RICORSO N. 58 DEL 24 AGOSTO 2017 (DELLA REGIONE CAMPANIA)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 24 agosto 2017.

(GU n. 38 del 20.09.2017)

Ricorso per la Regione Campania (c.f. n. 80011990636), in persona del Presidente della Giunta regionale, On.le Vincenzo De Luca, quale legale rapp.te pro tempore, rapp.ta e difesa dagli avv.ti Maria d'Elia (c.f. DLEMRA53H42F839H) e Almerina Bove (BVOLRN70C46I262Z) dell'Avvocatura regionale (pec: us01@pec.regione.campania.it - fax 0817963684 presso cui desiderano ricevere ogni comunicazione ex art.

136 c.p.c.) domiciliati in Roma, alla via Poli, n. 29 in virtu' di mandato a margine del presente atto e deliberazione di Giunta regionale n. 538 dell'8 agosto 2017;   Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, rapp.to e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliato ex lege in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12; per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 39 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito con modificazioni dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, recante «Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo», per violazione degli articoli 114, commi 1 e 2; 117, commi 3 e 4; 118, commi 1 e 2 e 120 comma 2; 119, comma 1 della Costituzione, nonche' per violazione del principio di ragionevolezza e di proporzionalita' (art. 3 della Costituzione) e del principio di buon andamento dell'azione amministrativa (art. 97 della Costituzione).

Fatto  

1. Nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale n. 144 del 23 giugno 2017 - Suppl. Ordinario n. 13, e' stata pubblicata la legge 21 giugno 2017, n. 96 di «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo».

2. Il citato decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 «Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo» (in Suppl. Ordinario 20 alla Gazzetta Ufficiale, 24 aprile 2017, n. 95), all'art. 39 (Trasferimenti regionali a province e citta' metropolitane per funzioni conferite) stabilisce che: «Ai fini del coordinamento della finanza pubblica, per il quadriennio 2017-2020, una quota del 20 per cento del fondo di cui all'art. 16-bis, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e' riconosciuta a condizione che la regione entro il 30 giugno di ciascun anno abbia certificato, in conformita' alla legge regionale di attuazione dell'Accordo sancito tra Stato e regioni in sede di Conferenza unificata dell'11 settembre 2014, l'avvenuta erogazione a ciascuna provincia e citta' metropolitana del rispettivo territorio delle risorse per l'esercizio delle funzioni ad esse conferite. La predetta certificazione e' formalizzata tramite Intesa in Conferenza unificata da raggiungere entro il 10 luglio di ciascun anno. 2. In caso di mancata Intesa, il riconoscimento in favore della regione interessata del 20 per cento del fondo per il trasporto pubblico locale di cui al comma 1 e' deliberato dal Consiglio dei ministri su proposta del Dipartimento per gli affari regionali».

3. Il Fondo di cui all'art. 16-bis, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 - cui la citata disposizione fa riferimento - e' stato istituito, a decorrere dal 2013, per sostenere gli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, a carico delle Regioni a statuto ordinario. Il citato art. 16-bis prevede, al comma 3, che i criteri e le modalita' con cui ripartire il Fondo siano definiti sulla base del rapporto tra ricavi da traffico e costi dei servizi previsto dalla normativa nazionale vigente in materia di servizi di trasporto pubblico locale e di servizi ferroviari regionali, salvaguardando le esigenze della mobilita' nei territori anche con differenziazione dei servizi, e che siano finalizzati a incentivare le regioni e gli enti locali a razionalizzare e rendere efficiente la programmazione e la gestione dei servizi. A tale fine, la norma ha previsto che le regioni procedano all'adozione di un piano di riprogrammazione dei servizi di trasporto pubblico locale e di trasporto ferroviario regionale, rimodulando i servizi a domanda debole, sostituendo le modalita' di trasporto diseconomiche con quelle piu' idonee a garantire il servizio nel rispetto dello stesso rapporto tra ricavi e costi. L'istituzione di detto Fondo e' finalizzata, dunque, al perseguimento dell'efficientamento, della qualita' dei servizi e della liberalizzazione del mercato, che costituiscono principi cardine cui e' orientata tutta la normativa di settore, prima di tutto comunitaria, da oltre un decennio. La quota di Fondo spettante a ciascuna Regione e' volta a far fronte ai diversi e gravosi oneri connessi al trasporto pubblico locale, pur non essendo sufficiente a coprire integralmente il fabbisogno (ciascuna Regione aggiunge al fondo nazionale una propria quota - cd.

