RICORSO N. 29 DEL 10 GIUGNO 2016 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 10 giugno 2016.

(GU n. 29 del 20.07.2016)

 

Ricorso ex art. 127 Cost. del Presidente del Consiglio deiministri pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generaledello Stato presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, 12, e'domiciliato per legge contro la Regione Abruzzo, in persona delPresidente in carica, con sede a L'Aquila, Via Leonardo da Vinci, 6(Palazzo I. Silone) per la declaratoria della illegittimita'costituzionale giusta deliberazione del Consiglio dei ministriassunta nella seduta del giorno 31 maggio 2016, degli articoli 1,comma 1, lettere a), b) e c) e 4 della legge della Regione Abruzzo 13aprile 2016, n. 11, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della RegioneAbruzzo n. 59 del 14 aprile 2016.

 

Premesse di fatto

 

In data 14 aprile 2016, sul n. 59 del Bollettino Ufficiale dellaRegione Abruzzo, e' stata pubblicata la legge regionale 13 aprile2016, n. 11, intitolata «Modifiche alle leggi regionali 25/2011,5/2015, 38/1996 e 9/2011».

In particolare, ed ai fini che qui interessano, l'art. 1 dellalegge contiene modifiche alla legge regionale 3 agosto 2011, n. 25,recante «Disposizioni in materia di acque con istituzione del fondospeciale destinato alla perequazione in favore del territorio montanoper le azioni di tutela delle falde e in materia di proventi relativialle utenze di acque pubbliche»; l'art. 4, invece, arrecamodificazioni alla legge regionale 21 giugno 1996, n. 38, rubricataquale «legge-quadro sulle aree protette della Regione Abruzzo perl'Appennino Parco d'Europa».

Le norme contenute, rispettivamente, negli articoli 1, comma 1,lettere a), b) e c) e 4 della legge abruzzese n. 11/2016 eccedono lecompetenze regionali, invadono quelle statali e sono percio'violative di previsioni costituzionali e comunitarie: esse vengonopertanto impugnate con il presente ricorso ex art. 127 Cost.affinche' ne sia dichiarata la illegittimita' costituzionale e ne siapronunciato il conseguente annullamento per i seguenti

 

Motivi di diritto

 

A

 

L'art. 1, comma 1, lettere a), b) e c) della legge regionale Abruzzon. 11/2016

1. Si premette che l'art. 1 della legge regionale Abruzzo n.11/2016 - d'ora in avanti, per brevita', la legge - disciplina, come,del resto, la legge regionale sulla quale interviene - la leggeregionale n. 25/2011 - il canone dovuto per le utenze di acquapubblica e, segnatamente, il sistema di determinazione della suamisura.

Com'e' noto, a norma dell'art. 35 del regio decreto 11 dicembre1933, n. 1775 - testo unico delle disposizioni di legge sulle acque eimpianti elettrici - le utenze di acqua pubblica sono sottoposte alpagamento di un canone annuo «regolato sulla media della forzamotrice nominale diiponibile nell'anno» (art. 35, comma 3, testounico cit.).

A sua volta, la forza motrice nominale - o potenza nominale - diun impianto elettrico e' «calcolata in base alla differenza dilivello fra i due peli morti dei canali a monte ed a valle delmeccanismo motore» (art. 35, comma 2, testo unico cit.).

L'art. 6 del medesimo testo unico distingue le utenze di acquapubblica a seconda che abbiano ad oggetto grandi o piccolederivazioni le quali, quanto a quelle destinate alla produzione diforza motrice, si differenziano tra loro a seconda che abbiano unapotenza nominale media annua superiore o meno a kW 3.000.

E' altresi' noto che, ai sensi dell'art. 86 del decretolegislativo 31 marzo 1998, n. 118, le regioni e gli enti localicompetenti per territorio provvedono alla gestione dei beni deldemanio idrico: nell'esercizio di tale funzione le regioni provvedonopertanto alla determinazione e all'introito dei canoni rivenientidalla utilizzazione di detti beni.

In particolare, le regioni - e le Province autonome di Trento edi Bolzano - provvedono alla determinazione e all'incasso dei canoniderivanti dalla concessione delle acque pubbliche ad usoidroelettrico.

Tutte le regioni adottano canoni parametrati alla potenzanominale media di concessione, con valori oscillanti tra i 13 e i 37euro/kW: la Regione Abruzzo, come meglio si dira' in prosieguo,parametra invece il canone di concessione idroelettrica alla potenzaefficiente dell'impianto.

Tale diversa grandezza di riferimento conduce, in concreto, alladeterminazione di canoni concessori di gran lunga superiori a quellideterminati sulla base della potenza nominale media dell'impianto coneffetti, come si dira', distorsivi della concorrenza e, quindi,violativi dell'art. 117, comma 2, lettera e) della Cartafondamentale.

2. L'art. 1 della legge modifica l'art. 12 della legge regionalen. 25/2011: in particolare, la lettera a) del comma 1 sostituisce ilcomma 1 dell'art. 12 fissando il costo unitario per l'usoidroelettrico di cui alla lettera c) del comma 5 dell'art. 93 dellalegge regionale 17 aprile 2003, n. 7, per le utenze con potenzanominale superiore a 220 Kw, in euro 35,00 per ogni Kw di potenzaefficiente, oltre ai relativi aggiornamenti al tasso di inflazioneprogrammata.

La successiva lettera b) sostituisce invece il comma 1-bisdell'art. 12 della legge regionale n. 25/2001 prevedendo, per ladefinizione di potenza efficiente, il rinvio «alla definizioneufficiale utilizzata per la potenza efficiente netta dall'Autorita'per l'Energia Elettrica e il Gas e il Sistema Idrico (AEEGSI)».

La lettera c) sostituisce infine il comma 1-ter dell'art. 12della legge regionale n. 25/2011 stabilendo che «il canone annuo,calcolato applicando il valore riportato al comma 1 per ogni Kw dipotenza nominali» sia versato, cosi' come previsto dal comma 2dell'art. 93 della legge regionale n. 7/2003, entro il 28 febbraio diciascun anno anticipatamente e a titolo di acconto. La norma prevedealtresi' le modalita' con cui la potenza efficiente deve esserecertificata da organismo terzo e comunicata al competente Servizioregionale nonche' al Gestore della rete di trasmissione ovvero alGestore dei servizi energetici: sulla base della potenza efficientemisurata e certificata dall'organismo terzo il medesimo Servizioregionale provvede quindi a «quantificare l'importo complessivo aconguaglio, secondo le modalita' di cui al comma 1», che deve essereversato entro 60 giorni dalla relativa richiesta.

La disposizione prosegue stabilendo che nel caso in cui il datodella potenza efficiente - sulla base del quale viene calcolato ilconguaglio dovuto - risulti inferiore alla potenza nominale - sullacui base e' stato computato l'acconto versato anticipatamente -«nulla e' dovuto al concessionario a titolo di rimborso».

