Conferenza unificata dell'11 settembre 2014, l'avvenuta erogazione a ciascuna provincia e citta' metropolitana del rispettivo territorio delle risorse per l'esercizio delle funzioni ad esse conferite.» Prevede inoltre che tale certificazione venga «formalizzata» tramite intesa in Conferenza unificata entro il 10 luglio di ogni anno e che, in caso di mancata intesa, il «riconoscimento in favore della regione interessata» venga deliberato dal Consiglio dei ministri, su proposta del Dipartimento per gli affari regionali.

Per effetto di tale disposizione, l'accertamento della quota del suddetto fondo nazionale nei bilanci regionali si ridurra' all'80% rispetto agli anni precedenti, in ragione dell'accantonamento del predetto 20%, con conseguente decurtazione di pari importo delle assegnazioni e delle relative erogazioni agli enti e alle aziende di trasporto. La Commissione Arconet ha avvalorato tale percorso contabile. L'art. 39 in esame e' vigente a far data dalla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale ovvero dal 23 giugno 2017 eppertanto per l'anno in corso le regioni che hanno anticipato mensilmente quote del Fondo nazionale trasporto, facendo conto sul 100% delle risorse ad esse destinate, si troveranno nella necessita' di rideterminare gli importi da versare, avendo a riferimento l'80 e non il 100% delle risorse previste, dovendo andare a conguagliarli con quelli gia' erogati.

Per Regione Lombardia la quota di cui alla Tabella 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 marzo 2013 risultava pari al 17,30% del Fondo. In sede di Conferenza Unificata del 5 agosto 2014 (ai sensi dell'art. 4 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 marzo 2013) le aliquote di riparto del Fondo tra le regioni sono state modificate, sia pure in entita' minimale, in quanto per una piccola quota del Fondo, riconducibile alle risorse precedentemente in capo a Trenitalia, si e' aggiornata la produzione kilometrica di riferimento al valore del 2010. A seguito di tale modifica in particolare per Regione Lombardia la quota del Fondo e' passata dal 17,30% al 17,36%. Tali aliquote sono rimaste invariate per le successive annualita' 2015, 2016 e 2017; l'art. 4 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 marzo 2013 - in attuazione dell'art. 16-bis del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 -, che prescriveva tra l'altro un adeguamento triennale delle percentuali della Tabella 1, non ha finora trovato attuazione.

Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 marzo 2013 - in attuazione dell'art. 16-bis del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 - prevedeva anche riduzioni del 10% dei trasferimenti nel caso di mancato raggiungimento degli obiettivi posti dalla disciplina del Fondo ma non si e' mai voluto darvi corso per non compromettere i servizi TPL.

Per l'anno 2017 l'art. 27 del decreto-legge n. 50 del 24 aprile 2017 prevede al comma 1 una riduzione dello stanziamento del Fondo nazionale trasporto per gli anni 2017 e 2018 rispetto a quanto approvato con il bilancio di previsione dello Stato, richiamando la necessita' di «sterilizzare i conguagli di cui all'articolo unico, comma 4, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 luglio 2013 con riferimento agli anni 2013 e successivi», con il fine di rendere meno incerto il quadro delle risorse delle regioni.

Questo ha gia' comportato, nel corrente anno, una criticita' ad esercizio in corso, in quanto il valore del Fondo e' stato ridotto di 70 milioni rispetto a quanto inizialmente preventivato. Si richiama in proposito il trend dell'importo totale del Fondo negli anni (milioni di euro arrotondati):   2013: 4.929 M€   2014: 4.918 M€   2015: 4.925 M€   2016; 4.925 M€ (inizialmente 4.850, poi riallineato al valore dell'anno precedente)   2017: 4.789 (inizialmente previsti 4.859)   2018: 4.932 (inizialmente previsti 5.032).

In base a quanto sopra evidenziato, l'applicazione dell'art. 39 in esame, crea diverse incoerenze all'interno del decreto-legge n.

50/2017, ad es. con l'art. 27.

