RICORSO N. 14 DEL 15 FEBBRAIO 2017 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 15 febbraio 2017.

(GU n. 12 del 22.03.2017)

 

Ricorso ex art. 127 della Costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici e' legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, contro la Regione Friuli-Venezia Giulia, in persona del suo Presidente pro tempore, per la declaratoria della illegittimita' costituzionale dell'art. 12, comma 6 e dell'art. 21 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia n.

18 del 9 dicembre 2016, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 55 del 14 dicembre 2016, come da delibera del Consiglio dei ministri in data 2 febbraio 2017.

 

Fatto

 

In data 14 dicembre 2016 e' stata pubblicata, nel n. 55 del Bollettino Ufficiale della Regione Friuli-Venezia Giulia, la legge regionale n. 18 del 9 dicembre 2016, recante «Disposizioni in materia di sistema integrato del pubblico impiego regionale e locale».

Due delle disposizioni contenute nella detta legge, come meglio si andra' a precisare in prosieguo, eccedono dalle competenze regionali e sono violative di previsioni statutarie e costituzionali, nonche' illegittimamente invasive delle competenze dello Stato; si deve pertanto procedere con il presente atto alla loro impugnazione, affinche' ne sia dichiarata la illegittimita' costituzionale, con conseguente annullamento, sulla base delle seguenti considerazioni in punto di

 

Diritto

 

1.1. La legge della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 18 del 9 dicembre 2016 «Disposizioni in materia di sistema integrato del pubblico impiego regionale e locale» ha tra l'altro istituito, per quanto qui interessa, al titolo II, capo I, il ruolo dei diligenti del comparto unico.

Passando (capo II) a disciplinare il conferimento degli incarichi dirigenziali a soggetti non inseriti nel ruolo, il legislatore regionale ha previsto che:   «1. Le amministrazioni del comparto unico, ferme restando le disposizioni di cui all'art. 3, comma 1 (1) , possono conferire, a seguito della comunicazione di cui all'art. 11, comma 3 (2) , quinto periodo, mediante procedure selettive e comparative, incarichi con contratti di lavoro a tempo determinato anche di diritto privato, a soggetti non inseriti nel ruolo che siano in possesso dei requisiti previsti dall'art. 19, comma 6 del decreto legislativo n. 165/2001.

2. Le amministrazioni del Comparto unico, ferme restando le disposizioni di cui all'art. 3, comma 1, possono, altresi', conferire gli incarichi dirigenziali di cui al comma 1, in deroga alla procedura di cui all'art. 11 e anche a fronte della presenza di dirigenti in disponibilita', sentito il Comitato di indirizzo e con adeguata motivazione.

3. Qualora gli incarichi di cui ai commi 1 e 2 siano conferiti a dipendenti delle amministrazioni del Comparto unico, i medesimi sono collocati in aspettativa senza assegni per tutta la durata dell'incarico con riconoscimento dell'anzianita' di servizio.

4. Negli enti locali del Comparto unico e', altresi', fatta salva la facolta' di conferire incarichi dirigenziali extra dotazione organica secondo quanto previsto dall'art. 110, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali).

5. I conferimenti di cui ai commi 1 e 2 avvengono previa selezione pubblica, sulla base dei criteri definiti con regolamento dalla Regione, su proposta dell'assessore regionale competente in materia di funzione pubblica.

6. Le amministrazioni definiscono gli elementi negoziali dei contratti di cui ai commi 1 e 2, ivi comprese le clausole di risoluzione dei contratti medesimi, sulla base del modello definito dall'Ufficio unico del sistema integrato di Comparto, sentito il Comitato di indirizzo; il contratto e', in ogni caso, risolto di diritto nel caso in cui l'amministrazione che ha conferito l'incarico dichiari il dissesto o venga a trovarsi nelle situazioni strutturalmente deficitarie.

7. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche con riferimento al conferimento dell'incarico di direttore dell'UTI di cui all'art. 18 della legge regionale n. 26/2014.

8. Gli incarichi di cui al presente articolo, a eccezione di quelli di cui al comma 4, non possono avere durata superiore a cinque anni; agli stessi si applicano le diposizioni di cui all'art. 10, comma 1, secondo periodo, fatta salva la possibilita' di rinnovo a completamento del termine massimo quinquennale».

