RICORSO N. 6 DEL 2 FEBBRAIO 2017 (DELLA REGIONE LIGURIA)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 2 febbraio 2017.

(GU n. 8 del 22.02.2017)

 

Ricorso della Regione Toscana (Partita I.V.A. 01386030488), in persona del Presidente pro tempore della Giunta regionale, dott.

Enrico Rossi, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n.

38 del 24 gennaio 2017, rappresentato e difeso, come da mandato in calce al presente atto, dall'avv. Lucia Bora (Codice fiscale n.

BROLCU57M59B157V pec: lucia.bora@postacert.toscana.it) dell'avvocatura regionale, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. Marcello Cecchetti, (Codice fiscale CCCMCL65E02H501Q) in Roma, piazza Barberini n. 12 (fax 06.4871847; Pec: marcello.cecchetti@firenze.pecavvocati.it) contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 6, comma 1, 6, comma 10, e 6-ter del decreto-legge n. 193 del 22 ottobre 2016 convertito con modificazioni nella legge 1° dicembre 2016, n. 225, per violazione degli articoli 117, 119 e 3 della Costituzione.

In data 2 dicembre 2016 e' stata pubblicata, nella Gazzetta Ufficiale n. 282, la legge n. 225 del 1° dicembre 2016 che ha convertito con modificazioni il decreto-legge n. 193/2016, recante «Disposizioni urgenti in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili».

In particolare, l'art. 6, comma 1 (rubricato «Definizione agevolata») prevede che: «Relativamente ai carichi affidati agli agenti della riscossione dal 2000 al 2016, i debitori possono estinguere il debito senza corrispondere le sanzioni comprese in tali carichi, gli interessi di mora di cui all'art. 30, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, ovvero le sanzioni e le somme aggiuntive di cui all'art. 27, comma 1, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, provvedendo al pagamento integrale delle somme di cui alle lettere a) e b), dilazionato in rate sulle quali sono dovuti, a decorrere dal 1° agosto 2017, gli interessi nella misura di cui all'art. 21, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973.

Fermo restando che il 70 per cento delle somme complessivamente dovute deve essere versato nell'anno 2017 e il restante 30 per cento nell'anno 2018, e' effettuato il pagamento, per l'importo da versare distintamente in ciascuno dei due anni, in rate di pari ammontare, nel numero massimo di tre rate nel 2017 e di due rate nel 2018:   a) delle somme affidate all'agente della riscossione a titolo di capitale e interessi;   b) di quelle maturate a favore dell'agente della riscossione, ai sensi dell'art. 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, a titolo di aggio sulle somme di cui alla lettera a) e di rimborso delle spese per le procedure esecutive, nonche' di rimborso delle spese di notifica della cartella di pagamento».

L'art. 6, comma 10, prevede che: «Sono esclusi dalla definizione di cui al comma 1 i carichi affidati agli agenti della riscossione recanti:   a) le risorse proprie tradizionali previste dall'art. 2, paragrafo 1, lettera a), delle decisioni 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, e 2014/335/UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, e l'imposta sul valore aggiunto riscossa all'importazione;   b) le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ai sensi dell'art. 16 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015;   c) i crediti derivanti da pronunce di condanna della Corte dei conti;   d) le multe, le ammende e le sanzioni pecuniarie dovute a seguito di provvedimenti e sentenze penali di condanna;   [e) le sanzioni amministrative per violazioni al Codice della strada;]   e-bis) le altre sanzioni diverse da quelle irrogate per violazioni tributarie o per violazione degli obblighi relativi ai contributi e ai premi dovuti dagli enti previdenziali».

L'art. 6-ter (rubricato «Definizione agevolata delle entrate regionali e degli enti locali») - articolo inserito dalla legge di conversione - prevede, al primo comma, che: «Con riferimento alle entrate, anche tributarie, delle regioni, delle province, delle citta' metropolitane e dei comuni, non riscosse a seguito di provvedimenti di ingiunzione fiscale ai sensi del testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato, di cui al regio decreto 14 aprile 1910, n.

