RICORSO N. 16 DELL'8 MARZO 2016 (DELLA REGIONE PUGLIA)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria l'8 marzo 2016.

(GU n. 16 del 20.04.2016)

 

Ricorso nell'interesse della Regione Puglia, in persona del Presidente pro tempore della Giunta regionale dott. Michele Emiliano, a cio' autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n. 153 del 23 febbraio 2016, rappresentato e difeso dall'avv. prof. Marcello Cecchetti (pec: marcellocecchetti@pec.ordineavvocatifirenze.it) ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultimo in Roma, Piazza Barberini n. 12, come da mandato a margine del presente atto;   Contro lo Stato, in persona del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 108 e 110, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 [Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2016)], pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, 30 dicembre 2015, n. 302, per violazione degli articoli 3, primo e secondo comma, 11, 117, primo, terzo e quarto comma, 118, primo comma, e 119, primo e quarto comma, della Costituzione.

I. - In relazione al comma 108

I.1. - Premessa   L'art. 1 della legge n. 208 del 2015, nei commi da 98 a 107, istituisce e disciplina un credito di imposta in favore delle imprese che «effettuano l'acquisizione di beni strumentali nuovi» (comma 98). Il successivo comma 108 disciplina invece le modalita' di copertura della relativa spesa. Tale disposizione, al riguardo, stima gli oneri derivanti dai commi da 98 a 107 «in 617 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017, 2018 e 2019», e prevede che ai medesimi si faccia fronte «per 250 milioni di euro annui, relativamente alle agevolazioni concesse alle piccole e medie imprese, a valere sulle risorse europee e di cofinanziamento nazionale previste nel programma operativo nazionale "Imprese e Competitivita' 2014/2020" e nei programmi operativi relativi al Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) 2014/2020 delle regioni in cui si applica l'incentivo». La medesima disposizione prevede inoltre, conseguentemente, che «le amministrazioni titolari dei predetti programmi comunicano al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato gli importi, europei e nazionali, riconosciuti a titolo di credito d'imposta dall'Unione europea, da versare all'entrata del bilancio dello Stato».

Infine, il comma 108 dell'art. 1 della legge n. 208 del 2015, negli ultimi due periodi, dispone quanto segue: «Nelle more della conclusione della procedura finalizzata all'individuazione delle risorse, alla regolazione contabile delle compensazioni esercitate ai sensi del presente comma si provvede mediante anticipazioni a carico delle disponibilita' del Fondo di rotazione di cui all'art. 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183.

Le risorse cosi' anticipate vengono reintegrate al Fondo, per la parte relativa all'Unione europea, a valere sui successivi accrediti delle corrispondenti risorse dell'Unione europea in favore dei citati programmi operativi e, per la parte di cofinanziamento nazionale, a valere sulle corrispondenti quote di cofinanziamento nazionale riconosciute a seguito delle predette rendicontazioni di spesa».

Con il presente atto la Regione Puglia intende impugnare l'ultimo periodo del citato comma 108, in ragione - come si dira' a breve - dei suoi effetti sostanzialmente retroattivi, i quali incidono negativamente sull'autonomia regionale costituzionalmente garantita sotto due distinti profili:   quello del principio del legittimo affidamento, con conseguente violazione dell'art. 3 primo comma, Costituzione (ma anche degli articoli 11 e 117, primo comma, Costituzione, dato che tale principio e' fatto proprio da una consolidata giurisprudenza comunitaria), violazione che ridonda - per i motivi che piu' avanti si esporranno - nella sicura lesione delle sfere di autonomia che gli articoli 119, primo comma, 118, primo comma, e 117, terzo e quarto comma, Costituzione riconoscono alla Regione (cfr., infra, par. I.2.);   quello dell'autonomia finanziaria regionale, dal quale deriva la violazione dell'art. 119, primo e quarto comma, Costituzione, nonche' - per le ragioni che si esplicheranno in seguito - anche degli articoli 3, primo e secondo comma, e 97, secondo comma Costituzione (cfr., infra, par. I.3).

I.2 - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 108, ultimo periodo, della legge n. 208 del 2015, per violazione degli articoli 3, primo comma, 11, 117, primo comma, Costituzione, e del principio del legittimo affidamento, dalla quale discende altresi' la sicura compressione dell'autonomia finanziaria della Regione riconosciuta dall'art. 119, primo comma, Costituzione, nonche' dell'autonomia amministrativa della Regione garantita dall'art. 118, primo comma, Costituzione, in materie di competenza legislativa concorrente e residuale regionale ex art. 117, terzo e quarto comma, Costituzione.

