RICORSO N. 87 DEL 21 SETTEMBRE 2015 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 21 settembre 2015.

(GU n. 45 del 11.11.2015)

 

Ricorso del presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato codice fiscale n. 80224030587, fax 06/96514000 e Pec roma@mailcert.avvocaturastato.it, presso i cui uffici ex lege domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12, nei confronti della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro-tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge regionale Friuli-Venezia Giulia n. 16 del 10 luglio 2015, recante «Integrazioni e modificazioni alla legge regionale 13 marzo 2015, n. 4 (Istituzione del registro regionale per le libere dichiarazioni anticipata di trattamento sanitario (DAT) e disposizioni per favorire la raccolta delle volonta' di donazione degli organi e dei tessuti», pubblicata nel B.U.R. n. 16 del 15 luglio 2015, giusta delibera del Consiglio dei ministri in data 4 settembre 2015.

1. Con ricorso ex art. 127 della Costituzione, giusta delibera del Consiglio dei ministri in data 18 maggio 2015, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato la legge regionale n. 4 del 13 marzo 2015, che consta di nove articoli, con la quale la Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia ha emanato le disposizioni in tema di «Istituzione del registro regionale per le libere dichiarazioni anticipata di trattamento sanitario (DAT) e disposizioni per favorire la raccolta delle volonta' di donazione degli organi e dei tessuti».

La legge della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia n. 4 del 2015 citata presentava, infatti, profili d'incostituzionalita' per violazione sia dell'art. 117, secondo comma, lett. l), Cost., per contrasto con le regole in materia di ordinamento civile e penale, sia dell'art. 117, terzo comma, Cost., per contrasto con i principi fondamentali in materia di tutela della salute, nonche' per violazione del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione.

La legge regionale n. 4/15 citata prevede l'istituzione di un registro regionale che raccolga le dichiarazioni anticipate di volonta' relative ai trattamenti sanitari, nonche' la possibilita' di rendere esplicita la volonta' in merito alla donazione post-mortem dei propri organi e tessuti, contestualmente al deposito nel registro regionale delle predette dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario (art. 1, commi 3 e 5).

In particolare, l'art. 2 della legge regionale n. 4/15 citata stabilisce che il cittadino residente o che ha eletto domicilio in Friuli-Venezia Giulia puo' richiedere l'annotazione della propria dichiarazione anticipata di trattamento sanitario all'interno del registro regionale (comma 1). Inoltre ai suddetti cittadini e' garantita la possibilita' di registrare la dichiarazione anticipata di trattamento sanitario sulla propria Carta regionale dei servizi, nonche' in forma codificata, sulla tessera sanitaria (comma 2). La dichiarazione anticipata di trattamento e' presentata dal cittadino all'Azienda per l'assistenza sanitaria territorialmente competente che la inserisce nella banca dati e a richiesta della persona la registra sulla Carta regionale dei servizi nonche' in forma codificata, sulla tessera sanitaria personale (commi 3 e 4).

Quanto ai contenuti delle suddette dichiarazioni, l'art. 2, comma 5, prevede che esse hanno ad oggetto «la volonta' del singolo di essere o meno sottoposto a trattamenti sanitari in caso di malattia o lesione cerebrale che cagioni una perdita di coscienza e volonta' definibile come permanente e irreversibile secondo i protocolli scientifici riconosciuti a livello internazionale».

L'art. 2, al comma 6, inoltre, prevede che il soggetto dichiarante puo' rilasciare l'autorizzazione a comunicare a chiunque ne faccia richiesta o a determinati soggetti l'esistenza della dichiarazione anticipata di trattamento sanitario e il suo contenuto.

L'art. 3 disciplina la possibilita' per il cittadino di nominare uno o piu' fiduciari o un amministratore di sostegno ai sensi dell'art. 408 del codice civile, con il compito di controllare il rispetto della volonta' dal medesimo espressa nella dichiarazione e di contribuire a realizzare la volonta'.

Sono, altresi', disciplinati all'art. 4 la validita', la revoca e la modifica delle suddette dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario, prevedendo che esse producono effetti dal momento in cui interviene lo stato di incapacita' decisionale del predisponente e perdono validita' solo su richiesta del dichiarante; possono, inoltre, essere revocate in qualunque momento dal dichiarante.

All'art. 5 e' prevista l'esenzione da oneri finanziari inerente la procedura di registrazione della dichiarazione anticipata di trattamento.

L'art. 6 prevede che la banca dati contenente le dichiarazioni anticipate di trattamento sia tenuta a cura dell'azienda per l'assistenza sanitaria e ne disciplina le modalita' di accesso.

L'art. 7 disciplina le iniziative finalizzate a favorire la registrazione della volonta' in merito alla donazione post mortem degli organi o tessuti.

Nel predetto ricorso e' stato ritenuto che essa, avente contenuto omogeneo e recante disposizioni strettamente connesse tra loro, si configuri come costituzionalmente illegittima, in quanto esorbitante, a vario titolo, dalle competenze legislative regionali costituzionalmente riconosciute. Le disposizioni di cui si compone, infatti, involgono diverse materie, a seconda dei casi riservate alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato o concorrente Stato-Regioni, integrando, tuttavia, in quest'ultimo caso, principi fondamentali della materia, rimessi, dunque, alla legislazione statale.