E' previsto poi che, «in caso di mancata comunicazione dellapotenza efficiente il canone dovuto e' triplicato rispetto al canonedovuto calcolato sulla potenza nominale media di concessione»: taleultima previsione - di natura sanzionatoria - e' analoga a quellagia' contenuta nell'art. 12, comma 1-quinquies, legge regionale n.25/2011 (disposizione introdotta dall'art. 1, comma 2, lettera c)della legge regionale 3 novembre 2015, n. 36, e ora abrogata dallalettera e) del comma 1 dell'art. 1 della stessa legge regionale n.11/2016).

La lettera d) della norma in commento prevede infine che iltermine stabilito dalla lettera precedente - quello fissato per ilversamento dell'acconto di canone - per l'anno 2016 e' stabilito al31 maggio 2016.

3. Le norme teste' descritte riproducono sostanzialmente leanaloghe disposizioni in precedenza contenute nelle leggi regionali 3novembre 2015, n. 36, e 19 gennaio 2016, n. 5, entrambe oggetto diimpugnativa da parte del Governo (rispettivamente, n. r.r. 2/2016 e21/2016), e presentano quindi i medesimi profili di illegittimita'costituzionale.

La disposizione censurata, intervenendo nuovamente sul criteriodi determinazione del canone di concessione di derivazione di acquapubblica per uso idroelettrico gia' oggetto dell'art. 1, comma 2,lettera b) della legge regionale n. 36 del 2015 e dell'art. 11, comma6, lettera b) della legge regionale n. 5/2016, introduce infatti una«nuova» definizione di potenza efficiente sostanzialmente equivalentea quella contenuta nelle impugnate leggi regionali nn. 36/2015 e 5/2016.

L'art. 1, comma 2, lettera b) della legge regionale n. 36 del2015 definiva infatti la potenza elettrica efficiente, sulla basedella quale calcolare l'ammontare del canone idroelettrico, come «lamassima potenza elettrica, con riferimento alla potenza attiva,comunque realizzabile dall'impianto durante un intervallo di tempo difunzionamento pari a 4 ore, supponendo le parti dell'impianto infunzione in piena efficienza e nelle condizioni ottimali di portata edi salto».

Il riferimento alla potenza efficiente come parametro per ladeterminazione della misura del canone concessorio idroelettrico eraperaltro gia' previsto - con rinvio alla definizione del GSE (Gestoredei servizi energetici) - dall'art. 16, comma 2, della leggeregionale 10 gennaio 2012, n. 1, la quale, modificando la leggeregionale n. 25/2011 in materia di proventi relativi alle utenze diacque pubbliche, aveva previsto l'aumento da 27,50 € a 35,00 € delcosto unitario per l'uso idroelettrico e, per quel che quispecificamente interessa, aveva stabilito, come parametro diriferimento per la quantificazione dell'ammontare del canone, nonpiu' la potenza nominale concessa o riconosciuta, bensi' la potenzaefficiente riportata nei rapporti annuali dell'anno precedente dalGSE (tale disposizione, che aveva superato il vaglio dicostituzionalita' avendo codesta Corte rilevato che non era statodimostrato «come il riferimento alla potenza efficiente influisca suicosti e quale sia il "verso economico" di tale effetto» - sentenza 10aprile 2014, n. 85 -, e' stata peraltro poi soppressa, in parte qua,dall'art. 1, comma 2, lettera a) della citata legge regionale n.36/2015).

L'art. 11, comma 6, lettera b) della successiva legge regionalen. 5/2016, stabilendo che il costo unitario per l'uso idroelettricoper le utenze con potenza nominale superiore a 220 kw fosseragguagliato alla potenza efficiente e rinviando per la definizionedi potenza efficiente alla definizione ufficiale utilizzata dal GSE edall'Autorita' per l'Energia Elettrica e il Gas (AEEG), aveva poisolo apparentemente modificato la legge regionale n. 36/2015perpetuando la medesima illegittimita' gia' riscontrata e denunciatacon il ricorso avverso tale ultimo atto normativo. La definizione di«potenza efficiente» che, ai sensi della delibera AEEG179/2014/R/EPR, il GSE e l'AEEG adottano dal 2014 e' infatti lastessa contenuta nella legge regionale n. 36/2015, intendendosi per«potenza efficiente o massima potenza elettrica di un impianto diproduzione di (una sezione) ... la massima potenza elettrica, conriferimento esclusivo alla massima potenza attiva che puo' essereprodotta con continuita' durante un dato intervallo di temposufficientemente lungo di funzionamento (almeno quattro ore per gliimpianti idroelettrici) supponendo tutte le parti dell'impianto infunzione in piena efficienza di portata e di salto nel caso degliimpianti idroelettrici».

Anche le modifiche apportate dalla legge impugnata con ilpresente atto non mutano, al pari di quelle recate dalla leggeregionale n. 5/2016, la sostanza della definizione di potenzaefficiente gia' contenuta nella legge regionale n. 36/2015 quale «lamassima potenza elettrica, con riferimento alla potenza attiva,comunque realizzabile dall'impianto durante un intervallo di tempo difunzionamento pari a 4 ore, supponendo le parti dell'impianto infunzione in piena efficienza e nelle condizioni ottimali di portata edi salto».

La disposizione ora contenuta nell'art. 1, comma 1, lettera b)della legge regionale n. 11/2016 si differenzia infatti dalle normein precedenza impugnate per il solo fatto che essa: a) espunge dalladefinizione di potenza efficiente il rinvio alla definizioneufficiale di potenza efficiente utilizzata dal GSE (gia') presentenell'art. 11, comma 6, lettera b) della legge regionale n. 5/2016,mantenendo tuttavia il richiamo alla definizione utilizzata dall'AEEG- ora AEEGSI: Autorita' per l'Energia Elettrica e il Gas e il SistemaIdrico - e   b) fa riferimento alla potenza efficiente netta.

La differenza tra le due disposizioni e' pero' soltanto apparenteperche':   ad a) anche la definizione ufficiale di potenza efficienteutilizzata dall'Autorita' per l'Energia Elettrica e il Gas e ilSistema Idrico identifica «la massima potenza elettrica, conriferimento alla potenza attiva, comunque realizzabile dall'impiantodurante un intervallo di tempo di funzionamento pari a 4 ore,supponendo le parti dell'impianto in finzione in piena efficienza enelle condizioni ottimali di portata e di salto»; e   a b) la potenza efficiente netta si differenzia da quella lordaper il solo fatto che la prima e' misurata all'uscita dell'impianto,al netto, cioe', della potenza assorbita dai servizi ausiliaridell'impianto e delle perdite nei trasformatori dell'impianto, mentrela seconda e' misurata all'entrata dell'impianto di produzione dienergia elettrica - piu' precisamente, ai morsetti dei generatorielettrici -: peraltro, poiche' sia la potenza efficiente netta sia lapotenza efficiente lorda identificano entrambe la massima potenzaelettrica realizzabile dall'impianto durante un intervallo di tempodi funzionamento (4 ore), per la produzione esclusiva di potenzaattiva, supponendo che tutte le parti dell'impianto siano interamentein efficienza e, nel caso di un impianto idroelettrico, che sianodisponibili le piu' favorevoli condizioni di portata e di salto, e'evidente che il valore che risulta dal riferimento alla potenzaefficiente netta si discosta soltanto di pochi punti percentuali daquello risultante dal riferimento alla potenza efficiente lorda.

