RICORSO N. 21 DEL 24 FEBBRAIO 2017 (DELLA REGIONE AUTONOMA DELLA SARDEGNA)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 24 febbraio 2017.

(GU n. 15 del 12.04.2017)

 

Ricorso per la Regione Autonoma della Sardegna (cod. fisc.

80002870923) con sede legale in 09123 Cagliari (CA), viale Trento, n.

69, in persona del vicepresidente pro tempore prof. Raffaele Paci, giusta decreto n. 101 dell'11 agosto 2014, in forza di procura speciale a margine del presente atto rappresentata e difesa dagli avv.ti Alessandra Camba (cod. fisc. CMBLSN57D49B354X; posta elettronica certificata: acamba@pec.regione.sardegna.it; fax: 070.6062418) e prof. Massimo Luciani (cod. fisc.: LCNMSM52L23H501G; fax: 06.90236029; posta elettronica certificata massimoluciani@ordineavvocatiroma.org), elettivamente domiciliata presso lo Studio del secondo in 00153 Roma, Lungotevere Raffaello Sanzio, n. 9; contro il Presidente del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la cui sede in 00186 Roma e' domiciliato ex lege, per la dichiarazione dell'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 392, 393, 394, 397, 400, 401, 408, 409 e 528, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, recante «bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 21 dicembre 2016, n. 297, supplemento ordinario.

    F a t t o

    1. Con ricorso iscritto al R. Ric. n. 13 del 2016, la Regione Autonoma della Sardegna ha impugnato i commi 680 e 711 dell'unico articolo della legge di stabilita' per il 2016, legge n. 208 del 2015. Rileva per il presente giudizio il comma 680, in cui si dispone quanto segue: «le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in conseguenza dell'adeguamento dei propri ordinamenti ai principi di coordinamento della finanza pubblica di cui alla presente legge e a valere sui risparmi derivanti dalle disposizioni ad esse direttamente applicabili ai sensi dell'art. 117, secondo comma, della Costituzione, assicurano un contributo alla finanza pubblica pari a 3.980 milioni di euro per l'anno 2017 e a 5.480 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019, in ambiti di spesa e per importi proposti, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza, in sede di autocoordinamento dalle regioni e province autonome medesime, da recepire con intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, entro il 31 gennaio di ciascun anno. In assenza di tale intesa entro i predetti termini, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, entro venti giorni dalla scadenza dei predetti termini, i richiamati importi sono assegnati ad ambiti di spesa ed attribuiti alle singole regioni e province autonome, tenendo anche conto della popolazione residente e del PIL, e sono rideterminati i livelli di finanziamento degli ambiti individuati e le modalita' di acquisizione delle risorse da parte dello Stato, considerando anche le risorse destinate al finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale. Fermo restando il concorso complessivo di cui al primo periodo, il contributo di ciascuna autonomia speciale e' determinato previa intesa con ciascuna delle stesse. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano assicurano il finanziamento dei livelli essenziali di assistenza come eventualmente rideterminato ai sensi del presente comma e dei commi da 681 a 684 del presente articolo e dell'art. 1, commi da 400 a 417, della legge 23 dicembre 2014, n. 190. Per la regione Trentino Alto Adige e per le province autonome di Trento e di Bolzano l'applicazione del presente comma avviene nel rispetto dell'Accordo sottoscritto tra il Governo e i predetti enti in data 15 ottobre 2014, e recepito con legge 23 dicembre 2014, n. 190, con il concorso agli obiettivi di finanza pubblica previsto dai commi da 406 a 413 dell'art. 1 della medesima legge».

La Regione Sardegna ha impugnato il suddetto comma 680, perche' violativo:   delle disposizioni statutarie che tutelano l'autonomia finanziaria regionale (articoli 7, 8, 54 e 56 dello Statuto);   delle disposizioni costituzionali che riconoscono l'autonomia speciale della Regione Sardegna e le sue attribuzioni nella materia della finanza pubblica (articoli 5, 116, 117 e 119, Cost.);   del principio di tutela dell'affidamento (articoli 6 e 13 della CEDU, in riferimento all'art. 117 Cost.);   delle disposizioni della legge «organica» di attuazione del principio di equilibrio di bilancio per le Autonomie speciali (art. 9 della legge n. 243 del 2012) e, di conseguenza, dell'art. 81 Cost.;   degli accordi di finanza pubblica intervenuti tra Stato e Regione e, di conseguenza, del principio di ragionevolezza nonche' del giudicato costituzionale (art. 4 dell'accordo tra il Ministro dell'economia e delle finanze e la Regione Sardegna in materia di finanza pubblica, sottoscritto in data 21 luglio 2014 e recepito dall'art. 42, commi da 9 a 12, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, conv. in legge 11 novembre 2014, n. 164; degli articoli 3 e 136 Cost.).

Il ricorso e' tuttora pendente, in attesa di fissazione dell'udienza di discussione.

2. Nelle more, lo Stato ha formulato la proposta di intesa per l'attuazione del suddetto comma 680, nonche' dei successivi commi 682 e 683, che regolano i contributi di finanza pubblica relativi alle sole Regioni ordinarie. Tale intesa e' stata approvata in data 11 febbraio 2016. Ivi si prevede che il contributo di finanza pubblica previsto dal comma 680 fosse scontato attraverso una riduzione del Fabbisogno sanitario nazionale, rideterminato in 113.063 milioni di euro per il 2017 e in 114.998 milioni di euro per il 2018.

Per quanto concerne la parte del contributo di finanza pubblica a carico delle Autonomie speciali, nell'intesa si prevedeva che il riparto e le modalita' di corresponsione da parte delle autonomie speciali fossero specificate tramite distinte intese bilaterali tra ciascuna regione o provincia autonoma entro il 15 marzo 2016.

Ove tali intese non fossero state stipulate entro il predetto termine, l'accordo in esame stabiliva che il livello del Fabbisogno sanitario nazionale venisse ridotto al fine di assicurare gli effetti globali di finanza pubblica previsti dal comma 680.

In sede di autocoordinamento tra le regioni, dunque, si e' stabilito di impiegare il Fabbisogno sanitario nazionale come una sorta di «camera di compensazione» per assicurare nel caso non fosse maturato l'accordo sul riparto della quota di contributo di finanza pubblica relativa alle autonomie speciali.

3. E' in questo contesto che si inseriscono le disposizioni della legge n. 232 del 2016, qui impugnate.

3.1. L'art. 1, comma 392, dispone che «Per gli anni 2017 e 2018, il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato, indicato dall'intesa sancita in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano dell'11 febbraio 2016 (Rep.

Atti n. 21/CSR), in attuazione dell'art. 1, comma 680, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, e' rideterminato rispettivamente in 113.000 milioni di euro e in 114.000 milioni di euro. Per l'anno 2019 il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato e' stabilito in 115.000 milioni di euro. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano assicurano gli effetti finanziari previsti dal presente comma, mediante la sottoscrizione di singoli accordi con lo Stato, da stipulare entro il 31 gennaio 2017. Per la regione Trentino Alto Adige e per le province autonome di Trento e di Bolzano l'applicazione del presente comma avviene nel rispetto dell'accordo sottoscritto tra il Governo e i predetti enti in data 15 ottobre 2014 e recepito con legge 23 dicembre 2014, n. 190, con il concorso agli obiettivi di finanza pubblica previsto dai commi da 406 a 413 dell'art. 1 della medesima legge».

Il successivo comma 394 aggiunge che, «Con i medesimi accordi di cui al comma 392 le regioni a statuto speciale assicurano il contributo a loro carico previsto dall'intesa dell'11 febbraio 2016; decorso il termine del 31 gennaio 2017, all'esito degli accordi sottoscritti, il Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, entro i successivi trenta giorni, con proprio decreto attua quanto previsto per gli anni 2017 e successivi dalla citata intesa dell'11 febbraio 2016, al fine di garantire il conseguimento dell'obiettivo programmatico di finanza pubblica per il settore sanitario».

Con queste disposizioni il legislatore statale ha:   rideterminato in diminuzione il livello di finanziamento statale del fabbisogno sanitario nazionale;   ha previsto che le Autonomie speciali sopportino l'onere di tale manovra secondo quanto previsto da ulteriori accordi da stipulare con lo Stato;   ha imposto alle Autonomie speciali di assicurare con i medesimi accordi il contributo al conseguimento dell'obiettivo programmatico di finanza pubblica per il settore sanitario, indicato nell'intesa dell'11 febbraio 2016.

3.2. Con ulteriori disposizioni, poi, il legislatore statale ha regolato alcuni ulteriori profili della materia.

Il comma 393 stabilisce che, «a decorrere dall'anno 2017 una quota del livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato ai sensi del comma 392, pari a 1.000 milioni di euro, e' destinata alle finalita' di cui ai commi 400, 401, 408 e 409».

