RICORSO N. 13 DEL 7 MARZO 2016 (DELLA REGIONE AUTONOMA DELLA SARDEGNA)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 7 marzo 2016.

(GU n. 15 del 13.04.2016)

 

Ricorso per la Regione Autonoma della Sardegna (cod. fisc. 80002870923), con sede legale in 09123 Cagliari (CA), Viale Trento n. 69, in persona del Vice-Presidente pro tempore prof. Raffaele Paci, nominato con decreto del Presidente della Regione n. 101 dell'11 agosto 2014, giusta procura a margine del presente atto rappresentata e difesa dagli avv.ti Sandra Trincas (cod. fisc.: TRNSDR51L55B354V; fax: 0706062418; posta elettronica certificata: strincas@pec.regione.sardegna.it) e prof. Massimo Luciani (cod. fisc.: LCNMSM52L23H501G; fax: 0690236029; posta elettronica certificata massimoluciani@ordineavvocatiroma.org), elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in 00153 Roma, Lungotevere Raffaello Sanzio n. 9,   Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in 00186 Roma e' domiciliato ex lege, per la dichiarazione dell'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 680 e 711, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2016)», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 30 dicembre 2015, n. 302, S.O.

 

F a t t o

 

1. - Oggetto del presente giudizio sono i commi 680 e 711 dell'unico articolo della legge di stabilita' per il 2016, legge n. 208 del 2015.

Il comma 680 dispone quanto segue: «le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in conseguenza dell'adeguamento dei propri ordinamenti ai principi di coordinamento della finanza pubblica di cui alla presente legge e a valere sui risparmi derivanti dalle disposizioni ad esse direttamente applicabili ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, della per l'anno 2017 e a 5.480 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019, in ambiti di spesa e per importi proposti, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza, in sede di autocoordinamento dalle regioni e province autonome medesime, da recepire con intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il 31 gennaio di ciascun anno. In assenza di tale intesa entro i predetti termini, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, entro venti giorni dalla scadenza dei predetti termini, i richiamati importi sono assegnati ad ambiti di spesa ed attribuiti alle singole regioni e province autonome, tenendo anche conto della popolazione residente e del PIL, e sono rideterminati i livelli di finanziamento degli ambiti individuati e le modalita' di acquisizione delle risorse da parte dello Stato, considerando anche le risorse destinate al finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale. Fermo restando il concorso complessivo di cui al primo periodo, il contributo di ciascuna autonomia speciale e' determinato previa intesa con ciascuna delle stesse. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano assicurano il finanziamento dei livelli essenziali di assistenza come eventualmente rideterminato ai sensi del presente comma e dei commi da 681 a 684 del presente articolo e dell'articolo 1, commi da 400 a 417, della legge 23 dicembre 2014, n. 190. Per la regione Trentino-Alto Adige e per le province autonome di Trento e di Bolzano l'applicazione del presente comma avviene nel rispetto dell'Accordo sottoscritto tra il Governo e i predetti enti in data 15 ottobre 2014, e recepito con legge 23 dicembre 2014, n. 190, con il concorso agli obiettivi di finanza pubblica previsto dai commi da 406 a 413 dell'articolo 1 della medesima legge».

Il comma 711, invece, si inserisce nelle disposizioni della legge di stabilita' concernenti la «tutela dell'unita' economica della Repubblica», di cui ai commi 709 e seguenti.

Esso prevede che, «ai fini dell'applicazione del comma 710, le entrate finali sono quelle ascrivibili ai titoli 1, 2, 3, 4 e 5 dello schema di bilancio previsto dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e le spese finali sono quelle ascrivibili ai titoli 1, 2 e 3 del medesimo schema di bilancio. Limitatamente all'anno 2016, nelle entrate e nelle spese finali in termini di competenza e' considerato il fondo pluriennale vincolato, di entrata e di spesa, al netto della quota riveniente dal ricorso all'indebitamento».

Le richiamate disposizioni hanno ad oggetto la disciplina della partecipazione delle Regioni (tra cui la ricorrente) alla complessiva manovra di finanza pubblica varata con la legge in oggetto. Non e' giustificabile, pero', che per alcuni significativi profili il concorso di tali autonomie (in particolare di quelle regionali, e ancor piu' in particolare della Regione Sardegna) sia stato strutturato in forme e con contenuti del tutto illegittimi.

Tanto avviene con i commi impugnati, che sono illegittimi e violativi delle attribuzioni della ricorrente, sicche' devono essere dichiarati costituzionalmente illegittimi per i seguenti motivi di

 

D i r i t t o

 

1. - Quanto all'art. 1, comma 680, della legge 30 dicembre 2015, n. 208. Violazione degli articoli 7, 8, 54 e 56 dello Statuto della Regione Autonoma della Sardegna, degli articoli 5, 116, 117 e 119, Cost., degli articoli 6 e 13 della CEDU e dell'art. 9 della legge n. 243 del 2012, anche in riferimento all'art. 4 dell'accordo tra il Ministro dell'economia e delle finanze e la Regione Sardegna in materia di finanza pubblica, sottoscritto in data 21 luglio 2014; agli articoli 3, 81 e 136 Cost. e all'art. 42, commi da 9 a 12, del d.l. 12 settembre 2014, n. 133, conv. in legge 11 novembre 2014, n. 164. Come si e' gia' detto in narrativa, l'art. 1, comma 680, della legge n. 208 del 2015, disciplina il contributo delle Regioni e delle Province autonome alla finanza pubblica per il triennio 2017-2019. Detta disposizione impone alle Regioni, tra cui la Sardegna, un contributo di finanza pubblica e, di conseguenza, un sacrificio economico finanziario particolarmente elevato (ben maggiore, ad esempio, di quello imposto negli anni precedenti cfr. art. 1, commi 122 e 526 della legge n. 147 del 2013; articoli 15, comma 22;e 16 del d.l. n. 95 del 2012).

1.1. - L'ammontare di tale contributo, che non puo' essere modificato dalle Regioni, e' ripartito tra ciascuna Regione e Provincia autonoma tramite un'intesa che recepisce le determinazioni assunte dalle autonomie territoriali «in sede di autocoordinamento». In caso di inerzia delle Regioni, la legge attribuisce al Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, la fissazione del riparto, sulla base dei criteri sopra riportati.

L'intesa tra le Regioni e le Province autonome, dunque, ove sia adotatta, e' preordinata al solo riparto dell'onere tra le autonomie, alle quali, pero', non e' riconosciuto alcun potere di intervento sul quantum complessivo del contributo.

L'ultimo periodo del comma impugnato detta disposizioni di favore per la sola Regione Autonoma Trentino-Alto Adige e per le due Province autonome di Trento e Bolzano, stabilendo che «per la regione Trentino-Alto Adige e per le province autonome di Trento e di Bolzano l'applicazione del presente comma avviene nel rispetto dell'Accordo sottoscritto tra il Governo e i predetti enti in data 15 ottobre 2014, e recepito con legge 23 dicembre 2014, n. 190, con il concorso agli obiettivi di finanza pubblica previsto dai commi da 406 a 413 dell'articolo 1 della medesima legge».

1.2. - Va ricordato che anche la Regione Sardegna ha stipulato, in data 21 luglio 2014, un accordo con lo Stato, che disciplina i rapporti economico finanziari tra Stato e Regione all'interno della cornice disegnata dagli articoli 7 e 8 dello Statuto. Tale accordo e' stato stipulato sulla base delle chiare indicazioni fornite da codesta Ecc.ma Corte costituzionale nel contenzioso sulla c.d. «vertenza entrate».

Nella sent. n. 118 del 2012, che ha scrutinato il conflitto tra l'odierna ricorrente e lo Stato sorto a seguito del diniego del Ministero dell'economia e delle finanze alla proposta di accordo sul contenuto del patto di stabilita', la Corte richiamo' le parti in causa ad articolare i propri rapporti finanziari nel rispetto del «il criterio del previo confronto e della progressiva negoziazione e specificazione delle singole clausole dell'accordo stesso tra Regione e Stato», specificando che il contenuto dell'accordo deve essere compatibile «con il rispetto degli obiettivi del patto di stabilita'» e deve anche essere «conforme e congruente con le norme statutarie della Regione, ed in particolare con l'art. 8 dello statuto modificato - per effetto del meccanismo normativo introdotto dall'art. 54 dello statuto stesso - dall'art. 1, comma 834, della legge 27 dicembre 2006, n. 296», che «ha rideterminato e quantificato le entrate tributarie e la loro misura di pertinenza della Regione autonoma Sardegna», norme che «costituiscono, nel loro complesso, il quadro normativo di riferimento della finanza regionale della Sardegna».

