RICORSO N. 47 DEL 7 LUGLIO 2017 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 7 luglio 2017.

(GU n. 31 del 02.08.2017)

Ricorso ai sensi dell'art. 127 Cost. del Presidente del consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, nei cui uffici domicilia in Roma dei Portoghesi, 12   Contro la Regione Abruzzo, in persona del Presidente in carica per l'impugnazione della legge regionale dell'Abruzzo 27 aprile 2017, n. 30, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Abruzzo n.

54 del 10 maggio 2017, rubricata «Tutela del legittimo affidamento dei concessionari balneari», in relazione al suo art. 3, comma 3.

La legge regionale dell'Abruzzo n. 30 del 2017 ha la finalita', illustrata nel suo art. 1, di garantire in tutto il territorio regionale:   l'esercizio omogeneo delle funzioni amministrative in materia di uso del demanio marittimo ricreativo da parte dei comuni costieri (comma 1);   il rilascio di nuove concessioni demaniali marittime su aree disponibili con finalita' turistico-ricreative in base a procedure di selezione tra i candidati potenziali ispirate a criteri di imparzialita', trasparenza, valorizzazione delle attivita' imprenditoriali e tutela degli investimenti, «cosi' come previsto dall'art. 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194 (Proroga dei termini previsti da disposizioni legislative) convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, legge 26 febbraio 2010, n. 25» (1) . Cio', «nelle more della revisione del riordino della materia delle concessioni demaniali marittime con finalita' turistico-ricreative in conformita' ai principi di derivazione europea» (comma 2);   adeguate e omogenee condizioni di sviluppo per le micro, piccole e medie imprese turistico-ricreative operanti in ambito demaniale marittimo (comma 3);   la tutela dell'affidamento di concessioni demaniali marittime con finalita' turistico-ricreative «nei limiti precisati dal diritto eurounitario» (comma 4).

A fronte dell'enunciazione di tali obiettivi, disposizioni immediatamente precettive - fatta eccezione per le disposizioni finanziarie dell'art. 4 e quelle sull'entrata in vigore dell'art. 5 - sono contenute esclusivamente nell'art. 3, rubricato «Funzioni della Regione e dei Comuni».

I primi due commi di questo articolo delineano le funzioni rispettivamente assegnate alla Regione e ai comuni.

Il successivo comma 3 prevede quanto segue:   «Nell'esercizio delle proprie funzioni i Comuni garantiscono che il rilascio di nuove concessioni avvenga senza pregiudizio del legittimo affidamento degli imprenditori balneari rilasciate anteriormente al 31 dicembre 2009».

La norma e' illegittima per il seguente  

M o t i v o  

In relazione all'art. 117, secondo comma, lettere e) e l), Cost.

violazione della potesta' legislativa esclusiva dello Stato nelle materie della «tutela della concorrenza» e dell'«ordinamento civile».

La portata e gli obiettivi dell'intervento regionale risulterebbero scarsamente intellegibili senza un inquadramento dell'intervento medesimo nel contesto che attualmente caratterizza il settore delle concessioni del demanio marittimo a uso turistico-ricreativo.

Prima di entrare nel merito delle censure che si andranno a proporre, sembra quindi opportuno, da un lato, ripercorrere le vicende normative che hanno caratterizzato l'adeguamento dell'ordinamento nazionale alle contestazioni che la Commissione europea ha formulato nell'ambito della procedura d'infrazione n.

2008/4908 e, dall'altro lato, dare conto delle circostanze che caratterizzano il procedimento pregiudiziale di cui alle cause riunite C-458/14, Promoimpresa, e C-67/15, Melis e a., originate da rinvio disposto da due tribunali amministrativi regionali italiani, che e' stato recentemente definito dalla Corte di giustizia dell'Unione europea.

Quanto alla procedura di infrazione, essa fu avviata nel febbraio del 2009 dalla Commissione europea, la quale censurava il fatto che in Italia l'attribuzione delle concessioni demaniali marittime per finalita' ricreative si basasse su un sistema di preferenza per il concessionario uscente, se non addirittura di puro e semplice rinnovo automatico della concessione gia' assentata.