Il successivo comma 397 prevede che, «in considerazione di quanto previsto dall'art. 21, comma 1, del decreto-legge 24 giugno 2016, n.

113, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2016, n. 160 (1) , e di quanto convenuto nell'intesa sancita in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano il 2 luglio 2015 (Rep. Atti n.

113/CSR), fermi restando gli equilibri di finanza pubblica previsti a legislazione vigente, al governo del settore farmaceutico si applicano i commi da 398 a 407 del presente articolo».

I commi 400 e 401 istituiscono due fondi separati di € 500 milioni l'anno nello stato di previsione del Ministero della salute, destinati al rimborso alle Regioni per l'acquisto rispettivamente dei medicinali innovativi e dei medicinali oncologici innovativi.

Il comma 405 dispone che le risorse dei fondi di cui ai commi 400 e 401 siano «versate in favore delle regioni in proporzione alla spesa sostenuta dalle regioni medesime per l'acquisto dei medicinali di cui ai citati commi 400 e 401, secondo le modalita' individuate con apposito decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano».

Il comma 408, introduce una «una specifica finalizzazione» nell'ambito del finanziamento del Servizio sanitario nazionale, pari a 100 milioni di euro per l'anno 2017, a 127 milioni di euro per l'anno 2018 e a 186 milioni di euro a decorrere dall'anno 2019, «per il concorso al rimborso alle regioni per l'acquisto di vaccini ricompresi nel nuovo piano nazionale vaccini (NPNV) di cui all'intesa sancita in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano il 7 settembre 2016 (Rep. Atti n. 157/ CSR)», con la precisazione che «le somme di cui al presente comma sono ripartite a favore delle regioni sulla base dei criteri individuati con intesa da sancire in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano entro il 31 gennaio 2017».

Il comma 409, infine, vincola una quota del finanziamento del Servizio sanitario nazionale pari a 75 milioni di euro per l'anno 2017 e a 150 milioni di euro a decorrere dall'anno 2018, al concorso al rimborso alle Regioni per gli oneri derivanti dai processi di assunzione e stabilizzazione del personale del Servizio sanitario nazionale. Anche queste somme «sono ripartite a favore delle regioni sulla base dei criteri individuati con intesa da sancire in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano entro il 31 gennaio 2017».

In altri termini, ai sensi dei commi 393 sgg., ora richiamati, una parte del finanziamento statale al fondo per il fabbisogno nazionale e' vincolato per specifici obiettivi che tutte le Regioni devono perseguire. I beneficiari di quelle somme, pero', rimangono gli enti che ordinariamente partecipano al riparto delle risorse per la copertura del fabbisogno sanitario nazionale.

3.3. Infine, va dato conto del fatto che il comma 528 dell'art. 1 della legge censurata ha modificato il comma 680 dell'art. 1 della legge n. 208 del 2015, sostituendo, al primo periodo, le parole: «2018 e 2019» con le seguenti: «2018, 2019 e 2020». Lo stesso comma, poi, al secondo periodo, dopo le parole: «modalita' di acquisizione delle risorse da parte dello Stato,», ha aggiunto le seguenti: «inclusa la possibilita' di prevedere versamenti da parte delle regioni interessate,».

La vigente formulazione del citato comma 680 e' dunque la seguente: «Le regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano, in conseguenza dell'adeguamento dei propri ordinamenti ai principi di coordinamento della finanza pubblica di cui alla presente legge e a valere sui risparmi derivanti dalle disposizioni ad esse direttamente applicabili ai sensi dell'art. 117, secondo comma, della Costituzione, assicurano un contributo alla finanza pubblica pari a 3.980 milioni di euro per l'anno 2017 e a 5.480 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018, 2019 e 2020, in ambiti di spesa e per importi proposti, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza, in sede di autocoordinamento dalle regioni e province autonome medesime, da recepire con intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano, entro il 31 gennaio di ciascun anno. In assenza di tale intesa entro i predetti termini, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, entro venti giorni dalla scadenza dei predetti termini, i richiamati importi sono assegnati ad ambiti di spesa ed attribuiti alle singole regioni e province autonome, tenendo anche conto della popolazione residente e del PIL, e sono rideterminati i livelli di finanziamento degli ambiti individuati e le modalita' di acquisizione delle risorse da parte dello Stato, inclusa la possibilita' di prevedere versamenti da parte delle regioni interessate, considerando anche le risorse destinate al finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale. Fermo restando il concorso complessivo di cui al primo periodo, il contributo di ciascuna autonomia speciale e' determinato previa intesa con ciascuna delle stesse. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano assicurano il finanziamento dei livelli essenziali di assistenza come eventualmente rideterminato ai sensi del presente comma e dei commi da 681 a 684 del presente articolo e dell'art. 1, commi da 400 a 417, della legge 23 dicembre 2014, n.

190. Per la Regione Trentino-Alto Adige e per le province autonome di Trento e di Bolzano l'applicazione del presente comma avviene nel rispetto dell'Accordo sottoscritto tra il Governo e i predetti enti in data 15 ottobre 2014, e recepito con legge 23 dicembre 2014, n.

190, con il concorso agli obiettivi di finanza pubblica previsto dai commi da 406 a 413 dell'art. 1 della medesima legge».

Le disposizioni indicate in epigrafe sono illegittime e gravemente lesive delle attribuzioni costituzionali della ricorrente, che ne chiede la declaratoria d'incostituzionalita' per i seguenti motivi di

    D i r i t t o

    Premessa. Come si e' illustrato in narrativa, il presente ricorso ha ad oggetto una pluralita' di disposizioni che, seppur distinte, rappresentano momenti collegati di una vicenda unitaria. Con la legge di stabilita' per il 2015, infatti, il legislatore statale ha imposto un contributo di finanza pubblica particolarmente gravoso alle regioni (ordinarie e speciali) e alle province autonome, indicando che tale contributo poteva essere sostenuto anche in considerazione delle «risorse destinate al finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale». Proprio lo strumento del finanziamento del Servizio sanitario nazionale e' stato utilizzato per assicurare il contributo di finanza pubblica cosi' imposto da parte dello Stato.

Con la legge di bilancio 2016 il legislatore statale ha invertito le modalita' di intervento: ha ridotto ope legis il finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale, obbligando le Regioni autonome a stipulare intese mediante le quali ripartire l'onere finanziario connesso a tale riduzione. Inoltre, ha «cristallizzato» gli effetti finanziari derivanti dall'intesa (episodica e puntuale) di attuazione dell'art. 1, comma 680, della legge n. 208 del 2015 in capo alle Autonomie speciali.

A tali previsioni si aggiunge l'estensione per un altro anno (ossia fino al 2020) del contributo di finanza pubblica gia' disposto con l'art. 1, comma 680, della legge n. 208 del 2015, gia' censurato con il ricorso iscritto al R. Ric. n. 13 del 2016 di codesta ecc.ma Corte.

1. Quanto all'art. 1, commi 392, 394 e 528, della legge 11 dicembre 2016, n. 232. Violazione degli articoli 7, 8, 54 e 56 dello Statuto della Regione autonoma della Sardegna, degli articoli 5, 116, 117 e 119, Cost., degli articoli 6 e 13 della CEDU e dell'art. 9 della legge n. 243 del 2012, anche in riferimento all'art. 4 dell'accordo tra il Ministro dell'economia e delle finanze e la Regione Sardegna in materia di finanza pubblica, sottoscritto in data 21 luglio 2014; agli articoli 3, 81 e 136 Cost. e all'art. 42, commi da 9 a 12, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, conv. in legge 11 novembre 2014, n. 164. Come si e' gia' detto in narrativa, i commi 392 e 394 della legge n. 232 del 2016 stabiliscono un onere di finanza pubblica in capo alle regioni, direttamente collegato alla riduzione del finanziamento statale del fabbisogno sanitario nazionale per il 2017. Alle regioni autonome, infatti, e' imposto un duplice fardello:   ai sensi del comma 394 devono garantire l'obiettivo programmatico di finanza pubblica per il settore sanitario stabilito nell'intesa dell'11 febbraio 2016;   ai sensi del comma 392 devono garantire un ulteriore contributo di 63 milioni di euro per l'anno 2017 e di 998 milioni di euro per l'anno 2018.

L'ammontare complessivo di tale contributo, che non puo' essere modificato dalle Autonomie speciali, e' ripartito tra ciascuna regione e provincia autonoma tramite un'intesa.