Nella successiva sent. n. 95 del 2013, scrutinando un secondo conflitto concernente l'effettiva liquidazione in favore della Regione Sardegna delle quote di compartecipazione al gettito di cui all'art. 8 dello Statuto, l'Ecc.ma Corte richiamo' nuovamente lo Stato a rispettare, nell'ambito del principio pattizio, la sfera di autonomia economico-finanziaria della Regione, rircordando che «l'inerzia statale troppo a lungo ha fatto permanere uno stato di incertezza che determina conseguenze negative sulle finanze regionali, alle quali occorre tempestivamente porre rimedio, trasferendo, senza ulteriore indugio, le risorse determinate a norma dello statuto», anche in ragione del fatto che «il ritardo accumulato sta determinando una emergenza finanziaria in Sardegna» (sent. n. 95 del 2013).

Tali ripetute sollecitazioni all'accordo tra le parti sono state ribadite nella recente sent. n. 155 del 2015, in cui l'Ecc.ma Corte ha richiamato le medesime parti a una «permanente interlocuzione tra Stato e autonomie speciali per quanto attiene ai profili perequativi e finanziari del federalismo fiscale» (profili inscindibilmente connessi a quelli qui in esame), imponendo loro di raggiungere un accordo sulle questioni allora oggetto di causa (segnatamente: la disciplina dell'IMU e i relativi effetti finanziari sugli enti territoriali), al fine di evitare che «gli effetti distorsivi conseguenti al mancato rispetto dello schema pattizio possano consolidarsi in un contesto non conforme ne' alla salvaguardia delle autonomie speciali ne' agli equilibri della finanza pubblica».

1.3. - L'art. 3 dell'accordo stipulato in data 21 luglio 2014 stabilisce che la Regione Sardegna, a partire dal 2015, partecipa al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica attraverso il rispetto del principio di equilibrio di bilancio, ai sensi dell'art. 9 della legge n. 243 del 2012. Contestualmente, lo Stato si e' obbligato a rideterminare i contributi di finanza pubblica a carico della Regione Sardegna gia' disposti dalla legislazione vigente per l'anno 2014 (i quali costituiscono la base per la determinazione dell'obiettivo del patto di stabilita' anche per gli anni successivi). Come e' ampiamente noto a codesta Ecc.ma Corte costituzionale, proprio in considerazione della determinazione pattizia dei rapporti economico-finanziari, la Regione Autonoma della Sardegna ha rinunciato al vasto contenzioso gia' pendente innanzi codesta Ecc.ma Corte costituzionale (nonche' innanzi il Giudice amministrativo) concernente la c.d. «vertenza entrate» (cfr. le pronunce Corte cost., numeri 19, 62, 63, 65, 68, 77, 239, 258, 263 e 268 del 2015).

Alcune clausole dell'accordo, per converso, sono state recepite dallo Stato tramite la loro trasposizione nell'art. 42, commi 9-12, del d.l. n. 133 del 2014. Ivi si prevede quanto segue:   «9. Al fine di assicurare il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, in applicazione della normativa vigente e dell'Accordo sottoscritto il 21 luglio 2014 fra il Ministro dell'economia e delle finanze ed il Presidente della regione Sardegna, l'obiettivo di patto di stabilita' interno della regione Sardegna, di cui al comma 454 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, e' determinato in 2.696 milioni di euro per l'anno 2014. Dall'obiettivo 2014 sono escluse le sole spese previste dalla normativa statale vigente e le spese per i servizi ferroviari di interesse regionale e locale erogati da Trenitalia s.p.a.

10. A decorrere dall'anno 2015 la regione Sardegna consegue il pareggio di bilancio come definito dall'articolo 9 della legge n. 243 del 2012. A decorrere dal 2015 alla regione Sardegna non si applicano il limite di spesa di cui al comma 454 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228 e le disposizioni in materia di patto di stabilita' interno in contrasto con il pareggio di bilancio di cui al primo periodo. Restano ferme le disposizioni in materia di monitoraggio, certificazione e sanzioni previsti dai commi 460, 461 e 462 dell'articolo 1 della citata legge 24 dicembre 2012, n. 228.

11. Non si applica alla regione Sardegna quanto disposto dagli ultimi due periodi del comma 454 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228.

12. La regione Sardegna nel 2014 non puo' impegnare spese correnti, al netto delle spese per la sanita', in misura superiore all'importo annuale minimo dei corrispondenti impegni effettuati nel triennio 2011-2013. Nell'ambito della certificazione di cui al comma 461 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la regione comunica al Ministero dell'economia e delle finanze il rispetto del predetto limite».

1.4. - Appena 17 mesi dopo la stipula e 15 mesi dopo il suo recepimento da parte del legislatore statale, le chiarissime clausole di quell'accordo tra lo Stato e la Regione (redatto - si consenta di osservare - praticamente «sotto dettatura» dell'Ecc.ma Corte costituzionale) sono state stravolte con il comma 680 qui impugnato. In conclusione, infatti, il comma in esame:   impone nuovi contributi alla finanza pubblica a carico della Regione Sardegna, senza far precedere tale imposizione da una regolazione pattizia tra lo Stato e la Regione;   impone alla Regione Sardegna di conseguire risparmi di spesa in settori che sono definiti non in via autonoma dalla Regione medesima bensi' con decisione assunta dalle altre Regioni e Province Autonome (che, in forza del comma in oggetto, si trovano ad avere un titolo per ingerirsi nelle determinazioni di bilancio della Regione Autonoma della Sardegna) o addirittura dello Stato;   recando una clausola di salvaguardia del solo accordo stipulato tra lo Stato e la Regione Trentino-Alto Adige e le Province Autonome di Trento e Bolzano, ha violato l'accordo stipulato dallo Stato con la Regione Autonoma della Sardegna in data 21 luglio 2014 e ha derogato le previsioni di cui ai commi 9-12 dell'art. 42 del d.l. n. 133 del 2014 che avevano recepito le clausole del predetto accordo;   in particolare, e' violata la clausola di cui all'art. 3 del predetto accordo, trasposta nell'art. 42, comma 10, del d.l. n. 133 del 2014, che stabilisce che la Regione Sardegna garantisce l'equilibrio del proprio bilancio ai sensi dell'art. 9 della legge n. 243 del 2012.

2. - Cosi' ricostruito il contesto, e' opportuno dare conto della giurisprudenza costituzionale che e' maturata sulla questione.

2.1. - Nella sent. n. 19 del 2015 la Corte si e' pronunciata su un caso in parte analogo a quello qui in esame. Le Autonomie speciali allora ricorrenti censuravano l'art. 32 della legge n. 183 del 2011, che fissava un contributo straordinario di finanza pubblica a carico delle sole Regioni a Statuto speciale, rimettendo all'intesa tra le medesime autonomie speciali il riparto del contributo tra le singole autonomie.

Le allora ricorrenti censuravano detta disposizione sulla base delle «seguenti argomentazioni: a) il contributo sarebbe determinato in via unilaterale e non preventivamente concordato con le Regioni e le Province autonome; b) l'accordo sarebbe svuotato di ogni significato perche' le somme iscritte nella apposita tabella sarebbero insuscettibili di negoziazione tra le parti».

2.1.1. - Incidentalmente, va osservato che, nell'esaminare la questione, la Corte ha ritenuto legittima la «determinazione unilaterale preventiva» del contributo delle Regioni a statuto speciale alla manovra di finanza pubblica anzitutto in ragione dell'intervenuta introduzione delle disposizioni di cui al Regolamento (UE) n. 1175/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 novembre 2011, che hanno anticipato la data annuale per «la presentazione e la valutazione dei programmi di stabilita' da parte degli Stati membri», sicche', considerate «le modalita' temporali anticipate di quantificazione di detta manovra, non e' ipotizzabile che lo Stato possa presentare quella inerente al concorso regionale dopo aver completato il complesso iter di negoziazione con ciascuno degli enti a statuto speciale interessati».