La Commissione ha quindi chiesto di modificare le disposizioni normative nazionali che producevano tale effetto, ossia l'art. 37 del codice della navigazione e l'art. 01, comma 2, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400 - le quali prevedevano, rispettivamente, il c.d.

diritto d'insistenza del concessionario uscente e il rinnovo automatico delle concessioni sessennali - cosi' da passare a un sistema basato su concessioni di durata massima di 20/25 anni da attribuire mediante procedure di evidenza pubblica.

Nella prima fase della procedura, le contestazioni della Commissione si sono appuntate sulla contrarieta' del regime nazionale alle norme del diritto primario dell'Unione e, in particolare, all'art. 43 dell'allora Trattato CE (ora art. 49 del TFUE), in materia di liberta' di stabilimento, in ragione della barriera all'ingresso che tale regime introduceva nei confronti delle imprese dell'Unione europea, alle quali non era concessa la possibilita', alla scadenza della concessione, di prendere il posto del vecchio gestore.

L'interpretazione, come noto, e' stata condivisa da codesta Corte costituzionale, nella sentenza n. 180 del 2010, che - occupandosi di una legge delle Regione Emilia-Romagna che attribuiva ai titolari di concessioni demaniali marittime il diritto a una proroga della durata della concessione fino ad un massimo di 20 anni - ha dichiarato che simili previsioni determinano una «ingiustificata compressione dell'assetto concorrenziale del mercato della gestione del demanio marittimo, (...), violando il principio di parita' di trattamento (detto anche "di non discriminazione"), che si ricava dagli artt. 49 e seguenti del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in tema di liberta' di stabilimento, favorendo i vecchi concessionari a scapito degli aspiranti nuovi». Tale indirizzo e' stato, poi, ribadito nelle sentenze n. 340 del 2010 e n. 213 del 2011, relative ad altre leggi regionali.

Per superare le contestazioni della Commissione, e' stata inserita, nell'art. 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194 (c.d. «mille proroghe»), una disposizione che ha abrogato l'art. 37, comma 2, del codice della navigazione (ossia la norma che prevedeva il diritto d'insistenza), nel contempo prorogando le concessioni in essere al 31 dicembre 2015, onde consentire, nelle more di tale scadenza, l'adozione di una normativa che disciplinasse l'affidamento delle concessioni attraverso procedure di evidenza pubblica (la disposizione e' stata riportata nella nota a pie' di pag. 1, sia pure nelle versione successivamente modificata).

In fase di conversione del decreto-legge, in questa stessa disposizione fu, tuttavia, inserito dal Parlamento un inciso che faceva salva l'applicabilita' del disposto dell'art. 1, comma 2, del decreto-legge n. 400 del 1993, il quale prevedeva un meccanismo di rinnovo automatico delle concessioni sessennali.

La circostanza ha impedito la chiusura della procedura d'infrazione.

La Commissione europea ha infatti comunicato, il 5 maggio 2010, una lettera di c.d. «messa in mora complementare» con cui, oltre ad agganciare l'incompatibilita' della normativa dell'Unione anche all'art. 12 della Direttiva 2006/123/CE (c.d. «Direttiva Servizi» o «Bolkestein»), entrata nel frattempo in vigore (28 dicembre 2009), ha chiesto di correggere l'art. 1, comma 18, del decreto «mille proroghe», espungendo il rinvio al meccanismo di rinnovo automatico previsto dal citato decreto-legge n. 400/1993.

Nella lettera di messa in mora complementare, la Commissione - oltre a ribadire la contrarieta' al Trattato dei meccanismi di proroga automatica o di preferenza del concessionario uscente - ha messo in evidenza che l'art. 12 della direttiva Bolkestein prescrive che, qualora il numero di «autorizzazioni» disponibili per l'esercizio di un'attivita' economica sia limitato per via della scarsita' delle risorse naturali o delle capacita' tecniche utilizzabili, queste siano assentite attraverso procedure di selezione che assicurino imparzialita' e trasparenza e prevedano un'adeguata pubblicita' dell'avvio della sua procedura e del suo svolgimento. Questo articolo vieta inoltre, al secondo paragrafo, il rinnovo automatico di tali autorizzazioni o l'attribuzione di qualsiasi «vantaggio» al titolare uscente o a persone che si trovino in particolari rapporti con esso (2) .