Da tanto consegue che, essendo rimasto immutato anche nella nuovadisposizione il riferimento alla nozione di potenza efficiente, loscostamento di valori riveniente dal riferimento alla potenzaefficiente netta contenuto nella norma che si impugna e', rispetto aquello risultante dalle precedenti definizioni e previsioninormative, assolutamente marginale e privo, come tale, di una realeed effettiva significativita': con la conseguenza che la misura delcanone risultante dall'applicazione della (apparentemente nuova)definizione recata dall'art. 1, comma 1, lettera b) della leggeregionale n. 11/2016 e', all'atto pratico, sostanzialmente identica aquella riveniente dall'applicazione delle previsioni normativeimpugnate con i precedenti ricorsi.

Anche in questo caso, la determinazione del canone si fondainoltre sulla potenza di targa della macchina anziche' sulla potenzanominale media di concessione utilizzata da tutte le altre regioni ecomporta percio' i medesimi negativi effetti, discriminatori eanticoncorrenziali, a danno degli operatori idroelettrici operanti inAbruzzo gia' denunciati con le precedenti impugnative.

4. Da quanto si e' sin qui venuti esponendo risulta altresi' ditutta evidenza che l'abrogazione dell'art. 11, comma 6, della leggeregionale n. 5/2016 da parte dell'art. 1, comma 3, della leggeregionale n. 11/2016 e la contestuale riproduzione del suo contenutonella norma oggetto del presente ricorso si risolve nel tentativo dellegislatore regionale abruzzese di eludere la definizione dei giudizidi legittimita' costituzionale instaurati con i ricorsi propostiavverso le leggi regionali nn. 36/2015 e 5/2016.

Ed infatti, posto che, come piu' sopra illustrato, l'ultimointervento legislativo e' solo apparentemente modificativo deitermini della questione - i quali rimangono invece sostanzialmenteinvariati -, merita sul punto richiamare la sentenza 29 ottobre 2009,n. 272, con la quale codesta Corte, confermando la propriaconsolidata giurisprudenza, ha affermato che «il principio dieffettivita' della tutela costituzionale delle parti nei giudizi invia di azione non tollera che, attraverso l'uso distorto dellapotesta' legislativa, uno dei contendenti possa introdurre unaproposizione normativa di "contenuto" equivalente a quella impugnatae nel contempo sottrarla al gia' instaurato giudizio di legittimita'costituzionale. Si impone pertanto, in simili casi, il trasferimentodella questione alla norma che, sebbene portata da un attolegislativo diverso da quella oggetto di impugnazione, sopravvive nelsuo immutato contenuto precettivo (sentenze n. 168/2008 e n. 533/2002)».

Tale orientamento e' stato anche di recente ribadito dallasentenza 7 novembre 2014, n. 249 - resa proprio con riferimento adaltra legge della Regione Abruzzo (la n. 14 del 2014) - nella qualesi e' stabilito che, «poiche', nella specie, ricorrono talicondizioni - avendo, come si e' detto, la Regione sostituito il testooriginario con una variante avente analogo contenuto lesivo delprecetto comunitario - le censure proposte in riferimento all'art. 38della legge regionale Abruzzo n. 55 del 2013 debbono ritenersitrasferite al nuovo testo, con la conseguente pronuncia diillegittimita' costituzionale dell'art. 7 della legge della RegioneAbruzzo n. 14 del 2014 per violazione dell'art. 117, primo comma,Cost.» (v. anche la sentenza 11 febbraio 2010, n. 40 e, da ultimo, lastessa gia' citata sentenza n. 85/2014).

5. Tanto chiarito, questa Difesa non ignora che, come s'e' dettoin precedenza, con sentenza 10 aprile 2014, n. 85, codesta Corte hadichiarato in parte inammissibile e in parte infondata la questionedi legittimita' costituzionale dell'art. 16 della legge regionale n.1/2012 - estesa alla sopravvenuta disposizione modificativa contenutanella legge regionale 17 luglio 2012, n. 34, di contenutosostanzialmente analogo -, il quale aveva sostituito la potenzaefficiente alla potenza nominale quale parametro di riferimento perla determinazione della misura del canone concessorio idroelettrico:e che, in particolare, la questione e' stata dichiarata inammissibilesia perche' non e' stato dimostrato «come il riferimento alla potenzaefficiente influisca sui costi e quale sia il "verso economico" ditale effetto» sia perche' nulla e' stato riferito «sui presupposti difatto della lamentata violazione delle regole della concorrenza, senon il generico riferimento al testo unico n. 1775 del 1933»(paragrafo 4.4).

Nel proporre alla Corte Ecc.ma una parziale rimeditazione deiprincipi che, nella richiamata sentenza n. 85/2014, hanno condotto alrigetto in parte qua del ricorso proposto contro la legge regionaleAbruzzo n. 1/2012, mette conto ricordare che, anche inquell'occasione, la disposizione regionale era stata impugnata dalGoverno sul presupposto che la stessa violasse le competenze stataliin materia, tra l'altro, di tutela della concorrenza, creando unosquilibrio tra gli operatori economici insediati nel territorio dellaRegione Abruzzo e quelli aventi sede in altra Regione (art. 117,comma 2, lettera e) Cost).

La materia e' stata peraltro oggetto di ulteriore esame nellasentenza 25 febbraio 2014, n. 28, depositata pero' in data successivaall'udienza di trattazione dell'impugnazione definita con ladecisione n. 85/2014, e che non sembrerebbe essere stata valutata inquella sede.

Nell'affrontare problematiche connesse alle concessioni delsettore idroelettrico, infatti, veniva asserita la inderogabilenecessita' che l'attivita' di generazione idroelettrica sia ispirataal principio secondo il quale deve essere garantito «l'accesso deglioperatori economici al mercato dell'energia secondo condizioniuniformi sul territorio nazionale» (cio', ai fini dell'affermazionedella competenza statale proprio in applicazione della devoluzioneoperata dall'art. 117, comma 2, lettera e) Cost.).

Simili affermazioni sono altresi' contenute nella sentenza 1°aprile 2014, n. 64, ove si ribadisce che «in tale settore illegislatore statale ha espressamente affrontato l'esigenza ditutelare la concorrenza garantendo l'uniformita' della disciplinasull'intero territorio nazionale»; e che la necessita' di «agevolarel'accesso degli operatori economici al mercato dell'energia secondocondizioni uniformi sul territorio nazionale», attuata, a livellonazionale, attraverso la normativa posta con il decreto-legge 22giugno 2012, n. 83, porta a ritenere la disciplina delle utenzeidroelettriche oggi attratta «nell'ambito della lettera e) delsecondo comma dell'art. 117 Cost.».

L'art. 37, comma 7, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83,convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, prevede infatti che,«al fine di assicurare un'omogenea disciplina sul territorionazionale delle attivita' di generazione idroelettrica e parita' ditrattamento tra gli operatori economici, con decreto del Ministrodello sviluppo economico, previa intesa in sede di Conferenzapermanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le provinceautonome di Trento e di Bolzano, sono stabiliti i criteri generaliper la determinazione, secondo principi di economicita' eragionevolezza, da parte delle regioni, di valori massimi dei canonidelle concessioni ad uso idroelettrico».

