RICORSO N. 6 DEL 2 FEBBRAIO 2017 (DELLA REGIONE LIGURIA)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 2 febbraio 2017.

(GU n. 8 del 22.02.2017)

 

Ricorso della Regione Liguria (c.f. e p. IVA 00849050109) in persona del Presidente in carica dott. Giovanni Toti, a cio' autorizzato con delibera della giunta regionale n. 18 del 20 gennaio 2017, rappresentato e difeso per mandato a margine dall'avv. Barbara Baroli dell'Avvocatura regionale (c.f. BRL BBR 55L54 D969W; PEC: barbara.barolimariniello@ordineavvgenova.it) e dall'avv. Gabriele Pafundi del foro di Roma (c.f.: PFNGRL57B09H501K; PEC: gabriele.pafundi@ordineavvocatiroma.org; fax: 06 3212646), con domicilio eletto presso l'avv. Pafundi in Roma, viale Giulio Cesare n. 14 contro il Presidente del Consiglio dei ministri in carica per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale del decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 219, recante: «Attuazione della delega di cui all'art. 10 della legge 7 agosto 2015, n. 124, per il riordino delle funzioni e del finanziamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura», nel suo complesso e con specifico riferimento all'art. 1, comma 1, lettera a) , punto 3, ed all'art. 3.

 

Fatto

 

Nella Gazzetta Ufficiale n. 276 del 25 novembre 2016 e' stato pubblicato il decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 219, recante: «Attuazione della delega di cui all'art. 10 della legge 7 agosto 2015, n. 124, per il riordino delle funzioni e del finanziamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura».

Il predetto decreto legislativo da' attuazione alla delega al Governo contenuta nell'art. 10 della legge n. 124 del 2015 tramite la quale il Parlamento ha proceduto ad una complessiva riforma dell'organizzazione delle Camere di commercio, comprendente - in particolare - la ridefinizione delle circoscrizioni territoriali di tali enti mediante accorpamento di due o piu' camere di commercio, nonche':   «la ridefinizione dei compiti e delle funzioni, con particolare riguardo a quelle di pubblicita' legale generale e di settore, di semplificazione amministrativa, di tutela del mercato, limitando e individuando gli ambiti di attivita' nei quali svolgere la funzione di promozione del territorio e dell'economia locale, nonche' attribuendo al sistema camerale specifiche competenze, anche delegate dallo Stato e dalle regioni, eliminando le duplicazioni con altre amministrazioni pubbliche, limitando le partecipazioni societarie a quelle necessarie per lo svolgimento delle funzioni istituzionali nonche' per lo svolgimento di attivita' in regime di concorrenza, a tal fine esplicitando criteri specifici e vincolanti, eliminando progressivamente le partecipazioni societarie non essenziali e gestibili secondo criteri di efficienza da soggetti privati» (art.

10, comma 1, lettera c));   «il riordino delle competenze relative alla tenuta e valorizzazione del registro delle imprese presso le camere di commercio, con particolare riguardo alle funzioni di promozione della trasparenza del mercato e di pubblicita' legale delle imprese» art.

10, comma 1, lettera d).

Il decreto legislativo n. 219 del 2016 appare illegittimo nel suo complesso tanto per violazione del principio di leale collaborazione, mancando l'intesa con le regioni, quanto per eccesso di delega.

Inoltre, appaiono illegittimi, per autonome ragioni tanto l'art. 1, comma 1, lettera a), punto 3 del decreto legislativo n. 219, quanto l'art. 3.

Il ricorso viene pertanto articolato nei seguenti motivi

 

In diritto

 

1° violazione del principio di leale collaborazione.

Le camere di commercio sono «enti pubblici dotati di autonomia funzionale che svolgono, nell'ambito della circoscrizione territoriale di competenza, sulla base del principio di sussidiarieta' di cui all'art. 118 della Costituzione, funzioni di interesse generale per il sistema delle imprese, curandone lo sviluppo nell'ambito delle economie locali» ( art 1 della legge 29 dicembre 1993, n. 580).