Il comma 108 dell'art. 1 della legge n. 208 del 2015 prevede due differenti meccanismi di finanziamento dei nuovi oneri derivanti dalle previsioni contenute nei precedenti commi da 98 a 107. Il primo di tali meccanismi e' imperniato sulla destinazione a tal fine delle «risorse europee e di cofinanziamento nazionale previste nel programma operativo nazionale "Imprese e Competitivita' 2014/2020" e nei programmi operativi relativi al Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) 2014/2010 delle regioni in cui si applica l'incentivo; in particolare, le risorse da reperire ad opera delle amministrazioni titolari dei predetti programmi dovranno consistere negli «importi, europei e nazionali, riconosciuti a titolo di credito d'imposta dall'Unione europea, da versare all'entrata del bilancio dello Stato». Il secondo meccanismo, invece, da utilizzare nelle more dell'individuazione delle risorse secondo le modalita' stabilite dal primo, prevede anticipazioni a gravare sul fondo di rotazione per le politiche comunitarie di cui all'art. 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, con il successivo reintegro delle stesse, a garantire il carattere rotativo del fondo, «a valere sui successivi accrediti delle corrispondenti risorse dell'Unione europea in favore dei citati programmi operativi e, per la parte di cofinanziamento nazionale, a valere sulle corrispondenti quote di cofinanziamento nazionale riconosciute a seguito delle predette rendicontazioni di spesa».

Tale ultima disposizione, dunque, prevede lo storno, al fine sopra indicato, degli accrediti che seguono la rendicontazione delle spese gia' sostenute dalle Regioni titolari dei Programmi sopra menzionati. E cio' sia con riferimento alle somme che dovranno essere erogate dall'Unione europea a beneficio dello Stato e destinate alle predette Regioni, sia con riferimento alla quota di cofinanziamento statale dei medesimi Programmi.

Pare opportuno precisare, al riguardo, che i rimborsi comunitari e statali inerenti i Programmi di spesa avvengono successivamente alla effettuazione della spesa da parte della Regione, in base a singoli progetti che prevedono la realizzazione di specifici interventi da parte di quest'ultima a fronte del diritto della medesima, a seguito della rendicontazione delle spese effettuate, a percepire il rimborso sia a valere sui fondi trasferiti, con tale specifica finalita', dall'UE allo Stato, sia su quelli appositamente predisposti da quest'ultimo a titolo di cofinanziamento dei Programmi europei.

Da quanto appena esposto si evince con chiarezza che la disposizione che qui si contesta incide profondamente, con effetti sostanzialmente retroattivi, su un quadro giuridico consolidato che regola rapporti gia' in essere, e sul quale le amministrazioni regionali coinvolte avevano legittimamente fatto affidamento. Proprio questo e' il profilo di criticita' piu' significativo della norma in esame, poiche', come e' noto, questa Ecc.ma Corte ha piu' volte affermato «che in materia non penale la legittimita' di leggi retroattive e' condizionata dal rispetto di altri principi costituzionali e, in particolare, di quello della tutela del ragionevole, e quindi legittimo, affidamento (ex plurimis, sentenze n. 446 del 2002 e n. 234 del 2007)» (sent. n. 364 del 2007, par. 4 del Considerato in diritto).

La violazione del principio del legittimo affidamento si verifica, in particolare, in danno dell'Amministrazione regionale odierna ricorrente con riferimento alla concessione gia' statuita delle risorse finanziarie comunitarie e statali di cui al Programma Operativo Puglia 2014-2020 approvato con Decisione della Commissione Europea (Decisione C (2015) 5854 del 13 agosto 2015).

La gravita' e definitivita' del pregiudizio, e la corrispondente lesione del legittimo affidamento, basterebbero da sole per evidenziare la irragionevolezza della previsione qui contestata e dunque la conseguente violazione dell'art. 3, primo comma, Costituzione. A cio' si aggiunga che a fondare la violazione del principio del legittimo affidamento e' l'alto grado di meritevolezza del medesimo e l'insussistenza di cause che ne escludano la legittimita', posto che esso dipendeva da precedenti atti normativi dei pubblici poteri, interni ed europei, pienamente validi ed efficaci.