E se e' vero che tale norma demanda alla legislazione regionaledi dettaglio la concreta fissazione, all'interno dei valori massimistabiliti dallo Stato, dei canoni delle concessioni idroelettriche,e' pero' altrettanto vero che essa costituisce la piu' evidentedimostrazione del fatto che la tutela della concorrenza nel mercatodell'energia elettrica - e, di riflesso, la parita' di trattamentotra gli operatori economici - costituisce principio non soltanto dirilievo comunitario, ma trova esplicito riconoscimento anche alivello nazionale.

Se tali devono ritenersi i principi che regolano il riparto dellecompetenze nella materia che ne occupa, non puo' dunque da essiprescindersi nell'esaminare il regime cui, per effetto della normache qui si impugna (e di quelle che con variegate formulazionil'hanno preceduta), la materia della determinazione dei canoniconcessori dovuti dagli operatori idroelettrici e' oggi sottopostanella Regione Abruzzo.

E tale esame conduce, ad avviso di questa Difesa, a ritenere chela norma abbia l'effetto di alterare le condizioni concorrenziali sulterritorio nazionale, discriminando gli operatori idroelettriciinsediati in Abruzzo e cosi' violando l'art. 117, comma 2, lettera e)della Costituzione.

6. Come s'e' detto in apertura del presente scritto, tutte leregioni italiane parametrano il canone alla potenza nominale media diconcessione, con valori oscillanti tra i 13 e i 37 euro/kW(segnatamente: Veneto 29,68 euro/kW; Sardegna, 14,35 euro/kW;Lombardia 31,09 euro/kW; Basilicata 13,85 euro/kW; Campania 13,89euro/kW; Campania 13,89 euro/kW; Calabria 14,05 euro/kW; Molise 37,91euro/kW; Sicilia 14,46 euro/kW; Toscana 15,26 euro/kW; Emilia-Romagna14,3 euro/kW; Piemonte 28,24 euro/kW).

La Regione Abruzzo, invece, determina il canone di concessioneidroelettrica sulla base della potenza efficiente dell'impianto.

Tale diversa grandezza di riferimento conduce, in concreto, alladeterminazione di canoni concessori di gran lunga superiori a quellideterminati sulla base della potenza nominale media dell'impianto coneffetti, come si vedra', distorsivi della concorrenza e, quindi,violativi dell'art. 117, comma 2, lettera e) della Cartafondamentale.

La potenza efficiente alla quale fa da tempo riferimento illegislatore regionale abruzzese non si identifica infatti ne' con lapotenza realmente prodotta dall'impianto idroelettrico ne' con quellamedia producibile nell'anno, ma, come s'e' visto, consiste nellapotenza che sarebbe teoricamente producibile durante quattro ore diipotetico funzionamento, in condizioni ottimali di portata e disalto, sfruttando la massima efficienza possibile dell'impianto.

Si tratta, com'e' evidente, di un parametro che, avendo riguardoal funzionamento dell'impianto in condizioni «estreme» - massimaefficienza di tutte le parti dell'impianto e condizioni ottimali diportata e di salto - e temporalmente circoscritte - 4 ore -, e' nonsolo completamente avulso dalla realta' produttiva quotidiana maaltresi' scarsamente significativo della reale capacita' «economica»del concessionario/produttore che finisce, quindi, come sidimostrera', per esserne gravemente danneggiato.

Perche' se e' vero che, come ha sottolineato codesta Corte nellapluricitata sentenza n. 85/2014, nel quadro competenziale delineatodal decreto legislativo n. 112/1998 lo Stato «non puo' limitarel'autonomia legislativa regionale e provinciale acquisita in materia»di determinazione della misura dei canoni di derivazione di acqua ascopo idroelettrico, e' pero' altrettanto vero che, come parimentievidenziato da codesto Consesso, «l'unico principio fondamentaledella materia e' quello della onerosita' della concessione e dellaproporzionalita' del canone alla entita' dello sfruttamento dellarisorsa pubblica e all'utilita' economica che il concessionario nericava».

E, sotto questo profilo, il parametro prescelto dalla RegioneAbruzzo per quantificare il canone dovuto dal concessionarioidroelettrico non e', come s'e' detto e come si provera',proporzionato ne' «alla entita' dello sfruttamento della risorsapubblica» ne', soprattutto, «all'utilita' economica che ilconcessionario ne ricava».

7. E, invero, come e' evidente anche per un soggetto sprovvistodi particolari cognizioni tecniche, il parametro della potenzaefficiente, per di piu' identificata attraverso i dati di targa delmacchinario installato, puo' discostarsi di molto dal valore dellapotenza nominale di concessione.

Il che vale specialmente per gli impianti dotati di lago o bacinodi accumulo dell'acqua, che utilizzano grandi quantita' d'acqua inperiodi limitati dell'anno e che hanno, dunque, necessita' dimacchinari con una potenza efficiente molto maggiore di quella mediaannua di concessione.

Un impianto a bacino di grandi dimensioni con potenza media diconcessione pari a 50 mW, avra', tipicamente, una potenza efficiente- secondo la definizione introdotta dalla disposizione censurata - dicirca 150 mW (una potenza efficiente pari dunque a 3 volte circaquella di concessione).

L'incidenza economica della disposizione sulle imprese ubicate inAbruzzo e' conseguente e direttamente proporzionale: fermo restandoil valore di euro 35 per kW ora ribadito dall'art. 1 della legge,l'applicazione dello stesso ad una grandezza (potenza efficiente)sino a 3 volte maggiore (di quella media di concessione) comporta,molto semplicemente, la triplicazione della misura del canoneconcessorio.

8. E per apprezzare come a tale aumento del canone, introdotto invia diretta dalla legge regionale in esame, consegua unasperequazione fra le imprese ubicate in Abruzzo e quelle ubicate inaltre regioni, e' sufficiente considerare il prezzo di vendita delbene prodotto, cioe' dell'energia elettrica.

Restando all'esempio del grande impianto di bacino, il canone,calcolato in base alla legge in esame, puo' arrivare a pesare sino a21 euro per ogni MW/h prodotto, mentre sarebbe di soli 7 euro perMW/h se fosse calcolato sulla base della potenza media diconcessione. Tale grandezza va confrontata con l'attuale prezzo dimercato dell'energia elettrica per impianti a bacino, il quale puo'oscillare tra i 50 e i 90 euro per MW/h: ne consegue che l'importodel canone puo' arrivare ad «assorbire» circa un terzo del prezzo divendita dell'energia.

9. Quanto precede dimostra, al di la' di ogni ragionevole dubbio,che la disposizione che oggi si impugna incide - e incide assaifortemente - sulla capacita' delle imprese di operare in condizionidi parita' sul mercato unico dell'energia elettrica: e, ad avviso diquesto Patrocinio, offre, sia detto per inciso, quella prova di «comeil riferimento alla potenza efficiente influisca sui costi e qualesia il "verso economico" di tale effetto» che aveva indotto codestaEcc.ma Corte a dichiarare inammissibile la analoga questione dilegittimita' costituzionale sollevata in riferimento all'art. 16della legge regionale n. 1/2012 e decisa con la sentenza n. 85/2014.

