RICORSO N. 56 DEL 22 AGOSTO 2017 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 22 agosto 2017.

(GU n. 37 del 13.09.2017)

Ricorso ex art. 127 della Costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, e' domiciliato, contro la Regione Campania in persona del suo Presidente pro tempore per la declaratoria della illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2, e dell'art. 4, comma 1, lettera e) della legge Regione Campania n. 19 del 22 giugno 2017 - Misure di semplificazione e linee guida di supporto ai comuni in materia di governo del territorio (BUR n. 50 del 22 giugno 2017) come da delibera del Consiglio dei ministri in data 7 agosto 2017.

La legge regionale in esame, che introduce «Misure di semplificazione e linee guida di supporto ai comuni in materia di governo del territorio», contiene, all'art. 2, comma 2 e all'art. 4, comma 1, lettera e), previsioni che eccedono dalle competenze regionali.

In particolare, trattandosi di nonne preordinate alla tutela dell'ambiente, esse violano l'art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione; inoltre la disciplina recata dall'intervento regionale all'esame, disattendendo i principi fondamentali in materia di «governo del territorio» contenuti nel decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, eccede l'ambito dei poteri riservati alla regione in materia di legislazione concorrente, ai sensi dell'art.

117, comma 3, della Costituzione. Con il presente atto, si impugna la normativa regionale affinche' ne sia dichiarata l'illegittimita' costituzionale, con conseguente annullamento, sulla base delle seguenti considerazioni in diritto.

Art. 2, comma 2 della legge Regione Campania n. 19 del 22 giugno 2017.

1. Occorre, innanzitutto, esaminare la disposizione regionale oggetto di impugnazione.

L'art. 2, intitolato «Linee guida per le misure alternative alle demolizioni di immobili abusivi», prevede, al comma 2 che: «Ferma restando l'autonoma valutazione dei consigli comunali sull'esistenza di prevalenti interessi pubblici rispetto alla procedura di demolizione dei beni acquisiti al patrimonio comunale, i comuni, nell'ambito delle proprie competenze, possono avvalersi delle linee guida di cui al presente articolo per approvare, in conformita' e nel rispetto della normativa nazionale vigente in materia, atti regolamentari e d'indirizzo riguardanti:   a) i parametri e i criteri generali di valutazione del prevalente in eresse pubblico rispetto alla demolizione;   b) i criteri per la valutazione del non contrasto dell'opera con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell'assetto idrogeologico;   c) regolamentazione della locazione e alienazione degli immobili acquisiti al patrimonio comunale per inottemperanza all'ordine di demolizione, anche con preferenza per gli occupanti per necessita' al fine di garantire un alloggio adeguato alla composizione del relativo nucleo familiare;   d) i criteri di determinazione del canone di locazione e del prezzo di alienazione ad onerosita' differenziata fra le superfici adeguate alla composizione del nucleo familiare e quelle in eventuale eccedenza;   e) i criteri di determinazione del possesso del requisito soggettivo di occupante per necessita', anche per quanto riferito alla data di occupazione dell'alloggio;   f) i criteri di determinazione del limite di adeguatezza dell'alloggio alla composizione del nucleo familiare;   g) le modalita' di accertamento degli elementi di cui alle lettere e), f) e del possesso dei requisiti morali di cui all'art.

71, comma 1, lettere a), b), e), f) del decreto legislativo 26 marzo 2010;   h) le modalita' di comunicazione delle delibere consiliari approvate ai sensi dell'art. 31, comma 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001 all'autorita' giudiziaria che abbia ordinato, per gli stessi immobili la demolizione ai sensi dell'art.

31, comma 9 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001».

L'art. 2, comma 2 della legge regionale n. 19/2017 prevede, dunque, che, sulla base di linee guida emanate dalla giunta regionale concernenti misure alternative alla demolizione di immobili abusivi, i comuni adottano atti regolamentari e di indirizzo nei quali definiscono, da un lato «i parametri ed i criteri generali di valutazione del prevalente interesse pubblico rispetto alla demolizione» (comma 2, lettera a), nonche' «i criteri per la valutazione del non contrasto dell'opera con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell'assetto idrogeologico» (comma 2, lettera b) e, dall'altro lato, «la regolamentazione della locazione e alienazione degli immobili acquisiti al patrimonio comunale per inottemperanza all'ordine di demolizione, anche con preferenza per gli occupanti per necessita' ...» (comma 2, lettera c), indicando, quindi, alle successive lettere da d) ad h) i criteri di assegnazione dell'alloggio.