639, notificati, negli anni dal 2000 al 2016, dagli enti stessi e dai concessionari della riscossione di cui all'art. 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, i medesimi enti territoriali possono stabilire, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, con le forme previste dalla legislazione vigente per l'adozione dei propri atti destinati a disciplinare le entrate stesse, l'esclusione delle sanzioni relative alle predette entrate. Gli enti territoriali, entro trenta giorni, danno notizia dell'adozione dell'atto di cui al primo periodo mediante pubblicazione nel proprio sito internet istituzionale».

Le impugnate disposizione sono lesive delle competenze regionali per i seguenti motivi di

 

Diritto

 

1. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 1, del decreto-legge n. 193/2016 come convertito in legge, nella parte in cui consente, relativamente a tutti i carichi affidati agli agenti della riscossione dal 2000 al 2016, senza distinzioni fra tributi statali e tributi regionali, di estinguere il debito senza corrispondere le sanzioni e gli interessi di mora, e dell'art. 6, comma 10, nella parte in cui non prevede l'esclusione, dalla definizione agevolata di cui al comma 1, dei carichi affidati agli agenti della riscossione per i tributi di competenza regionale, in violazione degli art. 117, terzo e quarto comma, e 119, primo e secondo comma, della Costituzione.

La norma in esame prevede che relativamente a tutte le cartelle esattoriali affidate all'Agente della riscossione (Equitalia) dal 2000 al 2016, i debitori possano estinguere il debito senza corrispondere le sanzioni e gli interessi di mora (c.d. «definizione agevolata» o «rottamazione delle cartelle esattoriali»). In merito va premesso che la regione Toscana si avvale di Equitalia per la riscossione coattiva dei tributi di propria spettanza.

Percio' la disposizione normativa citata, laddove prevede obbligatoriamente, anche per i tributi di competenza regionale, la definizione agevolata, non prevedendo tra le esclusioni di cui al comma 10 del medesimo articolo, la specifica ipotesi di esclusione dall'applicazione della definizione agevolata per le entrate tributarie regionali e' lesiva delle competenze regionali, in quanto contrasta con l'autonomia tributaria regionale costituzionalmente riconosciuta dall'art. 119 della Costituzione, nonche' determina un'incisiva riduzione dell'incasso tributario della Regione Toscana.

L'art. 119 della Costituzione assicura «autonomia finanziaria di entrata e di spesa» a regioni, province, comuni e citta' metropolitane prevedendo che tali enti «stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario».

L'attuale testo dell'art. 119 della Costituzione ha affermato il passaggio da un sistema accentrato di finanza derivata, ad un sistema fondato sull'autonomia di entrata e di spesa in cui, nel rispetto dell'equilibrio dei relativi bilanci e concorrendo ad assicurare l'osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea, i comuni, le province, le citta' metropolitane e le regioni, che hanno risorse autonome, stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario.

Essi, poi, dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio.

Per l'attuazione dell'art. 119 della Costituzione e' stata emanata la legge 5 maggio 2009 n. 42 (legge delega sul c.d.

federalismo fiscale).

Al riguardo, occorre anzitutto ricordare che l'art. 7, della citata legge n. 42 del 2009, definisce i vari tipi di «tributi delle regioni», ricomprendendo:   1) i «tributi propri derivati», cioe' istituiti e regolati da leggi statali, il cui gettito e' attribuito alle regioni;   2) le addizionali sulle basi imponibili dei tributi erariali;   3) i «tributi propri» istituiti dalle regioni con proprie leggi, in relazione ai presupposti non gia' assoggettati ad imposizione erariale.

Per le prime due categorie, le leggi regionali possono modificare le aliquote e disporre esenzioni, detrazioni e deduzioni nei limiti e secondo criteri fissati dalla legislazione statale e nel rispetto della normativa comunitaria; analogamente per le addizionali possono essere introdotte variazioni percentuali delle aliquote e detrazioni nei limiti posti dalla legge statale.