Tale intesa, che si vuole stipulata entro il 31 gennaio 2017, deve comunque garantire gli effetti finanziari della determinazione assunta da tutte le autonomie territoriali «in sede di autocoordinamento» con l'intesa dell'11 febbraio 2016.

Anche in questo caso, come gia' era stato previsto dall'art. 1, comma 680, della legge n. 208 del 2015, l'ultimo periodo del comma 392 detta disposizioni di favore per la sola Regione Autonoma Trentino-Alto Adige e per le due Province autonome di Trento e Bolzano, stabilendo che «per la regione Trentino-Alto Adige e per le province autonome di Trento e di Bolzano l'applicazione del presente comma avviene nel rispetto dell'accordo sottoscritto tra il Governo e i predetti enti in data 15 ottobre 2014, e recepito con legge 23 dicembre 2014, n. 190, con il concorso agli obiettivi di finanza pubblica previsto dai commi da 406 a 413 dell'art. 1 della medesima legge».

Il comma 528, poi, estende al 2020 il contributo di finanza pubblica gia' previsto dall'art. 1, comma 680, della legge n. 208 del 2015. L'ammontare di tale contributo, non modificabile dalle Regioni, e' ripartito tra ciascuna Regione e Provincia autonoma tramite un'intesa che recepisce le determinazioni assunte dalle autonomie territoriali «in sede di autocoordinamento». In caso di inerzia delle Regioni, la legge attribuisce al Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, la fissazione del riparto, sulla base dei criteri generali previsti dalla legge.

L'intesa tra le Regioni e le Province autonome, dunque, e' preordinata al solo riparto dell'onere tra le autonomie, alle quali, pero', si ribadisce, non e' riconosciuto alcun potere di intervento sul quantum complessivo del contributo. Cio' e' tanto vero che l'intesa dell'11 febbraio 2016 non ha in alcun modo messo in discussione la dimensione del contributo di finanza pubblica previsto dal legislatore statale.

Infine, va ricordato che l'ultimo periodo del comma 680 dell'art.

1 della legge n. 208 del 2015, novellato dalla disposizione qui impugnata, reca la clausola di maggior favore per la sola Regione Autonoma Trentino-Alto Adige e per le due Province autonome di Trento e Bolzano, in tutto identica a quella sopra gia' riportata.

In conclusione, appare evidente che i commi 392, 394 e 528 dell'art. 1 della legge n. 232 del 2016, anche in combinato disposto con il gia' impugnato comma 680 dell'art. 1 della legge n. 208 del 2015, determinano un unico contributo di finanza pubblica, che grava sulle autonomie speciali secondo il meccanismo sopra indicato. Per tale ragione saranno trattati congiuntamente.

1.1. Come gia' indicato nel ricorso avverso l'art. 1, comma 680, della legge n. 208 del 2015, anche la Regione Sardegna, cosi' come la Regione Trentino-Alto Adige e le due Province autonome, ha stipulato, in data 21 luglio 2014, un accordo con lo Stato, che disciplina i reciproci rapporti economico-finanziari all'interno della cornice disegnata dagli articoli 7 e 8 dello Statuto. Tale accordo e' stato stipulato sulla base delle chiare indicazioni fornite da codesta ecc.ma Corte costituzionale nel contenzioso sulla c.d. «vertenza entrate».

Nella sentenza n. 118 del 2012, che ha scrutinato il conflitto tra l'odierna ricorrente e lo Stato sorto a seguito del diniego del Ministero dell'economia e delle finanze alla proposta di accordo sul contenuto del patto di stabilita', la Corte richiamo' le parti in causa ad articolare i propri rapporti finanziari nel rispetto del «il criterio del previo confronto e della progressiva negoziazione e specificazione delle singole clausole dell'accordo stesso tra regione e Stato», specificando che il contenuto dell'accordo deve essere compatibile «con il rispetto degli obiettivi del patto di stabilita'» e deve anche essere «conforme e congruente con le norme statutarie della Regione, ed in particolare con l'art. 8 dello statuto modificato - per effetto del meccanismo normativo introdotto dall'art. 54 dello statuto stesso - dall'art. 1, comma 834, della legge 27 dicembre 2006, n. 296», che «ha rideterminato e quantificato le entrate tributarie e la loro misura di pertinenza della Regione autonoma Sardegna», norme che «costituiscono, nel loro complesso, il quadro normativo di riferimento della finanza regionale della Sardegna».

Nella successiva sentenza n. 95 del 2013, scrutinando un secondo conflitto concernente l'effettiva liquidazione in favore della Regione Sardegna delle quote di compartecipazione al gettito di cui all'art. 8 dello Statuto, 1'ecc.ma Corte richiamo' nuovamente lo Stato a rispettare, nell'ambito del principio pattizio, la sfera di autonomia economico-finanziaria della Regione, ricordando che «l'inerzia statale troppo a lungo ha fatto permanere uno stato di incertezza che determina conseguenze negative sulle finanze regionali, alle quali occorre tempestivamente porre rimedio, trasferendo, senza ulteriore indugio, le risorse determinate a norma dello statuto», anche in ragione del fatto che «il ritardo accumulato sta determinando una emergenza finanziaria in Sardegna».

Tali ripetute sollecitazioni all'accordo tra le parti sono state ribadite nella sentenza n. 155 del 2015, in cui l'ecc.ma Corte ha richiamato l'esigenza di una «permanente interlocuzione tra Stato e autonomie speciali per quanto attiene ai profili perequativi e finanziari del federalismo fiscale» (profili inscindibilmente connessi a quelli qui in esame), imponendo di raggiungere un accordo sulle questioni allora oggetto di causa (segnatamente: la disciplina dell'IMU e i relativi effetti finanziari sugli enti territoriali), al fine di evitare che «gli effetti discorsivi conseguenti al mancato rispetto dello schema pattizio possano consolidarsi in un contesto non conforme ne' alla salvaguardia delle autonomie speciali ne' agli equilibri della finanza pubblica».

1.2. L'art. 3 dell'accordo stipulato in data 21 luglio 2014 stabilisce che la Regione Sardegna, a partire dal 2015, partecipa al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica attraverso il rispetto del principio di equilibrio di bilancio, ai sensi dell'art.

9 della legge n. 243 del 2012. Contestualmente, lo Stato si e' obbligato a rideterminare i contributi di finanza pubblica a carico della Regione Sardegna gia' disposti dalla legislazione vigente per l'anno 2014 (i quali costituiscono la base per la determinazione dell'obiettivo del patto di stabilita' anche per gli anni successivi).

Come e' ampiamente noto a codesta ecc.ma Corte costituzionale, proprio in considerazione della determinazione pattizia dei rapporti economico-finanziari, la Regione Autonoma della Sardegna ha rinunciato al vasto contenzioso costituzionale ancora pendente, concernente la c.d. «vertenza entrate» (cfr. le pronunce Corte cost., numeri 19, 62, 63, 65, 68, 77, 239, 258, 263 e 268 del 2015).

Alcune clausole dell'accordo, per converso, sono state recepite dallo Stato tramite la loro trasposizione nell'art. 42, commi 9-12, del decreto-legge n. 133 del 2014. Ivi si prevede quanto segue:   «9. Al fine di assicurare il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, in applicazione della normativa vigente e dell'Accordo sottoscritto il 21 luglio 2014 fra il Ministro dell'economia e delle finanze ed il Presidente della Regione Sardegna, l'obiettivo di patto di stabilita' interno della Regione Sardegna, di cui al comma 454 dell'art. 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, e' determinato in 2.696 milioni di euro per l'anno 2014. Dall'obiettivo 2014 sono escluse le sole spese previste dalla normativa statale vigente e le spese per i servizi ferroviari di interesse regionale e locale erogati da Trenitalia s.p.a.

10. A decorrere dall'anno 2015 la Regione Sardegna consegue il pareggio di bilancio come definito dall'art. 9 della legge n. 243 del 2012. A decorrere dal 2015 alla Regione Sardegna non si applicano il limite di spesa di cui al comma 454 dell'art. 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228 e le disposizioni in materia di patto di stabilita' interno in contrasto con il pareggio di bilancio di cui al primo periodo. Restano ferme le disposizioni in materia di monitoraggio, certificazione e sanzioni previsti dai commi 460, 461 e 462 dell'art. 1 della citata legge 24 dicembre 2012, n. 228.

11. Non si applica alla Regione Sardegna quanto disposto dagli ultimi due periodi del comma 454 dell'art. 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228.

12. La Regione Sardegna nel 2014 non puo' impegnare spese correnti, al netto delle spese per la sanita', in misura superiore all'importo annuale minimo dei corrispondenti impegni effettuati nel triennio 2011-2013. Nell'ambito della certificazione di cui al comma 461 dell'art. 11 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la regione comunica al Ministero dell'economia e delle finanze il rispetto del predetto limite».