1.2. Orbene, appare evidente dalla stessa sua titolazione che la disposizione ora richiamata attiene alla materia del pubblico impiego.

Tale materia trova la sua regolamentazione primaria nello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia, approvato con legge costituzionale n. 1/1963.

La norma statutaria, disciplinando all'art. 4, n. 1 la potesta' legislativa esclusiva della regione, devolve all'ente territoriale la disciplina dell'«ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla regione e stato giuridico ed economico del personale ad essi addetto». La detta potesta' deve essere esercitata, si precisa, «in armonia con la Costituzione, con i principi generali dell'ordinamento giuridico della Repubblica, con le norme fondamentali delle riforme economico-sociali e con gli obblighi internazionali dello Stato, nonche' nel rispetto degli interessi nazionali e di quelli delle altre Regioni».

1.3. Come visto, il comma 6 dell'art. 12 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 18/2016, stabilisce che l'Ufficio unico del sistema integrato di Comparto debba definire a mezzo di appositi modelli gli elementi negoziali - ivi incluse le clausole di risoluzione - per i contratti che si andranno a stipulare nell'ambito regionale ai fini del conferimento degli incarichi dirigenziali contemplati dalla norma. Prevede, quindi, alcune ipotesi di risoluzione di diritto del contratto stesso (dichiarazione di dissesto o situazione «strutturalmente deficitaria» dell'Amministrazione che ha conferito l'incarico).

Tali ultime previsioni appaiono pero' - come qui di seguito si illustrera' - in evidente contrasto con i principi generali dell'ordinamento giuridico in materia di rapporto di lavoro in generale, e di pubblico impiego e di risoluzione dello stesso in particolare, e con norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica.

Esse sono pertanto violative del richiamato art. 4 dello statuto, oltre che dell'art. 117, comma 2, lettera l) della Costituzione, che devolve alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia dell'ordinamento civile.

1.4. E' ben noto, per essere stato anche piu' volte riaffermato da codesta ecc.ma Corte (cfr., ad esempio Corte cost. n. 151/2010) che la disciplina del rapporto di lavoro del dipendente pubblico, anche regionale - ora contrattualizzato - rientra appunto nella materia dell'«ordinamento civile». Detta disciplina, ad evitare ingiustificate disparita' di trattamento tra i dipendenti di diversi soggetti pubblici datoriali, deve essere «uniforme sul territorio nazionale e imporsi anche alle regioni a statuto speciale» (Corte cost., sentenza citata).

A tale esigenza di uniformita' si ispira evidentemente la espressa previsione contenuta nell' art. 1, comma 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, secondo la quale i principi desumibili dalla legge di delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanita', di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale (legge 23 ottobre 1992, n. 421, art. 2, comma 1, lettera d) (3) e comma 2 (4) «costituiscono ..., per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e di Bolzano, norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica».

1.5. Orbene, nel regolare con le modalita' «automatiche» sopra illustrate lo scioglimento dell'incarico dirigenziale conferito ai soggetti non inseriti nel ruolo dirigenziale del Comparto unico, giungendo cioe' ad una sanzione eccezionale, la piu' radicale in quanto risolutiva del rapporto, l' art. 12, comma 6 della legge regionale n. 18/2016, che oggi si censura si pone in contrasto con i principi fondamentali dell'ordinamento e le ora menzionate «norme fondamentali»:   trovando la propria operativita' sulla base di circostanze assolutamente non imputabili al dipendente;   ponendo una disciplina che non e' assistita dalla necessaria uniformita' sull'intero territorio nazionale;   palesemente collidendo con i principi del diritto civile comune e della normativa sulla dirigenza pubblica in relazione alla estinzione del rapporto di lavoro.

1.6. In particolare, anche quali norme interposte, non possono non essere qui richiamate: la ratio posta evidentemente a base della previsione contenute nell' art. 2119 del codice civile (che nega che possano mai costituire motivo di recesso per giusta causa nel rapporto di lavoro le difficolta' economiche del datore di lavoro); le modalita' di revoca generalmente previste per le funzioni dirigenziali dall'art. 19, comma 1-ter del decreto legislativo n.

