RICORSO N. 6 DEL 2 FEBBRAIO 2017 (DELLA REGIONE LIGURIA)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 2 febbraio 2017.

(GU n. 8 del 22.02.2017)

 

Ricorso della Provincia autonoma di Trento (cod. fisc.

00337460224), in persona del Presidente pro tempore Ugo Rossi, autorizzato dalla deliberazione della Giunta provinciale n. 39 del 20 gennaio 2017 (doc. 1), rappresentata e difesa, come da procura speciale del 25 gennaio 2017 n. 28350 di repertorio (doc. 2) rogata dal dott. Guido Baldessarelli, ufficiale rogante della Provincia autonoma, dall'avv. prof. Giandomenico Falcon (cod. fisc.

FLCGDM45C06L736E) di Padova, dall'avv. Nicolo' Pedrazzoli (cod. fisc.

PDRNCL56R01G428C) dell'avvocatura della Provincia di Trento e dall'avv. Luigi Manzi (cod. fisc. MNZLGU34E15H501Y) di Roma, con domicilio eletto in Roma nello studio di questi in via Confalonieri, n. 5;   Contro la Presidenza del Consiglio dei ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale:   dell'art. 7 del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, recante «Disposizioni urgenti in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili», convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2016, n. 225, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 282 del 2 dicembre 2016 - suppl. ordinario n.

53;   dell'art. 1, commi da 633 e 636, e dell'art. 2, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 297 del 21 dicembre 2016 - suppl. ordinario n. 57;   Per violazione:   del Titolo VI dello Statuto speciale, approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, ed in particolare degli articoli 75, 75-bis, 79 e 80, nonche' degli articoli 103, 104 e 107;   del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268;   del principio di leale collaborazione, in relazione all'art.

120 della Costituzione, e dell'Accordo del 15 ottobre 2014.

 

Fatto

 

L'art. 7, comma 1, del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, nel testo risultante dalla legge di conversione 1° dicembre 2016, n. 225, riapre i termini per la procedura di collaborazione volontaria in materia fiscale (voluntary disclosure), regolata dagli articoli da 5-quater a 5-septies del decreto-legge n. 167 del 1990 (convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227), introdotti dalla legge 15 dicembre 2014, n. 186 (recante appunto «Disposizioni in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all'estero nonche' per il potenziamento della lotta all'evasione fiscale»).

La riapertura e' operata con l'inserimento, sempre nel testo del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, dell'art. 5-octies, il quale contestualmente specifica ulteriori modalita' e condizioni della nuova fase della «volontaria collaborazione».

Di seguito si illustrera' - per una piu' agevole comprensione del contesto della presente impugnazione - il complessivo contenuto della disciplina attuale della volontaria collaborazione per la quale i termini sono ora riaperti. Conviene tuttavia precisare subito che la Provincia autonoma di Trento non censura in se' e per se' questa disciplina articolata ed organica, che agevola l'attivita' di accertamento e di riscossione di imposte e delle connesse sanzioni incentivando la collaborazione dei contribuenti responsabili di violazioni dichiarative.

Invece, essa lamenta solo il fatto che tale disciplina non preveda - ed anzi, come si dira', sulla base di ulteriori dati normativi (e segnatamente di quanto si ricava dall'art. 1, commi 633-636, e 2, della legge 11 dicembre 2016, n. 232) sembri addirittura escludere - che il ricavato delle quote del gettito percette nei territori provinciali sia ripartito tra lo Stato e le Province autonome in applicazione dei criteri stabiliti dallo Statuto di autonomia per il riparto delle entrate tributarie: i quali, come ben noto, assegnano alla Provincia autonoma gli otto decimi dell'IVA riscossa sul territorio provinciale e i nove decimi di tutte le altre entrate tributarie erariali, dirette o indirette, comunque denominate, inclusa l'imposta locale sui redditi, ad eccezione di quelle di spettanza regionale o di altri enti pubblici (art. 75, lettera e e lettera g), con la precisazione che nell'ammontare delle quote di tributi erariali devolute alla regione e alle province sono comprese anche le entrate afferenti all'ambito regionale e provinciale affluite, in attuazione di disposizioni legislative o amministrative, a uffici situati fuori del territorio della regione e delle rispettive province (art. 75-bis, comma 1), e che attribuiscono alla stessa Provincia le compartecipazioni al gettito e le addizionali a tributi erariali che le leggi dello Stato attribuiscono agli enti locali, con riguardo agli enti locali del territorio provinciale (art. 80, comma 3).