«quota libera» - per consentire il livello minimo essenziale dei servizi di trasporto pubblico sul proprio territorio): peraltro lo stanziamento del Fondo ex art. 16-bis cit. esaurisce ogni onere connesso al servizio, tra i quali gli oneri connessi ai rinnovi contrattuali ai sensi dei vigenti contratti collettivi nazionali di comparto, precedentemente oggetto di stanziamenti ad hoc da parte dello Stato. L'art. 27 del medesimo decreto-legge 24 aprile 2017, n.

50, convertito con modificazioni dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, prevede lo stanziamento delle risorse relative al Fondo e introduce nuove disposizioni per il relativo riparto 2, prevedendo che «A decorrere dall'anno 2018, il riparto del Fondo di cui al comma 11 e' effettuato, entro il 30 giugno di ogni anno, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. In caso di mancata intesa si applica quanto previsto dall'art. 3, comma 3, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

Il suddetto riparto e' operato sulla base dei seguenti criteri: a) suddivisione tra le regioni di una quota pari al dieci per cento dell'importo del Fondo sulla base dei proventi complessivi da traffico e dell'incremento dei medesimi registrato, tenuto conto di quanto previsto dall'art. 19, comma 5, del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, tra l'anno 2014 e l'anno di riferimento, con rilevazione effettuata dall'Osservatorio di cui all'art. 1, comma 300, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Negli anni successivi, la quota e' incrementata del cinque per cento dell'importo del Fondo per ciascun anno fino a raggiungere il venti per cento dell'importo del predetto Fondo; b) suddivisione tra le regioni di una quota pari, per il primo anno, al dieci per cento dell'importo del Fondo in base a quanto previsto dal decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di determinazione dei costi standard, di cui all'art. 1, comma 84, della legge 27 dicembre 2013, n. 147. Negli anni successivi la quota e' incrementata del cinque per cento dell'importo del Fondo per ciascun anno fino a raggiungere il venti per cento dell'importo del predetto Fondo. Nel riparto di tale quota si tiene conto della presenza di infrastrutture ferroviarie di carattere regionale; c) suddivisione della quota residua del Fondo, sottratto quanto previsto dalle lettere a) e b), secondo le percentuali regionali di cui alla tabella allegata al decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze dell'11 novembre 2014; definizione dei livelli adeguati di servizio di cui al comma 6 che, a decorrere dal secondo anno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sostituiscono le predette percentuali regionali, comunque entro i limiti di spesa complessiva prevista dal Fondo stesso; d) riduzione in ciascun anno delle risorse del Fondo da trasferire alle regioni qualora i servizi di trasporto pubblico locale e regionale non risultino affidati con procedure di evidenza pubblica entro il 31 dicembre dell'anno precedente a quello di riferimento, ovvero ancora non ne risulti pubblicato alla medesima data il bando di gara, nonche' nel caso di gare non conformi alle misure di cui alle delibere dell'Autorita' di regolazione dei trasporti adottate ai sensi dell'art. 37, comma 2, lettera f), del decreto-legge 6 dicembre 2011, n, 201, convertito, con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, qualora bandite successivamente all'adozione delle predette delibere. (Omissis).. Le risorse derivanti da tali riduzioni sono ripartite tra le altre Regioni con le modalita' di cui al presente comma, lettere a), b) e e); e) in ogni caso, al fine di garantire una ragionevole certezza delle risorse finanziarie disponibili, il riparto derivante dall'attuazione delle lettere da a) a d) non puo' determinare per ciascuna regione una riduzione annua maggiore del cinque per cento rispetto alla quota attribuita nell'anno precedente; ove l'importo complessivo del Fondo nell'anno di riferimento sia inferiore a quello dell'anno precedente, tale limite e' rideterminato in misura proporzionale alla riduzione del Fondo medesimo. Nel primo quinquennio di applicazione il riparto non puo' determinare per ciascuna regione, una riduzione annua maggiore del 10 per cento rispetto alle risorse trasferite nel 2015; ove l'importo complessivo del Fondo nell'anno di riferimento sia inferiore a quello del 2015, tale limite e' rideterminato in misura proporzionale alla riduzione del Fondo medesimo».