1.3. Con le disposizioni impugnate il legislatore statale ha disatteso un preciso impegno giuridico assunto nelle forme dell'accordo di finanza pubblica (peraltro redatto - si consenta di osservare - praticamente «sotto dettatura» dell'ecc.ma Corte costituzionale), atteso che:   impone nuovi contributi di finanza pubblica a carico della Regione Sardegna, senza far precedere tale imposizione da una regolazione pattizia dei rapporti tra lo Stato e la regione;   impone alla Regione Sardegna di conseguire risparmi di spesa in settori che sono definiti non in via autonoma dalla regione bensi' con decisione assunta dalle altre regioni e province autonome (che cosi' si trovano ad avere un titolo per ingerirsi nelle determinazioni di bilancio della Regione Autonoma della Sardegna) o addirittura dello Stato;   salvaguardando (in via diretta o pel tramite della novellazione del comma 680 dell'art. 1 della legge n. 208 del 2015) solamente l'accordo stipulato tra lo Stato e la Regione Trentino-Alto Adige e le Province Autonome di Trento e Bolzano, ha violato l'accordo stipulato dallo Stato con la Regione Autonoma della Sardegna in data 21 luglio 2014 e ha derogato le previsioni di cui ai commi 9-12 dell'art. 42 del decreto-legge n. 133 del 2014 che avevano recepito le clausole del predetto accordo;   in particolare, ha violato la clausola di cui all'art. 3 del predetto accordo, trasposta nell'art. 42, comma 10, del decreto-legge n. 133 del 2014, che stabilisce che la Regione Sardegna garantisce l'equilibrio del proprio bilancio ai sensi dell'art. 9 della legge n.

243 del 2012.

2. Da tali circostanze emerge inequivocabilmente l'illegittimita' delle disposizioni censurate.

2.1. Come ricordato nella fondamentale sentenza n. 19 del 2015, codesta ecc.ma Corte ha costantemente affermato che la determinazione unilaterale e preventiva del contributo delle autonomie speciali alla manovra puo' essere «conforme a Costituzione», solo purche' siano rispettati i «termini appresso specificati relativamente al carattere delle trattative finalizzate all'accordo».

Tali termini sono i seguenti:   i) deve sussistere un «margine di negoziabilita'» del contributo delle Regioni autonome;   ii) tale margine di negoziabilita' non puo' limitarsi (come invece accade nel caso di specie) «ad una rimodulazione interna tra le varie componenti presenti nella citata tabella relative alle diverse autonomie speciali, con obbligo di integrale compensazione tra variazioni attive e passive», per l'ovvia considerazione che «ogni margine di accordo comportante un miglioramento individuale dovrebbe essere compensato da un acquiescente reciproco aggravio di altro ente, difficilmente realizzabile», sicche' «il meccanismo normativo [...] sarebbe sostanzialmente svuotato dalla prevedibile indisponibilita' di tutti gli enti interessati ad accollarsi l'onere dei miglioramenti destinati ad altri e, conseguentemente, sarebbe lesivo del principio di leale collaborazione e dell'autonomia finanziaria regionale»;   iii) «lo strumento dell'accordo», invece, deve servire a «determinare nel loro complesso punti controversi o indefiniti delle relazioni finanziarie tra Stato e Regioni, sia ai fini del raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica nel rispetto dei vincoli europei, sia al fine di evitare che il necessario concorso delle Regioni comprima oltre i limiti consentiti l'autonomia finanziaria ad esse spettante»;   iv) proprio a tale proposito la Corte ha richiamato la «prassi» e la «morfologia degli ultimi accordi stipulati in questa materia tra Governo ed autonomie speciali (Accordo tra il Governo e la Regione Trentino Alto Adige e le Province autonome di Trento e di Bolzano del 15 ottobre 2014; Accordo tra il Ministro dell'economia e delle finanze e la Regione siciliana del 9 giugno 2014; Accordo tra il Ministro dell'economia e delle finanze e la Regione autonoma Sardegna del 21 luglio 2014; Accordo tra il Ministro dell'economia e delle finanze e la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia del 28 ottobre 2014)»;   v) «il contenuto degli accordi, oltre che la riduzione dei programmi in rapporto al concorso della regione interessata ad obiettivi di finanza pubblica, puo' e deve riguardare anche altri profili di natura contabile quali, a titolo esemplificativo, le fonti di entrata fiscale, la cui compartecipazione sia quantitativamente controversa, l'accollo di rischi di andamenti difformi tra dati previsionali ed effettivo gettito dei tributi, le garanzie di finanziamento integrale di spese essenziali, la ricognizione globale o parziale dei rapporti finanziari tra i due livelli di governo e di adeguatezza delle risorse rispetto alle funzioni svolte o di nuova attribuzione, la verifica di congruita' di dati e basi informative finanziarie e tributarie, eventualmente conciliandole quando risultino palesemente difformi, ed altri elementi finalizzati al percorso di necessaria convergenza verso gli obiettivi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea»;   vi) in conclusione, «l'oggetto dell'accordo e' costituito dalle diverse componenti delle relazioni finanziarie che, nel loro complesso, comprendono e trascendono la misura del concorso regionale»;   vii) ne consegue che, se «gli obiettivi conseguenti al patto di stabilita' esterno sono i saldi complessivi, non le allocazioni di bilancio», allora, «ferme restando le misure finanziarie di contenimento della spesa concordate in sede europea, le risorse disponibili nel complesso della finanza pubblica allargata ben possono essere riallocate, a seguito di accordi, anche ad esercizio inoltrato».

L'ecc.ma Corte costituzionale, dunque, ha affermato che non e' conforme a Costituzione una disposizione di legge statale che rimette all'accordo tra le parti solamente il riparto tra le autonomie speciali del contributo di finanza pubblica imposto unilateralmente dallo Stato.

2.2. Nella successiva sentenza n. 82 del 2015 l'ecc.ma Corte ha ribadito che «in riferimento alle regioni a statuto speciale, merita sempre di essere intrapresa la via dell'accordo, espressione di un principio generale che governa i rapporti finanziari tra lo Stato e le autonomie speciali».

Tale principio puo' essere derogato solo a specifiche condizioni;   i) qualora tale principio non sia «stato recepito dagli statuti di autonomia» delle regioni a statuto speciale;   ii) qualora la norma censurata si collochi «in un piu' ampio contesto normativo nel quale il principio pattizio e' gia' largamente adottato per volonta' dello stesso legislatore ordinario»;   iii) «affinche' [...] non si tramuti in una definitiva sottrazione e appropriazione di risorse regionali da parte dello Stato» il contributo non deve protrarsi «senza limite»;   iv) la misura di contribuzione deve dunque configurarsi «come misura transitoria, necessaria per assicurare il conseguimento effettivo degli obiettivi di coordinamento finanziario»;   v) «deve essere rispettato il principio di leale collaborazione, il quale richiede un confronto autentico, orientato al superiore interesse pubblico di conciliare l'autonomia finanziaria delle regioni con l'indefettibile vincolo di concorso di ciascun soggetto ad autonomia speciale alla manovra di stabilita', sicche' su ciascuna delle parti coinvolte ricade un preciso dovere di collaborazione e di discussione, articolato nelle necessarie fasi dialogiche».

3. Cosi' illustrati i fatti e la giurisprudenza intervenuta in materia, l'illegittimita' delle disposizioni impugnate risulta del tutto evidente.

3.1. I commi 392, 394 e 528 violano in primo luogo il principio di leale collaborazione tra Stato e Regione Sardegna, di cui agli articoli 5 e 117 Cost., atteso che il legislatore statale ha disciplinato lo svolgimento dei rapporti economico-finanziari tra Stato e Regione Autonoma senza prevedere i necessari e doverosi meccanismi di interlocuzione e di attuazione del principio consensualistico, piu' volte ribadito dalla giurisprudenza costituzionale (cfr. le sopra citate sentenze numeri 19 e 82 del 2015).

A tal proposito, va ricordato che:   i) ne' le disposizioni qui impugnate ne' il comma 680 dell'art. 1 della legge n. 208 del 2015 (ai quali le prime si affiancano) contemplano alcun accordo che possa consentire di superare le rigidita' della fissazione unilaterale del contributo di finanza pubblica a carico del comparto delle Regioni a statuto speciale;   ii) al contrario, le autonomie speciali vengono esplicitamente e inequivocabilmente equiparate alle regioni ordinarie, dato che l'intesa sul riparto e' adottata con l'accordo fra tutte le regioni e province autonome;   iii) il contributo non si inserisce in un piu' ampio contesto di ordine pattizio, nel quale «diverse componenti delle relazioni finanziarie» possano «trascend[ere] la misura del concorso regionale» (cosi', ancora, la sentenza n. 19 del 2015).