2. La legge regionale n. 16/2015 indicata in epigrafe, composta da un unico articolo, come esplicita lo stesso titolo, apporta modifiche e integrazioni alla citata legge regionale n. 4/2015, con il chiaro intento di sanare i rilievi di costituzionalita' sollevati dal Governo con il predetto ricorso avverso la legge regionale n. 4/15 citata.

Si ritiene, tuttavia, che le modifiche apportate dall'unico articolo di cui si compone la legge in questione non siano sufficienti a superare le censure di illegittimita' costituzionale del proposto ricorso pendente dinanzi alla Corte Costituzionale. La legge regionale in esame, infatti, analogamente alla precedente legge n. 4 del 2015 citata, prevede l'istituzione di un registro regionale che raccolga le dichiarazioni anticipate di volonta' relative ai trattamenti sanitari, nonche' la possibilita' di rendere esplicita la volonta' in merito alla donazione post mortem dei propri organi e tessuti contestualmente al deposito nel registro regionale delle predette dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario.

Cosi' disponendo l'intera legge regionale n. 16/15 citata, avente contenuto omogeneo e recante disposizioni strettamente connesse tra loro, e' costituzionalmente illegittima, in quanto esorbita, a vario titolo, dalle competenze legislative regionali costituzionalmente riconosciute.

Le disposizioni di cui si compone, infatti, intervenendo sulla disciplina degli atti di disposizione del proprio corpo, attengono ai diritti fondamentali dell'individuo, rispetto ai quali sono evidenti le esigenze di unitarieta' dell'ordinamento, demandate alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato. Dette disposizioni, pertanto, invadono la competenza esclusiva dello Stato sia in materia di ordinamento civile di cui all'art. 117, secondo comma, lett. l), della Costituzione, sia in materia di tutela della salute, i cui principi fondamentali sono riservati alla legislazione statale, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost.

In linea generale, infatti, occorre evidenziare come la disciplina del c.d. «fine vita» non possa avere regolamentazioni differenziate sul territorio nazionale, attenendo ai diritti fondamentali dell'individuo, rispetto ai quali sono evidenti le esigenze di unitarieta' dell'ordinamento. Essa, dunque, e' da intendersi rimessa alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato.

E' avviso del Governo che, con le norme denunciate in epigrafe, la Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia abbia ecceduto dalla propria competenza in violazione della normativa costituzionale, come si confida di dimostrare in appresso con l'illustrazione dei seguenti

 

Motivi:

 

1. L'art. 1, comma 1, lett. a), della Legge Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia n. 16/2015 viola gli articoli 3, 117, comma 2, lett. l) e l'art. 117, comma 3, della Costituzione.

L'art. 1, comma 1, lettera a), della legge regionale n. 16/2015 citata sostituisce integralmente l'art. 1 della legge regionale n. 4/2015 citata, senza, tuttavia, mutarne, nella sostanza, i contenuti.

Resta, infatti, l'istituzione del registro regionale delle dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario, sul quale si erano dirette le censure del ricorso del Presidente del Consiglio del 18 maggio 2015.

In particolare, la norma regionale in esame, nell'introdurre una nuova formulazione del comma 2 dell'art. 1 della legge regionale n. 4/2015 citata, dispone che: «La Regione Autonoma, per le finalita' di cui al comma 1 (1) istituisce un registro regionale delle dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario (DAT), con accesso ai dati tramite la Carta regionale dei servizi, disciplinando in modo omogeneo su tutto il territorio regionale la raccolta di tali medesime dichiarazioni anticipate, in osservanza e in attuazione degli articoli 2, 3, 13 e 32 della Costituzione, nonche' nel rispetto della normativa in materia a livello nazionale, europeo e internazionale».

La disposizione de qua si limita a riscrivere, usando solo parole diverse, quanto gia' previsto dall'originaria versione dell'art. 1 della legge regionale n. 4/2015, il quale, al comma 3, disponeva che «La Regione, in attuazione di quanto previsto dagli articoli 2, 3, 13 e 32 della Costituzione, dall'art. 9 della Convenzione di Oviedo del 4 aprile 1997, ratificata dalla legge 28 marzo 2001, n. 145 e dall'art. 3 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, istituisce un registro regionale delle dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario (DAT), con accesso ai dati tramite Carta regionale dei servizi».

Inoltre, il medesimo art. 1, comma 1, lett. a), della legge regionale n. 16/15 citata, nel riformulare il comma 1 dell'art. 1 della legge regionale n. 4/2015 citata, non fa che parafrasare quanto gia' disposto dall'art. 1, comma 1, della versione originaria, prevedendo che «la Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia riconosce e promuove la possibilita' della persona di rendere esplicite con certezza le proprie determinazioni in ordine ai trattamenti sanitari, nell'ambito del Servizio sanitario regionale e in tutte le fasi della vita, ivi compresa quella terminale, e anche per l'ipotesi in cui la persona stessa non sia piu' in grado di intendere e di volere, fino alla morte accertata nei modi di legge».