I primi tre periodi del comma 1 dell'art. 5-octies, inserito dall'impugnato art. 7, comma 1, del decreto-legge n. 193 del 2016, dispongono come segue:   «Dalla data di entrata in vigore del presente articolo sino al 31 luglio 2017 e' possibile avvalersi della procedura di collaborazione volontaria di cui agli articoli da 5-quater a 5-septies a condizione che il soggetto che presenta l'istanza non l'abbia gia' presentata in precedenza, anche per interposta persona, e ferme restando le cause ostative previste dall'art. 5-quater, comma 2. Resta impregiudicata la facolta' di presentare l'istanza se, in precedenza, e' stata gia' presentata, entro il 30 novembre 2015, ai soli fini di cui all'art. 1, commi da 2 a 5, della legge 15 dicembre 2014, n. 186. L'integrazione dell'istanza, i documenti e le informazioni di cui all'art. 5-quater, comma 1, lettera a), possono essere presentati entro il 30 settembre 2017.»   Dunque, la procedura di collaborazione volontaria prevista dall'art. 5-octies del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, introdotto dall'art. 7 del decreto-legge n. 193 del 2016, e' applicabile sia alla emersione di attivita' estere sia alle violazioni dichiarative «nazionali», relative ad imposte erariali.

Infatti, l'art. 5-octies fa rinvio, nel comma 1, alle norme generali sulla voluntary disclosure internazionale (articoli da 5-quater a 5-septies dello stesso decreto-legge), e nel comma 3 alle norme in materia di violazioni dichiarative relative alle imposte erariali (imposte sui redditi e addizionali, imposte sostitutive, IRAP, IVA) e dei sostituti d'imposta, regolate dall'art. 1, commi da 2 a 5, della legge 15 dicembre 2014, n. 186.

Piu' precisamente, la collaborazione volontaria internazionale e' riservata ai soggetti che non l'avessero gia' proposta in precedenza, mentre non e' preclusa dal fatto che l'interessato abbia in passato gia' presentato l'istanza di disclosure volontaria nazionale, ai soli fini di cui all'art. 1, commi da 2 a 5, della legge 15 dicembre 2014, n. 186. Per converso, la collaborazione volontaria nazionale non e' impedita dal fatto che l'interessato abbia in passato gia' presentato l'istanza di disclosure volontaria internazionale.

Le violazioni sanabili sono quelle commesse fino al 30 settembre 2016 e la finestra temporale per la proposizione delle nuove istanze di collaborazione volontaria fiscale e' riaperta dalla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 193 del 2016 (24 ottobre 2016) al 31 luglio 2016.

Il quarto periodo dello stesso art. 5-octies dispone che «alle istanze presentate secondo le modalita' stabilite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, si applicano gli articoli da 5-quater a 5-septies del presente decreto, l'art. 1, commi da 2 a 5 della legge 15 dicembre 2014, n. 186, e successive modificazioni, e l'art. 2, comma 2, lettere b) e b-bis) del decreto-legge 30 settembre 2015, n. 153, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2015, n. 187, in quanto compatibili», tuttavia con una serie di modificazioni elencate dalle seguenti lettere da a) a i).

Tali disposizioni non interessano la presente controversia, e se ne da' qui conto solo per la completezza del contesto.

La lettera a) precisa che le violazioni sanabili sono quelle commesse fino al 30 settembre 2016.

La successiva lettera b) proroga i termini per gli accertamenti delle imposte sui redditi e dell'IVA e per la contestazione delle sanzioni tributarie, con riferimento alle attivita' oggetto di collaborazione volontaria, e limitatamente agli imponibili, alle imposte, alle ritenute, ai contributi alle sanzioni e agli interessi, per tutte le annualita' e le violazioni oggetto della procedura. La lettera c) esonera i soggetti interessati (a certe condizioni e limitatamente alle attivita' oggetto della procedura riaperta e con riferimento al 2016 e al periodo di imposta antecedente) dall'obbligo di presentazione delle dichiarazioni sugli investimenti all'estero e sulle attivita' estere prevista dall'art. 4 del decreto-legge n. 167 del 1990, e prevede altresi' l'esonero dichiarativo per le attivita' estere suscettibili di produrre redditi assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutive delle imposte sui redditi, nonche' per i redditi derivanti dall'investimento in azioni o in quote di fondi di investimento non conformi alla normativa dell'Unione europea, assoggettati all'aliquota IRPEF massima.

La lettera d) esclude, per l'attivita' oggetto della disclosure, la punibilita' per il reato di autoriciclaggio, ove le condotte penalmente rilevanti siano commesse in relazione ai reati enumerati nell'art. 5-quinquies, fino alla data del versamento della prima o unica rata delle somme dovute per accedere alla procedura.

La lettera e) del nuovo comma 5-octies specifica le modalita' procedurali per l'adesione alla procedura di collaborazione volontaria - e in particolare i termini e le modalita' di quanto dovuto sulla base della istanza a titolo di imposte, ritenute, contributi, interessi e sanzioni - e gli effetti favorevoli del versamento delle somme sulle sanzioni penali e amministrative in astratto previste. Le successive lettere f), g) e h) disciplinano poi le conseguenze per il mancato o insufficiente versamento, entro il 30 settembre 2017, delle somme dovute, determinate in autoliquidazione, oppure delle somme determinate nell'accertamento con adesione, in termini successivi.