Tale norma, infatti, disciplinando i criteri e le modalita' di riparto del Fondo prevede in piu' parti delle clausole di salvaguardia sulle aliquote del Fondo e sull'erogazione delle risorse con lo scopo di impedire che eccessive variazioni in corso d'anno delle risorse assegnate alle singole regioni causino gravi ricadute sulla programmazione, sull'esercizio e sul pagamento dei servizi TPL, ad es.:   art. 27, comma 2, lettera e) «in ogni caso, al fine di garantire una ragionevole certezza delle risorse finanziarie disponibili, il riparto derivante dall'attuazione delle lettere da a) a d) non puo' determinare per ciascuna regione una riduzione annua maggiore del cinque per cento rispetto alla quota attribuita nell'anno precedente; ove l'importo complessivo del Fondo nell'anno di riferimento sia inferiore a quello dell'anno precedente, tale limite e' rideterminato in misura proporzionale alla riduzione del Fondo medesimo.

Nel primo quinquennio di applicazione il riparto non puo' determinare per ciascuna regione, una riduzione annua maggiore del 10 per cento rispetto alle risorse trasferite nel 2015; ove l'importo complessivo del Fondo nell'anno di riferimento sia inferiore a quello del 2015, tale limite e' rideterminato in misura proporzionale alla riduzione del Fondo medesimo.»;   art. 27, comma 3: «Al fine di garantire un'efficace programmazione delle risorse, gli effetti finanziari sul riparto del Fondo, derivanti dall'applicazione delle disposizioni di cui al comma 2 si verificano nell'anno successivo a quello di riferimento.».

Dunque, il decreto-legge n. 50/2017, da un lato, cerca di tutelare la stabilita' del sistema TPL, con modifiche graduali degli stanziamenti derivanti da penalita' (art. 27), e dall'altra, con l'art. 39 in esame, prefigura un taglio del 20% dello stanziamento in corso d'anno senza certezza di tempi riguardanti l'assegnazione di tale quota e mettendo di conseguenza anche le regioni nell'impossibilita' di poter disporre di una quota del 20% dello stanziamento.

Si prefigura per le regioni una riduzione in corso d'anno (per Regione Lombardia si tratterebbe sicuramente gia' da settembre) degli stanziamenti a favore degli enti locali e delle agenzie TPL, non potendo disporre in spesa della quota del 20% del Fondo nazionale trasporti, sulla base delle indicazioni che sono state date sulla applicazione della norma impugnata e dei principi contabili da parte della Commissione Arconet. Quest'ultima affermazione deriva dall'esito di specifico quesito posto alla Commissione ARCONET (Commissione per l'armonizzazione degli enti territoriali istituita presso il Ministero dell'economia e delle finanze, con l'art. 3-bis del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, corretto e integrato dal decreto legislativo 10 agosto 2014, n. 126), di cui si riporta l'esito, pubblicato sul sito del Ministero dell'economia e delle finanze, nella sezione dedicata al resoconto delle riunioni della Commissione medesima, e reso nella riunione del 14 giugno 2017, estrapolato come di seguito:   «Considerato che l'art. 39 del decreto-legge n. 50/2017 prevede che il 20% del fondo nazionale trasporti e' riconosciuto a seguito dell'intesa di cui al comma 1, o della delibera del Consiglio dei ministri, e' possibile considerare tale entrata come ragionevolmente accertabile, e stanziarla, per l'intero importo, nel bilancio di previsione.

L'entrata sara' accertata a seguito della registrazione dell'impegno da parte del bilancio dello Stato. A maggior ragione, nelle more dell'intesa o della delibera della PCM, il 20% del fondo nazionale trasporti non puo' essere accertato.

(Si noti che se le se somme vincolate non sono accertate non e' possibile assumere l'impegno di spesa relativo).

Nel caso in cui, a seguito della mancata intesa e della proposta del Dipartimento per gli Affari regionali, la Presidenza del Consiglio non riconosca alla regione il 20 per cento del fondo per il trasporto pubblico locale, sara' necessario ridurre gli stanziamenti di bilancio riguardanti l'entrata per il fondo nazionale trasporti, con apposita variazione di bilancio.

In ogni caso, nel corso della gestione e' necessario garantire l'allineamento tra il complesso degli accertamenti e degli impegni.».