Appare evidente, anche a un mero confronto letterale, la sostanziale invarianza di contenuti rispetto alla versione originaria dell'art. 1, commi 1 e 2, della legge regionale n. 4/2015, secondo cui: «a. La Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia riconosce e tutela la vita umana quale diritto inviolabile che viene garantito anche nella fase finale dell'esistenza e nell'ipotesi in cui la persona non sia piu' in grado di intendere e di volere, fino alla morte accertata nei modi di legge. 2. La Regione garantisce, altresi', il diritto all'autodeterminazione della persona nell'accettazione o rifiuto delle cure mediche per se' piu' appropriate in relazione a tutte le fasi della vita, ivi compresa quella terminale.».

A tal riguardo, pertanto, non si possono che ribadire le censure di costituzionalita' gia' formulate nel ricorso avverso la legge regionale n. 4/15 citata sulla base della delibera del Consiglio dei ministri del 18 maggio 2015.

La disciplina introdotta dalla legge regionale n. 16/15 citata, infatti, analogamente a quella regolamentata dalla precedente n. 4/2015 citata, involge diverse materie, a seconda dei casi riservate alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato o concorrente Stato-Regioni, integrando, tuttavia, in quest'ultimo caso, principi fondamentali della materia, rimessi, dunque, alla legislazione statale.

Come gia' rilevato in linea generale a proposito della legge regionale n. 4/15 citata, con le considerazioni da ribadirsi anche avverso la legge regionale n. 16/15 citata, «la disciplina del c.d. "fine vita" non puo' tollerare regolamentazioni differenziate sul territorio nazionale, attenendo ai diritti fondamentali dell'individuo, rispetto ai quali sono evidenti le esigenze di unitarieta' dell'ordinamento. Essa, dunque, e' da intendersi rimessa alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato.» Assume, peraltro, rilievo anche nei confronti della legge in esame, la considerazione del Governo, secondo cui l'istituzione di un tale registro, «avendo la finalita' di attribuire certezza giuridica a specifiche situazioni, con il conseguente condizionamento dei diritti soggettivi fondamentali, necessita di una disciplina statale che regolamenti le dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario, i loro contenuti, i loro limiti, le loro modalita' di manifestazione e i loro effetti, analogamente a quanto avviene per i registri istituti presso pubbliche amministrazioni che certificano i dati identificativi di una persona, o la provenienza e la data di deposito di un determinato documento, ecc. (si vedano, ad esempio, gli articoli da 449 a 445 del codice civile per quanto riguarda gli atti di stato civile).»   Nel merito, dunque, permangono i rilievi in ordine all'istituzione di un registro regionale delle DAT formulati dal Governo nei confronti della legge regionale n. 4 del 2015.

Le disposizioni della legge regionale sopra menzionate, che istituiscono il registro delle DAT, e le disposizioni ad esse collegate, infatti, «sono destinate a registrare una tipologia del tutto speciale di atti, cioe' le dichiarazioni di volonta' concernenti il consenso o dissenso dei cittadini rispetto a determinati trattamenti sanitari. Pertanto, detto registro coinvolge, in primo luogo, la materia dell'ordinamento civile, in quanto attinente a vere e proprie dichiarazioni di volonta' - quindi atti manifestazione di autonomia privata - e ai loro possibili limiti, alle loro modalita' di espressione, alla loro efficacia nel rapporto con i terzi. Si tratta, dunque, di materia rimessa, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lett. l), della Costituzione, alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato».

D'altra parte, la circostanza che nel settore delle dichiarazioni anticipate di trattamento vengano in rilievo istituti tipici dell'ordinamento civile e' testimoniata anche dal successivo art. 1, comma 1, lettera c), della legge n. 16/15 citata (2) , che, nel sostituire il comma 1 dell'art. 3 della legge n. 4/2015, prevede che nella dichiarazione anticipata l'interessato possa nominare uno o piu' soggetti fiduciari, per l'interlocuzione e il contraddittorio con il Servizio sanitario regionale concernente la dichiarazione anticipata medesima.

La norma in esame e le disposizioni della legge in esame ad esso collegate, inoltre, attenendo all'eventuale consenso a (o rifiuto di) determinati trattamenti sanitari, incide certamente anche sulla materia «tutela della salute».

Come e' noto, la tutela della salute e' rimessa alla potesta' legislativa concorrente Stato-Regioni, in virtu' dell'art. 117, terzo comma, Costituzione. A tal riguardo, tuttavia, si deve considerare che l'eventuale previsione di atti attraverso i quali le persone possano disporre il proprio anticipato consenso o dissenso a determinati trattamenti sanitari, nonche' la previsione delle relative modalita' di manifestazione e degli effetti, costituiscono, per la loro rilevanza, aspetti che certamente integrano principi fondamentali della materia, non profili di dettaglio o meramente organizzativi.

