RICORSO N. 53 DEL 4 AGOSTO 2017 (DELLA REGIONE LIGURIA)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 4 agosto 2017.

(GU n. 36 del 06.09.2017)

Ricorso della Regione Liguria (c.f. e partita IVA n. 00849050109) in persona del Presidente in carica dott. Giovanni Toti, a cio' autorizzato con delibera della Giunta regionale n. 603 del 21 luglio 2017, rappresentato e difeso per mandato a margine dall'avv. Barbara Baroli dell'Avvocatura regionale (c.f. BRLBBR55L54D969W; pec: barbara.barolimariniello@ordineavvgenova.it) e dall'avv. Gabriele Pafundi del foro di Roma (c.f.: PFNGRL57B09H501K; pec: gabriele.pafundi@ordineavvocatiroma.org; fax: 06 3212646), con domicilio eletto presso l'avv. Pafundi in Roma, viale Giulio Cesare n. 14;   Contro la Presidenza del Consiglio dei ministri in persona del Presidente del Consiglio in carica per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 39 del decreto-legge n. 50 del 24 aprile 2017, recante: «Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo», convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 23 giugno 2017, n. 144, S.O.

Fatto  

L'art. 39 del decreto-legge n. 50 del 2017 (conv. in legge n. 96 del 2017) e' intitolato: «Trasferimenti regionali a province e citta' metropolitane per funzioni conferite» e recita:   1. ai fini del coordinamento della finanza pubblica, per il quadriennio 2017-2020, una quota del 20 per cento del fondo di cui all'art. 16-bis, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e' riconosciuta a condizione che la regione entro il 30 giugno di ciascun anno abbia certificato, in conformita' alla legge regionale di attuazione dell'Accordo sancito tra Stato e regioni in sede di Conferenza unificata dell'11 settembre 2014, l'avvenuta erogazione a ciascuna provincia e citta' metropolitana del rispettivo territorio delle risorse per l'esercizio delle funzioni ad esse conferite. La predetta certificazione e' formalizzata tramite intesa in Conferenza unificata da raggiungere entro il 10 luglio di ciascun anno;   2. in caso di mancata intesa, il riconoscimento in favore della regione interessata del 20 per cento del fondo per il trasporto pubblico locale di cui al comma 1 e' deliberato dal Consiglio dei ministri su proposta del Dipartimento per gli affari regionali».

La norma, sganciata e contraddittoria tanto rispetto alla filosofia che presiede all'intero decreto-legge n. 50/2017, quanto rispetto alle regole del Fondo di cui all'art. 16-bis, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Fondo nazionale per il concorso dello Stato agli oneri per il trasporto pubblico locale - d'ora in poi «Fondo») produce effetti dirompenti per le regioni e per gli enti locali.

Infatti, costituisce effetto immediato della norma impugnata che ben il 20% del Fondo che lo Stato trasferisce alle regioni per il TPL diventa non accertabile nei bilanci regionali, e quindi non utilizzabile fino al verificarsi di un evento futuro ed incerto (come il raggiungimento dell'intesa in Conferenza unificata).

Il che si traduce in una immediata decurtazione di pari importo delle relative erogazioni agli enti titolari della gestione del servizio, e nella conseguente elusione del principio di certezza delle entrate destinate ad un servizio pubblico essenziale, come il TPL.

Per la Regione Liguria, che attinge al Fondo nazionale per una quota pari a 195,34 milioni di euro, l'importo non accertabile e' quantificato in € 39,07 milioni di euro.

Considerando che anche Regione Liguria, al pari, si presume, delle altre regioni, ha nel frattempo gia' anticipato a province e citta' metropolitana quote del Fondo, onde scongiurare interruzioni del servizio pubblico, l'applicazione dell'art. 39 comporterebbe il recupero da parte regionale delle somme anticipate, con sicura impossibilita' di assicurare il funzionamento del servizio.

La norma confligge con numerosi parametri costituzionali ed e' lesiva di prerogative regionali costituzionalmente tutelate.

Se ne chiede, pertanto, l'annullamento sulla base delle seguenti motivazioni di  

Diritto  

1. Illegittimita' costituzionale dell'art. 39 decreto-legge n. 50 del 2017 per violazione dei principi di proporzionalita' e di ragionevolezza nonche' di rispondenza logica alle dichiarate finalita' di coordinamento della finanza pubblica (art. 3 della Costituzione);   La disposizione legislativa che si impugna viola il principio rubricato per plurime ragioni.

1.a) In primo luogo, a fronte di dichiarate finalita' di «coordinamento della finanza pubblica» l'art. 39 manca di qualsiasi corrispondenza con tale finalita'.

Invero, il potere esercitato nei fatti dalla norma oggetto di impugnativa non rispetta le condizioni di esercizio della competenza statale di coordinamento finanziario delineate a piu' riprese da questa Corte a tutela dell'autonomia delle regioni; (v. infra).

