RICORSO N. 67 DEL 19 GIUGNO 2015 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 19 giugno 2015.

(GU n. 33 del 19.8.2015)

 

Ricorso per la Presidenza del Consiglio dei ministri (c.f. 80188230587), in persona del Presidente del Consiglio attualmente in carica, rappresentata e difesa per mandato ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato dall'Avvocatura Generale dello Stato (C.F. 80224030587), presso i cui uffici ha domicilio in Roma, via dei Portoghesi 12 (fax 0696514000 - PEC ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it), ricorrente;   Contro Regione Molise, in persona del Presidente della Giunta Regionale attualmente in carica, resistente;   Per l'impugnazione e la dichiarazione di incostituzionalita' degli articoli 2, comma 1 lettere g) e i) - 4, comma 1 lettera g) - 17 - 18, comma 2, della legge regionale 14 aprile 2015 n. 7, avente ad oggetto «Disposizioni modificative della Legge regionale 11 dicembre 2009 n. 30 (Intervento regionale straordinario volto a rilanciare il settore edilizio, a promuovere le tecniche di bioedilizia e l'utilizzo di foni di energia alternative e rinnovabili, nonche' a sostenere l'edilizia sociale da destinare alle categorie svantaggiate e l'edilizia scolastica)», pubblicata sul BUR n. 9 del 16 aprile 2015.

La Regione Molise ha approvato ed emanato la legge 11/2015 con cui, in modifica della propria precedente Legge n. 30/2009, ha dettato nuove disposizioni in materia urbanistica ed edilizia.

Sennonche' non tutte le norme di cui alla nuova legge si presentano legittime sotto il profilo costituzionale, perche' indebitamente invadenti sia la competenza legislativa dello Stato nella materia dell'ordinamento civile, sia la medesima competenza statale di natura concorrente che detta i principi fondamentali nelle materie del governo del territorio e della tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.

Per tale ragione, la Presidenza del Consiglio dei ministri deve impugnare la Legge regionale in questione, deducendo i seguenti vizi di illegittimita' costituzionale.

1) Illegittimita' dell'articolo 2, comma 1, lettera g) della Legge Regionale 14 aprile 2015 n. 7 per violazione dell'art. 117, comma 2, lettera l) e comma 3 della Costituzione.

L'articolo 2, comma 1, lettera g) della Legge Regionale 7/2015 ha sostituito l'articolo 2, comma 5, della Legge regionale n. 30/2009 che, al fine di migliorare la condizione abitativa, consente in deroga ai vigenti strumenti urbanistici comunali una serie di interventi principalmente consistenti nell'ampliamento, eventualmente con ulteriore premialita', degli edifici esistenti e in costruzione.

In forza della nuova norma, l'ampliamento in questione puo' essere realizzato in sopraelevazione, contiguita' o all'interno di un diverso lotto, anche se assoggetto dallo strumento urbanistico ad una differente destinazione di zona, purche' adiacente a quello da ampliare. E soprattutto, gli ampliamenti in sopraelevazione non costituiscono nuova costruzione ai fini del calcolo delle distanze tra edifici - ivi comprese quelle previste dall'art. 9 del DM 1444/1968 - e ai fini dell'osservanza delle fasce di rispetto.

Ora, come e' noto, la materia delle distanza tra edifici rientra nell'ordinamento civile (art. 873 del codice civile) e come tale la sua disciplina e' demandata dall'art. 117, comma 2, lettera 1) della Costituzione alla competenza legislativa esclusiva dello Stato. Competenza che lo Stato ha esercitato con il DM 1444/1968 e con l'art. 2 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), come di recente modificato.

Ed e' noto che laddove esiste una competenza esclusiva dello Stato, alle regioni e' inibito dettare disposizioni legislative proprie, anche se di mera natura riproduttiva.