165/2001 («gli incarichi dirigenziali possono essere revocati esclusivamente nei casi e con le modalita' di cui all'art. 21, comma 1, secondo periodo», e cioe' in gravi casi di mancato raggiungimento degli obiettivi prefissati o di inosservanza di direttive).

1.7. Conclusivamente, il comma 6 dell'art. 12 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 18 del 9 dicembre 2016, sopra riportato e che qui si impugna, dovra' essere dichiarato incostituzionale in quanto violativo della previsione dell'art. 4 dello statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia (legge costituzionale n. 1/1963), dei principi generali dell'ordinamento giuridico della Repubblica, delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali, nonche' dell'art. 117, comma 2, lettera l) della Costituzione.

2.1. La legge della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 18 del 9 dicembre 2016 «Disposizioni in materia di sistema integrato del pubblico impiego regionale e locale» ha inoltre posto, all' art. 21, norme per favorire l'inserimento lavorativo (patto generazionale), prevedendo che:   «1. Al fine di promuovere il ricambio generazionale le amministrazioni del Comparto unico, possono concedere, negli ultimi tre anni di servizio del personale in procinto di essere collocato a riposo e su domanda del dipendente, la riduzione da un minimo del 35 per cento a un massimo del 70 per cento dell'orario di lavoro a tempo pieno; contestualmente l'amministrazione di appartenenza provvede, per tale personale e per il corrispondente periodo, al versamento dei contributi di previdenza e quiescenza riferiti al rapporto di lavoro a tempo pieno.

2. I risparmi di spesa effettivi derivanti complessivamente dalle misure di cui al comma 1, sono impiegati, dall'amministrazione che intenda avvalersi di tale facolta', per l'assunzione in servizio di personale con rapporto di lavoro a tempo parziale con riferimento alle unita' oggetto di riduzione della prestazione lavorativa; alla data di pensionamento del personale di cui al comma 1, l'assunzione puo' essere trasformata a tempo pieno nel rispetto delle facolta' assunzionali e di spesa.

3. La domanda del dipendente di cui al comma 1 e' irrevocabile salvo il caso di modifica della normativa pensionistica incidente sui requisiti e sul trattamento economico del personale interessato o soltanto su uno di essi; in tal caso la trasformazione a tempo pieno e' subordinata alla verifica del rispetto del budget assunzionale.

4. Il ricambio generazionale di cui al presente articolo non deve, comunque, determinare nuovi o maggiori oneri a carico degli enti previdenziali e delle amministrazioni del Comparto unico».

2.2. Le disposizioni ora esaminate, nel prevedere per taluni dipendenti in eta' prossima al pensionamento la riduzione dell'orario di lavoro, fermo restando l'integrale versamento dei contributi di previdenza e quiescenza da parte dell'Amministrazione-datrice di lavoro, attengono evidentemente alla materia assistenziale e previdenziale.

Lo statuto posto con la gia' richiamata legge costituzionale n.

1/1963 prevede, tuttavia, all'art. 6, la possibilita' per la regione solamente di «adeguare alle sue particolari esigenze le disposizioni delle leggi della Repubblica, emanando norme di integrazione e di attuazione nelle seguenti materie: ... 2) lavoro, previdenza e assistenza sociale»; non prevede per contro in alcun modo che siano poste in materia da parte dell'ente territoriale disposizioni radicalmente innovative o in contrasto con la previsione contenuta nella normativa statale (anche qui, per evidenti necessarie esigenze di uniformita' su tutto il territorio nazionale).

E' dunque pacifico che in materia, in difetto di formazione regionale esclusiva e prevalente, operi la competenza statale esclusiva di cui all'art. 117, comma 2, lettera o) («Previdenza sociale»).

2.3. Sennonche' la normativa statale non contempla alcun meccanismo assimilabile a quello ora illustrato, di tal che il Legislatore regionale ha invaso la competenza statale, non limitandosi, come avrebbe dovuto, ad emanare norme meramente integrative.

