RICORSO N. 43 DEL 7 GIUGNO 2017 (DELLA REGIONE VENETO)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 7 giugno 2017.

(GU n. 28 del 12.07.2017)

 

Ricorso proposto dalla Regione Veneto (C.F. 80007580279 - P.IVA 02392630279), in persona del Presidente dott. Luca Zaia (C.F.

ZAILCU68C27C957O), autorizzato con delibera della giunta regionale n.

714/2017, rappresentato e difeso, per mandato a margine del presente atto, tanto unitamente quanto disgiuntamente, dagli avv.ti Ezio Zanon (c.f. ZNNZEI57L07B563K, ezio.zanon@venezia.pecavvocati.it), Francesco Zanlucchi (c.f. ZNLFNC67R22L736U pec francesco.zanlucchi@venezia.pecavvocati.it - fax 0412794912) dall'avvocato Andrea Manzi del foro di Roma (c.f. MNZNDR64T26I804V - pec andreamanzi@ordineavvocatiroma.org - fax 063211370) con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo in Roma, via Confalonieri, 5;   Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale e' domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12 per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale delle seguenti disposizioni del decreto legislativo 6 marzo 2017, n. 40, avente ad oggetto «l'istituzione e la disciplina del servizio civile universale, a norma dell'art. 8 della legge 6 giugno 2016, n. 106», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale 3 aprile 2016, n. 78:   1) art. 4, comma 4, per violazione degli articoli 117, commi 3 e 4, e 120 della Costituzione;   2) art. 5, comma 5 per violazione degli articoli 117, commi 3 e 4, e 120 della Costituzione;   3) art. 7, comma 1, lettera d), per violazione degli articoli 119, comma 1, della Costituzione;  

Motivi  

1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 4, per violazione degli articoli 117, commi 3 e 4, e 120 della Costituzione.

Il provvedimento legislativo 6 marzo 2017, n. 40, oggetto del presente ricorso, istituisce e disciplina il servizio civile universale.

Il servizio civile costituisce un'attivita' che storicamente e' stata costituita quale forma alternativa del servizio militare di leva quando questo rappresentava un dovere civile obbligatorio per il cittadino.

Tradizionalmente esso e' percio' stato annoverato quale forma di difesa non armata dello Stato e quindi trova il suo riferimento nell'art. 52 della Costituzione e tra le materie a competenza esclusiva del legislatore statale ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera d) della Costituzione.

Peraltro, come giustamente osservato da codesta ecc.ma Corte, la riserva allo Stato della competenza a disciplinare il servizio civile nazionale, «non comporta pero' che ogni aspetto dell'attivita' dei cittadini che svolgono detto servizio ricada nella competenza statale.

Vi rientrano certamente gli aspetti organizzativi e procedurali del servizio. Questo, in concreto, comporta lo svolgimento di attivita' che investono i piu' diversi ambiti materiali, come l'assistenza sociale, la tutela dell'ambiente, la protezione civile: attivita' che, per gli aspetti di rilevanza pubblicistica, restano soggette alla disciplina dettata dall'ente rispettivamente competente, e dunque, se del caso, alla legislazione regionale o alla normativa degli enti locali, fatte salve le sole specificita' direttamente connesse alla struttura organizzativa del servizio e alle regole previste per l'accesso ad esso» (cfr. Corte costituzionale, 16 luglio 2004, n. 228).

L'intersecarsi nel servizio civile universale di una sfera di competenza statale e di una sfera di competenza regionale e' confermato, nel caso di specie, dall'art. 3 del decreto legislativo 6 marzo 2017, n. 40, il quale, individuando i settori di intervento «nei quali si realizzano le finalita' del servizio civile universale» indica tra questi:   a) l'assistenza;   b) la protezione civile;   c) il patrimonio ambientale e la riqualificazione urbana;   d) il patrimonio storico, artistico e culturale;   e) l'educazione e la promozione culturale e lo sport;   f) l'agricoltura in zona di montagna, l'agricoltura sociale e le biodiversita';   g) la promozione della pace tra i popoli, della nonviolenza e della difesa non armata; la promozione e la tutela dei diritti umani; la cooperazione allo sviluppo; la promozione della cultura italiana all'estero e sostegno alle comunita' di italiani all'estero.

Da questa elencazione e' di tutta evidenza che gli ambiti d'intervento sono in molti casi riconducibili alla competenza concorrente od esclusiva delle Regioni.

In particolare intersecano le materie contemplate dall'art. 117, comma 3, la protezione civile, il patrimonio ambientale (valorizzazione dei beni ambientali), la riqualificazione urbana (governo del territorio) il patrimonio storico, artistico e culturale (valorizzazione dei beni culturali, promozione e organizzazione delle attivita' culturali), l'educazione (istruzione), la promozione culturale e dello sport e la promozione della cultura italiana all'estero (promozione delle attivita' culturali).