I principi e criteri direttivi di cui alla legge delega 42/2009 sono stati attuati, per quanto qui interessa, dal decreto legislativo n. 68 del 2011, che, all'art. 8, in materia di «Ulteriori tributi regionali», prevede che:   «Ferma restando la facolta' per le regioni di sopprimerli, a decorrere dal 1° gennaio 2013, sono trasformati in tributi propri regionali la tassa per l'abilitazione all'esercizio professionale, l'imposta regionale sulle concessioni statali dei beni del demanio marittimo, l'imposta regionale sulle concessioni statali per l'occupazione e l'uso dei beni del patrimonio indisponibile, la tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche regionali, le tasse sulle concessioni regionali, l'imposta sulle emissioni sonore degli aeromobili». (1)   Al successivo comma 2 del medesimo articolo, si prevede che: «Fermi restando i limiti massimi di manovrabilita' previsti dalla legislazione statale, le regioni disciplinano la tassa automobilistica regionale».

Il comma 3 stabilisce poi che sono riservati alle regioni a statuto ordinario gli altri tributi ad esse riconosciuti dalla legislazione vigente, che costituiscono tributi propri derivati.

Inoltre, spettano alle regioni a statuto ordinario le altre compartecipazioni al gettito di tributi erariali, secondo quanto previsto dalla legislazione vigente (comma 5).

Il richiamato art. 8 presuppone, pertanto, una duplice trasformazione di alcuni tributi statali: taluni di questi diventano tributi propri regionali, di talche' ciascuna regione potrebbe sopprimerli; altri, invece, quelli riconosciuti alle regioni dalla legislazione vigente, vengono trasformati in tributi propri derivati, senza includere la clausola che consente alle regioni di sopprimere i tributi stessi.

In merito codesta ecc.ma Corte costituzionale nella sentenza n.

288 del 2012 ha rilevato: «L'art. 8 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (disposizioni in materia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonche' di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario), che costituisce attuazione della legge delega n. 42 del 2009, dopo aver disposto, al comma 1, la trasformazione di un'ampia serie di tributi statali in tributi propri regionali (a decorrere dal 1° gennaio 2013), al comma 2 precisa fermi restando i limiti di massima manovrabilita', previsti dalla legislazione statale, le regioni disciplinano la tassa automobilistica regionale»; per poi aggiungere, al comma 3, che alle Regioni a statuto ordinario spettano gli altri tributi ad esse riconosciuti dalla legislazione vigente alla data di entrata in vigore del decreto stesso, aggiungendo che i predetti tributi costituiscono tributi opropri derivati».

Per quanto attiene alla dimensione «dinamica», merita segnalare che l'art. 9 del decreto n. 68/2011 assicura il riversamento diretto alle regioni dell'intero gettito derivante dall'attivita' di recupero riferita ai tributi regionali propri di tipo derivato e alle addizionali alle basi imponibili dei tributi erariali disciplinati nel predetto decreto.

La ricorrente non ignora che la disciplina della maggior parte dei tributi regionali, in particolare i tributi propri derivati e le addizionali, in quanto istituiti e regolati dalla legge statale, sono stati ritenuti da numerose pronunce di codesta Corte costituzionale rientranti nella materia «ordinamento tributario dello Stato» di competenza legislativa esclusiva statale (art. 117, secondo comma, della Costituzione), a nulla rilevando che il gettito sia attribuito alle Regioni.

Cio', tuttavia, non elimina la denunciata illegittimita'.

In primo luogo, infatti, le norme impugnate si applicano anche ai tributi regionali di cui all'art. 8 del decreto legislativo n.

68/2011 ed e' certo che, oggi, spetti ai legislatori regionali la competenza legislativa in relazione ai tributi propri c.d autonomi (o in senso stretto) cioe' a quelle forme di prelievo istituite dalla legge regionale o in relazione alle quali sono state, alla stessa, ceduti tutti gli ambiti di disciplina da parte dello Stato, originario titolare.

