RICORSO N. 14 DEL 7 MARZO 2016 (DELLA REGIONE FRIULI-VENEZIA GIULIA)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 7 marzo 2016.

(GU n. 15 del 13.04.2016)

 

Ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia (cod. fisc. 80014930327; P. Iva 00526040324), in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore Avv. Debora Serracchiani, autorizzata con deliberazione della Giunta regionale n. 293 del 25 febbraio 2016 (doc. 1), rappresentata e difesa - come da procura a margine del presente atto - dall'avv. prof. Giandomenico Falcon (cod. fisc. FLCGDM45C06L736E) di Padova (fax 049-8776503, PEC giandomenico.falcon@ordineavvocatipadova.it), con domicilio eletto in Roma presso l'Ufficio di rappresentanza della Regione, in Piazza Colonna, 355.

Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1 commi 109, 110 e 680, periodi 4 e 5 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilita' 2016), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 30 dicembre 2015, n. 302, Suppl. ord. n. 70,   per violazione:   degli articoli 3, 5 e 97, 116, 117, primo comma, e 120 della Costituzione;   degli articoli 118 e 119 Cost., in combinato con l'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001;   dell'art 8 della legge cost. 1 del 1963 (Statuto speciale) in combinato con gli articoli 4, 5 e 6 sempre della legge cost. 1 del 1963;   degli articoli 48, 49, 50 e 63 sempre della legge cost. n. 1 del 1963;   dell'accordo del 23 ottobre 2014 e dell'art. 1, comma 512 e i commi ivi richiamati, della legge n. 190 del 2014;   dell'art. 27 della legge n. 42 del 2009;   dell'art. 9 della legge n. 243 del 2012;   nonche' dell'autonomia finanziaria e organizzativa regionale, del principio della certezza delle entrate e dei principi pattizio e di leale collaborazione, per i profili e nei modi di seguito illustrati.

 

Fatto e diritto

 

Premessa.

Il presente ricorso si riferisce ad alcune disposizioni della legge 28 dicembre 2015, n. 208, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilita' 2016). Precisamente, si tratta da un lato del comma 110, in connessione con il 109, dall'altro del comma 680, periodi 4 e 5.

La ricorrente Regione ritiene che entrambi presentino elementi costituzionalmente illegittimi e lesivi della propria autonomia e sfera finanziaria.

Trattandosi di questioni diverse, conviene esporre distintamente per ciascuna di esse gli elementi di fatto e di diritto che le caratterizzano, in relazione ai quali la ricorrente Regione chiede a codesta ecc.ma Corte costituzionale la dichiarazione di illegittimita' costituzionale.

I. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 110, in collegamento con il comma 109.

I commi 109 e 110 dell'art. 1 della legge 208 del 2015 riguardano i fondi destinati al Piano di Azione Coesione (PAC). Essi prevedono un monitoraggio e una ricognizione delle risorse non ancora oggetto di impegni giuridicamente vincolanti rispetto ai cronoprogrammi approvati (comma 109) e, soprattutto, all'esito della ricognizione predetta, una riallocazione delle risorse disponibili per destinarle al finanziamento dell'esonero contributivo in favore dei datori di lavoro privati nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna (comma 110).

La Regione Friuli-Venezia Giulia, titolare di una quota parte di tali risorse, ritiene che la loro sottrazione alla precedente destinazione sia costituzionalmente illegittima.

Conviene premettere che il Piano di Azione Coesione (PAC) e' uno strumento di programmazione avviato dal Governo italiano d'intesa con la Commissione Europea, mediante l'accordo sottoscritto il 7 novembre 2011, per accelerare l'attuazione dei programmi cofinanziati dai Fondi strutturali 2007-2013 e per recuperare i ritardi nell'uso di detti fondi strutturali.

Il Piano definisce un'azione di cooperazione rafforzata tra le autorita' europee, il Governo nazionale e le amministrazioni centrali e, soprattutto, regionali, e prevede la costituzione di un Gruppo di azione con il compito di seguire i Piani di Azione Coesione, quale nuova modalita' di cooperazione rafforzata tra lo Stato membro e la Commissione europea.

L'accordo non fissa termini perentori per l'utilizzo delle risorse e non ne prevede la revoca in caso di superamento dei tempi previsti, tanto meno in riferimento a specifici termini per l'assunzione di impegni giuridicamente vincolanti.