La lettera i) chiude il primo comma introducendo una nuova ipotesi di reato, che punisce chi si avvale fraudolentemente della procedura di collaborazione volontaria per far emergere attivita' finanziarie e patrimoniali o denaro contante provenienti da reati diversi da quelli di cui all'art. 5-quinquies, comma 1, lettera a).

Il comma 2 dell'art. 5-octies stabilisce poi ipotesi di esonero dal raddoppio di determinate sanzioni. Infine, il comma 3 dell'art.

5-octies estende la procedura di collaborazione volontaria ai soggetti non destinatari degli obblighi di monitoraggio fiscale, autori di violazioni dichiarative per attivita' detenute in Italia, ai fini delle imposte su redditi e relative addizionali, delle imposte sostitutive, dell'IRAP; dell'IVA, nonche' delle violazioni relative ai sostituti d'imposta, per fatti commessi entro il 30 settembre 2016, e detta disposizioni particolari per il caso in cui la collaborazione volontaria abbia ad oggetto contanti o valori al portatore.

Il comma 2 dell'art. 7 affida ad un atto adottato con provvedimento dell'Agenzia delle entrate del 30 dicembre 2016 la definizione del modello per la presentazione da parte del contribuente di accesso alla procedura di volontaria collaborazione.

Il comma 3, infine, contiene disposizioni in materia potenziamento dell'attivita' di accertamento fiscale da parte degli enti locali.

Come sopra anticipato, la Provincia autonoma di Trento non censura questa disciplina, che al contrario e' ad essa favorevole, proprio in quanto agevola l'attivita' di accertamento e di riscossione di imposte (IVA, IRPEF, e ogni altra), che secondo i termini dello Statuto spettano in larghissima misura ad essa: lamenta invece che dalla normativa impugnata tale spettanza sia, se non negata espressamente, negata implicitamente o comunque ignorata.

Che la destinazione delle somme dovute dai contribuenti della Provincia di Trento a titolo di imposta e recuperate a seguito di procedure di collaborazione volontaria debba essere quella prevista dallo Statuto di autonomia puo' dirsi pacifico. Sia consentito - a questo proposito - subito ricordare gia' qui che con la sentenza n.

66 del 2016 codesta Corte costituzionale e' gia' intervenuta sulla procedura di collaborazione volontaria prevista dagli articoli 5-quater e seguenti del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, dichiarando l'illegittimita', con riferimento alla Regione autonoma Valle d'Aosta, dell'art. 1, comma 7, della legge 15 dicembre 2014, n.

186 (Disposizioni in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all'estero nonche' per il potenziamento della lotta all'evasione fiscale), che attribuiva allo Stato il gettito di quella operazione, per contrasto con le norme sull'ordinamento finanziario della Valle d'Aosta, che attribuisce integralmente alla stessa Regione speciale il gettito dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, dell'imposta sul reddito delle societa', delle relative imposte sostitutive, dell'IVA, nonche', per i nove decimi, quello di tutte le altre entrate tributarie erariali, comunque denominate, percette nel territorio regionale (art. 4, terzo comma).

Per vero, al contrario che nel caso appena ricordato, il complesso normativo qui impugnato non sembra comprendere una espressa disposizione di riserva del gettito allo Stato. Tuttavia, come si dira' nella premessa alla parte in Diritto, sussistono importanti indizi interpretativi nel senso dell'esistenza di tale riserva. E' per tale ragione che la Provincia ricorrente impugna l'art. 7 del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2016, n. 225, e gli art. 1, commi 633-636, e 2, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, ove interpretati nel senso di escludere, ovvero nella parte in cui escludono, che il gettito della collaborazione volontaria disciplinata dallo stesso art. 7 del decreto-legge n. 193 del 2016 sia ripartito tra lo Stato e le Province autonome in applicazione dei criteri statutari, disponendone invece l'acquisizione al bilancio dello Stato. In tal caso, infatti, essi sarebbero costituzionalmente illegittimi per i seguenti motivi di

 

Diritto

 

Premessa sulla lesivita' della disposizione impugnata.

Come gia' ricordato nella parte in Fatto, nell'insieme delle regole disposte o richiamate dall'art. 5-octies del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, introdotto dall'art. 7 del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, non figura una espressa riserva del gettito allo Stato, analoga a quella che formava oggetto del giudizio concluso dalla sentenza di codesta ecc.ma Corte costituzionale n. 66 del 2016. Precisamente, l'art. 1, comma 7, della legge n. 186 del 2014, dichiarato illegittimo nella parte in cui si applicava alla Valle d'Aosta, infatti, disponeva che le entrate derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui agli articoli da 5-quater a 5-septies del decreto-legge n. 167 del 1990 «affluiscono ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato».