Lo storno delle risorse destinate ai rimborsi di spese attuative di interventi ricadenti nell'ambito di Programmi Operativi approvati in favore delle finalita' di cui all'art. 1, commi da 98 a 107, determina inoltre la violazione degli articoli 11 e 117, primo comma, Costituzione, poiche', come e' risaputo, il principio del legittimo affidamento e' da molto tempo riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte di giustizia UE quale principio di fondamentale importanza del diritto dell'Unione europea: la sua violazione, dunque, ridonda nella lesione dei parametri costituzionali sopra dalla giurisprudenza della Corte di giustizia. Del resto, vertendosi nell'ambito di una materia certamente coinvolta dal processo di integrazione europea, non puo' non prendersi in considerazione lo statuto giuridico che la giurisprudenza della Corte di giustizia UE ha, nel corso degli anni, delineato ai fini dello scrutinio di legittimita' degli interventi caratterizzati da profili di retroattivita'.

Al riguardo, giova il rilievo secondo il quale la disposizione qui in discussione non rispetta alcuna delle due condizioni che, secondo la Corte di giustizia, devono ricorrere affinche' possano porsi norme con caratteri di retroattivita', ossia: a) la «necessarieta'» di tali caratteri ai fini del perseguimento dell'interesse pubblico in questione (ad es. sentt. 30.9.1982 in C-108/81, 19.5.1982 in C-84/81); b) il rispetto dell'affidamento degli interessati (sent. 14.7.1983 in C-224/82) ove sia meritevole di tutela (sent. Fedesa in C-331/88), lesi dalla «imprevedibilita'» della modifica normativa (sent. Gerkesen in C-459/02).

Quanto al requisito sub a), e' agevole notare come la configurazione della misura in esame come retroattiva non sia affatto l'unico modo possibile per raggiungere il fine che la norma impugnata si propone, dal momento che sarebbe stato senz'altro possibile reperire altre forme di finanziamento delle misure incentivanti de quibus.

Quanto al requisito sub b), e' sufficiente, in questa sede, riferirsi alla giurisprudenza della Corte di giustizia UE piu' sopra richiamata. In essa, ad esempio, si evidenzia con assoluta chiarezza la possibilita' di far valere il principio della tutela del legittimo affidamento «nei confronti di una regolamentazione» nel caso in cui «i pubblici poteri hanno essi stessi precedentemente determinato una situazione tale da ingenerare un legittimo affidamento» (si veda, in tal senso, la sent. Gerkesen in C-459/02, che richiama anche la sentenza 15 gennaio 2002, in C-179/00, Weidacher, Racc. pag. I-501, punto 31). O ancora, rileva sul punto quanto evidenziato dalla sent. 14.7.1983 in C-224/82, secondo la quale deve essere tutelato l'affidamento dei soggetti che «non potevano ragionevolmente presumere» un cambio di regolamentazione. Ebbene, non vi e' chi non veda come ambedue i caratteri ricorrano nel presente caso, posto che - ovviamente - l'affidamento e' stato ingenerato da atti dei pubblici poteri perfettamente validi e vigenti.

In base alle precedenti considerazioni, devono dunque ritenersi violati i seguenti parametri costituzionali:   l'art. 3, primo comma, Costituzione, e il connesso principio di ragionevolezza, al quale la giurisprudenza costituzionale consolidata riferisce il principio della tutela del legittimo affidamento (tra le altre, ad es., cfr. Corte costituzionale, sentt. nn. 416 del 1999, 446 del 2002, 234, 314 e 346 del 2007);   gli articoli 11 e 117, primo comma, Costituzione, poiche', come si e' gia' documentato, i principi di certezza giuridica e del legittimo affidamento sono sanciti in modo chiaro e rigoroso da una cospicua giurisprudenza della Corte di giustizia UE; dal che consegue che una norma che viola il principio del legittimo affidamento - tanto piu' in un ambito certamente ricompreso nelle materie su cui esiste una competenza europea - viola anche le norme costituzionali che fondano il rispetto, da parte della legislazione dello Stato, del diritto dell'UE: in sintesi, il principio della tutela del legittimo affidamento assume, nella presente questione di legittimita' costituzionale, la veste di norma interposta, in relazione agli articoli 11 e 117, primo comma, Cost, rispetto al comma 108, ultimo periodo, dell'art. 1 della legge n. 208 del 2015.