Per assicurare il pieno e tempestivo utilizzo fondi PAC, l'art. 4, comma 3, del d.-l. 28 giugno 2013, n. 76, convertito nella legge 9 agosto 2013, n. 99, ha previsto che il Gruppo di azione proceda periodicamente, in collaborazione con le amministrazioni interessate, alla verifica dello stato di avanzamento dei singoli interventi e alle conseguenti rimodulazioni del Piano che si rendessero necessarie a seguito dell'attivita' di monitoraggio, anche mediante eventuali riprogrammazioni.

Sulla base di tali regole generali, nel 2012 la Regione Friuli-Venezia Giulia ha concordato con il Governo l'adesione al Piano di Azione Coesione, confermata dal Presidente della Regione con nota del 7 dicembre 2012.

La Commissione europea, in data 14 giugno 2013, ha acconsentito ad una modifica del Programma operativo regionale (POR) del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) a favore della riprogranimazione delle stesse per le iniziative del Programma Operativo regionale del Fondo Sociale Europeo (FSE) sul programma esterno parallelo, richiedendo che la Regione procedesse ad un'unica notifica di modifica del POR FESR.

Il complesso degli interventi del Piano regionale, approvato dalla Giunta regionale con delibera del 21 marzo 2014, n. 515, esprime il notevole impegno finanziario di oltre 67 milioni di euro, derivanti dalla riduzione della quota nazionale del Fondo di rotazione (ex lege n. 185 del 1987) del Programma "POR FESR 20072013 Obiettivo Competitivita' regionale e occupazione Friuli- Venezia Giulia": in gran parte dalla quota nazionale, ma anche dalla quota della Regione e degli Enti Locali.

Nel contenuto, il Piano in parte prosegue iniziative gia' avviate nel quadro del Programma operativo regionale (POR) del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, in parte finanzia iniziative nuove. Esso prevede diverse "azioni", ciascuna destinata al perseguimento di importanti obiettivi di politica sociale, quali: il rafforzamento della competitivita' e dell'innovazione delle imprese attraverso la promozione della progettualita' e dell'imprenditoria e occupazione giovanile e femminile; il rafforzamento della competitivita' delle imprese regionali e del loro grado di internazionalizzazione; promozione della creazione di nuove reti di impresa e consolidamento di quelle esistenti; la promozione dell'Agenda Digitale nei diversi settori; le misure di Politica Attiva finalizzata a favorire l'inserimento lavorativo dei giovani, a promuoverne il successo formativo e professionale, ad attivare i giovani disoccupati ed emarginati dal sistema scolastico e formativo (i cosiddetti "giovani NEET"); la nascita di nuove imprese, con particolare attenzione ai settori innovativi e con specifica attenzione e priorita' all'imprenditorialita' femminile.

Il finanziamento del Piano e' gia' stato una prima volta ridotto dal legislatore statale. Precisamente, l'art. 1, comma 122, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilita' 2015), come modificato dall'art. 7, comma 9-sexies, d.-l. 19 giugno 2015, n. 78, convertito nella legge 6 agosto 2015, n. 125, ha previsto una "riprogrammazione" delle risorse del Fondo di rotazione gia' destinate agli interventi del Piano di azione coesione che dal sistema di monitoraggio del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'economia e delle finanze risultassero non ancora impegnate. La legittimita' di tale disposizione e' stata contesta da tre Regioni con i ricorsi in via principale nn. 32/2015, 35/2015 e 41/2015 R.R, tuttora pendenti.

A causa di tale intervento la programmazione della ricorrente Regione ha gia' dovuto subire una rilevante riduzione degli interventi programmati.

Gli stessi fondi sono ora oggetto di una seconda "riprogrammazione", disposta dalla disciplina qui impugnata.

Infatti il comma 109 dell'art. 1 della 1. n. 208 del 2015 stabilisce che "entro il 31 marzo 2016 si provvede [...] alla ricognizione delle risorse del Fondo di rotazione di cui all'art. 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, gia' destinate agli interventi del Piano di Azione Coesione (PAC) non ancora oggetto di impegni giuridicamente vincolanti rispetto ai cronoprogrammi approvati" e che "a tal fine, le amministrazioni titolari di interventi del PAC, approvati alla data di entrata in vigore della presente legge, inviano al sistema di monitoraggio nazionale, entro il 31 gennaio 2016, i dati relativi alle risorse impegnate e pagate per ciascuna linea di intervento".