Le imprese operanti in Abruzzo, gravate di un canone pari a 21euro per MW/h, si troveranno infatti a competere con analoghiimpianti che avendo, invece, un canone molto piu' basso (oscillantetra i 4 e i 7 MW/h) sono in grado di offrire sul mercato dell'energiaprezzi piu' bassi di quelli degli impianti abruzzesi.

Le imprese aventi impianti di produzione di energia idroelettricaubicati in Abruzzo sono cioe' costrette a pagare un canone che,essendo ragguagliato alla potenza efficiente dell'impianto, e' dimolto superiore a quello corrisposto dalle imprese del settoreoperanti in altre regioni le quali pagano invece un canone che,essendo determinato, come s'e' detto, sulla base della potenzanominale dell'impianto, e' di regola molto piu' basso.

E poiche' il prezzo di vendita di un bene - nella fattispecie,dell'energia elettrica - e' determinato in funzione dei costi diproduzione e varia in relazione al variare di questi, e' evidente chela misura del canone di concessione idroelettrica - il qualecostituisce uno dei principali, se non il principale costo diproduzione - e' decisiva ai fini della formazione e della misura delcorrispettivo offerto all'utenza finale: con la conseguenza che iproduttori idroelettrici abruzzesi, costretti a pagare un canone piu'elevato per effetto dell'applicazione dei criteri recati dalla leggequi impugnata, non sono, sotto questo profilo, e coeteris paribus, ingrado di competere con gli operatoti stabiliti in altre regioniitaliane i quali, per effetto dei canoni piu' bassi corrisposti, sonoin condizione di produrre a costi piu' contenuti e, quindi, dioffrire sul mercato dell'energia elettrica prezzi proporzionalmenteinferiori a quelli degli impianti abruzzesi.

Per le ragioni esposte, l'art. 1, comma 1, lettere a), b) e c)della legge regionale Abruzzo n. 11/2016 contrasta con i principi inmateria di tutela della concorrenza contenuti nell'art. 37, comma 7,del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, e conseguentemente violal'art. 117, comma 2, lettera e) della Costituzione.

 

B

 

L'art. 4 della legge regionale Abruzzo n. 11/2016

1. L'art. 4 della legge interviene invece su alcune disposizionidella legge regionale 21 giugno 1996, n. 38 (legge-quadro sulle areeprotette della Regione Abruzzo per l'Appennino Parco d'Europa),rispettivamente, gli articoli 8 - rubricato «norme transitorie disalvaguardia», 9 - contenente la definizione e l'articolazione inzone dei parchi naturali regionali - e 19 - dedicato alla definizionee classificazione delle riserve naturali regionali.

In particolare, la norma che qui si impugna, al dichiarato finedi «favorire lo sviluppo sostenibile delle aree interne attraversol'incremento del turismo cinofilo», consente lo svolgimento diattivita' cinofile e cinotecniche per otto mesi l'anno su unasuperficie non inferiore al cinquanta per cento delle zone B, C e Ddei parchi naturali regionali e non inferiore al trenta per cento diquella delle riserve naturali regionali guidate, controllate especiali; inoltre, nelle more dell'adeguamento alle nuovedisposizioni dei regolamenti o dei piani dei parchi naturaliregionali ovvero del piano di assetto naturalistico, essa permette disvolgere quelle attivita' per dodici mesi l'anno sull'interasuperficie delle zone B, C e D dei parchi naturali regionali esull'intera superficie delle riserve naturali regionali.

Cosi' disponendo, la norma non solo non rispetta i vincoli postidalla legislazione nazionale nell'esercizio della competenzaesclusiva statale in materia di tutela dell'ambiente edell'ecosistema - cosi' violando l'art. 117, comma 2, lettera s)della Costituzione -, ma, come si vedra', si pone pure in contrastocon gli obblighi assunti dall'Italia sul piano internazionale ecomunitario - cosi' violando l'art. 117, comma 1, della Carta.

Ma per meglio comprendere il senso e la portata delle censure chesi verranno esponendo pare opportuno ricordare che:   a) all'interno di ciascun parco o riserva regionale abruzzese e',in ogni caso, vietata «la caccia, la cattura, il danneggiamento ed ingenere qualunque attivita' che possa costituire pericolo o turbamentoper le specie animali, per le uova e per i piccoli nati» (v. art. 8,comma 2, della stessa legge regionale Abruzzo n. 38/1996);   b) le zone B e C dei parchi naturali regionali individuano aree,rispettivamente, «di elevato valore naturalistico e paesaggistico(riserva generale)» (zona B) o «di protezione, per la conservazionedi ambienti naturali in parte antropizzati» (zona C) (v. art. 9,comma 2, legge regionale n. 38/1996);   c) le riserve naturali regionali sono costituite da «zone delterritorio regionale, anche di limitata estensione, che presentano,unitariamente considerate, particolare interesse naturalistico infunzione di una speciale tutela di emergenze geomogeologiche,floristiche, faunistiche, paleontologiche e archeologiche o di altrivalori ambientali» (art. 19, comma 1, legge regionale n. 38/1996); inparticolare, le riserve naturali guidate sono istituite «per laconservazione e la ricostituzione di ambienti naturali nei quali e'consentita una razionale attivita' agricola, pascolava ed unaselvicoltura con criteri di sfruttamento naturalistici, nonche' formedi turismo escursionistico» (art. 19, comma 2, lettera b) leggeregionale n. 38/1996); quelle controllate sono istituite «per laconservazione di ambienti naturali in parte antropizzati, in cuisiano consentite le attivita' di cui alla precedente lettera b)»(art. 19, comma 2, lettera c) legge regionale n. 38/1996); quellenaturali, infine, sono istituite «per la salvaguardia rigorosa disingoli ambienti di rilevante interesse naturalistico, genetico,paesaggistico, storico, umano e geomorfogico» (art. 19, comma 2,lettera d) legge regionale n. 38/1996).

Merita infine rammentare che, a mente dell'art. 1 della legge 23agosto 1993, n. 349, recante norme in materia di attivita'cinotecnica, «per attivita' cinotecnica si intende l'attivita' voltaall'allevamento, alla selezione e all'addestramento delle razzecanine».

Tanto premesso, l'art. 4 della legge, consentendo, come s'e'detto, lo svolgimento di attivita' cinofile - e, quindi, anche digare e manifestazioni canine - e cinotecniche per gran partedell'anno (8 mesi) o, in via transitoria, per l'intero annoall'interno dei parchi e delle riserve naturali regionali su areeche, in via transitoria, interessano o, a regime, possono arrivare adinteressare l'intera superficie delle zone individuate dei parchi (B,C e D) o l'intera superficie della riserva, pone in serio pericolospecie animali prioritarie e protette, quali, ad esempio, il lupo(che e' ubiquitario), l'orso bruno marsicano (specie minacciata diestinzione, presente nelle principali aree protette regionali eoggetto di uno specifico piano d'azione nazionale, il c.d. PATOM) edil camoscio appenninico (di recente reintrodotto all'interno delParco naturale regionale «Sirente-Velino»).