Si dovra' pertanto procedere alla riduzione dei servizi, laddove gli enti gestori non possano sopperire con risorse proprie o con aumenti tariffari sulla base della normativa regionale vigente, concentrando un taglio di tali dimensioni negli ultimi mesi dell'anno con gravi conseguenze su tutto il territorio:   possibile interruzione del servizio TPL che e' servizio pubblico essenziale;   isolamento dei territori periferici: i servizi TPL maggiormente penalizzati risulterebbero infatti i servizi interurbani in quanto le province (precedentemente titolari degli affidamenti ora in capo alle Agenzie di bacino del TPL) non dispongono di risorse per finanziare i servizi gia' allo stato attuale ed a maggior ragione non sarebbero in grado di poter sopperire finanziariamente alla riduzione dei trasferimenti statali alle regioni;   possibili licenziamenti da parte delle aziende di trasporto pubblico del personale di esercizio/amministrativo, a causa della riduzione dei servizi;   gravi disagi all'utenza soprattutto per i pendolari che non potrebbero piu' raggiungere il luogo di lavoro o i luoghi di studio utilizzando i mezzi pubblici;   perdita di competitivita' del territorio a causa della perdita di qualita' del sistema del trasporto pubblico, che in Regione Lombardia ha sempre rappresentato un elemento di attrattivita' per l'insediamento delle attivita' economiche e per la popolazione;   aumento dell'inquinamento ambientale a causa della spinta ad utilizzare il mezzo privato (automobili, ecc...) per gli spostamenti con possibili conseguenze anche di procedure di infrazioni da parte della UE;   incremento della congestione stradale a causa dell'aumento dell'utilizzo del mezzo privato per gli spostamenti dei pendolari e conseguenti effetti negativi anche sul sistema del trasporto merci su gomma, con ricadute sul sistema anche della logistica merci;   Tutti gli effetti sopra illustrati saranno gia' concreti per Regione Lombardia dal mese di settembre 2017; e cio', non solo con la riduzione delle assegnazioni, ma anche con l'interruzione dei pagamenti a favore degli enti (titolari degli affidamenti), con i conseguenti probabili disordini pubblici e contenziosi verso gli enti e verso Regione Lombardia i quali saranno promossi dalle aziende TPL sottoscrittrici dei contratti di servizio e delle concessioni amministrative in corso.

Inoltre il mancato stanziamento della quota del 20% potrebbe ingenerare un meccanismo di ulteriori decurtazioni, poiche', come precedentemente specificato, una quota del 10% del Fondo e' riconosciuta ex art. 27 citato (con eventuali conguagli positivi o negativi nell'anno successivo secondo quanto gia' evidenziato), sulla base di indicatori che misurano l'efficacia/efficienza del servizio e appare evidente che, nel caso in cui avvenisse il taglio del 20% in corso d'anno o la garanzia di erogazione fosse comunicata in tempi non utili per la programmazione dei servizi e per l'assegnazione delle relative risorse da parte di Regione, tutti gli indicatori di efficacia ed efficienza verranno a peggiorare non potendosi piu' garantire lo stesso livello di servizio, in assenza di adeguate risorse.

Per tutti questi motivi si chiede che la norma impugnata venga sospesa.

 

P. Q. M.  

Voglia l'ecc.ma Corte costituzionale adita, ogni contraria istanza eccezione e deduzione disattesa,   accogliere l'istanza di sospensione della efficacia dell'art.

39 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, coordinato con la legge di conversione 21 giugno 2017, n. 96, previa audizione delle Parti in pubblica udienza,   accogliere il presente ricorso e per l'effetto dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 39 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, coordinato con la legge di conversione 21 giugno 2017, n. 96, recante «Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo», pubblicato in Gazzetta Ufficiale, Serie generale, n. 144 del 23 giugno 2017, Supplemento ordinario n. 31.

Milano-Roma, 28 luglio 2017     Avv.: Tamborino     Si depositera', unitamente al presente ricorso notificato, delibera di giunta regionale n. 6848 del 12 luglio 2017, recante l'incarico ai difensori in epigrafe:   1. Accordo ai sensi dell'art. 1, comma 91, legge n. 56 del 2014, in data 11 settembre 2014;   2. DGR n. X/4117 del 2 ottobre 2015;   3. Intesa per le funzioni regionali delegate 15 dicembre 2015;   4. DGR n. X/5540 del 2 agosto 2016;   5. DGR n. X/5923 del 30 novembre 2016;   6. Resoconto riunione Commissione Arconet del 14 giugno 2017;   7. Decreto Ministero dell'economia e delle finanze 19 giugno 2017.