Esso Legislatore ha infatti dato vita con piena evidenza ad un istituto del tutto innovativo (sconosciuto alla legislazione nazionale) che prevede in buona sostanza a carico dell'ente una sorta di contribuzione «figurativa», non corrispondente a prestazione lavorativa (e al versamento di contributi) da parte del lavoratore; cio', dunque, con conseguente aggravio della finanza pubblica, e violazione anche dei principi di cui all'art. 81 Cost. in tema di equilibrio di bilancio e di mancata previsione di entrate idonee a far fronte ai maggiori oneri in tal modo provocati.

2.4. Inoltre, i costi derivanti dal persistente obbligo contributivo a carico del datore di lavoro che viene cosi' affermato non solo non corrispondono ad una prestazione lavorativa e ai correlativi versamenti da parte del lavoratore, ma non sono in alcuna misura quantificati.

Ne', per far fronte ai maggiori oneri, si e' prevista una contribuzione da parte di altri soggetti esterni in via sostitutiva; ne', infine, quei costi sono compensati da assunzioni, anche a tempo parziale, che permettano di garantire l'equilibrio del bilancio regionale.

E' pertanto evidente che la disposizione oggi impugnata, l'art.

21 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 18 del 9 dicembre 2016, in assenza di una qualsiasi competenza regionale sul punto, si pone in contrasto con l'art. 6 dello statuto regionale (legge costituzionale n. 1/1963), e con gli articoli 81 e 117, comma 2, lettera o) della Costituzione in tema, rispettivamente, di equilibrio di bilancio e di previdenza sociale.

Anch'essa, dunque, e' viziata, e dovra' essere dichiarata incostituzionale.

(1) Art. 3 - Fabbisogni e immissioni nel ruolo: «1. La giunta  regionale, su proposta dell'assessore competente in materia di  funzione pubblica, definisce periodicamente, e comunque con  cadenza almeno triennale, i fabbisogni professionali del ruolo  nel rispetto dei principi sul contenimento della spesa e sulla  base delle esigenze manifestate dalle singole amministrazioni in  relazione alla necessita' di conferimento di incarichi  dirigenziali, nonche' definisce il numero massimo complessivo  degli incarichi dirigenziali conferibili ai sensi dell'art. 12,  commi 1 e 2, comunque non superiore al 20 per cento della  consistenza della dotazione organica della qualifica di'  dirigente delle singole amministrazioni con arrotondamento  all'unita' superiore e, comunque, per almeno una unita', nel  rispetto della consistenza delle strutture organizzative di  livello direzionale delle singole amministrazioni come  rideterminate ai sensi dell'art. 56, comma 7».

(2) Art. 11 - Conferimento degli incarichi dirigenziali a soggetti  inseriti nel ruolo: «1. Le amministrazioni del Comparto unico che  presentino la necessita' di conferire incarichi dirigenziali  attingono prioritariamente alle professionalita' presenti nel  ruolo. 2. Nelle amministrazioni che stabiliscono, nell'ambito dei  regolamenti di organizzazione, la graduazione funzionale tra  incarichi dirigenziali, gli incarichi apicali possono essere  conferiti ai dirigenti che hanno maturato un'anzianita' di  servizio nella qualifica di almeno cinque anni e conseguito  nell'ultimo triennio una valutazione positiva. Le amministrazioni  definiscono, con la medesima disciplina regolamentare, le  modalita' di conferimento dell'incarico di sostituzione dei  dirigenti. 3. L'inserimento nel ruolo implica la qualificazione  allo svolgimento di qualsivoglia incarico dirigenziale, fermi  restando i requisiti per specifiche professionalita'.

L'amministrazione interessata ad acquisire figure dirigenziali  trasmette all'Ufficio unico del sistema integrato di Comparto  richiesta di predisposizione di apposito interpello indicando la  tipologia dell'incarico che si intende conferire, con descrizione  dettagliata della posizione dirigenziale e delle competenze a  essa correlate e indicazione del relativo trattamento economico.