In tal modo, restringendo l'oggetto della tutela prevista dallenorme (nazionali, europee e internazionali) in materia di protezionedella fauna di seguito indicate, la disposizione censurata viola nelcontempo sia l'art. 117, comma 2, lettera s), Cost. - il qualeriserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materiadella «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali» -sia l'art. 117, comma 1, Cost. - il quale impone al legislatore,anche regionale, il rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamentocomunitario e dagli obblighi internazionali.

2. In particolare, l'art. 4 legge regionale n. 11/1999 contrastacon le disposizioni di seguito elencate.

2.1 - Articoli 2, comma 2, e 12, comma 1, lettera b) e d) delladirettiva 92/43/CEE - c.d. HABITAT «relativa alla conservazione deglihabitat naturali e seminaturali, nonche' della flora e della faunaselvatiche» e art. 8, comma 1, lettera b) del decreto del Presidentedella Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, contenente il Regolamentodi attuazione della suddetta direttiva 92/43/CEE.

L'art. 2, comma 2, della direttiva 92/43/CEE prevede l'adozioneda parte degli Stati membri di misure «intese ad assicurare ilmantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazionesoddisfacente, degli habitat naturali e delle specie di fauna e floraselvatiche di interesse comunitario».

Il successivo art. 12 stabilisce a sua volta che gli Stati membriistituiscano un regime di rigorosa tutela delle specie animali di cuiallegato IV lettera a) della direttiva - tra le quali sono elencate,tra le altre, le seguenti specie: il lupo (canis lupus), l'orso brunomarsicano (ursus arctos marsicanus) e il camoscio appenninico(rupicapra pyrenaica ornata) -, con il divieto, fra gli altri, di:«perturbare deliberatamente tali specie, segnatamente durante ilperiodo di riproduzione, di allevamento, di ibernazione e dimigrazione» (comma 1, lettera b); «deterioramento o distruzione deisiti di riproduzione o delle aree di riposo» (comma 1, lettera d).

In attuazione di tali disposizioni comunitarie, l'art. 8, comma1, lettera b) del decreto del Presidente della Repubblica n. 357/1997ha introdotto a sua volta l'esplicito divieto di perturbare le specieanimali individuate alla lettera a) dell'allegato D al regolamento -specie tra le quali figura il lupo, l'orso bruno marsicano e ilcamoscio appenninico - durante particolari fasi biologiche(segnatamente, ciclo riproduttivo, l'ibernazione, lo svernamento e lamigrazione).

In questa prospettiva e' percio' di tutta evidenza che ladisposizione regionale impugnata, consentendo lo svolgimento diattivita' cinofila e cinotecnica all'interno delle aree naturaliprotette abruzzesi, e' suscettibile, ex se, di incidere assainegativamente sulle fasi biologiche di vita (sulla riproduzione,l'ibernazione, lo svernamento e la migrazione) delle specie animaliprotette; e si pone cosi' in insanabile conflitto con le normenazionali e sovranazionali sopra indicate - articoli 2, comma 2, e12, comma 1, lettera b) e d) della direttiva 92/43/CEE - c.d. HABITAT- «relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali,nonche' della flora e della fauna selvatiche» e art. 8, comma 1,lettera b) del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre1997, n. 357, contenente il Regolamento di attuazione della suddettadirettiva 92/43/CEE - violando nel contempo, sotto altro profilo, sial'art. 117, comma 2, lettera s), Cost. sia l'art. 117, comma 1, Cost.

2.2 - Art. 6, commi 2 e 3, della direttiva 92/43/CEE e art. 5 deldecreto del Presidente della Repubblica n. 357/1997.

L'art. 6, comma 2, della direttiva 92/43/CEE stabilisce che «gliStati membri adottano le opportune misure per evitare nelle zonespeciali di conservazione il degrado degli habitat naturali e deglihabitat di specie nonche' la perturbazione delle specie per cui lezone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazionepotrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gliobiettivi della presente direttiva».

Il successivo comma 3 della medesima disposizione stabilisce poiche «qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso enecessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenzesignificative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altripiani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazionedell'incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi diconservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni dellavalutazione dell'incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, leautorita' nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano oprogetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso nonpregiudichera' l'integrita' del sito in causa e, se del caso, previoparere dell'opinione pubblica».

In attuazione delle norme citate l'art. 5 del decreto delPresidente della Repubblica n. 357/1997 introduce e disciplina alivello nazionale il procedimento di valutazione di incidenzaambientale ai quali e' obbligatorio sottoporre qualsiasi piano odintervento suscettibile di avere incidenze significativerispettivamente sui proposti siti di importanza comunitaria, sui sitidi importanza comunitaria e sulle zone speciali di conservazione.

Ora, poiche' le attivita' cinofile e cinotecniche consentitedalla norma regionale all'esame potrebbero essere svolte ancheall'interno di aree classificate come siti di importanza comunitaria(SIC), le stesse, siccome suscettibili di incidere negativamentesullo stato di conservazione dell'equilibrio ambientale delle aree,dovrebbero comunque essere approvate caso per caso e, soprattutto,solo a seguito della valutazione d'incidenza prevista dall'art. 5 deldecreto del Presidente della Repubblica n. 357/1997.

E non pare fuor di luogo rammentare a tale riguardo che, secondoquanto affermato dalla giurisprudenza di codesta Corte, «ladisciplina della valutazione di incidenza ambientale (VINCA) sullearee protette ai sensi di "Natura 2000", contenuta nell'art. 5 delregolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 357del 1997, deve ritenersi ricompresa nella "tutela dell'ambiente edell'ecosistema", rientrante nella competenza esclusiva statale, e siimpone a pieno titolo, anche nei suoi decreti attuativi, neiconfronti delle Regioni ordinarie» (cosi' Corte costituzionalesentenze 18 aprile 2008, n. 104 e 17 marzo 2015, n. 38).

Pertanto, l'art. 4 della legge regionale n. 11/2016, esentandoindebitamente le attivita' cinofile e cinotecniche dalla valutazionedi incidenza ambientale, comporta un affievolimento della tuteladell'ambiente e dell'ecosistema e viola cosi' sia l'art. 117, comma1, Cost., per contrasto con la disciplina. contenuta nella direttiva92/43/CEE sia l'art. 117, comma 2, lettera s) Cost., in riferimentoall'art. 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 357/1997.

2.3 Art. 6, comma 1, lettera c) della Convenzione «relativa allaconservazione della vita selvatica e dell'ambiente _naturale inEuropa» adottata a Berna il 19 settembre 1979, ratificata ed eseguitain Italia con legge 5 agosto 1981, n. 503.

Per le medesime ragioni indicate in precedenza la disposizioneregionale impugnata si pone altresi' in contrasto con l'art. 6, comma1, lettera c) della citata Convenzione la quale impone alle Particontraenti di adottare le «necessarie e opportune leggi e regolamentionde provvedere a particolare salvaguardia delle specie di faunaselvatica enumerate all'allegato II» - tra le quali figurano, ancorauna volta, il lupo, l'orso e il camoscio -, vietando espressamente di«molestare intenzionalmente la fauna selvatica, specie nel periododella riproduzione, dell'allevamento e dell'ibernazione, nella misurain cui tali molestie siano significative in relazione agli scopidella presente Convenzione».