Per «autorizzazione», secondo le definizioni contenute nella direttiva, deve intendersi «qualsiasi procedura che obbliga un prestatore o un destinatario a rivolgersi ad un'autorita' competente allo scopo di ottenere una decisione formale o una decisione implicita relativa all'accesso ad un'attivita' di servizio o al suo esercizio». La definizione, pertanto, si attaglia a qualsiasi attivita' economica il cui svolgimento postuli l'emissione di una decisione di un'attivita' pubblica. In tale nozione, a giudizio della Commissione, doveva ricomprendersi anche l'attivita' turistico-balneare, considerato che il suo esercizio e' condizionato dal previo rilascio di una concessione sui beni del demanio marittimo.

Per superare definitivamente le contestazioni della Commissione, e' stato quindi approvato, in seno alla legge 15 dicembre 2011, n.

217 (legge comunitaria 2010), un art. 11 («Modifiche al decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494. Procedura d'infrazione n. 2008/4908. Delega al Governo in materia di concessioni demaniali marittime»), che ha eliminato ogni rinvio al regime del rinnovo automatico delle concessioni (3) .

Cio' ha consentito l'archiviazione della procedura di infrazione, avvenuta con decisione della Commissione del 27 febbraio 2012.

L'art. 11 della legge comunitaria 2010 conferiva anche una delega legislativa per la revisione e il riordino della normativa relativa alle concessioni demaniali marittime, ma il relativo termine di quindici mesi e' spirato senza che la delega fosse esercitata.

Cio' si deve essenzialmente al fatto che, con l'art. 34-duodecies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (inserito dalla legge di conversione del 17 dicembre 2012, n. 221), il termine di durata delle concessioni demaniali marittime a uso turistico-ricreativo in essere e' stato prorogato al 31 dicembre 2020.

La proroga ope legis ha costituito oggetto dei rinvii pregiudiziali disposti da due tribunali amministrativi regionali (il T.A.R. della Lombardia e il T.A.R. della Sardegna) che, in sintesi, si sono interrogati sulla compatibilita' della detta proroga con i principi stabiliti nel Trattato e nel diritto derivato dell'Unione europea (segnatamente, nell'art. 12 della direttiva Bolkestein).

In data 14 luglio 2016 e' stata depositata la sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea (in prosieguo, la «sentenza Promoimpresa e a.»).

Ai fini che qui rilevano, la sentenza si segnala per avere confermato che, in linea di principio, le concessioni demaniali in questione rientrano nel campo di applicazione della direttiva 2006/123/CE e, in particolare, del suo art. 12 (pur residuando, nei casi di specie, un apprezzamento di fatto - rimesso al giudice nazionale - circa la natura «scarsa», o meno, della risorsa attribuita in concessione (4) ).

In particolare, essa ha ritenuto che le concessioni possono «essere qualificate come "autorizzazioni", ai sensi delle disposizioni della direttiva 2006/123, in quanto costituiscono atti formali, qualunque sia la loro qualificazione nel diritto nazionale, che i prestatori devono ottenere dalle autorita' nazionali al fine di poter esercitare la loro attivita' economica» (cfr. punto 41 della sentenza).

La Corte di giustizia ha, peraltro, anche affermato che l'eventuale inapplicabilita' delle disposizioni della direttiva non esimerebbe le autorita' concedenti dall'affidare le concessioni che abbiano un interesse transfrontaliero certo - che siano, cioe', tali da poter ragionevolmente suscitare l'interesse economico di un operatore economico situato in un altro Stato membro dell'Unione - nel rispetto delle regole fondamentali del TFUE e, in particolare, del principio di non discriminazione (5) .