E' evidente che l'introduzione di nuove regole europee sulla sessione di bilancio e' una circostanza straordinaria che, se puo' giustificare la condotta del legislatore statale nell'anno di riferimento, non puo' essere invocata a titolo giustificativo per gli anni seguenti, quasi che, di volta in volta, fosse una «sorpresa».

2.1.2. - In disparte tale circostanza straordinaria, l'Ecc.ma Corte ha comunque affermato che la determinazione unilaterale preventiva del contributo delle autonomie speciali alla manovra puo' essere «conforme a Costituzione», purche' siano rispettati i «termini appresso specificati relativamente al carattere delle trattative finalizzate all'accordo».

Tali termini sono i seguenti:   i) deve sussistere un «margine di negoziabilita'» del contributo delle Regioni autonome;   ii) tale margine di negoziabilita' non puo' limitarsi (come accade nel caso di specie) «ad una rimodulazione interna tra le varie componenti presenti nella citata tabella relative alle diverse autonomie speciali, con obbligo di integrale compensazione tra variazioni attive e passive», per l'ovvia considerazione che «ogni margine di accordo comportante un miglioramento individuale dovrebbe essere compensato da un acquiescente reciproco aggravio di altro ente, difficilmente realizzabile», sicche' «il meccanismo normativo [...] sarebbe sostanzialmente svuotato dalla prevedibile indisponibilita' di tutti gli enti interessati ad accollarsi l'onere dei miglioramenti destinati ad altri e, conseguentemente, sarebbe lesivo del principio di leale collaborazione e dell'autonomia finanziaria regionale»;   iii) «lo strumento dell'accordo», invece, deve servire a «determinare nel loro complesso punti controversi o indefiniti delle relazioni finanziarie tra Stato e Regioni, sia ai fini del raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica nel rispetto dei vincoli europei, sia al fine di evitare che il necessario concorso delle Regioni comprima oltre i limiti consentiti l'autonomia finanziaria ad esse spettante»;   iv) proprio a tale proposito la Corte ha richiamato la «prassi» e la «morfologia degli ultimi accordi stipulati in questa materia tra Governo ed autonomie speciali (Accordo tra il Governo e la Regione Trentino Alto Adige e le Province autonome di Trento e di Bolzano del 15 ottobre 2014; Accordo tra il Ministro dell'economia e delle finanze e la Regione siciliana del 9 giugno 2014; Accordo tra il Ministro dell'economia e delle finanze e la Regione autonoma Sardegna del 21 luglio 2014; Accordo tra il Ministro dell'economia e delle finanze e la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia del 28 ottobre 2014)»;   v) «il contenuto degli accordi, oltre che la riduzione dei programmi in rapporto al concorso della Regione interessata ad obiettivi di finanza pubblica, puo' e deve riguardare anche altri profili di natura contabile quali, a titolo esemplificativo, le fonti di entrata fiscale, la cui compartecipazione sia quantitativamente controversa, l'accollo di rischi di andamenti difformi tra dati previsionali ed effettivo gettito dei tributi, le garanzie di finanziamento integrale di spese essenziali, la ricognizione globale o parziale dei rapporti finanziari tra i due livelli di governo e di adeguatezza delle risorse rispetto alle funzioni svolte o di nuova attribuzione, la verifica di congruita' di dati e basi informative finanziarie e tributarie, eventualmente conciliandole quando risultino palesemente difformi, ed altri elementi finalizzati al percorso di necessaria convergenza verso gli obiettivi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea»;   vi) in conclusione, «l'oggetto dell'accordo e' costituito dalle diverse componenti delle relazioni finanziarie che, nel loro complesso, comprendono e trascendono la misura del concorso regionale»;   vii) ne consegue che, se «gli obiettivi conseguenti al patto di stabilita' esterno sono i saldi complessivi, non le allocazioni di bilancio», allora, «ferme restando le misure finanziarie di contenimento della spesa concordate in sede europea, le risorse disponibili nel complesso della finanza pubblica allargata ben possono essere riallocate, a seguito di accordi, anche ad esercizio inoltrato».

L'Ecc.ma Corte costituzionale, dunque, ha fornito una lettura costituzionalmente orientata della disposizione allora impugnata (art. 32, legge n. 183 del 2011), che rimetteva (o, a prima lettura, sembrava rimettere) all'accordo tra le parti solamente il riparto tra le autonomie speciali del contributo di finanza pubblica imposto unilateralmente dallo Stato. Tale lettura evolutiva, giustificata anche dalla virtuosa prassi (stavolta si') seguita nell'anno 2014 dal MEF, ha consentito il rigetto delle censure allora proposte (che, si badi, riguardava una disposizione precedente alla tornata degli accordi di finanza pubblica tra Stato e Regioni speciali).

2.2. - Nella successiva sent. n. 82 del 2015 l'Ecc.ma Corte ha scrutinato l'art. 28, comma 3, del d.l. n. 201 del 2011 (dunque una disposizione anch'essa precedente alla stipula degli accordi con le autonomie speciali, avvenuta nel 2014). In quel caso, si vagliava la legittimita' di un contributo straordinario di finanza pubblica, dovuto dalle sole Autonomie speciali, ma da attuare «con le procedure previste dall'articolo 27, della legge 5 maggio 2009, n. 42», ossia pel tramite dell'adozione di norme di attuazione degli statuti speciali, che sono approvate secondo il principio pattizio.

Anche in quel caso la Corte ha affermato che «in riferimento alle Regioni a statuto speciale merita sempre di essere intrapresa la via dell'accordo, espressione di un principio generale che governa i rapporti finanziari tra lo Stato e le autonomie speciali».

Tale principio puo' essere derogato solo a specifiche condizioni:   i) qualora tale principio non sia «stato recepito dagli statuti di autonomia» delle Regioni a statuto speciale;   ii) qualora la norma censurata si collochi «in un piu' ampio contesto normativo nel quale il principio pattizio e' gia' largamente adottato per volonta' dello stesso legislatore ordinario»;   iii) «affinche' esso (il contributo) non si tramuti in una definitiva sottrazione e appropriazione di risorse regionali da parte dello Stato, occorre che tale modalita' (di contribuzione regionale) non si protragga senza limite»;   iv) la misura di contribuzione deve configurarsi «come misura transitoria, necessaria per assicurare il conseguimento effettivo degli obiettivi di coordinamento finanziario»;   v) «deve essere rispettato il principio di leale collaborazione, il quale richiede un confronto autentico, orientato al superiore interesse pubblico di conciliare l'autonomia finanziaria delle Regioni con l'indefettibile vincolo di concorso di ciascun soggetto ad autonomia speciale alla manovra di stabilita', sicche' su ciascuna delle parti coinvolte ricade un preciso dovere di collaborazione e di discussione, articolato nelle necessarie fasi dialogiche».

Anche in quel caso, la Corte ha dichiarato legittimo il contributo straordinario di finanza pubblica facendo leva sulla circostanza che esso poteva essere rimodulato, anche ex post, attraverso le procedure pattizie, specificamente indicate dalla disposizione impugnata, sicche' le imposizioni statali dovevano considerarsi solamente temporanee, valide fino all'adozione delle norme di attuazione dei rispettivi statuti, che sono di origine pattizia e - per costante giurisprudenza costituzionale - prevalgono sulla legge ordinaria.

3. - Cosi' illustrati i fatti e la piu' recente giurisprudenza in materia, l'illegittimita' della disposizione impugnata risulta del tutto evidente.

3.1. - Risulta in primo luogo violato il principio di leale collaborazione tra Stato e Regione Sardegna, di cui agli articoli 5 e 117 Cost., atteso che il legislatore statale ha disciplinato lo svolgimento dei rapporti economico-finanziari tra Stato e Regione Autonoma senza prevedere i necessari e doverosi meccanismi di interlocuzione e di attuazione del principio consensualistico, piu' volte ribadito dalla giurisprudenza costituzionale (cfr. le sopra citate sentt. nn. 19 e 82 del 2015).