Sin qui sembra trattarsi di un semplice monitoraggio.

Tuttavia, il successivo comma 110 prevede che «con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato entro il 30 aprile 2016 di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e' determinato l'ammontare delle risorse disponibili in esito alla ricognizione di cui al comma 109 ed e' disposto l'utilizzo delle stesse per l'estensione dell'esonero contributivo di cui ai commi 178 e 179 alle assunzioni a tempo indeterminato effettuate nell'anno 2017 in favore dei datori di lavoro privati, operanti nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna».

Il complesso delle disposizioni dei commi 109 e 110 e' dunque preordinato non al monitoraggio, ma alla revoca di fondi gestiti dalla Regione Friuli-Venezia Giulia per gli interventi previsti dal PAC nelle materie di sua competenza. Precisamente, la riduzione delle risorse del PAC e' prevista dal comma 110 (che e' percio' l'oggetto primario delle presente impugnazione), ma gli stessi obblighi di comunicazione e il relativo monitoraggio di cui al comma 109 sono funzionali all'operazione di cui al comma successivo, e quindi si pongono in posizione accessoria e servente rispetto al comma 110. Si noti che le comunicazioni e il monitoraggio funzionali ad una riprogrammazione "ordinaria" degli interventi PAC sono gia' previsti in via generale dall'art. 4, comma 3, del 28 giugno 2013, n. 76.

Le disposizioni impugnate, dunque, sono collegate e nel loro insieme lesive delle competenze della Regione ed illegittime per i motivi che seguono.

I.1. Violazione dell'autonomia finanziaria garantita dagli articoli 48, 49 e 50 dello Statuto e dall'art. 119 Cost. Violazione del principio consensuale e, in subordine, del principio di leale collaborazione (art. 120, secondo comma, Cost.).

Come sopra esposto, il Piano azione coesione della ricorrente Regione e' frutto - sulla base di un accordo generale tra Governo italiano e Commissione europea - di uno specifico accordo tra Governo italiano e la Regione, a sua volta oggetto di notifica alla Commissione europea.

Esso costituisce una forma di finanziamento della Regione, pienamente rientrante nel quadro previsto dagli articoli 48, 49 e 50 dello Statuto e dall'art. 119 Cost. In particolare, l'art. 50 dello statuto prevede che "per provvedere a scopi determinati, che non rientrano nelle funzioni normali della Regione, e per la esecuzione di programmi organici di sviluppo" lo Stato possa assegnare ad essa speciali contributi.

Il finanziamento del Piano azione coesione, una volta deciso, entra a costituire parte della complessiva finanza regionale, e l'accordo tra il Governo e la Regione per tale finanziamento costituisce applicazione del principio consensuale che regge i rapporti tra il Friuli-Venezia Giulia, quale regione ad autonomia differenziata, e lo Stato.

Tale principio, fondato su una pluralita' di regole previste dallo statuto, tra le quali la procedura concordata per la revisione delle regole del Titolo IV (art. 63, quinto comma) e la procedura prevista per le norme di attuazione (art. 65), e' pienamente affermato nella legislazione, in particolare nell'art. 27 della legge basilare n. 42 del 2009 e riconosciuto dalla giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte costituzionale: si vedano, tra le piu' recenti e importanti, le sentenze nn. 19 e 155 del 2015.

La revoca unilaterale di tale fmanziamento contraddice in modo palese tale principio.

Se anche non si ritenesse operante tale principio, la revoca delle risorse prevista dai commi 109 e 110 violerebbe comunque il principio di leale collaborazione (art. 120, secondo comma, Cost.), in collegamento con l'art. 50 dello Statuto: il quale prevede l'assegnazione di fondi alla Regione, ma non prevede certamente che tale assegnazione possa essere poco dopo revocata ad nutum, in assenza di qualunque forma di interlocuzione con la Regione.

I.2. Violazione dell'art. 3 Cost., per violazione del principio di ragionevolezza, dell'affidamento e di certezza del diritto, dell'art. 97, primo comma, Cost., per contrasto con il principio di buon andamento e di programmazione delle risorse finanziarie e dell'attivita' amministrativa; violazione dell'art. 117, primo comma, Cost.