Esse svolgono compiti di supporto al sistema delle imprese, in un'ottica di sviluppo delle realta' produttive locali.

La relativa disciplina intercetta numerose materie che l'art. 117 Cost. attribuisce per la maggior parte alla competenza legislativa residuale regionale ex art. 117, quarto comma, Cost.

Com'e' noto, fin dall'adozione delle riforme del cd. «federalismo amministrativo» e' stata spostata al livello regionale un'ampia quota di compiti relativi allo «sviluppo economico ed alle attivita' produttive», come si esprime il Titolo II del decreto legislativo n.

112/1998, al cui interno l'art. 11 specificava: «Il presente titolo disciplina il conferimento alle regioni ed agli enti locali ....delle funzioni e compiti esercitati nel settore dello sviluppo economico da qualunque organo o amministrazione dello Stato o da enti pubblici da questo dipendenti. Il settore sviluppo economico attiene, in particolare, oltre alla materia "agricoltura e foreste"...., alle materie "artigianato", "industria", "energia", "miniere e risorse geotermiche", "ordinamento delle camere di commercio", "fiere e mercati e commercio", "turismo ed industria alberghiera"».

Successivamente, la modifica del Titolo V della Costituzione varata nel 2001 ha consolidato e rafforzato la scelta a favore della competenza regionale in tutti gli ambiti che attengono allo sviluppo economico locale, com'e' ricavabile dal fatto che le principali materie riferibili all'economia ed alle attivita' produttive - agricoltura, industria, artigianato, commercio, turismo - sono state ascritte alla competenza residuale regionale di cui all'art. 117, quarto comma, Cost., come d'altronde affermato innumerevoli volte da parte della giurisprudenza di questa Corte (tra le molte: sentt. n.

76 del 2009; n. 94 del 2008; n. 64 del 2007; n. 162 del 2005; n. 1 del 2004).

Per la verita', la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito come non si possa parlare di una vera e propria materia avente ad oggetto lo «sviluppo economico», giacche' tale locuzione «costituisce una espressione di sintesi, meramente descrittiva, che comprende e rinvia ad una pluralita' di materie e l'art. 117 Cost. contempla molteplici materie caratterizzate da una palese connessione con lo sviluppo dell'economia, le quali sono attribuite sia alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, sia a quella concorrente, sia a quella residuale (Corte cost. n. 165 del 2007).

Tuttavia, e' principio pacifico che - in presenza di disposizioni normative statali incidenti su materie attribuite alla competenza legislativa delle regioni, sia concorrente («ricerca scientifica e tecnologica, sostegno all'innovazione per i settori produttivi») sia residuale (commercio, industria, artigianato, agricoltura, turismo) - qualora sussistano di esigenze di carattere unitario che legittimino l'avocazione in sussidiarieta' tanto delle funzioni amministrative che non possono essere adeguatamente svolte ai livelli inferiori (Corte cost. n. 214 del 2006; nn. 383, 270, 242 del 2005) quanto della relativa potesta' normativa per l'organizzazione di tali funzioni - l'intervento legislativo statale deve prevedere forme di leale collaborazione, applicando il modulo della concertazione necessaria e paritaria fra organi statali e Conferenza Stato-regioni tramite lo strumento dell'intesa (Corte cost. n. 251 del 2016; n. 214 del 2006; n. 165 del 2007).

Nel caso di specie, il decreto legislativo n. 219 del 2016, e' stato approvato senza intesa con la Conferenza Stato-regioni, essendo solo stata 'sentita' la Conferenza unificata, in totale spregio del principio di leale collaborazione.

Non puo' non richiamarsi, al riguardo, la recentissima sentenza di questa Corte n. 251 del 2016 che ha fornito una preziosa ricognizione degli strumenti di coinvolgimento delle regioni in difesa delle loro competenze.