Tali tributi possono essere interamente disciplinati, e anche soppressi, dalle regioni e sono assoggettati unicamente al rispetto dei principi di coordinamento. Del resto, la Corte costituzionale, gia' prima del c.d. federalismo fiscale, con la sentenza n. 102/2008 ha riconosciuto alle Regioni una «potesta' legislativa esclusiva nella materia tributaria non espressamente riservata alla legislazione dello Stato e sempre che l'esercizio di tale facolta' non si traduca in un dazio o in un ostacolo alla libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni (art. 117, quarto comma e 120, primo comma, della Costituzione».

Pertanto, con riferimento ai tributi propri in senso stretto, come sopra identificati, la normativa nazionale impugnata nello stabilire che la «rottamazione delle cartelle esattoriali» si applichi obbligatoriamente ed in modo automatico anche ai tributi regionali, contrasta con l'autonomia riconosciuta dall'art. 119 della Costituzione, come attuato dal decreto legislativo n. 168/2011, e con il sistema di riparto delle competenze stabilito dall'art. 117 della Costituzione.

In secondo luogo, poi, la non coerenza delle censurate disposizioni rispetto all'art. 119 della Costituzione sussiste anche con riferimento agli altri tributi regionali (tributi propri derivati e addizionali) in quanto le stesse ingiustificatamente privano l'Amministrazione regionale di una fonte di entrata, senza al contempo prevedere alcuna compensazione per quelle Regioni che dimostrino di essere «virtuose» nel recupero dei loro crediti tributari.

La norma nazionale e' fondata sull'erroneo presupposto che dalla definizione agevolata, di cui all'art. 6 del decreto-legge n.

193/2016, derivera' per tutti gli Enti un incremento delle entrate tributarie. Da quanto si puo' evincere dalla lettura della relazione tecnica allegata al decreto, la metodologia di stima delle maggiori entrate derivanti dall'applicazione della norma e' basata sull'assunzione che alla sanatoria dovrebbe aderire una quota di soggetti che altrimenti non avrebbe pagato.

Nella relazione tecnica si stima un incremento del tasso di adesione dell' 1,37%, ridotto all' 1% per una perdita della capacita' di riscossione.

Tuttavia, tale stima appare non sufficiente a coprire la perdita di riscossione della Regione Toscana, in quanto il dato storico relativo alla percentuale di riscossione dell'Amministrazione regionale toscana e' sensibilmente superiore rispetto ai valori medi utilizzati per la stima degli impatti del decreto in questione.

Considerato infatti che, con riferimento ai soli tributi gestiti direttamente dalla Regione Toscana (tassa auto, tributo speciale sul conferimento in discarica, imposta regionale sulle concessioni statali dei beni del demanio e del patrimonio indisponibile e tassa sulle concessioni regionali), il carico (al netto delle sanzioni) e' pari a circa 400 milioni di euro, si puo' ragionevolmente pensare che, sulla base delle stime contenute negli atti governativi e parlamentari propedeutici all'emanazione del decreto-legge, nelle tempistiche sopra definite la Regione incassera' circa 4 mln di €, rinunciando al contempo agli incassi delle voci oggetto di sanatoria stimabili in oltre 6 mln di €, incidendo negativamente sugli equilibri finanziari dell'Ente.

Tale effetto negativo per le entrate regionali si produce, oltre tutto, sulla base di un presupposto del tutto casuale: l'aver deciso anni addietro di avvalersi di Equitalia come agente di riscossione coattiva.

Occorre inoltre considerare che in ragione del fatto che, per i tributi gestiti direttamente, in Regione Toscana l'azione di recupero fiscale risulta molto piu' tempestiva, il decreto-legge, non prevedendo alcuna restrizione circa l'anno di imposta definibile, tende a penalizzare gli Enti maggiormente virtuosi (come la Regione Toscana) incidendo su anni di imposta recenti che ordinariamente assicurano percentuali di riscossione mediamente piu' elevate.

