RICORSO N. 65 DEL 18 OTTOBRE 2016 (DELLA REGIONE VENETO)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 18 ottobre 2016.

(GU n. 48 del 30.11.2016)

Ricorso proposto dalla Regione Veneto (c.f. 80007580279 - P.IVA 02392630279), in persona del Presidente della Giunta Regionale dott. Luca Zaia (c.f. ZAILCU68C27C957O), autorizzato con decreto del Presidente della Giunta regionale del Veneto n. 115 del 6 ottobre 2016 (all. 1), rappresentato e difeso, per mandato a margine del presente atto, tanto unitamente quanto disgiuntamente, dagli avv.ti Ezio Zanon (c.f. ZNNZEI57L07B563K) coordinatore dell'Avvocatura regionale e Luigi Manzi (c.f. MNZLGU34E15H501V) del Foro di Roma, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo in Roma, Via Confalonieri, n. 5 (per eventuali comunicazioni: fax 06/3211370, posta elettronica certificata luigimanzi@ordineavvocatiroma.org )   Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro-tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale e' domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12 per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli artt. 7, comma 5; 15 comma 1 e comma 2, lett. d) e comma 5; 16 della legge 28 luglio 2016, n. 154, recante «Deleghe al Governo e ulteriori disposizioni in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitivita' dei settori agricolo e agroalimentare, nonche' sanzioni in materia di pesca illegale» pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 10 agosto 2016, n. 186, Supplemento ordinario.

 

Motivi

 

1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 7, della legge 28 luglio 2016, n. 154, per violazione degli articoli 81, 97, 117, IV comma, 118, 119 della Costituzione, nonche' del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost.

L'art. 7, della legge 28 luglio 2016, n. 154, rubricato «Disposizioni per il sostegno dell'agricoltura e dell'acquacoltura biologiche» ha previsto l'istituzione, presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, del Sistema informativo per il biologico (SIB), che utilizza l'infrastruttura del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN), al fine di gestire i procedimenti amministrativi degli operatori e degli organismi di controllo previsti dalla normativa europea relativi allo svolgimento di attivita' agricole e di acquacoltura con metodo biologico.

Il successivo comma 5 ha, poi, statuito che «Le regioni dotate di propri sistemi informatici per la gestione dei procedimenti relativi all'agricoltura e all'acquacoltura biologiche, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, attivano i sistemi di cooperazione applicativa della pubblica amministrazione necessari a garantire il flusso delle informazioni tra il SIB e i sistemi regionali. In mancanza dell'attivazione dei sistemi di cooperazione applicativa entro il predetto termine, gli operatori utilizzano il SIB.»   Tale ultima disposizione solo all'apparenza afferisce alla funzione del coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale, assegnata dall'art.117, II comma, lett. r) Cost. alla competenza esclusiva statale. Invero, essa trascende tale ambito materiale determinando una lesione delle competenze regionali costituzionalmente garantite in materia di agricoltura e organizzazione amministrativa regionale.

Il coordinamento informativo, statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale, di cui alla lettera r) del secondo comma dell'art. 117 Cost. e' infatti «un mero potere legislativo di coordinamento» (decisione n. 271/2015) rivolto unicamente a un coordinamento di' tipo tecnico, ove questo sia ritenuto opportuno dal legislatore statale (si vedano le sentenze di codesta Ecc.ma Corte n. 31 del 2005 e n. 17 del 2004) e il cui esercizio, comunque, non puo' escludere una competenza regionale nella disciplina e gestione di una propria rete informativa (cfr. decisione. n. 50 del 2005).

La legge statale, pero', nel caso di specie, non si limita a istituire e regolamentare un sistema di cooperazione applicativa informatica tra pubbliche amministrazioni necessario a garantire il flusso delle informazioni tra il SIB e i sistemi regionali, ma invece prevede, in caso di mancata intesa tra le parti, la surrogazione del sistema informativo statale a quelli regionali.

In tale modo si incide in modo sostanziale sulla competenza amministrativa attiva e organizzatoria attribuita alle esclusive cure regionali e al di fuori del perseguimento della finalita' di assicurare una comunanza di linguaggi, di procedure e di standard omogenei, che permetta la comunicabilita' tra i sistemi informatici della pubblica amministrazione. Per effetto di tale forma impropria di «sanzione», infatti, la Regione si vedra' costretta a esercitare le proprie competenze amministrative in materia di agricoltura e di acquacoltura biologiche secondo le modalita' procedimentali predisposte dallo Stato, il che peraltro oltre a violare, come detto, l'art. 117, IV comma e l'art. 118 Cost., ridonda pure in una lesione del canone di buon andamento di cui all'art. 97 Cost., modificando le modalita' di esercizio della pubblica potesta', senza ragioni sostanziali che giustifichino tale scelta e potendo in tal modo ingenerare effetti negativi in termini di efficienza, efficacia ed economicita' dell'azione amministrativa regionale.