L'Ufficio unico predispone e pubblica, sull'apposita sezione del  sito della Regione, l'interpello. I dirigenti in disponibilita'  partecipano all'interpello qualora in possesso dei requisiti  richiesti dal medesimo; in caso di volontaria mancata  partecipazione il periodo di messa in disponibilita' e' ridotto  di due mesi per ogni mancata partecipazione. L'Ufficio unico, in  caso di assenza di personale in disponibilita' ovvero in assenza  di istanze, ne da' comunicazione all'amministrazione interessata  che puo', quindi, procedere ai sensi dell'art. 12. Ai fini del  conferimento di ciascun incarico l'amministrazione interessata  tiene conto, in relazione alla natura e alle caratteristiche  degli obiettivi prefissati e alla complessita' della struttura  interessata, delle attitudini e delle capacita' professionali del  singolo dirigente, dei risultati conseguiti in precedenza presso  le amministrazioni in cui ha ricoperto incarichi e della relativa  valutazione e delle specifiche competenze organizzative  possedute; della scelta effettuata e' data comunicazione al  Comitato di cui all'art. 5. 4. Fermo restando quanto previsto  agli articoli 13 e 56, comma 11, il conferimento di altri  incarichi aventi natura fiduciaria puo' avvenire anche senza  ricorrere alla procedura di' interpello di cui al comma 3. 5. Gli  avvisi possono indicare un periodo minimo di permanenza  nell'incarico, non superiore a due anni, durante il quale  l'assunzione di un successivo incarico da parte del dirigente e'  subordinata al consenso dell'amministrazione che ha conferito il  precedente incarico. 6. Le disposizioni di cui al presente  articolo si applicano anche con riferimento al conferimento  dell'incarico di direttore delle UTI di cui all'art. 18 della  legge regionale n. 26/2014». 3. L'inserimento nel ruolo implica  la qualificazione allo svolgimento di qualsivoglia incarico  dirigenziale, fermi restando i requisiti per specifiche  professionalita'. L'amministrazione interessata ad acquisire  figure dirigenziali trasmette all'Ufficio unico del sistema  integrato di comparto richiesta di predisposizione di apposito  interpello indicando la tipologia dell'incarico che si intende  conferire, con descrizione dettagliata della posizione  dirigenziale e delle competenze a essa correlate e indicazione  del relativo trattamento economico. L'Ufficio unico predispone e  pubblica, sull'apposita sezione del sito della regione,  l'interpello. I dirigenti in disponibilita' partecipano  all'interpello qualora in possesso dei requisiti richiesti dal  medesimo; in caso di volontaria mancata partecipazione il periodo  di messa in disponibilita' e' ridotto di due mesi per ogni  mancata partecipazione. L'Ufficio unico, in caso di assenza di  personale in disponibilita' ovvero in assenza di istanze, ne da'  comunicazione all'amministrazione interessata che puo', quindi,  procedere ai sensi dell'art. 12. Ai fini del conferimento di  ciascun incarico l'amministrazione interessata tiene conto, in  relazione alla natura e alle caratteristiche degli obiettivi  prefissati e alla complessita' della struttura interessata, delle  attitudini e delle capacita' professionali del singolo dirigente,  dei risultati conseguiti in precedenza presso le amministrazioni  in cui ha ricoperto incarichi e della relativa valutazione e  delle specifiche competenze organizzative possedute; della scelta  effettuata e' data comunicazione al Comitato di cui all'art. 5.

(3) Secondo il quale il Governo e' autorizzato a «prevedere che le  pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici di cui alla lettera  a) garantiscano ai propri dipendenti parita' di trattamenti  contrattuali e comunque trattamenti non inferiori a quelli  prescritti dai contratti collettivi».

(4) Le disposizioni del presente articolo e dei decreti legislativi  in esso previsti costituiscono principi fondamentali ai sensi  dell'art. 117 della Costituzione. I principi desumibili dalle  disposizioni del presente articolo costituiscono altresi' per le  regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e  di Bolzano norme fondamentali di riforma economico-sociale della  Repubblica.

 

P.Q.M.

 

Si chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare costituzionalmente illegittimi, e conseguentemente annullare, per i motivi sopra specificati, gli articoli 12, comma 6, e 21 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 18 del 9 dicembre 2016, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 55 del 14 dicembre 2016, come da delibera del Consiglio dei ministri in data 2 febbraio 2017.

Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno:   1) estratto della delibera del Consiglio dei ministri 2 febbraio 2017;   2) copia della legge regionale impugnata;   3) rapporto del Dipartimento degli affari regionali.

Con ogni salvezza.

Roma, 10 febbraio 2017

L'Avvocato dello Stato: Salvatorelli