A tal proposito; va ricordato che:   i) diversamente da quanto previsto nell'art. 32, comma 10, della legge n. 183 del 2011 e nell'art. 28, comma 3, del d.l. n. 201 del 2011 (scrutinati dalle sopra citate sentt. nn. 19 e 82 del 2015), la disposizione in esame non contempla alcun accordo che possa consentire di superare le rigidita' della fissazione unilaterale del contributo di finanza pubblica a carico delle Regioni a statuto speciale;   ii) al contrario, le autonomie speciali vengono esplicitamente e inequivocabilmente equiparate alle Regioni ordinarie, dato che l'intesa sul riparto e' adottata con accordo fra tutte le Regioni e Province autonome;   iii) non risulta possibile fornire un'interpretazione adeguatrice e conforme a Costituzione del comma in esame, come l'Ecc.ma Corte ha fatto nella sent. n. 19 del 2015. La garanzia del metodo pattizio nelle determinazioni del quantum di contribuzione alla finanza pubblica e' riconosciuta dalla Costituzione (e dagli Statuti speciali) alle sole autonomie speciali di cui all'art. 116 Cost. e non e' riconosciuta alle Regioni ordinarie. Di conseguenza, il fatto che all'intesa sul riparto ex art. 1, comma 680, della legge impugnata partecipino anche le Regioni ordinarie comporta necessariamente che detto accordo non sia in gado di rideterminare (anche ex post) il volume del contributo imposto alle Regioni a statuto speciale, ne' di avere ad oggetto le «diverse componenti delle relazioni finanziarie che, nel loro complesso, comprendono e trascendono la misura del concorso regionale» (cosi', ancora, la sent. n. 19 del 2015);   iv) non sana le criticita' della disposizione in esame la previsione che, «fermo restando il concorso complessivo di cui al primo periodo, il contributo di ciascuna autonomia speciale e' determinato previa intesa con ciascuna delle stesse». Tale ulteriore intesa con le singole autonomie speciali, infatti, non solo esclude qualsiasi rideterminazione del quantum del contributo imposto all'intero «comparto» delle Regioni e Province autonome, ma e' anche condizionata dalla generale «intesa in autocoordinamento» adottata da tutte le Regioni (non solo quelle a Statuto speciale);   v) ne consegue che il comma in esame si situa necessariamente al di fuori del principio pattizio, che dovrebbe campeggiare, nelle piu' ampie forme e declinazioni, nella definizione dei rapporti tra Stato e autonomie speciali, come richiede la giurisprudenza dell'Ecc.ma Corte.

3.2. - La violazione del principio di leale collaborazione e la lesione dell'autonomia economico-finanziaria della Regione (tutelata dagli articoli 117 e 119 Cost. e 7 e 8 dello Statuto) si palesa anche per il profilo della contestuale violazione dell'art. 3 Cost.

Come si e' gia' osservato, il comma impugnato ha salvaguardato solo l'accordo stipulato tra Stato e Regione Autonoma Trentino-Alto Adige e Province Autonome di Trento e Bolzano (che e' stato appunto tenuto al riparo dagli effetti del comma in esame nella sua interezza e non solo nella parte in cui ha disposto una novellazione dello Statuto di autonomia regionale) mentre ha totalmente pretermesso, violandolo, l'accordo stipulato tra il MEF e la Regione Sardegna in data 21 luglio 2014. Tanto, nonostante che proprio la giurisprudenza dell'Ecc.ma Corte avesse accomunato quei due atti negoziali (e quelli stipulati con le altre autonomie speciali) quanto ad ampiezza degli effetti, natura costituzionale delle esigenze giustificative e ratio di tutela dell'autonomia economico-finanziaria delle Regioni Autonome (si rinvia ancora alla sent. n. 82 del 2015).

E', dunque, manifestamente ingiustificato il trattamento differenziato (e deteriore) della Sardegna rispetto alla Regione Trentino-Alto Adige e alle Province Autonome di Trento e Bolzano, il che comporta, appunto, la violazione degli articoli 3, 117 e 119 Cost., oltre che degli articoli 7 e 8 dello Statuto sardo.

Per le medesime ragioni risulta violato anche l'art. 116 Cost., che riconosce l'autonomia differenziata di tutte le (e non solo di alcune) Regioni a Statuto speciale, autonomia che, invece, il legislatore statale ha illegittimamente riconosciuto alla sola Regione Trentino-Alto Adige e alle Province Autonome.

3.3. - La circostanza che il legislatore statale abbia salvaguardato il solo accordo stipulato con la Regione Autonoma Trentino-Alto Adige e le due Province Autonome dimostra che il comma impugnato:   non ha garantito un sufficiente margine di flessibilita' rispetto alla unilaterale determinazione del contributo imposto alle altre autonomie speciali;   ha sostanzialmente soppresso anche gli ambiti dei rapporti economico-finanziari tra lo Stato e le altre autonomie speciali che, con gli accordi richiamati dalla sent. Corte cost., n. 19 del 2015, avevano trovato una regolamentazione su base pattizia.

Sul fatto che il comma in esame sia violativo di quegli accordi non si puo' nutrire alcun dubbio: proprio la clausola di maggior favore per la Regione Autonoma Trentino-Alto Adige dimostra questo assunto, dato che tale clausola non avrebbe alcuna ragion d'essere se il comma 680 qui impugnato potesse essere ex se compatibile con quelle intese.

Ne consegue che il principio di leale collaborazione risulta violato anche per un altro e differente profilo, ossia per il fatto che il legislatore statale, intervenuto successivamente alla stipula degli accordi di finanza pubblica del 2014, ne ha espressamente violato le clausole, peraltro senza prevedere un meccanismo adeguato che possa recuperare, anche ex post, la leale cooperazione nei rapporti economico-finanziari.

Anche per questo profilo, dunque, risultano di bel nuovo violati gli articoli 5, 117 e 119 Cost. (che fissano il principio della leale collaborazione e tutelano l'autonomia economico-finanziaria della Regione) e gli articoli 7 e 8 dello Statuto (disposizioni, anche queste, che garantiscono l'autonomia economico-finanziaria della Regione ricorrente e che impongono che il regime dei rapporti economico-finanziari sia improntato al paradigma della leale cooperazione).

Anche per questo profilo, poi, si coglie la violazione dell'art. 3 Cost., ancora in combinato disposto con gli articoli 7 e 8 dello Statuto e 117 e 119 Cost., per l'evidente irragionevolezza di una produzione legislativa che smentisce l'impostazione consensualistica dei rapporti Stato-Regione e che calpesta le clausole di un accordo faticosamente raggiunto tra la Regione e lo Stato, ponendo fine a un risalente contenzioso che l'Ecc.ma Corte conosce perfettamente, dato che - si ribadisce - aveva piu' volte imposto alle parti di accordarsi.

3.4. - Il piu' volte menzionato accordo del 21 luglio 2014 non ha solamente risolto in forma consensuale quella che anche codesta Ecc.ma Corte aveva definito «vertenza entrate» tra la Regione Sardegna e lo Stato (cfr. sent. n. 95 del 2013). Tale accordo, infatti, ha anche dato attuazione al principio dell'equilibrio dei bilanci pubblici, per come specificato dalla riforma costituzionale del 2012.

3.4.1. - Come e' noto, il novellato art. 81 Cost. ha previsto, al sesto comma, che «il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l'equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilita' del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei principi definiti con legge costituzionale».

La legge n. 243 del 2012, approvata ai sensi di tale comma, detta specifiche previsioni sull'equilibrio dei bilanci delle Regioni e degli enti locali. L'art. 9 della legge, infatti, prevede che «i bilanci delle regioni, dei comuni, delle province, delle citta' metropolitane e delle province autonome di Trento e di Bolzano si considerano in equilibrio quando, sia nella fase di previsione che di rendiconto, registrano: a) un saldo non negativo, in termini di competenza e di cassa, tra le entrate finali e le spese finali; b) un saldo non negativo, in termini di competenza e di cassa, tra le entrate correnti e le spese correnti, incluse le quote di capitale delle rate di ammortamento dei prestiti».