Le violazioni appena evidenziate, peraltro, ridondano palesemente, in modo evidentemente negativo, sul concreto esercizio dell'autonomia finanziaria e di bilancio della Regione di cui all'art. 119 Costituzione poiche' - a seguito dell'entrata in vigore della disposizione che qui si contesta, e del venir meno delle risorse che lo Stato aveva gia' destinato ai programmi in questione - quest'ultima si trova vincolata a procedere a una significativa modifica del proprio bilancio, sia con riferimento alle entrate che con riferimento alle spese. D'altra parte, in conseguenza della necessita' di riprogrammare la propria spesa in relazione alle attivita' e agli interventi ricompresi nei citati programmi, la Regione vede compressa anche la propria autonomia amministrativa, tutelata dall'art. 118, primo comma, Costituzione, che in base al quadro normativo previgente era destinata ad esplicarsi in ambiti materiali (quelli connessi agli interventi compresi nella programmazione di utilizzo dei fondi erogati dall'Unione europea) affidati alla sua potesta' legislativa concorrente e residuale, ai sensi dell'art. 117, terzo e quarto comma, Costituzione.

I.3. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 108, ultimo periodo, della legge n. 208 del 2015, per violazione dell'autonomia finanziaria della regione riconosciuta dall'art. 119, primo e quarto comma, Costituzione.

Violazione dell'art. 3, primo e secondo comma, e dell'art. 97, secondo comma, Costituzione.

Il quadro normativo di cui si e' dato conto piu' sopra (parr. I.1. e I.2), con la sua sostanziale retroattivita', determina anche la violazione diretta (e non solo la lesione indiretta) dell'autonomia finanziaria regionale garantita dell'art. 119, primo comma, Costituzione, nonche' del principio di corrispondenza tra risorse e funzioni amministrative sancito dall'art. 119, quarto comma, Costituzione.

La Regione, infatti, sulla base della previsione normativa che qui si contesta, si trovera' costretta ad anticipare nel proprio bilancio ingenti somme per la realizzazione di interventi ricadenti nell'ambito del POR Puglia 2014-2020 senza poter fare affidamento sul legittimo rimborso che dovrebbe pervenire dallo Stato e dall'Unione europea. In assenza di tali rimborsi, dunque, la Regione si trovera' a carico del proprio bilancio spese regolarmente rendicontate dai beneficiari cui dovra' necessariamente far fronte con risorse del bilancio autonomo, se disponibili, altrimenti andando incontro a una situazione di criticita' finanziaria in alcun modo risanabile.

La necessita' di ricorrere al bilancio autonomo tra l'altro, in un contesto di significativa contrazione delle risorse a disposizione (si vedano gli ulteriori ingenti tagli ai bilanci regionali previsti dalla medesima legge di stabilita' 2016 come contributo all'equilibrio della finanza pubblica), determina il concreto pericolo di compromettere la capacita' della Regione di garantire i livelli minimi di servizi essenziali a cittadini e famiglie disagiate previsti dalla Costituzione. A cio' si aggiunga la considerazione secondo cui una insufficiente capacita' di ricorrere al bilancio autonomo per sopperire ai mancati rimborsi comunitari e nazionali provocherebbe rallentamenti nella capacita' di spesa della Regione, con conseguente elevato rischio di non riuscire a conseguire gli obiettivi annuali di spesa previsti dal Programma, e di essere sottoposti a perdita delle risorse programmate, come stabilito dall'art. 136 del Regolamento UE n. 1303/2013.

Cio' conduce a ritenere direttamente violato dal censurato comma 108, ultimo periodo, dell'art. 1 della legge n. 208 del 2015 anche l'art. 119, primo comma, Costituzione, e il principio di autonomia finanziaria, sub specie della spesa, poiche' per effetto della previsione che qui si contesta la Regione non potra' autonomamente determinarsi per le proprie future spese in ragione di un importo corrispettivo, dovendo far fronte alle spese per interventi rientranti nell'ambito del Programma Operativo 2014-2020.

A cio' si aggiunga, infine, che la previsione di cui all'ultimo periodo del comma 108 dell'art. 1, legge n. 208 del 2015, presenta profili di ulteriore possibile contrasto con i parametri sopra evocati nella parte in cui specificamente prevede che «le risorse cosi' anticipate vengono reintegrate al Fondo (...) per la parte di cofinanziamento nazionale, a valere sulle corrispondenti quote di cofinanziamento nazionale riconosciute a seguito delle predette rendicontazioni di spesa». Ove, infatti, nell'ambito della quota di cofinanziamento nazionale si ritenesse di dover includere, oltre la quota statale, anche la quota regionale, la «anticipazione» a carico della Regione risulterebbe ancora piu' ingente nel suo ammontare richiedendo ulteriore apporto di risorse a valere sul bilancio autonomo.