Inoltre tale surrogazione forzosa di sistemi procedimentali informatici produce anche effetti economico-finanziari negativi in danno delle Regioni surrogate, in termini di maggiori spese derivanti dal passaggio da un sistema informativo ad un altro. Il che determina una violazione degli artt. 81 e 119 della Costituzione.

Si aggiunga che appare irragionevole collegare al mancato raggiungimento di un'intesa tra Stato e Regioni, il che potrebbe essere l'esito pur anche di un dissenso unilaterale espresso da parte del Governo, un effetto surrogatorio automatico in danno delle Regioni, imponendo a queste ultime l'esercizio delle proprie competenze amministrative con un diverso sistema procedimentale informatico, cosi per giunta «sanzionandole» anche in assenza di qualunque «responsabilita'» istituzionale.

Peraltro la forma di raccordo prevista dalla legge dello Stato, pur essendo qualificata in termini di intesa, si presenta come altamente insufficiente e lesiva del principio di bilateralita', in quanto il mero mancato raggiungimento dell'accordo (il cui termine peraltro e' decisamente troppo breve alla luce della notevole difficolta' tecnica del raccordo informativo de qua) determina, di per se', l'imposizione alle Regioni di un sistema informativo ad esse estraneo, indipendentemente dalla valutazione delle ragioni, pur anche tecniche, che possano avere determinato il mancato raggiungimento dell'intesa e senza prevedere forme ulteriori di concertazione atte a superare le ragioni del mancato accordo. Cio', a maggior ragione in un ambito eminentemente tecnico, ove il mancato raggiungimento dell'intesa potrebbe essere determinato da mere difficolta', superabili in un maggior lasso di tempo, senza necessita' della comminazione di una deleteria «sanzione» a carico delle Regioni. Dal che deriva la lesione del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost.

2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 15 comma 1 e comma 2, lett d) e comma 5 della legge 28 luglio 2016, n. 154, per violazione degli articoli 97, 117, IV comma e 118 Cost. nonche' del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost.

L'art. 15 della legge 28 luglio 2016, n. 154, rubricato «Delega al Governo per il riordino degli enti, societa' e agenzie vigilati dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, per il riassetto del settore ippico e per il riordino dell'assistenza tecnica agli allevatori e la revisione della disciplina della riproduzione animale», al primo comma statuisce che «Al fine di razionalizzare e contenere la spesa pubblica, nel rispetto dei principi e criteri direttivi del capo I e degli articoli 8, 16 e 18 della legge 7 agosto 2015, n. 124, e tenuto conto dei relativi decreti attuativi, il Governo e' delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o piu' decreti legislativi finalizzati al riordino degli enti, societa' ed agenzie vigilati dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, al riassetto delle modalita' di finanziamento e gestione delle attivita' di sviluppo e promozione del settore ippico nazionale, nonche' al riordino dell'assistenza tecnica agli allevatori, anche attraverso la revisione della legge 15 gennaio 1991, n. 30, in materia di disciplina della riproduzione animale, allo scopo di rendere maggiormente efficienti i servizi offerti nell'ambito del settore agroalimentare».

Il comma successivo dispone che: «Nella predisposizione dei decreti legislativi di cui al comma 1, relativamente al riordino degli enti, societa' ed agenzie vigilati dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, il Governo e' tenuto ad osservare i seguenti principi e criteri direttivi: (omissis)   d) riorganizzazione dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) anche attraverso la revisione delle funzioni attualmente affidate all'Agenzia medesima e, in particolare, dell'attuale sistema di gestione e di sviluppo del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN) di cui all'articolo 15 della legge 4 giugno 1984, n. 194, nonche' del modello di coordinamento degli organismi pagatori a livello regionale, secondo i seguenti indirizzi: sussidiarieta' operativa tra livello centrale e regionale; modello organizzativo omogeneo; uniformita' dei costi di gestione del sistema tra i diversi livelli regionali; uniformita' delle procedure e dei sistemi informativi tra i diversi livelli. La riorganizzazione deve altresi' favorire l'efficienza dell'erogazione dei servizi e del sistema dei pagamenti nonche' ottimizzare l'accesso alle informazioni da parte degli utenti e delle pubbliche amministrazioni, garantendo la realizzazione di una piattaforma informatica che permetta la piena comunicazione tra articolazioni regionali e struttura centrale nonche' tra utenti e pubblica amministrazione, attraverso la piena attivazione della Carta dell'agricoltore e del pescatore di cui all'articolo 7 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1999, n. 503.»   Tale disposizione nel prevedere la rinnovazione del modello di coordinamento degli organismi pagatori a livello regionale introduce quali criteri direttivi: «l'introduzione di un modello organizzativo omogeneo, l'uniformita' dei costi di gestione del sistema tra i diversi livelli regionali e l'uniformita' delle procedure e dei sistemi informativi tra i diversi livelli.»   In tale modo la delega legislativa pare andare ben oltre i limiti afferenti alle esplicitata finalita' di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica, finalita' che peraltro pare essere anche contraddetta dalla disposizione stessa.