Per questo profilo, la norma regionale che consente losvolgimento di attivita' cinofile e cinotecniche all'interno dellearee protette abruzzesi, ponendosi in contrasto con vincoli derivantidagli obblighi internazionali, viola, ancora una volta, l'art. 117,comma 1, Cost.

2.4 Articoli 10, comma 8, lettera e), 21, comma 1, lettera b) e 30,comma 1, lettera d) della legge 11 febbraio 1992, n. 157, sulladisciplina dell'attivita' venatoria e art. 5, punto 1, delladirettiva 30 novembre 2009/147/CE «concernente la conservazione degliuccelli selvatici» c.d. Uccelli.

Com'e' noto, poiche' lo svolgimento di attivita' cinofile ecinotecniche comprende anche l'attivita' di allevamento eaddestramento dei cani per l'esercizio dell'attivita' venatoria e'fuor di dubbio che, sotto questo profilo, quelle attivita' sonodirettamente riconducibili alla materia della caccia (sullariconducibilita' dell'allevamento e dell'addestramento dei cani dacaccia, in quanto attivita' strumentale all'esercizio venatorio, allamateria della «caccia» v. Corte cost. 16 luglio 1991, n. 350 e, daultimo, Corte costituzionale 17 luglio 2013, n. 193).

Da tale affermazione la sentenza da ultimo citata trae il logicocorollario che l'attivita' di allevamento e addestramento di cani dacaccia, rientrando nel concetto di attivita' venatoria, e' anch'essasoggetta alla pianificazione faunistico-venatoria prevista dall'art.10 della legge n. 157/1992 e alla modalita' e garanzie procedimentalidi cui al successivo art. 18.

In questa prospettiva e in questo ambito spetta dunque allo Statostabilire standard minimi e uniformi di tutela della fauna selvatica,con regole che le regioni possono modificare, nell'esercizio dellaloro potesta' legislativa in materia di caccia, esclusivamente nelladirezione dell'innalzamento del livello di tutela (v., ex plurimis,le sentenze di codesta Corte 12 dicembre 2013, n. 303, 12 dicembre2012, n. 278, 10 maggio 2012, n. 116 e 26 aprile 2012, n. 106): comeribadito dalla consolidata giurisprudenza costituzionale - v. lesentenze 14 novembre 2003, n. 339, 16 luglio 1991, n. 350 e 28dicembre 1990, n. 578 - e amministrativa - Consiglio di Stato, sez.VI, 7 luglio 2002, n. 717; Tribunale amministrativo regionaleCampania, Napoli, sez. I, 23 ottobre 2001, n. 4639; Tribunaleamministrativo regionale Liguria, sezione II, n. 368/2004) -, inquesta materia le regioni sono pertanto tenute ad attenersi aidivieti previsti dalla normativa quadro statale.

Tali norme, alle quali tutte le regioni devono attenersi, sono leseguenti:   a) l'art. 10, comma 8, della legge n. 157/1992 - contenente«norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per ilprelievo venatorio» - il quale stabilisce, per quanto qui interessa,che i piani faunistico-venatori comprendono, tra l'altro, «le zone ei periodi per l'addestramento, l'allenamento e le gare di cani anchesu fauna selvatica naturale o con l'abbattimento di fauna diallevamento appartenente a specie cacciabili (lett. e);   b) il successivo art. 21, comma 1, il quale pone invece,sempre per quanto qui interessa, un divieto assoluto di «eserciziovenatorio nei parchi nazionali, nei parchi naturali regionali e nelleriserve naturali conformemente alla legislazione nazionale in materiadi parchi e riserve naturali» (lett. b), divieto penalmentesanzionato dall'art. 30, comma 1, lettera d) della stessa legge.

Il quadro normativo di riferimento e' infine completato dalladirettiva 2009/147/CE - concernente la conservazione degli uccelliselvatici - la quale stabilisce, all'art. 5, punto 1, che gli Statimembri adottino «le misure necessarie per instaurare un regimegenerale di protezione di tutte le specie di uccelli di cui all'art.1 - vale a dire degli «uccelli viventi naturalmente allo statoselvatico», protezione che e' espressamente estesa «alle uova, ainidi e agli habitat» - e che comprenda in particolare il divieto:   «a) di ucciderli o di catturarli deliberatamente conqualsiasi metodo;   b) di distruggere o di danneggiare deliberatamente i nidi ele uova e di asportare i nidi;   c) di raccogliere le uova nell'ambiente naturale e didetenerle anche vuote;   d) di disturbarli deliberatamente in particolare durante ilperiodo di riproduzione e di dipendenza quando cio' abbia conseguenzesignificative in considerazione degli obiettivi della presentedirettiva;   e) di detenere gli uccelli delle specie di cui sono vietatela caccia e la cattura».

Da tutto quanto precede consegue che, in assenza di specificaesclusione dalle attivita' cinofile e cinotecniche consentitedall'art. 4 della legge regionale n. 11/2016 di quelle consistentinell'allevamento e nell'addestramento di cani da caccia, la medesimanorma si pone in contrasto:   a) con l'art. 10, comma 8, lettera e) della legge n.157/1992, che, come s'e' visto, assoggetta a pianificazionel'addestramento, l'allenamento e le gare di cani anche su faunaselvatica naturale;   b) con l'art. 21, comma 1, lettera b) - e, di conseguenza,con l'art. 30, comma 1, lettera d) - della stessa legge statale, chevietano e sanzionano l'esercizio venatorio nei parchi nazionali, neiparchi naturali regionali e nelle riserve naturali;   c) con l'art. 5 della direttiva 2009/147/CE, che impone unregime di protezione generale della fauna aviaria selvaticaarticolantesi nei divieti ivi elencati;   e, di conseguenza, viola sia la riserva di legge statale di cuiall'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione sia l'art. 117,comma 1, della Carta.

Non e' del resto necessario disporre di particolari conoscenze ecompetenze in materia etologica per comprendere come lemanifestazioni cinofile consentite dalla norma possano arrecare unconsistente disturbo agli animali, determinare catture o distruzionedi nidi e creare altre situazioni di danno e disagio alla faunaselvatica (nel periodo di nidificazione e dipendenza per gli uccelliselvatici, durante il periodo di iperfagia e letargia per l'orsobruno marsicano o lo spostamento nelle aree di svernamento per ilcamoscio appenninico).

La presenza di cani liberi di vagare privi di guinzaglio nellearee protette, spinge infatti gli animali a spostarsi durante le fasidel corteggiamento e della cova, causando l'abbandono dei nidi edelle covate, esercitando un impatto negativo sulla sopravvivenza deigiovani e limitando di conseguenza il successo riproduttivo.

I cani, infatti, sono percepiti dalla fauna selvatica come veri epropri predatori: molte specie di uccelli, inoltre, nidificano aterra e la loro riproduzione puo' fallire al minimo disturbo conl'abbandono del nido; e la presenza dei cani puo' compromettere ancheil letargo dell'orso.