E' vero che la giurisprudenza costituzionale ha dettato un'interpretazione moderata di tale riserva sulla considerazione che le distanze tra edifici interessano non solo il diritto di proprieta' (e quindi l'ordinamento civile) di esclusiva competenza statale, ma anche il governo del territorio che puo' essere regolato in via concorrente anche dalla regioni; ed e' quindi vero che sulla base di tale concorso di interessi pubblici alle regioni e' consentito pure derogare alla regola statale quando si debbano perseguire esigenze di carattere urbanistico destinate ad assicurare un assetto complessivo ed unitario di determinate zone del territorio.

Tuttavia, nel caso di specie l'intervento legislativo regionale - che nella parte in cui non considera nuove costruzioni gli ampliamenti in sopraelevazione e' pure derogatorio alle norme statali - e' di tale generalita' e genericita' da non rientrare nel limite di costituzionalita' dettato dalla giurisprudenza costituzionale, non potendosi ritenere riferito ne' ad una zona determinata del territorio ne' ad una qualche particolare esigenza di unitarieta' ed omogeneita' di assetto.

In sostanza, la nuova disciplina regionale incidente sulle distanze tra edifici, sia nella parte in cui recepisce la regola statale sia nella parte in cui da quella si discosta, e' suscettibile di essere applicata sempre e dappertutto, e non invece solo dove particolari necessita' di carattere urbanistico lo richiedano.

Si tratta quindi di una mera agevolazione edilizia riguardante anche il diritto di proprieta' ed i suoi limiti, e non di una norma sul governo (eccezionale) del territorio.

In questi termini, la norma regionale deve essere annullata in quanto indebitamente invasiva della esclusiva competenza statale e quindi costituzionalmente illegittima.

2) Illegittimita' dell'articolo 2, comma 1, lettera i) della Legge Regionale 14 aprile 2015 n. 7 per violazione dell'art. 117, comma 2, lettera l) e comma 3 della Costituzione.

Per le stesse ragioni deve essere dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 2, comma 1, lettera i) della Legge Regionale 7/2015.

Questa norma ha sostituito l'articolo 2, comma 8, della Legge regionale n. 30/2009 e, consentendo ampliamenti agli edifici esistenti e in costruzione in deroga ai vigenti strumenti urbanistici comunali, permette altresi' la non osservanza dei limiti massimi di altezza dei fabbricati e dei limiti minimi di distanza degli edifici tra loro e degli stessi edifici dai confini.

Anche a questo proposito e' necessario richiamare la giurisprudenza costituzionale che ha affermato l'appartenenza della materia delle distanze fra edifici all'ordinamento civile e quindi alla esclusiva competenza legislativa dello Stato (Corte Cost. 21 maggio 2014 n. 134; Corte Cost. 16 gennaio 2013 n. 6; Corte Cost. 7 maggio 2012 n. 114; Corte Cost. 15 maggio 2005 n. 232).

E quindi rispetto a questo principio la norma regionale che qui si censura e' chiaramente invasiva della sfera di potere legislativo statale, in quanto la disciplina delle distanza in essa contenuta si limita ad uniformarsi alla regola del codice civile (e sarebbe comunque illegittima perche' ripetiti-va), ma ignora del tutto la regola molto piu' articolata e differenziata contenuta nell'art. 9 del DM 1444/1968.

Anche in questo caso non puo' soccorrere la facolta' derogatoria ammessa dalla ricordata giurisprudenza costituzionale, perche' anche qui la norma regionale ha un contenuto ed una portata cosi' generici e generalizzati da ignorare quei presupposti di specificita' nell'assetto del territorio e di esigenze di omogeneita' che potrebbero consentire una disciplina regionale delle distanze diversa da quella statale, ma giustificata da ragioni di interesse pubblico imposte alla politica urbanistica dal particolare governo del territorio.

In sostanza, in base alla norma regionale che qui si censura (ed a quella gia' censurata con il precedente motivo di ricorso) la deroga alla disciplina statale in tema di distanze tra edifici e' destinata ad operare sempre e dappertutto, e non invece soltanto laddove vi siano specifiche necessita' legate al territorio, a quel particolare territorio, con quelle particolari caratteristiche dettate da ragioni naturali e storiche (Corte Cost. 134 /2014).