4. Alla stregua di quanto rilevato, si deduce la illegittimita' costituzionale del citato art. 39 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 «Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo», convertito con modificazioni dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, recante «Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo», per i seguenti  

Motivi  

I. Violazione dell'art. 117, commi 3 e 4 e dell'art. 119 comma 1 della Costituzione.

Le disposizioni di cui all'art. 39 oggetto della presente impugnativa presentano, ad avviso della ricorrente Regione Campania, plurimi profili di illegittimita' costituzionale, alla stregua dei parametri indicati in epigrafe.

1.1. Valga, invero, in primo luogo rilevare che la citata disposizione, nella parte in cui subordina il riconoscimento di una quota pari al 20% del Fondo nazionale trasporti alla avvenuta erogazione, alle Province e Citta' metropolitane, delle risorse, per l'esercizio delle funzioni ad esse conferite, in conformita' alla legge regionale di attuazione dell'Accordo sancito tra Stato e regioni in sede di Conferenza unificata dell'11 settembre 2014, impedisce alle Regioni di esercitare l'autonomia finanziaria e di spesa riconosciute dall'art. 119 della Costituzione, imponendo un indebito vincolo alla spesa per i servizi e agli altri interventi in materia di trasporto attraverso la sottrazione, peraltro potenzialmente a titolo definitivo, delle relative risorse nella misura indicata.

Codesta Corte ha chiarito con giurisprudenza consolidata (tra le altre, con sentenze n. 417/2005 e n. 77/2015) che le norme che fissano vincoli puntuali relativi a singole voci di spesa dei bilanci delle regioni e degli enti locali non costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione, e ledono pertanto l'autonomia finanziaria di spesa garantita dall'art. 119 della Costituzione: il legislatore statale puo', invero, legittimamente imporre agli enti autonomi vincoli alle politiche di bilancio (ancorche' si traducano, inevitabilmente, in limitazioni indirette all'autonomia di spesa degli enti), ma soltanto con «disciplina di principio» e «per ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari» (sentenza n. 36 del 2004; v. anche le sentenze n. 376 del 2003 e nn.