In altre parole, anche se l'art. 1, comma 108, della legge n. 208 del 2015 non impone vincoli formali all'esercizio dell'autonomia finanziaria regionale, e' chiaro che la condiziona in modo estremamente vistoso da un punto di vista sostanziale. Le risorse finanziarie da utilizzare per far fronte alle spese per progetti comunitari, necessarie per il raggiungimento degli obiettivi previsti a livello europeo, dovranno essere reperite in sacrificio di altre destinazioni ove presenti, con conseguente forte riduzione della possibilita', per l'autonomia regionale, di stabilire la finalizzazione delle proprie spese, se non addirittura con l'effetto di produrre insanabili criticita' finanziarie.

Da quanto fin qui evidenziato, peraltro, scaturisce anche la palmare violazione dell'autonomia finanziaria, e in particolare del principio di corrispondenza tra risorse e funzioni amministrative sancito dall'art. 119, quarto comma, Costituzione, nonche' degli articoli 3, primo e secondo comma, e 97, primo comma, Costituzione.

Tale conclusione si raggiunge agevolmente prendendo le mosse dalla giunsprudenza costituzionale, in particolare richiamando, tra le altre, la recente sent. n. 10 del 2016.

Tale decisione, infatti - con un ragionamento specificamente dedicato alle Province, ma senz'altro estendibile anche agli altri enti autonomi territoriali - ha chiaramente affermato che una significativa «riduzione delle risorse necessarie per le funzioni conferite (...) si riverbera sull'autonomia di queste ultime, entrando in contrasto» con gli articoli 117 e 119 «nella misura in cui non consente di finanziare adeguatamente le funzioni stesse» (sent. n. 10 del 2016).

La decisione da ultimo menzionata, peraltro, chiarisce al di la' di ogni possibile dubbio come la forte riduzione delle risorse del bilancio destinate all'esercizio delle funzioni amministrative che la legge assegna all'ente territoriale non puo' che determinare anche la violazione dell'art. 3, primo e secondo comma, e dell'art. 97, primo comma, Costituzione.

Le accennate riduzioni, infatti, arrecano innanzi tutto un vulnus al principio di programmazione e di proporzionalita' tra risorse assegnate e funzioni esercitate, il cui rispetto e' essenziale per garantire il buon andamento dell'azione amministrativa di cui all'art. 97, secondo comma, Costituzione Secondo la sent. n. 10 del 2016, infatti, in casi similari «la lesione dell'autonomia finanziaria si riflette inevitabilmente sul buon andamento dell'azione amministrativa in quanto la diminuzione delle risorse in cosi' elevata percentuale, "in assenza di correlate misure che ne possano giustificare il dimensionamento attraverso il recupero di efficienza o una riallocazione di parte delle funzioni a suo tempo conferite" (sentenza n. 188 del 2015), costituisce una menomazione della autonomia stessa, che comporta contestualmente un grave pregiudizio all'assolvimento delle funzioni attribuite» dalla legislazione vigente. Da qui, dunque, l'inevitabile lesione del principio di buon andamento dell'amministrazione di cui all'art. 97, primo comma, Costituzione.

Quanto all'art. 3, primo comma, Costituzione, deve essere evidenziato come la sua lesione, per effetto della riduzione delle risorse operata dalla previsione legislativa che qui si contesta, si verifica in quanto essa, ove «non corredata da adeguate misure compensative, e' (...) in grado di determinare un grave vulnus all'espletamento da parte delle Province delle funzioni espressamente conferite dalla legge regionale». Ebbene, questa Ecc.ma Corte ha chiaramente evidenziato in piu' di una occasione come norme similari non siano in grado di superare il test di proporzionalita', che «richiede di valutare se la norma oggetto di scrutinio [...] sia necessaria e idonea al conseguimento di obiettivi legittimamente perseguiti [e se] stabilisca oneri non sproporzionati rispetto al perseguimento di detti obiettivi» (cosi', ancora, la citata sent. n. 10 del 2016, che richiama le sentt. nn. 1 del 2014 e 272 del 2015). In tal caso appare non superata la terza «tappa» del predetto test di proporzionalita', ossia il c.d. «test di proporzionalita' in senso stretto», in ragione dell'eccessivo peso degli oneri imposti ad interessi concorrenti rispetto a quelli perseguiti dalla misura de qua. La giurisprudenza di questa Ecc.ma Corte, del resto, ha chiaramente affermato la manifesta irragionevolezza di misure di riduzione delle risorse quali quella in oggetto, ove adottate - come nel caso di specie - in «assenza di proporzionate misure che ne possano in qualche modo giustificare il dimensionamento» (sent n. 10 del 2016).

