RICORSO N. 104 DEL 15 DICEMBRE 2015 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 15 dicembre 2015.

(GU n. 4 del 27.01.2016)

 

Ricorso per il Presidente del Consiglio dei ministri, (c.f. 80188230587) rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato (c.f. 80224030587) ags_m2@mailcert.avvocaturastato.it; fax 06/96514000 presso i cui uffici e' domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi, 12;   Contro la Regione Abruzzo, (c.f. 80003170661 ) in persona del Presidente della Giunta pro tempore per la declaratoria di incostituzionalita' della legge della Regione Abruzzo 14 ottobre 2015, n. 29, pubblicata nel B.U.R. n. 105 del 14 ottobre 2015, avente ad oggetto «Provvedimenti urgenti per la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema della costa abruzzese.» in relazione agli articoli 3, 5, 97, 117, comma secondo lett. s), comma terzo (con riferimento ai principi fondamentali in materia di produzione trasporto e distribuzione nazionale dell'energia contenuti nella legge n. 239/2004 e all'art. 6, comma 17 d.lgs. n. 152/2006) e 118 Cost.

1) La legge regionale, composta di due articoli, dispone il divieto, ai fini della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, delle attivita' di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi nelle zone di mare entro le 12 miglia dal perimetro delle coste abruzzesi, estendendo il medesimo divieto anche ai procedimenti autorizzatori e concessori in corso alla data di entrata in vigore della legge, nonche' a tutti i procedimenti conseguenti e connessi. L'unica clausola di salvaguardia prevista dalla legge regionale riguarda i titoli abilitativi gia' rilasciati.

La finalita' enunciata dal legislatore regionale, che sembra essere esclusivamente quella della tutela dell'ambiente, viene perseguita attraverso un generale divieto di attivita' di prospezione e ricerca degli idrocarburi entro le 12 miglia dalla linea di costa abruzzese.

La materia rientra tuttavia tra quelle rimesse alla competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'art. 117 comma secondo, lett. s) Cost.

La disciplina regionale, nella parte in cui pone il divieto di tutte le nuove attivita' upstream prospiscenti le coste abruzzesi, comprendendo nell'ambito di applicazione del divieto anche i procedimenti in corso e quelli conseguenti e connessi, contrasta con l'art. 6, comma 17, d.lgs. n. 152/2006, come modificato dall'art. 35, comma 1, del decreto-legge n. 83/2012, il quale dispone che «Ai fini di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, all'interno del perimetro delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale, in virtu' di leggi nazionali, regionali o in attuazione di atti e convenzioni dell'Unione europea e internazionali sono vietate le attivita' di ricerca, di prospezione nonche' di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare, di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge 9 gennaio 1991, n. 9. Il divieto e' altresi' stabilito nelle zone di mare poste entro dodici miglia dalle linee di costa lungo l'intero perimetro costiero nazionale e dal perimetro esterno delle suddette aree marine e costiere protette, fatti salvi i procedimenti concessori di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge n. 9 del 1991 in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 29 giugno 2010, n. 128 ed i procedimenti autorizzatori e concessori conseguenti e connessi, nonche' l'efficacia dei titoli abilitativi gia' rilasciati alla medesima data, anche ai fini della esecuzione delle attivita' di ricerca, sviluppo e coltivazione da autorizzare nell'ambito dei titoli stessi, delle eventuali relative proroghe e dei procedimenti autorizzatori e concessori conseguenti e connessi. Le predette attivita' sono autorizzate previa sottoposizione alla procedura di valutazione di impatto ambientale di cui agli articoli 21 e seguenti del presente decreto, sentito il parere degli enti locali posti in un raggio di dodici miglia dalle aree marine e costiere interessate dalle attivita' di cui al primo periodo, fatte salve le attivita' di cui all'art. 1, comma 82-sexies, della legge 23 agosto 2004, n. 239, autorizzate, nel rispetto dei vincoli ambientali da esso stabiliti, dagli uffici territoriali di vigilanza dell'Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse, che trasmettono copia delle relative autorizzazioni al Ministero dello sviluppo economico e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare....».