Come si e' illustrato, il Piano di Azione Coesione costituisce un progetto di utilizzazione di fondi europei, nazionali e regionali, e dunque un progetto che si inserisce in un sistema di programmazione pluriennale finanziaria di medio-lungo periodo.

La sottrazione di tali finanziamenti, frutto di un'azione combinata tra Unione europea, Stato, Regione e comunita' locali, alla propria destinazione e alla comunita' regionale appare irragionevole e contraria al principio di buon andamento della pubblica amministrazione, perche' essa si pone in frontale contraddizione con lo stesso principio di programmazione, componente essenziale del principio di buon andamento.

La norma lede poi il principio dell'affidamento, anch'esso radicato nell'art. 3 Cost., perche' la Regione e la sua comunita' territoriale sono privati di risorse sulle quali esse potevano legittimamente contare.

Viene cosi' interrotto in settori delicati l'esercizio gia' in corso di funzioni amministrative e di azioni di politica sociale. L'impossibilita' di completare i programmi rende priva di razionalita' anche la parte gia' svolta, frustrando la complessiva azione regionale e la generale produttivita' della spesa.

In ogni caso, la sottrazione di una rilevante misura di risorse toglie certezza ed equilibrio all'intera gestione finanziaria regionale.

Tanto maggiore e' poi il difetto di ragionevolezza in quanto nel momento di approvazione della nuova destinazione delle risorse la reale possibilita' di tale utilizzo non e' neppure certa, dato che la stessa disposizione conclude stabilendo che la sua efficacia "e' subordinata all'autorizzazione della Commissione europea ai sensi dell'art. 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea".

In altre parole, mentre l'effetto distruttivo della disposizione sulla gestione dei Piani di azione coesione e' immediato e sicuro (non potendosi ovviamente continuare nella realizzazione di progetti per i quali non vi sia certezza di finanziamento), il presunto effetto utile della nuova destinazione e', nel testo della disposizione, incerto, dovendosi per la sua realizzazione ottenere il consenso della Commissione europea.

La previsione collide anche con il principio della certezza del diritto, radicato sia nell'art. 3 Cost. sia nel diritto europeo, vincolante ai sensi dell'art. 117, primo comma, Cost., trattandosi di fattispecie condizionata dagli obblighi europei, in relazione all'intervenuto accordo con la Commissione europea sulla nuova destinazione dei fondi e alle regole sulla riprogrammazione contenute nell'art. 33 regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio dell'11 luglio 2006, recante "Disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione", in attuazione degli articoli 176 e 177 TFUE.

Il contrasto delle norme impugnate con i predetti parametri costituzionali ridonda sull'esercizio di competenze costituzionali della Regione, perche' condiziona l'esercizio funzioni amministrative della ricorrente nelle materie ad essa attribuite dallo statuto (art. 16, in combinato con gli articoli 4, 5 e 6) o dall'art. 118 Cost., in combinazione con l'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, e segnatamente nelle materie interessate dagli interventi del PAC, quali la organizzazione regionale; l'urbanistica; i trasporti locali; il sostegno alle imprese e all'occupazione; i porti. Tale contrasto inoltre si ripercuote, ledendola, sull'autonomia finanziaria della Regione, come e' evidente anche da quanto si e' esposto al punto precedente.

Va rilevato che la disposizione del comma 109 presenta margini di ambiguita' nella parte in cui si riferisce a risorse "non ancora oggetto di impegni giuridicamente vincolanti rispetto ai cronoprogrammi approvati", potendo essere intesa sia nel senso di imporre la revoca dei fondi ancora non oggetto di impegni giuridicamente vincolanti pur nel rispetto dei cronoprogramrni, sia nel senso di dispone la revoca dei soli fondi per i quali vi e' ritardo rispetto al cronoprogramma.

Ma se pure lo si intendesse in questo secondo e piu' ristretto significato, non verrebbe meno la lesione dei parametri indicati. Infatti, comunque la disposizione determinerebbe la revoca del finanziamento in modo generalizzato e senza una valutazione specifica in ordine alla responsabilita' e gravita' del ritardo, e sull'interesse pubblico alla prosecuzione del programma, in relazione al suo stato di avanzamento e al suo rilievo.

II. Illegittimita' costituzionale del comma 680, nella parte in cui prevede alla Regione Friuli-Venezia Giulia contributi alla finanza pubblica diversi da quelli concordati o non concordati.