La legge regionale in esame, pertanto, regolamentando profili che, in base alla giurisprudenza costituzionale, sono da configurarsi come attinenti ai principi fondamentali della legislazione statale in materia di tutela della salute, eccede dalle competenze regionali, in violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost. Cio' vale, in particolare, con riferimento alla necessita' di garantire che ogni determinazione in ordine al consenso o al dissenso rispetto a determinati trattamenti sanitari, avvenga sulla base di una scelta davvero libera, consapevole e informata. In altri termini, nella materia delle dichiarazioni anticipate di trattamento assume eminente importanza il principio del «consenso informato». Anche in tal caso, tuttavia, la delicatezza dei profili coinvolti fa si' che la relativa disciplina sia dettata in maniera uniforme sul territorio nazionale, senza differenziazioni che sarebbero certamente suscettibili di incidere sul principio di uguaglianza, sancito dall'art. 3 Costituzione.

Viene in rilievo, a tal riguardo, la sentenza della Corte Costituzionale n. 438/2008, che ha precisato che «il consenso informato [...] si configura quale vero e proprio diritto della persona e trova fondamento nei principi espressi nell'art. 2 della Costituzione, che ne tutela e promuove i diritti fondamentali, e negli artt. 13 e 32 della Costituzione, i quali stabiliscono, rispettivamente, che "la liberta' personale e' inviolabile", e che «nessuno puo' essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge».

La Corte ha, altresi', rilevato che «il consenso informato trova il suo fondamento negli artt. 2, 13 e 32 della Costituzione», sottolineandone la funzione di «sintesi di due diritti fondamentali della persona: quello all'autodeterminazione e quello alla salute, in quanto, se e' vero che ogni individuo ha il diritto di essere curato, egli ha, altresi', il diritto di ricevere le opportune informazioni in ordine alla natura e ai possibili sviluppi del percorso terapeutico cui puo' essere sottoposto, nonche' delle eventuali terapie alternative; informazioni che devono essere le piu' esaurienti possibili, proprio al fine di garantire la libera e consapevole scelta da parte del paziente e, quindi, la sua stessa liberta' personale, conformemente all'art. 32, secondo comma, della Costituzione.»   Sulla base di tali considerazioni, ha tratto la conclusione che «il consenso informato deve essere considerato un principio fondamentale in materia di tutela della salute, la cui conformazione e' rimessa alla legislazione statale».

In particolare, la Corte ha osservato come l'individuazione dei soggetti legittimati al rilascio del consenso informato, nonche' le modalita' con le quali esso deve essere prestato e acquisito, costituiscono aspetti di primario rilievo dell'istituto del consenso informato, non potendosi, dunque, configurare quali norme di dettaglio, attuative dei principi fondamentali della legislazione statale.

Si tratta, dunque, di aspetti che non possono tollerare regolamentazioni differenziate sul territorio nazionale, in linea con quanto statuito con la citata sentenza della Corte Costituzionale n. 438/2008.

Alla luce di quanto sopra, deve ritenersi, pertanto, che l'art. 1, comma 1, lett. a), della legge regione Friuli-Venezia Giulia n. 16/2015 citata violi gli articoli 3, 117, comma 2, lett. l) e l'art. 117, comma 3, della Costituzione.

2. L'art. 1, comma 1, lett. a), della Legge Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia n. 16/2015 viola gli artt. 3, 117, comma 2, lett. l) e l'art. 117, comma 3, della Costituzione.

Occorre ribadire nei confronti dall'art. 1, comma 1, lett. a), della legge regionale indicata in epigrafe, che riformula il comma 3 dell'art. 1 della Legge n. 4/2015 citata, le censure gia' formulate avverso l'originaria formulazione dell'art. 1, comma 5, della legge regionale n. 4/2015. Esse concernono la possibilita' di rendere esplicita, contestualmente al deposito nel registro regionale delle dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario, la volonta' in merito alla donazione post mortem dei propri organi e tessuti.

Su tali previsioni (che vanno lette in combinato disposto con l'art. 7 della Legge n. 4/2015, rimasto vigente e invariato), come gia' rilevato a proposito dell'art. 1, comma 5, e dell'art. 7 citato della legge regionale n. 4/15, va ribadito che anche la donazione degli organi, oltre che attenere alla materia «tutela della salute» (essendo finalizzata a curare coloro i quali necessitano degli organi medesimi), costituisce certamente un atto di disposizione del proprio corpo, tanto che le diverse fonti che ne recano la disciplina si pongono in rapporto di specialita' rispetto al generale divieto di cui all'art. 5 del codice civile. Essa, pertanto, attiene anche alla materia dell'ordinamento civile, rimessa, come piu' volte eccepito, alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.

Va, peraltro, considerato che anche alla predetta materia siano connessi i profili concernenti le modalita' di espressione del consenso alla donazione di organi, quale atto di disposizione del proprio corpo. Anche in tal caso, dunque, assume primario rilievo la tematica del consenso informato, la cui disciplina, come evidenziato, integra i principi fondamentali in materia di tutela della salute, riservati alla potesta' legislativa statale.

Sul punto, peraltro, va ricordato che il citato art. 7 della legge regionale n. 4/15, rimasto, come si e' detto, invariato, pur disponendo l'acquisizione delle volonta' secondo le procedure statali gia' in corso, non prevede l'invio delle suddette dichiarazioni al Sistema informativo trapianti, come previsto dalla legge 1° aprile 1999, n. 91 e dal decreto del Ministro della sanita' 8 aprile 2000.