Il comma 394 dell'art. 1 della legge n. 232 del 2016 ha addirittura ristretto il «margine di negoziabilita'» inizialmente previsto dall'art. 1, comma 680, della legge n. 208 del 2015. A tal proposito si deve osservare che nel meccanismo originario previsto dall'art. 1, comma 680, della legge n. 208 del 2015 il carico finanziario delle autonomie speciali era condizionato alla generale «intesa in autocoordinamento» stipulata da tutte le regioni (non solo da quelle a Statuto speciale). Il comma 394, invece, come si e' detto, stabilisce espressamente che «le regioni a statuto speciale assicurano il contributo a loro carico previsto dall'intesa dell'11 febbraio 2016», con la conseguenza che le determinazioni assunte in quell'accordo non possono piu' essere negoziabili.

3.2. La violazione del principio di leale collaborazione e la lesione dell'autonomia economico-finanziaria della regione (tutelata dagli articoli 117 e 119 Cost. e 7 e 8 dello Statuto) si palesa anche per il profilo della contestuale violazione dell'art. 3 Cost.

Come si e' gia' osservato, il combinato disposto dei commi 392 e 394 dell'art. 1 della legge n. 232 del 2016, nonche' il combinato disposto dei commi 528 dell'art. 1 della legge n. 232 del 2016 e 680 dell'art. 1 della legge n. 208 del 2015 prevedono che sia salvaguardato solo l'accordo stipulato tra Stato e Regione Autonoma Trentino-Alto Adige e Province Autonome di Trento e Bolzano (che e' stato appunto tenuto al riparo dagli effetti del contributo di finanza pubblica per gli anni 2017-2020 tanto da parte della legge n.

208 del 2015 quanto da parte della legge n. 232 del 2016) mentre e' stato totalmente pretermesso l'accordo stipulato tra il MEF e la Regione Sardegna in data 21 luglio 2014. Tanto, nonostante che proprio la giurisprudenza dell'ecc.ma Corte avesse accomunato quei due atti negoziali (e quelli stipulati con le altre autonomie speciali) quanto ad ampiezza degli effetti, natura costituzionale delle esigenze giustificative e ratio di tutela dell'autonomia economico-finanziaria delle Regioni Autonome (si rinvia ancora alla sentenza n. 19 del 2015).

E', dunque, manifestamente ingiustificato il trattamento differenziato (e deteriore) della Sardegna rispetto alla Regione Trentino-Alto Adige e alle Province Autonome di Trento e Bolzano, il che comporta, appunto, la violazione degli articoli 3, 117 e 119 Cost., oltre che degli articoli 7 e 8 dello Statuto sardo.

Per le medesime ragioni risulta violato anche l'art. 116 Cost., che riconosce l'autonomia differenziata di tutte le (e non solo di alcune) Regioni a Statuto speciale, autonomia che, invece, il legislatore statale ha illegittimamente riconosciuto alla sola Regione Trentino-Alto Adige e alle Province Autonome. Va da se' che il ripristino della legalita' costituzionale violata non puo' passare dal travolgimento dell'ordine pattizio dei rapporti tra Stato e Regione Trentino-Alto Adige (al quale, del resto, la ricorrente qui non avrebbe interesse), ma dal rispetto dell'assetto pattizio dei rapporti con l'odierna ricorrente, che avrebbe dovuto anch'esso essere fatto salvo dalla legge censurata.

3.3. La circostanza che il legislatore statale abbia salvaguardato il solo accordo stipulato con la Regione Autonoma Trentino-Alto Adige e le due Province Autonome dimostra che la disciplina del contributo di finanza pubblica in esame:   non garantisce un sufficiente margine di flessibilita' rispetto alla unilaterale determinazione del contributo imposto alle altre autonomie speciali;   sopprime nella sostanza lo spazio di autonomia che le parti, con gli accordi richiamati dalla sentenza Corte cost., n. 19 del 2015, avevano regolato su base pattizia.

Sul fatto che la disciplina impugnata sia violativa di quegli accordi non si puo' nutrire alcun dubbio: proprio la clausola di maggior favore per la Regione Autonoma Trentino-Alto Adige dimostra questo assunto, poiche' essa non avrebbe alcuna ragion d'essere se il contributo di finanza pubblica qui in esame fosse ex se compatibile con quelle intese.

Ne consegue che il principio di leale collaborazione risulta violato anche per un altro e differente profilo, ossia per il fatto che il legislatore statale, intervenuto successivamente alla stipula degli accordi di finanza pubblica del 2014, ne ha espressamente violato le clausole, peraltro senza prevedere un meccanismo di adeguato recupero, anche ex post, della leale cooperazione nei rapporti economico-finanziari.

Anche per questo profilo, dunque, risultano di bel nuovo violati gli articoli 5, 117 e 119 Cost. (che fissano il principio della leale collaborazione e tutelano l'autonomia economico-finanziaria della regione) e gli articoli 7 e 8 dello Statuto (disposizioni, anche queste, che garantiscono l'autonomia economico-finanziaria della regione ricorrente e che impongono che il regime dei rapporti economico-finanziari sia improntato al paradigma della leale cooperazione).

Per le medesime ragioni, poi, si coglie la violazione dell'art. 3 Cost., ancora in combinato disposto con gli articoli 7 e 8 dello Statuto e 117 e 119 Cost., per l'evidente irragionevolezza di una produzione legislativa che smentisce l'impostazione consensualistica dei rapporti Stato-Regione e che calpesta le clausole di un accordo faticosamente raggiunto tra la regione e lo Stato, ponendo fine a un risalente contenzioso che l'ecc.ma Corte, peraltro, conosce perfettamente, dato che - si ribadisce - aveva piu' volte imposto alle parti di accordarsi.

3.4. Il piu' volte menzionato accordo del 21 luglio 2014 non ha solamente risolto in forma consensuale quella che anche codesta ecc.ma Corte aveva definito «vertenza entrate» tra la Regione Sardegna e lo Stato (cfr. sent. n. 95 del 2013). Tale accordo, infatti, ha anche dato attuazione al principio dell'equilibrio dei bilanci pubblici, per come specificato dalla riforma costituzionale del 2012.

3.4.1. Come e' noto, il novellato art. 81 Cost. ha previsto, al sesto comma, che «il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l'equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilita' del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei principi definiti con legge costituzionale».

La legge n. 243 del 2012, approvata ai sensi di tale comma, detta specifiche previsioni sull'equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali. L'art. 9 della legge, infatti, dispone che «i bilanci delle regioni, dei comuni, delle province, delle citta' metropolitane e delle province autonome di Trento e di Bolzano si considerano in equilibrio quando, sia nella fase di previsione che di rendiconto, registrano: a) un saldo non negativo, in termini di competenza e di cassa, tra le entrate finali e le spese finali; b) un saldo non negativo, in termini di competenza e di cassa, tra le entrate correnti e le spese correnti, incluse le quote di capitale delle rate di ammortamento dei prestiti».

Il sesto comma di tale articolo, pero', specifica che le disposizioni relative all'equilibrio dei bilanci delle Regioni e degli enti locali «si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti e con le relative norme di attuazione».

Ne consegue che la legge «rinforzata» ex art. 81 Cost. ha rimesso ancora una volta al principio consensualistico la definizione dei criteri di «equilibrio» dei bilanci delle autonomie speciali.

3.4.2. In ossequio a tale precetto, lo Stato e la Regione Sardegna hanno consensualmente disciplinato le modalita' con le quali il principio dell'equilibrio di bilancio si applica alla Regione medesima, convenendo che il bilancio della Regione Sardegna si deve considerare in equilibrio alle condizioni di cui all'art. 9 della medesima legge n. 243 del 2012. Altri oneri che si sottraggano alla determinazione consensuale delle parti risultano, dunque, violativi dell'accordo del 21 luglio 2014, e, per l'effetto, violativi anche dell'art. 9, comma 6, della legge n. 243 del 2012 e dello stesso art.

81 della Costituzione.

La violazione dei precetti costituzionali e delle disposizioni di legge (rinforzata) che ne sono immediato svolgimento comportano, ovviamente, di bel nuovo la violazione dell'autonomia economico-finanziaria della Regione Sardegna, garantita dagli articoli 7 e 8 dello Statuto e 117 e 119 Cost.