Il sesto comma di tale articolo, pero', specifica che le disposizioni relative all'equilibrio dei bilanci delle Regioni e degli enti locali «si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti e con le relative norme di attuazione». Ne consegue che la legge «rinforzata» ex art. 81 Cost. ha rimesso ancora una volta al principio consensualistico la definizione dei criteri di «equilibrio» dei bilanci delle autonomie speciali.

3.4.2. - In ossequio a tale precetto, lo Stato e la Regione Sardegna hanno consensualmente disciplinato le modalita' con le quali il principio dell'equilibrio di bilancio si applica alla Regione medesima, convenendo che il bilancio della Regione Sardegna si deve considerare in equilibrio alle condizioni di cui all'art. 9 della medesima legge n. 243 del 2012. Altri oneri che si sottraggano alla determinazione consensuale delle parti risultano, dunque, violativi dell'accordo del 21 luglio 2014, e, per l'effetto, violativi anche dell'art. 9, comma 6, della legge n. 243 del 2012 e dello stesso art. 81 della Costituzione.

La violazione dei precetti costituzionali e delle disposizioni di legge (rinforzata) che ne sono immediato svolgimento comportano, ovviamente, di bel nuovo la violazione dell'autonomia economico-finanziaria della Regione Sardegna, garantita dagli articoli 7 e 8 dello Statuto e 117 e 119 Cost.

3.5. - Come si e' gia' osservato, l'impugnato comma 680 e' incompatibile con le disposizioni dell'accordo del 21 luglio 2014. Ne consegue che esso ha anche sovvertito le disposizioni di cui all'art. 42, commi da 9 a 12, del d.l. n. 133 del 2014, con le quali il legislatore statale ha recepito le clausole dell'accordo del 21 luglio 2014 e ha definito i rapporti economico-finanziari tra lo Stato e la Regione Sardegna sia per quanto concerne l'obbligo di mantenere in equilibrio il bilancio regionale, sia per quanto concerne l'obbligo di partecipare al conseguimento degli obiettivi generali di finanza pubblica.

Ebbene: il legislatore statale non poteva, senza la preventiva intesa con la Regione, abrogare, modificare o comunque derogare le previsioni dei commi sopra menzionati. Essi, infatti, pur non essendo stati formalmente inseriti nello Statuto della Regione o nelle norme di attuazione, costituiscono attuazione del medesimo principio consesualistico che deve governare i rapporti economico-finanziari tra lo Stato e la Regione ricorrente.

Tale principio consensualistico e' sancito:   dall'art. 54, comma 5, dello Statuto, a tenor del quale le disposizioni statutarie in tema di autonomia finanziaria ed economica della Regione «possono essere modificate con leggi ordinarie della Repubblica su proposta del Governo o della Regione, in ogni caso sentita la Regione»;   dall'art. 56 dello Statuto, che, per l'approvazione delle norme di attuazione statutaria (e per la loro modificazione) impone un specifico procedimento rinforzato, che richiede l'adesione della Regione;   dall'art. 9 della legge (rinforzata) n. 243 del 2012, che, per la determinazione dell'equilibrio dei bilanci delle autonomie speciali rinvia alle «norme dei rispettivi statuti» e alle «relative norme di attuazione».

Cio' considerato, dato che i commi da 9 a 12 del d.l. n. 133 del 2014 hanno regolato i rapporti economico-finanziari tra lo Stato e la Regione Sardegna previa intesa con la Regione medesima, essi possono essere modificati (o derogati) solo tramite procedimenti che la coinvolgano e che siano ispirati al principio consensualistico e alla leale collaborazione tra le parti.

Inopinatamente, invece, il comma in esame non e' stato approvato previa intesa con la Regione, sicche' esso risulta illegittimo per violazione degli articoli 54 e 56 dello Statuto, anche in relazione agli articoli 7 e 8 dello Statuto e 117 e 119 Cost., che tutelano l'autonomia finanziaria della Regione.

3.6. - Come si e' gia' osservato, codesta Ecc.ma Corte costituzionale ha gia' scrutinato a piu' riprese la c.d. «vertenza entrate» insorta tra lo Stato e la Regione Sardegna a causa della mancata esecuzione, da parte dello Stato, della riforma del regime delle entrate regionali di cui all'art. 8 dello Statuto e, contemporaneamente, dall'imposizione di ulteriori oneri e restrizioni di finanza pubblica imposti sulla Regione.

3.6.1. - In particolare, come gia' rilevato supra, sub par. 1.2., nelle sue decisioni codesta Ecc.ma Corte non ha solamente rivolto un mero «monito» allo Stato e alla Regione, ma (con le sentt. nn. 99 e 118 del 2012 e 95 del 2013) ha accertato e dichiarato che lo Stato aveva e ha un preciso e specifico obbligo giuridico di definire consensualmente con la Regione il regime dei loro rapporti economico-finanziari, anche allo scopo di dare compiuta e integrale esecuzione al novellato art. 8 dello Statuto regionale, un obbligo giuridico perfetto che scaturiva e scaturisce dalle disposizioni costituzionali e statutarie che regolano - appunto - i rapporti economico-finanziari tra Stato e Regione.

Che sia cosi' e' stato riconosciuto dallo stesso legislatore statale. L'art. 11, comma 5-bis, del d.l. n. 35 del 2013, infatti, ha disposto che, «al fine di dare piena applicazione, secondo i principi enunciati nella sentenza della Corte costituzionale n. 118 del 2012, al nuovo regime regolatore dei rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione Sardegna, disciplinato dalle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 834, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, [...] entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Ministro dell'economia e delle finanze concorda, nel rispetto dei saldi di finanza pubblica, con la Regione Sardegna, con le procedure di cui all'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, le modifiche da apportare al patto di stabilita' interno per la Regione Sardegna».

Lo stesso legislatore statale, dunque, ha riconosciuto che le sentenze dell'Ecc.ma Corte sulla c.d. «vertenza entrate» hanno definito, con la forza del giudicato costituzionale, un preciso obbligo giuridico, al quale lo Stato non puo' sottrarsi.

Detto accordo, come si e' detto, e' stato finalmente sottoscritto in data 21 luglio 2014. Il comma 680 della legge in esame, pero', ne viola le clausole, imponendo alla Regione nuovi e ulteriori contributi di finanza pubblica. Per tale ragione, detto comma e' violativo anche del giudicato costituzionale e dell'art. 136 Cost., proprio perche', eludendo le clausole dell'accordo, si e' sottratto all'efficacia conformativa delle decisioni della Corte costituzionale.

3.6.2. - Per le medesime ragioni risulta violato anche il principio del legittimo affidamento, che trova riconoscimento di rango costituzionale ai sensi dell'art. 3 Cost. nonche' degli artt. 6 e 13 della CEDU (ovviamente in combinato disposto con l'art. 117, comma 1, Cost.).

Per mero tuziorismo si rammenta che il principio del legittimo affidamento, proprio per la sua natura di «principio connaturato allo Stato di diritto» (sentt. Corte cost., nn. 206 del 2009 e 156 del 2007) si applica anche ai rapporti tra Stato e Regioni, specie a quei rapporti che, incidendo sugli ambiti di autonomia garantita alle autonomie, devono ispirarsi alla leale collaborazione tra le parti (si veda la sent. Corte cost., n. 207 del 2011).

In questo contesto, e' evidente che in capo alla Regione ricorrente e' sorto un affidamento legittimo sulla stabilita' del quadro di regolamentazione dei rapporti economici con lo Stato, che, invece, e' stato inopinatamente sovvertito dal legislatore statale con la disposizione in esame.

Tale affidamento e' stato legittimamente indotto in ragione:   delle disposizioni statutarie e costituzionali che fissano il principio consensualistico nei rapporti tra Stato e Regione Sardegna;   dalle sopra richiamate decisioni della Corte costituzionale che hanno sancito l'obbligo per lo Stato di addivenire ad un complessivo accordo di finanza pubblica con la Regione;   dall'inequivoca disposizione di cui all'art. 11, comma 5-bis, del d.l. n. 35 del 2013, sopra riportata;   dalla stipula dell'accordo di finanza pubblica del 21 luglio 2014;   dal recepimento delle clausole dell'accordo nell'art. 42 del d.l. n. 133 del 2014, sopra menzionato.