Infine, nella decisione da ultimo citata e' stato significativamente chiarito che misure quali quella qui in discussione hanno altresi' l'effetto di pregiudicare la corretta fruizione dei diritti sociali che dovrebbero essere assicurati per mezzo dell'esercizio delle funzioni il cui finanziamento di trova ad essere significativamente ridotto: cio' in palese violazione dell'art. 3, secondo comma, Costituzione (cosi', ancora, sent. n. 10 del 2016, parr. 6.3 del Considerato in diritto).

II. - In relazione al comma 110

II.1. - Premessa   L'art. 1, comma 109, della legge n. 208 del 2015 prevede che entro il 31 marzo 2016 si provveda, «con le procedure di cui all'art. 4, comma 3, del decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76 (...) alla ricognizione delle risorse del Fondo di rotazione di cui all'art. 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, gia' destinate agli interventi del Piano di Azione Coesione (PAC), non ancora oggetto di impegni giuridicamente vincolanti rispetto ai cronoprogrammi approvati», disponendo, inoltre, che a tal fine «le amministrazioni titolari di interventi del PAC, approvati alla data di entrata in vigore della presente legge», inoltrino «al sistema di monitoraggio nazionale, entro il 31 gennaio 2016, i dati relativi alle risorse impegnate e pagate per ciascuna linea di intervento».

A seguito di tali adempimenti, in base al successivo comma 110, dovra' essere adottato, entro il 31 marzo 2016, un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il quale avra' il compito di determinare «l'ammontare delle risorse disponibili» in esito alla predetta ricognizione, nonche' di disporre «l'utilizzo delle stesse per l'estensione dell'esonero contributivo di cui ai commi 178 e 179 alle assunzioni a tempo indeterminato effettuate nell'anno 2017 in favore dei datori di lavoro privati, operanti nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna, alle medesime condizioni previste dai predetti commi, eventualmente rimodulando la durata temporale e l'entita' dell'esonero e comunque assicurando una maggiorazione della percentuale di decontribuzione e del relativo importo massimo per l'assunzione di donne di qualsiasi eta', prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi, in ragione delle risorse che si renderanno disponibili ai sensi del comma 109».

Con il presente ricorso la Regione Puglia intende impugnare, oltre al comma 108 dell'art. 1, legge n. 208 del 2015, anche il comma 110, per violazione degli articoli 11 e 117, primo comma, della Costituzione, in riferimento all'art. 33 del Regolamento CE n. 1083/2006, cui consegue la violazione dell'art. 119, primo comma, nonche' degli articoli 118, primo e secondo comma, e 117, terzo e quarto comma, della Costituzione: cio' per le ragioni che si espongono di seguito.

II.2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 110, della legge n. 208 del 2015, per violazione degli articoli 11 e 117, primo comma, Costituzione, in riferimento all'art. 33 del Regolamento CE n. 1083/2006, dalla quale discende la compressione dell'autonomia finanziaria della Regione garantita dall'art. 119, primo comma, Costituzione, nonche' dell'autonomia amministrativa garantita dall'art. 118, primo e secondo comma, Costituzione, in materie di competenza legislativa concorrente e residuale regionale ex art. 117, terzo e quarto comma, Costituzione.

Come si e' avuto modo di vedere, il comma 110 dell'art. 1, legge n. 208 del 2015, prevede la destinazione, per mezzo di un d.P.C.M. da adottare entro il 31 marzo 2016, delle somme del Fondo di rotazione per le politiche comunitarie dell'art. 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, gia' preordinate alla copertura finanziaria degli interventi del Piano di Azione Coesione (PAC), che non siano state ancora oggetto di impegni giuridicamente vincolanti agli incentivi alle assunzioni di cui ai successivi commi 178 e 179 dell'art. 1 della legge n. 208 del 2015. Tale norma determina una evidente violazione degli articoli 11 e 117, primo comma, Costituzione, per effetto dell'altrettanto evidente violazione dell'art. 33 del Regolamento CE n. 1083/2006 del Consiglio dell'11 luglio 2006.