Alla luce di quanto sopra, deve ritenersi, pertanto, che l'art. 1, comma 1, lett. a), della legge regione Friuli-Venezia Giulia n. 16/2015 citata violi gli artt. 3, 117, comma 2, lett. l) e l'art. 117, comma 3, della Costituzione.

3. L'art. 1, comma 1, lett. b), n. 1, della Legge Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia n. 16/2015 viola l'art. 3, l'art. 117, comma 2, lett. l), e l'art. 117, comma 3, della Costituzione.

Alla stregua delle precedenti tali considerazioni e' da considerarsi illegittima anche la disposizione di cui all'art. 1, comma 1, lettera b), n. 1), della legge regionale n. 16/15 citata, che sostituisce il comma 3 dell'art. 2 della legge regionale n. 4/2015 citata e che disciplina, appunto, il consenso informato finalizzato al rilascio delle DAT.

In particolare, nella nuova versione, la disposizione in argomento prevede che «3. Per le finalita' di cui ai commi 1 e 2 la Regione garantisce al cittadino una compiuta informazione sugli accertamenti e i trattamenti sanitari, nell'ambito del Servizio sanitario regionale, assicurando la possibilita' di presentare all'Azienda per l'assistenza sanitaria territorialmente competente un atto, avente data certa con firma autografa, contenente la dichiarazione anticipata della persona di essere o meno sottoposta a trattamenti sanitari in caso di malattia o lesione cerebrale che cagioni una perdita di coscienza e volonta' definibile come permanente e irreversibile secondo i protocolli scientifici riconosciuti a livello internazionale».

La nuova disposizione, quindi, non si differenzia significativamente da quella originaria, risultante dal combinato disposto dei commi 3 e 5 dell'art. 2 della legge n. 4/2015. In particolare, il comma 3 prevedeva che «[...] il cittadino, acquisita una compiuta informazione, presenta all'Azienda per l'assistenza sanitaria territorialmente competente un atto contenente la dichiarazione anticipata di trattamento sanitario, avente data certa con firma autografa».

Il comma 5 (abrogato dall'art. 1, comma 1, lett. b), n. 2) della legge regionale n. 16/2015 citata, la quale, pero', ne fa sostanzialmente confluire il contenuto nel novellato comma 3) aggiungeva che «La dichiarazione [anticipata di trattamento] ha ad oggetto la volonta' del singolo di essere o meno sottoposto a trattamenti sanitari in caso di malattia o lesione cerebrale che cagioni una perdita di coscienza e volonta' definibile come permanente e irreversibile secondo i protocolli scientifici riconosciuti a livello internazionale».

Non si puo' non rilevare come la riformulazione del comma 3 dell'art. 2 introdotta dalla disposizione in esame, non faccia che parafrasare quanto gia' previsto dalla versione originaria della legge regionale n. 4/2015 citata.

Sul punto, dunque, occorre ribadire l'illegittimita' costituzionale della disposizione in argomento, sulla base di quanto sancito dalla citata sentenza della Corte Costituzionale n. 438/2008, che ha configurato la disciplina del consenso informato come attinente ai principi fondamentali della legislazione statale in materia di tutela della salute, rimessi alla potesta' legislativa dello Stato.

Tale pronuncia, peraltro, evidenzia come, laddove un determinato profilo, inerente ad una materia di potesta' legislativa concorrente, sia strettamente connesso alla conformazione di diritti fondamentali costituzionalmente fondati - e questo e' certamente anche il caso degli aspetti disciplinati dalla legge regionale in esame, che interviene in una materia delicata come il «fine vita» - tale profilo assurge di per se' al rango di «principio fondamentale», «la cui conformazione e' rimessa alla legislazione statale».

In tali casi, pertanto, come pure e' stato rilevato, una legge regionale che intervenisse su tali profili non sarebbe incostituzionale per il modo in cui li ha disciplinati, ma per il fatto stesso di averli disciplinati.

Quanto all'oggetto delle DAT, prima previsto dal richiamato comma 5 dell'art. 2 della legge n. 4/2015 citata e, in conseguenza delle modifiche apportate dall'art. 1, comma 1, lett. b), della legge n. 16/2015 citata, confluito nel comma 3 del medesimo art. 2, si deve ribadire che esso attiene alla materia dell'ordinamento civile. Le relative disposizioni, infatti, attengono ai contenuti delle DAT, quali vere e proprie dichiarazioni di volonta' - quindi, atti di manifestazione di autonomia privata - e ai loro possibili limiti, alle loro modalita' di espressione, alla loro efficacia nel rapporto con i terzi. Risulta, dunque, violato l'art. 117, secondo comma, lett. l), della Costituzione, che attribuisce l'ordinamento civile alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato.

Del resto, come osservato nel ricorso avverso la legge regionale n. 4 del 2015, va sottolineato come nell'ambito delle dichiarazioni anticipate di trattamento "le materie «ordinamento civile» e «tutela della salute» si intersechino inscindibilmente, specialmente con riguardo alla definizione degli eventuali limiti al possibile contenuto delle dichiarazioni stesse. Tali limiti, infatti, circoscrivendo le dichiarazioni di volonta' - che costituiscono, come detto, espressione di autonomia privata - rientrerebbero, per cio' stesso, nella materia «ordinamento civile», ma potrebbero essere stabiliti, in ipotesi, proprio per finalita' di «tutela della salute».