Dal canto suo, la Regione Sardegna non ha mai dubitato della validita', della stabilita' e della cogenza dell'accordo del 21 luglio 2014, tanto che, come si e' gia' detto, proprio in ossequio a tale accordo ha ritirato un gran numero di impugnazioni gia' proposte non solo innanzi l'Ecc.ma Corte costituzionale, confidando, appunto, nel ristabilito ordine nei rapporti economico-finanziari con lo Stato. Risulta inciso, dunque, anche il diritto di difesa in giudizio della Regione, tutelato dall'art. 24 Cost.

3.6.3. - Se e' evidente l'esistenza di un affidamento legittimo e qualificato in capo alla ricorrente sulla stabilita' delle clausole dell'accordo del 2014, non meno evidente e' la sua lesione, visto che la ricorrente vede oggi violate le clausole di detto accordo con una disposizione con esso esplicitamente incompatibile.

3.6.4. - Si configura, dunque, la violazione degli articoli 3 Cost., 6 e 13 della CEDU in riferimento all'art. 117, comma 1, Cost., nonche' in riferimento all'autonomia economico-finanziaria della Regione, tutelata dagli articoli 7 e 8 dello Statuto e 117 e 119 Cost.

A tal proposito, e' per mera completezza d'esposizione che si ricorda che, a partire dalle sentenze n. 348 e 349 del 2007, la giurisprudenza costituzionale e' costante nel ritenere che le norme della CEDU - nel significato loro attribuito dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, specificamente istituita per dare ad esse interpretazione e applicazione - integrino, quali «norme interposte», il parametro costituzionale espresso dall'art. 117, primo comma, Cost., nella parte in cui impone la conformazione della legislazione interna ai vincoli derivanti dagli obblighi internazionali (ex plurimis: sentenze n. 1 del 2011; n. 196, n. 187 e n. 138 del 2010).

La Corte europea dei diritti dell'uomo ha piu' volte affermato che gli articoli 6 e 13 della Convenzione EDU proteggono i legittimo affidamento dei soggetti di diritto, che puo' essere legittimamente compresso solo a fronte di imperative ragioni di interesse generale (ex plurimis: sent. Sez. II, 7 giugno 2011, Agrati ed altri c. Italia; 31 maggio 2011, Maggio c. Italia; 10 giugno 2008, Bortesi e altri c. Italia; 24 giugno 2014, Azienda Agricola Silverfunghi e altri c. Italia; Sez. V, 11 febbraio 2010, Javaugue c. Francia).

Ebbene: tra i motivi imperativi di interesse generale non rientra l'ottenimento di un mero beneficio economico per la finanza pubblica. La Corte EDU lo ha piu' volte statuito. Per tutte valga il riferimento alle sentt. Sez. IV, 28 ottobre 1999, Zielinsky, Pradal e Gonzales c. Francia, e Sez. III, 21 giugno 2007, SCM Scanner de l'Ouest Lyonnais c. Francia. In entrambi i casi la Corte ha affermato che le giustificazioni di tipo economico - riguardanti il rischio di mettere in pericolo l'equilibrio finanziario e la prospettiva di un aumento esponenziale dei costi del personale - che lo Stato pone alla base del suo intervento non possono essere considerate di importanza generale tale da giustificare un'ingerenza sul legittimo affidamento dei soggetti di diritto.

Di conseguenza, atteso che l'unica ragione giustificatrice del comma impugnato potrebbe essere il conseguimento di un risparmio per lo Stato, esso risulta violativo degli articoli 6 e 13 della CEDU e 117 Cost. e, di conseguenza, degli articoli 117 e 119 Cost. e 7 e 8 dello Statuto sardo, che ne tutelano l'autonomia economico-finanziaria.

3.7. - Per consolidata giurisprudenza costituzionale (si vedano ancora le sentt. nn. 19 e 82 del 2015, che hanno ribadito e ulteriormente precisato un orientamento costante), lo Stato puo' imporre risparmi di spesa alle Regioni, purche' l'ambito all'interno del quale ottenere tali risparmi sia individuato autonomamente da ciascuna di esse.

Nel caso del comma in esame, pero', la Regione Sardegna si trova vincolata dalla volonta' anche delle altre Regioni e Province autonome, che potranno definire, seppure in regime di «autocoordinamento», gli ambiti di spesa sui quali la Regione Sardegna dovra' operare per ottemperare al medesimo comma 680. In mancanza di tale autocoordinamento, la Regione Sardegna e' consegnata alle arbitrarie determinazioni del Presidente del Consiglio.

Anche per questo profilo si evidenzia la violazione dell'autonomia economico-finanziaria della Regione Sardegna e, di conseguenza, degli articoli 7 e 8 dello Statuto e 117 e 119 Cost.

3.8. - Per costante giurisprudenza costituzionale, lo Stato puo' imporre in via autoritativa contributi straordinari di finanza pubblica alle Regioni ordinarie e alle Autonomie speciali, ma solo in presenza di un'ulteriore condizione: che il contributo richiesto sia imposto per un periodo di tempo limitato e ragionevole. Nella sent. n. 193 del 2012, ad esempio, codesta Ecc.ma Corte costituzionale ha ricordato di essersi «espressa sulla non incompatibilita' con la Costituzione delle misure disposte con l'art. 14, commi 1 e 2, del d.l. n. 78 del 2010, sul presupposto - richiesto dalla propria costante giurisprudenza - che (sono legittime) le norme che «si limitino a porre obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica, intesi nel senso di un transitorio contenimento complessivo, anche se non generale, della spesa corrente e non prevedano in modo esaustivo strumenti o modalita' per il perseguimento dei suddetti obiettivi» (sentenza n. 148 del 2012; conformi, ex plurimis, sentenze n. 232 del 2011 e n. 326 del 2010)».

Ove tale limite non sia rispettato, il contributo di finanza pubblica imposto alle Regioni costituisce disposizione «di dettaglio» in una materia affidata alla competenza legislativa concorrente, ai sensi dell'art. 117 Cost., con la conseguenza che essa esorbita dall'ambito competenziale riconosciuto al legislatore statale.

A tal proposito, il contributo di finanza pubblica di cui al comma impugnato e' previsto per un solo trienno. Esso, dunque, sembrerebbe essere astrattamente compatibile con l'obbligo di «temporaneita'» del prelievo, riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale. A tal proposito, pero', si deve osservare che le Regioni, tra cui la Sardegna, sono sottoposte da diversi anni a contributi di finanza pubblica sempre crescenti, alcuni dei quali imposti non in via temporanea, bensi' senza limiti di tempo (cfr. art. 20, comma 5, del d.l. n. 98 del 2011; art. 15, comma 22; e 16, comma 3; del d.l. n. 95 del 2012; art. 28, comma 3, del d.l. n. 201 del 2011; art. 1, commi 118 e 132, della legge n. 228 del 2012; art. 1, commi 429, 481, 499 e 526 della l. n. 147 del 2013).

Per tale ragione, il contributo di finanza pubblica imposto con il comma in esame elude l'obbligo di temporaneita' delle misure restrittive di finanza pubblica, piu' volte sancito dalla Corte costituzionale. Per tale ragione detto comma e' violativo dell'art. 117, comma 3, Cost., per avere lo Stato debordato dall'ambito di competenza legislativa concorrente nella materia del «coordinamento della finanza pubblica», nonche' degli articoli 7 e 8 dello Statuto sardo, che tutelano l'autonomia finanziaria della Regione.

3.9. - Infine, il comma in esame e' illegittimo anche per un ulteriore profilo.

Per consolidata giurisprudenza costituzionale, il legislatore statale puo' imporre, tramite contributi di finanza pubblica o riduzioni di risorse in entrata, un sacrificio economico alle Regioni «purche' non tale da rendere impossibile lo svolgimento delle sue funzioni» (sentt. nn. 138 del 1999 e 155 del 2015).

Nel caso della Regione Autonoma della Sardegna, la condizione di «impossibilita' di svolgimento delle funzioni» attribuite dalla Costituzione, dallo Statuto e dalla legge e' stata specificamente riconosciuta dal legislatore statale, dall'Amministrazione statale, dalla Corte dei conti e da codesta Ecc.ma Corte costituzionale.