La norma, infatti, tende a realizzare un livellamento organizzativo, procedurale e di spesa tra i diversi livelli regionali, senza tener conto delle loro specificita' e peculiarita', determinando l'effetto distorsivo per cui, ove essi presentino caratteristiche di eccellenza sotto il profilo organizzativo, gestorio e finanziario, come nel caso della Regione del Veneto, saranno costretti ad adeguarsi comunque ai nuovi parametri previsti dalla legislazione statale, pur ove «qualitativamente» inferiori, il che comporta un lesione in termini non solo di efficienza amministrativa, ma anche sotto il profilo economico-finanziario accrescendo la correlata voce di spesa pubblica, con violazione dunque sia del principio di buon andamento di cui all'art. 97 Cost. che degli art. 81 e 119 Cost.

D'altronde, l'imposizione di modelli organizzativi e procedimentali prevista nella delega legislativa in parola determina parimenti un'invasione delle competenze affidate alle Regioni in materia di ordinamento e organizzazione amministrativa regionale e in materia di agricoltura, con violazione degli artt. 117, IV comma e 118 Cost. E cio' avviene prevedendo quale unico strumento di concertazione intergovernativa un mero parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, da rendere nel termine di quarantacinque giorni dalla data di trasmissione di ciascuno schema di decreto legislativo, decorso il quale il Governo potra' comunque procedere. Il che determina, sia per il carattere «debole» dell'intervento della conferenza intergovernativa sia per l'esiguita' del termine previsto, la violazione del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost.

Va, inoltre, rilevato che il fine della razionalizzazione e del contenimento della spesa pubblica - di cui alla materia del «coordinamento della finanza pubblica» ex art. 117, terzo comma, Cost., per costante giurisprudenza di codesta Ecc.ma Corte consente di recare una disciplina di principio, che pero' lasci margine di manovra all'autonomia regionale. Nel caso di specie, invece, viene calato dall'alto un modello non solo organizzativo, ma pur anche procedimentale, senza che sia stata prevista alcuna forma di concertazione interistituzionale, e senza lasciare nella sostanza alcun margine di liberta' organizzatoria, gestoria e decisionale alle Regioni, le quali dovranno adeguarsi pur anche ove tale adeguamento non determini un risparmio di spesa e pur anche ove le novelle forme di esercizio procedimentale del potere amministrativo determinino in concreto una retrocessione in termini di efficienza dell'agire pubblico.

3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 16 della legge 28 luglio 2016, n. 154, per violazione degli articoli 3, 97, 117, e IV comma, e 118 della Costituzione   L'art. 16 della legge 28 luglio 2016, n. 154, rubricato «Istituzione della Banca delle terre agricole» statuisce che: «E' istituita presso l'ISMEA, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e, comunque, con l'utilizzo delle sole risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, la Banca delle terre agricole, di seguito denominata «Banca».

La Banca ha l'obiettivo di costituire un inventario completo della domanda e dell'offerta dei terreni e delle aziende agricoli, che si rendono disponibili anche a seguito di abbandono dell'attivita' produttiva e di prepensionamenti, raccogliendo, organizzando e dando pubblicita' alle informazioni necessarie sulle caratteristiche naturali, strutturali ed infrastrutturali dei medesimi, sulle modalita' e condizioni di cessione e di acquisto degli stessi nonche' sulle procedure di accesso alle agevolazioni di cui al capo III del titolo I del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, e successive modificazioni.

La Banca e' accessibile a titolo gratuito nel sito internet dell'ISMEA per tutti gli utenti registrati secondo le modalita' stabilite dalla Direzione generale dell'ISMEA ed indicate nel medesimo sito internet.

In relazione ai terreni di cui al presente articolo, ai dati disponibili e ai relativi aggiornamenti, l'ISMEA puo' anche presentare uno o piu' programmi o progetti di ricomposizione fondiaria, con l'obiettivo di individuare comprensori territoriali nei quali promuovere aziende dimostrative o aziende pilota.