1.1. Prima di affrontare i profili di incostituzionalita' delle disposizioni impugnate, non puo' prescindersi dall'esaminare le previsioni di cui all'art. 31 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia, il cui comma 5 e' espressamente richiamato dalla legge regionale.

In particolare, l'art. 31 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, dopo avere definito, al primo comma, la tipologia degli «interventi eseguiti in totale difformita' dal permesso di costruire», dispone, al comma 2, che l'amministrazione, accertata illegittimita' delle opere in parola, ingiunge al proprietario ed al responsabile dell'abuso la rimozione o la demolizione; il successivo comma 3 della medesima disposizione stabilisce che, se l'ordine non viene eseguito, l'opera abusiva e' acquisita «di diritto gratuitamente al patrimonio del comune»; l'accertamento dell'inottemperanza all'ingiunzione a demolire costituisce, ai sensi dell'art. 2, comma 4 dell'art. 31, decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, «Titolo per l'immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari».

Ai commi 4-bis, 4-ter vengono, quindi, indicati gli importi delle sanzioni pecuniarie da irrogare, sui cui limiti possono intervenire, ai sensi del comma 4-quater, anche le regioni a statuto ordinario (ferme restando le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano).

Sempre nell'ottica della previsione di misure di ripristino dell'ordine urbanistico violato, il comma 6 dell'art. 31 decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 stabilisce che «Per gli interventi abusivamente eseguiti su terreni sottoposti, in base a leggi statali o regionale a vincolo di inedificabilita', l'acquisizione gratuita nel caso di inottemperanza all'ingiunzione di demolizione si verifica di diritto a favore delle amministrazioni cui compete la vigilanza sull'osservanza del vincolo. Tali amministrazioni provvedono alla demolizione delle opere abusive ed al ripristino dello stato dei luoghi a spese dei responsabili dell'abuso. Nella ipotesi di concorso dei vincoli, l'acquisizione si verifica a favore del patrimonio del comune».

In tale contesto normativo, si inserisce la norma contenuta al comma 5 dell'art. 31 decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, espressamente richiamata nella legge regionale all'esame a fondamento dell'adozione della disciplina recante linee guida per Ie «Misure alternative alle demolizioni di immobili», che cosi' dispone: «l'opera acquisita e' demolita con ordinanza del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale a spese dei responsabili dell'abuso, salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l'esigenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell'assetto idrogeologico».

In sostanza, la possibilita' di non procedere alla demolizione dell'opera viene consentita, dal testo unico in materia di edilizia, in via del tutto eccezionale ed in deroga alla doverosa conclusione demolitoria delineata dal legislatore statale con riguardo ad «interventi eseguiti in totale difformita' dal permesso di costruire». E' dunque, questa, un'ipotesi ammessa nei soli limiti espressamente indicati dalla normativa statale, posto che l'acquisizione al patrimonio del comune dell'immobile abusivo non demolito e della sua area di sedime si atteggia come una sanzione impropria, preordinata principalmente alla demolizione dello stesso, come e' reso evidente dall'esame dell'art. 31 decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001.

E' stato, del resto, piu' volte chiarito che la sanzione amministrativa della demolizione costituisce attivita' vincolata che mira a ristabilire la legalita', oggettivamente violata dalla res abusiva, mediante il ripristino della situazione di fatto conforme a quella codificata nella normativa urbanistica ed edilizia (Cons. St.

sez. VI, n. 1667/2017; id., 2378/2017).

2. In relazione a quanto precede, l'art. 2, comma 2 della legge regionale all'esame e' costituzionalmente illegittimo perche' viola l'art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione, che affida allo Stato il compito di garantire la tutela dell'ambiente.