Tutte queste circostanze sono ampiamente note all'Ecc.ma Corte, che le ha gia' esaminate nelle piu' volte citate sentt. nn. 99 e 118 del 2012 e 83 del 2013. E' sufficiente qui darne una breve sintesi.

i) La necessita' di riformare le entrate regionali e' stata affermata dal Ragioniere Generale dello Stato, come dimostra il carteggio intervenuto tra la Ragioneria e la Regione ricorrente tra l'agosto e il settembre del 2005, relativamente alla misura delle entrate di maggiore rilevanza per le finanze regionali: la compartecipazione all'imposta sul reddito e la compartecipazione all'I.V.A. Con nota del 3 agosto 2005, prot. n. 0102482, il Ragioniere Generale rappresentava di aver presentato una proposta di quantificazione delle quote di compartecipazione I.V.A. «nell'attesa che si proceda alla revisione dell'ordinamento finanziario che consenta di trasformare la compartecipazione IVA da quota variabile a quota fissa», e che tale proposta era stata predisposta «abbandonando [...] il criterio incrementale del tasso di inflazione che, comportando nel tempo la progressiva svalutazione in termini reali del cespite regionale, ha di fatto svilito lo strumento di garanzia previsto dallo Statuto, che mirava a consentire il tempestivo adeguamento delle entrate regionali alle mutevoli necessita' di spesa derivanti dall'espletamento delle funzioni normali della Regione». Con successiva nota del 2 settembre 2005, prot. n. 0112371, ancora il Ragioniere Generale rappresentava che «il gettito IRPEF regionale [...] registra una crescita, nell'arco temporale considerato [1991-2003], pari all'1,9%, avallando, pertanto, la tesi della Regione circa l'anomalo trend dell'IRPEF regionale rispetto a quello nazionale».

ii) La necessita' di stanziare maggiori risorse per permettere lo svolgimento delle funzioni pubbliche attribuite alla Sardegna e' stata poi riconosciuta dal legislatore statale, che, con la legge n. 296 del 2006, ha novellato l'art. 8 dello Statuto sardo, aumentando le entrate erariali compartecipate e innalzando la quota di compartecipazione fissa al gettito.

iii) Il novellato regime delle entrate regionali, pero', e' rimasto ineseguito da parte dello Stato per diversi anni, tanto che codesta Ecc.ma Corte, nella sent. n. 95 del 2013, ha riconosciuto che l'inerzia dello Stato nel dare esecuzione alle previsioni di cui all'art. 8 dello Statuto speciale aveva generato una vera «emergenza finanziaria».

iv) Nella stessa sent. n. 95 del 2013 si e' ricordato che «negli anni seguenti alla novella legislativa del 2006, le nuove previsioni hanno ricevuto puntuale attuazione sul versante delle spese, con la conseguenza che, a decorrere dalla scadenza del periodo transitorio (2009), gli oneri relativi alla sanita', al trasporto pubblico locale e alla continuita' territoriale sono venuti a gravare sul bilancio della Regione Sardegna», mentre «sul fronte delle entrate [...] lo Stato non ha trasferito alla Regione le risorse corrispondenti alle maggiori compartecipazioni al gettito dei tributi erariali, cosi' come previsto dall'art. 8 dello statuto».

v) La Corte dei conti, Sez. controllo per la Regione Sardegna, nel giudizio di parificazione del bilancio regionale per l'esercizio 2010, ha affermato che «la gestione del bilancio regionale e' stata pesantemente condizionata dal quadro di rigidita' costituito dalla mancata soluzione della vertenza "entrate" e dall'immobilismo dei vincoli imposti dal patto di stabilita', che hanno cristallizzato l'intero quadro di riferimento finanziario alle disponibilita' del 2005» (anno in cui si sono svolte le interlocuzioni sopra menzionate tra Ragioneria Generale dello Stato e Regione sull'insufficienza delle risorse regionali).

vi) Ancora in sede di parificazione del bilancio, ma per il 2011 (e stavolta nella Requisitoria del Procuratore regionale) la Corte dei conti ha rinnovato «l'auspicio, gia' espresso in occasione del referto sul rendiconto 2010, che le problematiche connesse al regime di compartecipazione al gettito dei tributi erariali siano risolte al piu' presto, ora anche avuto riguardo al contenuto delle sentenze della Corte costituzionale intervenute nei mesi scorsi», in quanto, «fra le fonti di finanziamento della spesa, il maggiore gettito deriva dalla compartecipazione ai tributi erariali, e cio' in particolare in seguito al venir meno dei trasferimenti statali afferenti alla sanita' (art. 1, comma 836, legge n. 296/2006), dal 2007 finanziata totalmente dalla Regione, senza alcun apporto statale».

vii) Perdurante la grave «l'inerzia statale» che «troppo a lungo ha fatto permanere uno stato di incertezza che determina conseguenze negative sulle finanze regionali» (sent. Corte cost., n. 95 del 2013), il legislatore statale ha costantemente imposto alle Regioni, tra cui la ricorrente, contributi di finanza pubblica sempre crescenti, gia' ricordati nel precedente paragrafo (cfr. art. 20, comma 5, del d.l. n. 98 del 2011; art. 15, comma 22; e 16, comma 3; del d.l. n. 95 del 2012; art. 28, comma 3, del d.l. n. 201 del 2011; art. 1, commi 118 e 132, della legge n. 228 del 2012; art. 1, commi 429, 481, 499 e 526 della legge n. 147 del 2013).

viii) Solamente con il piu' volte menzionato accordo del 21 luglio 2014 lo Stato ha finalmente riconosciuto alla Regione Sardegna gli «spazi» finanziari necessari per lo svolgimento delle sue funzioni pubbliche. La violazione delle clausole di quell'accordo, pero', riporta nuovamente la Regione ricorrente nella precedente condizione, di non poter strutturalmente far fronte al costo delle funzioni pubbliche che le sono state affidate dalla Costituzione, dallo Statuto e dalla legge. Risulta, dunque, evidente anche per questo profilo la violazione degli articoli 7 e 8 dello Statuto sardo e degli articoli 117 e 119 Cost., che riconoscono l'autonomia finanziaria della Regione.

4. - Quanto all'art. 1, comma 711, della legge 30 dicembre 2015, n. 208. Come si e' detto in narrativa, il comma in oggetto si inserisce tra le disposizioni con cui la legge di stabilita' per il 2016 ha riformato il meccanismo del patto di stabilita' interno per gli enti territoriali.

4.1. - L'art. 1, comma 709, della legge n. 208 del 2015 dispone che «ai fini della tutela dell'unita' economica della Repubblica, gli enti di cui al comma 1 dell'articolo 9 della legge 24 dicembre 2012, n. 243» - ossia Regioni, comuni, province, citta' metropolitane e Province autonome di Trento e di Bolzano - «concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica nel rispetto delle disposizioni di cui ai commi da 707 a 734 del presente articolo, che costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione».

Ai sensi del successivo comma 710, «ai fini del concorso al contenimento dei saldi di finanza pubblica, gli enti di cui al comma 709 devono conseguire un saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali, come eventualmente modificato ai sensi dei commi 728, 730, 731 e 732».

La disposizione prevede pertanto l'abbandono del meccanismo che vincolava gli enti territoriali a conseguire uno specifico saldo finanziario in termini di «competenza mista» come era previsto nel meccanismo del «patto di stabilita'» propriamente detto ai sensi dell'art. 1, comma 454, della legge n. 228 del 2012, oltre che dall'art. 1, comma 415, della legge n. 190 del 2014. Il rispetto dei vincoli di finanza pubblica, dunque, e' valutato solo in termini di differenza tra entrate e spese finali in conto competenza.

4.2. In questo contesto, l'impugnato comma 711 specifica che «ai fini dell'applicazione del comma 710, le entrate finali sono quelle ascrivibili ai titoli 1, 2, 3, 4 e 5 dello schema di bilancio previsto dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e le spese finali sono quelle ascrivibili ai titoli 1, 2 e 3 del medesimo schema di bilancio. Limitatamente all'anno 2016, nelle entrate e nelle spese finali in termini di competenza e' considerato il fondo pluriennale vincolato, di entrata e di spesa, al netto della quota riveniente dal ricorso all'indebitamento».