E' vero, invece, che - laddove la norma destina l'erogazione della quota del 20% del Fondo a quelle sole regioni che abbiano certificato entro il 30 giugno di ogni anno l'avvenuta erogazione a ciascuna provincia e citta' metropolitana delle risorse per l'esercizio delle funzioni ad esse conferite a seguito del riordino istituzionale avvenuto a seguito della legge 7 aprile 2014, n. 56 - persegue, in realta', finalita' di tipo sanzionatorio nei confronti delle regioni, ancor piu' irragionevoli in quanto nemmeno collegate a criticita' interne al settore dei trasporti, rispetto alle quali voler introdurre penalizzazioni con effetti di deterrenza, giacche' la riduzione del 20% del Fondo trasporti concerne la mancata certificazione di erogazioni alle province in tutti gli ambiti in cui ogni Regione abbia attribuito funzioni alle province medesime.

Infatti, l'impugnato art. 39 fa riferimento alla legge regionale di attuazione dell'accordo sancito tra Stato e regioni in sede di Conferenza unificata dell'11 settembre 2014 e quindi a tutte le funzioni oggetto del riordino istituzionale, a seguito della legge 7 aprile 2014, n. 56.

Accade in tal modo che lo sblocco della quota (20%) di un Fondo che serve per finanziare specificamente il trasporto pubblico locale vien fatto dipendere - del tutto irragionevolmente - dalla soluzione di aspetti economici che trascendono completamente il settore del TPL, con il risultato finale di impedire di fatto la programmazione/ organizzazione / gestione /soddisfazione dei fabbisogni del TPL.

Appare evidente la violazione del rubricato parametro costituzionale.

1.b) L'art. 39 del decreto-legge n. 50/2017 appare irragionevole sotto un ulteriore profilo.

Esso, invero, si pone in rotta di collisione con la precedente disposizione di cui all'art. 27, commi 2 lettera e) e 4 del medesimo decreto-legge.

Trattasi della norma che fornisce le regole di funzionamento del Fondo, prevedendone:   l'esatta quantificazione annuale;   le modalita' del riparto, che avviene con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il MEF, previa intesa con la Conferenza unificata (art. 27, alinea del comma 2);   i criteri di riparto (art. 27, comma 2, lettere da a) ad e).

Tra tali criteri figura quello «di chiusura» enunciato al comma 2, lettera e), secondo il quale: «in ogni caso, al fine di garantire una ragionevole certezza delle risorse finanziarie disponibili, il riparto derivante dall'attuazione delle lettere da a) a d) non puo' determinare per ciascuna regione una riduzione annua maggiore del cinque per cento rispetto alla quota attribuita nell'anno precedente; ove l'importo complessivo del Fondo nell'anno di riferimento sia inferiore a quello dell'anno precedente, tale limite e' rideterminato in misura proporzionale alla riduzione del Fondo medesimo. Nel primo quinquennio di applicazione il riparto non puo' determinare per ciascuna regione, una riduzione annua maggiore del 10 per cento rispetto alle risorse trasferite nel 2015; ove l'importo complessivo del Fondo nell'anno di riferimento sia inferiore a quello del 2015, tale limite e' rideterminato in misura proporzionale alla riduzione del Fondo medesimo».

A sua volta, il comma 4 dell'art. 27 prevede che nelle more dell'emanazione del decreto di riparto, entro il 15 gennaio di ciascun anno, e' ripartito tra le regioni, a titolo di anticipazione, l'ottanta per cento dello stanziamento del Fondo. L'anticipazione e' effettuata sulla base delle percentuali attribuite a ciascuna regione l'anno precedente. Le risorse erogate a titolo di anticipazione sono oggetto di integrazione, di saldo o di compensazione con gli anni successivi. La relativa erogazione alle regioni a statuto ordinario e' disposta con cadenza mensile.

La lettura congiunta dell'impugnato art. 39 e dei sopra riportati commi dell'art. 27 dello stesso decreto-legge porta al contraddittorio risultato che le regioni possano beneficiare di un'anticipazione solo apparentemente pari all'80% dello stanziamento del Fondo, ma in realta' pari al solo 64% (l'80% dell'80%), vista l'esistenza della decurtazione 'sanzionatoria' del 20% introdotta dall'art. 39.

Violazione dell'art. 97 della Costituzione.

La norma impugnata viola il principio di buon andamento dell'azione amministrativa sotto plurimi aspetti.

In primo luogo: riconoscendo la quota del 20% del Fondo alle sole regioni che abbiano effettuato la certificazione delle risorse alle province e citta' metropolitane, si produce nei fatti una differenziazione di finanziamento tra regione e regione, abdicando alla imprescindibile necessita' di assicurare livelli di omogeneita' nella resa del servizio su tutto il territorio nazionale, come ha piu' volte ricordato anche la giurisprudenza di questa Corte.