La pronuncia afferma che - qualora l'intervento del legislatore statale rientri nel novero di quelli volti a disciplinare interessi distinti «che ben possono ripartirsi diversamente lungo l'asse delle competenze normative di Stato e Regioni» (sentenza n. 278 del 2010), corrispondenti a diverse materie coinvolte e a concorrenza di competenze, si apre la strada all'applicazione del principio di leale collaborazione.

In particolare, ha affermato testualmente la Corte: «in ossequio a tale principio, il legislatore statale deve predisporre adeguati strumenti di coinvolgimento delle Regioni, a difesa delle loro competenze. L'obiettivo e' contemperare le ragioni dell'esercizio unitario delle stesse con la garanzia delle funzioni costituzionalmente attribuite alle autonomie (sentenze n. 65 del 2016, n. 88 del 2014 e n. 139 del 2012).

Il parere come strumento di coinvolgimento delle autonomie regionali e locali non puo' non misurarsi con la giurisprudenza di questa Corte che, nel corso degli anni, ha sempre piu' valorizzato la leale collaborazione quale principio guida nell'evenienza, rivelatasi molto frequente, di uno stretto intreccio fra materie e competenze e ha ravvisato nell'intesa la soluzione che meglio incarna la collaborazione (di recente, sentenze n. 21 e n. 1 del 2016). Quel principio e' tanto piu' apprezzabile se si considera la "perdurante assenza di una trasformazione delle istituzioni parlamentari e, piu' in generale, dei procedimenti legislativi" (sentenza n. 278 del 2010) e diviene dirimente nella considerazione di interessi sempre piu' complessi, di cui gli enti territoriali si fanno portatori.

Un'analoga esigenza di coinvolgere adeguatamente le Regioni e gli enti locali nella forma dell'intesa e' stata riconosciuta anche nella diversa ipotesi della attrazione in sussidiarieta' della funzione legislativa allo Stato, in vista dell'urgenza di soddisfare esigenze unitarie, economicamente rilevanti, oltre che connesse all'esercizio della funzione amministrativa. In tal caso, l'esercizio unitario che consente di attrarre, insieme alla funzione amministrativa, anche quella legislativa, puo' aspirare a superare il vaglio di legittimita' costituzionale - e giustificare la deroga al riparto di competenze contenuto nel Titolo V - «solo in presenza di una disciplina che prefiguri un iter in cui assumano il dovuto risalto le attivita' concertatine e di coordinamento orizzontale, ovverosia le intese, che devono essere condotte in base al principio di lealta'» (sentenza n. 303 del 2003; di recente, sentenza n. 7 del 2016).

Questa Corte ha individuato nel sistema delle conferenze «il principale strumento che consente alle Regioni di avere un ruolo nella determinazione del contenuto di taluni atti legislativi statali che incidono su materie di competenza regionale» (sentenza n. 401 del 2007) e «[u]na delle sedi piu' qualificate per l'elaborazione di regole destinate ad integrare il parametro della leale collaborazione» (sentenza n. 31 del 2006). In armonia con tali indicazioni, l'evoluzione impressa al sistema delle conferenze finisce con il rivelare una fisiologica attitudine dello Stato alla consultazione delle Regioni e si coniuga con il riconoscimento, ripetutamente operato da questa Corte, dell'intesa in sede di Conferenza unificata, quale strumento idoneo a realizzare la leale collaborazione tra lo Stato e le autonomie (ex plurimis, sentenze n.

88 del 2014, n. 297 e n. 163 del 2012), «qualora non siano coinvolti interessi esclusivamente e individualmente imputabili al singolo ente autonomo» (sentenza n. 1 del 2016)...................... E' pur vero che questa Corte ha piu' volte affermato che il principio di leale collaborazione non si impone al procedimento legislativo. La' dove, tuttavia, il legislatore delegato si accinge a riformare istituti che incidono su competenze statali e regionali, inestricabilmente connesse, sorge la necessita' del ricorso all'intesa. Quest'ultima si impone, dunque, quale cardine della leale collaborazione anche quando l'attuazione delle disposizioni dettate dal legislatore statale e' rimessa a decreti legislativi delegati, adottati dal Governo sulla base dell'art. 76 Cost.

