RICORSO N. 33 DEL 27 MARZO 2017 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 27 Marzo 2017.

(GU n. 20 del 17.05.2017)

  Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato presso cui e' domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12 contro Regione Veneto, in persona del legale rappresentante pro tempore per la declaratoria di illegittimita' costituzionale della Legge Regionale n. 1 del 17 gennaio 2017 pubblicata nel BUR n. 8 del 17 gennaio 2017, recante Norme Regionali in materia di disturbo all'esercizio dell'attivita' venatoria e piscatoria: modifiche alla legge regionale 9 dicembre 1993 n. 50 «Norme regionali per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio» e alla legge regionale 28 aprile 1998 n, 19 «Norme per la tutela delle risorse idrobiologiche e della fauna ittica e per la disciplina dell'esercizio della pesca nelle acque interne e marittime interne della Regione Veneto»  1) Violazione dell'art. 117, comma 2 lettera h) della Costituzione;   L'art. 1 della legge regionale in epigrafe dispone: «1. Dopo l'articolo 35 della legge regionale 9 dicembre 1993, n. 50 "Norme regionali per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio" e' inserito il seguente:   "Art. 35-bis Disturbo all'esercizio dell'attivita' venatoria e molestie agli esercenti l'attivita' venatoria.

1. Chiunque, con lo scopo di impedire intenzionalmente l'esercizio dell'attivita' venatoria ponga in essere atti di ostruzionismo o di disturbo dai quali possa essere turbata o interrotta la regolare attivita' di caccia o rechi molestie ai cacciatori nel corso delle loro attivita', e' punito con la sanzione amministrativa da euro 600,00 a euro 3.600,00.

2. All'accertamento e alla contestazione delle violazioni procedono gli organi cui sono demandate funzioni di polizia.

3. La Regione esercita le funzioni amministrative riguardanti l'applicazione delle sanzioni amministrative previste dalla presente legge e ne introita i proventi.

4. Non integrano, in ogni caso, la fattispecie di cui al comma 1, gli atti rientranti nell'esercizio dell'attivita' agricola, di cui all'articolo 2135 del Codice Civile, nel rispetto dell'articolo 842 del Codice Civile.».

L'art. 2, a sua volta, prevede: «1. Dopo l'articolo 33-bis della legge regionale 28 aprile 1998 n. 19 "Norme per la tutela delle risorse idrobiologiche e della fauna ittica e per la disciplina dell'esercizio della pesca nelle acque interne e marittime interne della Regione Veneto" e' inserito il seguente:   "Art. 33-ter Disturbo all'esercizio dell'attivita' piscatoria e molestie agli esercenti l'attivita' piscatoria.

1. Chiunque, con lo scopo di impedire intenzionalmente l'esercizio dell'attivita' piscatoria ponga in essere atti di ostruzionismo o di disturbo dai quali possa essere turbata o interrotta la regolare attivita' di pesca o rechi molestie ai pescatori nel corso delle loro attivita', e' punito con la sanzione amministrativa da euro 600,00 a euro 3.600,00.

2. All'accertamento e alla contestazione delle violazioni procedono gli organi cui sono clemandate funzioni di polizia.

3. La Regione esercita le funzioni amministrative riguardanti l'applicazione delle sanzioni amministrative previste dalla presente legge e ne introita i proventi.».

Le norme sopra riportate incidono su materie riservate alla competenza legislativa statale, ai sensi dell'art. 117 comma 2 lett.

h) della Costituzione. Infatti, sanzionando a titolo di illecito amministrativo comportamenti quali il «disturbo», l'«ostruzionismo», la «molestia», le norme in questione disciplinano condotte emulative dirette al solo fine di arrecare nocumento a beni fondamentali quali l'integrita' delle persone e la sicurezza, sussumibili nella categoria dell'ordine pubblico e della sicurezza, sulle quali lo Stato ha potesta' legislativa esclusiva.