Mentre rientrano per lo piu' nella competenza residuale esclusiva delle Regioni, l'agricoltura in zona di montagna, l'agricoltura sociale.

Inoltre le Regioni concorrono in vario modo alla tutela delle biodiversita', alla promozione della pace tra i popoli, della nonviolenza e al sostegno alle comunita' di italiani all'estero.

Anche l'assistenza, per la parte che non attiene alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali, rientra nella competenza regionale.

Secondo un diverso profilo va poi considerato che il legame dell'istituto del servizio civile con la difesa dello Stato e' venuto attenuandosi con la sospensione dell'obbligo della leva obbligatoria e con il venir meno dell'alternativita' tra il servizio di leva ed il servizio civile.

Questo aspetto e' stato colto dalla sentenza n. 119/2015 di codesta ecc.ma Corte, nella quale si legge che: «L'istituto del servizio civile ha subito una rilevante trasformazione a seguito dei ripetuti interventi legislativi che ne hanno modificato i contorni.

Dall'originaria matrice di prestazione sostitutiva del servizio militare di leva, che trovava il suo fondamento costituzionale nell'art. 52 della Costituzione, esso si qualifica ora come istituto a carattere volontario, al quale si accede per pubblico concorso.

L'ammissione al servizio civile consente oggi di realizzare i doveri inderogabili di solidarieta' e di rendersi utili alla propria comunita', il che corrisponde, allo stesso tempo, ad un diritto di chi ad essa appartiene.

In realta', e' lo stesso concetto di "difesa della Patria", nell'ambito del quale e' stato tradizionalmente collocato l'istituto del servizio civile, ad evidenziare una significativa evoluzione, nel senso dell'apertura a molteplici valori costituzionali.

Come gia' affermato da questa Corte, il dovere di difesa della Patria non si risolve soltanto in attivita' finalizzate a contrastare o prevenire un'aggressione esterna, ma puo' comprendere anche attivita' di impegno sociale non armato.

Accanto alla difesa militare, che e' solo una delle forme di difesa della Patria, puo' dunque ben collocarsi un'altra forma di difesa, che si traduce nella prestazione di servizi rientranti nella solidarieta' e nella cooperazione a livello nazionale ed internazionale».

Da queste considerazioni si evince che il servizio civile non puo' piu' trovare la sua base costituzionale solo nell'art. 52 della Carta fondamentale ma anche nelle disposizioni relative ai doveri di solidarieta' tanto che «L'esclusione dei cittadini stranieri, che risiedono regolarmente in Italia, dalle attivita' alle quali tali doveri si riconnettono appare di per se' irragionevole».

L'istituto del servizio civile universale non e' dunque da agganciarsi solo all'art. 52 della Costituzione (che riguarda tra l'altro solo i cittadini) ma anche all'art. 2 sul dovere di solidarieta' che riguarda tutti gli esseri umani e che nel nostro ordinamento trova affermazione, al fine di conseguire lo sviluppo della personalita' umana, anche attraverso le formazioni sociali intermedie.

In conclusione la materia regolata dal decreto legislativo n.

40/2017 poggia attualmente su due basi costituzionali e cioe' l'art.

2 e l'art. 52, di cui solo il secondo rientra in una materia attribuita alla competenza esclusiva dello Stato.

Inoltre l'istituto in questione si esplica in ambiti, che a loro volta rientrano nella competenza delle Regioni.

Da questo quadro risulta che si e' in presenza di un intreccio di materie che coinvolgono sia la competenza esclusiva dello Stato sia la competenza concorrente quanto residuale delle Regioni, dove appartiene alla competenza esclusiva statale, essendo riconducibile alla difesa non armata, solo per gli «aspetti organizzativi e procedurali del servizio» ed, in particolare, per «le sole specificita' direttamente connesse alla struttura organizzativa del servizio e alle regole previste per l'accesso ad esso» (cfr. sentenza 16 luglio 2004, n. 228 citata sopra).

A fronte di questo intreccio di competenze va rilevato che la programmazione relativa alle attivita' del servizio civile universale e' realizzata attraverso un piano triennale e dei piani annuali che definiscono gli obbiettivi e gli indirizzi generali in materia, programmano gli interventi e ne individuano gli standard qualitativi (cfr. art. 4 del decreto legislativo n. 40/2017).

Ai sensi del comma 4 di detto art. 4, risulta che tale attivita' di programmazione e' predisposta: «dalla Presidenza del Consiglio dei ministri sentite le amministrazioni competenti per i settori previsti dall'articolo 3 e le Regioni e sono approvati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previo parere della Consulta nazionale per il servizio civile universale e della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano».