Piu' in particolare, l'illegittimita' costituzionale appena rilevata consegue alla violazione dell'intesa tra Governo italiano e Commissione europea del 7 novembre 2011, con la quale si e' dato avvio, congiuntamente e simultaneamente, alla revisione dei programmi operativi riferiti ai fondi strutturali 2007-2013 e al Piano di Azione Coesione, nonche' dalla conseguente violazione dell'art. 33 del Regolamento CE n. 1083/2006 del Consiglio dell'11 luglio 2006, che rappresenta la cornice normativa nella quale si colloca tale intesa. La violazione di tali obblighi del diritto dell'Unione europea, evidentemente, non puo' infatti non determinare anche la violazione degli articoli 11 e 117, primo comma, Costituzione.

Non e' necessario spendere molte parole per illustrare il punto. Basti osservare, al riguardo, che il PAC, lungi dall'essere un programma operativo di spesa rilevante solo per il diritto interno, si inquadra saldamente nel contesto normativo della programmazione concernente i fondi strutturali europei 2007-2013, ed in specie nel menzionato Regolamento CE n. 1083/2006. Di tale atto normativo rileva, in particolare, l'art. 33, che disciplina la revisione dei programmi operativi rinviando ad un «concerto» tra lo Stato membro interessato e la Commissione. In base a tale disposizione e' stata stipulata, in data 7 novembre 2011, l'intesa tra Governo italiano e Commissione europea, sottoscritta dal Ministro per i rapporti con le Regioni e la coesione territoriale Raffaele Fitto per il primo e dal Commissario europeo per la politica regionale Johannes Hahn per la seconda, con la quale si e' definita una revisione dei programmi cofinanziati dai fondi strutturali europei 2007-2013, al fine di far fronte al ritardo che gravava sulla utilizzazione dei fondi strutturali europei 2007-2013. In conseguenza di tale revisione, si e' approvato il Piano di Azione Coesione presentato dal Governo italiano per la utilizzazione, in conformita' con gli obiettivi sopra richiamati, delle somme risultanti dalla rimodulazione al ribasso del cofinanziamento statale. Con l'intesa sottoscritta dal Ministro per i rapporti con le Regioni e la coesione territoriale Raffaele Fitto e dal Commissario europeo per la politica regionale Johannes Hahn sopra menzionata, piu' in particolare, si e' stabilita, ai sensi e per gli effetti dell'art. 33 sopra citato, l'invarianza della quota di cofinanziamento europea dei Programmi Operativi nel suo valore assoluto pur a fronte della diminuzione della quota di cofinanziamento nazionale, in ragione della destinazione delle risorse cosi' ottenute al Piano di Azione Coesione.

In estrema sintesi, e' dunque possibile evidenziare come il PAC derivi da un accordo tra Governo italiano e Commissione europea, stipulato ai sensi dell'art. 33 del citato Regolamento CE n. 1083/2006, che prevede lo spostamento di una parte del cofinanziamento nazionale al di fuori dai Programmi europei, in modo da poter attuare i progetti prescindendo dalle relative scadenze temporali, a fronte del mantenimento, in termini assoluti, del livello di cofinanziamento europeo dei medesimi progetti, e dunque di un suo incremento in termini percentuali. Illustra chiaramente questo punto il Compendio sulla programmazione e sull'attuazione del PAC, redatto nel novembre 2014, che raccoglie gli esiti di una ricerca realizzata da FORMEZ PA nell'ambito del Progetto «POAT 2012-2015» - Ambito 2, Linea 1, a titolarita' della Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento della funzione pubblica (reperibile on line al seguente indirizzo web: http://fondistrutturali.formez.it/sites/all/files/compendio_pac_forme zpa.pdf,): «Con l'introduzione del PAC, in accordo con la Commissione (ai sensi dell'art. 33 del Regolamento CE n. 1083/2006), i Programmi piu' in ritardo vengono riprogrammati portando la percentuale di cofinanziamento comunitario ad una percentuale piu' elevata dell'originario 50% (...); cio' ha consentito di ridurre contestualmente la quota di cofinanziamento nazionale, liberando risorse in favore del Piano di Azione Coesione» (cfr. pag. 11 del documento citato). Nello stesso senso, del resto, depone l'accordo stipulato il 3 novembre 2011 tra il Governo e le Regioni destinatarie del PAC, nel quale e' possibile leggere che «le rimodulazioni dei programmi potranno prevedere la revisione del tasso di cofinanziamento comunitario a condizione che le risultanti risorse nazionali siano vincolate al riutilizzo nel rispetto del principio di territorialita'», e che «il Ministro per i Rapporti con le Regioni e per la Coesione territoriale assicurera' che queste condizioni siano condivise dal Commissario europeo responsabile della politica regionale Hahn e, conseguentemente, poste a base del Piano d'azione che il Governo e il Commissario sottoscriveranno».