La relazione tecnica allegata alla menzionata delibera d'impugnativa della legge regionale n. 4 del 2015 del Consiglio dei ministri del 18 maggio 2015, ricorda, a titolo di esempio, che «nella precedente legislatura e' stato presentato, in materia, il ddl 2350, il quale statuiva che "l'alimentazione e l'idratazione, nelle diverse forme in cui la scienza e la tecnica possono fornirle al paziente, sono forme di sostegno vitale e fisiologicamente finalizzate ad alleviare le sofferenze fino alla fine della vita. Esse non possono formare oggetto di dichiarazione anticipata di trattamento». E' evidente come tali aspetti non possano essere rimessi all'autonoma iniziativa delle regioni o, tanto meno, degli enti locali, necessitando, invece, di una disciplina uniforme sul territorio nazionale.

Alla luce delle precedenti considerazioni, deve ritenersi che l'art. 1, comma 1, lett. b), n. 1 della legge regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia n. 16/2015 violi l'art. 3, l'art. 117, comma 2, lett. l), e l'art. 117, comma 3, della Costituzione.

4. L'art. 1, comma 1, lett. c), della Legge Regione Friuli-Venezia Giulia n. 16/2015 viola l'art. 3, l'art. 117, comma 2, lett. l) e l'art. 117, comma 3, della Costituzione.

L'art. 1, comma 1, lettera c), della legge regionale n. 16/2015 indicata in epigrafe sostituisce il comma 1 dell'art. 3 della Legge n. 4/2015 citata, prevedendo che «Nella dichiarazione anticipata l'interessato puo' nominare uno o piu' soggetti, ai fini della presente legge denominati fiduciari, per l'interlocuzione e il contraddittorio con il Servizio sanitario regionale concernente la dichiarazione anticipata medesima». La versione originaria di tale disposizione, invece, prevedeva che «Nella dichiarazione anticipata di trattamento sanitario il soggetto interessato puo' nominare uno o piu' fiduciari o un amministratore di sostegno ai sensi dell' art. 408 del codice civile con il compito di controllare il rispetto della volonta' dal medesimo espressa nella dichiarazione e di contribuire a realizzarne la volonta'».

Come e' facile rilevare, le modifiche apportate alla disposizione originaria sono di modesta portata e non ne mutano la sostanza. La differenza principale consiste nell'aver eliminato la possibilita' di nominare un amministratore di sostegno, lasciando la figura del fiduciario.

Gia' con riferimento alla legge regionale n. 4/15 citata, la delibera del Consiglio dei ministri del 18 maggio 2015 aveva rilevato, ancora una volta, la violazione della potesta' legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, in quanto, in particolare, «ai sensi dell'art. 408 del codice civile, l'amministratore di sostegno puo' essere designato dallo stesso interessato, in previsione della propria eventuale futura incapacita', "mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata". Orbene, le dichiarazioni anticipate di trattamento previste dalla legge regionale in esame non configurano ne' un atto pubblico ne' una scrittura privata autenticata; il che e' sufficiente a rilevare, anche sotto questo profilo, la lesione della competenza statale in materia di ordinamento civile.».

L'aver eliminato la figura dell'amministratore di sostegno non appare sufficiente a superare la censura di costituzionalita', in primo luogo, perche' la disposizione riformulata, attenendo alle modalita' per far valere nei confronti dei terzi i contenuti di un atto, quale la DAT, che, per i motivi sopra illustrati, non puo' essere previsto da una legge regionale ed e', comunque, investito da illegittimita' consequenziale (essendo a monte illegittima la stessa istituzione del registro delle DAT e la disciplina di queste ultime).

In secondo luogo, perche', come illustrato sopra, al punto 1), anche la figura dei fiduciari - che permane nel testo riformulato - non e' prevista dalla normativa vigente statale, che, invece, fa riferimento all'istituto della rappresentanza. Sotto questo profilo, dunque, la norma regionale in questione sembra configurare un istituto giuridico non meglio definito, quale quello del «fiduciario», che ha evidenti analogie con la rappresentanza disciplinata dal codice civile, senza, tuttavia, seguirne il regime, in quanto resta, comunque, distinta da quest'ultima. Non puo' che ribadirsi, pertanto, la lesione della potesta' legislativa esclusiva statale in materia di ordinamento civile, in violazione dell'art. 117, secondo comma, lett. l).

Alla luce delle precedenti considerazioni, deve ritenersi che l'art. 1, comma 1, lett. c) della legge regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia n. 16/2015 violi l'art. 3, l'art. 117, comma 2, lett. l), e l'art. 117, comma 3, della Costituzione.

5. L'art. 1, comma 1, lett. b) ed e) della legge regione Friuli-Venezia Giulia n. 16/2015 viola l'art. 3, l'art. 117, comma 2, lett. l) e l'art. 117, comma 3, della Costituzione.