Benche' tale disposizione sia stata annullata limitatamente alla Valle d'Aosta, essa non sembra di per se' applicabile alla nuova voluntary disclosure prevista dall'art. 7 del decreto-legge n. 193 del 2016 attraverso il comma 5-octies introdotto nel decreto-legge n.

167 del 1990.

Infatti, da un lato l'art. 1, comma 7, della legge n. 186 del 2014 (che tale riserva prevedeva) continua a fare specifico riferimento «alle entrate derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui agli articoli da 5-quater a 5-septies del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167», e non si riferisce alle entrate derivanti dal comma 5-octies; dall'altro lato, l'art. 7 del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, stabilisce che alle istanze presentate in esecuzione dell'art. 5-octies «si applicano gli articoli da 5-quater a 5-septies del decreto-legge n. 196 del 1990, nonche' l'art. 1, commi da 2 a 5, della legge 15 dicembre 2014, n.

186» e dunque non richiama il successivo comma 7, cioe' (ancora) la disposizione che assegnava integralmente allo Stato i proventi della operazione.

Cio' che non e' stabilito da norma espressa sembra tuttavia implicato dalle disposizioni che quantificano il gettito per lo Stato.

Infatti, l'art. 1, comma 633, della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017), entrato in vigore successivamente, stabilisce che «le maggiori entrate per l'anno 2017 derivanti dall'art. 7 del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, sono quantificate nell'importo di 1.600 milioni di euro»; i commi da 634 a 636 della stessa legge n.

232 del 2016 prevedono poi le misure da attuare qualora il monitoraggio delle istanze presentate evidenzi che il gettito atteso dai conseguenti versamenti non consenta la realizzazione integrale dell'importo di cui al predetto comma 633, al fine di assicurare il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica ed il rispetto del pareggio di bilancio. E' chiaro che tale stima riguarda entrate del bilancio dello Stato, come e' confermato dal successivo art. 2 della legge di bilancio 2017, che approva gli stati di previsione.

L'esame delle Relazione tecnica al disegno di legge di bilancio induce a ritenere che la quantificazione in 1,6 miliardi di euro del gettito stimato della voluntary disclosure ex art. 7 del decreto-legge n. 193 del 2016 sia stata fatta considerando integralmente imputabile allo Stato gli incassi della operazione.

Infatti, con riferimento all'art. 89 del disegno di legge (poi divenuto l'art. 1, comma 633), essa afferma che «per la stima degli effetti finanziari della riapertura dei termini della procedura di collaborazione volontaria sono stati utilizzati, come base di partenza, i dati relativi alla regolarizzazione delle attivita' finanziarie e patrimoniali emerse a seguito della apertura ordinaria del programma di collaborazione volontaria (VD1), in vigore dal 1° gennaio 2015 al 30 novembre 2015, dai quali risulta che 129.620 soggetti hanno aderito alla procedura, per un'imposta totale (comprensiva di sanzioni) liquidata dalla Agenzia delle entrate pari a 3.996 milioni di euro e un'imposta pro-capite pari a 30.828 euro» per cinque annualita', ed aggiunge che per stimare il tasso di nuove adesioni in seguito alla riapertura operata dall'art. 7 del decreto-legge n. 193 del 2016 sono stati considerati gli effetti della riapertura della misura dello scudo fiscale di cui all'art.

13-bis del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78.

La stima finale e' il risultato della moltiplicazione dell'imposta media pro-capite, proporzionata su sei annualita' in luogo di cinque, per il numero di soggetti che si prevedono interessati, e aumentando il risultato dell'esito atteso degli effetti finanziari della procedura con riferimento ai contanti e ai valori al portatore.

In tutti questi conteggi non e' minimamente considerata la componente di imposta devoluta dagli statuti speciali alle Province autonome e ad altri enti ad autonomia differenziata, anzi, e' palese che la base di calcolo tiene in considerazione operazioni di cui in passato ha beneficiato soltanto (prima della correzione operata da codesta Corte con la richiamata sentenza n. 66 del 2016, con riferimento alla Valle d'Aosta) il bilancio statale, assumendo valori di gettito che non sono «depurati» dalla quota di spettanza degli enti autonomi.

Inoltre, il gettito della riapertura dei termini per la collaborazione volontaria fiscale, come quantificato dalla legge di bilancio 2017 nell'art. 1, commi 633-636, e' imputato al bilancio statale dal seguente art. 2 che approva gli stati di previsione, stabilendo che «l'ammontare delle entrate previste per l'anno finanziario 2017, relative a imposte, tasse, contributi di ogni specie e ogni altro provento, accertate, riscosse e versate nelle casse dello Stato, in virtu' di leggi, decreti, regolamenti e di ogni altro titolo, risulta dall'annesso stato di previsione dell'entrata (Tabella n. 1)».