La concretezza dei rischi evidenziati (particolarmente elevatiper i galliformi - tra i quali si annoverano anche specie dispecifico interesse venatorio come i fagiani, le coturnici, lequaglie, le pernici e i galli cedroni - e per la lepre italica) trovapuntuale riscontro nel parere reso dall'ISPRA - Istituto superioreper la protezione e la ricerca ambientale - in data 22 agosto 2012con riferimento alla poi impugnata e annullata - in parte qua - leggeregionale del Veneto 10 agosto 2012, n. 31: in detto parere -richiamato nella gia' citata sentenza di codesta Corte n. 193/2013 -si legge che «l'allenamento e l'addestramento dei cani da caccia,indipendentemente dalla loro eta', durante il periodo riproduttivo diuccelli e mammiferi selvatici determina un evidente e indesiderabilefattore di disturbo, in grado di determinare in maniera diretta oindiretta una mortalita' aggiuntiva per le popolazioni faunisticheinteressate».

E non e' quindi certo un caso che con detta sentenza - la n.193/2013 - codesta Corte abbia dichiarato l'illegittimita'costituzionale di una norma della Regione Lombardia - l'art. 1, comma1, lettera b) della legge regionale 31 luglio 2012, n. 15 -,addirittura piu' restrittiva di quella ora adottata dalla RegioneAbruzzo, perche' consentiva l'attivita' di allenamento e diaddestramento dei cani sull'intero territorio regionale conesclusione, tuttavia, delle aree protette.

La norma che si impugna - la quale non ha precedenti innessun'altra regione italiana - mette dunque a gravissimo rischio laconservazione di specie faunistiche importanti, tutelate da normeeuropee e nazionali.

2.5 Articoli 1, comma 3, lettera a), 11, commi 1, 3 e 4, e 12 dellalegge 6 dicembre 1991, n. 394 «legge quadro sulle aree protette».

Com'e' noto, tale legge detta, in attuazione degli articoli 9,comma 2, e 32 della Costituzione e nel rispetto degli accordiinternazionali, i «principi fondamentali per l'istituzione e lagestione delle aree naturali protette, al fine di garantire e dipromuovere, in forma coordinata, la conservazione e la valorizzazionedel patrimonio naturale del paese» (cosi' l'art. 1, comma 1, dellalegge).

Il comma 2 dell'art. 1 della legge quadro chiarisce che «ai finidella ... legge costituiscono il patrimonio naturale le formazionifisiche, geologiche, geomoocologiche e biologiche, o gruppi di esse,che hanno rilevante valore naturalistico e ambientale».

Il successivo 3° comma stabilisce poi che «i territori nei qualisiano presenti i valori di cui al comma 2, specie se vulnerabili,sono sottoposti ad uno speciale regime di tutela e di gestione, alloscopo di perseguire, in particolare, le seguenti finalita':   a) conservazione di specie animali o vegetali, diassociazioni vegetali o forestali, di singolarita' geologiche, diformazioni paleontologiche, di comunita' biologiche, di biotopi, divalori scenici e panoramici, di processi naturali, di equilibriidraulici e idrogeologici, di equilibri ecologici».

La tutela dei valori naturali ed ambientali nonche' storici,culturali, antropologici tradizionali e' affidata all'Ente parco chetali valori persegue attraverso gli strumenti del piano per il parco(art. 12 della legge) e del regolamento del parco (art. 11) (inargomento, cfr. Corte costituzionale sentenze 12 ottobre 2011, n.263, 11 febbraio 2011, n. 44 e 25 novembre 2008, n. 387).

Il regolamento del parco «disciplina l'esercizio delle attivita'consentite entro il tenitorio del parco», anche, se in generale, «neiparchi sono vietate le attivita' e le opere che possono comprometterela salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati conparticolare nguardo alla flora e alla fauna protette e ai rispettivihabitat. In particolare sono vietati:   a) la cattura, l'uccisione, il danneggiamento, il disturbodelle specie animali; la raccolta e il danneggiamento delle specievegetali ...» (art. 11, commi 1 e 3, lettera a) della legge n.394/1991).

L'art. 11, comma 4, della legge n. 394/1991 precisa poi cheeventuali deroghe ai divieti di cui al comma 3 possono esserestabilite solo dal regolamento del parco e che per quanto riguarda lalettera a) del medesimo comma 3, eventuali prelievi faunistici edeventuali abbattimenti selettivi, necessari per ricomporre squilibriecologici accertati dall'Ente parco, devono avvenire per iniziativa esotto la diretta responsabilita' e sorveglianza dell'Ente parco edessere attuati dal personale dell'Ente parco o da persone all'uopoespressamente autorizzate dall'Ente parco stesso.

Tali disposizioni - e, segnatamente, l'art. 11, comma 3, dellalegge quadro, che indica le attivita' vietate nei parchi - vincolanoil legislatore regionale il quale non puo' discostarsi da esse nellamisura in cui stabiliscono livelli minimi uniformi su tutto ilterritorio nazionale di tutela dell'ambiente e, come e in quantotali, sono espressione della competenza legislativa esclusiva delloStato in materia di «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema» ex art.117, comma 2, lettera s), Cost. (sul punto si v., tra le tante, lesentenze della Corte 26 gennaio 2012, n. 14, 12 ottobre 2011, n. 263,11 febbraio 2011, n. 44, 18 marzo 2005, n. 108 e 14 luglio 2000, n.282).

Anche sotto questo profilo, lo svolgimento di attivita' cinofilee cinotecniche all'interno delle aree naturali protette mette arepentaglio i valori naturali ed ambientali la cui tutela e' affidataall'Ente parco traducendosi in attivita' oggettivamente incompatibilicon la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati,con particolare riguardo alla flora e alla fauna protette e airispettivi habitat.

Per le suesposte ragioni l'art. 4 della legge regionale Abruzzon. 11/2016, ponendosi in contrasto con gli articoli 1, comma 3,lettera a), 11, commi 1, 3 e 4, e 12 della legge n. 394/1991 violal'art. 117, comma 2, lettera s) Cost.

 

P.Q.M.

 

Il Presidente del Consiglio dei ministri chiede che codestaEcc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare costituzionalmenteillegittimi, e conseguentemente annullare, per i motivi soprarispettivamente indicati ed illustrati, gli articoli 1, comma 1,lettere a), b) e c) e 4 della legge della Regione Abruzzo 13 aprile2016, n. 11, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della RegioneAbruzzo n. 59 del 14 aprile 2016, come da delibera del Consiglio deiMinistri assunta nella seduta del giorno 31 maggio 2016.

Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno iseguenti atti e documenti:   1. attestazione relativa alla approvazione, da parte delConsiglio dei Ministri nella riunione del giorno 31 maggio 2016,della determinazione di impugnare la legge della Regione Abruzzo 13aprile 2016, n. 11, secondo i termini e per le motivazioni di cuialla allegata relazione del Ministro per gli affari regionali e leautonomie;   2. copia della legge regionale impugnata pubblicata nelBollettino Ufficiale della Regione Abruzzo n. 59 del 14 aprile 2016.

Roma, 7 giugno 2016

Il vice Avvocato generale dello Stato: Mariani