In secondo luogo: la disposizione impugnata interviene con effetti pregiudizievoli del principio rubricato sulla provvista finanziaria destinata ai contratti di servizio in corso, esponendo le PP-AA. contraenti al rischio di sicuro contenzioso.

Sotto ulteriore profilo: l'art. 97 della Costituzione appare violato in quanto viene meno la certezza della provvista correlata al 20% del Fondo, ora forzatamente collegata da parte della norma impugnata ad eventi futuri e incerti quali:   l'avvenuta certificazione di erogazioni (collegate, come si e' visto, addirittura all'intero delle funzioni conferite a seguito del riordino istituzionale ex legge n. 56/2014);   il raggiungimento di intesa in Conferenza unificata.

Le incognite sul raggiungimento dell'Intesa in settori di notevole vastita' (e comunque, si ripete: che nulla hanno a che fare col TPL) costituiscono ostacoli diretti ad aggravare le incertezze sulla quantificazione delle risorse effettivamente disponibili; conseguentemente: si rende incerta anche la programmazione dei servizi di TPL ed, in definitiva, la loro effettiva resa sul territorio.

Violazione art. 117, terzo comma della Costituzione.

L'art. 39 oggetto di impugnativa viola l'art. 117, terzo comma della Costituzione, affermando di agire per finalita' di «coordinamento della finanza pubblica», ossia nell' ambito di materia di legislazione concorrente, pur in assenza delle condizioni individuate da questa Corte per agire in tale ambito competenziale.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, il legislatore statale puo' imporre agli enti autonomi vincoli alle politiche di bilancio (ancorche' si traducano, inevitabilmente, in limitazioni indirette alla loro autonomia di spesa) solo con «disciplina di principio», «per ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari» (sentenze n.

36 del 2004; n. 376 del 2003 e nn. 4 e 390 del 2004).

Affinche' detti vincoli possano considerarsi rispettosi dell'autonomia delle Regioni, essi debbono avere ad oggetto o l'entita' del disavanzo di parte corrente oppure - ma solo «in via transitoria ed in vista di specifici obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica perseguiti dal legislatore statale» - la crescita della spesa corrente degli enti autonomi; in altri termini, la legge statale puo' stabilire solo un «limite complessivo, che lascia agli enti stessi ampia liberta' di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa».

Da ultimo, questa Corte si e' espressa sul punto tramite la sentenza n. 64 del 2016 la quale, sebbene abbia dato una lettura maggiormente estensiva della competenza statale in tema di coordinamento finanziario, ha tuttavia ribadito che le disposizioni statali che introducono restrizioni nei confronti dei bilanci regionali sono ammissibili solo alla duplice condizione che prevedano un limite complessivo alla spesa corrente e che abbiano il carattere della transitorieta'.

Nulla di tutto cio' accade nel caso di specie, ove viene contrabbandato come esercizio del potere di «coordinamento della finanza pubblica» l'imposizione di una decurtazione che va ad incidere in modo puntuale sull'ammontare di una voce di bilancio della Regione Liguria dedicata al TPL, senza nessuna garanzia di transitorieta', essendo fin troppo palese la necessita' di «far cassa» da parte dello Stato ad esclusivo detrimento delle regioni.

Violazione art. 117, quarto comma della Costituzione.

La prevista decurtazione del 20% limita, quindi, le competenze regionali in materia di trasporto pubblico locale, materia che, com'e' noto, e' attribuita in via esclusiva alle Regioni ai sensi dell'art. 117 quarto comma della Costituzione (sentenza n. 142 del 2008, n. 452 del 2007; n. 80 del 2006; n. 222 del 2005).

Violazione dall'art. 119, comma 1 della Costituzione.

L'art. 39 impugnato contrasta con il meccanismo di finanziamento delle funzioni delineato nell'art. 119 della Costituzione, in quanto taglia il finanziamento del trasporto pubblico locale in modo arbitrario, senza alcuna correlazione con la programmazione e gestione del servizio e con le necessita' del medesimo.

Violazione del principio di leale collaborazione: la disposizione infine e' ulteriormente incostituzionale perche' non rispetta il principio della leale collaborazione in quanto, al secondo comma, prevede un potere sostitutivo nei confronti delle Regioni non conforme all'art. 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), il quale assegna all'ente inadempiente un congruo termine per provvedere e prevede l'audizione dell'ente inadempiente da parte del Consiglio dei ministri, nonche' la partecipazione del Presidente della Regione interessata alla riunione del Consiglio dei ministri che adotta i provvedimenti necessari.

 

P.Q.M.  

Si chiede che, in accoglimento del presente ricorso, venga dichiarata la illegittimita' costituzionale dell'art. 39 del decreto-legge n. 50 del 24 aprile 2017, come convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96.

Si deposita delibera G.R. n. 603 del 2017 di autorizzazione alla proposizione del giudizio.

Genova-Roma, 31 luglio 2017     Avv. Baroli - Avv. Pafundi