Che il PAC non sia un mero «affare interno» all'ordinamento italiano, ma un elemento essenziale del «concerto» stipulato, ai sensi e per gli effetti della rimodulazione dei Programmi operativi di cui all'art. 33 del Regolamento CE n. 1083/2006, d'altra parte, e' provato inequivocabilmente dal tenore testuale dell'art. 23, comma 4, della legge n. 183 del 2011, ai sensi del quale le risorse derivanti dalla riduzione del tasso di cofinanziamento nazionale dei programmi dei fondi strutturali 2007/2013 vengono destinate alla realizzazione di interventi «concordati tra le Autorita' italiane e la Commissione europea nell'ambito del processo di revisione dei predetti programmi».

Nessun dubbio puo' esservi, dunque, ne' sulla circostanza secondo la quale anche il PAC, e non solo la rimodulazione dei tassi di cofinanziamento (nazionale ed europeo) dei Programmi Operativi, sia frutto di una intesa tra Governo italiano e Commissione europea, ne' sulla riconducibilita' di tale intesa al «concerto» di cui all'art. 33 del Regolamento CE n. 1083/2006, che dunque rappresenta, con altrettanta certezza, la «copertura normativa» dell'intesa stipulata in data 7 novembre 2011.

Ma se la revisione dei Programmi Operativi e' consentita, ai sensi del citato art. 33 del Regolamento europeo, solo alle condizioni individuate di «concerto» tra Stato membro e Commissione, risulta del tutto evidente che tali condizioni assumono carattere giuridicamente vincolante, in particolare (per quel che qui e' di piu' prossimo interesse) per lo Stato membro in questione. Assume dunque carattere giuridicamente vincolante per l'ordinamento italiano la destinazione delle risorse derivanti dalla riduzione della quota di cofinanziamento nazionale alle linee di intervento del Piano di Azione Coesione. Qualunque atto che disponga in contrario, imprimendo un'altra destinazione a tali risorse, violerebbe infatti la citata intesa del 7 novembre 2011 e, per l'effetto, l'art. 33 del Regolamento CE n. 1083/2006.

Da tali considerazioni, dunque, risulta chiaramente che il comma 110 dell'art. 1 della legge n. 208 del 2015, nella parte in cui prevede che il d.P.C.M. ivi menzionato «disponga» l'utilizzo delle risorse gia' destinate al PAC e non oggetto di obbligazioni giuridicamente vincolanti a finalita' diverse da quelle che caratterizzano il menzionato PAC, frutto dell'accordo tra Governo italiano e Commissione europea ai sensi e per gli effetti dell'art. 33 del Regolamento CE n. 1083/2006, contrasta con la norma da ultimo richiamata e, in conseguenza di cio', viola gli articoli 11 e 117, primo comma, Costituzione.

Le violazioni appena evidenziate, peraltro, ridondano palesemente, in modo evidentemente negativo, sul concreto esercizio dell'autonomia finanziaria e di bilancio della Regione di cui all'art. 119 Costituzione, poiche' - a seguito dell'entrata in vigore delle disposizioni che qui si contestano, e del venir meno delle risorse che lo Stato aveva gia' destinato al PAC - quest'ultima si trova vincolata a procedere ad una significativa modifica del proprio bilancio, sia con riferimento alle entrate che con riferimento alle spese. D'altra parte, in conseguenza della necessita' di riprogrammare la propria spesa in relazione alle attivita' e agli interventi ricompresi nel PAC, la Regione odierna ricorrente vede compressa anche la propria autonomia amministrativa, tutelata dall'art. 118, primo comma e secondo comma, Costituzione, che in base al quadro normativo previgente era destinata ad esplicarsi in ambiti materiali (quelli connessi agli interventi compresi nella programmazione di utilizzo dei fondi erogati dall'Unione europea) affidati alla sua potesta' legislativa concorrente o residuale, ai sensi dell'art. 117, terzo e quarto comma, Costituzione.

 

P.Q.M.

 

La Regione Puglia, come sopra rappresentata e difesa, chiede che questa Ecc.ma Corte costituzionale, in accoglimento del presente ricorso, dichiari l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 108 e 110, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 [Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2016)], nei limiti e nei termini sopra esposti.

Con ossequio.

Bari-Roma, 27 febbraio 2016

Prof. Avv. Cecchetti