L'intervento normativo regionale, nella parte in cui (art. l comma 2 della legge impugnata) estende il divieto anche ai procedimenti autorizzatori in corso, interferisce dunque con lo svolgimento di un procedimento amministrativo incardinato in capo all'amministrazione statale e finalizzato al rilascio della concessione per lo svolgimento dell'attivita' di coltivazione di idrocarburi nelle acque di mare poste innanzi alle cose abruzzesi («Ombrina mare») e ostacola l'applicazione della citata norma statale che la Regione ha omesso di impugnare in base all'art. 127 della Costituzione.

Ne consegue l'evidente violazione dell'art. 5 della Costituzione, perche' la norma regionale «con finalita' "meramente demolitorie" e di "reazione" a norme statali, pregiudicherebbe l'unita' giuridica della Repubblica». Al riguardo, si osserva che codesto Giudice delle leggi, con sentenza n. 198/2004, ha affermato che «e' implicitamente escluso dal sistema costituzionale che il legislatore regionale ... utilizzi la potesta' legislativa allo scopo di rendere inapplicabile, nel proprio territorio, una legge dello Stato che ritiene costituzionalmente illegittima, se non addirittura dannosa o inopportuna, anziche' agire in giudizio dinanzi a questa Corte ai sensi dell'art. 127 Cost.»   La legge regionale impugnata con il presente atto interviene inoltre in materia di localizzazione delle opere energetiche in mare e, quindi, in un ambito di territorio sottratto alla competenza regionale e ricadente pacificamente in quella dello Stato, perche' riconducibile alla materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» l'art. 117, terzo comma, Cost.

Infatti, la legge n. 239/2004, che fissa i principi fondamentali della materia (come riconosciuto anche da C. cost. n. 282/2009 e n. 124/2010), in coerenza con l'ordinamento comunitario e al fine di assicurare la tutela della concorrenza e dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, per garantire l'unita' giuridica ed economica dello Stato, assoggetta a concessione le attivita' di esplorazione, coltivazione e stoccaggio di idrocarburi (art. 1, comma 2, lett. c). Stabilisce, inoltre, che le determinazioni inerenti la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, ivi comprese le funzioni di polizia mineraria, siano adottate dallo Stato, d'intesa con le regioni interessate, per la terraferma e in via esclusiva, per l'offshore (art. 1, comma 7, lettera n). Sono di esclusiva competenza statale, inoltre, le funzioni amministrative concernenti «l'identificazione delle linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale con riferimento all'articolazione territoriale delle reti infrastrutturali energetiche dichiarate di interesse nazionale» e «l'utilizzazione del pubblico demanio marittimo e di zone del mare territoriale per finalita' di approvvigionamento di fonti di energia» (art. 1, comma 7, lettere g) ed l).

La legge regionale che s'impugna si pone percio' in contrasto anche con gli enunciati principi fondamentali dettati dal legislatore statale, che rimettono in via esclusiva allo Stato l'adozione delle determinazioni, in materia upstream, relative alle zone di mare antistanti le coste italiane, laddove la competenza legislativa concorrente dovrebbe, invece, esplicarsi all'interno della legislazione statale di cornice e con spirito di leale collaborazione.

Tra l'altro, in materia di localizzazione di impianti energetici, codesta Suprema Corte ha gia' avuto modo di affermare il principio generale per cui la Regione non puo' introdurre «limitazioni alla localizzazione», ma eventualmente somministrare «criteri di localizzazione», quand'anche formulati «in negativo», ovvero per mezzo della delimitazione di aree ben identificate, ove emergano interessi particolarmente pregnanti affidati alle cure del legislatore regionale, e purche' cio' non determini l'impossibilita' di una localizzazione alternativa (sent. n. 278/2010); del resto, la generale esclusione di tutto il territorio esime dall'individuazione della ratio che presiede alla dichiarazione di inidoneita' di specifiche tipologie di aree (sent. n. 224/2012); pertanto, alla Regione non puo' essere consentito, anche nelle more della definizione dei criteri statali, di porre limiti assoluti di edificabilita' degli impianti (sent. n. 192/2011).