Ed infatti, la citata disposizione regionale, oltre a prevedere, all'anzidetta lettera c), i criteri e le modalita' di locazione e alienazione degli immobili acquisiti al patrimonio comunale in quanto non demoliti per mancata ottemperanza all'ordine demolitorio, sembra prefigurare, anche alla luce delle previsioni contenute nelle successive lettere da d) ad h) del medesimo comma 2, una sorta di prelazione nell'assegnazione o nell'alienazione degli immobili acquisiti dagli stessi occupanti, anche nel caso in cui i medesimi occupanti siano stati anche gli autori dell'illecito edilizio sanzionato con la demolizione.

L'accorpamento di argomenti assolutamente eterogenei tra i contenuti degli atti di indirizzo comunali previsti alle citate lettere a), b) e c) induce a ritenere che la mancata ottemperanza all'ordine di demolizione e la conseguente acquisizione al patrimonio comunale determinino il venir meno della pretesa demolitoria, a prescindere dalle necessarie valutazioni di cui all'art. 31, comma 5 decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001.

In una parola, alla puntuale disciplina prevista dal testo unico in materia edilizia per gli interventi abusivi, in ordine ai quali la demolizione, una volta acquisita al patrimonio del comune, costituisce la doverosa risposta sanzionatoria per reprimere l'illecito, salve le ipotesi di cui al citato comma 5 dell'art. 31, decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 («esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell'assetto idrogeologico») con la legge regionale all'esame si ha che il bene, una volta acquisito al patrimonio comunale, non viene demolito, ma assegnato, sulla base di una apposita procedura, agli stessi occupanti, a prescindere che questi siano anche gli autori dell'illecito e senza l'effettiva verifica sulla ricorrenza delle circostanze previste, solo in via eccezionale, nel citato art. 31, comma 5 testo unico.

In tal modo, la norma incide, sminuendone la portata deterrente e repressiva, sulle norme statali poste a tutela dell'ambiente, violando la competenza esclusiva statale, ex art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione.

Peraltro, occorre considerare che l'art. 2, comma 2 della legge regionale all'esame, nella parte relativa alla «Regolamentazione della locazione e alienazione degli immobili acquisiti al patrimonio comunale per inottemperanza all'ordine di demolizione, anche con preferenza per gli occupanti per necessita' ...» di cui alla lettera c) ed i successivi «Criteri di determinazione del canone di locazione e del prezzo di alienazione» di cui alla successiva lettera d) nei confronti di tali destinatari, realizza, nella sostanza, un effetto analogo a quello di un «Condono edilizio straordinario», in quanto consente che immobili abusivi siano «regolarizzati» e assegnati agli autori degli abusi stessi.

E sulla possibilita', per la regione, di disporre autonomamente una sanatoria straordinaria si e' gia' espressa codesta ecc.ma Corte costituzionale, che, con sentenza n. 233 del 2015, ha chiarito che, «in tema di condono edilizio "straordinario" ... spettano alla legislazione statale, oltre ai profili penalistici (integralmente sottratti al legislatore regionale: sentenze n. 49 del 2006, n. 70 del 2005 e n. 196 del 2004), le scelte di principio sul versante della sanatoria amministrativa, in particolare quelle relative all'an, al quando e al quantum: decisione sul se disporre, nell'intero territorio nazionale, un condono straordinario e, quindi, la previsione di un titolo abilitativo edilizio straordinario; quella relativa all'ambito temporale di efficacia della sanatoria; infine l'individuazione delle volumetrie massime condonabili (nello stesso senso sentenze n. 225 del 2012 e n. 70 del 2005).

Esula, infatti, dalla potesta' legislativa concorrente delle regioni, in particolare, il potere "ampliare i limiti applicativi della sanatoria" (sentenza n. 290 del 2009) oppure, ancora, di "allargare l'area del condono edilizio rispetto a quanto stabilito dalla legge dello Stato" (sentenza n. 117 del 2015). A maggior ragione, esula dalla potesta' legislativa regionale il potere di disporre autonomamente una sanatoria straordinaria per il solo territorio regionale».