4 e 390 del 2004). Perche' detti vincoli possano considerarsi rispettosi dell'autonomia delle regioni e degli enti locali, essi, poi, debbono avere ad oggetto o l'entita' del disavanzo di parte corrente oppure - ma solo «in via transitoria ed in vista degli specifici obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica perseguiti dal legislatore statale» - la crescita della spesa corrente degli enti autonomi; in altri termini, la legge statale puo' stabilire solo un «limite complessivo, che lascia agli enti stessi ampia liberta' di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa» (sentenza n. 36 del 2004). Nella citata sentenza n. 417/2005 codesta Corte, nell'affermare tale principio, ha altresi' chiarito che la previsione da parte della legge statale di limiti all'entita' di una singola voce di spesa non puo' essere considerata un principio fondamentale in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica, perche' pone un precetto specifico e puntuale sull'entita' della spesa e si risolve percio' «in una indebita invasione, da parte della legge statale, dell'area [...] riservata alle autonomie regionali e degli enti locali, alle quali la legge statale puo' prescrivere criteri [...] ed obiettivi (ad esempio, contenimento della spesa pubblica) ma non imporre nel dettaglio gli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere quegli obiettivi» (sentenza n. 390 del 2004) ». L'indicato orientamento, secondo cui la disciplina di principio dei vincoli finanziari si configura compatibile con l'autonomia degli enti costituzionalmente garantiti, come le Regioni ed i Comuni, solo e tassativamente laddove stabilisca un limite complessivo di intervento - avente ad oggetto o l'entita' del disavanzo di parte corrente o i fattori di crescita della spesa corrente - ma lasci agli enti stessi piena autonomia e liberta' di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti ed obiettivi di spesa, deve ritenersi a fortiori applicabile alla previsione che disponga il mancato trasferimento delle risorse destinate ad una specifica spesa.

1.2. La violazione dei parametri indicati in epigrafe e', poi, tanto piu' grave in quanto alla mancata certificazione della erogazione entro la data del 30 giugno la norma impugnata collega la definitiva sottrazione, alla Regione interessata, del 20% della quota di riparto di sua competenza. Codesta Corte ha in merito chiarito che e' illegittimo l'istituto della riserva, attraverso il quale lo Stato sottragga definitivamente all'ente territoriale una quota di compartecipazione al tributo erariale o altra entrata che gli sarebbe spettata, e se ne appropri a tutti gli effetti al fine di soddisfare proprie finalita' (ex plurimis, sentenze n. 145 del 2014, n. 97 del 2013 e n. 198 del 1999), potendo - al contrario - il legislatore statale al piu' prevedere, ricorrendone i presupposti, che poste attive permangano nella titolarita' della Regione, benche' sottratte a un'immediata disponibilita' attraverso il diverso istituto dell'accantonamento.

Con sentenza n. 79/2014 e' stato ribadito, al riguardo, che «e' consentito al legislatore statale imporre limiti alla spesa di enti pubblici regionali, che si configurano quali principi di «coordinamento della finanza pubblica», anche nel caso in cui gli «obiettivi di riequilibrio della medesima» tocchino singole voci di spesa a condizione che: tali obiettivi consistano in «un contenimento complessivo, anche se non generale, della spesa corrente», in quanto dette voci corrispondano ad un «importante aggregato della spesa di parte corrente», come nel caso delle spese per il personale (sentenze n. 287 del 2013 e n. 169 del 2007); il citato contenimento sia comunque «transitorio», in quanto necessario a fronteggiare una situazione contingente, e non siano previsti «in modo esaustivo strumenti o modalita' per il perseguimento dei suddetti obiettivi» (sentenze n. 23 e n. 22 del 2014; n. 236, n. 229 e n. 205 del 2013; n. 193 del 2012; n. 169 del 2007); e, con successiva sentenza n.

64/2016, con riguardo alla prima di tali condizioni, codesta Corte ha affermato che essa deve ritenersi soddisfatta anche da disposizioni statali che prevedano «puntuali misure di riduzione [...] di singole voci di spesa», sempre che «da esse possa desumersi un limite complessivo, nell'ambito del quale le Regioni restano libere di allocare le risorse tra i diversi ambiti e obiettivi di spesa» (sentenza n. 139 del 2012), essendo, in tale caso, possibile «l'estrapolazione, dalle singole disposizioni statali, di principi rispettosi di uno spazio aperto all'esercizio dell'autonomia regionale» (sentenze n. 139 del 2012 e n. 182 del 2011; nello stesso senso, sentenze n. 236 e n. 36 del 2013, n. 262 e n. 211 del 2012).