Si deve dunque ritenere che le indicate disposizioni dell'art. 1 e dell'art. 2 della legge 11 dicembre 2016, n. 232, conferiscano all'impugnato art. 7 del decreto-legge n. 193 del 2016 un significato lesivo della autonomia finanziaria della Provincia, vincolando l'interprete - con un effetto analogo a quello della interpretazione autentica - a costruire la procedura di cui al predetto art. 7 come una operazione il cui gettito rifluisce integralmente al bilancio dello Stato.

L'interpretazione qui temuta e', inoltre, indirettamente avvalorata dalla circostanza che nel decreto-legge n. 193 del 2016 non sia presente una generale clausola di salvaguardia delle competenze degli enti ad autonomia differenziata: benche' infatti il comma 6 nell'art. 6-bis del decreto-legge sancisca che «per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e di Bolzano l'attuazione delle disposizioni del presente articolo avviene in conformita' e compatibilmente con le forme e con le condizioni di speciale autonomia previste dai rispettivi statuti», e' evidente che tale disposizione si riferisce soltanto alla particolare procedura di definizione agevolata delle entrate regionali e degli enti locali, specificamente regolata da tale articolo. Ne', ad escludere la lesione delle competenze provinciali, pare sufficiente la clausola di garanzia con cui si chiude la prima parte della legge di bilancio, la' dove e' stabilito - all'art. 1, comma 638, che «le disposizioni della presente legge si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3».

Infatti, una norma che quantifica una entrata del bilancio dello Stato (comma 633) e una norma che la imputa nello stato di previsione dello stesso bilancio statale (art. 2) non sono di per se' destinate ad «applicarsi» alla ricorrente Provincia, e la loro lesivita' consiste, per la Provincia di Trento, proprio nel fatto che esse si applicano allo Stato. Dunque, tale clausola di salvaguardia risulta incapace di impedire gli effetti riflessi che gli articoli 1, commi 633-636, e 2 hanno sulla destinazione delle risorse generate dall'applicazione dell'art. 7 del decreto-legge n. 193 del 2016.

Invece, in assenza di tali prescrizioni, e in mancanza di una espressa disposizione in contrario, sarebbe dovuta prevalere l'interpretazione conforme a Costituzione (nel caso, allo Statuto di autonomia), con assegnazione alla ricorrente Provincia della dovuta parte del gettito.

La presente impugnazione si rivolge dunque avverso l'art. 7 del decreto-legge n. 193 del 2016 nella parte in cui esso, da solo o in combinazione con l'art. 1, commi 633-636, nonche' con l'art. 2 della legge 11 dicembre 2016, n. 232, determini l'assegnazione allo Stato di risorse tributarie che per Statuto spettano alla ricorrente Provincia, e si rivolge avverso l'art. 1, commi 633-636, nonche' contro l'art. 2 della legge 11 dicembre 2016, n. 232, in quanto quantificando il gettito e assegnandolo al bilancio dello Stato contribuiscano a determinare tale effetto.

I. - Violazione del Titolo VI dello statuto di autonomia, e in particolare contrasto con gli articoli 75, 75-bis e 80 dello statuto, nonche' con gli articoli 5 e 6 del decreto legislativo n. 268 del 1992.

Posta la premessa che tale sia la destinazione del gettito della procedura riattivata dall'art. 7 del decreto-legge n. 193 del 2016, rimane solo da illustrare come tale procedura si riferisca a risorse che spettano alla Provincia autonoma di Trento in forza di quanto dispone il titolo VI dello statuto e segnatamente in forza di quanto prescrivano gli articoli 75 e 80, e come dunque tale destinazione allo Stato contrasti con lo Statuto.

Come si e' descritto in narrativa, la riapertura della finestra temporale per la collaborazione volontaria fiscale, sia con riferimento ai capitali e alle attivita' finanziarie all'estero, sia con riferimento alle violazioni dichiarative riferite ad attivita' interne, genera un gettito consistente nel versamento di imposte su cespiti non dichiarati e dei correlativi interessi e sanzioni.

La procedura interessa le imposte sui redditi e le relative addizionali, le imposte sostitutive, l'imposta regionale sulle attivita' produttive, l'imposta sul valore degli immobili all'estero, l'imposta sul valore delle attivita' finanziarie all'estero e l'imposta sul valore aggiunto, come si ricava dalla ripetuta menzione di queste imposte sia nel comma 1 dell'art. 7 del decreto-legge n.

196 del 2016, sia nel successivo comma 3 (che recita: «possono avvalersi della procedura di collaborazione volontaria prevista dalle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 per sanare le violazioni degli obblighi di dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi e relative addizionali, delle imposte sostitutive delle imposte sui redditi, dell'imposta regionale sulle attivita' produttive e dell'imposta sul valore aggiunto, nonche' le violazioni relative alla dichiarazione dei sostituti d'imposta, commesse sino al 30 settembre 2016»), e dunque tributi erariali e relative addizionali locali che sono - pro quota e limitatamente all'importo incassato nel territorio provinciale - di spettanza della Provincia autonoma di Trento, ai sensi dell'art. 75, lettera d), e) e g) per IVA, IRPEF, nonche' ai sensi dell'art. 80, comma 3, per le addizionali locali: in tutti i casi anche con riferimento alle maggiorazioni e interessi per mancato o tardivo pagamento (art. 5, comma 2, decreto legislativo n. 268 del 1992).