Per tali ragioni, anche la norma oggetto del presente motivo di censura contrasta con l'art. 117, comma 2 lettera 1), e comma 3 della Costituzione ed e' pertanto illegittima.

3) Illegittimita' dell'articolo 4, comma 1, lettera g) della Legge Regionale 14 aprile 2015 n. 7 per violazione dell'art. 117, comma 2, lettera l) e comma 3 della Costituzione.

Uguali ragioni di incostituzionalita' vanno dedotti nei confronti dell'art. 4, comma 1, lettera g) della Legge Regionale 7/2015, che ha sostituito l'art. 3, comma 7, primo e secondo periodo della Legge Regionale n. 30/2009.

In forza della novella legislativa, la disciplina regionale prevede che gli interventi di demolizione e ricostruzione degli edifici con la stessa sagoma del demolito e sulla medesima area di sedime non configura la fattispecie di nuova costruzione al fine del calcolo delle distanze tra edifici anche con riferimento a quelle disciplinate dal DM 1444/1968 o al fine dell'osservanza delle fasce di rispetto.

Analogamente, non e' considerata nuova costruzione ai fini del rispetto dei limiti di distanza da altri edifici o delle fasce di rispetto secondo il DM 1444/1968 quella ricostruita (anche con sopraelevazione) in luogo di un manufatto demolito, sulle aree prospicienti le strade pubbliche   Anche questa norma viene ad incidere su una materia - appunto, la distanza tra gli edifici e le fasce di rispetto - che rientra nella disciplina civilistica e quindi nella competenza legislativa esclusiva dello Stato. Disciplina che, per quanto attiene alla sua forza imperativa, non puo' essere vanificata o derogata sulla base di una particolare finzione che equipara una nuova costruzione (quella ex novo realizzata in luogo dr quella demolita) alla vecchia costruzione.

La norma regionale, in sostanza, per eludere la disciplina statale in tema di limiti minimi di distanze e di fasce di rispetto, considera un edificio demolito e ricostruito come se non fosse mai stato demolito. Il che appare ancor piu' anomalo ove si osservi che tale equiparazione trasforma il nuovo in vecchio pure in presenza di sopraelevazioni, ossia di interventi che alterano l'immagine e la forma dei manufatti, rendendo impossibile ragionare in termini persino di identita' fisica.

Il che, come s'e' detto, non e' ammissibile in presenza di una materia sulla quale lo Stato ha signoria legislativa esclusiva.

Ne' e' ammissibile pur considerando quegli spazi di potere legislativo concorrente che la giurisprudenza costituzionale riconosce alla norma regionale in funzione derogatoria, perche' - ribadendo anche in questo caso quanto sopra rilevato - la disciplina regionale e' di tale generalita' e genericita' da apparire incompatibile con quelle ragioni di specificita' territoriale che, secondo la Corte costituzionale, pur potrebbero legittimare una motivazione urbanistica esigente una regola diversa da quella statale. La norma oggetto del presente motivo di censura, pertanto, e' indebitamente invasiva della competenza legislativa statale esclusiva in materia di ordinamento civile e, in carenza dei presupposti per un legittimo esercizio di un potere legislativo concorrente con carattere derogatorio, deve essere considerata costituzionalmente illegittima.

4) Illegittimita' dell'articolo 17 della Legge Regionale 14 aprile 2015 n. 7 per violazione dell'art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione.

L'articolo 17 della Legge Regionale 7/2015 ha inserito nella Legge Regionale n. 30/2009 una nuova norma, l'articolo 14-ter, che prevede che entro il 31 maggio 2016 la Giunta Regionale adotti i Piani Paesistici Esecutivi di ambito (PPE) di cui all'art. 11 della Legge Regionale 24/1989. Nelle more, fermo restando l'obbligo di richiedere l'autorizzazione di cui all'art. 146 del decreto legislativo n. 42/2004, nelle zone sottoposte a vincolo paesistico sono comunque consentiti interventi edilizi a valore strategico finalizzati alla ripresa del turismo e ad incrementare la competitivita' del sistema di offerta nelle aree a forte attrazione turistico-ricettiva.