Il che e' proprio quello che, invece, si verificherebbe con la previsione regionale ora all'esame.

2.2. In ogni caso, la disposizione regionale esorbita dalla competenza legislativa della regione di cui all'art. 117, terzo comma della Costituzione.

E' agevole rilevare che, come emerge dalla stessa rubrica dell'art. 2 della legge in esame, recante «Linee guida per le misure alternative alle demolizioni di immobili abusivi», l'intervento del legislatore della Campania si colloca nell'ambito materiale del «Governo del territorio» (che comprende, in linea di principio, tutto cio' che attiene all'uso del territorio ed alla localizzazione di impianti o attivita': Corte cost. n. 307/2003) e che, come tale, rientra nella potesta' legislativa concorrente delle regioni a statuto ordinario, ai sensi dell'art. 117, terzo comma della Costituzione, caratterizzato dal vincolo al rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato.

La disposizione regionale contrasta, quindi, anche con i principi fondamentali contenuti nel testo unico in materia edilizia, ed ai quali, a norma dell'art. 1 e dell'art. 2, commi 1 e 3 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 i legislatori regionali devono attenersi.

In particolare, la disciplina recata dall'art. 31, commi 3 - 6 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, configura l'acquisizione al patrimonio del comune dell'immobile abusivo come una sanzione impropria preordinata principalmente alla demolizione dello stesso.

Viceversa, come si e' gia' rilevato, la mancata ottemperanza all'ordine di demolizione e la conseguente acquisizione al patrimonio comunale dell'immobile abusivo determinano, secondo la previsione regionale, un sostanziale venir meno della pretesa demolitoria, a prescindere dalle valutazioni richieste dalla normativa statale, ex art. 31, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica n.

380/2001, in ordine all'esistenza «di prevalenti interessi pubblici» alla conservazione dell'opera abusiva e all'accertamento che la stessa «non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, ambientali, o del rispetto dell'assetto idrogeologico».

Inoltre, le previsioni regionali, nella parte relativa alla «Regolamentazione della locazione e alienazione degli immobili acquisiti al patrimonio comunale per inottemperanza all'ordine di demolizione, anche con preferenza per gli occupanti per necessita' ...» di cui alla lettera c) ed i successivi «Criteri di determinazione del canone di locazione e del prezzo di alienazione» di cui alla successiva lettera d) nei confronti di tali destinatari, producono, nella sostanza, un effetto analogo a quello di un «Condono edilizio straordinario», in quanto si consente che immobili abusivi siano «regolarizzati» e assegnati agli autori degli abusi stessi, con evidente elusione dei limiti della potesta' legislativa concorrente della Regione (Corte cost. n. 233/2015 cit.)   Ne', peraltro, potrebbe ragionevolmente sostenersi che l'applicabilita' della disciplina statale sulla repressione degli abusi edilizi sia, nella sostanza, subordinata alla previa valutazione discrezionale dell'ufficio comunale, competente per territorio, in ordine alla sussistenza di un perdurante interesse pubblico alla rimessione in pristino rispetto all'affidamento del privato, posto che l'interesse di quest'ultimo al mantenimento dell'opera abusiva e' necessariamente recessivo rispetto all'interesse pubblico all'osservanza della normativa urbanistico-edilizia ed al corretto governo del territorio (Corte cost., n. 233 del 2015).

Cio' perche' l'esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce attivita' vincolata della pubblica amministrazione, non soggetta a termini di decadenza o di prescrizione (tant'e' che, ai fini dell'adozione delle ordinanze di demolizione, non e' necessario l'invio della comunicazione di avvio del procedimento, non essendovi spazio per momenti partecipativi del destinatario dell'atto: ex multis, Cons. St., sez. VI, n. 13/2015; sez. IV, n. 734/14, sez. V, n. 3337/12 e n. 4764/11).

Per i motivi sin qui esposti, la norma impugnata e' in contrasto con l'art. 117, comma 3 Cost.

Art. 4, comma 1, lettera e) della legge Regione Campania n. 19 del 22 giugno 2017.