In particolare, l'art. 75 dello statuto stabilisce che «sono attribuite alle Province le seguenti quote del gettito delle sottoindicate entrate tributarie dello Stato, percette nei rispettivi territori provinciali: ...

d) gli otto decimi dell'imposta sul valore aggiunto, esclusa quella relativa all'importazione, al netto dei rimborsi effettuati ai sensi dell'art. 38-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni;   e) i nove decimi dell'imposta sul valore aggiunto relativa all'importazione determinata assumendo a riferimento i consumi finali;   g) i nove decimi di tutte le altre entrate tributarie erariali, dirette o indirette, comunque denominate, inclusa l'imposta locale sui redditi, ad eccezione di quelle di spettanza regionale o di altri enti pubblici».

L'art. 75-bis dello statuto precisa che «nell'ammontare delle quote di tributi erariali devolute alla regione e alle province sono comprese anche le entrate afferenti all'ambito regionale e provinciale affluite, in attuazione di disposizioni legislative o amministrative, a uffici situati fuori del territorio della regione e delle rispettive province», In tali ipotesi, l'ammontare delle entrate di spettanza della Provincia ma versate fuori dal territorio provinciale sulla base di disposizioni amministrative e' determinato sulla base delle rendicontazioni degli uffici competenti, mentre la determinazione dell'ammontare delle altre entrate afferenti all'ambito provinciale ed affluite fuori dal relativo territorio in attuazione di disposizioni di legge, fino a quando non saranno definite con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro, modalita' analitiche di determinazione dei gettiti di spettanza provinciale, e' effettuata d'intesa tra il Ministro del tesoro ed i presidenti delle rispettive giunte provinciali (cosi' dispone l'art. 6 del decreto legislativo n. 268 del 1992).

Per quanto riguarda i tributi locali, l'art. 80, comma 3, dello statuto devolve alle Province «le compartecipazioni al gettito e le addizionali a tributi erariali che le leggi dello Stato attribuiscono agli enti locali» e, come si e' ricordato sopra, la procedura di voluntary disclosure comprende le imposte sui redditi e «relative addizionali».

La disciplina della devoluzione di tali tributi alla ricorrente Provincia e' completata dal decreto legislativo n. 268 del 1992, e in particolare dall'art. 5, a termini del quale «la devoluzione alle province autonome di Trento e Bolzano delle quote del gettito delle entrate tributarie e la cessione dei canoni, di cui agli articoli 70, 71 e 75 dello Statuto, e' effettuata sulla base dell'ammontare delle entrate stesse versate in conto competenza e in conto residui nelle casse dello Stato nel territorio delle due province, nonche' ai sensi dell'art. 6» (comma 1), con la precisazione che «ai fini dell'art.

75, comma 1, lettera g), dello Statuto per entrate tributarie si intendono le entrate qualificate come tali nel bilancio dello Stato.

Le entrate tributarie comprendono addizionali, maggiorazioni ed interessi per mancato o ritardato pagamento e non comprendono pene pecuniarie, multe, ammende e sanzioni amministrative inflitte a seguito di trasgressioni» (comma 2).

Questo peculiare ordinamento finanziario, articolato sulla attribuzione all'ente autonomo di quote di tributi erariali, costituisce uno degli aspetti piu' rilevanti della specialita' degli enti ad autonomia differenziata, come ha bene evidenziato codesta Ecc.ma Corte costituzionale nella sentenza n. 155 del 2015, laddove ha rilevato che l'esame della disciplina finanziaria delle autonomie speciali evidenzia, «quale connotato tipico della stessa, la compartecipazione ai tributi erariali afferenti al proprio territorio» e ha concluso che «in ogni caso, si puo' dire che il tratto distintivo piu' rilevante dell'autonomia speciale sta proprio nell'entita' della devoluzione del gettito delle entrate tributarie che risponde al principio secondo il quale i tributi erariali rimangono per la maggior parte sul territorio a cui sono riferibili».

Le norme impugnate, per contro, imputando integralmente allo Stato il gettito della operazione di voluntary disclosure, pretenderebbero di sottrarre alla Provincia autonoma spettanze che le sono devolute dalle norme dello statuto. La violazione dell'autonomia finanziaria della Provincia, come conformata dalle citate norme statutarie, sussiste sotto un duplice profilo.