Da ultimo, la sentenza chiarisce che una disparita' di trattamento tra i concessionari esistenti e gli operatori economici che aspirano alla concessione puo', a determinate, condizioni «essere giustificata da motivi imperativi di interesse generale, in particolare dalla necessita' di rispettare il principio della certezza del diritto», tuttavia poi escludendo che, nei due casi di specie, potesse farsi questione di tutela del legittimo affidamento, giacche' le concessioni controverse erano state affidate in un'epoca in cui gli interessati non potevano legittimamente confidare sulla stabilita' dei rapporti concessori in misura maggiore di quanto consentito dai principi del diritto dell'Unione.

All'indomani del deposito della sentenza della Corte di giustizia - la quale, nella sostanza, chiariva che era passibile di disapplicazione la proroga al 2020 delle concessioni esistenti, disposta dall'art. 34-duodecies del decreto-legge n. 179 del 2012 - il Parlamento, senza abrogare tale disposizione, e' intervenuto inserendo, in sede di conversione del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113, un comma 3-septies all'art. 25, del seguente tenore: «Nelle more della revisione e del riordino della materia in conformita' ai principi di derivazione europea, per garantire certezza alle situazioni giuridiche in atto e assicurare l'interesse pubblico all'ordinata gestione del demanio senza .soluzione di continuita', conservano validita' i rapporti gia' instaurati e pendenti in base all'art. 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25» (6) .

Successivamente, in data 15 febbraio 2017, il Governo ha presentato al Parlamento un disegno di legge recante «Delega al Governo per la revisione e il riordino della normativa relativa alle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali ad uso turistico-ricreativo» (Atto Camera 4302).

Da ultimo, merita richiamare una nuova pronuncia di codesta Corte, la sentenza n. 40 del 2017, nella quale - in linea di continuita' con tutta la precedente giurisprudenza in materia (cfr.

le citate sentenze numeri 180, 233 e 340 del 2010, n. 213 del 2011 e n. 171 del 2013) - si e' confermato che la disciplina dei criteri e delle modalita' di affidamento delle concessioni, nel cui contesto «particolare rilevanza (...) assumono i principi della libera concorrenza e della liberta' di stabilimento, previsti dalla normativa comunitaria e nazionale», investe un ambito di competenze riservate alla legislazione statale e interviene in un settore nel quale insistono principi di derivazione europea, che la legislazione nazionale deve rispettare.

Nel descritto quadro, l'intervento normativo regionale si propone, come si e' visto, di tutelare l'affidamento degli operatori che siano, ad attualita', titolari di una concessione balneare.

Ora, la citata sentenza Promoimpresa e a. ha chiarito che la circostanza che nell'ordinamento interno, fino al 31 dicembre 2009, fosse previsto il diritto di insistenza e/o il rinnovo automatico della concessione ogni sei anni, non e' sufficiente a costituire un legittimo affidamento in capo a tutti i concessionari esistenti.

Secondo la Corte di giustizia dell'Unione europea l'unico affidamento tutelabile e' quello che si e' costituito sulla base di una situazione conforme al diritto dell'Unione: altro e' avere ottenuto una concessione priva di interesse transfrontaliero certo in un periodo antecedente alla scadenza della direttiva Bolkestein (situazione che, come si e' visto, non ha rilievo per l'ordinamento dell'Unione), altro e' avere ottenuto una concessione che, invece, aveva tale portata o averla ottenuta dopo l'armonizzazione realizzata dalla direttiva.

Ne consegue che il titolare di una concessione di interesse transfrontaliero certo, sia pure assentita prima dell'entrata in vigore della direttiva servizi, non poteva legittimamente confidare sui vantaggi conferiti, in violazione dei Trattati europei, dalla norma nazionale; d'altra parte, il titolare di una concessione assentita dopo la scadenza della direttiva Bolkestein (28 dicembre 2009) non potrebbe invocare il legittimo affidamento neanche in assenza di tale interesse transfrontaliero certo, perche' l'armonizzazione realizzata dalla direttiva rende irrilevante la verifica in concreto di tale interesse.

Si vede, quindi, come la questione dell'esistenza di una situazione di legittimo affidamento andrebbe verificata caso per caso.