3.5. Come si e' gia' osservato, i commi 392, 394 e 528 della legge impugnata, in una con il gia' gravato comma 680 dell'art. 1 della legge n. 208 del 2015, sono incompatibili con le disposizioni dell'accordo del 21 luglio 2014. Ne consegue che essi hanno anche sovvertito le disposizioni di cui all'art. 42, commi da 9 a 12, del decreto-legge n. 133 del 2014, con le quali il legislatore statale ha recepito le clausole dell'accordo del 21 luglio 2014 e ha definito i rapporti economico-finanziari tra lo Stato e la Regione Sardegna sia per quanto concerne l'obbligo di mantenere in equilibrio il bilancio regionale, sia per quanto concerne l'obbligo di partecipare al conseguimento degli obiettivi generali di finanza pubblica.

Ebbene: il legislatore statale non poteva, senza la preventiva intesa con la regione, abrogare, modificare o comunque derogare le previsioni dei commi sopra menzionati. Essi, infatti, pur non essendo stati formalmente inseriti nello Statuto della regione o nelle norme di attuazione, costituiscono attuazione del medesimo principio consensualistico che governa i rapporti economico-finanziari tra lo Stato e la regione ricorrente.

Tale principio consensualistico e' sancito:   dall'art. 54, comma 5, dello Statuto, a tenor del quale le disposizioni statutarie in tema di autonomia finanziaria ed economica della regione «possono essere modificate con leggi ordinarie della Repubblica su proposta del Governo o della regione, in ogni caso sentita la regione»;   dall'art. 56 dello Statuto, che, per l'approvazione delle norme di attuazione statutaria (e per la loro modificazione) impone un specifico procedimento rinforzato, che richiede l'adesione della regione;   dall'art. 9 della legge (rinforzata) n. 243 del 2012, che, per la determinazione dell'equilibrio dei bilanci delle autonomie speciali rinvia alle «norme dei rispettivi statuti» e alle «relative norme di attuazione».

Cio' considerato, dato che i commi da 9 a 12 del decreto-legge n.

133 del 2014 hanno regolato i rapporti economico-finanziari tra lo Stato e la Regione Sardegna previa intesa con la regione medesima, essi possono essere modificati (o derogati) solo tramite procedimenti che la coinvolgano e che siano ispirati al principio consensualistico e alla leale collaborazione tra le parti.

Inopinatamente, invece, le disposizioni impugnate (come gia' prima il comma 680 dell'art. 1 della legge n. 208 del 2015) non sono state approvate previa intesa con la regione, sicche' esse risultano illegittime per violazione degli articoli 54 e 56 dello Statuto, anche in relazione agli arti. 7 e 8 dello Statuto e 117 e 119 Cost., che tutelano l'autonomia finanziaria della regione.

3.6. Come si e' gia' osservato, codesta ecc.ma Corte costituzionale ha gia' scrutinato a piu' riprese la c.d. «vertenza entrate» insorta tra lo Stato e la Regione Sardegna a causa della mancata esecuzione, da parte dello Stato, della riforma del regime delle entrate regionali di cui all'art. 8 dello Statuto e, contemporaneamente, dall'imposizione di ulteriori oneri e restrizioni di finanza pubblica imposti sulla regione.

3.6.1. In particolare, come gia' ricordato supra, codesta ecc.ma Corte non ha solamente rivolto un mero «monito» allo Stato e alla Regione, ma (con le sentenze numeri 99 e 118 del 2012 e 95 del 2013) ha accertato e dichiarato che lo Stato aveva e ha un preciso e specifico obbligo giuridico di definire consensualmente con la Regione il regime dei reciproci rapporti economico-finanziari, anche allo scopo di dare compiuta e integrale esecuzione al novellato art.

8 dello Statuto regionale, un obbligo giuridico che scaturiva e scaturisce dalle disposizioni costituzionali e statutarie che regolano - appunto - i rapporti economico-finanziari tra Stato e Regione.

Che sia cosi' e' stato riconosciuto dallo stesso legislatore statale. L'art. 11, comma 5-bis, del decreto-legge n. 35 del 2013, infatti, ha disposto che, «al fine di dare piena applicazione, secondo i principi enunciati nella sentenza della Corte costituzionale n. 118 del 2012, al nuovo regime regolatore dei rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione Sardegna, disciplinato dalle disposizioni di cui all'art. 1, comma 834, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, [...] entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Ministro dell'economia e delle finanze concorda, nel rispetto dei saldi di finanza pubblica, con la Regione Sardegna, con le procedure di cui all'art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, le modifiche da apportare al patto di stabilita' interno per la Regione Sardegna». Lo stesso legislatore statale, dunque, ha riconosciuto che le sentenze dell'ecc.ma Corte sulla c.d. «vertenza entrate» hanno definito, con la forza del giudicato costituzionale, un preciso obbligo giuridico, al quale lo Stato non puo' sottrarsi.

Detto accordo, come si e' detto, e' stato finalmente sottoscritto in data 21 luglio 2014. I commi impugnati, cosi' come il comma 680 dell'art. 1 della legge n. 208 del 2015, pero', ne violano le clausole, imponendo alla Regione nuovi e ulteriori contributi di finanza pubblica, del tutto incompatibili. Per tale ragione, le previsioni impugnate sono anche violative del giudicato costituzionale e dell'art. 136 Cost., proprio perche', eludendo le clausole dell'accordo, il legislatore statale si e' sottratto all'efficacia conformativa delle decisioni della Corte costituzionale.

3.6.2. Per le medesime ragioni risulta violato anche il principio del legittimo affidamento, che trova riconoscimento di rango costituzionale ai sensi dell'art. 3 Cost. nonche' degli articoli 6 e 13 della CEDU (tanto, ovviamente in combinato disposto con gli articoli 5 e 117, comma 1, Cost., perche' qui l'affidamento e' posto a presidio dell'autonomia della ricorrente).

Per mero tuziorismo si rammenta che il principio del legittimo affidamento, proprio per la sua natura di «principio connaturato allo Stato di diritto» (sentenze Corte cost., numeri 206 del 2009 e 156 del 2007) si applica anche ai rapporti tra Stato e regioni, specie a quei rapporti che, incidendo sugli ambiti di autonomia garantita alle autonomie, devono ispirarsi alla leale collaborazione tra le parti (si veda la sent. Corte cost., n. 207 del 2011).

In questo contesto, e' evidente che in capo alla regione ricorrente e' sorto un affidamento legittimo sulla stabilita' del quadro di regolamentazione dei rapporti economici con lo Stato, che, invece, e' stato inopinatamente sovvertito dal legislatore statale con la disposizione in esame.

Tale affidamento e' stato legittimamente indotto in ragione:   delle disposizioni statutarie e costituzionali che fissano il principio consensualistico nei rapporti tra Stato e Regione Sardegna;   dell'obbligo per lo Stato di addivenire ad un complessivo accordo di finanza pubblica con la regione, sancito dalle sopra richiamate decisioni della Corte costituzionale;   dall'inequivoca disposizione di cui all'art. 11, comma 5-bis, del decreto-legge n. 35 del 2013, sopra riportata;   dalla stipula dell'accordo di finanza pubblica del 21 luglio 2014;   dal recepimento delle clausole dell'accordo nell'art. 42 del decreto-legge n. 133 del 2014, sopra menzionato.

Dal canto suo, la Regione Sardegna non ha mai dubitato della validita', della stabilita' e della cogenza dell'accordo del 21 luglio 2014, tanto che, come si e' gia' detto, proprio in ossequio a tale accordo ha rinunciato a numerose impugnazioni gia' proposte non solo innanzi l'ecc.ma Corte costituzionale, confidando, appunto, nel ristabilito ordine nei rapporti economico-finanziari con lo Stato.

Risulta inciso, dunque, anche il diritto di difesa in giudizio della Regione, tutelato dall'art. 24 Cost.

3.6.3. Se e' evidente l'esistenza di un affidamento legittimo e qualificato in capo alla ricorrente sulla stabilita' delle clausole dell'accordo del 2014, non meno evidente e' la sua lesione, visto che la ricorrente vede oggi violate le clausole di detto accordo da disposizioni con esso esplicitamente incompatibili.

3.6.4. Si configura, dunque, la violazione degli articoli 3 Cost., 6 e 13 della CEDU in riferimento all'art. 117, comma 1, Cost., nonche' in riferimento all'autonomia economico-finanziaria della regione, tutelata dagli articoli 7 e 8 dello Statuto e 117 e 119 Cost.

A tal proposito, e' per mera completezza d'esposizione che si ricorda che, a partire dalle sentenze n. 348 e 349 del 2007, la giurisprudenza costituzionale e' costante nel ritenere che le norme della CEDU - nel significato loro attribuito dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, specificamente istituita per dare ad esse interpretazione e applicazione - integrino, quali «norme interposte», il parametro costituzionale espresso dall'art. 117, primo comma, Cost., nella parte in cui impone la conformazione della legislazione interna ai vincoli derivanti dagli obblighi internazionali (ex plurimis: sentenze n. 1 del 2011; n. 196, n. 187 e n. 138 del 2010).