Da un lato, infatti, la sottrazione di risorse e' attuale, perche' le quote di gettito attribuite dallo statuto alla Provincia sono incamerate e trattenute dallo Stato. Dall'altro lato, vi e' una ulteriore lesione, perche' l'operazione di disclosure, sovrapponendosi alle normali procedure di accertamento e riscossione di imposte non dichiarate, preclude per il futuro il recupero «ordinario» di tali tributi che potrebbe portare nelle casse provinciali le quote del relativo gettito. Altrimenti detto, se il legislatore non avesse riaperto la finestra temporale per la collaborazione volontaria fiscale riservandone il gettito allo Stato, la situazione della Provincia sarebbe migliore, perche' parte del gettito preventivato sarebbe comunque stato recuperato attraverso le vie ordinarie e ripartito tra Stato e Province autonome secondo i criteri dettati nello statuto.

La rilevanza di questo profilo di lesione e' confermata dalla specifica norma dello statuto speciale, dettata nell'art. 81, che riconosce alle Province autonome il potere di concorrere a definire gli indirizzi per l'accertamento dei tributi e di stipulare i conseguenti accordi operativi con agenzie fiscali («le attivita' di accertamento dei tributi nel territorio delle province sono svolte sulla base di indirizzi e obiettivi strategici definiti attraverso intese tra ciascuna provincia e il Ministro dell'economia e delle finanze e conseguenti accordi operativi con le agenzie fiscali»).

Tale norma da' infatti riconoscimento giuridico all'interesse dell'ente autonomo a che l'attivita' di accertamento sia svolta nel modo piu' efficace.

La fondatezza delle censure sollevate dalla ricorrente e' inoltre dimostrata dal puntuale precedente rappresentato dalla gia' citata sentenza n. 66 del 2016, che ha dichiarato l'incostituzionalita' dell'art. 1, comma 7, della legge 15 dicembre 2014, n. 186 (Disposizioni in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all'estero nonche' per il potenziamento della lotta all'evasione fiscale. Disposizioni in materia di autoriciclaggio), nella parte in cui si applica alla Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste, sulla premessa che «l'ordinamento finanziario della Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste (legge n. 690 del 1981) attribuisce integralmente alla stessa Regione il gettito dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, dell'imposta sul reddito delle societa', delle relative imposte sostitutive (art. 2, primo comma, lettere a e b), dell'IVA (art. 3, secondo comma), nonche', per i nove decimi, quello di tutte le altre entrate tributarie erariali, comunque denominate, "percette" nel territorio regionale (art. 4, terzo comma)» e sulla constatazione che «il censurato comma 7, sottraendo alla Regione, in tutto o in parte, il gettito, ottenuto grazie alle procedure di collaborazione volontaria, di tributi erariali ad essa spettante, si pone in contrasto con le evocate disposizioni dell'ordinamento finanziario regionale che tale devoluzione prevedono».

Le stesse ragioni mostrano ora l'illegittimita' delle norme qui impugnate, che nella medesima fattispecie producono lo stesso effetto sottrattivo.

II. - Violazione dell'art. 75-bis comma 3, e 79, comma 4, dello Statuto speciale.

Ad avviso della Provincia autonoma di Trento, risultano violati anche gli articoli 75-bis, comma 3, e 79, comma 4, dello statuto speciale.

Infatti, l'art. 7 del decreto-legge n. 193 del 2016, in combinato con l'art. 1, commi 633-636, e 2, della legge n. 234 del 2016, nei termini sopra esposti, determina una riserva di gettito allo Stato in carenza delle condizioni previste dallo statuto speciale per l'introduzione di riserve (art. 75-bis, comma 3) e in presenza di una clausola che vieta, in via generale, riserve allo Stato. Dispone infatti l'art. 79, comma 4, dello Statuto che «nei confronti della Regione e delle Province e degli enti appartenenti al sistema territoriale regionale integrato non sono applicabili disposizioni statali che prevedono obblighi, oneri, accantonamenti, riserve all'erario o concorsi comunque denominati, ivi inclusi quelli afferenti il patto di stabilita' interno, diversi da quelli previsti dal presente titolo».

Per parte sua, l'art. 75-bis, comma 3, stabilisce che «il gettito derivante da maggiorazioni di aliquote o dall'istituzione di nuovi tributi, se destinato per legge alla copertura ai sensi dell'art. 81 della Costituzione, di nuove specifiche spese di carattere non continuativo che non rientrano nelle materie di competenza della regione o delle province, ivi comprese quelle relative a calamita' naturali, e' riservato allo Stato, purche' risulti temporalmente delimitato, nonche' contabilizzato distintamente nel bilancio statale e quindi quantificabile» ed esclude espressamente, al secondo periodo, «riserve di gettito destinate al raggiungimento di obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica».

Nel presente caso, in primo luogo non si tratta ne' di una maggiorazione di aliquote ne' di istituzione di nuovi tributi, bensi' del recupero di tributi ordinari secondo regole particolari.