La norma regionale, per converso, parametra la sussistenza di un legittimo affidamento a un dato formale, di diritto nazionale: il riferimento alle «concessioni rilasciate anteriormente al 31 dicembre 2009» allude, evidentemente, alla data di entrata in vigore del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, richiamato nell'art. 1 della legge regionale. Ed essa non opera, relativamente alle concessioni rilasciate prima di tale data, alcuna distinzione tra situazioni che manifestino, o meno, interesse transfrontaliero certo.

Il problema puo' tuttavia essere superato attraverso l'interpretazione sistematica, considerato che l'art. 1, comma 4, della medesima legge regionale - sia pure nel quadro dell'enunciazione degli obiettivi dell'intervento regionale - indica che la volonta' della legge e' di tutelare l'affidamento «nei limiti precisati dal diritto eurounitario».

Questo riferimento consente, verosimilmente, di escludere la diretta contrarieta' della legge regionale con il diritto dell'Unione europea (vizio che, in effetti, non viene denunciato con il presente ricorso).

Residua, nondimeno, l'evidente invasione della sfera di competenza esclusiva riservata alla legge statale nelle materie della tutela della concorrenza e dell'ordinamento civile.

Infatti, anche volendo escludere che la legge regionale assegni alla competenza della Regione medesima, ovvero dei comuni (nell'esercizio delle funzioni di rilascio delle concessioni che la legge ad essi attribuisce), la selezione dei casi rilevanti - ma rinvii implicitamente alle norme statali, espressione della competenza in materia di ordinamento civile, e ai limiti imposti dal diritto dell'Unione europea - e' chiaro che anche la sola scelta delle modalita' attraverso le quali tutelare l'affidamento implica necessariamente l'esercizio di competenze esclusive statali nelle materie della tutela della concorrenza e dell'ordinamento civile.

La norma regionale, in altri termini, prefigura una tutela dell'affidamento secondo forme specifiche e proprie della Regione Abruzzo, in base a scelte rimesse ai comuni, cosi' trascurando che tali situazioni devono essere regolate in maniera uniforme sul piano nazionale, per le esigenze di disciplina della concorrenza e di parita' di trattamento, al cui presidio sono posti gli invocati titoli di competenza legislativa esclusiva dello Stato.

Che un simile risultato si annidi inevitabilmente nelle disposizioni della legge regionale lo si evince, a tutta evidenza, dalle disposizioni finanziarie contenute nell'art. 4, secondo cui dall'attuazione della legge regionale non discendono nuovi o maggiori oneri della finanza pubblica e agli adempimenti da essa previsti si deve provvedere ad invarianza di spesa per la Regione e le altre amministrazioni interessate.

In presenza di simili limiti, e' chiaro che le uniche forme di tutela che i comuni potranno garantire ai concessionari esistenti consisteranno o in una proroga dei loro titoli (attraverso la non inclusione delle aree da essi occupati tra quelle «disponibili», per le finalita' di cui all'art. 1 lettera b della legge medesima) ovvero nell'imposizione ai concessionari subentranti - sulla scia di quanto gia' disposto da altre leggi regionali impugnate dinnanzi a codesta Corte - dell'obbligo di indennizzare i concessionari uscenti.

Si tratta, in entrambi i casi, di soluzioni che - indipendentemente dalla loro liceita' - esorbitano manifestamente dalla sfera di competenza della Regione.

Di qui l'evidente illegittimita' della legge regionale, nei sensi denunciati in rubrica.