La disciplina contenuta nella legge regionale indicata in epigrafe e in particolare le lettere b), ed e), dell'art. 1, comma 1, che sostituiscono, rispettivamente, l'art. 2, comma 3, e l'art. 6, comma 2, della legge regionale n. 4/2015 e che prevedono che l'azienda per l'assistenza sanitaria inserisca le DAT della banca dati e ne curi la tenuta, coinvolgono anche direttamente la materia della protezione dei dati personali ed hanno importanti implicazioni sulla stessa e sulla tutela della riservatezza, che -come noto- rientrano nell'ambito dell'ordinamento civile, che e' riservato alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'art. 117, comma 2, lett. l), Cost. (cfr., per tutte, la sentenza della Corte costituzionale n. 271/2005).

Come noto, detta competenza e' stata esercitata dal legislatore statale segnatamente attraverso il decreto legislativo n. 196/2003 (Codice in materia di protezione dei personali, in presieguo: il «Codice»).

In proposito, va evidenziato che, da un lato, la tipologia di informazioni contenute nella DAT e' per la maggior parte esplicitamente collegata a dati sanitari ed a informazioni relative alla salute; dall'altro, che la DAT trascende inevitabilmente l'ambito prettamente sanitario e finisce per coinvolgere delicati aspetti della vita umana di carattere etico, religioso, filosofico e di altro genere.

Sotto entrambi i menzionati profili, pertanto, la DAT implica anche il trattamento di dati sensibili, tra i quali sono ricompresi i dati idonei a rivelare «le convinzioni religiose, filosofiche e di altro genere» dell'individuo, «nonche' i dati personali idonei a rivelare lo stato salute» (cfr. l'art. 4, comma 1, lett. d), del Codice).

Per operare il trattamento di dati personali, comuni e sensibili, implicato dalla DAT occorre che il trattamento inerisca allo svolgimento delle funzioni istituzionali delle aziende per l'assistenza sanitaria (art. 18, comma 2, del Codice) e che una norma di rango statale individui le finalita' di rilevante interesse pubblico alla base dello stesso, secondo quanto previsto dall'art. 20, comma 1, del Codice.

Ne' appare possibile effettuare l'individuazione della rilevante finalita' di intesse pubblico con un regolamento regionale (a cui rinvia l'art. 9 della legge regionale n. 4/15 citata), occorrendo a tal fine una fonte di rango statale; la normativa secondaria regionale puo' svolgere un ruolo di tipo integrativo, disciplinando differenti profili del trattamento, come l'individuazione dei tipi di dati e di operazioni eseguibili, nel caso in cui il trattamento da parte del soggetto pubblico (qui, le aziende per l'assistenza sanitaria) riguardi dati sensibili (cfr. art 20, comma 2, Codice).

Secondo quanto stabilito dalla Corte con la richiamata sentenza n. 271/2005, infatti, il predetto art. 20, comma 2, del Codice, ammette «solo l'integrazione delle prescrizioni legislative statali che siano incomplete in relazione al trattamento di dati sensibili da parte di pubbliche amministrazioni (poiche' non determinano tipi di dati sensibili e di operazioni eseguibili) operata tramite appositi regolamenti a cura dei soggetti che ne effettuano il trattamento, seppure in conformita' al parere espresso dal Garante ai sensi dell'art. 154, comma 1, lettera g), anche su schemi tipo. In questi ambiti possono quindi essere adottati anche leggi e regolamenti regionali, ma solo in quanto e nella misura in cui cio' sia appunto previsto legislazione statale.

Ne' valgono a fugare i dubbi di un possibile contrasto con il dettato costituzionale le affermazioni presenti nella legge regionale circa l'«osservanza della normativa statale, europea e internazionale sul trattamento dei dati personali e sulla protezione della riservatezza» (cfr. art. 1, comma 1, lett. b, n. 3), e lett. e), della legge regionale n. 16/15 citata, quando, invece, la legge regionale stessa in concreto contraddice sotto molteplici profili la legislazione statale vigente in materia di protezione dei dati personali (nonche' le stesse direttive europee che ne sono all'origine) (cfr. la sentenza della Corte cost. n. 271/2005).

Allo stato, la materia della DAT non trova disciplina nella legislazione statale; risultano solo presentati in Parlamento alcuni disegni di Legge il cui esame, peraltro, non e' stato ancora avviato (AS 433 e AC 1432, entrambi recanti «Disposizioni in materia di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario»).

Pertanto, in assenza di disposizioni statali che includano tra i compiti istituzionali delle aziende sanitarie tale specifica funzione e che affermino la rilevante finalita' di interesse pubblico perseguita, la legge regionale in esame contrasta con la disciplina ed i principi della legislazione statale in materia di protezione dei dati personali, con specifico riferimento, quali «norme interposte», alle disposizioni del Codice indicate in motivazione e viola pertanto l'art. 117, secondo comma, lett. l), della Costituzione.

Per tutti i suddetti motivi, e' da ritenere che la legge regionale n. 16/2015 violi, nel suo complesso, l'art. 117, secondo comma, della Costituzione, per contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di tutela della salute, nonche' l'art. 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione, per interferenza con la potesta' legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile.