Infatti si ribadisce che l'esito positivo dell'incasso dei tributi contestati deriva anche dalla durata delle fasi di recupero: maggiore e' la durata, minore e' l'incasso e viceversa. Tutto cio' e' facilmente comprensibile in quanto con il passare del tempo i soggetti passivi d'imposta, ad esempio, si trasferiscono, modificano, trasformano, cessano l'attivita'. Per questo motivo, la Regione Toscana ha cercato di ridurre i tempi per il recupero delle somme evase in modo che i debitori abbiano ancora «conoscenza» dei tributi non corrisposti e siano ancora in grado di liquidare quanto dovuto.

Cio' e' anche ribadito nel paper del Dipartimento Affari Fiscale del Fondo Monetario Internazionale del dicembre 2015 in merito al rafforzamento della governance e dell'efficacia delle Agenzie Fiscali, dove viene chiaramente stabilito che [...] una riscossione per essere efficace deve essere eseguita tra i 3 e i 6 mesi dal termine di pagamento, dopo di che il tasso di riscossione diminuisce esponenzialmente.

A titolo esemplificativo, nell'anno 2015, e' stata consegnata all'Agente della riscossione buona parte dei crediti della tassa automobilistica non pagata nel 2013 che, nel rispetto dei tempi di prescrizione, adesso potrebbe essere ancora recuperata in una fase precedente al ruolo con sanzioni che non sarebbero state oggetto di sanatoria.

La definizione agevolata non e' quindi destinata ad incrementare il gettito delle entrati regionali, cosi' come invece prospettato dal Governo nazionale, ma, al contrario, le disposizioni impugnate riducono il gettito dei tributi regionali propri e derivati di un importo tale da impedire il corretto esercizio delle attribuzioni della Regione, cosi' violando la sua autonomia finanziaria (art. 119 della Costituzione).

Tale riduzione di gettito incide negativamente sul corretto esercizio delle funzioni costituzionalmente garantite dall'art. 117, terzo e quarto comma, della Costituzione e, inoltre premia le Amministrazioni meno tempestive e meno efficienti in danno delle Regioni virtuose.

Inoltre, per le considerazioni sopra esposte, e' necessario valutare anche che, analogamente a quanto, di norma, previsto dalla disciplina statale nei casi di interventi su tributi propri derivati degli Enti regionali e locali, sono previsti meccanismi di ristoro che in questo caso non sono disciplinati. Basti pensare alle modifiche intervenute in materia di IMU e TASI (art. 1 comma 380 ter della legge 24 diembre 2012, n. 228) ovvero di IRAP (art. 8, comma 13-duodecies del decreto-legge n. 78/2015) che hanno invece previsto, a fronte di un intervento nazionale comportante una riduzione del gettito a scapito degli Enti beneficiari, meccanismi di compensazione delle minori entrate da parte dello Stato. Infatti, ancorche' il decreto-legge n. 193/2016 preveda a livello di sistema un incremento delle entrate, non e' a priori escludibile un decremento delle stesse in specifici contesti socio-economici e in relazione a determinati tipologie di tributi e Enti impositori.

2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 6-ter del decreto-legge n. 193 del 2016, come convertito in legge, nella parte in cui consente alle regioni, alle province, alle citta' metropolitane e ai comuni che utilizzano, per la riscossione coattiva, l'ingiunzione fiscale, ai sensi del testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato, di cui al regio decreto 14 aprile 1910 n. 639, notificati dagli enti stessi e dai concessionari della riscossione di cui all'art. 53 del decreto legislativo n. 446/1997, di non aderire alla definizione agevolata di cui all'art. 6, comma 1, mentre non consente la medesima facolta' di scelta agli enti che utilizzano lo strumento del ruolo esattoriale per la riscossione coattiva, in violazione dell'art. 117, terzo e quarto comma, 119, primo e secondo commadella Costituzione, nonche' violazione art. 3 della Costituzione, per disparita' di trattamento.

L'art. 6-ter del decreto-legge n. 193/2016, introdotto in sede di conversione, prevede, al primo comma, che: «Con riferimento alle entrate, anche tributarie, delle regioni, delle province, delle citta' metropolitane e dei comuni, non riscosse a seguito di provvedimenti di ingiunzione fiscale ai sensi del testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato, di cui al regio decreto 14 aprile 1910, n.