(1) Questo comma, come modificato dall'art, 34-duodecies, comma 1,  del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con  modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, dall'art. 1,  comma 547, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 e, infine,  dall'art. 1, comma 291, della legge 27 dicembre 2013, n. 147,  stabilisce quanto segue: «Ferma restando la disciplina relativa  all'attribuzione di beni a regioni ed enti locali in base alla  legge 5 maggio 2009, n. 42, nonche' alle rispettive norme di  attuazione, nelle more del procedimento di revisione del quadro  normativo in materia di rilascio delle concessioni di beni  demaniali marittimi lacuali e fluviali con finalita'  turistico-ricreative, ad uso pesca, acquacoltura ed attivita'  produttive ad essa connesse, e sportive, nonche' quelli destinati  a porti turistici, approdi e punti di ormeggio dedicati alla  nautica da diporto, da realizzarsi, quanto ai criteri e alle  modalita' di affidamento di tali concessioni, sulla base di  intesa in sede di Conferenza Stato-regioni ai sensi dell'art. 8,  comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, che e' conclusa nel  rispetto dei principi di concorrenza, di liberta' di  stabilimento, di garanzia dell'esercizio, dello sviluppo, della  valorizzazione delle attivita' imprenditoriali e di tutela degli  investimenti, nonche' in funzione del superamento del diritto di  insistenza di cui all'art. 37, secondo comma, secondo periodo,  del codice della navigazione, il termine di durata delle  concessioni in essere alla data di entrata in vigore del presente  decreto e in scadenza entro il 31 dicembre 2015 e' prorogato fino  al 31 dicembre 2020, fatte salve le disposizioni di cui all'art.

03, comma 4-bis, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400,  convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n.

494. All'art. 37, secondo comma, del codice della navigazione, il  secondo periodo e' soppresso».

(2) Si riporta, per maggior comodita' di lettura dei Giudicanti,  anche il testo dell'art. 12 della direttiva servizi, rubricato  «Selezione tra diversi candidati»: «1. Qualora il numero di  autorizzazioni disponibili per una determinata attivita' sia  limitato per via della scarsita' delle risorse naturali o delle  capacita' tecniche utilizzabili, gli Stati membri applicano una  procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti  garanzie di imparzialita' e di trasparenza e preveda, in  particolare, un'adeguata pubblicita' dell'avvio della procedura e  del suo svolgimento e completamento. 2. Nei casi di cui al  paragrafo 1 l'autorizzazione e' rilasciata per una durata  limitata adeguata e non puo' prevedere la procedura di rinnovo  automatico ne' accordare altri vantaggi al prestatore uscente o a  persone che con tale prestatore abbiano particolari legami. 3.

Fatti salvi il paragrafo 1 e gli articoli 9 e 10, gli Stati  membri possono tener conto, nello stabilire le regole della  procedura di selezione, di considerazioni di salute pubblica, di  obiettivi di politica sociale, della salute e della sicurezza dei  lavoratori dipendenti ed autonomi, della protezione  dell'ambiente, della salvaguardia del patrimonio culturale e di  altri motivi imperativi d'interesse generale conformi al diritto  comunitario». La disposizione e' stata recepita nell'ordinamento  nazionale dall'art. 16 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n.

59, il qual dispone quanto segue: «1. Nelle ipotesi in cui il  numero di titoli autorizzatori disponibili per una determinata  attivita' di servizi sia limitato per ragioni correlate alla  scarsita' delle risorse naturali o delle capacita' tecniche  disponibili, le autorita' competenti applicano una procedura di  selezione tra i candidati potenziali ed assicurano la  predeterminazione e la pubblicazione, nelle forme previste dai  propri ordinamenti, dei criteri e delle modalita' atti ad  assicurarne l'imparzialita', cui le stesse devono attenersi. 2.

Nel fissare le regole della procedura di selezione le autorita'  competenti possono tenere conto di considerazioni di salute  pubblica, di obiettivi di politica sociale, della salute e della  sicurezza dei lavoratori dipendenti ed autonomi, della protezione  dell'ambiente, della salvaguardia del patrimonio culturale e di  altri motivi imperativi d'interesse generale conformi al diritto  comunitario. 3. L'effettiva osservanza dei criteri e delle  modalita' di cui al comma 1 deve risultare dai singoli  provvedimenti relativi al rilascio del titolo autorizzatorio. 4.

Nei casi di cui al comma 1 il titolo e rilasciato per una durata  limitata e non puo' essere rinnovato automaticamente, ne' possono  essere accordati vantaggi al prestatore uscente o ad altre  persone, ancorche' giustificati da particolari legami con il  primo».