Che si tratti di materia riservata in via esclusiva alla legislazione statale e' confermato dalla constatazione (rilevante anche sotto altro profilo, sul quale ci si soffermera' al punto seguente) che le condotte prese in esame dalla legge regionale qui impugnata sono - a ben vedere - agevolmente riconducibili alla fattispecie di reato di cui all'art. 660 c.p. («Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo e' punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda fino a euro 516»), posto che le condotte di disturbo o molestia - coincidenti con quelle contemplate dalla legge regionale - hanno per indefettibile presupposto il compimento in luogo pubblico o aperto al pubblico (tali essendo i luoghi tipici in cui si svolgono le attivita' venatoria e piscatoria), e che e' senza dubbio meritevole di biasimo la finalita' della condotta, diretta a recare disturbo a chi svolge un'attivita' lecita.

2. Violazione dell'art. 117, comma 2 lettera 1) della Costituzione;   Le norme regionali qui censurate si pongono altresi' in contrasto con l'art. 117 comma 2 lett. 1), a mente del quale appartengono in via esclusiva alla legislazione statale le materie dell'ordinamento civile e penale.

Come esposto al punto che precede, la scelta del legislatore regionale di sanzionare come illecito amministrativo una condotta che e' gia' prevista e punita dalla legge statale a titolo di illecito penale ex art. 660 c.p. costituisce chiara dimostrazione di come la norma regionale vada ad interferire con un arnbito (l'ordinamento penale, appunto) che alla legislazione regionale e' sottratto.

Ancora, gli interessi che la legge regionale mira a tutelare sono altresi' garantiti da una tutela di tipo privatistico, essendo risarcibili i danni arrecati tramite le condotte prese in esame dalla norma, cio' che evidenzia come la legge veneta finisca con l'incidere anche su un'altra materia (l'ordinamento civile) che le e' sottratta, a mente dell'art. 117 coma 2 lett. l ) Cost.

3. Violazione dei principi di legalita', razionalita' e non discriminazione rinvenibili negli artt. 25, 3 e 27 della Costituzione;   La legge regionale qui impugnata sanziona a titolo di illecito amministrativo condotte descritte in termini generici, tali non solo da prospettare ovvie difficolta' a livello applicativo ma anche - piu' in generale - da determinare un contrasto con i principi costituzionali in materia sanzionatoria, validi anche per gli illeciti amministrativi ed espressamente richiamati dalla legge 689/1981; segnatamente, vengono in considerazione i principi di legalita' e razionalita' consacrati nelle norme costituzionali in rubrica, dei quali si deduce qui la violazione innanzi tutto in quanto i parametri di individuazione delle condotte sanzionate sono insufficienti a garantire la determinatezza della fattispecie.

Inoltre, al fatto che le disposizioni censurate non contengono la clausola di riserva «salvo che il fatto non costituisca reato», si aggiunge la considerazione che le sanzioni amministrative introdotte dalle norme regionali in esame (da euro 600,00 a euro 3.600,00) sono evidentemente sproporzionate (in violazione dell'art. 3 Cost.), sia in comparazione con quelle previste dall'art. 35 della legge regionale n. 50 del 1993, recante Norme per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio, per la violazione delle disposizioni di tale legge, il cui massimo edittale - nei casi piu' gravi - e' fissato in € 1.200, sia rispetto a quelle previste a carico del cacciatore per le violazioni commesse ai sensi dell'art.

31 della legge n. 157/92, recante Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio, anch'esse inferiori, nel massimo edittale, al massimo edittale previsto dalla legge regionale oggetto del presente ricorso.

Dall'incostituzionalita' degli artt. 1 e 2 discende la necessita' di caducare anche l'art. 3 della legge qui impugnata che, recando solo una clausola di neutralita' finanziaria, non ha autonoma portata precettiva.

 

P.Q.M.  

Si chiede che venga dichiarata l'illegittimita' costituzionale della legge in rubrica.

Si producono le norme impugnate e, per estratto, copia conforme della delibera di impugnazione del Consiglio dei Ministri in data 10.3.17, con allegata relazione.

Roma, 15 marzo 2017    Avvocato dello Stato: Russo