Anche questo punto e' gia' stato ben chiarito da codesta Corte sempre nella sentenza n. 66 del 2016, la quale ha osservato che «la disciplina delle procedure di collaborazione volontaria non determina alcuna maggiorazione di aliquota ne' una generale modifica dei tributi, trattandosi, a legislazione fiscale sostanzialmente immutata, del gettito tributario originariamente dovuto ed illecitamente sottratto» (ed ha quindi escluso l'applicabilita' al caso di specie dell'art. 8, primo comma, della legge n. 690 del 1981, il quale consente, in deroga alla regola generale, che siano riversati allo Stato «il provento derivante alla regione Valle d'Aosta da maggiorazioni di aliquote e da altre modificazioni dei tributi ad essa devoluti, disposte successivamente alla entrata in vigore della legge 6 dicembre 1971, n. 1065, ove sia destinato per legge, ai sensi dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione, per la copertura di nuove o maggiori spese che sono da effettuare a carico del bilancio statale, e' riversato allo Stato»).

Data l'evidente assenza del presupposto fondamentale, solo per completezza occorre anche osservare che, in secondo luogo, non risulta che l'operazione sia distintamente contabilizzata, nel senso che il gettito affluisca a speciali capitoli di bilancio dello Stato e che, in terzo luogo, il gettito derivante dalla voluntary disclosure non e' destinato «al finanziamento di nuove specifiche spese di carattere non continuativo», bensi' al raggiungimento di generali equilibri di finanza pubblica.

Tale generica destinazione risulta non solo dal preambolo del decreto-legge, che menziona le esigenze di finanza pubblica e la finalita' di garantire l'effettivita' del gettito delle entrate e l'incremento del livello di adempimento spontaneo degli obblighi tributari e per i fini di cui all'art. 4, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), e all'art. 81, comma 1, della Costituzione, ma anche da quanto stabiliscono i commi 634 e 635 della legge di bilancio 2017 per il caso di scostamenti tra la previsione di incasso e il gettito effettivo, visto che per tale ipotesi sono previste misure alternative finalizzate ad evitare «un pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica» e ad «assicurare il rispetto dell'art. 81 della Costituzione».

III. - Violazione degli articoli 103, 104 e 107 dello statuto e del connesso principio pattizio e di leale collaborazione, anche in relazione all'art. 120, secondo comma, Cost. e all'Accordo del 2014.

Da ultimo, la destinazione del gettito allo Stato, come sopra descritta, viola altresi' gli art. 103, 104 e 107 dello statuto, il metodo pattizio da essi sancito e il principio di leale collaborazione, di cui all'art. 120, secondo comma, Cost., anche in relazione all'Accordo tra Stato e Regione autonoma Trentino-Alto Adige / Südtirol e Province autonome del 24 ottobre 2014.

Infatti, le norme impugnate intervengono su una materia disciplinata nello statuto speciale con norme che sono state concordate tra lo Stato e la Provincia autonoma di Trento con l'Accordo del 2014, e dispongono in modo incompatibile con i contenuti di quell'accordo recepito nello statuto.

Ora, poiche' la modifica delle norme dello statuto speciale e' possibile o con legge costituzionale (art. 103 dello statuto) oppure, limitatamente alle norme del titolo VI, con la procedura negoziata regolata dall'art. 104 dello statuto (per cui «le norme del titolo VI e quelle dell'art. 13 possono essere modificate con legge ordinaria dello Stato su concorde richiesta del Governo e, per quanto di rispettiva competenza, della Regione o delle due Province»), l'intervento unilaterale dello Stato lede tali disposizioni.

Analogamente, codesta Corte costituzionale ha giudicato che la norma che riservava allo Stato il gettito della precedente collaborazione volontaria, in contrasto con l'ordinamento finanziario della Valle d'Aosta, fosse illegittima per violazione degli articoli 48-bis e 50 dello statuto speciale approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4, sul rilievo che le regole sulla finanza regionale siano suscettibili di modificazione «solo secondo le procedure previste dall'art. 48-bis dello statuto medesimo, cosi' come disposto dalle norme di attuazione (art. 1 del decreto legislativo n. 320 del 1994)», con la conseguenza che «la disposizione impugnata, non adottata con la procedura statutaria, e' costituzionalmente illegittima».

Violati sono altresi' il principio del metodo pattizio (ricavato dall'art. 104 e dall'art. 107 dello statuto) e nonche' l'imperativo di leale collaborazione, stante la violazione di quanto pattuito tra lo Stato e la Provincia.

 

P. Q. M.

 

La Provincia autonoma di Trento, come sopra rappresentata e difesa, chiede che codesta Ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale l'art. 7 del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2016, n. 225, e degli articoli 1, commi da 633 e 636, e 2, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui - disponendo che il gettito della collaborazione volontaria disciplinata dallo stesso art. 7 affluisca al bilancio dello Stato - escludono che esso sia ripartito tra lo Stato e le Province autonome in applicazione dei criteri statutari, nei termini e sotto i profili esposti nel presente ricorso.

Roma-Padova, 30 gennaio 2017

Prof. avv. Falcon - avv. Pedrazzoli - avv. Manzi