(3) Si riporta, di seguito, il testo originario dell'art. 11 della  legge comunitaria 2010: «1. Al fine di chiudere la procedura di  infrazione n. 2008/4908 avviata ai sensi dell'art. 258 del  Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, nonche' al fine  di rispondere all'esigenza degli operatori del mercato di  usufruire di un quadro normativo stabile che, conformemente ai  principi comunitari, consenta lo sviluppo e l'innovazione  dell'impresa turistico-balneare-ricreativa: a) il comma 2  dell'art. 01 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400,  convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n.

494, e successive modificazioni, e' abrogato; b) al comma 2-bis  dell'art. 01 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400,  convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n.

494, e successive modificazioni, le parole: «di cui al comma 2»  sono sostituite dalle seguenti: «di cui al comma 1 »; c) all'art.

03, comma 4-bis, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400,  convertito, con modificazioni dalla legge 4 dicembre 1993, n.

494, le parole: «Ferme restando le disposizioni di cui all'art.

01, comma 2,» sono soppresse ed e' aggiunto, in fine, il seguente  periodo: «Le disposizioni del presente comma non si applicano  alle concessioni rilasciate nell'ambito delle rispettive  circoscrizioni territoriali dalle autorita' portuali di cui alla  legge 28 gennaio 1994, n. 84». 2. Il Governo e' delegato ad  adottare, entro quindici mesi dalla data di entrata in vigore  della presente legge, su proposta del Ministro per i rapporti con  le regioni e per la coesione territoriale, di concerto con i  Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, dell'economia e  delle finanze, dello sviluppo economico, per la semplificazione  normativa, per le politiche europee e per il turismo, previa  intesa da sancire in sede di Conferenza unificata di cui all'art.

8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive  modificazioni, un decreto legislativo avente ad oggetto la  revisione e il riordino della legislazione relativa alle  concessioni demaniali marittime secondo i seguenti principi e  criteri direttivi: (...). 3. - 6. (...)».

(4) Cfr., in particolare, il punto 43 della decisione: «Per quanto  riguarda, piu' specificamente, la questione se dette concessioni  debbano essere oggetto di un numero limitato di autorizzazioni  per via della scarsita' delle risorse naturali, spetta al giudice  nazionale verificare se tale requisito sia soddisfatto. A tale  riguardo, il fatto che le concessioni di cui ai procedimenti  principali siano rilasciate a livello non nazionale bensi'  comunale deve, in particolare, essere preso in considerazione al  fine di determinare se tali aree che possono essere oggetto di  uno sfruttamento economico siano in numero limitato».

(5) Cfr. il punto 65 della sentenza: «(...) qualora siffatta  concessione presenti un interesse transfrontaliero certo, la sua  assegnazione in totale assenza di trasparenza ad un'impresa con  sede nello Stato membro dell'amministrazione aggiudicatrice  costituisce una disparita' di trattamento a danno di imprese con  sede in un altro Stato membro che potrebbero essere interessate  alla suddetta concessione. Una siffatta disparita' di trattamento  e', in linea di principio, vietata dall'art. 49 TFUE».

(6) Si deve qui segnalare che alcune prime decisioni di merito hanno  ritenuto passibile di disapplicazione anche tale disposizione, in  quanto, in buona sostanza, essa riprodurrebbe l'effetto censurato  dalla Corte di giustizia nella sentenza Promoimpresa e a., ossia  quello della proroga automatica dei titoli, in assenza di  qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati: in  questo senso si sono pronunciati il T.A.R. del Lazio, nella  sentenza n. 5573 del 2017, e il T.A.R. della Lombardia, nelle  sentenze numeri 153 e 959 del 2017. Di contrario avviso il T.A.R.

della Campania (sent. n. 911 del 2017).

 

P. Q. M.  

Alla stregua di quanto precede si confida che codesta ecc.ma Corte vorra' dichiarare l'illegittimita' dell'art. 3, comma 3, della legge regionale dell'Abruzzo 27 aprile 2017, n. 30.

Si produrra' copia autentica della deliberazione del Consiglio dei ministri del 28 giugno 2017, con l'allegata relazione.

Roma, 4 luglio 2017     L'Avvocato dello Stato: Fiorentino