La Corte europea dei diritti dell'uomo ha piu' volte affermato che gli articoli 6 e 13 della Convenzione EDU proteggono i legittimo affidamento dei soggetti di diritto, che puo' essere legittimamente compresso solo a fronte di imperative ragioni di interesse generale (ex plurimis: sent. Sez. II, 7 giugno 2011, Agrati ed altri c.

Italia; 31 maggio 2011, Maggio c. Italia; 10 giugno 2008, Bortesi e altri c. Italia; 24 giugno 2014, Azienda Agricola Silverfunghi e altri c. Italia; Sez. V, 11 febbraio 2010, Javaugue c. Francia),   Ebbene: tra i motivi imperativi di interesse generale non rientra l'ottenimento di un mero beneficio economico per la finanza pubblica.

La Corte EDU lo ha piu' volte statuito. Per tutte valga il riferimento alle sentenze Sez. IV, 28 ottobre 1999, Zielinsky, Pradal e Gonzales c. Francia, e Sez. III, 21 giugno 2007, SCM Scanner de l'Ouest Lyonnais c. Francia. In entrambi i casi la Corte ha affermato che le giustificazioni di tipo economico - riguardanti il rischio di mettere in pericolo l'equilibrio finanziario e la prospettiva di un aumento esponenziale dei costi del personale - che lo Stato pone alla base del suo intervento non possono essere considerate di importanza generale tale da giustificare un'ingerenza sul legittimo affidamento dei soggetti di diritto.

Di conseguenza, atteso che l'unica ragione giustificatrice delle norme impugnate potrebbe essere il conseguimento di un risparmio per lo Stato, esse risultano violative degli articoli 6 e 13 della CEDU e 117 Cost. e, di conseguenza, degli articoli 117 e 119 Cost. e 7 e 8 dello Statuto sardo, che ne tutelano l'autonomia economico-finanziaria.

3.7. Per costante giurisprudenza costituzionale, lo Stato puo' imporre in via autoritativa contributi straordinari di finanza pubblica alle Regioni ordinarie e alle Autonomie speciali, ma solo in presenza di un'ulteriore condizione: che il contributo richiesto sia imposto per un periodo di tempo limitato e ragionevole. Nella sentenza n. 193 del 2012, ad esempio, codesta ecc.ma Corte costituzionale ha ricordato di essersi «espressa sulla non incompatibilita' con la Costituzione delle misure disposte con l'art.

14, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 78 del 2010, sul presupposto - richiesto dalla propria costante giurisprudenza - che [sono legittime] le norme che "si limitino a porre obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica, intesi nel senso di un transitorio contenimento complessivo, anche se non generale, della spesa corrente e non prevedano in modo esaustivo strumenti o modalita' per il perseguimento dei suddetti obiettivi" (sentenza n.

148 del 2012; conformi, ex plurimis, sentenze n. 232 del 2011 e n.

326 del 2010)».

Ove tale limite non sia rispettato, il contributo di finanza pubblica imposto alle Regioni costituisce disposizione «di dettaglio» in una materia affidata alla competenza legislativa concorrente, ai sensi dell'art. 117 Cost., con la conseguenza che essa esorbita dall'ambito competenziale riconosciuto al legislatore statale.

A tal proposito, il contributo di finanza pubblica qui in esame era originariamente previsto per un solo triennio. Esso, dunque, sembrerebbe essere astrattamente compatibile con l'obbligo di «temporaneita'» del prelievo, riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale. A tal proposito, pero', si deve osservare che:   a) il comma 528 ha esteso per un altro anno l'ambito di applicazione del contributo;   b) il comma 392 ha aumentato il carico finanziario del contributo;   c) le Regioni, tra cui la Sardegna, sono sottoposte da diversi anni a contributi di finanza pubblica sempre crescenti, alcuni dei quali imposti non in via temporanea, bensi' senza limiti di tempo (cfr. art. 20, comma 5, del decreto-legge n. 98 del 2011; art. 15, comma 22; e 16, comma 3; del decreto-legge n. 95 del 2012; art. 28, comma 3, del decreto-legge n. 201 del 2011; art. 1, commi 118 e 132, della legge n. 228 del 2012; art. 1, commi 429, 481, 499 e 526 della legge n. 147 del 2013).

Per tali ragioni, appare evidente che il contributo di finanza pubblica inizialmente imposto con il comma 680 dell'art. 1 della legge n. 208 del 2015 e poi modificato dai commi 392 e 394 della legge qui impugnata elude l'obbligo di temporaneita' delle misure restrittive di finanza pubblica, piu' volte sancito dall'ecc.ma Corte costituzionale. Per tale ragione i commi impugnati sono anche violativi dell'art. 117, comma 3, Cost., per avere lo Stato debordato dall'ambito delle competenza legislativa concorrente nella materia del «coordinamento della finanza pubblica», nonche' degli articoli 7 e 8 dello Statuto sardo, che tutelano l'autonomia finanziaria della regione.

4. Quanto all'art. 1, commi 393, 397, 400, 401, 408 e 409, della legge 11 dicembre 2016, n. 232. Violazione del principio di leale collaborazione di cui agli articoli 5 e 117 Cost. Violazione degli articoli 7 e 8 dello Statuto della Regione Autonoma della Sardegna e dell'articoli 117 Cost., anche in relazione all'art. 1, comma 836, della legge n. 296 del 2006. Nel precedente motivo di ricorso si e' indicato in che modo il legislatore statale ha proceduto a ridurre il finanziamento per il fabbisogno sanitario nazionale standard, contestualmente onerando le regioni di un ulteriore carico finanziario. Si e' altresi' rilevato che tale manovra impone alla regione ricorrente di versare allo Stato (a seguito di un'intesa pressoche' interamente predeterminata nei contenuti) una quota parte di quell'onere finanziario. Si sono infine illustrate le ragioni per le quali l'imposizione di tale onere collegato al finanziamento della sanita' nazionale e' costituzionalmente illegittimo, in quanto incompatibile con l'autonomia finanziaria garantita dalla Costituzione e dallo Statuto sardo. In altri termini, mentre nel precedente motivo la manovra sulla sanita' pubblica e' stata esaminata e censurata dalla parte dell'entrata, nel presente motivo saranno illustrati i vizi che l'affliggono per la parte della spesa.

Come si e' detto in narrativa, i commi 393, 397, 400, 401, 408 e 409 producono i seguenti effetti:   stabiliscono alcune specifiche «finalizzazioni» del fabbisogno sanitario nazionale standard, finanziato come sopra si e' detto (commi 393 e 397);   in questo senso, i commi 400 e 401 istituiscono due fondi di 500 milioni di euro ciascuno nello stato di previsione del Ministero della salute, destinati al rimborso alla Regioni per l'acquisto dei «medicinali innovativi» e dei «medicinali oncologici innovativi» (si badi, ancorche' collocati nello stato di previsione del Ministero, questi due fondi sono comunque finanziati con le risorse che finanziano il fabbisogno sanitario nazionale, ai sensi del comma 393);   tali fondi sono ripartiti a favore delle regioni sulla base di criteri che saranno definiti con successiva intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni;   i commi 408 e 409 riservano una parte del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale al rimborso alle Regioni per l'acquisto di vaccini ricompresi nel nuovo piano nazionale vaccini nonche' per le spese sostenute per i processi di assunzione e stabilizzazione del personale del Servizio sanitario nazionale;   anche queste risorse saranno ripartite sulla base di criteri definiti dalla Conferenza Stato-Regioni.

Per comprendere i vizi delle disposizioni ora indicate si deve ricordare che, in base all'art. 1, comma 836, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007), «dall'anno 2007 la regione Sardegna provvede al finanziamento del fabbisogno complessivo del Servizio sanitario nazionale sul proprio territorio senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato».

4.1. Tutto cio' considerato, gli effetti delle disposizioni censurate possono essere sintetizzati come segue.

In primo luogo, il legislatore statale ha determinato specifici obblighi in capo alle regioni, vincolando una parte della loro spesa sanitaria a finalita' particolari, quali l'acquisto di «farmaci innovativi», di «farmaci oncologici innovativi» e di vaccini, nonche' per la stabilizzazione del personale precario e l'assunzione di ulteriori risorse umane.