Il comma 680 regola il contributo alla finanza pubblica delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

Il primo periodo della disposizione fissa tale contributo in termini globali per il complesso delle autonomie regionali, stabilendolo in 3.980 milioni di euro per l'anno 2017 e in 5.480 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019. Dati gli importi globali, sempre secondo il primo periodo, i contributi delle singole autonomie dovrebbero essere stabiliti «in sede di autocoordinarnento dalle regioni e province autonome medesime, da recepire con intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il 31 gennaio di ciascun anno».

Il secondo periodo dispone per il caso che non si sia raggiunta l'intesa nei termini previsti. Provvede allora con decreto il Presidente del Consiglio dei ministri, "previa deliberazione del Consiglio dei ministri, entro venti giorni dalla scadenza dei predetti termini". Con tale decreto i diversi importi "sono assegnati ad ambiti di spesa ed attribuiti alle singole regioni e province autonome, tenendo anche conto della popolazione residente e del PIL, e sono rideterminati i livelli di finanziamento degli ambiti individuati e le modalita' di acquisizione delle risorse da parte dello Stato, considerando anche le risorse destinate al finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale".

Il terzo periodo riguarda le sole autonomie speciali, e stabilisce il principio secondo il quale "fermo restando il concorso complessivo di cui al primo periodo, il contributo di ciascuna autonomia speciale e' determinato previa intesa con ciascuna delle stesse". Dunque, le autonomie speciali da un lato partecipano all'autocoordinamento generale previsto dal primo periodo, ma dall'altro concordano la propria quota con lo Stato.

Il quarto periodo si riferisce di nuovo all'insieme delle autonomie regionali ("le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano"). Esso prevede che esse assicurino "il finanziamento dei livelli essenziali di assistenza come eventualmente rideterminato ai sensi del presente comma e dei commi da 681 a 684 del presente articolo e dell'art. 1, commi da 400 a 417, della legge 23 dicembre 2014, n. 190".

Il quinto periodo contiene una disposizione finale, riferita alla sola regione Trentino-Alto Adige e alle province autonome di Trento e di Bolzano, e dispone che in relazione ad esse "l'applicazione del presente comma avviene nel rispetto dell'Accordo sottoscritto tra il Governo e i predetti enti in data 15 ottobre 2014, e recepito con legge 23 dicembre 2014, n. 190, con il concorso agli obiettivi di finanza pubblica previsto dai commi da 406 a 413 dell'art. 1 della medesima legge".

In conseguenza di tale insieme di disposizioni la Regione Friuli-Venezia Giulia si trova a dover sopportare, oltre alla propria quota degli oneri previsti dal primo periodo, gli oneri previsti dal quarto periodo. Infatti, i richiamati commi "da 400 a 417, della legge 23 dicembre 2014, n. 190" comprendono - in particolare nella Tabella di cui al comma 400, richiamato anche dal comma 401 - consistenti contribuzioni della Regione.

Pertanto, la presente impugnazione si rivolge in primo luogo al quarto periodo, nella parte in cui esso richiede alla Regione Friuli-Venezia Giulia contribuzioni non previste nel Protocollo d'intesa tra lo Stato e la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia per la revisione del Protocollo del 29 ottobre 2010 e per la definizione dei rapporti finanziari negli esercizi 2014-2017, del 23 ottobre 2014, o comunque, per annualita' successive al 2017, richiede contribuzioni non concordate.

Si rivolge in secondo luogo al quinto periodo, non per quanto esso dice, ma per quanto esso non dice, omettendo di stabilire che anche in relazione al Friuli-Venezia Giulia l'attuazione del comma 680 avviene nei termini dell'accordo appena menzionato.

La disposizione secondo la quale "le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano assicurano il finanziamento dei livelli essenziali di assistenza come eventualmente rideterminato ai sensi del presente comma e dei commi da 681 a 684 del presente articolo e dell'art. 1, commi da 400 a 417, della legge 23 dicembre 2014, n. 190" e' in primo luogo costituzionalmente illegittima per violazione del principio pattizio che permea la disciplina rapporti finanziari tra lo Stato e le autonomie speciali, principio che codesta ecc.ma Corte ha riportato alle norme che prevedono procedure concordate sia per la revisione della parte finanziaria dello statuto di autonomia, sia per l'adozione delle norme di attuazione, e che trova conferma nell'art. 27 della legge n. 42 del 2009.