In particolare l'interferenza con la materia ordinamento civile e' resa evidente dalla circostanza che la legge regionale n. 16/2015, analogamente alla legge regionale n. 4/2015, prevede una particolare categoria di atti espressione di autonomia privata, quali, appunto, le dichiarazioni anticipate di trattamento, disciplinandone:   i contenuti e l'oggetto (ovvero la volonta' della persona «di essere o meno sottoposta a trattamenti sanitari in caso di malattia o lesione cerebrale che cagioni una perdita di coscienza e volonta' definibile come permanente e irreversibile secondo i protocolli scientifici riconosciuti a livello internazionale» - art. 1, comma 1, lett. b), n. 1);   le modalita' con cui possono essere portate a conoscenza di terzi (prevedendo che «il soggetto dichiarante puo' rilasciare l'autorizzazione a comunicare a chiunque ne faccia richiesta o a determinati soggetti l'esistenza della dichiarazione anticipata di trattamento o anche del suo contenuto [...]» - art. 1, comma 1, lett. b), n. 3);   la validita', la revoca e la modifica (prevedendo che «Le dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario sono rilasciate per il momento in cui intervenga lo stato di incapacita' decisionale del predisponente e non possono essere modificate o revocate se non su richiesta del dichiarante, non necessitando comunque di alcuna conferma successiva al rilascio» - art. 1, comma 1, lett. d);   la possibilita' per il cittadino di nominare uno o piu' fiduciari, per l'interlocuzione e il contraddittorio con il Servizio sanitario regionale concernente la dichiarazione anticipata medesima - art. 1, comma 1, lett. c).

Si tratta, dunque, di una disciplina che, attenendo ai contenuti, ai limiti e alle modalita' di esternazione di atti tipicamente di autonomia privata, in quanto concernenti la disposizione del proprio corpo mediante l'adesione o meno a determinati trattamenti sanitari, rientra, inequivocabilmente, nella materia dell'ordinamento civile, che e' riservata, in via esclusiva, alla potesta' legislativa statale.

Come gia' rilevato dal Consiglio dei ministri del 18 maggio 2015, con riferimento alla determinazione di impugnare la legge regionale n. 4/15 citata, dunque, "anche sotto questo profilo e' illuminante la giurisprudenza costituzionale. Viene in rilievo, in particolare, la sentenza della Corte Costituzionale n. 253/2006, che ha dichiarato l'incostituzionalita', per interferenza nella materia dell'ordinamento civile, di una norma della regione Toscana, la quale prevedeva che «Ciascuno ha diritto di designare la persona a cui gli operatori sanitari devono riferirsi per riceverne il consenso a un determinato trattamento terapeutico, qualora l'interessato versi in condizione di incapacita' naturale e il pericolo di un grave pregiudizio alla sua salute o alla sua integrita' fisica giustifichi l'urgenza e indifferibilita' della decisione».

La medesima legge regionale disciplinava il procedimento per rendere operative le relative dichiarazioni di volonta'. Orbene, la Corte Costituzionale, nel giudicare tale legge regionale, ha sancito che «la Regione ha cosi' disciplinato la possibilita' per il soggetto, in vista di un'eventuale e futura situazione di incapacita' naturale e al ricorrere delle condizioni indicate dall'art. 7, di delegare ad altra persona, liberamente scelta, il consenso ad un trattamento sanitario. Cosi' operando il legislatore regionale ha ecceduto dalle proprie competenze, regolando l'istituto della rappresentanza che rientra nella materia dell'ordinamento civile, riservata allo Stato, in via esclusiva, dall'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione».

Si tratta, come si vede, di fattispecie del tutto analoga a quella disciplinata dalla legge della regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia n. 4/2015, anche come riformulata dalla Legge n. 16/2015, rispetto alla quale, pertanto, non possono che permanere i rilievi di incostituzionalita' gia' espressi e sopra riportati.

(1) «La Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia riconosce e promuove la possibilita' della persona di rendere esplicite con certezza le proprie determinazioni in ordine ai trattamenti sanitari, nell'ambito del Servizio sanitario regionale e in tutte le fasi della vita, ivi compresa quella terminale, e anche per l'ipotesi in cui la persona stessa non sia piu' in grado di intendere e di volere, fino alla morte accertata nei modi di legge»..,

(2) «Il comma 1 dell'art. 3 e' sostituito dal seguente: 1. nella dichiarazione anticipata l'interessato puo' nominare uno o piu' soggetti ai fini della presente legge denominati fiduciari, per l'interlocuzione e il contraddittorio con il Servizio sanitario regionale concernente la dichiarazione anticipata medesima».

 

P. Q. M.

 

Per i suesposti motivi si conclude perche' la Legge della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia n. 16 del 10 luglio 2015, recante «Integrazioni e modificazioni alla legge regionale 13 marzo 2015, n. 4 (Istituzione del registro regionale per le libere dichiarazioni anticipata di trattamento sanitario (DAT) e disposizioni per favorire la raccolta delle volonta' di donazione degli organi e dei tessuti», avente contenuto omogeneo e recante disposizioni strettamente connesse tra loro e, comunque, gli articoli specificamente indicati e le disposizioni ad essi collegate indicate in epigrafe, siano dichiarati costituzionalmente illegittimi.

Si produce l'attestazione della deliberazione del Consiglio dei ministri del 4 settembre 2015.

Roma, 11 settembre 2015

L'Avvocato dello Stato PALMIERI