Ora, come noto, la tutela del paesaggio appartiene alla competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione.

I Piani Paesistici Esecutivi di Ambito menzionati dalla norma qui censurata sono strumenti di pianificazione previsti e disciplinati da una normativa regionale risalente al 1989, che non tiene conto - ne' potrebbe - delle norme statali in tema di pianificazione paesaggistica intervenute successivamente, ed in particolare necessariamente ignora le disposizioni del Codice dei Beni Culturali ed Ambientali introdotte nel 2004.

In particolare, quella normativa regionale non contempla l'indispensabile ed irrinunciabile coinvolgimento degli organi ministeriali competenti nella formazione degli strumenti di pianificazione paesaggistica e nell'adeguamento ad essi degli atri strumenti urbanistici sotto ordinati secondo le modalita' di co-pianificazione ed i rapporti di gerarchia previsti dagli articoli 135 e 143 del decreto legislativo 42/2004.

Le disposizioni statali del Codice dei Beni Culturali ed Ambientali sono richiamate solo per quanto riguarda l'autorizzazione paesistica necessaria alla realizzazione degli interventi edilizi a valore strategico nelle zone sottoposte a vincolo nelle more della adozione dei Piani Paesistici Esecutivi, ma non per quanto attiene alla adozione vera e propria dei PPE stessi che, puramente e semplicemente rinviati alle disposizioni che originariamente li prevedono, sono cosi' sottratti alla co pianificazione dello Stato prevista dal Codice.

Per tale ragione, la norma regionale qui censurata - in quanto interviene in materia demandata alla esclusiva competenza legislativa dello Stato e non tiene in debito conto le norme con cui lo stato tale competenza ha esercitato - viola l'art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione ed e' costituzionalmente illegittima.

5) Illegittimita' dell'articolo 18, comma 2, della Legge Regionale 14 aprile 2015 n. 7 per violazione dell'art. 117, comma 2, lettera l) e comma 3 della Costituzione.

L'articolo 18 della Legge Regionale n. 7/2015 detta le disposizioni transitorie all'entrata in vigore della legge stessa.

Il secondo comma di tale articolo prevede che i procedimenti avviati prima dell'entrata in vigere della legge e per i quali non sono ancora stati versati gli oneri concessori sono valutati e definiti secondo le disposizioni della legge stessa.

L'applicazione di questa disposizione comporta che gli interventi gia' realizzati sotto l'impero della vecchia legge regionale che non consentiva deroghe ai limiti di distanza tra edifici, e quindi in indebita violazione delle norme statali stabilite dal DM 1444/1968, possano legittimamente usufruire delle nuove disposizioni, sanando cosi' l'illiceita' realizzativa gia' compiuta.

E tale sanatoria sarebbe collegata non ad un dato storico o comportamentale, ma al fatto - meramente amministrativo - del mancato versamento degli oneri concessori.

Si tratterebbe quindi di una sorta di condono edilizio, del tutto inammissibile ad opera di una fonte legislativa regionale, in violazione dei principi affermati dalla giurisprudenza costituzionale in materia (Corte Cost. 225/2012; Corte Cost. 290/2009).

Pertanto, la norma deve essere considerata costituzionalmente illegittima.

 

P.Q.M.

 

Per tutte le esposte ragioni, la Presidenza del Consiglio dei ministri, come sopra rappresentata e difesa;   Conclude affinche' la Corte costituzionale voglia accogliere il presente ricorso e per l'effetto dichiarare l'illegittimita' costituzionale delle norme delle Legge regionale Molise n. 7/2015 in epigrafe elencate e nel presente atto specificamente censurate per contrasto con l'art. 117, comma 2, lettere l) e s) e comma 3, della Costituzione.

Roma, 12 giugno 2015

L'Avvocato dello Stato: Corsini