Per le finalita' di cui al presente articolo, l'ISMEA puo' stipulare apposite convenzioni con gli assessorati regionali e provinciali competenti e promuovere forme di collaborazione e di partecipazione con le organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative e con le universita' e gli istituti superiori. Nelle regioni e nelle province con minoranze linguistiche riconosciute, la maggiore rappresentativita' delle organizzazioni locali e' riconosciuta a quelle maggiormente rappresentative in ambito locale.

Sono fatte salve le disposizioni contenute nelle leggi regionali relativamente ai terreni incolti e abbandonati alla data di entrata in vigore della presente legge.»   Tale disposizione, pur facendo salva la eventuale disciplina regionale relativa alla gestione dei terreni incolti e abbandonati, viene sostanzialmente a sovrapporsi a quest'ultima senza che sia prevista alcuna forma di coordinamento.

Con riguardo alla Regione del Veneto, la legge regionale 8 agosto 2014, n. 26, al fine di valorizzare il proprio patrimonio agricolo e le altre superfici agricole del territorio regionale, ha istituito la «banca della terra veneta».

La «banca della terra veneta» contiene, in particolare, un inventario completo e aggiornato dell'offerta dei terreni suscettibili di coltivazione e delle aziende agricole di proprieta' pubblica e privata disponibili per operazioni di assegnazione, comprensivo dei terreni abbandonati o incolti, nonche' dei beni i cui proprietari o aventi causa abbiano segnalato alla Regione la disponibilita' a cederne la conduzione a terzi.

La Giunta regionale, ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 440 del 1978, provvede alle assegnazioni per l'utilizzo dei beni inseriti nella banca dati in parola, mediante espletamento di procedure a evidenza pubblica.

La Banca delle terre agricole, istituita dall'art. 16 della legge 28 luglio 2016, n. 154, facendo espresso riferimento ai terreni abbandonati, determina, dunque, una sovrapposizione disciplinatoria che solo apparentemente viene risolta dalla riserva di cui al comma 6. Difatti, e' ipotizzabile che un medesimo terreno agricolo abbandonato e sito nel territorio della Regione del Veneto sia inserito nella Banca delle terre agricole e al contempo nella Banca delle terre venete, con la conseguenza che potrebbe insorgere lui conflitto tra potenziali «acquirenti». E cio' non rappresenta un mero problema di coordinamento tra banche dati, ma invece pone una questione di diritto, non risolvibile mediante una mera operazione di ermeneusi. Distinti soggetti, infatti, potrebbero ritenersi titolari di confliggenti situazioni giuridiche soggettive, l'una sorto in base alla legge statale, l'altra per effetto di quella regionale, senza che dal dettato della legge sia dato capire chi prevalga. Il che esigerebbe, invece, una soluzione univoca e certa, nel rispetto del canone di certezza del diritto, soluzione che pero' si ribadisce non e' dato rinvenire nella disposizione in questa sede impugnata neppure in. via interpretativa.

Tale sovrapposizione regolatoria e la mancanza di un sistema di soluzione di eventuali conflitti, chiaro e univoco, fa percio' ritenere che l'art. 16 della legge 28 luglio 2016, n. 154 presenti gravi profili di irragionevolezza oltre che di lesivita' del canone di buon andamento con conseguente violazione degli artt. 3 e 97 Cost., violazione che ridonda in una lesione della competenza legislativa regionale residuale e dunque esclusiva in materia di agricoltura, ex art. 117, comma 4, Cost. nonche' in una invasione della competenza amministrativa regionale di cui all'art. 118 Cost., essendo l'assegnazione dei terreni agricoli abbandonati affidata dalla stessa legge statale alla competenza delle Regioni.

 

P.Q.M.

 

La Regione del Veneto chiede che l'Ecc.ma Corte costituzionale dichiari l'illegittimita' costituzionale degli artt. 7, comma 5; 15 comma 1 e comma 2, lett. d) e comma 5; 16 della legge 28 luglio 2016, n. 154, recante «Deleghe al Governo e ulteriori disposizioni in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitivita' dei settori agricolo e agroalimentare, nonche' sanzioni in materia di pesca illegale» pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 10 agosto 2016, n. 186, Supplemento ordinario.

Si depositano:   1) decreto del Presidente della Giunta regionale del Veneto n. 115 del 6 ottobre 2016, di autorizzazione a proporre ricorso e affidamento dell'incarico di patrocinio per la difesa regionale.

Venezia-Roma, 7 ottobre 2016

Avv. Zanon - Avv. Manzi