Alla luce delle pronunce citate, emerge la palese illegittimita' costituzionale della previsione di cui al citato art. 39 per eccesso dei limiti propri dei principi di coordinamento della finanza pubblica di cui all'art. 117 della Costituzione e conseguente violazione, altresi', dell'art. 119, comma 1 della Costituzione.

II. Violazione del principio di ragionevolezza e di proporzionalita' (art. 3 della Costituzione) e del principio del buon andamento dell'azione amministrativa (art. 97 della Costituzione). Violazione degli articoli 114, commi 1 e 2, dell'art. 118 e dell'art. 120 della Costituzione.

2.1. La disposizione impugnata concreta, altresi', una grave violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione - la cui violazione ridonda anche in termini di contrasto con la disposizione di cui all'art. 119, comma 4 della Costituzione - per irragionevolezza (art. 3 della Costituzione), per l'evidente mancanza di proporzionalita' e di rispondenza logica rispetto alle finalita', dichiarate nello stesso art. 39 del decreto-legge n. 50/17, di coordinamento della finanza pubblica, per le interferenze nell'esercizio delle funzioni regionali connesse all'erogazione di un servizio fondamentale, quale quello dei trasporti, attraverso l'introduzione di una condizione e la previsione di un procedimento ad hoc - peraltro sottratto al «governo» della Regione interessata, come sopra rilevato - cui viene subordinato il riconoscimento delle risorse finanziarie necessarie in materia di trasporto, in contrasto altresi' con la imprescindibile necessita' di assicurare livelli di omogeneita' nella resa del servizio su tutto il territorio nazionale.

2.2. I parametri indicati in epigrafe risultano, peraltro, violati anche sotto il diverso e concorrente profilo concernente specificamente il procedimento di certificazione delineato dall'art.

39 impugnato: la norma, come sopra riportato, sancisce, al riguardo, da un lato che la erogazione del 20% del Fondo sia subordinato alla circostanza che «la regione entro il 30 giugno di ciascun anno abbia certificato, in conformita' alla legge regionale di attuazione dell'Accordo sancito tra Stato e regioni in sede di Conferenza unificata dell'11 settembre 2014, l'avvenuta erogazione a ciascuna provincia e citta' metropolitana del rispettivo territorio delle risorse», in tal guisa attribuendo alla Regione la competenza e, correlativamente, l'onere della «certificazione», ovvero di un'attivita' meramente dichiarativa (e, in particolare, certificativa); dall'altro, contraddittoriamente rispetto alla citata previsione, sancisce che «La predetta certificazione e' formalizzata tramite Intesa in Conferenza unificata da raggiungere entro il 10 luglio di ciascun anno», in tal guisa differendo il termine della certificazione e snaturandone la portata da atto dichiarativo ad atto di volizione; infine, per il caso di mancata Intesa sulla certificazione, demanda l'eventuale erogazione alla competenza del Consiglio dei ministri, senza prevedere termini ne' presupposti della relativa deliberazione.

La norma, in altri termini, delinea un meccanismo di riconoscimento di una significativa quota del Fondo irrispettoso dell'assetto delle competenze, erroneo sotto il profilo della qualificazione degli atti prescritti e del relativo perfezionamento, farraginoso e incerto nei tempi, con evidenti riflessi sulla gestione delle risorse e sulla erogazione dei servizi di trasporto pubblico locale la cui competenza e' posta in capo alle regioni, e per di piu' senza alcun collegamento, ed anzi in evidente distonia rispetto alle previsioni dell'art. 27 del medesimo decreto-legge che, come sopra rilevato, ai commi 2 lettera e) e 4 fornisce le regole di funzionamento del Fondo, prevedendone: l'esatta quantificazione annuale; le modalita' del riparto, che avviene con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il MEF, previa intesa con la Conferenza unificata (art. 27, alinea del comma 2); i criteri di riparto (art. 27, comma 2, lettere da a) ad e). Tra tali criteri figura quello «di chiusura» enunciato al comma 2, lettera e), secondo il quale: «in ogni caso, al fine di garantire una ragionevole certezza delle risorse finanziarie disponibili, il riparto derivante dall'attuazione delle lettere da a) a d) non puo' determinare per ciascuna regione una riduzione annua maggiore del cinque per cento rispetto alla quota attribuita nell' anno precedente; ove l'importo complessivo del Fondo nell'anno di riferimento sia inferiore a quello dell'anno precedente, tale limite e' rideterminato in misura proporzionale alla riduzione del Fondo medesimo. Nel primo quinquennio di applicazione il riparto non puo' determinare per ciascuna regione, una riduzione annua maggiore del 10 per cento rispetto alle risorse trasferite nel 2015; ove l'importo complessivo del Fondo nell'anno di riferimento sia inferiore a quello del 2015, tale limite e' rideterminato in misura proporzionale alla riduzione del Fondo medesimo».