Il fondo pluriennale vincolato, disciplinato dall'art. 3, commi 4 sgg., del d.lgs. n. 118 del 2011, e' lo strumento con cui si consente alla P.A. di dare attuazione al «principio contabile della competenza finanziaria». In particolare, l'art. 3, comma 4, sopra citato, prevede che «le entrate e le spese accertate e impegnate non esigibili nell'esercizio considerato, sono immediatamente reimputate all'esercizio in cui sono esigibili» e che «La reimputazione degli impegni e' effettuata incrementando, di pari importo, il fondo pluriennale di spesa, al fine di consentire, nell'entrata degli esercizi successivi, l'iscrizione del fondo pluriennale vincolato a copertura delle spese reimputate».

Le spese oggetto del fondo, dunque, sono gia' state impegnate sull'esercizio in corso o su esercizi precedenti, sicche' esse hanno gia' trovato copertura nell'esercizio di riferimento. Per converso, le risorse del fondo pluriennale vincolato di entrata sono risorse che sono state accantonate per coprire spese che giungeranno ad essere liquidate in un esercizio successivo. La rilevanza del fondo pluriennale vincolato tra gli aggregati utili ai fini della determinazione del saldo finale di competenza e' intesa (specie per le spese in conto capitale, ma, in ogni caso, per ogni progetto di spesa pluriennale), a «neutralizzare» la differenza temporale tra l'acquisizione delle risorse in entrata e l'impiego delle risorse in uscita. In questo senso il fondo pluriennale vincolato consente di conciliare il principio costituzionale della certezza della copertura finanziaria degli impegni pluriennali e il principio contabile dell'ascrizione della spesa al momento del suo effettivo perfezionamento, garantendo la veridicita' della scrittura contabile.

4.3. - Dall'esercizio 2017, pero', ai sensi del comma 711, ai fini degli equilibri di finanza pubblica, gli enti territoriali non potranno piu' considerare tra le entrate il saldo tra il «fondo pluriennale vincolato di entrata» e il «fondo pluriennale vincolato di spesa». Ne consegue che ciascun ente (ivi comprese le Regioni) dovra' trovare copertura con risorse nuove di competenza alle spese reimputate sul medesimo esercizio, non potendo utilizzare le risorse accantonate nel fondo pluriermale vincolato.

Tale circostanza comporta una rilevante compressione dell'autonomia finanziaria degli enti territoriali, perche' irrigidisce le condizioni alle quali le Regioni possono essere considerate con i «saldi in equilibrio», ai sensi del comma 709 sopra indicato. Tale irrigidimento, pero', e' del tutto irragionevole e ingiustificato.

In primo luogo si deve osservare che l'inclusione nel saldo del fondo pluriennale vincolato per il solo esercizio 2016 crea un'evidente difficolta' nella costruzione del bilancio finanziario su base triennale come imposto dal comma 712 della legge di stabilita' 2016, che impone di allegare al bilancio di previsione un prospetto contenente le previsioni di competenza triennali rilevanti in sede di rendiconto ai fini della verifica del rispetto del saldo finale di competenza. La triennalita' del bilancio e l'esclusione del saldo del fondo pluriennale vincolato per gli anni a partire dal 2017 e', dunque, gia' un primo elemento sintomatico dell'irragionevolezza della misura.

In secondo luogo, si deve osservare che disporre la rilevanza del fondo pluriennale vincolato, sia per quanto concerne le voci di entrata che le voci di spesa, per il solo anno 2016 comporta che:   le poste residue del fondo pluriennale che saranno effettivamente riscosse negli anni dal 2017 in avanti non saranno considerate al fine dell'equilibrio dei saldi;   per converso, le poste residue del fondo pluriennale che saranno effettivamente impiegate in uscita saranno considerate al fine dell'equilibrio dei saldi (cfr. E. Civetta, La legge di stabilita' 2016, Roma, Maggioli, 2016, 65: «la parte non esigibile nel 2016 costituira' fondo pluriennale vincolato in spesa dell'esercizio 2016 e in entrata dell'esercizio 2017 e quindi, nel 2017, l'operazione tornera' a essere penalizzante in quanto, ai fini del nuovo "pareggio di bilancio", nel 2017 non si terra' conto dell'entrata ma solo della spesa»).

Ne consegue che le poste in uscita che saranno impiegate a partire dal 2017 dovranno sostanzialmente essere ri-finanziate, nonostante che le risorse in entrata per il loro finanziamento siano state gia' individuate e contabilizzate per il tramite del fondo pluriennale vincolato.

4.4. - Per tale ragione il comma 711, nella parte in cui limita al solo anno 2016 la rilevanza del saldo del fondo pluriennale di entrata e di spesa, risulta irragionevole e violativo degli articoli 3, 81, 117 e 119 Cost. e 7 e 8 dello Statuto della Regione Autonoma della Sardegna.

Tale disposizione, infatti, nella parte impugnata, sortisce l'irragionevole effetto di richiedere agli enti territoriali, tra cui la Sardegna, di stanziare ulteriori risorse per spese che trovano gia' la loro copertura nel fondo pluriennale vincolato, determinando un irragionevole sacrificio della loro autonomia finanziaria, protetta dagli articoli 7 e 8 dello Statuto e 117 e 118 della Costituzione.

Si aggiunga che la mancata considerazione del saldo del fondo pluriennale di spesa, impedendo l'effetto di neutralizzazione tra entrate e spese che si compensano, ma che intervengono in anni diversi, comporta anche la violazione del principio di veridicita' dei bilanci pubblici, di cui all'art. 81 Cost. In particolare, dato che non si verifica l'effetto di «neutralizzazione» temporale cui e' preordinato il fondo pluriennale vincolato secondo le prescrizioni del d.lgs. n. 118 del 2011, gli enti territoriali vincolati dal comma 711 si troveranno ad aver accumulato poste in entrata non utilizzabili e, per converso, a doverne stanziare di nuove a copertura di spese gia' finanziate.

La violazione del principio di veridicita' del bilancio, dunque, si accompagna alla gia' segnalata compressione degli spazi di autonomia finanziaria della Regione ricorrente, con cio' violando le disposizioni costituzionali e statutarie che proteggono l'autonomia economico finanziaria della Regione Sardegna (art. 7 e 8 dello Statuto e 117 e 119 Cost.).

L'art. 117 Cost., risulta violato anche per un altro profilo: dato che il comma in esame determina una compressione dell'autonomia economico-finanziaria degli enti territoriali ingiustificata ai sensi dell'art. 81 Cost., l'imposizione di tale vincolo nei confronti delle Regioni costituisce un esercizio illegittimo della competenza legislativa concorrente in materia di «coordinamento della finanza pubblica» ex art. 117, comma 3, Cost. Il legislatore statale, nella sostanza, non ha fissato un principio di contenimento della spesa collegato all'attuazione dell'art. 81 Cost., bensi' ha determinato un vincolo sugli «spazi» economico-finanziari delle Regioni specifico, arbitrario e illimitato nel tempo. Una tale previsione, per consolidata giurisprudenza costituzionale, costituisce «norma di dettaglio» nella materia di competenza concorrente «coordinamento della finanza pubblica», circostanza che dimostra che il legislatore statale ha esorbitato dall'ambito competenziale (circoscritto ai "principi della materia) riconosciutogli dall'art. 117, comma 3, Cost.

 

P. Q. M.

 

La Regione autonoma della Sardegna, come in epigrafe rappresentata e difesa, chiede che codesta Ecc.ma Corte costituzionale voglia:   accogliere il presente ricorso;   per l'effetto, dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 680, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, e l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 711, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, limitatamente alle parole «Limitatamente all'anno 2016».

Si deposita copia conforme all'originale della delibera della Giunta regionale della Regione Autonoma della Sardegna 26 febbraio 2016, n. 10/1.

Roma-Cagliari, addi' 29 febbraio 2016

Avv. Sandra Trincas - Avv. prof. Massimo Luciani