639, notificati, negli anni dal 2000 al 2016, dagli enti stessi e dai concessionari della riscossione di cui all'art. 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, i medesimi enti territoriali possono stabilire, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, con le forme previste dalla legislazione vigente per l'adozione dei propri atti destinati a disciplinare le entrate stesse, l'esclusione delle sanzioni relative alle predette entrate. Gli enti territoriali, entro trenta giorni, danno notizia dell'adozione dell'atto di cui al primo periodo mediante pubblicazione nel proprio sito internet istituzionale».

La disposizione citata prevede, per le Regioni e gli enti locali, la facolta' di regolamentare la definizione agevolata delle entrate, anche tributarie, non riscosse a seguito di provvedimenti di ingiunzione fiscale di cui al Regio decreto 639/1910.

L'art. 6-ter fa riferimento alle sole ingiunzioni fiscali di cui al citato regio decreto n. 639 del 1910 notificate negli anni 2000 - 2016 dagli enti stessi e dai concessionari della riscossione di cui all'art. 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997 n. 446 (soggetti privati abilitati ad effettuare attivita' di liquidazione e di accertamento e ricossione dei tributi).

La disposizione lascia ampi margini di autonomia agli enti rispetto ai criteri direttamente normati dall'art. 6 per i carichi inclusi nei ruoli affidati all'agente della riscossione, quali per esempio, la possibilita' di prevedere la definizione agevolata solo per determinate annualita' e solo per alcune delle entrate di propria competenza.

Orbene, tale disposizione introduce un'irragionevole e ingiustificata disparita' di trattamento tra le Regioni e gli enti locali che hanno affidato, a suo tempo, (come ha fatto, nello specifico, la Regione Toscana) la riscossione coattiva all'Agente della Riscossione - Equitalia, rispetto agli enti che hanno scelto di avvalersi dei concessionari privati.

Mentre, infatti, i primi sono obbligati, ai sensi dell'art. 6, comma 1, del decreto-legge n. 193/2016, a sottostare alla «rottamazione delle cartelle esattoriali», cosi' come stabilita a livello nazionale, gli altri hanno la possibilita' di regolamentare autonomamente la suddetta definizione agevolata, compresa la possibilita' di non prevederla, con evidente violazione del principio di parita' di trattamento di cui all'art. 3 della Costituzione.

E', dunque, manifestamente ingiustificato, illogico ed irrazionale il trattamento differenziato (e deteriore) riservato dalla normativa impugnata a quelle Regioni e Enti locali che hanno scelto di avvalersi, come agente della riscossione, di Equitalia.

La Regione e' legittimata a far valere tale disparita' di trattamento, posto che la violazione dell'art. 3 della Costituzione in questo caso determina un minor introito delle entrate regionali per le Regioni che si avvalgano di Equitalia per la riscossione coattiva, senza che la Regione stessa possa accettare e condividere tale conseguenza, in violazione, dunque, dell'autonomia garantita dagli articoli 117 e 119 della Costituzione.

(1) Rispettivamente disciplinate dall'art. 190 del regio decreto 31  agosto 1933, n. 1592, dall'art. 121 del decreto del Presidente  della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, dagli articoli 1, 5 e 6  del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con  modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, dall'art. 2  della legge 16 maggio 1970, n. 281, dagli art. 5 e 3 della legge  16 maggio 1970, n. 281, dagli articoli da 90 a 95 della legge 21  novembre 2000, n. 342.

 

P.Q.M.

 

Si conclude affinche' piaccia all'ecc.ma Corte costituzionale dichiarare l'illegittimita' costituzionale degli articoli 6, comma 1, 6, comma 10, e 6-ter del decreto-legge n. 193 del 22 ottobre 2016 convertito con modificazioni nella legge 1° dicembre 2016 n. 225, per violazione degli articoli 117, 119 e 3 della Costituzione.

Si deposita la deliberazione della Giunta regionale n. 38 del 24 gennaio 2017 di autorizzazione a stare in giudizio.

Firenze - Roma, 30 gennaio 2017

Avv. Bora