Per tutte le suesposte considerazioni, il decreto legislativo n.

219 del 2016 appare illegittimo nel suo complesso per violazione del principio di leale collaborazione, giacche' procede al generale riordino delle Camere di commercio (enti che esercitano funzioni nell'ambito dello sviluppo dell'economia locale, la cui disciplina intercetta necessariamente competenze regionali, come espresso in precedenza) senza far luogo allo strumento dell'intesa.

2° motivo: Violazione art. 76 e 77 primo comma Cost. Eccesso di delega rispetto ai criteri di riduzione del numero delle Camere di commercio.

L'art. 10 della legge delega n. 124/2015 prevede tra i principi e criteri direttivi per la ridefinizione delle circoscrizioni territoriali delle camere di commercio solo "l'accorpamento" di due o piu' camere di commercio esistenti.

Il decreto delegato n. 219/2016, all' art. 1, comma l, lettera a), punto 3, aggiunge a tale modalita' di ridefinizione anche "la modifica" delle circoscrizioni territoriali, lasciando in tal modo aperta la possibilita' di determinare 'innovativamente' i nuovi confini degli enti, ossia consentendo di prescindere in modo anche significativo dagli esistenti perimetri amministrativi.

La previsione configura un eccesso di delega, in violazione dei rubricati parametri costituzionali.

3° motivo: Violazione dell' art. 117, terzo e quarto comma, Cost. e del principio di leale collaborazione da parte dell'art. 3, comma 4, decreto legislativo n. 219/2016.

L'art. 3, comma 4, del decreto legislativo n. 219 prevede che «il Ministro dello sviluppo economico, entro i sessanta giorni successivi al termine di cui al comma 1, con proprio decreto, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, provvede, tenendo conto della proposta di cui al comma 1, alla rideterminazione delle circoscrizioni territoriali, all'istituzione delle nuove camere di commercio, alla soppressione delle camere interessate dal processo di accorpamento e razionalizzazione ed alle altre determinazioni conseguenti ai piani di cui ai commi 2 e 3. Il provvedimento di cui al presente comma e' adottato anche in assenza della proposta di cui al comma 1, ove sia trascorso inutilmente il termine ivi previsto, applicando a tal fine i medesimi criteri previsti nei commi 1, 2, 3.».

Dunque: tutte le significative decisioni afferenti alla modifica delle circoscrizioni territoriali delle Camere di commercio ed alle innovazioni disposte tramite i piani di razionalizzazione di cui ai commi 2 e 3 dell'art. 3 vengono adottate con decreto del Ministro dello sviluppo economico avendo solo "sentito" la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni.

La norma impugnata costituisce esempio puntuale del vizio, gia' dedotto al primo motivo, consistente nel totale disconoscimento da parte della legislazione statale degli interessi regionali in un ambito di attivita' (lo «Sviluppo economico», al cui perseguimento sono dedicate le Camere di commercio) che intercetta numerose competenze regionali riconosciute dall' art. 117, terzo e quarto comma, Cost.

La mera audizione della Conferenza permanente costituisce, nuovamente, esempio concreto della violazione del dovere di leale collaborazione, che ha ispirato tutta la legislazione delegata oggetto di impugnativa.

 

P. Q. M.

 

La Regione Liguria, come sopra rappresentata e difesa, chiede che l'ecc.ma Corte costituzionale, in accoglimento del presente ricorso, dichiari l'illegittimita' costituzionale del decreto legislativo n.

219 del 2016 nel suo complesso, nonche' dell' art. 1, comma 1, lettera a), punto 3, e dell'art. 3, comma 4. del medesimo decreto legislativo.

Si deposita delibera G.R. di autorizzazione alla proposizione del giudizio.

Genova-Roma, 20 gennaio 2017

Avv. Baroli - Avv. Pafundi