1. L'art. 4 della legge regionale, a modifica dell'art. 44 della legge regionale n. 16/2004, introduce, al comma 1, lettera e), dopo il comma 4-bis dell'art. 44, il comma 4-ter, in base al quale, «nei comuni sprovvisti di strumento urbanistico comunale, nelle more dell'approvazione del Piano urbanistico comunale, per edifici regolarmente assentiti, adibiti ad attivita' manifatturiere, industriali e artigianali, sono consentiti ampliamenti che determinano un rapporto di copertura complessivo fino a un massimo del 60 per cento».

La norma contrasta con l'art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, che limita, invece, gli interventi edilizi realizzabili in assenza di pianificazione generale e attuativa e che costituisce un principio fondamentale in materia di governo del territorio.

2. La disposizione regionale, dunque, risultando non conforme alla citata legislazione statale di settore, presenta profili di illegittimita' costituzionale con riferimento all'art. 117, comma 2, lettera s) Cost.

E', infatti evidente che gli ampliamenti consentiti dalla disposizione impugnata introducono un'indebita estensione della potesta' legislativa regionale, in violazione dell'anzidetto parametro costituzionale, e sono idonei, tra l'altro, a realizzare una disparita' di trattamento di situazioni analoghe sul territorio, atteso che, cio' che e' stato escluso a livello nazionale dal testo unico in materia di edilizia, verrebbe, con la norma in esame consentito e previsto per la sola Regione Campania.

2.1. Peraltro, la medesima disposizione regionale contrasta con i principi fondamentali contenuti nel testo unico in materia di edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 (articoli 1 e 2, commi 1 e 3), cio' che consente di ritenere la normativa censurabile, in quanto eccede dalla sfera della competenza regionale concorrente in materia di «Governo del territorio».

In proposito, si osserva che, con la recente sentenza n. 84 del 2017, codesta ecc.ma Corte costituzionale ha affermato che i limiti di edificabilita' nelle cosiddette «zone bianche» extraurbane previsti all'art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica n.

380 del 2001, sono funzionali a evitare che l'assenza di pianificazione legittimi uno sviluppo edilizio incontrollato, «Suscettibile di compromettere I'ordinato (futuro) governo del territorio e di determinare la totale consumazione del suolo nazionale, a garanzia di valori di chiaro rilievo costituzionale» e che, quindi, la norma statale del testo unico di cui trattasi «ha le caratteristiche intrinseche del principio fondamentale della legislazione statale in materia di governo del territorio, coinvolgendo anche valori di rilievo costituzionale quali il paesaggio, l'ambiente e i beni culturali».

In questo ambito, gli standard sono limiti minimi, derogabili dalle regioni solo nella direzione dell'innalzamento della tutela, onde evitare che, come rileva codesta ecc.ma Corte, richiamando sul punto un precedente arresto del Consiglio di Stato (sezione IV, n.

679/2009), «Eventuali legislatori regionali, prodighi di facolta' edificatorie, finiscano con il frustrare la ratio della disciplina in commento, compromettendo in modo tendenzialmente irreversibile interessi di rango costituzionale»: ragione per la quale «l'art. 9 individua un principio fondamentale della legislazione statale tale da condizionare necessariamente quella regionale a regolare solo in senso piu' restrittivo l'edificazione (Consiglio di Stato, sezione quarta, 12 marzo 2010, n. 1461)» (Corte cost. n. 84/2017 cit.)

 

P.Q.M.  

Il Presidente del Consiglio dei ministri propone il presente ricorso e confida nell'accoglimento delle seguenti conclusioni:   «Voglia l'ecc.ma Corte costituzionale dichiarare costituzionalmente illegittimi l'art. 2, comma 2 e l'art. 4, comma 1, lettera e) della legge della Regione Campania 22 giugno 2017, n. 19.

Unitamente all'originale notificato del presente ricorso, si depositano:   1) copia della legge regionale;   2) copia conforme della delibera del Consiglio dei ministri adottata nella riunione del 7 agosto 2017, recante la determinazione di proposizione del presente ricorso, con allegata relazione illustrativa.

Roma, 18 agosto 2017     L'avvocato dello Stato: D'Avanzo