Esso esige che le limitazioni alla piena disponibilita' delle risorse che lo stesso statuto assegna alla Regione per il regolare esercizio delle sue funzioni, in forza tra l'altro degli articoli 49 ss., siano concordate mediante una negoziazione basata sui principi di solidarieta' e di leale collaborazione.

Il Protocollo d'intesa stipulato nel 2014 e' ispirato a tali principi, e chiaramente prevede e individua le regole finanziarie destinate a regolare i rapporti finanziari tra la Regione Friuli-Venezia Giulia e lo Stato nel periodo 2014-2017.

Secondo l'art. 2, punto 5, del Protocollo "lo Stato e la Regione si impegnano a rinegoziare, entro il 30 giugno 2017, il contenuto del Protocollo d'intesa sottoscritto il 29 ottobre 2010 nella parte relativa al contributo a carico della Regione di cui agli articoli 3 e 6 della predetta intesa per le annualita' successive al 2017"   Per quanto riguarda il contributo alla finanza pubblica in termini di saldo netto da finanziare, l'art. 3 del Protocollo, dopo aver definito l'apporto della Regione per il periodo 2014-1017 con riferimento alla legislazione vigente alla data dell'accordo, al comma 5 stabilisce che, decorso tale quadriennio, "le parti, attraverso nuove intese, definiscono il nuovo quadro delle relazioni finanziarie per il successivo quadriennio».

A fronte di quanto concordato, la Regione Friuli-Venezia Giulia ha rinunciato al contenzioso pendente davanti a codesta ecc.ma Corte costituzionale in relazione a tutte le questioni finanziarie aperte, e ha maturato, ex art. 3 e 5 Cost. , un legittimo affidamento alla stabilita' di tali rapporti.

Risulta dunque evidente che la statuizione unilaterale da parte statale di contribuzioni difformi da quelle appena concordate (quali quelle previste dal richiamo ai commi 400 e 401 della legge n. 190 del 2014), o non concordate, viola il quadro ordinamentale costituzionale dei rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione Friuli-Venezia Giulia e viola i principi e metodi di legislazione conformi alle esigenze dell'autonomie prescritti dall'art. 5 Cost.

La stessa disposizione e' poi affetta da specifica irragionevolezza, ancora in violazione dell'art. 3 della Costituzione. Infatti, il rispetto dei livelli essenziali di assistenza e' gia' compreso nella definizione e nel riparto del contributo previsto dal primo periodo del comma 680, ne' i richiamati (per le autonomie speciali) commi da 400 a 417 dell'art. 1 della legge n. 190 del 2014 prevedono alcuna eventuale riderteminazione di tali livelli: sicche' il significato della disposizione e la reale destinazione dei fondi ai quali i commi richiamati si riferiscono rimane indefinito, al di la' del dato quantitativo del contributo richiesto alla Regione Friuli-Venezia Giulia.

Di qui la complessiva incongruita' della disposizione.

La disposizione del quinto periodo costituisce attuazione dei principi sopra esposti, e in particolare del principio consensuale, basato sulla solidarieta' e sulla leale collaborazione, con riferimento alle relazioni finanziarie tra lo Stato e le autonomie della Regione Trentino-Alto Adige.

La Regione Friuli-Venezia Giulia ritiene che, nel rispetto del quadro ordinamentale costituzionale delle relazioni finanziarie tra essa e lo Stato, il medesimo trattamento debba essere assegnato agli accordi da essa sottoscritti, e in particolare al Protocollo d'intesa sopra illustrato.

Il quinto periodo appare dunque costituzionalmente illegittimo, nella parte in cui non assegna alla Regione Friuli-Venezia Giulia il medesimo trattamento, con riferimento allo specifico accordo con lo Stato da essa concluso.

 

P.Q.M.

 

Per le esposte ragioni, la Regione Friuli-Venezia Giulia, come sopra rappresentata e difesa, chiede voglia codesta Corte costituzionale dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 109, comma 110 e comma 680, quarto e quinto periodo, nelle parti, nei termini e sotto i profili esposti nel presente ricorso.

Padova, 28 febbraio 2016

Prof. avv. Giandomenico Falcon

Allegati

1. Deliberazione della Giunta regionale n. 293 del 25 febbraio 2016.