A sua volta, il comma 4 dell'art. 27 prevede che nelle more dell'emanazione del decreto di riparto, entro il 15 gennaio di ciascun anno, e' ripartito tra le regioni, a titolo di anticipazione, l'ottanta per cento dello stanziamento del Fondo. L'anticipazione e' effettuata sulla base delle percentuali attribuite ciascuna regione l'anno precedente. Le risorse erogate a titolo di anticipazione sono oggetto di integrazione, di saldo o di compensazione con gli anni successivi. La relativa erogazione alle regioni a statuto ordinario e' disposta con cadenza mensile. La lettura congiunta dell'impugnato art. 39 e dei sopra riportati commi dell'art. 27 dello stesso decreto-legge porta al contraddittorio risultato che le regioni possano beneficiare di un'anticipazione solo apparentemente pari all'80% dello stanziamento del Fondo, ma in realta' pari al solo 64% (l'80% dell'80%), vista l'esistenza della decurtazione 'sanzionatoria' del 20% introdotta dall'art. 39.

Si introduce, in altri termini, un'indebita ed ingiustificata alea, correlata ad adempimenti che nulla hanno a che fare con il settore dei trasporti, che espone le Regioni al concreto rischio di non vedersi assicurati l'apporto finanziario e la liquidita' necessari a coprire il fabbisogno minimo di mobilita', con effetti gravissimi sulla efficacia della programmazione, la contrazione dei servizi e le conseguenti ricadute sul piano occupazionale e piu' in generale sulla economia di settore.

2.3. Il meccanismo delineato dalla norma impugnata - sopra descritto - contrasta, infine, gravemente con il principio di leale collaborazione e dell'intesa, traducendosi in un intralcio alla gestione regionale delle risorse e delle competenze in materia di trasporto pubblico locale. Il rapporto tra Stato e Regioni, per come espresso nella norma impugnata, viola il principio della leale collaborazione tra enti parimenti costitutivi della Repubblica e riconosciuti come Enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni, secondo i principi sanciti dalla stessa Costituzione, tra i quali il principio di attribuzione ed il principio di sussidiarieta' e differenziazione per come declinato agli articoli 118, commi 1 e 2 e 120, comma 2, delineando un'indebita ingerenza e un incerto meccanismo sostitutivo nelle attribuzioni regionali laddove, al secondo comma, si prevede un potere sostitutivo nei confronti delle Regioni non conforme all'art. 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3) - che prevede l'assegnazione all'ente inadempiente di un congruo termine per provvedere e l'audizione da parte del Consiglio dei ministri, nonche' la partecipazione del Presidente della Regione interessata alla riunione del Consiglio dei ministri che adotta i provvedimenti necessari - che ne risultano illegittimamente svilite e frustrate.

 

P.Q.M.  

Voglia codesta Ecc.ma Corte costituzionale, in accoglimento del presente ricorso, dichiarare l'illegittimita' costituzionale delle disposizioni impugnate, nei profili e termini sopra esposti.

  Avv. Bove - Avv. d'Elia