Una siffatta disposizione e' ingiusta e irragionevole, oltre che ad essere illegittima perche' in contrasto con il principio di riparto delle competenze tra Stato e Regioni e in violazione del piu' generale principio di leale collaborazione che informa i rapporti tra i due livelli istituzionali, perche' a fronte delle forme di intesa previste nel caso di attivita' dove sono particolarmente intrecciati i compiti, il decreto legislativo in argomento prevede una modalita' di programmazione del servizio civile universale decisa con l'acquisizione di un semplice parere della Conferenza permanente Stato Regioni e di una generica consultazione delle Regioni.

In questo ambito la giurisprudenza di codesta Ecc.ma Corte, ha piu' volte affermato che: «il principio generale secondo cui, in ambiti caratterizzati da una pluralita' di competenze, qualora non risulti possibile comporre il concorso di competenze statali e regionali mediante un criterio di prevalenza, non e' costituzionalmente illegittimo l'intervento del legislatore statale purche' agisca nel rispetto del principio di leale collaborazione, che deve in ogni caso permeare di se' i rapporti tra lo Stato e il sistema delle autonomie e che puo' ritenersi congruamente attuato mediante la previsione dell'intesa» (cfr. per es. Corte costituzionale, 11 febbraio 2016, n. 21).

Nel presente caso non apre infatti praticabile il criterio della prevalenza poiche', come si e' visto, il dovere di difesa (anche se non armata) non e' il preponderante riferimento costituzionale di un istituto, che invece, dal punto di vista operativo attiene ad una serie di ben altre materie.

Inoltre il criterio di prevalenza della materia statale su quella regionale puo' ritenersi al massimo operante per quello che riguardano gli aspetti strettamente organizzativi e procedimentali del sistema e per quelli che attengono all'accesso al servizio civile.

Non certo per quelli che riguardano lo svolgimento dell'attivita' in cui il servizio si concreta in cui la competenza delle Regioni e' sicuramente assai rilevante e, nel quale la programmazione ha a riguardo alle attivita' con cui esso si realizza.

Conseguentemente la norma in tema di piani triennali ed annuali avrebbe dovuto prevedere l'intesa con le Regioni e non un mero parere, perche' essa incide direttamente sull'organizzazione delle funzioni amministrative e legislative delle Regioni, le cui competenze rimangono di conseguenza lese per violazione dell'art.

117, commi 3 e 4, della Costituzione e per la violazione del principio di leale collaborazione tra enti.

2. Illegittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 5, per violazione degli articoli 117, commi 3 e 4, e 120 della Costituzione.

L'art. 5 del decreto legislativo n. 40/2017, disciplina i programmi di intervento, dovendosi intendere, ai sensi dell'art.1, comma 2, lettera a) del decreto in esame, per «Programma di intervento» il «documento proposto dagli enti iscritti all'albo degli enti di servizio civile universale, contenente un insieme organico di progetti di servizio civile universale coordinati tra loro e finalizzati ad intervenire in uno o piu' settori, anche aventi ad oggetto specifiche aree territoriali».

Tali programmi si articolano in progetti i quali, a loro volta, «indicano le azioni, con riferimento ai settori inseriti nel relativo programma di intervento; gli ambiti territoriali, ivi comprese le sedi di attuazione come definite nell'art. 1, comma 2, lettera f); il numero di operatori volontari e la loro distribuzione .nelle predette sedi di attuazione; il personale dell'ente coinvolto nello svolgimento delle attivita', in relazione alla tipologia e alla dimensione dei progetti».

Ai sensi del comma 6 dell'articolo in esame i programmi d'intervento poi, qualora riguardino «specifiche aree territoriali di una singola regione o di piu' Regioni limitrofe, sono valutati ed approvati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri d'intesa con le Regioni interessate».

Da questo impianto si ricava che negli altri casi i programmi d'intervento sono approvati dal Consiglio dei ministri, con un generico «coinvolgimento» delle Regioni.

Si confronti a tal fine l'art. 5, comma 5, il quale prevede che «I programmi di intervento sono presentati da soggetti iscritti all'albo degli enti di servizio civile universale, previa pubblicazione di un avviso pubblico, e sono valutati ed approvati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, con il coinvolgimento delle Regioni interessate e nei limiti della programmazione finanziaria prevista all'articolo 24».

Come si e' detto al punto precedente, l'istituto del servizio civile, essendo riconducibile anche al tema della solidarieta' e svolgendosi nell'ambito di materie rientranti nell'ambito regionale interseca sia la competenza dello Stato sia la competenza delle Regioni.

Per cui in ogni caso e' da ritenersi necessaria un'intesa sia al fine del rispetto delle competenze regionali, sia come corretta forma di raccordo tra l'azione del Governo e quella delle Regioni.