Nel caso di specie, la legge regionale censurata ha derogato ai criteri stabiliti dalla legge statale, adottando determinazioni in un ambito di territorio, quale quello marino, sottratto alle competenze regionali e subordinato, in via esclusiva, alle determinazioni dello Stato.

La competenza regionale sugli idrocarburi in mare e sull'individuazione delle aree per lo svolgimento delle relative attivita', deve considerarsi esclusa, oltre che in base ai principi fondamentali fissati nella legge n. 239/2004, anche in ragione del fatto che le finalita' cui si collegano la ricerca e l'estrazione degli stessi, con evidenti riflessi anche nei rapporti con l'estero, non attengono all'interesse esclusivo o prevalente delle Regioni, tanto piu' se si considera che ciascuna regione non e' dotata di un proprio mare territoriale, ne' puo' esercitare poteri su quel mare. Secondo codesto Giudice, infatti, «La ricerca sottomarina puo' organizzarsi e svolgersi unitariamente dalla zona che corrisponde al sovrastante mare territoriale fino a quella che sottosta' all'alto mare; e per cio' solo non potrebbe essere oggetto di potesta' regionali, sicuramente non estensibili al mare libero. Non si potrebbe dividere il fondo e il sottofondo marino tra zona territoriale, zona contigua e zona d'alto mare, per riconoscere alle Regioni una competenza unicamente riguardo alle attivita' che possono esercitarsi sulla porzione di fondo e di sottofondo sottostante al mare territoriale, poiche' la corrispondente differenziazione del mare si rifa' ad una varia natura e ad una diversa intensita' dei poteri dello Stato, che attengono alla difesa, alla polizia della navigazione, alla vigilanza doganale, e via enumerando, mentre sul fondo e sul sottofondo marino si esplicano poteri di contenuto e di intensita' uguali per tutta la fascia che va dalla linea di bassa marea fino al limite esterno della piattaforma. In altre parole, la condizione giuridica differenziata del mare trova fondamento in una diversita' di funzione dei suoi vari tratti, la' dove una sola e' la funzione del fondo e sottofondo marino, e la distinzione del mare territoriale della zona contigua e dell'alto mare e' rilevante soltanto nella misura in cui lo e' secondo il diritto internazionale, il quale non fa prevedere, per la piattaforma continentale, l'instaurazione di trattamenti diversi a seconda della sua posizione geografica» (sentenza n. 21/1968).

Cio' nonostante, l'art. 6, comma 17, d.lgs. n. 152/2006, prevede comunque una forma di partecipazione degli enti locali, prevedendo che le attivita' di ricerca, sviluppo e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare siano autorizzate previa sottoposizione alla procedura di valutazione di impatto ambientale (quale endoprocedimento obbligatorio e vincolante, di competenza del Ministero dell'ambiente, di concerto con il Ministero dei beni culturali, sentite le Regioni interessate), e sentito il parere degli enti locali posti in un raggio di dodici miglia dalle aree marine e costiere interessate dalle predette attivita'.

Da ultimo, la legge censurata contrasta con l'art. 118 Cost., in attuazione del quale sono attribuite allo Stato le competenze amministrative in materia di impianti e infrastrutture energetiche considerate di preminente interesse nazionale per la sicurezza del sistema elettrico e degli approvvigionamenti.

Infine, si ritiene che il provvedimento contrasti con il principio della certezza del diritto e del legittimo affidamento, e quindi del buon andamento della Pubblica Amministrazione, di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione.

 

P.Q.M.

 

Voglia codesta ecc.ma Corte dichiarare l'illegittimita' costituzionale della legge della Regione Abruzzo 14 ottobre 2015, n. 29, pubblicata nel B.U.R. n. 105 del 14 ottobre 2015, avente ad oggetto «Provvedimenti urgenti per la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema della costa abruzzese.» in relazione agli articoli 3, 5, 97, 117, comma secondo, lett. s), comma terzo (con riferimento ai principi fondamentali in materia di produzione trasporto e distribuzione nazionale dell'energia contenuti nella legge n. 239/2004 e all'art. 6, comma 17 d.lgs. n. 152/2006) e 118 Cost.

Roma, 9 dicembre 2015

Avvocato dello Stato: Aiello