La sussistenza di tale vincolo di destinazione e la sua applicabilita' anche alla Regione Sardegna derivano sia dalla specifica previsione dei fondi separati istituiti con i commi 400, 401, 408 e 409 (la cui ratio sta proprio nella corrispondente limitazione dell'autonomia di spesa regionale), sia dalla clausola generale di cui al comma 397. Detto comma, infatti, specifica che le misure di governo del settore farmaceutico sono disposte ai sensi di quanto previsto nell'art. 21, comma 1, del decreto-legge n. 113 del 2016 e di quanto convenuto nell'intesa sancita in sede di Conferenza Stato-Regioni del 2 luglio 2015.

Il richiamo all'art. 21, comma 1, del decreto-legge n. 113 del 2016 indica che tali previsioni relative al settore farmaceutico sono dettate «in considerazione della rilevanza strategica del settore farmaceutico, ai fini degli obiettivi di politica industriale e di innovazione del Paese, e del contributo fornito dal predetto settore agli obiettivi di salute, nell'ambito dell'erogazione dei Livelli essenziali di assistenza, nonche' dell'evoluzione che contraddistingue tale settore» (cosi' la disposizione richiamata).

Ne consegue che l'acquisto di farmaci innovativi, di farmaci oncologici innovativi e di vaccini ai sensi del NPNV, nonche' la spesa per la assunzione e stabilizzazione del personale costituiscono misure di coordinamento della finanza pubblica obbligatorie anche per l'odierna ricorrente, che impongono prestazioni ulteriori senza alcuna erogazione di risorse aggiuntive e, anzi, con l'onere in capo alla regione di coprire la maggiore spesa sostenuta dalle altre autonomie.

Va ricordato, infatti, che la Regione Sardegna:   i) partecipa, nelle forme esaminate al precedente motivo di ricorso, a sostenere i costi di finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale;   ii) non attinge in alcun modo dal fondo per il fabbisogno sanitario nazionale, atteso che, ai sensi dell'art. 1, comma 836, della legge n. 296 del 2006, la ricorrente sostiene in via totalmente autonoma gli oneri del sistema sanitario regionale.

4.2. In sintesi, dunque, con le disposizioni impugnate il legislatore statale ha compresso, senza alcuna compensazione sul lato dell'entrata, l'autonomia di spesa della regione ricorrente in un ambito gestito e finanziato autonomamente dalla Regione Sardegna da 10 anni, imponendo vincoli di destinazione ad alcune parti del fondo che la Sardegna alimenta, ma dal quale non attinge.

Tale schema normativo e' palesemente illegittimo, come dimostra la consolidata giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte.

A tal proposito, si deve menzionare anzitutto la sent. Corte cost., n. 133 del 2010. Si controverteva della legittimita' costituzionale dell'art. 22, commi 2 e 3, del decreto-legge n. 78 del 2009: «la predetta norma, nel prevedere l'istituzione di un fondo con dotazione di 800 milioni di euro - "destinato ad interventi relativi al settore sanitario" ed alimentato con le economie di spese derivanti, tra l'altro, dall'applicazione del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39 [...] - dispone che "in sede di stipula del Patto per la salute e' determinata la quota che le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano riversano all'entrata del bilancio dello Stato per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale"»(cosi' e' riassunta la questione nel Ritenuto in fatto della menzionata sent. n. 133 del 2010). Codesta ecc.ma Corte costituzionale, a quel proposito, rilevo' che "lo Stato, quando non concorre al finanziamento della spesa sanitaria, «neppure ha titolo per dettare norme di coordinamento finanziario»".

Parimenti e' accaduto nel caso giudicato con sent. Corte cost., n. 341 del 2009. In quella vicenda si controverteva della legittimita' costituzionale dell'art. 61, comma 14, del decreto-legge n. 112 del 2008, ove si prevedeva che "siano ridotti del 20 per cento, rispetto all'ammontare risultante alla data del 30 giugno 2008 e a decorrere dalla data di conferimento o rinnovo degli incarichi, i trattamenti economici complessivi spettanti ai direttori generali, ai direttori sanitari, ai direttori amministrativi, ed i compensi spettanti ai componenti dei collegi sindacali delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere, delle aziende ospedaliero universitarie, degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e degli istituti zooprofilattici". Codesta ecc.ma Corte costituzionale, rilevato che «Le risorse provenienti dalla riduzione dei compensi di dirigenti e sindaci delle strutture sanitarie, prevista dalla disciplina impugnata» sarebbero state poi utilizzate per consentire che le «Regioni stesse concorr[essero] con lo Stato alla copertura dei relativi oneri» e considerato che la Provincia autonoma di Trento (ricorrente in quella vicenda) «provvede interamente al finanziamento del proprio servizio sanitario provinciale, "senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato" (art. 34, comma 3, della legge n. 724 del 1994)», ha affermato che «In tale diverso e peculiare contesto, l'applicazione alla Provincia autonoma di Trento del comma 14 dell'art. 61 non risponderebbe alla funzione che la misura in questione assolve per le altre Regioni. Dal momento che lo Stato non concorre al finanziamento del servizio sanitario provinciale, ne' quindi contribuisce a cofinanziare una eventuale abolizione o riduzione del ticket in ,favore degli utenti dello stesso, esso neppure ha titolo per dettare norme di coordinamento finanziario che definiscano le modalita' di contenimento di una spesa sanitaria che e' interamente sostenuta dalla Provincia autonoma di Trento». Tanto, e' evidente, deve valere anche nel caso qui in esame.

Piu' di recente, l'ecc.ma Corte ha ribadito il proprio orientamento con la sent. n. 125 del 2015, affermando nuovamente che «lo Stato non ha titolo per dettare norme di coordinamento finanziario che definiscano le modalita' di contenimento di una spesa sanitaria interamente sostenuta da tali enti» e che, se un'Autonomia speciale «non grava, per il finanziamento della spesa sanitaria nell'ambito del proprio territorio, sul bilancio dello Stato», allora «quest'ultimo non e' legittimato ad imporle il descritto concorso».

4.3. In conclusione: le disposizioni impugnate sono lesive dell'autonomia finanziaria della ricorrente in quanto impongono la partecipazione regionale al finanziamento della spesa sanitaria e un contestuale vincolo di spesa, nonostante che la Regione provveda al servizio di tutela del diritto alla salute senza oneri a carico del bilancio statale.

Per questa ragione:   sono violati gli articoli 7 dello Statuto e 119 della Costituzione, che tutelano la particolare autonomia finanziaria della Regione Sardegna;   e' violato l'art. 8 dello Statuto, e con esso il principio di leale collaborazione di cui all'art. 117 Cost., perche' il finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale non puo' che comportare la riduzione delle risorse derivanti alla Regione dalle quote di compartecipazione alle entrate erariali;   e' violato l'art. 117, comma 3, Cost., nonche' il principio di leale collaborazione di cui agli articoli 5 e 117 Cost., anche in relazione all'art. 1, comma 836, della legge n. 296 del 2006, perche' lo Stato impone oneri su un capitolo di spesa che e' integralmente finanziato dalla Regione, cosi' esorbitando dalla competenza a fissare i soli «principi fondamentali» nella materia «coordinamento della finanza pubblica» e impedendo alla Regione lo svolgimento autonomo delle sue funzioni oltretutto in una materia nella quale la Regione puo' contare solo sulle sue risorse per coprire le spese sostenute.

(1) Ivi cosi' si stabilisce: «in considerazione della rilevanza  strategica del settore farmaceutico, ai fini degli obiettivi di  politica industriale e di innovazione del Paese, e del contributo  fornito dal predetto settore agli obiettivi di salute,  nell'ambito dell'erogazione dei Livelli essenziali di assistenza,  nonche' dell'evoluzione che contraddistingue tale settore, in  relazione all'esigenza di una revisione, da compiersi entro il 31  dicembre 2017, del relativo sistema di governo in coerenza con  l'Intesa sancita in sede di Conferenza permanente per i rapporti  tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trenta e di  Bolzano il 2 luglio 2015, fermi restando gli equilibri di finanza  pubblica previsti a legislazione vigente, alle procedure di  ripiano della spesa farmaceutica si applicano i commi da 2 a 23».

    P. Q. M.

    La Regione autonoma della Sardegna, come in epigrafe rappresentata e difesa, chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale voglia:   accogliere il presente ricorso;   per l'effetto, dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 392, 393, 394, 397, 400, 401, 408, 409 e 528, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, recante «bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019», pubblicati nella Gazzetta Ufficiale 21 dicembre 2016, n. 297, supplemento ordinario.

Si deposita copia conforme all'originale della delibera della Giunta regionale della Regione Autonoma della Sardegna 7 febbraio 2017, n. 7/7.

Roma-Cagliari, 16 febbraio 2017

Avv. Camba - Avv. prof. Luciani