Questa corretta impostazione e' invece derogata per il caso in cui, fuori dall'ambito descritto invece al comma 6, si prevede una generica forma di «coinvolgimento» delle Regioni, nella definizione dei programmi di intervento.

La qual cosa e' evidente e, al contempo maggiormente ingiustificata, propro per il distinguo posto dal comma 6 dell'art.

5, il quale prevede, per l'approvazione dei piani riguardanti specifiche aree che si trovino all'interno di una Regione o di piu' Regioni limitrofe, la previa intesa con le Regioni interessate. Cio' rispecchia la necessita' di un'intesa che e' soddisfatto solo in caso di piani con ambito territoriale limitato, mentre e' del tutto pretermessa nel caso dell'approvazione dei programmi d'intervento che incidono su settori d'interesse e di competenza regionale quando il loro ambito non e' limitato a specifiche aree regionali o ad aree che coinvolgono Regioni limitrofe.

Quando invece e' piu' plausibile che interventi che riguardino intere Regioni, ancorche' non limitrofe, potrebbero incidere sui settori di interesse regionale piu' di interventi limitati a piccole aree.

La previsione legislativa di un mero coinvolgimento regionale che non impone che vi sia l'intesa ma che possa bastare una semplice richiesta di parere non vincolante o comunque modalita' di partecipazione al procedimento non assicura la effettiva valorizzazione delle competenze regionali nella materia in questione e costituisce una lesione delle stesse.

La disposizione in definitiva viola l'art. 117, commi 3 e 4, e il principio di leale collaborazione, poiche' si tratta di un ambito in cui si intersecano materie di competenza regionale e statale senza che vi sia un adeguato rispetto, come costituzionalmente definito, dell'ambito applicativo degli articoli 117 e 120 della Costituzione.

3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 1, lettera d) per violazione dell'art. 119, comma primo della Costituzione.

L'art. 7, comma 1, lettera d), del decreto legislativo n. 40/2017 prevede, a sua volta, che le Regioni attuino «programmi di servizio civile universale con risorse proprie presso i soggetti accreditati all'albo degli enti di servizio civile universale, previa approvazione della Presidenza del Consiglio dei ministri, consistente nella verifica del rispetto dei principi e delle finalita' del servizio civile universale di cui al presente decreto».

La norma prevede dunque che le Regioni possano realizzare programmi di servizio civile universale con risorse proprie e impegnando il proprio bilancio.

Cio' e' logico e conforme alla previsione della legge delega, la quale ha previsto che «le regioni, gli enti locali, gli altri enti pubblici territoriali ed enti del Terzo settore» possano attivare autonomamente con risorse proprie progetti di servizio civile.

Singolare e del tutto in violazione del testo costituzionale e' la circostanza che l'attuazione di programmi con risorse proprie sia sottoposta alla previa approvazione da parte della Presidenza del Consiglio.

La quale approvazione si concretizza una sorta atto di controllo preventivo (o, se si preferisce, di vigilanza) da esercitare su soggetti autonomi, quali le Regioni, relativamente ad ambiti di funzioni che questi godono come competenza propria e che attuano con provvedimenti interamente finanziati con risorse proprie.

Il provvedimento statale di approvazione, per quanto limitato alla «verifica del rispetto dei principi e delle finalita' del servizio civile universale» e' autoritativo ed unilaterale e non prevede alcuna forma di accordo con le Regioni.

Esso pertanto e' espressamente rivolto ad incide sulla autonomia di spesa delle Regioni in violazione dell'art. 119, primo comma, della Costituzione, il quale al contrario dispone che le Regioni «hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto dell'equilibrio dei relativi bilanci, e concorrono ad assicurare l'osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea».

 

P.Q.M.  

La Regione del Veneto chiede che l' ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiare l'illegittimita' costituzionale delle seguenti disposizioni del decreto legislativo 6 marzo 2017, n. 40, avente ad oggetto «l'istituzione e la disciplina del servizio civile universale, a norma dell'art. 8 della legge 6 giugno 2016, n. 106», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale 3 aprile 2016 - n. 78:   1) art. 4, comma 4 per violazione degli articoli 117, commi 3 e 4, e 120 della Costituzione;   2) art. 5, comma 5 per violazione degli articoli 117, commi 3 e 4, e 120 della Costituzione;   3) art. 7, comma 1, lettera d), per violazione degli articoli 119, comma 1, della Costituzione.

Si deposita:   1) delibera n. 714 del 29 magio 2017 della giunta regionale di autorizzazione a proporre ricorso e affidamento dell'incarico di patrocinio per la difesa regionale.

  Venezia-Roma, 31 maggio 2017     avv. Ezio Zanon - avv. Francesco Zanlucchi - avv. Andrea Manzi